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Trasfigurazione - Riflessione II domenica di Quaresima 2018

Autore: lorenzo scontrino

In uno dei romanzi di Dostoevskij, l'autore fa dire al protagonista una frase che resterà
famosa nel panorama della letteratura mondiale: "La bellezza salverà il mondo".
Allora, se il Salvatore del mondo è Gesù Cristo, il Dio fatto uomo, si può affermare che Gesù
è la bellezza in assoluto e che la sua bellezza salva il mondo.
Ed ecco allora la Trasfigurazione posta liturgicamente nella seconda domenica di quaresima.
Quale esempio più eclatante e diretto della bellezza del Cristo, della bellezza salvifica del
Cristo?
Ma questa frase è pronunciata da un personaggio, il principe Mishkin, che è il protagonista
del romanzo che si chiama "l'idiota"... è un principe idiota.
Infatti questa frase, nel contesto soprattutto della quaresima, ci lascia un po' interdetti,
intontiti, come se fosse appunto una frase almeno apparentemente idiota.
La quaresima, infatti, proietta subito le nostre menti in un contesto di sofferenza, pentimento,
dolore, tristezza. E' vero che la vicenda di Gesù terminerà con la risurrezione, ma è anche
vero che prima di quello ci sarà un'escalation di sofferenza che rende la frase del principe
idiota un po' fuori luogo, e che fa sembrare questo episodio della trasfigurazione mal
collocato rispetto a ciò che nel nostro animo stiamo vivendo.
Questa bellezza che si mostra in maniera incontenibile sul monte Tabor, si infrange contro il
muro apparentemente indistruttibile del male che incombe sul mondo e che schiaccia
addirittura il suo stesso creatore. La bellezza e il male.
Partiamo allora da una considerazione sul male. Spesso si pensa al male come un problema;
ma il male non è un problema; il male, se fosse un problema, sarebbe risolvibile almeno a
livello razionale; ma l'esperienza e la storia mostrano che non lo è; se fosse risolvibile, Dio, a
cui nulla è impossibile, lo avrebbe risolto solamente esprimendone il desiderio, come è stato
per la creazione: ma ciò non è possibile neanche a lui. Allora cos'è il male?
Il male è un mistero: il male e, in particolare, la sofferenza innocente, sono un mistero e non
possono essere spiegati ne tanto meno risolti attraverso l'argomentazione razionale. Un
mistero è qualcosa che deve essere attraversato e vissuto dall'azione affinché possa divenire
trasparente al pensiero; esso può essere risolto soltanto attraverso l'esperienza personale, la
partecipazione personale e la compassione. Nessuno può iniziare a capire la sofferenza senza
esserne direttamente coinvolto.
E questo, fratelli e sorelle, non vale solo per noi, ma vale anche per Dio: il nostro Dio è un
Dio che, avendo amato la sua creatura, ne ha voluto comprendere le sofferenze per poi
sanarle, guarirle; e per farlo si è incarnato e le ha attraversate tutte amandoci fino alla fine.
Dio è un Dio coinvolto. La domanda: dov'è Dio? quando si assiste a scene di sofferenza è
una non domanda: Dio avrebbe potuto starne fuori, ma si è immerso nella nostra sofferenza
per comprenderla e guarirla.
Coinvolgimento, dunque, è la parola d'ordine per la comprensione e il superamento insieme
del mistero della sofferenza. Ma nel fare questo non possiamo correre il rischio di
dimenticare la presenza, anche in questo mondo capace di essere ricoperto da tenebre, della
bellezza divina e salvifica di Cristo. E' facile essere inghiottiti dal mistero invece che
comprenderlo, soprattutto quando ci si trova dinanzi alla sofferenza degli innocenti. Ecco
perché la bellezza del Cristo trasfigurato getta la sua luce su tale mistero della sofferenza e
del male.
Analizziamo adesso la natura di questa gloria che si è manifestata sul Tabor.
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In Matteo è detto che il volto di Cristo risplendette come il sole, addirittura i padri greci,
come San Giovanni Crisostomo dicono che il volto di Gesù risplendette più del sole, a
sottolineare il fatto che la gloria del Tabor è una lune soprannaturale, uno splendore increato
e spirituale, e non solo materiale. Si tratta dunque di una luce divina; gli stessi discepoli non
videro quella luce grazie ai loro occhi fisici: quegli occhi non possono vedere la luce della
divinità senza essere trasformati dalla grazia divina. I discepoli videro quella gloria nella
misura in cui erano in grado, in quel momento , di sostenerla, di sopportarla. Per questo
vengono usati quei termini per descriverla. Cosa si può affermare di questa luce?

1. Prima di tutto essa ci rivela la gloria della Trinità. Se la accostiamo alla scena del
battesimo di Cristo si può notare che in entrambe le scene è chiaramente manifestata
l'azione della Trinità. Al battesimo di Gesù la voce del Padre parla dal cielo rendendo
testimonianza al Figlio, mentre lo Spirito Santo discende come colomba dal Padre e
riposa sul Figlio. Sul Tabor avviene più o meno la stessa cosa: lo spirito qui è presente
non in forma di colomba ma come nube luminosa.
1. Questo è chiaramente un invito a vivere la quaresima come evento trinitario, non
dimenticando mai che Gesù Cristo, in tutte le fasi della sua passione, è sempre
restato intimamente connesso con le altre due persone della Trinità, anche quando
griderà dalla Croce "mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato"; la quaresima
può essere un cammino di conversione anche dura a volte, faticosa, perché
cambiare il nostro essere anche di una piccola parte può letteralmente farci male
dentro: ma non dobbiamo mai dimenticare che Dio, in tutto il suo essere trinitario,
non ci lascia mai soli; questa luce del Tabor vuole illuminaci anche nei momenti
più bui;
2. Inoltre questa luce ci rivela la gloria di Cristo come Dio incarnato: è cioè una gloria
cristologica. Questa luce increata lo rivela come Dio vero da Dio vero della stessa
sostanza del Padre; ora è possibile vedere questa verità; ma allo stesso tempo, sul Tabor,
il corpo umano di cristo anche se radioso di luce immateriale, rimane pur sempre un
corpo umano e materiale; la sua carne creata, anche se resa trasparente in modo che si
possa ammirare la gloria dello Spirito, non viene ingoiata dalla divinità, né tanto meno
abolita. Cristo è rivelato sul Tabor come una persona in due nature, completa in
entrambe.
1. nulla è tolto, nulla è aggiunto; Cristo sul Tabor resta pienamente umano; ed è
anche vero che la gloria eterna rivelata sul Tabor è qualcosa che il Cristo incarnato
possiede da sempre, fin dal suo concepimento. Tale gloria resterà con lui tutti i
giorni della sua vita, anche nei momenti più umilianti della sua passione. La
differenza è che il velo della carne qui sul Tabor si è come sollevato lasciando
intravvedere tale Gloria in tutto il suo splendore.
2. il cambiamento, dunque, non è avvenuto in Cristo, ma piuttosto nei suoi discepoli:
egli fu trasfigurato non assumendo ciò che non era, ma manifestando ai suoi
discepoli ciò che egli era, aprendo così i loro occhi. Egli non divenne in quel
momento più radioso o più esaltato... in effetti in questo senso si potrebbe parlare
non della trasfigurazione del Signore , ma di quella degli apostoli.
3. La trasfigurazione, dunque, ci rivela il paradosso della nostra fede cristiana: Gesù
è vero uomo ed è anche vero Dio.. una persona in due nature. E ci dona la luce per
purificare il nostro sguardo e riuscire a comprendere questo grande mistero che si
riflette su tutta la nostra vita di credenti.
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3. In terzo luogo, questa luce proveniente dal monte Tabor ci rivela anche la gloria della
persona umana. Non ci rivela solo ciò che Dio è ma anche ciò che noi siamo.
Ammirando la scena di Gesù trasfigurato, noi stiamo ammirando la nostra natura creata,
la persona umana, completamente assunta in Dio, riempita interamente della luce e
della gloria increate pur continuando ad essere totalmente umana.
1. noi vediamo la natura umana come era al principio, prima della caduta, come ci ha
pensato Dio quando ci ha creati; e vediamo la nostra natura umana come sarà alla
fine, dopo la resurrezione finale (stato finale incomparabilmente più elevato del
primo).
2. Si dice allora che la trasfigurazione ha un carattere escatologico: ci dice quello che
sarà;
3. ci mostra la deificazione della natura umana; cosa significa il fatto che Dio si è
fatto uomo per fare in modo che l'uomo diventi Dio;
4. in questo cammino di quaresima ci è offerta una luce che ci mostra chi siamo
veramente, dal momento che Gesù ha assunto la nostra carne; questa stessa carne
che può soffrire e gemere in questa esistenza a volte difficile, è la stessa carne che
è destinata a brillare di quella luce divina che ormai è intessuta con le sue fibre:
mai ci abbandoni questo senso di appartenenza intima a questa scena durante
questo camino di quaresima che ci deve portare ad una realizzazione profonda di
questa verità;
4. In quarto luogo tale luce ci rivela la gloria dell'intera creazione materiale. L'umanità
deve essere salvata non dal mondo ma con il mondo: la trasfigurazione ha una portata
cosmica. La trasfigurazione anticipa ciò che avverrà quando anche l'attesa di tutta la
creazione verrà esaudita. Come dice San Paolo nella lettera ai romani: La creazione
stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata
sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha
sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della
corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
1. Sulla montagna, infatti, non appare solo un volto trasfigurato, ma anche le vesti di
Cristo si colorano di un bianco soprannaturale. Marco lo sottolinea con una
immagine poetica straordinaria: le sue vesti divennero splendenti,
bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così
bianche. Non si tratta di un "bianco" materiale, riproducibile da mani d'uomo,
neanche di lavandaio. tutti gli oggetti materiali associati al corpo del Salvatore
vengono trasformate dalla grazia divina: non soltanto il volto degli uomini, ma
anche ciascun oggetto fisico è capace di trasfigurazione. alla luce di quel volto
umano-divino che fu mutato, di quelle particolari vesti che furono rese bianche e
lucenti, tutti i volti umani hanno acquisito una nuova radiosità e a tutti gli oggetti
comuni è stata data una nuova profondità;
2. In questa quaresima, la nostra conversione si muova anche in una direzione di
accettazione della realtà che ci circonda, di apertura verso la vita e la creazione: agli
occhi di coloro che credono veramente nel Cristo trasfigurato nulla è misero o
disprezzabile; tutte le cose create possono diventare un veicolo delle energie
spirituali ed increate di Dio. La trasfigurazione è un evento anche ecologico.

Una domanda in quaresima risuona nelle nostre menti quando pensiamo al monte Tabor: quale
luce getta questo evento della trasfigurazione sull'altro
3 monte importante del Vangelo, quello
che per eccellenza è il monte della quaresima; quale relazione c'è tra i due monti? come
possono considerarsi tenuti insieme dalla quaresima invece che allontanati e distinti l'uno
dall'altro?
Già abbiamo visto che la sofferenza può essere compresa e trasformata in beatitudine
solamente se vissuta, nella vita di tutti i giorni.
Ma vediamo adesso cosa possiamo ricavare dal Vangelo in se.
Prima di tutto l'avvenimento della trasfigurazione segue il discorso che Gesù fece ai discepoli
circa la passione che egli doveva vivere a Gerusalemme; quel discorso in cui Pietro fu
aspramente rimproverato perché non voleva accettare la parola di Gesù su questo argomento.
Sei giorni dopo, dice il Vangelo di Matteo, Gesù prese con sè....
Questa vicinanza non è casuale. Gesù è preoccupato di enfatizzare la relazione essenziale tra
gloria e sofferenza.
Qui c'è un nuovo, possibile modo di avvicinarci al mistero della sofferenza innocente:
gloria e sofferenza vanno insieme nell'opera salvifica di Cristo. E' così che i due monti
sono significativamente legati. La trasfigurazione non può essere compresa se non alla
luce della croce e la croce non può essere compresa se non alla luce della trasfigurazione,
e, per conseguenza, della resurrezione.
Infatti: chi sono i tre discepoli che Gesù chiama a sé quando va a pregare nell'orto degli ulivi?
Sono gli stessi che chiama con sé prima della trasfigurazione. Anche qui non è a caso, o solo
perché erano i discepoli più vicini a lui. Questi tre discepoli avrebbero dovuto riconoscere
nell'agonia di Gesù lo stesso splendore della gloria che era stato presente sul Tabor.

Il Signore ci chiama ad esser vicino a lui non solo quando ci sono delle consolazioni
spirituali ma anche nei momenti in cui la nostra carne si copre di ferite; le ferite che
questa esistenza comporta. Anche lì e soprattutto lì noi possiamo trovare il volto
splendente di Cristo.

Ancora: qual'è l'argomento di cui parlano con Cristo Mosè ed Elia mentre stavano con lui nella
luce increata del Tabor? Ce lo dice l'evangelista Luca: parlavano del suo prossimo esodo a
Gerusalemme, la sua imminente morte in croce (Lc 9,31). Non ci dice niente questo? Invece di
parlare delle gioie celesti, avvolti dalla gloria di Cristo essi parlano della kenosis della
crocifissione. Questo ci dice che alla sommità del Tabor è piantata la croce, e che dietro al
velo della carne sofferente di Gesù sul Golgota siamo chiamati ad ammirare la luce increata
della trasfigurazione: Gloria e sofferenza sono due aspetti di un indiviso, unico mistero. cristo
è tanto il Signore della Gloria quando muore sulla croce quanto lo è quando è trasfigurato sul
Tabor.

quando parliamo di sofferenza durante questa quaresima, ricordiamoci che è l'altro lato
della medaglia del mistero della gloria di Dio, della beatitudine del Tabor, della luce
increata a cui siamo destinati ad appartenere: lavatevi il volto quando fate penitenza,
dunque, perché il mistero si svela a voi come luce radiosa di Cristo.

Anche nell'iconografia possiamo notare questo legame stretto tra Tabor e Golgota. Si pensi al
mosaico nell'abside di Sant'Apollinare in Classe a Ravenna, dove il Cristo trasfigurato è
rappresentato proprio nella forma di una croce gemmata che stende le sue braccia nel
firmamento del cielo.

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Vediamo ora cosa avviene immediatamente dopo la trasfigurazione: in tutti e tre i vangeli
sinottici c'è una stessa sequenza di eventi:

un bambino malato afflitto da crisi epilettiche e un padre che grida nell'angoscia: "io
credo: tu aiuta la mia incredulità"; con i discepoli che sono perplessi ed incapaci di
guarirlo. Una scena di confusione e tristezza allo stesso tempo: noente è cambiato dopo la
trasfigurazione nella scena quotidiana del mondo di allora.

Pietro voleva rimanere sulla cima della montagna, costruire tre capanne e prolungare
all'infinito la visione. Gesù non lo permette: li costringe a scendere con lui nella pianura. Noi
partecipiamo alla grazia della trasfigurazione non isolandoci dalla sofferenza del mondo
ma coinvolgendo noi stessi in essa.
La nostra esistenza quotidiana è trasfigurata esattamente nella misura in cui noi,
ciascuno nella propria situazione, condividiamo la sofferenza, la solitudine e lo
scoraggiamento di coloro che sono attorno a noi.
questa è dunque la relazione tra il nostro cammino di quaresima, la sofferenza e la
trasfigurazione: il cambiamento che chiamiamo più propriamente conversione e che interessa
tutta la creazione, non solo noi stessi, è una trasfigurazione che è possibile solo attraverso il
portare la croce: Attraverso la croce la gioia è arrivata a tutto il mondo.
Non c'è altra via della Croce: i due monti, Tabor e Calvario, formano un unico mistero: sia per
Gesù che per noi stessi. Non si può stare con Cristo solo sul Tabor, senza accompagnarlo anche
sul Golgota; non c'è anestesia per questo parto esistenziale;
Il paradosso della sofferenza e del male è risolto nell'esperienza della compassione e
dell'amore.
Alla domanda di molti sul senso della sofferenza che a volte sembra accanirsi contro l'essere
umano, Dio risponde attraverso la sua vita, la sua compassione, la sua partecipazione al nostro
dolore, attraverso il suo amore che soffre con noi. La sua trasfigurazione non è una fuga dal
male, non è un'alienazione dalla creazione decaduta, ma è un coinvolgimento incondizionato e
senza limiti in essa. La trasfigurazione conduce alla croce, e la croce alla resurrezione: questa è
la nostra speranza certa. La bellezza che è la salvezza del mondo, non si manifesta solo sul
Tabor ma anche nel sacrificio della croce consumatosi sul Calvario; la bellezza di Cristo non ci
permette di evadere dalla sofferenza, ma rende la nostra sofferenza creatrice e portatrice di
vita: questa è la bellezza che mi auguro accompagni tutto il nostro cammino di quaresima.

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