I
Era una fredda serata dell'inizio del Volo del Drago e, sebbene l'Autunno
fosse solo alle porte, già la fredda regione dell'Evallghael si era tinta del
bianco della neve. Gnupa, come da varie notti a questa parte, stava
preparando i ciocchi di legna da gettare sul fuoco, pensando alla settimana
ormai sul finire e lavoro che lo attendeva la mattina dopo.
A Gnupa non era mai importato degli eroi e dellle loro vicende, l'unica cosa
che gli importava era la sua tranquillità: impegnarsi sul lavoro durante la
settimana per poi raccoglierne i frutti durante la sua conclusione, vendendo a
Skriggal la sua legna e la sua cacciagione. Ma questa volta Gnupa non arrivò
a Skriggal con la sua legna e la sua cacciagione, e mai gli era importato di
più degli eroi e delle loro vicende che in quel momento.
II
Il gelido vento che accompagnava l'arrivo della stagione fredda soffiava sul
vecchio volto del re-anziano, titolo dato ai re dopo che hanno passato la
corona al loro successore, cosa avvenuta dieci anni prima. Egli stava su una
delle alti torri della fortezza di Ulberk, casa ancestrale del suo clan, e
osservava la valle sottostante, su cui si ergeva l'omonima antica città, con lo
sguardo perso verso orizzonti lontani.
Ulfberk, eretta dal primo dei Vankihir, Ysmir il Bianco, nella pietra scura di
quelle montagne e benedetta da una magia proveniente da tempi leggendari,
era costruita in un piccolo avvallamento naturale del monte Vyrmillvend, ed
era protteta per la maggior parte dalle sue irte pareti. Il passo per
raggiungere il grande portone del castello era sorvegliato dalle enormi statue
dei condottieri Vankihir, incastrate nei versanti che incombevano sulla
strada, e i torrioni esterni della fortezza si fondevano con la roccia su cui
stavano. Giunti all'alto muro che simile ad una diga fungeva da limite tra il
passo e la fortezza e sorpassato il suo enorme portone sopra al quale ululava
una testa di lupo in pietra, si giungeva nei quartieri esterni della rocca, dai
quali si potevano raggiungere le stalle, le torri di guardia e le Piccole Sale, o
proseguire per oltrepassare un'altra cerchia di mura che portava ai quartieri
interni. Questi, costruiti sulle pendenze che andavano verso la cima del
monte, comprendevano le armerie, le dimore della milizia e la cittadella con
la sua Grande Sala, dalla quale era possibile salire sulla Torre della Viverna,
che dall'alto osservava tutti i domini dei Vankihir.
"Freki si chiedeva dove fossi sparito, ulfe." disse Selne, salendo gli ultimi
gradini delle scale. La vecchia regina, che da giovane si faceva chiamare
Selene ma che con la sua incoronazione aveva ripreso il suo nome originale,
si era conservata bene negli anni: nonostante fosse coetanea del re, e quindi
sulla soglia degli ottanta anni, ancora sul suo volto si leggeva la bellezza che
un tempo vi dimorava, sebbene le rughe fossero più marcate e la fiamma dei
suoi capelli fosse ormai spenta e sostituita dal grigiore della cenere.
Dagobert sorrise, si girò ed accarezzo Freki, uno dei tanti cani-lupo che
vivevano a Ulfberk, discendenti del suo vecchio compagno di tante battaglie
Fenrir. Guardò la sua amata, che dopo qualche secondo ruppe di nuovo il
silenzio, accenando a Berknarr.
Dagobert rimase con Freki per ancora qualche secondo, si voltò un'ultima
volta ad osservare l'Evallghael e scese le scale, dirigendosi alla sua armeria,
per indossare la vecchia armatura che lo aveva accompagnato e protetto
nelle sue imprese.
"Jatvard."
Dagobert sorrise fiero del coraggio di suo figlio, ma subito tornò serio.
"Se non mi fidassi delle tue capacità non ti avrei passato la corona dieci anni
fa. Hai già dato numerose prove di essere un gran guerriero e un ottimo
regnante e sono fiero di te, ma questa è una battaglia all'infuori dalla portata
di chiunque. È la mia battaglia. La tua, figlio mio, è quella che ho
combattutto per trentanni: essere un giusto esempio e una buona guida per il
nostro popolo, re Jatvard Fianco-di-Pietra."
"Già, non vorrai lasciare in mano mia il regno!" si intromise con una risata il
secondogenito del vecchio re. "Ho saputo che stai andando ad affrontare il
drago, fatr!"
"Gli dei non vogliano!" Rise Dagobert, mentre Jatvard si limitò a domare il
fratello con un'occhiataccia.
Quando finì di preparasi il sole era alto nel cielo e tutti si erano radunati nel
Gran Cortile per assistere alla partenza dell'anziano gigante. Tutti tranne la
gemella di Vjarne, Fyrra.
Tra tutti i suoi figli, Fyrra era quella che aveva preso la pazienza dal padre e
l'animo focoso dalla madre, risultando una guerriera implacabile, ma anche
una donna tenace e difficile.
Ci fu silenzio per qualche secondo, entrambi ben consci del fatto che questo
sarebbe stato il loro ultimo abbraccio.
"Neanche io, ma a volte non c'è scelta, figlia mia. Prenditi cura dei tuoi
fratelli e di tua madre."
Dagobert salì a cavallo e varcò il grande cancello della sua dimora. Nella sua
mente veloci passarono tutti gli eroi che a loro volta oltrepassarono quella
soglia, quando giunse il momento del bisogno. Accompagnato dai fantasmi
dei suoi predecessori, Dagobert discese il passo, sotto il freddo occhio vigile
delle statue dei condottieri Vankhihir. Nel suo cuore, la fiamma si era
riaccesa.