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Goffredo Plastino
Un concorso legato alle canzoni popolari italiane poco note o dimenticate sarà
abbinato al varietà televisivo Adesso musica, con lo scopo di ricostruire attra-
verso l’intervento del pubblico un repertorio di musiche folkloristiche scono-
sciute. Le persone in grado di fornire materiale legato alla canzone popolare
italiana potranno partecipare alla gara inviando nastri registrati o semplici in-
dicazioni sul testo. La rubrica Adesso musica, che settimanalmente propone ai
telespettatori un panorama aggiornato di musica classica, leggera e pop, ha ri-
scosso vasti consensi tra il pubblico (Catino 1972).
La puntata speciale di Adesso musica dal titolo «Alla ricerca della canzone
folk», per la regia di Stefano De Stefani, andò in onda il 17 dicembre del 1972
sul Secondo canale. Ancora il Radiocorriere Tv: «Sulla passerella televisiva
[…] sfilano uno dopo l’altro i molti vincitori: Romolo Fioroni (Emilia) con
“Maggio”; Vincenza Panzera (Calabria), stornelli; Natale Mocchi (Lombar-
dia), canzone narrativa; Kate Zuccario (Calabria), canto “oj”; Armando Piras
(Sardegna), “ballu cabillu”; Vittorio Pesaresi (Marche), saltarello; Filippo An-
dronico (Sicilia), “Sugnu picciotta”; Domenico Caruso (Calabria) canto d’amo-
re; Giuseppe Aloi (Calabria), canzone dialettale; Olga, Italia e Aurora Corona
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(Campania), serenata; Maria Teresa Fasano (Abruzzo), “Nu fije spierze”; Giu-
seppina Gatto De Grassi (Calabria), ninna nanna; Berardina Battistini (Cala-
bria), ninna nanna; Giovanna Farinelli (Lazio), “Fior d’uliva”; Antonio Fedele
(Campania), “Vollaria ca murissi”; Francesco De Lucia (Calabria), canti d’a-
more. Di questi ricercatori affermatisi nel concorso, alcuni interpretano di per-
sona il brano da loro scoperto; altri invece assistono all’esecuzione dei motivi
affidata ai cantanti più noti di questo genere musicale: Otello Profazio, Rosa
Balistreri, Caterina Bueno, Matteo Salvatore, Maria Carta, il Duo di Piade-
na. […] Partecipano anche, quali ospiti d’onore, Pino Caruso e Pippo Franco
[…] tra un intervento degli esperti Tullio Tentori e Diego Carpitella» (Agosti-
ni 1972, p. 43).2
Otto anni dopo l’esordio di Bella ciao a Spoleto (Perugia), mentre si svolgo-
no seminari e discussioni sull’interpretazione corretta della musica «popola-
re», e due anni prima dell’acceso dibattito sulla partecipazione del Canzoniere
Internazionale di Leoncarlo Settimelli a Canzonissima ’74, tutto implode nel-
la trasmissione televisiva Adesso musica: Diego Carpitella e Otello Profazio,
musica popular e musica popolare, Sandra Mantovani e Little Tony,3 cantori
genuini e musica «leggera», Romolo Fioroni4 e Maria Carta, televisione e au-
tenticità, folkloristi e Pippo Franco, ricerca «sul campo» e revival, etnomusi-
cologia e concorso a premi.5
Che ruolo ha avuto la storia di una trasmissione televisiva, come quella appe-
na ricostruita, nel folk revival in Italia? Apparentemente nessuno. La letteratura
specialistica che si è occupata della cosiddetta riproposta della musica «tradi-
zionale» o «popolare» – saldamente ancorata a una precisa sequenza di even-
ti, costruita intorno a un determinato numero di protagonisti e comprimari, le
cui attività sono sempre state analizzate pressappoco allo stesso modo – ha tra-
lasciato tali vicende, tutt’al più relegandole a una breve nota a piè di pagina. Si
tratta invece di episodi importanti: perché anche soltanto la loro narrazione con-
testa l’autorevolezza del canone storiografico e interpretativo del revival. È sta-
to anche per rispondere al desiderio di conoscere storie come quella, sotto molti
aspetti straordinaria, del concorso folk di Adesso musica, che questo libro è nato.
La storiografia ufficiale appare in parte reticente, ma lo è anche riguardo
alle definizioni di che cosa sia stato o sia il «folk music revival» in generale e
quello italiano in particolare. Quelle esistenti sono poche e abbastanza ripeti-
tive; eccone alcune:
20 La musica folk
Con questo termine […] si intende quella rinascita di interesse verso la musi-
ca popolare che, muovendo dagli Stati Uniti negli anni quaranta, è giunta in
Gran Bretagna dapprima e poi in Italia e nel resto d’Europa nel secondo dopo-
guerra (Saffioti 1978, p. 110).
Qual è, allora, il paradigma storiografico del folk revival in Italia? Può essere
utile visualizzarlo cronologicamente, attraverso una sequenza di avvenimenti
e personaggi importanti, quelli ai quali la letteratura specialistica italiana ha
fatto riferimento con maggiore frequenza e regolarità.8
Secondo questo canone, qui in forma di cronologia, il folk revival in Italia sa-
rebbe stato un movimento durato più o meno vent’anni, attivo soprattutto a
Milano, Roma e Napoli, o che comunque aveva in queste città i propri centri
propulsivi; che ha espresso o coinvolto una serie di forti e riconoscibili perso-
nalità (etnomusicologi, cantanti, musicisti ecc.); con un tasso piuttosto alto di
conflittualità interna; con produzioni musicali e discussioni teoriche per lo più
oscillanti tra il «ricalco» e la libera reinterpretazone della «musica popolare»;
impegnato nel complesso a difendere il «vero» folk dalla commercializzazione;
e con una solida presenza sul mercato musicale nazionale. Così viene descritto
e analizzato, in chiave più o meno positiva, nei testi che se ne sono occupati.10
Le ragioni di un tale modello storiografico e interpretativo sono ovvie: quel
folk revival italiano è stato un fenomeno musicale e musicologico importante,
di notevole visibilità pubblica, politica e mediatica; inoltre, i suoi protagonisti
ne hanno scritto con maggiore assiduità. È però un modello di storiografia au-
toreferenziale, che esclude molte attività, produzioni musicali ed esperienze. Si
pensi, per fare solo qualche esempio significativo, alla figura e all’opera di in-
terpreti come Otello Profazio, che ricopre un ruolo di rilievo già nelle prime
discografie dedicate al revival (Vezzani 1971, pp. 34-36), marginalizzato per-
ché «non autentico» e solo di recente opportunamente riconsiderato (De Pa-
scale 2007); oppure al folk come elemento della controcultura giovanile negli
anni settanta, «sullo stesso versante del rock progressivo e del free jazz» (Dei
2002, p. 9), e alle sue modalità di fruizione distinte da certe ossessioni per il
«ricalco»;11 al folk «celtico», il cui grande impatto in Italia è stato sottovalu-
tato,12 e che ritengo abbia avuto l’importante funzione di reindirizzare buo-
na parte del revival, portandolo, attraverso la performance, fuori dalle secche
del rispetto per gli «elementi stilistici caratterizzanti». O, ancora, si pensi al
Sopra: la copertina dell’album del Nuovo Canzoniere Italiano, Le canzoni di Bella ciao (I
Dischi del Sole, 1965); sotto: Gabriella Ferri in un articolo di Ciao 2001 (6 gennaio 1971).
28 La musica folk
Fare e disfare
Gli studiosi e gli ideologi del revival fanno il revival. Che ne siano coinvolti come
esperti a vario titolo è noto: stabiliscono o rafforzano le tendenze intellettua-
li che ne influenzano l’analisi; lo legittimano o meno come oggetto di studio
(Hill e Bithell 2014, pp. 5-8). È meno noto in che modo, con le loro azioni, ri-
escano a condizionare ascoltatori, interpreti, modi di suonare e repertori. Sa-
rà utile, quindi, soffermarsi brevemente sull’operato dei teorici all’interno del
revival italiano, attraverso alcuni esempi. Nelle pagine che seguono, per «te-
orico» si intende una persona che abbia proposto in qualsiasi modo una teo-
ria del revival, accettata da un qualsiasi insieme sociale (un gruppo musicale
locale, una comunità nazionale). Il teorico è spesso un accademico, in Italia
soprattutto un etnomusicologo, oppure un antropologo, un folklorista, un et-
nologo, uno storico; ma teorici sono anche musicisti, operatori culturali, e
ideologi provenienti da qualsiasi ambito professionale (Ronström 1996, p. 10).
Regolamentazione
Una prima funzione del teorico del revival è la responsabilità della sua regola-
mentazione: elabora e ribadisce le norme del corretto revival, attraverso scritti,
Introduzione 29
Un metodo di studio (in pratica una guida che dovrebbe essere seguita dall’ipo-
tetico cantante popolare di revival) che si può delineare seguendo l’introduzio-
ne di Roberto Leydi […] è il seguente: ascolto il più ampio possibile di materiale
registrato dell’area stilistica prescelta allo scopo di acquisire una conoscenza
generale delle strutture e dei modi esecutivi, di isolare gli elementi stilistici ca-
ratterizzanti, di individuare nelle grandi linee la composizione del reperto-
rio comunicativo dell’area per forme, generi e funzioni e scegliere le canzoni
sulle quali avviare il lavoro in vista della riesecuzione; ricerca, da ogni fonte
possibile, di notizie socioeconomiche, culturali, storiche, demologiche relative
all’area in generale e alle canzoni prescelte in particolare; analisi e corretto ap-
prendimento dei testi verbali e delle musiche; riesame delle registrazioni ori-
ginali delle canzoni prescelte al fine di individuare e di isolare (nel particolare)
le caratterizzazioni stilistiche (tipo di emissione, pronuncia delle parole, fiati,
attacchi, finali, decorazioni, ritmi interni, microstrutture ecc.); esercizio ese-
cutivo, verificato sulle registrazioni originali; passaggio dall’esecuzione rical-
cata il più possibile fedelmente sulle registrazioni originali a un’interpretazione
più personale ma coerente con l’ambito stilistico e socioculturale del materia-
le (Vezzani 1972a, p. 5).
Esistono poi parametri negativi, tra i quali il più temuto – ma nel tempo pa-
recchio fluttuante – è quello della «commercializzazione»: il vero interprete di
folk revival ne deve essere immune (così come si suppone che lo sia l’«autentico
portatore della tradizione»), non può in alcun modo (ieri come oggi) scende-
re a patti con il «mercato»: anche se, come è ovvio, tutti i performer e tutti i
teorici sono da sempre sul mercato. Un aspetto molto interessante della rego-
lamentazione è che al teorico capita di non osservarla: ci sono casi in cui te-
orici-musicisti suonano quello che vogliono come preferiscono, richiamando
allo stesso tempo tutti gli altri al rispetto delle regole.
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Autenticazione
L’attività più importante del teorico, la più richiesta, è quella dell’autenticazio-
ne: di un musicista, un cantante, un modo di suonare o di cantare, un reper-
torio, un disco, uno spettacolo dal vivo. Il teorico, in base alle proprie regole,
stabilisce i criteri di corrispondenza tra ciò che gli viene proposto e la «musica
tradizionale» o «popolare» (locale o nazionale) e, se ritiene di essere soddisfat-
to, rilascia pubblicamente un certificato di autenticità, che serve all’interpre-
te per sottolineare la sua appartenenza al «vero» folk revival. L’autenticazione
può essere rilasciata in pubblicazioni specialistiche o attraverso i media, pre-
sentando i dischi e in molti altri modi. Alcuni esempi possono chiarire come
essa sia stata effettivamente concessa:
Pochi cantanti […] hanno cercato di portare avanti il discorso sulla cultura del
mondo popolare in termini di riconoscimento critico dell’autonomia anche for-
male dei suoi modi comunicativi. Caterina Bueno si colloca su questa via con
il suo repertorio toscano che è stato ampiamente saccheggiato da vari cantanti
pseudofolk. Il suo lavoro rimane un punto di riferimento essenziale, per coeren-
za e continuità. Nella linea di un folk revival critico, ancorato alla ricerca e dallo
svolgersi della ricerca condizionata, si colloca anche Elisabetta Guggino. Il suo
impegno di cantante è infatti il riflesso del suo impegno di ricercatrice del can-
to tradizionale siciliano. […] Dedicati soprattutto alla ricerca e alla sperimenta-
zione delle possibilità comunicative del revival sono Sandra Mantovani e Bruno
Pianta che, negli ultimi anni, sono venuti via via verificando, con vari collabo-
ratori, nella realtà del momento esecutivo, le capacità del revival di sintetizzare
un ampio spazio della comunicazione orale dall’Italia settentrionale. Muovendo
dalla posizione più rigida, nei riguardi della fedeltà stilistica, Sandra Mantovani
ha per prima posto il problema del passaggio dal ricalco pedissequo di singole
registrazioni originali al calco critico di un intero momento stilistico, con inter-
venti in prima persona, sulla base di una progressiva acquisizione, non soltanto
formale ma anche psicologica, ideologica, emotiva, dei modi tradizionali. […]
Gualtiero Bertelli, veneziano, animatore del Canzoniere Popolare Veneto, si è
dedicato prevalentemente alla nuova canzone, ma come cantante di vere canzo-
ni popolari è nel filo del folk revival, con una consapevolezza ideologica e una
carica emotiva autenticamente popolari che pochi altri, in Italia, possono van-
tare (Leydi 1972, pp. 58-59).
Un altro e forse più importante elemento di novità nella proposta del Canzo-
niere del Lazio era l’impostazione critica, l’approccio al materiale popolare.
Uscendo dall’alternativa ricalco-falsificazione, il gruppo cercava fin dalle ori-
Introduzione 31
gini di operare una lettura creativa delle fonti, individuando le strutture mu-
sicali e testuali portanti.
L’inventività non diventava dunque un alibi per l’arbitrio e la corruzione, dal
momento che si accompagnava a un riscontro costante sulle registrazioni ori-
ginali e a un interesse specifico per le forme espressive popolari, intese come
segno della autonomia creatrice delle classi subalterne e come matrice per l’in-
venzione di nuovi linguaggi (Portelli 1973).
Nel quadro del revival italiano l’impegno di Carmelita Gadaleta si colloca nel
filo di quel ricalco che costituisce il momento più valido del movimento revi-
valistico, cioè nell’ambito di un impegno di fedeltà ai modi della tradizione,
pur con l’intervento critico di una sensibilità contemporanea e di una necessi-
tà di nuova comunicazione.
Il momento del «ricalco» non ha avuto, finora, una consistenza organica nel vasto
e confuso quadro del revival italiano, ma certo può contare su alcuni interpreti che
sono visti come la fase «sperimentale» del movimento, sganciati dalle seduzioni
commerciali e dalle tentazioni canzonettistiche o divistiche. A questo gruppo di
cantanti e «strumentisti» si aggiunge ora Carmelita Gadaleta (Carpitella 1974).
Tra gli aspetti più interessanti del processo di autenticazione, che continua an-
cora oggi, c’è la verifica dell’ortodossia attraverso la comparazione tra ciò che
viene riproposto e specifiche registrazioni sul campo. La verifica, però, a volte
sembra non essere mai andata oltre il semplice ascolto del disco o dell’evento
(un concerto, per esempio) poi effettivamente certificato. Ritorna qui una pro-
fonda contraddizione dell’ideologia del revival italiano: la veridicità si fonda
molto spesso sul confronto con registrazioni sonore – direttamente realizzate
dal teorico, dall’interprete o già disponibili su disco ecc. –, cioè con una for-
ma già mediata, in alcuni casi più volte mediata, di interpretazione tecnologica
della «musica tradizionale». Si deve essere fedeli a un nastro magnetico, a un
disco: oggi a un file mp3, magari. È opportuno notare, infine, che in alcuni casi
non è nemmeno necessario che il teorico abbia un’effettiva preparazione mu-
sicale o musicologica, per poter rilasciare il proprio certificato di autenticità.
32 La musica folk
Promozione
Promuovere un musicista, un gruppo o un lavoro discografico è un’attività nel-
la quale il teorico può essere coinvolto in prima persona. La promozione può
avvenire attraverso articoli, interviste, discorsi pubblici. Ancora oggi è possi-
bile assistere a presentazioni di dischi di revival (o di «musica popolare») du-
rante le quali il teorico interviene per promuovere l’interprete e per ribadire la
qualità del prodotto discografico.
Supporto
In alcuni casi il teorico interviene, con i suoi consigli e con i documenti sonori
a sua disposizione, durante l’elaborazione di una specifica riproposta. In altri
si «esibisce» dal vivo nel corso di performance didattico-musicali, durante le
quali gli interpreti eseguono brani che esemplificano le regole del revival pro-
poste dal teorico, mentre quest’ultimo sottolinea la correttezza dell’esecuzio-
ne appena ascoltata. Tali attività di supporto sono state a volte pubblicamente
riconosciute, ad esempio nella nota autobiografica di Carmelita Gadaleta:
Nel libretto allegato all’album è scritto che molte esecuzioni di Gadaleta si ba-
sano su registrazioni sul campo di Carpitella ed Ernesto De Martino del 1952,
o di Alan Lomax e Carpitella del 1954, alcune delle quali mai pubblicate pri-
ma su disco.
Più noto è l’intervento di Leydi a sostegno delle attività del gruppo Alma-
nacco Popolare, con il quale impartì delle lezioni-concerto proprio sul folk
Introduzione 33
revival. Il già ricordato «Primo Laboratorio di musica popolare» sul folk re-
vival, a cura di Leydi e con interventi di Sandra Mantovani, Cristina Pederiva
e Bruno Pianta, si svolse dal 22 al 25 settembre 1972, durante la sesta edizio-
ne dell’«Autunno Musicale» di Como: «Queste lezioni di “folk revival”, esem-
plari della più avanzata ricerca sul campo, non potevano non considerare ed
evidenziare l’aspetto deteriore di una moda di quanti, nel mondo della can-
zonetta, si appropriano con estrema disinvoltura, sotto la facile etichetta del
“folk”, delle interpretazioni dei cantanti e dei ricercatori di musica popola-
re spacciandole come il risultato delle loro “ricerche appassionate”» (Vezza-
ni 1972a, pp. 3-4).
Da sinistra: Bruno Pianta, Sandra Mantovani, Cristina Pederiva e Roberto Leydi. Co-
mo, 23 settembre 1972. Fotografia di Giorgio Vezzani.
34 La musica folk
prima e ultima traccia nel disco del Nuovo Canzoniere Italiano, e lì descritta
in questo modo: «Registrazione originale. Grida e incitamenti che accompa-
gnano il lavoro dei cavatori di marmo». È una registrazione effettuata da Lo-
max a Carrara il 20 dicembre del 1954, inclusa in Northern and Central Italy
(traccia 24) e lì intitolata «Marble workers’ song (Lamento dei cavatori di mar-
mo)». Nelle note all’album del Nci, tuttavia, il nome di Lomax non appare.13
In altre circostanze, registrazioni inedite di Lomax e Carpitella (nella di-
sponibilità di quest’ultimo e di Leydi) sono state usate, a quanto pare senza che
Lomax ne sia stato informato, per la realizzazione di dischi di revival. Ho già
ricordato il caso della collaborazione tra Carpitella e Carmelita Gadaleta. In un
ep del 1965 di Luisa Ronchini, Nineta cara, il settimo della collana discografi-
ca «Canti Popolari Italiani» a cura di Leydi, a commento della canzone «Pove-
ro barba checo» viene riportata la trascrizione di una conversazione, registrata
nel 1954, tra Lomax, Carpitella e «un gruppo di chioggiotti», mai apparsa altro-
ve. Forse, però, il caso più interessante, proprio per la mancanza di riferimenti
a Lomax, è quello dell’aspro dibattito sulla partecipazione del Canzoniere In-
ternazionale di Leoncarlo Settimelli a Canzonissima ’74: nessuno nel corso di
quella lunga polemica ha mai osservato che ciò che il Canzoniere aveva esegui-
to durante la trasmissione televisiva era in parte una cover di un «Maggio del-
le ragazze», una registrazione inclusa in Northern and Central Italy (Lomax e
Carpitella 1957a, traccia 18) e lì intitolata «May serenade (Maggio a serenata)»,
effettuata da Lomax a Riolunato (Modena) il 26 novembre del 1954. Settimel-
li, peraltro, aveva ribadito l’origine del brano nelle note al disco del Canzoniere
Internazionale Siam venuti a cantar maggio (1974): ma neppure la recensione di
quell’album apparsa su Realismo nel 1975 (Umberto e Danilo 1975, pp. 40-41),
completa di trascrizioni e analisi musicali, fa riferimento all’originale di Lomax.
Partecipazione diretta
Poco nota ma abbastanza ampia, e tutt’ora frequente, è la partecipazione diret-
ta (come in parte si è già accennato) dei teorici al revival, in qualità di cantanti,
musicisti, organizzatori di eventi musicali. Non sono pochi, oggi, i gruppi nei
quali uno dei membri svolge anche la funzione di teorico ufficiale. La parteci-
pazione diretta può trasformare l’autenticazione in autocertificazione, ma può
determinare scontri tra interpreti sulla correttezza del revival proprio e altrui.
Questi teorici «interni», tuttavia, sono sempre esistiti nel revival italiano,
nel quale il confine tra esecutore e ideologo della riproposta non è sempre fa-
cile da tracciare:14
36 La musica folk
2001: Come vi collocate nella diatriba tra esecutori pedissequi della musica po-
polare tradizionale e creatori che la interpretano e la riattualizzano?
Vi sono alcuni gruppi popolari (le Nacchere Rosse, il Gruppo Operaio di Po-
migliano d’Arco ecc.) che sono i portatori di un reale discorso: bisogna distin-
guere cioè tra i veri e i falsi esecutori di musica popolare tradizionale. C’è poi il
fatto paradossale di Roberto De Simone, il quale […] lungi dall’essere un ese-
cutore è invece forse il più grande inventore di musica popolare in Italia […].
C’è poi un altro ambito, che è quello a cui apparteniamo noi del Canzoniere
[del Lazio]: gli interpreti della cultura popolare (Insolera 1977).
Delegittimazione e critica
La delegittimazione è naturalmente l’attività del teorico più temuta, e può ave-
re effetti negativi a tutti i livelli: nazionale, regionale, locale. Può essere dichia-
rata in qualsiasi momento, se si ritiene che la fedeltà alle regole del revival sia
venuta a mancare. Si applica oggi anche a solisti o ensemble ritenuti poco o
per nulla «popolari» e troppo popular, così come in passato a chi era ritenuto
colpevole di derive «canzonettistiche». È di fatto un procedimento di espulsio-
ne, al quale di solito si risponde elaborando ulteriori teorie e norme del revi-
val, nel corso di veri e propri conflitti ideologici che possono durare per anni.
La critica è più frequente della delegittimazione: si basa sui medesimi principi
(essendo di fatto l’opposto dell’autenticazione), e le conseguenze possono es-
sere pressappoco le stesse.
Uno dei casi di delegittimazione più noti nel mondo del revival italiano è
quello di Alessandro Portelli nei confronti del Canzoniere del Lazio. Nel se-
condo album, Lassa stà la me creatura (1974), il gruppo aveva elaborato un
diverso approccio alla «musica popolare». Portelli intervenne con un testo
pubblicato sul bollettino del circolo Gianni Bosio di Roma, I Giorni Cantati:
Non vorrei qui insistere molto su un giudizio critico del disco in sé, salvo osser-
vare che di fronte alla violenza lacerante dei materiali originali, le elaborazioni
del Cdl sono estremamente diluite; che il «colore» che cercano di dare alla lo-
ro musica è tutto di maniera, un colore campagnolo e pastorale che esiste solo
nella testa degli ultimi cultori dell’Arcadia […]. L’operazione è tutta formale: il
Cdl non riesce a darci nessuna informazione, a comunicarci nessuna sensazio-
ne rispetto al mondo popolare da cui ha estratto i suoi materiali, né dice niente
di significativo sulla realtà di opposizione giovanile urbana a cui socialmente
appartiene e si rivolge (Portelli 1974, p. 33).
Introduzione 37
La nuova versione del Canzoniere non convince però Sandro e così si crea una
frattura con lui e con una grande parte del Circolo Gianni Bosio. Sandro scri-
ve addirittura un articolo sui Giorni Cantati e quasi ci condanna. Vorrei rileg-
gerlo ora, dopo che così tanta acqua è passata sotto i ponti, credo che ci troverei
dentro solo il dispiacere per la fine di un’esperienza in comune e per la scelta di
due strade diverse che inevitabilmente ci porterà a vederci di meno e ad avere
meno cose da scambiare15 (Siliotto 2008, p. 18).
Delegittimazioni e critiche, anche molto forti, sono sempre state espresse aper-
tamente. Redigerne un elenco completo è impossibile; mi limito quindi a po-
chissimi esempi: il «talkin’ blues all’italiana» di Giovanna Marini «non accende
ormai più sorprese», la Toscana di Caterina Bueno «sembra pateticamente re-
mota, datata a giorni perduti» (Leydi 1979); ci sono «gruppi e gruppetti che
credono di “creare” (e fanno nel miglior caso robetta) o s’accontentano di co-
piare da copiatori (stranieri) di seconda e terza mano» (Leydi 1982); «c’è un
proliferare di gruppastri folkloristici orrendi, da chiudere veramente in came-
ra a gas, o almeno con l’insetticida se non gas perché sono ignobili» (Leydi,
in Lucà 1989); Otello Profazio è un «personaggio senza gusto» (Macchiarella
2003, p. 137); il festival La Notte della Taranta è un «frequentatissimo rave par-
ty “de noantri”», il movimento Taranta Power e l’orchestra di strumenti musi-
cali popolari dell’Auditorium Parco della Musica di Roma sono «mostruosità
odierne» (Giannattasio 2011, pp. 65 e 80). Su Facebook sono attivi profili e
gruppi nei quali si insultano in ogni modo cantanti e gruppi la cui colpa sa-
rebbe quella di non sapere suonare in maniera «tradizionale», di non conosce-
re che cosa sia la «tradizione musicale». Il fatto è che si potrebbe leggere tutto
il revival italiano, dalle «origini» a oggi, come una sequenza di delegittima-
zioni e di critiche incrociate fra teorici, fra interpreti e teorici, e fra interpreti:
come una lunga guerra santa sul campo di battaglia della «musica popolare».
Dichiarazione di morte
Se la scena musicale continua a produrre musicisti, spettacoli e album che non
si lasciano ricondurre alle regole di un teorico (il che avviene sempre), questi,
di rimando, annuncia che il revival è morto. Un articolo di Leydi del 1982 è
appunto intitolato «Il vecchio folk è morto»:
38 La musica folk
A guardarsi attorno, oggi, in Italia, vien proprio da chiedersi quale senso abbia
avuto quel fervore di revival di musica popolare che si è avuto tra gli anni ses-
santa e gli anni settanta. Quel fervore è certamente spento e le sue conseguenze
non sembrano confortanti. Certo, per sua propria natura, il folk revival italia-
no (e non soltanto italiano) non poteva che avere una presenza temporanea, e
i più consapevoli fra i partecipanti di quel movimento non soltanto ne erano
consapevoli ma operavano proprio perché il loro impegno determinasse il su-
peramento di quanto facevano (Leydi 1982).
La musica folk è un libro in tre parti, ciascuna delle quali dedicata a un’area
del revival italiano e dei relativi studi. La Parte prima riunisce alcune tra le più
importanti analisi e discussioni teoriche sul fenomeno; la seconda si è incen-
trata sulle opinioni e le testimonianze degli interpreti; la terza include nuovi
saggi sul revival del passato e di oggi. Molti dei testi nelle prime due parti so-
no già stati pubblicati, mentre quasi tutti i saggi della terza parte sono inediti.
Una «Parte quarta», dedicata alla storia e ai protagonisti del revival in alcune