Si tratta di una vera sorpresa, una novità assoluta determinata pro
prio da un contesto liturgico speciale. Nella notte di Natale risuona an cora un graduale di II modo, ma la sua ‘specialità’ è data dalla modifica deir/w^à- rispetto alla norma generale che, in ragione della conforma zione del testo, suggerirebbe un semplice torculus sulla prima sillaba. La formula, qui, trova la sua ragione e la sua efficacia nella novità, tanto più dirompente quanto più immersa in un contesto di melodia-tipo che, per definizione, si presenta sempre uguale a se stessa. Nessun altro graduale di II modo, infatti, inizia come Tecum principium. Un’altra osservazione si impone. Se dovessimo studiare, analizzare, cantare questo brano senza coglierne la reale eccezionalità, ossia senza conoscere il comportamento ordinario dei graduali di II modo, quale consapevolezza ne otterremmo? La densità di questo testo, la sua forza persuasiva sta in massima parte nella sua componente allusiva, sta nell’in tenzionale superamento di una prassi ordinaria, sta in fondo nel suo saper si comunicare sempre in. II modo ma in modo’ diverso: in tutto ciò sta il suo ‘farsi liturgia, quella liturgia di Natale. Lo stesso brano valutato auto nomamente non diminuisce certo la sua valenza esegetica, ma vede com promessa la sua componente simbolica e perde la vitalità strutturale che gli è riconosciuta e riconsegnata solo attraverso questo gioco di rimandi. Il graduale quaresimale Angelis suis riprende, dopo il tempo natali zio, il comportamento ordinario (torculus sulla prima sillaba). Così si giunge al giorno di Pasqua, dove con il graduale Hac dies troviamo la seconda sorpresa:
La formula iniziale si distacca nuovamente dalla regola: la ricca or
namentazione ‘fuori norma’ del monosillabo iniziale, così caricato di suono, dà ragione dell’attualità del mistero pasquale: questo è il giorno che ha fatto il Signore (Hac dies). Anche in questo caso, inutile dirlo, è proprio l’eccezione alla regola a creare il più alto grado di espressività.