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org/wiki/Pavimento_del_Duomo_di_Siena
«...Al più bello et al più grande e magnifico pavimento che mai fusse stato fatto...»
(Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, Domenico Beccafumi e Maestro di Getti,
1568)
Il pavimento del Duomo di Siena è uno dei più vasti e pregiati esempi
di un complesso di tarsie marmoree, un progetto decorativo che è durato
sei secoli, dal Trecento all'Ottocento. Come per la fabbrica della
cattedrale, anche il pavimento si intreccia indissolubilmente con la storia
stessa della città e della sua arte: per questo nei secoli i senesi non hanno
lesinato risorse per la sua creazione prima e per la sua conservazione poi.
Composto da più di sessanta scene, è generalmente coperto nelle zone di
maggior frequentazione da fogli di masonite, tranne una volta all'anno,
per circa due mesi, tra la fine di agosto e la fine di ottobre[1]
Indice
Storia
Tema generale
Descrizione
Sagrato
Le Sibille
Navata destra
Navata sinistra Giovanni Paciarelli, schema del
Navata centrale pavimento del Duomo di Siena, 1884
Transetto sinistro
Transetto destro
Esagono centrale
Storie di Mosé
Prima fascia del presbiterio
Presbiterio e coro
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
Storia
La tradizione vuole che l'invenzione della decorazione marmorea spetti al caposcuola della pittura senese Duccio
di Buoninsegna, anche se non esiste alcuna prova documentaria di ciò. Le più antiche testimonianze legano
l'inizio dei lavori al pavimento a un periodo successivo, verso il 1369, quando sono ricordati dei pagamenti ad
artefici pressoché sconosciuti (Antonio di Brunaccio, Sano di Marco, Francesco di ser Antonio) per la
realizzazione dei primi episodi figurati nel pavimento. In via ipotetica si crede che le prime rappresentazioni
possano essere legate a riquadri della navata centrale come la Ruota della Fortuna e la Lupa senese circondata
dai simboli delle città alleate (del 1373), poi completamente rifatti nei secoli successivi[2].
Il XIX secolo si produsse con vasti restauri e integrazioni. Nel 1859 Leopoldo Maccari rifece in parte la Storia
della Fortuna di Pinturicchio e il riquadro del Federighi con le Sette età dell'uomo, sotto la direzione di Luigi
Mussini, massimo esponente in Italia della corrente purista. Nel 1878 il Franchi, coadiuvato ancora dal Mussini,
disegnò i cartoni per alcuni episodi integrativi, sotto l'esagono della cupola, sostituendo Tre parabole e le Storie
di Elia ormai pressoché cancellate. Si tratta di aggiunte che generalmente godono del favore della critica, per la
loro "puristica lindura", come le definì Enzo Carli, efficaci nel disegno e nella misurata forza drammatica[2].
Tema generale
Il tedesco Friedrich Ohly (1977, tradotto nel 1979) fu il primo ad occuparsi del pavimento nel suo insieme,
ricercando una tematica comune che legasse i vari episodi, ipotizzando la presenza di un programma figurativo
portato avanti nei secoli dai diversi artisti succedutisi alla decorazione. Arrivò alla conclusione che ogni scena fa
parte di una rappresentazione della Salvezza nei vari aspetti. Il tutto ha inizio dalle figure sul sagrato esterno
(simbolo di ebrei e pagani), che sono escluse dalla salvezza e quindi restano fuori dall'edificio sacro, e dai tre
ordini dei presbiteri che introducono il fedele mediando la sua partecipazione alla rivelazione divina[3].
All'interno, davanti al portale centrale, Ermete
Trismegisto simboleggia l'inizio della
conoscenza terrena, quella del mondo antico,
con un libro che simboleggia Oriente e
Occidente, nonché riporta parole legate alla
creazione del mondo. Segue un richiamo alla
storia e al luogo, con le storie che simboleggiano
Siena e le sue imprese, oltre che i suoi alleati, e
una rappresentazione della Fortuna che regge le
sorti umane (Allegoria del colle della Sapienza e
Ruota della Fortuna). Nelle navate laterali le Beccafumi, Mosè fa scaturire l'acqua dalla rupe di Horeb
Sibille prefigurano la venuta di Cristo, e (1524-1525), dettaglio
ricordano le varie zone del mondo conosciuto[3].
Una nuova fase del mondo è rappresentata nel transetto, con le storie bibliche che sono già ambientate nell'epoca
della rivelazione. L'esagono centrale mostra scene di sacrificio, in stretta connessione con la rievocazione
eucaristica che viene celebrata sull'altare. Ai lati invece le imprese militari del popolo ebraico, con l'inclusione
della Strage degli Innocenti per il contenuto cruento assimilabile[3].
Varie partizioni numerologiche vennero segnalate dall'Ohry (sette, cinque), che alluderebbero a vari significati
teologici. Seguono poi le storie di Elia, il profeta, e di Mosé, il legislatore, con il popolo ebraico in cammino che
simboleggia il pellegrinaggio del visitatore della cattedrale. Le Storie di Davide concludono le serie bibliche, e
prefigurano simbolicamente Gesù, il pacificatore[3].
Non rientrano nel disegno generale le Virtù nel transetto destro, opere tardo-settecentesche, nate quando ormai
l'intero significato dello svolgimento delle storie si era evidentemente perso[3].
Descrizione
Sagrato
Le Sibille
La commissione delle loro figure risale al biennio 1482-1483 da parte del rettore Alberto Alberighi, e vi attesero
vari artisti, rispettando uno stile comune, con le figure lavorate generalmente in marmo bianco su sfondo scuro e
incorniciate da un motivo a scacchiera. Poggiano su un piano color mattone e sono accompagnate ciascuna da
iscrizioni che ne facilitano l'identificazione e da simboli che chiariscono le loro rivelazioni su Cristo e sulla sua
vita. Le profezie sono spesso tratte dall'opera apologetica dei primi secoli cristiani, il Divinae institutiones di
Lattanzio[5].
Stilisticamente le sibille rappresentano un insieme omogeneo e ricordano statue classicheggianti, che contornano
elegantemente le allegorie più complesse della navata centrale. Solo alcune hanno subito rifacimenti nel corso dei
secoli[5].
Navata destra
Navata sinistra
Navata centrale
La zona sotto le arcate della navata centrale fu probabilmente la prima ad essere decorata, forse dapprima a
mosaico e poi col sistema del commesso in marmo (opus sectile) che si affermò per tutto il pavimento della
cattedrale[6].
Oltre agli intarsi in marmi di diverso colore, le figure venivano poi
solcate a graffito lungo i contorni poi riempiti di pece, per far risaltare
piccoli segni scuri[6].
Ruota della Ignoto (rifatto 1372 1864- L'ultimo riquadro delle allegorie
Fortuna da Leopoldo 1865 centrali rappresenta la Ruota della
Maccari) Fortuna, che lo storico senese Tizio
ricorda come eseguita nel novembre
1372. La scena, soggetta a intensa
usura per la sua posizione, era già
stata rifatta nel Settecento (come
ricordò Faluschi) e di nuovo venne
completamente sostituita nel 1864-
1865 da Leopoldo Maccari. Il
soggetto si rifà a un tema caro
all'arte medievale, spesso
rappresentato sulle facciate delle
chiese. La ruota rappresenta le
vicende umane, ed è raffigurata
come un cerchio retto da otto
colonne concentriche sulla sommità
del quale si trova un re seduto in
trono, con tre figure abbracciate alla
ruota alle estremità inferiore, destra e
sinistra. Il tutto è racchiuso da una
cornice mistilinea che disegna una
losanga al centro e quattro esagoni
agli angoli, nei quali si trova la
rappresentazione di quattro filosofi
antichi: Epitteto, Aristotele, Euripide e
Seneca. Ciascuno di essi impugna
un rotolo con iscrizioni legate al tema
della Fortuna. La ruota oggi ha un
aspetto legato al purismo
ottocentesco, che ben si adatta al
complesso del pavimento, ma il suo
aspetto originale doveva essere più
espressivo, simile forse a un'analoga
rappresentazione di Domenico di
Niccolò nel coro della cappella del
Palazzo Pubblico, in cui i personaggi
sono più satirici che moraleggianti,
legati al motto che indica il mutare
della sorte: "regno, regnabo, regnavi,
sum sine regno".
Transetto sinistro
Anche su un'opera chiave come il pavimento del Duomo, quindi, non mancano riferimenti al sogno di potenza e
grandezza dei senesi, all'epoca il più grande stato in terra toscana, tramite le scene di battaglia del popolo ebraico
in cui trasfigurare le proprie vicende[8].
La presenza della scena evangelica della Strage degli innocenti fu scelta probabilmente per il contenuto cruento
analogo alle altre scene, ma è stato notato anche come getti quasi un'ombra di consapevolezza sulla fine gloriosa
ma traumatica dell'indipendenza di Siena[8].
Transetto destro
Nel transetto destro la decorazione pavimentale non è legata prevalentemente alle storie dell'Antico Testamento e
presenta una certa varietà di stili e di tecniche usate. A parte le Storie di Assalonne e di Iefte, si incontra infatti la
singolare rappresentazione dell'Imperatore Sigismondo, inoltre la zona davanti alla berniniana cappella del Voto
(o Cappella Chigi) presenta figure allegoriche risalenti al 1780 (rifatte novant'anni dopo con soggetto identico).
L'intera zona, come nel braccio sinistro della crociera, è divisa in tre fasce: quella superiore, divisa a sua volte in
due parti, mostra la scena dell'imperatore e la Morte di Assalonne; quella centrale le complesse storie del
Sacrificio di Iefte, ricchissime di figure, e quella inferiore è occupata dalle piccole allegorie antistanti la Cappella
del Voto, importantissimo santuario cittadino, che per questo sono rivolte verso di esso, non verso la navata come
il resto delle storie. All'altezza di quest'ultima fascia, in corrispondenza dell'esagono centrale, si trova un triangolo
con decorazioni geometriche[9].
Esagono centrale
La storia della decorazione di questa zona è abbastanza complessa: qui anticamente si trovava l'altare principale
della cattedrale che già nel XIV secolo venne arretrato e in seguito rifatto da Baldassarre Peruzzi (1532). Al 15
marzo 1375 doveva già essere presente in questa zona del pavimento la Parabola della trave entro una nicchia di
forma ogivale a sua volta dentro una cornice esagonale, affiancata dai triangoli della Parabola dei due ciechi di
Antonio Federighi (1459) e dell'Obolo della vedova di Domenico di Niccolò (1433). Le precarie condizioni di
queste scene richiesero la loro sostituzione nel 1878, quando si prese la decisione di completare piuttosto le Storie
di Elia del Beccafumi presenti nelle altre parti dell'esagono. L'incarico venne affidato ad Alessandro Franchi, che
rifece anche le altre storie del profeta, opera dell'allievo di Beccafumi Giovan Battista Sozzi (1562)[10].
La presenza di Beccafumi nel cantiere del pavimento inizia dal 1519 proprio con le storie di Elia. Stilisticamente
queste scene mostrano influenze di Raffaello (composizioni che ricordano gli arazzi per Leone X) e di
Michelangelo (movimenti vigorosi delle figure che appaiono ispirati dalla volta della Cappella Sistina), per cui
sono messe in relazione al ritorno dal secondo viaggio a Roma dell'artista[10].
Se quasi incondizionata è l'ammirazione per le scene di Beccafumi, anche l'opera di Alessandro Franchi ha
iniziato a ricevere la dovuta attenzione negli ultimi anni, per l'indubbia qualità compositiva e disegnativa, nonché
per la dote di inserirsi senza fratture eccessive nel complesso rinascimentale delle decorazione[10].
Storie di Mosé
Sotto il riquadro maggiore, nel quale sono composte più scene senza
soluzione di continuità, si trova poi una fascia, lunga e stretta, dove è
Beccafumi, Mosé che fa scaturire
rappresentato Mosé che fa scaturire l'acqua dalla rupe di Horeb. L'opera
l'acqua dalla rupe di Horeb, dettaglio
di Beccafumi, nata nel periodo della sua piena maturità, era solo uno dei
prestigiosi lavori che l'artista teneva in città in quel periodo come, tanto
per restare nella cattedrale, gli affreschi dell'abside, purtroppo
danneggiati dal terremoto del 1798 e oggi per lo più ridipinti o sostituiti[11].
L'opera di Beccafumi in questo riquadro e nella zona attorno all'altare maggiore si distingue molto da tutte le altre
scene, comprese quelle realizzate in precedenza nell'esagono, per l'espediente tecnico di non eseguire più le
ombre tramite il tratteggio, ma piuttosto con l'inserimento di marmi di diverse tonalità, ottenendo un effetto di
grande plasticismo ed espressività, grazie alle migliori possibilità di creare effetti di luce e d'ombra e, quindi, di
volume[11].
Queste scene destarono la più esorbitante ammirazione e l'onore degli scrittori dei secoli XVII, XVIII e inizi del
XIX secolo. Anche il fregio che le circonda fu disegnato da Beccafumi[11].
Mosè riceve le Aronne e gli Israeliti, Fusione del vitello
Tavole della Legge, cartone originale di d'oro, cartone
cartone originale di Beccafumi originale di
Beccafumi Beccafumi
Mosè rompe le Tavole della
Legge, dettaglio
Davanti all'altare maggiore, all'altezza delle cappelle di Sant'Ansano e del Santissimo Sacramento, si trova una
fascia rialzata di un gradino. Qui si trovano tre riquadri principali e quattro figure di profeti che le intervallano. Si
tratta di scene derivate dall'Antico Testamento di non facile lettura, anche per lo stato di conservazione precario
dei marmi, essendo una zona destinata ad essere ampiamente usata durante le funzioni liturgiche[12].
Mosè Giuda Maccabeo
Davide salmista
Davide fromboliere
Presbiterio e coro
Virtù cardinali
Il doppio fregio
Il doppio fregio
1. Il vecchio Tobia con il figlio Tobiolo e l'arcangelo Raffaele, oltre all'immancabile cagnolino
2. Una donna che rappresenta la Carità o una Sibilla
3. Adamo inginocchiato, in un riquadro più grande
4. Un profeta che guarda attentamente il cielo di spalle
5. Un'altra donna seduta che tiene in mano un libro, forse una Sibilla
6. Sacrificio d'Abele: questa scena è citata nei pagamenti del 1544
7. Un'altra donna seduta con un bambino
8. Il sacrificio di Melchisedech, pendant con quello di Abele
9. Una donna seduta con un bambino, forse una Sibilla sdraiata
10. Eva in ginocchio, in pendant con quello d'Adamo, che la critica considera la migliore del fregio,
tanto da essere attribuita addirittura da alcuni al Sodoma, ipotesi difficilmente confermabile
11. Un profeta con un libro aperto davanti
12. Eliseo che resuscita il figlio della Sunamita
Sacrificio di Isacco
Il ciclo pavimentale ha la sua conclusione ideale nel Sacrificio di Isacco, pagato al Beccafumi il
25 febbraio 1547. Dio vuole mettere alla prova Abramo, e per fare ciò gli ordina di prendere il
suo unico figlio, Isacco, e di dirigersi verso il monte Moria per sacrificarlo. Quando tutto è
pronto, l'angelo del Signore interviene per fermare Abramo che scorge lì vicino un montone
impigliato in un cespuglio. Sarà la bestia ad essere sacrificata al posto del fanciullo. L'episodio
si conclude con il rinnovamento della promessa fatta ad Abramo di moltiplicare la sua
discendenza come le stelle del cielo e la rena sulla spiaggia del mare. La scena venne
disegnata senza una dominanza dell'elemento umano, come nelle altre, ma anzi l'ambiente ha
un ruolo importante, con gli squarci paesistici visionari, dominati da alberi contorti, quasi zig-
zaganti, o da notazioni di vivo realismo, come l'asino col basto sulla destra. La scena ha un
andamento a spirale, con l'annuncio dell'angelo ad Abramo in alto a sinistra, l'indicazione del
luogo del sacrificio a sinistra, il sacrificio al centro[11].
Note
1. ^ Duomo di Siena.
2. Santi, cit., pp. 5-7.
3. Santi, cit., pp. 7-8.
4. ^ Touring, cit., p. 516.
5. Santi, cit., pp. 9-12.
6. Santi, cit., pp. 13-15.
7. Astrologia, magia, alchimia, Dizionari dell'arte, ed. Electa,
2004, pag. 140.
8. Santi, cit., pp. 33-35.
9. ^ Santi, cit., pp. 38-40.
10. Santi, cit., pp. 58-60.
11. Santi, cit., pp. 61-63.
12. Santi, cit., pp. 36-37.
Bibliografia
Bruno Santi, Il pavimento del Duomo di Siena, Scala,
Firenze 192, ristampa 2001. ISBN 978-888117083-8 Francesco di Giorgio, Storie di
Toscana. Guida d'Italia (Guida rossa), Touring Club Italiano, Giuditta (1473), dettaglio
Milano 2003, p. 536.
Voci correlate
Duomo di Siena
Allegoria del colle della Sapienza
Battistero di San Giovanni (Siena)
Altri progetti
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altri file su Pavimento del duomo di Siena (https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Ca
thedral_(Siena)_-_Floors?uselang=it)
Collegamenti esterni
Sito ufficiale, su operaduomo.siena.it. URL consultato il 25 ottobre 2011 (archiviato dall'url originale il 20
agosto 2012).
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