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Tuesday, 09 Gennaio 2018
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Il presente articolo è una versione aggiornata e parziale del mio saggio "La città
scomparsa della montagna incantata tra archeologia e storia della Sicilia" inserito
nel volume collettaneo curato da Roberto Franco, Alburchia. la montagna Incantata,
ed. "plumelia", Bagheria 2011.
Letto funerario di tomba a camera o a camerone pluricelle in c.da S. Venera (usata probabilmente in età
preistorica e quasi certamente in età antica o tardo antica e medievale). Presenza di frammenti intorno
alla grotta di età greca ed in quella romana o tardo antica (?)
Antica tomba scavata nella roccia (S.Venera).
Per alcuni studiosi locali di età greca (IV sec. a.C. ). Vedi AA.VV., Sperlinga…op. cit.
V. TUSA, op. cit.; D. PANCUCCI, op. cit.
[1]
AA.VV., La Collezione Collisani e la Grotta del Vecchiuzzo , Catalogo del Museo Civico “A.
[2]
[6]
Interessante l’articolo che individua a Polizzello di Mussomeli e a Sabucina marcate
assonanze con il cerimoniale e elementi rituali ( rython), su basi archeologiche, del culto delle
dee Madri e con Creta. F. ANGELINI, Le Meteres di Engyon, in “Mythos”, 4, 1992, 5-31; Si veda il
saggio pubblicato in internet: D. PALERMO & D. TANASI, Diodoro a Polizzello, in:
www.siciliantica.it/download/07_Dario_Palermo_Davide_Tanasi.pdf, 89-102.
di Sicilia”, vol. XI, serie III, Ibis, Palermo 1963.La consuetudine di prendere pezzi di tempio o di
altra antica costruzione ed utilizzarla come materiale edile era diffusa in zona come altrove.
Ad esempio, Castelli di Torremuzza aveva rinvenuto a Tusa un’antica iscrizione alesina
accorpata in una Chiesa.1963. Secondo l’archeologo nicosiano Charlie La Motta, la
superstite chiesa delle benedettine di Gangi detta la “Badia” (luogo di convegni di storia e di
mostre artistiche anche a cura della locale sezione dell’Archeoclub d’Italia presieduta da chi
scrive) ingloberebbe qualche pezzo architettonico (per esempio un triglifo) di un antico edificio
(probabilmente un tempio classico ) o di una preesistente struttura religiosa cristiana.. Di
recente gli archeologi hanno paragonato i ritrovamenti e un ‘area dalle probabili funzioni
sacrali e /o funerarie di Alburchia all’antica Akrai dove –aggiungiamo noi-, per alcuni esperti,
sarebbe stato vivo il culto di Cibele, la Magna Mater Idea che secondo Cicerone era
adorata pure a Engio (ex :Relazioni della giornata di presentazione dei risultati degli scavi di
Alburchia e Gangivecchio, Palazzo Bongiorno di Gangi, 2015). Le dee collegate a Cibele o
“Grande Madre” sarebbero state , come ricordano Fiocchi e Vottero, Giunone, Rea, Gea,
Cerere.Anche una località montuosa che sovrasta l’ex monastero di Gangivecchio si
chiama Donna Puma (la melagrana non è anche uno degli attributi di Cibele? ) Si
veda: CICERONE, Il processo di Verre, cit. Su Cibele si veda, fra l’altro, F. DUNAND, Sincretismi
e forma della vita religiosa, in SETTIS S. (a cura), I Greci alla conquista del mondo , Einaudi,
Torino 2008, 335-378.
M. MANTELLO, Dalla mitologia pagana al culto dei Santi, in “Lettere internazionali”, n. 73-74,
[8]
in: ebookbrowse.com/mantello-lettera-internazionale-permanenze-mitologiche-pdf-d49142514,
1-11.
[9]
Un rito simile era previsto per onorare Cibele. Si trattava del rito del taurobolio:
J. CHAMPEAUX, op.cit.
[10]
B. PACE, op. cit.; Reperti custoditi nel Museo Civico di Gangi, sala IV, vetrina 12.
[11]
Interessanti i materiali su Alesa, Entella, Erbita e su tematiche affini, frutto degli studi
dell’Università Normale di Pisa e pubblicati on line. In particolare: Giornate internazionali di
Studi sull’area elima (Erice), Atti I-IV, Scuola Normale Superiore di Pisa, 2000. Vedi anche il
saggio on line: A. CRISÀ, G.L. Castelli, principe di Toremuzza, numismatico e antichista ad
Halaesa Archonidea, in “Lanx”, n. 2, 2009, 116-149. Interessante in questo saggio il riferimento
a una comparazione numismatica in base alla quale figurano monete ritrovate da Torremuzza
ad Halaesa con sul rovescio Apollo. Queste sono da lui paragonate al culto della Dea Madre di
Hierapolis e con le «monete di Engio, centro antico che Castelli individua in Gangi (Pa), a sud
di Tusa e poco più ad ovest di Nicosia». Per i numismatici di oggi non sarebbero state
ritrovate monete di Engio. Ciò non toglie che nel passato questi ritrovamenti potrebbero
essere avvenuti. Non infrequentemente i santuari (come quello delle dee madri) custodivano
dei tesori monetari frutto anche di zecche locali.
[12]
AA.VV.,Guida al Museo di Gangi S., op. cit.
[13]
In merito si veda F. SPATAFORA, Entella. Il santuario delle divinità ctonie di Contrada Petraro ,
in SPATAFORA F. & VASSALLO S. (a cura di), Sicani, Elimi e Greci. Storie di contatti e terre di
frontiera, Catalogo della mostra, Palermo 2002, 13-35; in particolare si vedano le foto di
statuette ivi riportate, tra cui la foto n. 30; G. FIORENTINI, Da Agrigento a Himera: l’eredità
culturale, in BRACCESI L. & DE MIRO E., (a cura di), Agrigento e la Sicilia greca, L’Erma di
Bretschneider, Roma 1992, 121-131; ed ivi vedi anche, N. BONACASA, Da Agrigento a Gela: la
proiezione culturale, in BRACCESI L. & DE MIRO E., (a cura di),Agrigento e la Sicilia greca,
L’Erma di Bretschneider, Roma 1992, 133-150. Altri approfondimenti generali sul tema e su
quei secoli in: D. LOTZE, Storia greca, Il Mulino, Bologna 1995; L. BRACCESI & F. RAVIOLA, La
Magna Grecia, Il Mulino, Bologna 2008; S. PRICE, Le religioni dei greci, Il Mulino, Bologna
2010.
[14]
Scrive l’autore a proposito di un cratere arcaico con scritta dedicata ad Atena venerata a
Lindo, “Falaride di Agrigento ad Atena Lindia” e con una presunta dedica originaria di Dedalo
a Cocalo: «la dedica di Falaride riconduce, infatti, tanto all’isola di Rodi quanto a quella di
Creta; all’una per l’offerta votiva al tempio di Lindo, all’altra per la memoria storica della
leggenda di Minosse, che diviene appunto presupposto obbligato per il dono ad Atena». Quindi
la saga minoica riferita alla Sicilia era certamente viva nei Greci di Agrigento e di Creta.
Questa memoria dovette venire veicolata nel VI e nel V secolo su monete e su “lance e scudi”
di questi ultimi all’interno della Sicilia (fino ad arrivare ad Alburchia e negli altri centri viciniori
madoniti e non). Si veda V.M. MANFREDI, I Greci d’occidente, Mondadori, Milano 1996;
F. JACOBY, Die Fragmente der griechischen Historiker, Berlin 1929, F 27; 32. Si veda sul tema
anche: BRACCESI L. & DE MIRO E. (a cura di), op. cit. Inoltre sui dubbi sulla grecità delle
origini di Atena si consulti la voce “Atena” in “L’Universale. La Grande Enciclopedia tematica,
Antichità classica”, Garzanti, Milano 2004: «il nome non spiegabile con l’etimologia greca; la
presenza nel suo culto, del serpente e dell’ulivo, che richiamano la dea dei serpenti e i culti
della vegetazione della religione minoica».
[15]
Richiamati in tipi monetali di Alesa ivi trovati e poi dell’antica Roma ritrovati a suo tempo sul
monte o nei suoi dintorni. Si vedano i reperti custoditi nel Museo Civico di Gangi, sala III,
vetrina 11.
[16]
Nei documenti notarili cinque-secenteschi Muntis Eddarii, cioè Monte dell’Edera. L’edera era
una pianta simbolicamente riferibile al dio del vino (per i greci Dioniso chiamato dai romani
Bacco). Quella pianta serviva a frenare, curare gli effetti dell’ebbrezza provocata dal vino
bevuto in occasione dei riti dionisiaci. Sappiamo che da tempo immemore Nocito e
Montededero (Gangi e Geraci) erano delle campagne in cui si produceva un vino di discreta
qualità (e questo ci è confermato da diversa documentazione notarile dei secoli XVI-XVIII,
conservata presso l’archivio storico del Comune di Gangi). Anche la zona di Gangivecchio
doveva avere dei vigneti, attestati comunque più tardi in documenti medievali benedettini.
.J.G. FRAZER, Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione, Newton, Roma 1992.
[17]
Trattasi della epigrafe che ricorda tal “Cneo Pomponio Epafrodito”, vissuto ad Alburchia in
età romana. S. NASELLI, op. cit.
[18]
Scrive Frazer su Dioniso: «A lui erano particolarmente associati l’edera e il fico»:
J.G. FRAZER, op. cit. Nota oggi Elisabetta Setari che sia andata affermandosi sempre più la
tesi che l’origine remota del dio [Dioniso] debba rintracciarsi nell’isola di Creta: «su una serie
di tavolette in lineare B del XV-XVII secolo a. C. sono citati Dioniso e la “Signora del Labirinto”
[…]. La designazione di Arianna come “Signora del Labirinto” suggerisce il luogo del mito
primitivo, mentre il Minotauro, legato al Labirinto, richiama molte raffigurazioni dello stesso
Dioniso (il dio-Toro), con cui è stato identificato»: E. SETARI, Il misterioso mondo di Dioniso, in
“Archeologia Viva”, n. 145, gennaio-febbraio 2011. Come andrebbe interpretata la statuetta di
toro ad Alburchia poi scomparsa, di cui parlano le cronache del tempo: in questo dinamico
rapporto tra Dionico-Minotauro-Toro falarideo? Probabile. Frazer accosta il toro di Falaride (in
cui si narra venissero bruciate vive le vittime) alla leggenda del Minotauro e poi ai riti in onore
di una divinità cartaginese: Baal Hammon (ad Alburchia esisteva, in base a quanto riporta il
Bongiorno nel XVIII secolo, un’iscrizione lapidea che faceva riferimento ad una zona di confine
o ad una presenza nei suoi pressi dell’elemento punico). Ma il toro era pure legato in modo
diretto o come reminescenza a rapporti con il mondo miceneo e cretese (S.Tusa).
L’humus culturale e religioso tra Engio ed Erbita per alcuni versi poteva essere analogo o
coincidente. Si pensi alle pretese origini di Engio (cretesi o greco-cretesi) e il passaggio
pressoché certo di Agrigentini e Geloi ad Alburchia. Nei pressi del luogo in cui per la tradizione
e molti studiosi di oggi e del passato dovette sorgere l’antica Engyon o Engium, l’Archeoclub
d’Italia- sede di Gangi ha documentato fotograficamente ( e reso noto alla Soprintendenza di
Palermo nell’ottobre 2013, d.ssa Volpes) l’esistenza di una sorta di tridente a rilievo scolpito in
un sasso (Gangivecchio). Una traccia che apparirebbe significativa di un possibile
collegamento diretto o indiretto con la storia della “cretese” Engio descritta daDiodoro e
Plutarco (potrebbe riferirsi a una stilizzazione di una divinità femminile ispirata a modelli
cretesi o micenei sulla base di altri esempi documentati dall’archeologia in Sicilia, oppure al
culto di Posidone). Comunque agli esperti l’ardua sentenza sul caso. Si veda ARCHIVIO
PRIVATO, op. cit., e anche varie testimonianze orali contemporanee attestanti,
inconsapevolmente ma in modo attendibile, tracce di rapporti politici ed economici tra città di
Albura, di Balza Soletta e Arredula, da un lato, e Geloi e Agrigentini, dall’altro.
[19]
Vari sono i riferimenti in tal senso. Non ultimo, da parte dell’illustre mitologo R. GRAVES, I miti greci, Longanesi,
Milano