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capitolo secondo

principi particolari
secondo gli « Ordines » del Vaticano II

Questo capitolo studia l’applicazione concreta dei principi di adattamento


secondo i diversi Ordines del Vaticano II, attraverso un esame di quella
sezione introduttiva degli Ordines che si occupa appunto dell’adattamento.
I principi implicati nella revisione del Rituale romano sono enunciati in
un progetto di studio del « Consilium ad exsequendam Constitutionem de
Sacra Liturgia » \ Secondo questo progetto di studio, il nuovo Rituale roma­
no dovrebbe essere preparato allo scopo di servire come norma et typus dei
successivi riti particolari, come è previsto in SC 63b.
II nuovo Rituale romano dovrebbe prestare una attenzione speciale alle
variazioni legittime e agli adattamenti considerati da SC 38 e 39. Tuttavia, il
documento nota che non essendo stato detto nulla durante il concilio riguar­
do al limite dell’adattamento, è lasciato al post-conciliare « Consilium ad
exsequendam » di decidere in merito, caso per caso 12. In altri termini, il
nuovo Rituale romano dovrebbe indicare le variazioni legittime e gli adatta­
menti come pure le possibilità per un adattamento più radicale.
Il progetto di studio del « Consilium ad exsequendam » stabilisce i princi­
pi generali che si dovrebbero osservare durante la revisione del Rituale
romano: « La norma basilare e il metodo speciale dell’intero lavoro è indica­
to nell’art. 23 della Costituzione » 3. Secondo questo articolo, vi sono due
principi fondamentali di riforma liturgica: la ritenzione di sane tradizioni
aprendo, però, la via ad un progresso legittimo e l’esclusione di qualsiasi
innovazione che non sia di vera e accertata utilità alla Chiesa. Il metodo che
si dovrebbe usare consiste in una attenta investigazione teologica, storica e
pastorale degli elementi da rivedere; in uno studio delle leggi generali che
governano la liturgia, insieme alle esperienze derivate dalle recenti riforme
liturgiche e speciali indulti; in uno sviluppo organico di nuove forme da
quelle già esistenti e nell’evitare il più possibile di creare differenze notevoli
negli usi tra regioni confinanti.
1 Cfr. B. Fischer-P. M. Gy, De recognitione Ritualis Romani, « Notitiae », 2 (1966), 220-230.
2 Ivi, 220-221: «Ergo, servata substantiali unitate ritus romani (art. 38) etiam quoad Rituale,
hic specialiter locum relinquere oportet legitimis varietatibus et aptationibus... De limitibus aptatio-
nis, de quibus agitur in art. 63 et 39, nihil dictum est in relationibus conciliaribus. Tota res relicta
est Consilio post-conciliari. Non videtur a priori solvenda, sed post maturum studium in diversis
casibus diversimode determinanda ».
3 Ivi, 222-223.

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