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3. Ivi, p. 68.
4. Cfr. l’antologia Che cosa è arte. La filosofia analitica e l’estetica, a cura di S.
Chiodo, UTET, Torino 2007.
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tanto più salda quanto più essa è affidata al gioco [delle] influenze
esterne. Tutte le grandi opere dell’arte classica sono il frutto di un’a-
nanke, di una necessità. Se guardiamo ad esse con un atteggiamento
puramente estetico, che assuma il postulato moderno dell’autono-
mia dell’arte, non riusciamo a coglierne l’essenziale. [...] Tali opere
sono sempre, infatti, il risultato di una tensione, di una lotta: esse
sono, propriamente, esiti, riuscite, nate da una frizione con l’etero-
nomia, con la dipendenza dell’arte da altre sfere di valori10.
11. G. Vattimo, «L’infrangersi della parola poetica» (1983), in Id., La fine della
modernità, p. 79.
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Ciò che davvero è, l’ontos on, non è il centro di contro alla periferia,
l’essenza di contro all’apparenza, il durevole di contro all’acciden-
tale e mutevole, la certezza dell’objectum dato al soggetto, di con-
tro alla vaghezza e imprecisione dell’orizzonte del mondo; l’acca-
dere dell’essere è piuttosto [...] un evento inapparente e marginale,
di sfondo14.
15. W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einau-
di, Torino 2000, p. 45.
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3. Aperture
17. Questi brevi cenni non sono ovviamente esaustivi, e soprattutto non
approfondiscono un tema che necessiterebbe di molto più spazio, ovvero quello
della differenza tra il pensiero di Vattimo e quello di Deleuze, al di là di alcune loro
possibili convergenze. Per affrontare un simile argomento occorrerebbe partire
dal rapporto di Deleuze con il pensiero di Heidegger, su cui in parte è stato scritto
(cfr. per es. M. Penzo, Tra Heidegger e Deleuze. Saggio sulla singolarità, Cluec, Venezia
1978; G. Rae, Ontology in Heidegger and Deleuze. A Comparative Analysis, Palgrave
Macmillan, New York 2014). Nella lunga nota n. 23 del primo capitolo di Differen-
za e ripetizione (1968) Deleuze stesso sottolinea che Heidegger sembra avere una
concezione della differenza simile alla sua, ma conclude che il suo pensieri non
riesce alla fine a sottrarsi alla subordinazione all’identità della rappresentazione,
prestandosi a fraintendimenti in particolare a causa del concetto di Nulla.
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18. G. Deleuze–F. Guattari, Che cos’è la filosofia? (1991), tr. it. a cura di C. Ar-
curi, Einaudi, Torino 2002, p. 189.
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