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CAMPANIA

Capua
È un comune italiano di 18 380 abitanti della provincia di Caserta in Campania.
Con l'ascesa degli Angioini, la città divenne sede della "Magna Curia" incrementando
ulteriormente la sua importanza nell'amministrazione regia. In epoca aragonese, Capua
visse un periodo molto tranquillo, visitata spesso dal Re, divenendo così anche un
importante centro culturale. Durante il regno di Federico I d'Aragona (incoronato nel duomo
cittadino) la città fu scossa da un evento drammatico: il Sacco di Capua del 1501 ad opera di
Cesare Borgia. I capuani, stremati da un lungo assedio, aprirono le porte della città alle
truppe di Cesare Borgia, perché quest'ultimo aveva promesso di risparmiare gli assediati se
questi si fossero arresi. Invece, appena l'esercito fu all'interno della città Borgia diede ordine
ai suoi uomini di cominciare il saccheggio. Durante questo tragico evento morirono alcune
migliaia di capuani. Con l'avvento degli spagnoli l'importanza politica di Capua venne
ridimensionata drasticamente, anche se rimase un insediamento prospero dotato di
piazzaforte

Placiti Capuani
Quattro testimonianze giurate (registrate tra il 960 e il 963) sull'appartenenza di certe terre ai
monasteri benedettini di Capua, Sessa Aurunca e Teano; rappresentano i primi documenti di
un volgare d'Italia (campano) scritti in un linguaggio che vuol essere ufficiale e dotto.
Riguardava una lite sui confini di proprietà tra il monastero di Montecassino e un piccolo
feudatario locale, Rodelgrimo d'Aquino. Con questo documento tre testimoni, dinanzi al
giudice Arechisi, deposero a favore dei Benedettini, indicando con un dito i confini del luogo
che era stato illecitamente occupato da un contadino dopo la distruzione dell'abbazia
nell'885 da parte dei saraceni.
Dal momento che i testimoni erano tutti chierici o notai si presume che sarebbero stati in
grado di pronunciare la formula in latino e se questo non è stato, evidentemente loro
avevano ritenuto opportuno far conoscere il contenuto a tutti quelli che erano presenti al
giudizio e non parlavano il latino.
I Placiti sopravvissero alle vicissitudini subite dal monastero di Montecassino che le ha
ospitate per secoli. Nel Settecento vennero portate alla luce dal gaetano Erasmo Gattola,
eminente storico e archivista del monastero.

Museo provinciale campano di Capua


Conserva la più importante collezione mondiale di Matres Matutae, dette anche Madri di
Capua, provenienti dall'antica Capua, l'attuale territorio del Comune di Santa Maria Capua
Vetere e il più grande lapidarium (insieme di epigrafi, steli e lapidi su pietra di epoca
sostanzialmente romana) dell'Italia meridionale.
Madri di Capua è un’importante testimonianza di un particolare culto indigeno preromano,
dedicato alla fertilità, alla protezione della madre e della sua prole.

Capri
Isola nel golfo di Napoli, appartenente all'arcipelago campano e parte della città
metropolitana di Napoli, situata di fronte alla penisola sorrentina.
La costa è frastagliata con numerose grotte e cale che si alternano a ripide scogliere. Le
grotte, nascoste sotto le scogliere, furono utilizzate in epoca romana come ninfei delle
sontuose ville che vennero costruite qui durante l'Impero. La più famosa è senza dubbio la
Grotta Azzurra, in cui magici effetti luminosi furono descritti da moltissimi scrittori e poeti.
Caratteristici di Capri sono i celebri Faraglioni, tre piccoli isolotti rocciosi a poca distanza
dalla riva che creano un effetto scenografico e paesaggistico; ad essi sono stati attribuiti
anche dei nomi per distinguerli: Stella per quello attaccato alla terraferma, Faraglione di
Mezzo per quello frapposto agli altri due e Faraglione di Fuori (o Scopolo) per quello più
lontano dall'isola.
L'isola conserva numerose specie animali e vegetali, alcune endemiche e rarissime, come la
lucertola azzurra, che vive su uno dei tre Faraglioni. La vegetazione è tipicamente
mediterranea, con prevalenza di agavi, fichi d'India e ginestre. A Capri non sono più presenti
sorgenti d'acqua potabile ed il rifornimento idrico è garantito da condotte sottomarine
provenienti dalla penisola sorrentina.

Caserta
È un comune italiano di 75 459 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Campania. La
città campana è nota soprattutto per la sua imponente Reggia Borbonica, detta la Versailles
d'Italia, che, insieme al Belvedere Reale di San Leucio e all'Acquedotto Carolino, è inserita
dal 1997 nel patrimonio dell'umanità dell'Unesco.

Il comune di Caserta comprende, oltre al capoluogo, anche ben 23 frazioni, per una
superficie totale di 56 km². Tra queste vanno ricordate San Leucio, comune a parte
aggregato a Caserta sotto il fascismo, famosa per il Real Belvedere e i setifici (luoghi di
produzione della seta), e Casertavecchia, con il suo borgo medievale, il castello e il Duomo,
del 1100, in stile arabo-romanico.

La città di Caserta ha origini antiche; l'area sulla quale fu edificata la reggia fa parte di un
territorio naturale di importanza archeologica dove Osci, Sanniti e Romani hanno lasciato
testimonianze della loro presenza. Alcuni fanno risalire le sue origini agli Osci, altri ai Sanniti.
Nonostante tutto, dai reperti che sono stati ritrovati, persino nelle varie frazioni della città, vi è
una testimonianza di un passato assai remoto. Nel 1990 furono ritrovate, nei sotterranei della
Reggia, alcune tombe di epoca Sannita; si trattò dunque di una necropoli del V secolo a.C..
Intorno al 423 a.C. venne completamente popolata dai Sanniti che le diedero il nome di
Calatia. Nel 211 a.C. si schierò contro i Romani e a favore di Annibale. Venne condannata
all'esproprio e alla centuriazione, il che significa frammentazione del territorio in grandi
appezzamenti.

Età moderna
Nel 1618 Anna Acquaviva d’Aragona, erede della contea divenuta principato, sposa
Francesco Caetani 8º duca di Sermoneta, e lo stato di Caserta rimase in questa famiglia fino
a quando, indebitatisi enormemente, furono costretti a vendere i possedimenti ai Borbone di
Napoli. Questi, in particolare il suo re Carlo III, pensarono di costruirvi la reggia borbonica, a
partire dal 1750.
L'esigenza del re di Napoli di costruirsi una nuova reggia aveva un triplice motivo. In primis il
re aveva la necessità di costruirsi una residenza che fosse più lontana dal mare rispetto al
Palazzo Reale di Napoli, per mettersi in salvo in caso di attacco da parte della flotta
francese. In secondo luogo, il re coltivava da tempo il desiderio di costruirsi una residenza
estiva per il riposo. Inoltre, come terza motivazione, era mosso da un impeto di orgoglio e
infatti ordinò al Vanvitelli (pittore e architetto italiano) di costruirgli una residenza che per
bellezza, imponenza e maestosità, fosse superiore a tutte le altre europee.
Il vecchio giardino degli Acquaviva (il cosiddetto "bosco vecchio") diventò il nucleo principale
dell'attuale parco della Reggia, oggi uno dei più grandi parchi urbani del mondo con una
lunghezza di 2,5 km. Un parco pieno di fontane scenografiche, cascate, laghi, immensi prati,
boschi fitti.

Sul finire del Settecento, il re Ferdinando IV fece costruire in località San Leucio una
residenza reale con annessa una fabbrica adibita alla produzione della seta. Accanto al
Palazzo del Belvedere, con sul retro un affascinante giardino all'italiana e con davanti la vista
sulla piana di Caserta e sul golfo di Napoli, il re fece costruire i quartieri San Carlo e San
Ferdinando, destinati agli operai della fabbrica della seta. Il re emise anche un famoso editto
nel quale in pratica sognava la costituzione (da qui l'utopia ferdinandea) di una sorta di
società perfetta, chiedendo ai cittadini di San Leucio l'abolizione di ogni forma di lusso e
assoluta uguaglianza economica. Insomma una società che, nella mente del re, doveva
essere autosufficiente, vivere producendo la pregiatissima seta che poi farà il giro del mondo
e oggi riveste le pareti del Quirinale, della Casa Bianca e di Buckingham Palace.

Reggia di Caserta
È circondata da un vasto parco nel quale si individuano due settori: il giardino all'italiana ed il
giardino all'inglese. Il complesso del palazzo reale ha conseguito il titolo di Parco più bello
d'Italia nel 2009. Sul lato ovest della reggia sorge la chiesa di San Francesco di Paola che fa
parte di un complesso un tempo convento dei Frati Minimi, fondato nel 1605 da Andrea
Matteo Acquaviva, oggi ospedale militare.
La reggia, definita l'ultima grande realizzazione del Barocco italiano, fu terminata nel 1845
(sebbene fosse già abitata nel 1780), risultando un grandioso complesso di 1 200 stanze e
1742 finestre, per una spesa complessiva di 8711000 ducati. Nel lato meridionale, il palazzo
è lungo 249 metri, alto 37,83, decorato con dodici colonne. La facciata principale presenta un
avancorpo centrale sormontato da un frontone; ai lati del prospetto, dove il corpo di fabbrica
longitudinale si interseca con quello trasversale, si innestano altri due avancorpi. Secondo il
progetto vanvitelliano quattro statue colossali, mai realizzate, avrebbero dovuto ornare
l'ingresso principale, rappresentanti quattro Principesche Virtù, disposte in quest'ordineː
Magnificenza, Giustizia, Clemenza, Pace.

Il parco della reggia si estende per 3 chilometri di lunghezza, con sviluppo sud-nord, su 120
ettari di superficie. In corrispondenza del centro della facciata posteriore del palazzo si
dipartono due lunghi viali paralleli fra i quali si interpongono una serie di suggestive fontane
che, partendo dal limitare settentrionale del giardino all'italiana, collegano a questo il giardino
all'inglese:
Le vasche sono popolate da numerosi pesci, specialmente carpe e carassidi, e vi vegetano
piante acquatiche delle specie Myriophyllum spicatum e Potamogeton crispus.

La Fontana Margherita, o del Canestro, chiude il giardino all'italiana e apre il percorso verso
l'inglese con la prima delle vasche a sviluppo longitudinale.
La Fontana dei tre delfini rappresenta la figura di un mostro marino con la testa e il corpo di
un delfino. L'opera fu eseguita da Gaetano Salomone. Quella dei Delfini, presenta una vasca
misurante 470 metri per una larghezza di 27 e una profondità di 3 metri. Prende il nome dalla
soprastante fontana formata da giganteschi delfini di foggia grottesca dalle cui bocche
proviene l'acqua che l'alimenta.
La seguente Fontana di Eolo rappresenta il dio che, sollecitato da Giunone, suscita la furia
dei venti contro Enea e i Troiani. L'opera fu eseguita da Gaetano Salomone, Brunelli, Violani,
Persico e Solari. È adorna di ventotto statue di venti a fronte delle cinquantaquattro previste
dal progetto originale, è una delle opere incompiute del parco: il progetto, di cui resta solo un
modello in legno predisposto dallo stesso Vanvitelli, prevedeva un grande gruppo scultoreo
di Eolo e Giunone su un carro trainato da pavoni. Grandioso comunque, l'emiciclo a porticato
che chiude superiormente la vasca alimentata da una cascata che chiude come un velo
alcuni fornici del portico.
Più avanti, la Fontana di Cerere, opera in marmo di Carrara di Gaetano Salomone, va a
formare sette cascatelle ed è ornata di delfini e tritoni, Nereidi, statue dei fiumi Oreto e
Simeto, tutte sprizzanti alti getti d'acqua. La scultura rappresenta Cerere che sostiene la
medaglia della Trinacria. Completano la fontana una statua di Cerere che mostra un
medaglione con la Trinacria e tutt'intorno ninfe e draghi. Le conchiglie, i tritoni e le anfore
delle due divinità a lato della Dea rappresentano i fiumi siciliani dai quali sgorgano forti
zampilli d'acqua.
A chiudere la serie delle fontane, prima della Grande Cascata, la Fontana di Venere e
Adone: un grandioso gruppo marmoreo che mostra Venere intenta a dissuadere Adone
dall'andare a caccia per evitare che possa essere ucciso da un cinghiale. Intorno ai
protagonisti, ninfe, cani, fanciulli e amorini.
In fondo al parco troneggia la Grande Cascata, da cui una notevole mole d'acqua precipita in
un bacino adorno del celebre gruppo di Diana e Atteone (opera di Paolo Persico, Tommaso
Solari e Angelo Brunelli). Da una parte, Diana, circondata da ninfe, sta per immergersi nelle
acque; dall'altra, Atteone, che aveva osato guardare Diana nella sua nudità, è già in parte
trasformato in cervo e intorno a lui si agitano i cani che lo sbraneranno.

Belvedere di San Leucio


È un complesso monumentale in quel di Caserta, voluto dal Carlo di Borbone re di Napoli e
Sicilia (e successivamente re di Spagna con il nome di Carlo III).
L'utopia di Re Ferdinando di dar vita ad una comunità autonoma (chiamata appunto
Ferdinandopoli) lascia a Caserta il Belvedere di San Leucio, i suoi appartamenti reali, il
giardino all'italiana e l'annesso Museo della Seta, dove è possibile visitare i macchinari del
Settecento col quale si tesseva la seta diventata famosa in tutto il mondo tanto da arrivare ad
arredare la Casa Bianca, Buckingham Palace e il Palazzo del Quirinale. Da dieci anni nei
mesi di giugno e luglio si tiene presso il Teatro dei Serici del Belvedere il Leuciana Festival
che in pochi anni è riuscito a catalizzare l'attenzione di migliaia di persone divenendo uno dei
festival più prestigiosi della regione.
Ai lavoratori delle seterie veniva infatti assegnata una casa all'interno della colonia, ed era
inoltre prevista anche per i familiari la formazione gratuita e qui il re istituì difatti la prima
scuola dell'obbligo d'Italia femminile e maschile che includeva discipline professionali, e le
ore di lavoro erano 11, mentre nel resto d'Europa erano 14.
Le abitazioni furono progettate tenendo presente tutte le regole urbanistiche dell'epoca, per
far sì che durassero nel tempo (infatti ancora oggi sono abitate) e fin dall'inizio furono dotate
di acqua corrente e servizi igienici. Le donne ricevevano una dote dal re per sposare un
appartenente della colonia, anche se a disposizione di tutti vi era una cassa comune "di
carità", dove ognuno versava una parte dei propri guadagni. Non c'era nessuna differenza
tra gli individui qualunque fosse il lavoro svolto, l'uomo e la donna godevano di una totale
parità in un sistema che faceva perno esclusivamente sulla meritocrazia. Era abolita la
proprietà privata, garantita l'assistenza agli anziani e agli infermi, ed era esaltato il valore
della fratellanza.
Si trattò di un esperimento sociale, nell'età dei lumi, di assoluta avanguardia nel mondo, un
modello di giustizia e di equità sociale raro nelle nazioni del XVIII secolo e non più ripetuto
così genuinamente nemmeno nelle successive rivoluzioni francese e marxista.

Borgo Medievale di Casertavecchia


A 401 metri di altezza c'è l'antica Caserta, attuale Casertavecchia, un borgo interamente
medioevale dal quale si ammira una vista dell'intera. Di pregevole interesse sono il Duomo
dedicato a San Michele Arcangelo (proprio come la cattedrale nella Caserta nuova) dell'XI
secolo, la contigua chiesa dell'Annunziata, e il castello medioevale con la torre.

La cucina casertana è caratterizzata da piatti tradizionali come le salsicce di polmone,


condite con i piccanti peperoncini locali. Molto buone sono le acciughe sotto sale, dissalate,
in vasetto sott'olio, i fagioli "alla carrettiera" e le zite ripiene. Tipica è anche la mozzarella di
bufala, visto che la provincia di Caserta è la zona dove è presente il maggior numero di
bufale d'Italia. Tra i dolci c'è il casatiello dolce chiamato pigna, immancabile sulle tavole dei
casertani nel periodo pasquale. Tra i vini citiamo il casavecchia, il falerno e il pallagrello.

Ischia
Isola dell'Italia appartenente all'arcipelago delle isole Flegree, della città metropolitana di
Napoli.
Posta all'estremità settentrionale del golfo di Napoli e a poca distanza dalle isole di Procida e
Vivara, nel mar Tirreno, è la maggiore delle Flegree. Con i suoi 64.115 abitanti è la terza più
popolosa isola italiana, dopo Sicilia e Sardegna. In antichità era nota col nome Pithekoussai
o Pithecusae.

L'isola d'Ischia era abitata fin dal Neolitico, come dimostrano i vari reperti ritrovati ad esempio
sulle alture di punta Imperatore, nel comune di Forio, nella zona sud-ovest dell'isola.
Il ritrovamento fortuito di muri a secco, avvenuto nel 1989 a seguito di uno smottamento, in
località punta Chiarito ha dato l'avvio tra il 1993 e il 1995 ai lavori di scavo che hanno
permesso il ritrovamento di una fattoria greca tenuta da agricoltori benestanti, come dimostra
la buona fattura dei vasi che sono stati rinvenuti e ha permesso di anticipare lo sbarco dei
primi coloni greci di circa venti anni rispetto all'originaria ipotesi, cioè intorno al 790, 780 a.C.
Inizialmente, si riteneva, infatti, che lo sbarco fosse avvenuto proprio a Monte Vico, dove i
coloni euboici arrivati da Eretria e Chalkis nell'VIII secolo a.C., avrebbero stabilito un emporio
per il commercio con gli Etruschi della terraferma.
Con il suo porto la colonia fece fortuna grazie al commercio del ferro con il resto dell'Italia;
nel periodo di massimo splendore contava circa 10.000 abitanti.

Le acque termali dell'Isola d'Ischia sono ben conosciute e utilizzate fin dall'antichità. La sua
natura vulcanica rende Ischia uno dei maggiori centri termali d'Europa. Le acque termali
ischitane sono alcaline.
Dal Seicento alla metà del Novecento vennero costruiti in prossimità delle più rinomate
sorgenti termali numerosi stabilimenti e strutture ricettive che fecero dell'Isola d'Ischia una
rinomata stazione internazionale di cura e soggiorno dove vennero a curare le malattie del
corpo, e non solo, personaggi celebri come Giuseppe Garibaldi, dopo la battaglia di
Aspromonte, Camillo Benso conte di Cavour, Arturo Toscanini. Dagli anni sessanta, grazie
ad Angelo Rizzoli, l'Isola d'Ischia e le sue acque termali si aprono ai grandi flussi turistici, con
una specifica attività di ricerca scientifica sul termalismo.

Giardini La Mortella
È un giardino creato da Susana Walton, moglie del compositore inglese William, a Forio,
nella parte occidentale dell'isola d'Ischia.
Nel 1949 il musicista William Walton decise di stabilirsi nell'isola d'Ischia con la moglie
argentina Susana. I coniugi costruirono ai piedi del monte Zaro, una colata di roccia lavica,
una villa circondata da un grandioso giardino botanico. La realizzazione del giardino (la cui
ideazione risale al 1956) fu affidata, negli anni '60, all'architetto paesaggista Russell Page, il
quale disegnò tutta la sistemazione del giardino a Valle, integrandolo fra le pittoresche
formazioni rocciose.
Oggi La Mortella è composta da due parti profondamente diverse: La Valle, appunto,
disegnata da Russell Page, caratterizzata da un clima subtropicale, umida e protetta dal
vento, e la Collina o giardino superiore, interamente ideato e sviluppato da Lady Walton, con
zone assolate e battute dal vento e caratterizzate da vegetazione proveniente dalle aree
mediterranee. Nel giardino superiore sono presenti la sala Thai, circondata da fiori di loto,
bambù e aceri giapponesi, il tempio del Sole, arricchito da bassorilievi di Simon Verity; la
cascata del Coccodrillo; il Ninfeo; il Teatro greco e la roccia di William, un masso trachitico
posto su di un promontorio a circa 120 metri dal livello del mare, dove sono custodite le
ceneri dell'artista e di sua moglie.
Il giardino si sviluppa su un'area di circa 2 ettari e raccoglie più di 3000 specie di piante
esotiche e rare. È inoltre arricchito da ruscelli e laghetti, fontane, piscine, corsi d'acqua che
permettono la coltivazione di piante acquatiche come papiro, fior di loto e ninfee tropicali,
mentre dai terrazzamenti delineati sui muri a secco mediterranei è possibile godere di una
delle più suggestive viste della baia di Forio.

Periodicamente il Teatro greco ospita concerti estivi all'aperto.

Castello Aragonese
Fortificazione che sorge su un'isola tidale di roccia trachitica posto sul versante orientale
dell'isola d'Ischia, collegato per mezzo di un ponte in muratura lungo 220 m all'antico Borgo
di Celsa, conosciuto come Ischia Ponte.
Al castello si accede attraverso un traforo, scavato nella roccia e voluto verso la metà del
Quattrocento da Alfonso V d'Aragona. Prima di allora l'accesso era possibile solo via mare
attraverso una scala situata sul lato nord dell'isolotto. Il traforo è lungo 400 metri e il percorso
è illuminato da alti lucernari che al tempo fungevano anche da "piombatoi" attraverso i quali
si lasciava cadere olio bollente, pietre e altri materiali sugli eventuali nemici. Il tratto
successivo è una mulattiera che si snoda in salita all'aperto e conduce fino alla sommità
dell'isola. Da questa strada si diramano sentieri minori che portano ai vari edifici e giardini.
Dagli anni settanta del novecento è anche in funzione un ascensore, il cui percorso è
ricavato nella roccia e che raggiunge i 60 metri sul livello del mare.

Il periodo di massimo splendore della struttura si ebbe alla fine del XVI secolo: al tempo il
castello ospitava 1892 famiglie, il convento delle clarisse, l'abbazia dei monaci basiliani di
Grecia, il vescovo con il capitolo ed il seminario, il principe con la guarnigione. Vi erano 13
chiese tra cui la cattedrale, dove il 27 dicembre 1509 furono celebrate le nozze tra Fernando
Francesco d'Avalos, marchese di Pescara e condottiero delle truppe imperiali di Carlo V, e la
poetessa Vittoria Colonna.
Il soggiorno di Vittoria Colonna nel castello, dal 1501 al 1536, coincise con un momento
culturalmente assai felice per l'intera isola: la poetessa fu infatti circondata dai migliori artisti
e letterati del secolo, tra cui Michelangelo Buonarroti, Ludovico Ariosto, Jacopo Sannazaro,
Giovanni Pontano, Bernardo Tasso, Annibale Caro l'Aretino e molti altri.

Napoli
Comune italiano di 955 934 abitanti, capoluogo dell'omonima città metropolitana e della
regione Campania. Terzo comune in Italia per popolazione, Napoli è tra le più popolose e
densamente popolate aree metropolitane dell'Unione europea.
Fondata dai Cumani nell'VIII secolo a.C., fu tra le città più importanti della Magna Græcia,
grazie al rapporto privilegiato con Atene ed esercitò una notevole influenza commerciale,
culturale e religiosa sulle popolazioni italiche circostanti.

Dopo la resa del Regno d'Italia agli Alleati, avvenuta l'8 settembre 1943, Napoli fu teatro di
una storica insurrezione popolare nota come le quattro giornate di Napoli (27-30 settembre
1943) che, coronata dal successo, diede impulso alla Resistenza italiana dei partigiani contro
i nazifascisti.
Durante il secondo dopoguerra, vi fu il referendum per decidere tra monarchia e repubblica,
e nella circoscrizione di Napoli ben 904 000 furono a favore della prima. Pochi giorni dopo, fu
Enrico De Nicola, napoletano, ad essere eletto primo presidente della Repubblica.

Centro Storico di Napoli


Il centro storico di Napoli rappresenta il primo nucleo storico della città. Esso racchiude 27
secoli di storia e risulta essere il più vasto d'Europa estendendosi su una superficie di 1700
ettari (17 chilometri quadrati dell'intera superficie urbana, circa il 14,5%).
contiene i seguenti quartieri: Avvocata, Montecalvario, San Giuseppe, Porto, Pendino,
Mercato (Municipalità I), Stella, San Carlo all'Arena, (Municipalità III), Chiaia, San
Ferdinando, San Lorenzo, Vicarìa e parte delle colline del Vomero e Posillipo.
Il terremoto dell'Irpinia del 1980 danneggia parte del centro storico e porta alla luce problemi
strutturali e sociali (anche antichi) ai quali si decide di porre rimedio anche urbanistico con
l'emanazione della legge n. 219 1981, recante disposizioni per la pianificazione e il controllo
dell'attività edilizia, azioni sanzionatorie, di recupero e riabilitazione dell'abusivismo.
Attualmente, buona parte del centro storico della città versa in condizioni poco idonee ed atte
alla conservazione, infatti, molte strutture, oltre alle già citate chiese dell'arte (fontane,
palazzi, architetture antiche, edicole sacre, ecc.) giacciono in condizioni di estremo
abbandono: per far fronte a questa emergenza varie organizzazioni e comitati cittadini
stanno cercando di far intervenire l'Unesco.
Un recente accordo siglato tra regione Campania, comune e Ministero dei Beni Culturali, ha
fatto sì che venissero stanziati nel giugno 2012 dall'Unione europea 100 milioni di euro per
eseguire anche lavori di restauro dei monumenti del centro storico più a rischio.

La città ha due veri e propri nuclei antichi originari: il primo è la collina di Pizzofalcone sulla
quale nacque la città di Partenope, mentre il secondo è la zona dei decumani di Napoli dove
è sorta la successiva Neapolis. In quest'ultimo spazio, in particolare, si sono concentrate
tutte le costruzioni avute nel corso dei secoli fino al XVI, con l'apertura verso ovest della città
per volere del viceré spagnolo don Pedro de Toledo.
Insistono su questo sito un numero particolarmente elevato di risorse culturali e artistiche:
obelischi, monasteri, chiostri, musei, le note vie del presepe, catacombe, scavi archeologici
all'aperto e sotterranei con resti romani e greci, compreso il teatro romano, statue e
bassorilievi, fregi monumentali, nonché colonne medievali a reggere antichi palazzi storici e
molto altro ancora.

Duomo di Napoli
La cattedrale metropolitana di Santa Maria Assunta è una basilica monumentale nonché
duomo e sede dell'arcidiocesi della città di Napoli.
Il duomo sorge lungo il lato est della via omonima, in una piazzetta contornata da portici, e
ingloba a mo' di cappelle laterali altri due edifici di culto sorti autonomamente rispetto alla
cattedrale: la basilica di Santa Restituta, che custodisce il battistero più antico d'Occidente,
quello di San Giovanni in Fonte, e la reale cappella del Tesoro di san Gennaro, che conserva
le reliquie del santo patrono della città.
Si tratta di una delle più importanti e grandi chiese della città, sia da un punto di vista
artistico, essa è di fatto la sovrapposizione di più stili che vanno dal gotico puro del Trecento
fino al neogotico ottocentesco, che sotto un profilo culturale, ospitando infatti tre volte l'anno
il rito dello scioglimento del sangue di san Gennaro.

Chiesa dei Girolami


Chiesa monumentale di Napoli ubicata nel largo omonimo, con impianto architettonico di tipo
basilicale e intitolata alla Natività di Maria Santissima e a tutti i santi.
La sua decorazione in oro, marmi e madreperla le valsero il titolo di Domus aurea. Il suo
interno presenta una concentrazione di opere di grande qualità di artisti sia napoletani che di
estrazione toscana, emiliana e romana che la rendono, assieme all'annesso convento, uno
dei più importanti complessi monumentali della città.
L'intero edificio consta al suo interno, oltre che dalla chiesa, anche di una prestigiosa
quadreria (prima pubblica di Napoli), di una ricca biblioteca (la più antica biblioteca pubblica
di Napoli e seconda in Italia), di due chiostri monumentali e infine dell'oratorio dell'Assunta
(detto anche "degli artisti").

Basilica Reale Pontificia di San Francesco da Paola


Basilica minore di Napoli, ubicata in piazza del Plebiscito, nel centro storico; è considerata
uno dei più importanti esempi di architettura neoclassica in Italia.
L'insieme della basilica e del colonnato della piazza costituisce il principale complesso
neoclassico di Napoli, nonché un'opera paradigmatica per l'architettura italiana
dell'Ottocento. Bianchi, l’architetto, realizzò una chiesa fortemente ispirata al Pantheon di
Roma, variando solo le proporzioni e inserendovi due cupole minori ai lati della calotta
principale.
L'interno della chiesa, tuttavia, risulta meno felice dell'esterno, trasudando una freddezza
cimiteriale nella ricca decorazione di marmi, stucchi e ghirlande. Questo evidente divario
insinuò il dubbio che il Neoclassicismo si confacesse più all'architettura delle ville, dei
palazzi, dei teatri e delle regge, piuttosto che a quella delle chiese; per questo motivo, di lì a
poco, l'architettura ecclesiastica volse verso il neogotico.

Basilica di Santa Chiara


La più grande basilica gotica della città, caratterizzata da un monastero che comprende
quattro chiostri monumentali, gli scavi archeologici nell'area circostante e diverse altre sale
nelle quali è ospitato l'omonimo Museo dell'Opera, che a sua volta comprende nella visita
anche il coro delle monache, con resti di affreschi di Giotto, un grande refettorio, la sacrestia
ed altri ambienti basilicali.

La decima cappella a destra che, assieme a quella di San Francesco d'Assisi, è l'unica ad
aver conservato la struttura barocca, è la cappella dei Borbone, dove riposano i Sovrani delle
Due Sicilie, da Ferdinando I a Francesco II, Maria Cristina di Savoia e Filippo di Borbone,
figlio di Carlo III deceduto prematuramente in età ancora giovane. Nella parete frontale è
invece la tela tardo cinquecentesca dell'Incredulità di san Tommaso opera del fiorentino
Girolamo Macchietti.
Chiesa del Gesù Nuovo
Chiesa basilicale di Napoli, sita in piazza del Gesù Nuovo di fronte all'obelisco
dell'Immacolata e alla basilica di Santa Chiara.
Si tratta di una delle più importanti e vaste chiese della città, tra le massime concentrazioni di
pittura e scultura barocca a cui hanno lavorato alcuni dei più influenti artisti della scuola
napoletana.
All'interno è custodito il corpo di san Giuseppe Moscati, canonizzato da papa Giovanni Paolo
II nel 1987.

La chiesa subì gravi danni durante la seconda guerra mondiale a causa di alcuni attacchi
aerei. Durante uno di questi bombardamenti, una bomba cadde proprio sul soffitto della
navata centrale e rimase miracolosamente inesplosa. Oggi la bomba è esposta nei locali
attigui alla navata destra della chiesa, dedicati a San Giuseppe Moscati.

Nel Rinascimento esistevano a Napoli alcuni maestri della pietra che si credeva fossero in
grado di caricarla di energia positiva per tenere lontane le energie negative. Gli strani segni
incisi che si riconoscono sulla facciata ai lati delle bugne "a punta di diamante" (disposti in
modo che sembrasse si ripetessero secondo un ritmo particolare che lasciasse intuire una
“chiave” di lettura occulta) hanno dato luogo ad una curiosa leggenda.
La leggenda vuole che chi fece edificare il palazzo (che a questo punto bisogna presupporre
sia stato Roberto Sanseverino), avesse voluto servirsi in fase di costruzione di maestri
pipernieri che avevano anche conoscenza di segreti esoterici, segreti tramandati solo
oralmente e sotto giuramento dai maestri agli apprendisti, capaci di caricare la pietra di
energia positiva. I segni misteriosi graffiti sulle piramidi della facciata, secondo la leggenda,
avevano a che fare con queste arti magiche o conoscenze alchemiche; essi dovevano
convogliare tutte le forze positive e benevole dall'esterno verso l'interno del palazzo. Per
imperizia o malizia dei costruttori, queste pietre segnate non furono piazzate correttamente,
per cui l'effetto fu esattamente opposto: tutto il magnetismo positivo veniva convogliato
dall'interno verso l'esterno dell'edificio, attirando così ogni genere di sciagure sul luogo.
Questa sarebbe la ragione per cui nel corso dei secoli tante sventure si sono abbattute su
quell'area: dalle confische dei beni ai Sanseverino, alla distruzione del palazzo, dall'incendio
della chiesa, ai ripetuti crolli della cupola, alle varie cacciate dei Gesuiti, e così via.
Nel 2010 però, lo storico dell'arte Vincenzo De Pasquale e i musicologi ungheresi Csar Dors
e Lòrànt Réz hanno identificato nelle lettere aramaiche incise sulle bugne, note di uno
spartito costituito dalla facciata della chiesa, da leggersi da destra verso sinistra e dal basso
verso l'alto. Si tratta di un concerto per strumenti a plettro della durata di quasi tre quarti
d'ora, cui gli studiosi che l'hanno decifrato hanno dato il titolo di Enigma. In questo lavoro
certosino, allo storico dell'arte sono stati di supporto le conoscenze matematiche di Assunta
Amato, quelle architettoniche di Tullio Pojero e quelle legali di Silvano Gravina.
Questa interpretazione è stata messa in discussione dallo studioso di ermetismo e
simbologia esoterica Stanislao Scognamiglio, che ha sostenuto che i segni sulle bugne non
siano caratteri dell'alfabeto aramaico, ma che invece possano essere sovrapponibili ai
simboli operativi dei laboratori alchemici in uso fino al Settecento.

Basilica di San Domenico Maggiore


Voluta da Carlo II d'Angiò ed eretta tra il 1283 e il 1324, divenne la casa madre dei
domenicani nel regno di Napoli e chiesa della nobiltà aragonese.
La basilica fu eretta secondo i classici canoni del gotico, con tre navate, cappelle laterali,
ampio transetto e abside poligonale, e fu realizzata in senso opposto alla chiesa
preesistente, vale a dire con l'abside rivolta verso la piazza, alle cui spalle fu aperto un
ingresso secondario durante il periodo aragonese.
Nel corso dei secoli importanti personalità hanno avuto legami con il complesso; vi insegnò
infatti san Tommaso d'Aquino, la cui cella è tutt'oggi visitabile nell'edificio, mentre tra gli
alunni illustri si ricordano su tutti i filosofi Giovanni Pontano, Giordano Bruno e Tommaso
Campanella.
La stanza di san Tommaso d'Aquino, il cui ingresso monumentale è caratterizzano da un
mezzo busto raffigurante San Tommaso, opera di Matteo Bottiglieri, è formata da soli due
ambienti, dentro i quali il santo viveva la sua vita conventuale, eseguiva i suoi ricevimenti con
gli studenti e svolgeva i suoi studi liturgici: queste funzioni le fece nell'ultimo periodo della
sua vita, tra il 1272 ed il 1273. Dopo la partenza di san Tommaso, l'ambiente fu trasformato
in cappella con la conseguente aggiunta marmorea del portale esterno. Sopra l'altare è posto
l'originale dipinto duecentesco della Crocefissione, già nel cappellone del Crocifisso della
basilica stessa, mentre al lato è una reliquia contenente un osso di Tommaso (un omero),
donato al convento dai frati domenicani di Tolosa, dove san Tommaso è sepolto. Nella sala
accanto invece sono infine arredi sacri, la scrivania e la sedia utilizzata dal santo, alcuni libri
storici e una pagina di un'opera scritta di pugno da san Tommaso.

Villa Comunale di Napoli


È uno dei principali giardini storici di Napoli.
Il vasto giardino, piantato a lecci, pini, palme, eucalipti si estende per oltre 1 km tra piazza
della Vittoria e piazza della Repubblica, fiancheggiato dalla Riviera di Chiaia e da via
Caracciolo.
Il "Real Passeggio di Chiaia" si apre con un percorso rettilineo adorno di copie neoclassiche
di statue di epoca romana, nonché di gruppi scultorei e fontane di età tardo-rinascimentale.
Le statue furono collocate intorno al XIX secolo in sostituzione di alcune delle opere
farnesiane, poi spostate presso il museo archeologico nazionale di Napoli. Oltre alle sculture
e fontane, il parco è punteggiato anche da vari edifici di differenti epoche.

Fontana del Gigante


La fontana monumentale è articolata mediante tre archi a tutto sesto, sopra i quali sono
collocati i grandi stemmi che simboleggiano la città, i viceré di Napoli ed anche il re di quel
periodo storico. Nell'arco centrale vi è la tazza che è sorretta da due animali marini, mentre,
le statue nei restanti due archi laterali, rappresentano divinità fluviali che stringono tra le
mani due mostri del mare. Le due statue (le cariatidi) sono poste all'estremità degli ultimi
archi: esse sono intente nel reggere cornucopie.

Reggia dei Portici


è una dimora storica fatta costruire dal sovrano Carlo di Borbone come palazzo reale per la
dinastia dei Borbone di Napoli, prima della costruzione della più imponente reggia di
Caserta.
È situata appunto a Portici, comune alle porte di Napoli, all'interno di un ampio parco dotato
di un giardino all'inglese e di un anfiteatro.

Castel dell’Ovo
È il castello più antico della città di Napoli. A causa di diversi eventi che hanno in parte
distrutto l'originario aspetto normanno e grazie ai successivi lavori di ricostruzione avvenuti
durante il periodo angioino ed aragonese, la linea architettonica del castello mutò
drasticamente.
Il suo nome deriva da un'antica leggenda secondo la quale il poeta latino Virgilio nascose
nelle segrete dell'edificio un uovo che mantenesse in piedi l'intera fortezza. La sua rottura
avrebbe provocato non solo il crollo del castello, ma anche una serie di rovinose catastrofi
alla città di Napoli.
Durante il XIV secolo, al tempo di Giovanna I, il castello subì ingenti danni a causa del crollo
parziale dell'arco sul quale è poggiato e, per evitare che tra la popolazione si diffondesse il
panico per le presunte future catastrofi che avrebbero colpito la città, la regina dovette
giurare di aver sostituito l'uovo.

Maschio Angioino
Castel Nuovo, o anche Maschio Angioino, è uno storico castello medievale e rinascimentale.
Il castello domina la scenografica piazza Municipio ed è sede della Società napoletana di
storia patria e del Comitato di Napoli dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano.
La costruzione del suo nucleo antico si deve all'iniziativa di Carlo I d’Angiò, che nel 1266,
sconfitti gli Svevi, salì al trono di Sicilia e stabilì il trasferimento della capitale da Palermo alla
città partenopea.

Università degli Studi di Napoli Federico II


È un'università statale fra le più antiche d'Italia e del mondo.
Fondata il 5 giugno 1224 dall'Imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia Federico II
di Svevia, è la principale accademia napoletana ed una delle più importanti in Italia e in
Europa. Celebre per essere la più antica università fondata attraverso un provvedimento
statale, è ritenuta la più antica università laica e statale del mondo. Tuttavia, inizialmente
l'ateneo non era pubblico, ma destinato alla formazione dei futuri uomini di governo.

Osservatorio Astronomico di Capodimonte


È la sezione napoletana dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, INAF, il principale ente italiano
per la ricerca astronomica e astrofisica da terra e dallo spazio. L'Osservatorio di Napoli è
impegnato nelle principali linee di ricerca della moderna astrofisica in collaborazione con le
università e con altre istituzioni nazionali ed internazionali. A Capodimonte si studiano il Sole
e il Sistema Solare attraverso l'analisi delle polveri cosmiche.
Il parco dell'osservatorio presenta diverse installazioni permanenti di arte contemporanea, tra
le quali compare "Disco" di Bizhan Bassiri, "Visibile ed invisibile" di Giovanni Anselmo e
"Orsa maggiore" di Quintino Scolavino.

Museo del tessile e dell'abbigliamento Elena Aldobrandini


Fu fondato nel 1655 dalla stessa nobildonna, consorte di Antonio Carafa duca di
Mondragone come ritiro per nobili donne in difficoltà.
Le esposizioni museali consistono sostanzialmente in paliotti e paramenti sacri di fine XVIII
secolo, merletti e ricami del XIX ed inizio XX secolo e più in generale di indumenti
dell'artigianato meridionale. Nel 2003 la raccolta si è arricchita con le donazioni effettuate
dallo stilista napoletano Fausto Sarli, con la collezione di Tullia Passerini Gargiulo, costituita
da tessuti di fine Ottocento e della prima metà del Novecento.
Sono infine esposti capi provenienti dalla collezione Livio De Simone, comprendente sia gli
abiti di Mare Moda Capri che tessuti di arredamento, nonché quelli dalla collezione Emilio
Schuberth e Viva Ferragamo.
Parte integrante del museo del tessile e dell'abbigliamento Elena Aldobrandini, il museo della
guanteria è stato inaugurato il 9 novembre 2007. Raccoglie quaranta pezzi storici che vanno
dal XVIII secolo ai giorni nostri, oltre a macchinari d'epoca e un abito fatto interamente di
guanti.
Complesso degli Incurabili
Dal 2010 una parte del complesso, inclusa la storica farmacia e la chiesa di Santa Maria del
Popolo, fa parte del "museo delle arti sanitarie di Napoli".

Lo storico ospedale degli Incurabili, fondato nel 1521 da Maria Lorenza Longo che volle
tener fede ad un voto fatto quando era vittima di una malattia che l'aveva paralizzata, oltre
agli altri pregi, racchiude la notevolissima farmacia settecentesca realizzata da Bartolomeo
Vecchione; essa, quasi del tutto intatta, è composta da due sale con l'originaria scaffalatura
completamente in legno, sulla quale, sono presenti circa 400 preziosi vasi in maiolica
dell'epoca, realizzati da Donato Massa.
Il complesso attesta un'attività umanitaria e sanitaria rivolta all'assistenza dei cosiddetti
malati incurabili. Vi operò nel decennio francese Santa Giovanna Antida Thouret insieme alle
sue Figlie della Carità. Dal 2010 è stato allestito all'interno di alcuni ambienti dell'edificio il
museo delle arti sanitarie, che espone documenti di archivio, arredi, argenteria, sculture,
strumenti sanitari risalenti all'antico ospedale e alcuni locali come la farmacia, la chiesa di
Santa Maria del Popolo con la cappella Montalto e l'orto dei medici.
Il cortile vanta due fontane storiche, gli scaloni monumentali e il "pozzo dei pazzi", un pozzo
dove venivano calate le persone in stato di agitazione per farle calmare.

Orto Botanico di Napoli


È una struttura dell'Università Federico II, che fa parte della Facoltà di Scienze Matematiche,
Fisiche e Naturali; ha una estensione di 12 ettari e ospita circa 9000 specie vegetali e quasi
25000 esemplari. Si trova in via Foria, vicino al Real Albergo dei Poveri.
Fondato il 28 dicembre 1807 con decreto di Giuseppe Bonaparte.
Il primo direttore dell'Orto, che aprì i battenti nel 1811, fu Michele Tenore (nominato l'anno
precedente). Tenore si occupò sia dell'attività scientifica, che delle relazioni esterne. Per quel
che riguarda la prima, grande importanza fu data alla ricerca e alla didattica. Furono messe a
coltivazione molte specie di uso e interesse in campo medico, ma anche piante esotiche. Le
seconde furono portate avanti presso le maggiori istituzioni botaniche d'Europa. Alla fine
della sua esperienza come direttore della struttura, nel 1860, le specie coltivate giunsero
quasi a toccare il numero di 9000.

Villa Pinatelli
La struttura, con annesso parco, rappresenta uno dei più significativi esempi di architettura
neoclassica della città. Al suo interno hanno sede il Museo Principe Diego Aragona Pignatelli
Cortés e il Museo delle carrozze di villa Pignatelli.
Voluta nel 1826 dal baronetto Sir Ferdinand Richard Acton, figlio di John Francis Edward
Acton, VI Baronetto, primo ministro di Ferdinando I.
Nel 1841, la villa venne acquistata dalla famiglia di banchieri tedeschi Carl Mayer von
Rothschild, che la abitarono fino al 1860. Il nobile di Francoforte incaricò i successivi lavori di
abbellimento prima ad un architetto parigino e poi, insoddisfatto del lavoro, a Gaetano
Genovese. A questa fase risale l'edificazione all'estremità settentrionale del parco della
palazzina di tre piani nota come palazzina Rothschild.
Nel 1867 la famiglia tedesca vide le proprie sorti legate a quella dei Borbone di Napoli, i quali
furono allontanati dalla città a seguito dell'unità nazionale. Così la villa fu ceduta al principe
Diego Aragona Pignatelli Cortés, duca di Monteleone. I Pignatelli furono nobili molto raffinati
nei gusti e nei modi tant'è che trasformarono il luogo in un punto d'incontro culturale tra
intellettuali e alta aristocrazia napoletana ed europea. Con testamento pubblico del 10
settembre 1952 la principessa Rosina, nata Fici dei duchi di Amalfi, disponeva il lascito della
villa allo Stato italiano.
Assieme alla villa, la famiglia Pignatelli donò anche ciò che riuscì a raccogliere nel corso
degli anni: argenti, bronzi, porcellane, smalti, cristalli, un'importante biblioteca e circa
quattromila microsolchi di musica classica e lirica. Tutti questi reperti sono oggi esposti negli
ambienti che compongono la villa.
Nel 1960 la villa venne aperta al pubblico col nome di Museo Principe Diego Aragona
Cortés. Nello stesso anno, ma inaugurato nel 1975 ed aperto al pubblico solo nel 2014,
avvennero inoltre altre importanti donazioni, per lo più di carrozze e materiali annessi, tra cui
spicca quella del marchese Mario d'Alessandro di Civitanova, grazie alle quali nacque il
Museo delle carrozze di villa Pignatelli.

Museo Nazionale di San Martino


Il museo nazionale di San Martino fu aperto al pubblico a Napoli nel 1866, all'indomani
dell'Unità d'Italia, dopo che la Certosa inclusa tra i beni ecclesiastici soppressi, fu dichiarata
monumento nazionale.
Per volontà dell'archeologo Giuseppe Fiorelli gli ambienti furono destinati a raccogliere in un
museo testimonianze della vita di Napoli e dei Regni meridionali (Regno di Napoli e Regno di
Sicilia prima e del Regno delle Due Sicilie dopo).
Farmcia/Sezione delle Carroze/Sezione Presepiale/Quarto del priore/Giardini/Museo
dell’opera/Sezione dei ricordi storici del Regno di Napoli/Galleria Ottocento/Sezione delle arti
decorative/Sezione Teatrale/Sezione Alisio/Sezione delle stampe e disegni/.

Palazzo delle Arti di Napoli


Museo ubicato nello storico palazzo Carafa di Roccella in via dei Mille; ospita esposizioni di
arte contemporanea nelle sue molteplici forme (pittura, scultura, fotografia, grafica, fumetto,
design, videoarte, cinema).
La struttura ha una superficie di 6.000 m2 su tre piani con aree espositive, mediateca, spazi
per attività didattiche, libreria dedicata, caffetterie, terrazze.

Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli


Istituzione scientifica ed ente di ricerca situata nella Villa Comunale (tra via Caracciolo e la
Riviera di Chiaia), nel quartiere Chiaia. Comprende anche un acquario, il più antico d'Italia (e
secondo più antico d'Europa, primo tra quelli ancora esistenti).
Fondata nel 1872 dal naturalista e zoologo tedesco Anton Dohrn, nato a Stettino (attuale
Polonia) nel 1840 e laureato a Berlino in Scienze naturali, per la conoscenza e lo studio della
flora e della fauna del mare, essa rappresentò ben presto una delle più autorevoli Istituzioni
scientifiche cittadine, affiancando quelle realizzate in epoca borbonica: l'orto botanico a Foria
e l'osservatorio astronomico di Capodimonte.
Fu la prima istituzione di derivazione non borbonica e fu fondata proprio a Napoli per scelta
dello stesso Dohrn, affascinato dalla città e interessato per la ricchezza faunistica del golfo.
L'acquario di Napoli con annessa Stazione zoologica divennero un centro mondiale di studio
della biologia marina.
Presso la Stazione Dohrn si svolgono oggi ricerche nel campo della biologia e della
oceanografia, in maniera interdisciplinare negli specifici campi della biochimica, biologia
molecolare e cellulare, neurobiologia e neurofisiologia oltre ai vari rami dell'ecologia.
L'acquario della stazione zoologica, assieme all'erbario, all'archivio storico, alla biblioteca ed
alla interessante collezione zoologica, è all'interno dell'edificio della Stazione e rappresenta
una delle strutture più antiche in ambito europeo di questo genere. Fu aperto al pubblico nel
gennaio del 1874.
Oggi l'acquario contiene circa trenta vasche con oltre duecento specie marine di animali e
vegetali, la maggior parte delle quali provengono dal Golfo di Napoli. Periodicamente sono
ospitate diverse tartarughe marine, prevalentemente della specie Caretta caretta, recuperate
ferite in mare ed in attesa di essere reintrodotte nel loro originario habitat. Nel 1957 fra il
primo ed il secondo edificio è stata inserita una nuova sala in cui è stata trasferita la
biblioteca.

Parco Vergiliano a Piedigrotta


Parco famoso perché conserva il sepolcro che la tradizione popolare vuole di Virgilio, ed
inoltre il monumento sepolcrale che contiene le spoglie di Giacomo Leopardi.
Nel parco è presente il cenotafio di Virgilio, un colombario di età romana, tradizionalmente
ritenuto la tomba del poeta. Inoltre ospita, dal 22 febbraio 1939, la tomba di Giacomo
Leopardi, morto a Napoli e sepolto inizialmente nella chiesa di San Vitale Martire a
Fuorigrotta.

Villa Floridiana
Edificio di interesse storico ed artistico di Napoli, sito nel quartiere Vomero all'interno
dell'omonimo parco.
Il complesso faceva parte del gruppo di edifici utilizzati come residenze reali borboniche in
Campania ed ospita dal 1927 il Museo nazionale della ceramica Duca di Martina.
Nel giugno 1815 Ferdinando IV di Borbone acquistò per la moglie morganatica Lucia
Migliaccio, duchessa di Floridia e, precedentemente, vedova del principe Benedetto III Grifeo
di Partanna, la tenuta del principe Giuseppe Caracciolo di Torella, ampio appezzamento
sulla collina del Vomero, dove si ergeva una imponente villa che, in onore della moglie,
chiamò Floridiana.

Il museo ospita accanto agli appartamenti privati della duchessa e delle dame, una ricca
collezione di oggetti della seconda metà dell'Ottocento, collezionati, custoditi e donati a
Napoli nel 1911 dal duca di Martina.

Il parco della villa Floridiana è una scenografica alternanza di tortuosi sentieri e ombrosi
boschetti, bellissimo quello di camelie, con ampie zone occupate da praterie e aperte verso il
golfo, in un'affascinante sintesi di elementi geometrici tipici del giardino all’italiana e di
soluzioni prospettiche del giardino all'inglese.
Nel retro della villa, è presente anche un piccolo laghetto con all'interno delle tartarughe.

Città della Scienza


Iniziativa di promozione e divulgazione della scienza che si svolge a Napoli, all'interno di una
struttura composta da un museo scientifico interattivo, un incubatore di imprese e un centro
di formazione.
Esposizioni attuali:
-Corporea: Il primo museo interattivo d'Europa interamente dedicato al corpo umano. Gli
oltre 5 000 m² d'esposizione sono organizzati in tre piani ed in isole tematiche.
-Planetario 3D: Il planetario tecnologicamente più avanzato d'Italia. Oltre ai documentari
incentrati sullo Spazio e sull'astronomia, c'è spazio anche per altri viaggi scientifici.
-Exhibit 'Il mare': La mostra è incentrata sulla vita nei nostri mari, sugli ecosistemi e sul
dissesto idrogeologico, ospita acquari, installazioni multimediali ed interattive. Trova spazio
anche il tema della gestione delle risorse marine.
-Insetti & Co.: Un percorso espositivo di oltre 200 m². Costituito da sei isole tematiche: una
silenziosa invasione, tutti insieme, l'arte dell'inganno, come siamo fatti?, ma gli insetti...si
innamorano?, predatori in agguato.
-La nuova officina dei piccoli: Nell'area accessibile a bambini fino ai dieci anni, sono ospitare
le sezioni “io e gli altri”, “la materia”, “la natura”. All'officina dei piccoli è possibile interagire
con Bit, la mascotte virtuale di Città della Scienza. Attualmente parte dei contenuti sono stati
spostati per utilizzare lo spazio per mostre temporanee.
-Laboratori: Sono attualmente attivi i seguenti laboratori: La casa degli insetti, GNAM village,
Fab Lab dei piccoli e Reporteen School.

Cimitero delle Fontanelle


Antico cimitero della città di Napoli, situato in via Fontanelle. Chiamato in questo modo per la
presenza in tempi remoti di fonti d'acqua, il cimitero accoglie circa 40.000 resti di persone,
vittime della grande peste del 1656 e del colera del 1836.

Le ossa anonime, accatastate nelle caverne lontano dal suolo consacrato, sono diventate
per la gente della città le anime abbandonate, cosiddette anime pezzentelle, un ponte tra
l'aldilà e la terra, un mezzo di comunicazione tra i mondi dei morti e i mondi dei vivi. Queste
sono un segno di speranza nella possibilità di un aiuto reciproco tra poveri che scavalca la
soglia della morte: poveri sono infatti i morti, per il semplice fatto di essere morti e
dimenticati, e poveri i vivi che vanno a chieder loro soccorso e fortuna.

Al teschio, spesso, era associato un nome, una storia, un ruolo. Ancora negli anni settanta
c'era l'abitudine di sostare di notte ai cancelli del cimitero per aspettare le ombre mandate
dal teschio di don Francesco, un cabalista spagnolo, a rivelare i numeri da giocare al lotto.
Spesso il napoletano, più che altro donne, si recava sul posto, adottava un teschio
particolare che l'anima le aveva indicato nel sogno. Da questo punto in poi il cranio diventava
parte della famiglia del devoto.
Al camposanto delle Fontanelle, il comportamento rituale si esprimeva in un preciso
cerimoniale: il cranio veniva pulito e lucidato, e poggiato su dei fazzoletti ricamati lo si
adornava con lumini e dei fiori. Il fazzoletto era il primo passo nell'adozione di una particolare
anima da parte di un devoto e rappresentava il principio affinché la collettività adottasse il
teschio. Al fazzoletto si aggiungeva il rosario, messo al collo del teschio per formare un
cerchio; in seguito il fazzoletto veniva sostituito da un cuscino, spesso ornato di ricami e
merletti. A ciò seguiva l'apparizione in sogno dell'anima prescelta, la quale richiedeva
preghiere e suffragi.
I fedeli sceglievano chi pregare e a chi offrire i lumini nelle loro visite costanti e regolari. Solo
allora il morto appariva in sogno e si faceva riconoscere.
In sogno comunque la richiesta delle anime è sempre la stessa: tutte hanno bisogno di
refrisco, cioè di refrigerio: la frase ricorrente nelle preghiere rivolte alle anime purganti era
infatti la seguente: «A refrische 'e ll'anime d'o priatorio».
Si pregava l'anima per alleviare le sue sofferenze in purgatorio, creando un vero e proprio
rapporto di reciprocità, in cambio di una grazia o dei numeri da giocare al lotto. Se le grazie
venivano concesse, il teschio veniva onorato con un tipo di sepoltura più degno: una scatola,
una cassetta, una specie di tabernacolo, secondo le possibilità dell'adottante. Ma se il sabato
i numeri non uscivano o se le richieste non erano esaudite, il teschio veniva abbandonato a
se stesso e sostituito con un altro: la scelta possibile era vasta. Se il teschio era
particolarmente generoso si ricorreva addirittura a metterlo in sicurezza, chiudendo la
cassetta con un lucchetto.
I teschi, inoltre, non venivano mai ricoperti con delle lapidi, perché fossero liberi di comparire
in sogno, di notte. Secondo la tradizione popolare infatti l'anima del Purgatorio rivelava in
sogno la sua identità e la sua vita. Il devoto ritornava allora sul luogo di culto, raccontava il
sogno, e se l'anima del teschio era particolarmente benevola, si concedeva a tutti di pregare
lo stesso teschio determinando così una sorta di santificazione popolare.
Utili erano tutti i tipi di segni che potevano venire alle anime. Un primissimo segno era il
sudore, cioè la condensa da umidità. Se ciò si verificava era segno di grazia ricevuta. Se il
teschio non sudava, questo veniva interpretato come una sofferenza dell'anima abbandonata
e cattivo presagio. In questo caso si chiedeva soccorso a Gesù e, soprattutto, alla Madonna.
Ancora oggi un teschio particolarissimo riguardo a questo fenomeno è quello di donna
Concetta, insolitamente e costantemente lucido.
L'unico mezzo di comunicazione tra i vivi e i morti era il sogno: dai sogni spesso nascono
così varie personificazioni delle anime pezzentelle, ed ecco moltiplicarsi le diverse figure di
giovinette morte subito prima del matrimonio, di uomini morti in guerra o comunque in
circostanze drammatiche e singolari.
Il culto fu particolarmente vivo negli anni del secondo conflitto mondiale e nei primi decenni
del secondo dopoguerra: la guerra aveva diviso famiglie, allontanato parenti, provocato
morti, disgrazie, distruzioni, miseria. Non potendo aspettarsi aiuto dai vivi, il popolo lo
chiedeva ai morti, e l'evocazione delle anime purganti diventa insieme la concreta
rappresentazione della memoria e la speranza di sottrarsi miracolosamente all'infelicità e alla
miseria.

Sottosuolo di Napoli
Il sottosuolo di Napoli è attraversato da una grande rete di cunicoli, gallerie, acquedotti e
spazi scavati ed utilizzati dall'uomo durante la storia della città sin da diversi secoli avanti
Cristo fino a pochi anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale, ed ancora oggi, almeno
in parte, visitabili.
Vi sono diversi percorsi per poter accedere alla rete di ambienti sotterranei e agli ex ricoveri
antiaerei. È visibile uno di questi rifugi, in cui si alternano tra cisterne e cave, cunicoli e pozzi,
resti del periodo greco-romano e catacombe, ed i passaggi che collegano svariati punti della
città anche distanti chilometri sono innumerevoli a Piazza San Gaetano dove è visitabile
l'acquedotto greco-romano, e il rifugio di via Sant'Anna di Palazzo, a Chiaia. Gli speleologi
continuano a studiare ed ispezionare le cavità e i cunicoli che riaffiorano in occasione di
sprofondamenti e/o crolli ed inserirle nel cosiddetto censimento delle cavità cittadine.
Sono noti ad oggi 900'000 m2 di cavità sotterranee sotto la città di Napoli, di cui solo due
sono di origine naturale.

Pompei

Nel 79 d.C. Pompei fu interessata dall'eruzione del Vesuvio, che la seppellì sotto una coltre
di materiali piroclastici di altezza variabile dai cinque ai sette metri, determinandone la fine.
Al momento dell'eruzione molti edifici erano in fase di ricostruzione a causa del sisma del 62
d.C..

La Pompei moderna fu fondata dopo la costruzione del Santuario della Beata Vergine del
Rosario di Pompei. Il Santuario fu consacrato nel 1891.
Il comune di Pompei fu istituito il 29 marzo del 1928, acquisendo la parte del territorio di
Scafati denominata Valle di Pompei. Il restante territorio fu ceduto dai comuni di Torre
Annunziata, Boscoreale, Gragnano e Castellammare di Stabia.
Ebbe risalto internazionale la registrazione in audio e video, nell'Anfiteatro romano di
Pompei, avvenuta nell'ottobre 1971, del concerto dei Pink Floyd, pubblicato nel 1972 come
Pink Floyd a Pompei. Il concerto fu tenuto in assenza di pubblico, alla presenza del solo staff
tecnico.

Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei


Uno dei santuari mariani più importanti e visitati d'Italia. Oltre che meta di pellegrinaggi, il
santuario attira molti turisti affascinati dalla sua maestosità. Ogni anno oltre quattro milioni di
persone si recano in visita al santuario che risulta pertanto tra i più visitati d'Italia. In
particolare l'8 maggio e la prima domenica di ottobre decine di migliaia di fedeli affollano la
città di Pompei per assistere alla pratica devozionale della Supplica alla Madonna di Pompei
(l'Ora del Mondo, recitata dai devoti della Madonna del Rosario in contemporanea ovunque
essi siano) scritta dal beato Bartolo Longo e trasmessa da radio e televisione in tutto il
mondo.

Durante la costruzione del santuario, Bartolo Longo ordinò a Pacifico Inzoli la costruzione
dell'organo a canne del santuario. Lo strumento venne collocato sopra la cantoria in
controfacciata e la sua inaugurazione fu l'8 maggio 1890. L'organo era a tre tastiere
(Grand'Organo-Espressivo-Espressivo) con pedaliera; i registri della seconda e della terza
tastiera erano gli stessi.
Dopo la seconda guerra mondiale, Vincenzo Mascioni ricostruì l'organo su progetto dei
Maestri Fernando Germani e Ferruccio Vignanelli; il nuovo strumento venne realizzato nel
1949 e inaugurato nel 1952.

Nel 1902 la famiglia Ciccodicola di Arpino donò al santuario di Pompei due preziose reliquie.
Nello specifico si trattava di una spina, intrisa di sangue, che sarebbe appartenuta alla
corona di spine posta sul capo di Gesù Cristo e di un pezzetto di legno della santa croce.

Vesuvio
È uno dei due vulcani attivi dell'Europa continentale nonché uno dei più studiati e pericolosi
al mondo a causa dell'elevata popolazione delle zone circostanti e delle sue caratteristiche
esplosive.
Con un'altezza, al 2010, di 1281 m, il vulcano sorge all'interno di una parziale caldera di circa
4 km di diametro, caldera che è la parte restante di un precedente edificio vulcanico, l'attuale
Monte Somma, dopo che la grande eruzione del 79 ne determinò il crollo del fianco sud in
corrispondenza del quale si sarebbe formato il cono attuale con il suo cratere. Per questo
l'intero complesso vulcanico, detto Somma-Vesuvio, è classificato come "vulcano a recinto",
e con il nome Vesuvio ci si riferisce comunemente al cono interno, o Gran Cono.
Il Vesuvio costituisce un colpo d'occhio di inconsueta bellezza nel panorama del golfo. Una
celebre immagine da cartolina ripresa dalla collina di Posillipo lo ha fatto entrare di diritto
nell'immaginario collettivo della città di Napoli. Il Vesuvio è stato il primo vulcano ad essere
studiato sistematicamente; risale infatti al 1841, per volontà del re Ferdinando II delle Due
Sicilie, la costruzione di un Osservatorio Vesuviano (ancora funzionante, anche se solo
come filiale di più moderne strutture ubicate a Napoli).
È un vulcano particolarmente interessante per la sua storia e per la frequenza delle sue
eruzioni. Si tratta di un vulcano esplosivo, la cui ultima eruzione ebbe luogo nel 1944. Da
questa data non si sono verificate più eruzioni, e il Vesuvio è considerato in stato di
quiescenza.
Parco nazionale del Vesuvio
Nato il 5 giugno 1995 per il grande interesse geologico, biologico e storico che il suo territorio
rappresenta. La sua sede è collocata nel comune di Ottaviano. Nasce dall'esigenza di
valorizzare e difendere il Vesuvio. Esso rappresenta il tipico esempio di vulcano a recinto,
costituito da un cono esterno tronco, il Monte Somma, (spento e con una cinta craterica in
buona parte demolita) entro il quale si trova un cono più piccolo (che rappresenta il Vesuvio,
ancora attivo).
Il territorio, ricco di bellezze storiche e naturalistiche, vanta una produzione agricola unica
per varietà e originalità di sapori.
Un'ulteriore singolarità di questo Parco è rappresentata dalla notevole presenza di specie
floristiche e faunistiche se si rapporta alla sua ridotta estensione: sono presenti ben 612
specie appartenenti al mondo vegetale e 227 specie (tra quelle studiate) appartenenti a
quello animale.

Scavi archeologici di Pompei


I ritrovamenti a seguito degli scavi, iniziati per volere di Carlo III di Borbone, sono una delle
migliori testimonianze della vita romana, nonché la città meglio conservata di quell'epoca; la
maggior parte dei reperti recuperati (oltre a semplici suppellettili di uso quotidiano anche
affreschi, mosaici e statue), è conservata al museo archeologico nazionale di Napoli ed in
piccola quantità nell'Antiquarium di Pompei, attualmente chiuso: proprio la notevole quantità
di reperti è stata utile per far comprendere gli usi, i costumi, le abitudini alimentari e l'arte
della vita di oltre due millenni fa.
I primi scavi nell'area pompeiana si ebbero a partire dal 1748, per volere di Carlo III di
Borbone a seguito del successo dei ritrovamenti di Ercolano: i sondaggi furono svolti da
Roque Joaquín de Alcubierre, che, credendo di essere sulle tracce dell'antica Stabiae,
riportò alla luce nei pressi della collina di Civita diverse monete ed oggetti d'epoca romana,
oltre a porzioni di costruzioni, prontamente ricoperte dopo l'esplorazione. Le esplorazioni
furono ben presto abbandonate a causa degli scarsi ritrovamenti e ripresero soltanto nel
1754; nel 1763, grazie al rinvenimento di un'epigrafe, che parlava chiaramente della Res
Publica Pompeianorum, si intuì che si trattava dell'antica città di Pompei. Con Maria
Carolina, moglie di Ferdinando IV, e l'ingegnere Francesco La Vega, parte della città, come
la zona dei teatri, il tempio di Iside, il Foro Triangolare, diverse case e necropoli vennero
riportate completamente alla luce e non più seppellite, ma rimaste a vista; fu durante il
dominio francese, con a capo Gioacchino Murat e la moglie Carolina, che gli scavi godettero
di un momento di fortuna: venne individuata la cinta muraria e riportata quasi del tutto alla
luce la zona di Porta Ercolano; inoltre, grazie alle pubblicazioni volute da Carolina, la fama di
Pompei crebbe in tutta Europa, diventando tappa obbligata del Grand Tour.
Con il ritorno dei Borbone a Napoli, gli scavi vissero un periodo di stasi: se si esclude
Francesco I, con Ferdinando II e Francesco II, le rovine furono usate soltanto come posto da
far visitare agli ospiti di corte.
A seguito dell'unità d'Italia e soprattutto grazie a maggiori disponibilità economiche, sotto la
guida di Giuseppe Fiorelli, si assistette ad una veloce ripresa delle indagini, in modo
ordinato, con la prima divisione della città in regiones ed insulae; nel 1863 venne introdotta la
tecnica dei calchi, mentre, tra il 1870 ed il 1885, fu redatta la prima mappa dell'intera area
pompeiana. Durante il XX secolo, con gli archeologi Vittorio Spinazzola prima e Amedeo
Maiuri dopo, furono completati la maggior parte degli scavi nei pressi di Porta Ercolano, della
zona meridionale della città e di Villa dei Misteri, mentre si intrapresero importanti sessioni
d'indagine lungo Via dell'Abbondanza.
A partire dagli anni sessanta si resero necessari lavori di restauro per gli edifici esistenti, che
hanno di molto rallentato nuovi scavi, anche a causa di problemi di natura economica. Nel
1980 il sito fu gravemente danneggiato dal terremoto dell'Irpinia. Tra gli anni novanta e gli
anni '10 del nuovo millennio, i nuovi scavi si concentrarono nella zona della IX regio, anche
se molti fondi furono dirottati sulla conservazione ed il restauro dei monumenti già scavati;
nel 1997 l'area archeologica entrò a far parte del patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. A
seguito della mancanza di un piano di restauro dell'intero sito, accentuato dal crollo della
Casa dei Gladiatori nel 2010, l'Unione europea stanziò un finanziamento per la salvaguardia
degli scavi: tuttavia, durante lo svolgimento dei lavori di ristrutturazione, che presero il nome
di "Grande Progetto Pompei", si verificarono altri crolli, riguardanti per lo più parti di
muratura, travature dei tetti o pezzi di intonaco.
Si possono osservare ville, case, edifici pubblici, edifici ludici, templi, necropoli e diversi
elementi urbanistici (cinta muraria, porte, strade, archi, ecc.).

Ercolano
Comune italiano di 52 842 abitanti della città metropolitana di Napoli in Campania.
Famosa nel mondo per gli scavi archeologici della città romana fondata, secondo la
leggenda, da Ercole e distrutta dall'eruzione del Vesuvio del 79; insieme a quelli di Pompei e
Oplontis, fanno parte dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
Il tratto del Corso Resina che dagli Scavi archeologici arriva fino a Torre del Greco è
chiamato Miglio d'oro per le splendide ville del XVIII secolo allineate ai suoi lati.
Da Ercolano parte la strada che conduce al Gran Cono del Vesuvio per la visita al cratere.

Scavi archeologici di Ercolano


La tipica casa di Ercolano si presenta più piccola rispetto a quella di Pompei; tuttavia, anche
grazie alla conversione della città nel suo ultimo periodo in centro di villeggiatura, le
abitazioni erano spesso decorate in modo raffinato e sfarzoso, e sovente erano precedute da
portici con colonne in laterizio, costruiti a seguito del dannoso terremoto del 62 come misure
antisismiche in modo da rinforzare le facciate e sostenere balconi e ballatoi; altra particolarità
era l'assenza nell'atrio dell'impluvium, o comunque questo aveva perso ad Ercolano la sua
funzione originale perché quasi tutte le case erano dotate di un proprio pozzo o erano
collegate alla rete idrica, entrata in funzione dopo la costruzione dell'acquedotto del Serino.

Ravello
comune italiano di 2 485 abitanti della provincia di Salerno in Campania.
Appartenente geograficamente alla Costiera amalfitana (uno dei 46 siti del patrimonio
mondiale UNESCO), costituisce un rinomato centro turistico noto per il Ravello Festival,
svolto in epoca estiva, dedicato al compositore tedesco Richard Wagner.

Ravello fu fondata nel V secolo come luogo di rifugio dalle scorrerie dei barbari che
segnarono la caduta dell'Impero romano d'Occidente ma, secondo la leggenda, vi
immigrarono alcuni patrizi amalfitani in seguito ad uno scontro tra più fazioni della classe alta
amalfitana, che sfociò quasi in una guerra civile.
La tradizione racconta che Ravello, come tutti gli altri centri della Costiera Amalfitana, risale
all’arrivo di un gruppo di nobili romani, giunti qui in seguito al naufragio della propria nave
lungo le coste della Dalmazia, avvenuto mentre si recavano a Costantinopoli. Le tracce
archeologiche, anche se molto limitate, fanno pensare ad una frequentazione già in epoca
classica con qualche villa, come se ne contano sulla costa.
La cittadina crebbe in popolazione, prosperando con l'arte della lana e con il commercio
verso il Mediterraneo e Bisanzio, e raggiunse il suo massimo splendore dal IX secolo, sotto
la Repubblica marinara di Amalfi ed il Principato di Salerno.
Dal XIX secolo, riscoperta da intellettuali e artisti, Ravello riacquistò la sua importanza come
luogo turistico culturalmente elitario, dedicato all'ozio creativo, tornando alla ribalta politica
nazionale sul finire della seconda guerra mondiale. Infatti, nella cosiddetta Villa Episcopio,
proprietà del Principe di Sangro, trovò riparo Vittorio Emanuele III, arrivato da Brindisi.
Avvenne in questo luogo la firma del passaggio di luogotenenza da Vittorio Emanuele III al
figlio Umberto il 12 aprile del 1944 e il giuramento del Governo provvisorio, con sede a
Salerno, che traghettò l'Italia verso la repubblica.

Duomo di Ravello
Risale all'XI secolo ed è di grande interesse. Nella cappella seicentesca è custodita l'ampolla
del sangue del santo patrono Pantaleone, che presenta l'annuale fenomeno della
liquefazione. Al Duomo è annesso il Museo dell'Opera del Duomo con interessanti oggetti tra
i quali il famoso busto di Sigilgaita Rufolo, opera di Nicola di Bartolomeo da Foggia.

I palazzi fondaco delle antiche famiglie ravellesi nella maggior parte dei casi sono divenuti
alberghi nell'ultimo secolo e mezzo. Sono situati principalmente nel nobiliare "rione del Toro",
seguendo lo sviluppo dell'abitato da Piazza Fontana verso sud, fino a Piazza Duomo.

Villa Rufolo
Appartenente in origine alla potente e ricca famiglia dei Rufolo che eccelleva nei commerci
(un Landolfo Rufolo è protagonista di una novella nel Decamerone del Boccaccio).
Il complesso monumentale rappresenta un esempio mirabile dello stile arabo-normanno
leggibile chiaramente nel Chiostro che presenta un doppio ordine di colonne con
caratteristiche decorazioni arabo-sicule; elementi medioevali sono presenti ovunque
partendo dalla Torre di ingresso che custodisce quattro statue simboleggianti La Carità e
l'Ospitalità e la volta a botte della Cappella nell'edificio principale.
Dall'esterno è visibile la Torre Maggiore, alta circa 30 metri, che per secoli ha rappresentato
la testimonianza della potenza economica e sociale della famiglia Rufolo e che dal 2017,
grazie ad un imponente intervento di restauro e valorizzazione, ospita il Museo verticale di
Villa Rufolo. I visitatori attraverso una ascesa di circa 100 gradini possono accedere ad uno
dei Belvedere più suggestivi sul centro storico di Ravello e sulla Costiera Amalfitana.

Villa Cimbrone
Nel 1904 l'intera proprietà fu acquistata da un nobile banchiere britannico, Ernest William
Beckett, che trasformò radicalmente sia la villa, da lungo tempo in stato di abbandono, sia il
vasto appezzamento terriero ed i giardini nello straordinario parco con elementi architettonici
neoclassici e gotici e mediando tra il selvaggio stile botanico all'inglese e il preciso all'italiana.
All'interno della villa sorge attualmente un albergo a 5 stelle, mentre il giardino è aperto al
pubblico durante tutto l'anno ed è visitabile a pagamento. L'hotel e il suo parco secolare si
trovano in una zona pedonale accessibile attraverso una stradina panoramica, alternata da
scale.

https://napoli.fanpage.it/la-mappa-dei-clan-di-camorra-a-napoli/

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