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La Cristologia dal basso ha come merito quello di dire che accade qualcosa a Gesù, che nella storia di Gesù è

avvenuto qualcosa che lo riguarda personalmente. Il vantaggio è quello di essere più interessante dal punto di vista
narrativo perché dice qualcosa di Gesù in cui si è realmente coinvolto ed è avvenuto qualcosa che lo ha toccato, che lo
ha cambiato. Il rischio è quello dell’adozionismo che pensa Gesù come semplicemente n uomo adottato da Dio. La
cristologia convenzionale che tutti abbiamo, ha come rischio il docetismo (opposto all’adozionismo), ovvero un Gesù
così divino che alla fine non diventa mai veramente umano. Il rischio è che ci sia una storia significativa dal punto di
vista narrativo. Il rischio è quello di pensare l’incarnazione come una “comparsata”. Gesù risorto infatti non ritorna alla
condizione di prima.
Le attestazioni più antiche sono quelle di una Cristologia dal basso che con la risurrezione è costituito pari a Dio. Le
riflessioni della chiesa, proprio perché non è adozionista, si domandano come sia possibile che un uomo sia pari a Dio
se non per il fatto che Gesù avesse già un’identità divina? - ecco perché si affianca il modello dall’altro. Sono il
movimento natalizio che presuppone il momento pasquale.
Se paolo cita delle cose che a sua volta ha appreso vuol dire che andiamo indietro attorno agli anni 30 pur scrivendo
negli anni ’50. La prima espressione interessante è Maranatha. Il fatto che lo scriva ai Corinzi che non sanno nulla di
ebraico, vuol dire che l’espressione è già usata nella liturgia di Corinto. Maranatha vuol dire sia Maran atha, il signore è
qui, viene; oppure marana tha; vieni signore nostro. Il termine proviene da zona palestinese e lo si acclama come
presente nella liturgia (forse per l’eucarestia?) o forse in senso escatologico. Anche soltanto questa espressione dice la
fede in Gesù pari a Dio.
Secondo elemento è 1Cor 15 in cui Paolo dice: “io vi rivolgo quello che a mia volta ho ricevuto…”. Quello che
Paolo ha ricevuto proviene forse da Antiochia? È evidente che è un testo prepaolino dalla sintassi. Paolo è abituato
infatti a fare un sacco di frasi subordinate, invece qui notiamo un sacco di “e che…”. il linguaggio ha a che fare con la
morte e la risurrezione. Ognuna delle due parti è una frase principale più lunga che ha il compito di confermare la frase
subordinata. C’è un richiamo alla Scrittura, quindi al progetto di Dio. Dice che lui è stato ucciso ma è stato risuscitato. È
lo schema che abbiamo già visto, del giusto sofferenze, rifiutato dagli uomini ma esaltato da Dio. La novità è che qui la
morte ha un valore salvifico. è la prima volta che troviamo una frase riferita a Gesù con un valore salvifico per quanto
concerne la sua morte. Nella seconda frase si dice che è risuscitato il terzo giorno. Nel mondo biblico il terzo giorno non
è detto che debba essere inteso in senso letterale. Il terzo giorno nel mondo biblico è il tempo in cui Gesù interviene in
breve tempo.
Gesù si mostra a Cefa e ai dodici. Non sono menzionate le donne perché è un testo ufficiale. Il testo è di origine
semitica e se ne vuole dare ufficialità e quindi si menzionano Cefa (col il suo nome originario in ebraico) e i dodici.
Altra parte è l’inizio della lettera ai Romani in cui scrive chi è lui e chi sono i destinatari. I romani non sono una
comunità che lui ha fondato ma scrive loro con il desiderio di andare là… intanto si presenta. In questo contesto
troviamo una frase strana. Dice che lui è stato mandato ad annunciare il Vangelo riguardo al Figlio suo nato dal seme di
Davide secondo la carne, costituito in potenza Figlio di Dio da una resurrezione da morte. Come poteva essere quindi
Figlio se è stato costituito Figlio dopo? - “riguardo al Figlio” sono parole di paolo che ha una cristologia dall’alto ma
cita successivamente “costituito in potenza” che è una cristologia dal basso. Ecco perché la frase suona male e ci fa dire
che la citazione è di una confessione di fede che lo precede.
“nato dal seme di Davide secondo la carne” fa riferimento alla promessa di 2Sam 7, quando Natan dice a Davide
che il Signore gli farà una casa e gli darà una discendenza. C’è l’idea che negli ultimi tempi Dio manderà un nuovo
Davide suo discendente. La prima frase dice che Gesù ha a che fare con l’adempimento delle promesse di 2Sam 7. Dice
quindi una cosa positiva ma successivamente dice che “è stato costituito in Potenza Figlio di Dio secondo lo spirito di
Santificazione da una resurrezione da morti”. Lo fa risorgere secondo uno spirito di santificazione. Siamo quindi al di là
delle promesse fatte a Davide. Gesù è ben più di Messia; è costituito Figlio. In Atti avevamo letto che era stato
costituito Signore e Messia. Viene ribadita la cristologia dal basso ribadita dal discorso degli atti e la ritrovammo
nell’epistolario paolino.
L’ultimo brano che ci interessa è l’inno di Filippesi. Non è paolino perché è scritto in prosa e poi diventa in poesia.
Troviamo per la prima volta il sorgere di una cristologia dall’alto in tre stati e non in due (secondo la carne-secondo lo
spirito; figlio di Davide-Figlio di Dio9, qui si parla di Gesù come Figlio di Dio, poi c’è l’abbassamento al quale segue
l’esaltazione. Quindi non è una cristologia di Paolo ma che Paolo accoglie. Dalla realtà originaria da cui Gesù è in
condizione divina, si svuota non per perdere le prerogative che possiede, ma si toglie gli emblemi di quello che lui è
(non è che se il re si veste da contadino allora non è più re) e assume una forma di schiavo. Gesù percorre questa discesa
e dice di non considerare un privilegio essere uguale a Dio. Non perde la sua identità divina ma si toglie gli ornamenti
che lo qualificano e lo fanno vedere immediatamente nella sua identità divina. Dice che non solo ha fatto questo ma c’è
stato un triplice gradino di abbassamento dalla forma di Dio alla forma di schiavo. Si sottolinea la libera obbedienza di
Cristo che sceglie questo ulteriore abbassamento fino alla morte ignominiosa. È un abbassamento a più gradi che gli fa
toccare il fondo. È da notare la terza strofa che è come una molla in cui viene sovra-esaltato. Dio gli dà il nome che è al
di sopra di ogni altro nome. Quello che acquisisce di nuovo è l’identità divina ma anche una signoria cosmica. Quello
che ha fatto lo rende Signore di tutto il mondo. Il nome nuovo che ha acquisito è Signore (“ogni lingua proclami che
Gesù Cristo è il Signore). Lo ha fatto perché si è spogliato fino in fondo della sua identità divina e tutto questo a gloria
di Dio Padre. Gesù ha acquisito di nuovo la sua signoria sul mondo andando fino in fondo in questo modo. È una
cristologia dall’alto. Questo passaggio è così cruciale che ha in sé tutta la cristologia successiva.
Se queste sono attestazioni prepaoline, si sono già dette cose che diventeranno la base della nostra escatologia.
Gesù c’era prima della sua nascita da Maria. Cristo dopo la risurrezione è chiamato a governare il mondo secondo Dio.
Non è molto corretto che Paolo si è inventato il cristianesimo come lo consociamo. Di fatto Paolo si trova già tutto fatto.
Con buona pace id Bultmann non è vero che non interessava più a nessuno del ministero terreno di Gesù perché
troppo concentrati sul kerygma. In realtà è tutto un rileggere il ministero di Gesù alla luce della Pasqua. Emerge anche il
termine Figlio come termine cristologico. Non è più figlio di Dio inteso come gradito a Dio, ma comincia ad acquisire
uno spessore ontologico. Gesù ha chiamato Dio Abbà e noi invece riconosciamo Gesù come il Figlio per eccellenza.
È da notare la riflessione all’indietro in cui la novità della risurrezione fa vedere l’identità divina di Gesù perché nel
vederlo risorto si percepisce chiaramente la sua identità. Questo spinge a leggere in modo innovativo anche altri episodi.
Si vedeva che Gesù aveva identità divina dalla sua risurrezione, così si può dire che lo si vedeva nella trasfigurazione,
quindi nel suo battesimo, quindi nella sua nascita, quindi nella sua preesistenza. Marco infatti che è più antico, quindi
non ha rintracciato certe cristologie successive, si ferma alla divinità di Gesù soffermandosi sul battesimo, Matteo e
Luca più tardi parlano della nascita e Giovanni ancora più tardo, parte dalla preesistenza. Vi è un progressivo sguardo
all’indietro per illuminare sempre più quello che precede alla Risurrezione.

IL VANGELO DI PAOLO E LA SUA SCUOLA

Le lettere autenticamente paoline sono Romani 1-2Cor, Fil, Gal, Fm, 1Tess. Le pseudo-paoline sono Ef, Col, le
lettere pastorali sono1-2Tim, Tito e 2Ts. Non è di Paolo la lettera agli Ebrei (o meglio cristiani di provenienza ebraica).
Paolo scrive le sue lettere intorno agli anni 50 e i suoi riferimenti sono innanzitutto la sua esperienza sulla via di
Damasco, la centralità della Pasqua e la situazione delle sue Chiese. L’unica più sistematica è Romani. In Paolo c’è
sempre una cristologia dall’alto. In lui questa svolta è ormai consolidata. Oramai Cristo è diventato il secondo nome di
Gesù. Il primo elemento che affrontiamo è l’importanza che Paolo dà alla morte di Gesù: la descrive come un atto
d’amore del Padre al Figlio. È da notare che in paolo quello che è centrale è la dedizione personale di Gesù Questa
dedizione rinnova l’uomo e lo abilita a corrispondere. Il nostro rischio è di percepire il peccato come offesa a Dio e
quindi un Dio adirato nei nostri confronti e Gesù che paga per noi perché noi non possiamo pagare. In Paolo questa
concezione non c’è. Il Padre non è maldisposto verso l’umanità per cui deve essere placato. Ma è lui che deve muoversi
verso l’umanità mandando il Figlio. Secondo Paolo la morte è salvifica perché è amore che abilita ad amare. È convinto
poi che la croce, proprio perché è passione del messia che dovrebbe essere vincente, è ribaltamento delle logiche
mondane. Scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani. I pagani cercano la sapienza filosofica e gli sembra bizzarro
parlare di un inviato di Dio che soffre. Il cristiano è chiamato a ribaltare anche lui le sue logiche. L’idea è che con il
battesimo si è con-crocifissi con cristo per risorgere con lui nell’ultimo giorno. La pienezza della salvezza la si
sperimenterà nell’ultimo giorno. Paolo in modo altrettanto forte parla della risurrezione. La risurrezione è importante
perché rende vivo Gesù in mezzo a noi. Ecco che attraverso la risurrezione si inizia ad essere creatura nuova. Si è
lasciato il vecchio Adamo per configurarsi al Nuovo Adamo. La Risurrezione rende inoltre possibile la venuta di Cristo
nella Gloria.
Terza cosa interessante è che sulla scia di Fil 2 Cristo risorto manifesta pienamente una sua relazione di Signoria
con tutto il creato sin dagli inizi. “Abbiamo un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo in vista di Lui e
un solo Signore Gesù Cristo per mezzo di cui esistono tutte le cose e noi esistiamo per mezzo di lui”. Noi abbiamo
origine dal Padre e tendiamo a lui. Abbiamo un solo Signore Gesù Cristo. Il Padre, tramite il Signore Gesù crea ogni
cosa e noi esistiamo per mezzo di lui e torniamo al Padre per mezzo del Signore Gesù. La Signoria di Cristo sul mondo
ci parla anche di lui come intercessore fin dall’inizio per fare l’uomo. L’uomo è fatto per Cristo. L’atto creativo è
trinitario e ognuno di noi è stato fatto non semplicemente per un Dio generico ma per Cristo. Per Paolo tutta la storia
dell’umanità è inscritta in Cristo.
Veniamo agli autori di scuola paolina, soprattutto Ef e Col che sviluppano il ruolo cosmico di Cristo. Vediamo
anzitutto l’inno di Col1. Ci dice che la fotocopia precisa di chi è Dio è il Figlio il quale è il primogenito di tutta la
creazione. In lui sono state create tute le cose, anche le invisibili… i troni, dominazioni, principati e potestà. Questi
ultimi possono o essere entità angeliche, oppure le entità sovraumane che governano questo mondo (significato simile).
Ci sta dicendo che chi governa questo mondo non sono queste entità che molto spesso in certe speculazioni
producevano un determinismo secondo cui le cose vanno secondo queste modalità sovraumane (fato, destino,
necessità). Ci dice che a governare il mondo è Dio in Cristo. Tutte le cose sono state creato per mezzo di lui e in vista di
lui. Lui è prima di tutte le cose e in lui sussistono tutele cose. La sua signoria la sia vede dove lui è apo del corpo: la
Chiesa. Si vede che lui è il Signore in quella fetta di mono che manifesta la sua Signoria: la Chiesa appunto. Cristo è il
primo rispetto ai risorti: in lui si vede il destino di tutti coloro che saranno risorti. Piacque di fare abitare in lui ogni
pienezza.
Altri titoli originari delle deutero-paoline sono: il diletto, l’amato, il Figlio del suo amore, lo sposo, il salvatore della
Chiesa. È da notare che quando la cristologia è dal basso, perché funzioni bene bisogna farla decollare verso l’alto.
Quando si ha una cristologia dall’alto per farla bene bisogna farla bene incarnata (nella stessa Cristologia dall’alto di
Giovanni si dice “e il Verbo si fece carne”).
Le lettere pastorali 1-2Tim e Tito. Queste lettere non hanno il titolo “Figlio”. La cristologia dall’alto la si vede
ugualmente. Dice addirittura di Gesù che egli fu il nostro salvatore. Il titolo Salvatore è un titolo tardo che nasce quando
non si sa più l’etimologia del nome di Gesù che in ebraico era chiaro. Altro titolo fondamentale è “mediatore”. È un
tema simile alle deutero-paoline (l’unico mediatore tra Dio e gli uomini è l’uomo Gesù Cristo). L’opera di Gesù è
descritta dalle pastorali in due modi: come colui che libera, come colui che si manifesta come salvatore. Su 2
Tessalonicesi ricordiamo che se la 1 Tess parlava di parusia imminente, la 2 Tess sgonfia questa attesa e ribadisce il
fatto che dobbiamo aspettarci uno scontro finale… ma basterà che Gesù parli e sconfiggerà il suo nemico.
La 1Pt contiene qualche tema paolino. CI soffermiamo su 4 piccoli inni che sono ricavati dall’AT per ricavare un
profilo di Gesù. Ad esempio la 1Pt parla del Cristo sofferente di Isaia, cosa che non fa nessun’altra lettera. Si parla della
pietra angolare o la pietra viva (non segnata dalla terra o risorta). Cristo andò ad annunciare anche agli spiriti in
prigione. Forse questa è la prima attestazione di un Gesù che va nello sheol per riportare alla vita i patriarchi.
Ci soffermiamo sul Vangelo della lettera agli Ebrei, la quale non è una lettera ma omelia, non è di S. Paolo e non è
nemmeno indirizzata agli ebrei ma ai cristiani provenienti dall’ebraismo. Pare sia stata scritta prima del 70 perché non si
parla del sistema del tempio che era destinato a finire (come avvenne con la distruzione del tempio) e proprio siccome
non ne parla si pensa sia stata scritta prima del ’70. Il suo cavallo di battaglia è quello del messianismo non regale ma
sacerdotale. Cita a conferma i salmi che di solito venivano utilizzati per il messianismo regale. Gesù è il nuovo
sacerdote secondo l’ordine di Melchisedeck (e non secondo la dinastia di Levi). C’erano al tempo attese non solo
riguardo al Messia ma anche riguardo al sacerdozio. Il sacerdote era considerato come un funzionario del re. Il
sacerdote va in crisi con la distruzione del tempio ma nel post esilio diventa la figura per eccellenza. La zona di giuda e
Gerusalemme sono sotto l’impero Persiano e l’emblema dell’identità ebraica è il tempio e in particolare il Sommo
Sacerdote il quale diventa la bandiera della identità religiosa. Negli strati più vicini a Gesù, la figura del sacerdozio è
passata attraverso una serie di Crisi. Nel III secolo a.C. viene ucciso un Sommo Sacerdote che aveva una linea di
successione proveniente da Salomone. Inizia così quindi una lotta per la successione e uno della famiglia Asmonea si
autoproclama sommo sacerdote. Molti ritengono screditato il Sommo Sacerdozio che c’è e molti sognano l’avvento di
un vero Sommo sacerdote, magari completamente nuovo, tipo discendente di Melchisedeck che viene scelto da Dio in
modo autonomo. L’unto di Aronne non sarà soltanto l’unto di Davide ma c’è anche chi attende un sommo sacerdote dei
tempi ultimi. Queste speculazioni (vi sono testi anche a Qumran) si rifanno a questo sacerdote mitico della Genesi che
era anche re di Salem (città stato di Gerusalemme). Perché l’autore della lettera agli ebrei va a inerpicarsi in questo
Ginepraio pescando la figura di Melchisedeck e sottolineando pure che però Gesù è della tribù di Giuda? Il sacerdote
per essere davvero mediatore bisogna avere i piedi radicati sia da una parte che dall’altra. Il sacerdozio levitico prima di
compiere i sacrifici per i peccati degli altri, deve prima compiere un sacrificio per i suoi peccati. È quindi una
mediazione imperfetta. Inoltre Dio è eterno vivo e vero e il Sommo Sacerdote muore e viene sostituito da un altro. Il
Sacerdote appartiene sempre di più al nostro mondo che a quello di Dio. Non solo reitera i sacrifici ma continua a farli
ogni anno… se avessimo risolto il problema non ci sarebbe bisogno di reiterare. Queste argomentazioni servono a dire
che il sacerdote non può essere la meditazione definitiva per accedere al mondo di Dio perché una mediazione segnata
dalla natura umana. Per questo Dio ha promesso un sacerdozio di tipo diverso. Il sommo sacerdozio di Melchisedeck è
superiore perché levi ha pagato la decima ad Abramo riconoscendo la sua superiorità. La lettera agli ebrei tiene insieme
le due cristologie (alto-basso) perché dice che è Figlio sempre e con la Pasqua diventa Sommo Sacerdote in piena
solidarietà con noi. Riesce ad essere pontefice quando condivide in tutto la nostra esperienza e la vive in modo filiale. A
questo punto come risorto riesce ad essere vero mediatore. Inoltre lui non muore più, ha espiato con il suo sangue e
l’atto di culto lo compie nel Cielo. A questo punto non c’è più bisogno di reiterare alcun sacrificio. Il suo sacrificio è
stato fatto una volta per sempre. Anche lui ha assunto un ruolo che prima non aveva: essere mediatore tra Dio e gli
uomini.
Descrive una sorta di perfezionamento di Gesù. Secondo lui Gesù diventa perfetto perché impara a essere perfetto a
un altro livello. Dice che diventa obbediente perché ha imparato ad essere obbediente a modo nuovo. Lui obbediente
rende a noi possibile di essere obbedienti. A rendere salvifico il gesto di Gesù è la sua libera obbedienza. In un gesto
che è tutto. Dice che pur essendo figlio imparò l’obbedienza da ciò che patì, non perché prima non fosse obbediente ma
perché non aveva mai dovuto sperimentarla in questo modo. Da sempre sa come si fa ad essere obbediente come Figlio
di Dio ma impara a farlo come uomo. Nel mondo degli uomini le scelte vanno sempre ribadite. Gesù vuole essere
obbediente al Padre ma vuole capirlo come esserlo nel qui e ora. Impara la fatica che facciamo noi a scegliere. Gesù
impara l’obbedienza ano perché prima era disobbediente ma perché deve imparare una diversa modalità di obbedire.
Non a caso Gesù si ritira in preghiera per rimanere unito al Padre e sapere cosa fare nella vicenda umana, nel qui e ora.
Dice inoltre che Gesù pregava per essere liberato dalla morte e Dio lo esaudì. Ma in che senso? – Gesù ha pregato colui
che poteva liberarlo da morte ma dice inoltre che non fosse fatta la sua volontà ma quella del Padre e in questo fu
esaudito. Esprime la sua paura della morte ma nell’unione con Dio supera la cosa e si affida al Padre. In questo è stato
esaudito. Come nelle tentazioni Gesù prova quello che proviamo noi e ci passa in mezzo conservando la sua
disposizione filiale.
Cristo è mediatore perché ha sperimento la nostra condizione e la fatica di una scelta, la paura della morte. In questo
è stato reso perfetto, perché prima dell’incarnazione tutte queste cose non le aveva mai vissute! In questo senso è
davvero sommo sacerdote perché in piane solidarietà con Dio e con gli uomini. Messo alla prova in ogni cosa come noi
eccetto che nel peccato che è rifiuto di Dio che non è dell’uomo ma ciò che rovina l’uomo. Il rischio è pensare che Gesù
è così Dio che non ha niente da dirmi. Tutt’altro… le ha passate tutte! Ed in questo senso è sommo sacerdote e in questo
senso la mediazione è avvenuta.
Lo snodo è la libera intenzione. A rendere gradito al Padre il sacrificio si Gesù è la libera obbedienza, il sì che viene
dall’uomo. È colui che fa la volontà di Dio e si presenza come prototipo di come deve rispondere ogni singolo uomo. È
fondamentale come scelga lui di essere obbediente e fondamentale è la frase del salmo 40: ecco Signore io vengo per
fare la tua volontà. Così la lettera agli ebrei è riuscita anche a farci vedere che si può tenere in piedi si auna cristologia
dall’alto che una dal basso. In questo senso possiamo capire che l’eucarestia ci dona la forza per donare sé stessi…
altrimenti sembrerebbe il sacrificio di Cristo perpetuato per tenere buono il Padre.
Si può fare una cristologia dall’alto senza essere docetisti facendo vedere in modo chiaro un Gesù che davvero è
dalla nostra parte perché ha condiviso la nostra realtà storica.

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