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“Nugae—Scritti Autografi”
Norme per la collaborazione : la collaborazione è aperta a tutti ed è completamente gratuita.
Gli elaborati vanno inviati tramite e—mail o all’indirizzo della Redazione nitidamente dattilo-
scritti e firmati, ove non fosse possibile l’invio di floppy disk o cd-r . I testi non dovranno
superare la lunghezza di 8 cartelle. La Redazione non restituirà il materiale pervenuto presso
la sede del periodico. Si avvale, inoltre, della prerogativa di non pubblicare gli elaborati
non ritenuti idonei. La riproduzione, anche parziale, della presente rivista, è consentita die-
tro autorizzazione scritta della Direzione e con la citazione della fonte. Gli organizzatori
dei premi letterari dovranno far pervenire i testi dei bandi almeno quattro mesi prima. Gli ar-
ticoli, i racconti e le liriche riflettono le opinioni dei loro Autori, che di essi risponde-
ranno direttamente di fronte alla Legge. Gli scritti inviati dovranno essere inediti e accom-
pagnati dalla seguente dichiarazione: “LO SCRITTO INVIATO E’ UN MIO PERSONALE LAVORO E NON E’
MAI STATO PUBBLICATO”. Gli scritti pubblicati e inediti sono di esclusiva proprietà degli Auto-
ri e fa fede la data di pubblicazione sul presente periodico.

Rivista letteraria trimestrale autogestita a SOMMARIO PAG.


cura dell’Associazione Culturale “Nugae”
Presidente: Fabio De Santis L’EDITORIALE Nigro 1
cell. 347-3098430
Sede legale: via Guinizelli, 14 Sc. A-22 La stanza del pittore Casella 2

84091 - Battipaglia (Sa)


Poesia Meis 8
Direzione, Redazione, Amministrazione:
via XX Settembre, 23 - Battipaglia Nuova passione Piccolomini 10
e-mail : scrittiautografi@virgilio.it
Direttore responsabile: Alfonso Amato Poesia Della Rocca 16
Redazione: Vito Cerullo; Fabio De Santis;
Antonia di Dario (correzione bozze); Massimo La stazione Carbone 18
Longo; Paola Magaldi; Adriana Mazzella;
Michele Nigro.
Saluto a vista De Santis 20
Pubblicità: Paola Magaldi (cell. 335-8384148)
Tesoriere: Salvatore Colitti (cell.338-2025760) LA RECENSIONE Nigro 23
Stampa: Centro copie “Duc@s”
via E. De Nicola, 24 - Battipaglia Poesia Dalmiglio 26

Registrazione del Tribunale di Salerno:


Della vertigine cosmica Cerullo 28
N° 20 del 28/Giugno/2004
Editore: “Edizioni Nugae” RACCONTINANI 31
via XX Settembre, 23
84091 Battipaglia (Sa) L’incertezza e il tavolo del poeta 32
Chiuso in Redazione: 15 Aprile 2005 De Santis
riVISTE 38

In copertina:
INTERVISTA Nigro 39
Foto realizzata da:
Antonia di Dario e Marco Vecchio
SOTTO IL PORTICO 44
Disegno “su pelle”:
Marco Vecchio CONTROEDICOLA 3ª
L’editoriale
di Michele Nigro

Il laboratorio/rivista “Nugae – scritti Insomma: c’è fermento !


autografi” giunge, così, al suo tenero Lascio per ultimo, non me ne vogliano
numero 5 ed un salutare cambio d’aria si i co-redattori per questa nota di parte,
manifesta attraverso una serie di novi- quello che definisco l’evento realmente
tà: dal punto di vista dei contenuti, co- rivoluzionario di questo numero di
me assetati rabdomanti abbiamo cercato “Nugae”: mi riferisco alla completa e,
la collaborazione di nuovi scrittori, otte- spero, definitiva apertura del portone
nendola, nei terreni infiniti della scrit- giubilare nei confronti della letteratura
tura e, manco a dirlo, (per la prima fantascientifica. Una trascurata “cugina”
volta nella breve storia di scritti autogra- che aveva già, in passato, debuttato
fi) la narrativa di questo numero divie- timidamente sul trimestrale e che, a
ne territorio quasi autogestito da parte di partire da questo numero, comincerà a
“colleghi” che, pur non appartenendo godere dello spazio necessario per una
alla redazione, hanno raccolto “da lonta- conoscenza approfondita e sistematica.
no” l’appello con simpatia e partecipa- Testimone di questa tappa evoluzioni-
zione, inviando i propri scritti! Risco- stica è l’intervistato Flavio Casella,
priamo, grazie a tali preziose collabora- autore di narrativa con un background
zioni, il valore delle note biografiche fantascientifico. Approfondiremo, con il
quale strumento adoperato da chi vuol suo aiuto, solo una minima frazione -
far conoscere non solo i propri scritti purtroppo! - degli argomenti che gravi-
ma anche l’essere umano che c’è dietro e tano intorno alla Fantascienza...
la storia personale che determina la na- Sperando che non si tratti solo di un
scita e l’evoluzione di uno stile narrati- fuoco di stoppie e che anche altri collabo-
vo o poetico. La saggistica guadagna ratori ci aiutino ad animare “l’angolo
nuovi spazi nella struttura della rivista, fantascientifico” di “Nugae” con raccon-
segnando un nuovo punto a favore del- ti, recensioni e ogni altro strumento
la dotta discussione; guadagnamo, altresì, letterario che valorizzi un “genere” trop-
un fiocco rosa sulla porta di casa grazie po a lungo relegato nei comodi ghetti
alla neonata rubrica dedicata alle riviste delle fanzines.
letterarie con cui entriamo in contatto Chiudo ricordandovi che il 23 Aprile,
ed inaugurata dal trimestrale “Pick alle ore 18 (molti leggeranno il numero
Wick” di Besana in Brianza (Mi) e dalla 5 dopo questa data, ma voglio ugual-
rivista “Steve” del Laboratorio di Poesia mente rendervi partecipi dell’evento),
di Modena. Nuova è anche la presso la Provincia di Salerno, “Nugae”
“galleria” (Sotto il portico) che ospita le aprirà le danze della rassegna “L’Altrolibro
poesie di alcuni Lettori/ per la liberazione” dedicata alla Piccola e
Collaboratori… Ed infine evidenziamo Media Editoria italiana, con particolare
la joint-venture instaurata con l’artista attenzione alle numerose forme d’auto-
salernitano Marco Vecchio il quale, produzione (vedi “Nugae”). Poiché il
disegnando un motivo azteco-picassiano simbolo di questa rivista è “il calamaio
incatenato” non potevamo mancare lì
sulla schiena di una nostra paziente dove si parla di Liberazione.
amica, ha reso possibile la realizzazione
della foto di copertina. Lo stesso artista
ha messo a disposizione alcuni disegni Buona lettura!
che troverete nelle pagine interne...

1
La stanza del pittore
di Flavio Casella

go periodo di riposo, e a lungo aveva dovuto insi-


… per un attimo, il pittore rima- stere per convincermi – finalmente – ad abbando-
se rapito di fronte all’opera che nare le mie consuete occupazioni e ad intrapren-
aveva compiuto: ma subito do-
dere quel viaggio che a bella posta avevo iniziato
po, mentre ancora egli guardava,
divenne tremante e pallidissimo, senza la minima organizzazione, senza fissarmi
e inorridito, e gridando a gran una meta, con l’unica compagnia della mia auto,
voce: – Questa è davvero la vita
di una piccola valigia e di un taccuino dove ogni
stessa! – subitamente si volse a
guardare la sua amata – ella era sera annotavo avvenimenti e sensazioni della gior-
morta. nata. Nessun sollievo avevo provato nel frequen-
(Edgar Allan Poe) tare le ancora affollate spiagge dell’Adriatico, né
nel visitare le antiche e suggestive cittadine dell’-
La piccola locanda che mi accolse, sul finir dell’e- entroterra riminese, e già mi trovavo, deluso, ad
state di quell’ormai lontano 19.., nel cuore del- affrontare la strada di un mesto ritorno, cavalcan-
l’Appennino toscano, pareva tratta di peso da uno do la ripida dorsale degli Appennini per scendere
di quei tenebrosi romanzi dell’ottocento, dove poi sul litorale tirrenico, quando, nel transitare
anziani e stanchi nobiluomini, in preda ad inquie- per una nascosta stradina secondaria a pochi chilo-
tudine e stanchezza, si aggirano pensosi per miste- metri dalla città di ***, m’imbattei in un vecchio
riche foreste e fosche magioni stregate, agitando e consunto cartello che annunciava la presenza di
nell’intimo del cuore i cupi fantasmi della desola- una locanda.
zione. Era l’imbrunire, e presto avrei dovuto pensare a
Intendiamoci: io non sono certo un antico nobi- procurarmi un letto per la notte: quei boschi o-
luomo, e a quei tempi neppure avrei potuto defi- scuri e deserti mi parvero preferibili alle luminose
nirmi anziano; ma i miei pensieri ed i moti dell’a- cittadine della Versilia dov’ero diretto, e m’inol-
nimo, mentre annoiato mi aggiravo senza meta trai quindi decisamente per la stretta strada ster-
per le amene regioni dell’Italia centrale, mi cau­ rata che il cartello indicava.
savano una certa ideale comunanza coi personaggi Più volte, nel traversare la fitta e tenebrosa pine-
di quei libri che così spesso amavo rileggere. ta, ormai avvolta dalle prime ombre della sera,
La scienza moderna ha rivestito di rigorose nota- ebbi il dubbio di aver sbagliato strada, nel vederla
zioni le antiche e oscure sensazioni che anch’io restringersi ad ogni curva, ed il bosco farsi via via
provavo – stress, depressione, esaurimento nervoso più buio e folto, ma infine mi trovai su uno spiaz-
erano i termini che il mio dottore mi ripeteva, nel zo coperto di ghiaia, su cui sorgeva una vecchia
consigliarmi sempre più perentoriamente un lun- casa a due piani con ampie finestre di legno scuro
2
ed il tetto di tegole rosse. ricoperto da un drappo purpureo: – Le piace? –
Nel piazzale non v’era traccia d’auto: solo alcuni chiese ansioso – A tanti fa impressione… ma lei è
cavalli, legati ad un palo a lato della casa, brucava- un signore di città, son sicuro che non baderà a
no pigramente i pochi fili d’erba che crescevano ai certe fole… eppoi il letto è comodo, vedrà che si
margini della radura. Il rombo del mio motore troverà bene…
quasi mi parve un’aggressione, un insulto a quel- Mi fece sorridere la sua timorosa premura, e volli
l’immagine fuori del tempo, e subito lo spensi, rassicurarlo: in realtà, già mi sentivo singolarmen-
quasi intimorito. All’interno della locanda, mi te attratto dalla cupa atmosfera di quella stanza,
guardai attorno incuriosito: ai tavoli di nudo le- quasi i miei nervi scossi e malati ne traessero un
gno stavano seduti alcuni avventori, che iniziava- morboso motivo d’interesse. In particolare conti-
no allora a cenare o giocavano a carte alla luce nuavo a scrutare il grande quadro che appena in-
fioca di poche lampade a gas, che traevano corru- travvedevo a fianco della vasta specchiera del co-
schi bagliori dal consunto bancone di zinco; l’oste mò, e del quale la fioca e tremolante luce del lu-
– un uomo corpulento e cordiale – parve quasi me a petrolio non mi permetteva di distinguere i
scusarsi del fatto che il suo locale fosse così insoli- particolari.
tamente frequentato: – Sa, – disse con tono im- – Perché l’ha chiamata la stanza del pittore? – chiesi
barazzato – mi son capitati d’improvviso questi – È quello che ha dipinto quel quadro?
turisti… sono escursionisti a cavallo, e si son fer-
Il mio interlocutore parve d’improvviso farsi an-
mati qui per la notte, e le mie camere son po-
cor più imbarazzato: – Sì… – borbottò – ha vis-
che… Certo – proseguì dopo una pausa – una
suto qui per un po’ di tempo; ma è una lunga
m’è rimasta, la migliore… la stanza del pittore…
storia… se vuole, domani glie la racconto. Allo-
costa un po’ di più, ma se lei vuole… se gradi-
ra? – proseguì poi, riscuotendosi in modo un po’
sce…
brusco – La vuole, la stanza? Scusi se le faccio
Mi guidò per le consunte e scricchiolanti scale di fretta… ma sa, con tutta quella gente da servi-
legno, reggendo in alto un lume a petrolio per re…
rischiararmi il cammino: – Qui la luce elettrica
L’indomani mattina, risvegliandomi nel grande
non è ancora arrivata; – mi disse col solito tono di
letto a baldacchino, mi sorpresi stranamente di-
scusa – ci tocca andare all’antica, col gas e col
steso e tranquillo, quale da lungo tempo non
petrolio. Ma non è poi così scomodo, quand’uno
accadeva di sentirmi: dalle imposte accostate fil-
ci fa l’abitudine.
trava tenue la luce del giorno, e un sottile raggio
La stanza che mi mostrò era grandissima e tetra, di sole, battendo sul bordo dello specchio, si fran-
con mobili scuri ed un enorme letto a baldacchino tumava in tutti i colori dell’iride. 3
Rimasi a lungo disteso sul letto con gli occhi soc- adatta alla conversazione, rispondendo alle mie
chiusi, cercando invano di ricordare gli oscuri e parole unicamente con timidi sorrisi e monosillabi
confusi sogni della notte precedente ed assaporan- sussurrati a bassa voce. Presi quindi a passeg-
do le nuove, intense sensazioni che la mia mente giare per i dintorni, respirando a pieni polmoni
provava. Alla luce del sole, il misterioso quadro l’aria frizzante del mattino e gustando la serena
che la sera innanzi mi aveva incuriosito si mostra- sensazione di quiete che sentivo, di momento in
va adesso nella sua interezza: raffigurava un pae- momento, rafforzarsi nel mio animo. Percorren-
saggio alpestre, un piccolo lago dalle acque scure do un sentierino che scendeva in dolce declivio
e profonde, incorniciato di alti e folti alberi; dal- dietro la locanda, serpeggiando tra boschi già sfol-
l’acqua sorgeva fino alla cintola una giovane don- goranti dei colori dell’autunno, giunsi in breve
na nuda, esile e bionda, un braccio teso davanti a sulle rive di un piccolo lago, che non tardai a rico-
sé; inginocchiato sulla riva, un giovane uomo bar- noscere come quello raffigurato nel dipinto: tutto
buto tendeva la mano verso la magica apparizio- era come nella tela, le alte e verdi cime degli abe-
ne, il volto atteggiato ad un’espressione di dispe- ti a far da cornice, le acque scure e profonde,
rato dolore. E proprio al centro del quadro spic- tremule alla lieve carezza del vento, la pietra piat-
cava il convulso intrecciarsi delle loro mani – la ta da cui il giovane del quadro protendeva la ma-
delicata mano di lei che quasi scompariva nella no verso la diafana apparizione.
robusta stretta dell’altro – chiuse in un definitivo E su quella pietra sostai a mia volta, contemplan-
ed estremo tentativo di congiunzione che sem­ do pensoso il placido e scuro stendersi della liqui-
brava, da un momento all’altro, doversi sciogliere da superficie, socchiudendo gli occhi al tiepido
in un addio senza speranza. contatto della brezza, quasi sembrandomi di sen-
Mi colpiva il singolare contrasto tra le espressioni tir sorgere, dalle profondità del lago, una lontana
dei due esseri umani presenti nel quadro: l’uomo voce di donna, un triste canto d’amore e di mor-
sembrava voler trarre con tutte le sue forze la te. Rabbrividivo, mentre folate di vento più in-
fanciulla fuori dall’acqua, mentre ella, al contra- tense m’investivano, e quasi mi sorprendevo,
rio, aveva l’aria di volerlo attirare a sé, nel suo riaprendo a tratti gli occhi, nel non scorgere da-
mondo, consapevole di non poter vivere al di vanti a me quell’apparizione che da un momento
fuori di quella fredda e scura profondità. Risolsi all’altro mi aspettavo di veder comparire. A lun-
di chiedere all’oste notizie sul mistero che intuivo go rimasi in quel luogo misterioso e solitario, in
agitarsi all’interno di quello strano dipinto, ma preda ad una crescente eccitazione che quasi mi
quando scesi a far colazione la mia aspettativa fece dimenticare il trascorrere del tempo, fanta-
andò delusa: l’uomo si era infatti allontanato a far sticando sui misteriosi protagonisti di quella che
provviste, e sua moglie, una donnina minuta e doveva essere stata – già lo intuivo – una tragica
4 gentile ma di poche parole, non si rivelò persona storia, ed era pomeriggio inoltrato quando infine
riuscii a riscuotermi dal mio assorto torpore e a immerso nei suoi pensieri: aveva voluto quella
far ritorno alla taverna. grande camera che da anni nessuno usava più –
La locanda era ora deserta, abbandonata dalla l’arredo risaliva a tempi antichi, quando il fabbri-
rumorosa e allegra compagnia che la sera prece- cato era adibito a casino di caccia di qualche nobi-
dente l’aveva frequentata: cenai da solo, in silen- le del luogo – e l’aveva resa ancora più tetra, re-
zio, nell’ampia sala appena rischiarata dalla fioca e staurando di persona i mobili e ridipingendoli in
sibilante luce delle lampade a gas. Dopo cena, colori più scuri dell’originale. E in essa trascorre-
mentre mi accendevo la pipa – già cominciando va lunghe e silenziose ore, allontanandosene sola-
ad avvertire un caldo e languido torpore invader- mente per brevi e assorte passeggiate sulle rive
mi le membra – convinsi il taverniere a sedersi al del laghetto.
mio tavolo: con l’ausilio di un paio di bicchierini – Le dico la verità: – mi confidò l’oste – per un
d’acquavite, lo indussi a narrarmi la storia del po’ di tempo ho avuto paura che una volta o l’al-
pittore e del misterioso quadro. tra ci si buttasse dentro. Sa, nelle sue condizio-
– Il pittore – mi raccontò – venne qui per consi- ni… e con quel che gli era successo… Così lo
glio del suo medico: doveva curarsi i nervi, pove- spiavo di nascosto, quando usciva a passeggiare.
retto! dopo la tragedia che gli aveva sconvolto la Ma i timori del taverniere si dimostrarono infon-
vita. Il giovane artista, appresi, aveva amato dati, ed anzi, un bel giorno, il pittore gli chiese di
d’un amore intenso ed esclusivo una fanciulla, da procurargli colori e pennelli. Egli fu lieto di que-
cui era ardentemente ricambiato. Ma un giorno sta richiesta, interpretandola come un segno di
infausto – quando già i due giovani stavano per miglioramento delle sue condizioni di salute. Dal
coronare il loro sogno d’amore unendo per sem- giorno della scomparsa dell’amata, infatti, il gio-
pre le loro esistenze – ella aveva incontrato una vane non aveva più messo mano ai suoi attrezzi.
improvvisa e penosa morte. Prese a lavorare alacremente ad un grande qua-
– Non so bene che sia successo. – diceva l’oste a dro, e di mano in mano che il lavoro procedeva
voce bassa, fissando assorto il suo bicchiere – Pare sembrava rifiorire in lui l’interesse per la vita, con
che fosse sonnambula, e che nell’andare in giro di gran gioia del locandiere, che a quel giovane triste
notte sia scivolata in un fiume e sia annegata. Il s’era affezionato come a un figlio, e che sempre
corpo non fu mai ritrovato, e il fidanzato quasi più spesso veniva fatto oggetto delle sue confiden-
impazzì per il dolore. ze.
Mandato lontano per curarsi, il pittore aveva tro- – Ahimè! – sospirava ora, scuotendo il capo –
vato alloggio proprio in quella locanda, dove a Quanto mi sbagliavo! Era proprio matto, pove-
lungo aveva soggiornato. L’oste lo ricordava co- r’uomo: pensi… – e nel dire questo esitò ed ab-
me un giovane triste e taciturno, perennemente bassò la voce, curvandosi verso di me, quasi te- 5
messe di non esser creduto – pensi che era con- to autore l’aveva collocato. Non ero sorpreso
vinto di aver visto la fidanzata nel lago. Proprio che la tragica storia si fosse conclusa con un suici-
nell’acqua, sotto la superficie. E gli parlava, an- dio, che anzi mi sembrava esserne il logico, quasi
che! inevitabile coronamento. Ma quando lo dissi al
Nell’esaltazione della sua mente malata, il giova- mio ospite, questi scosse il capo, quasi irritato: –
ne pittore s’era convinto che, quando fosse riusci- Non è stato un suicidio! – esclamò.
to a ritrarre la fanciulla nell’atto di emergere dal- Poi, come se si fosse pentito del suo impulso,
l’acqua, ella davvero si sarebbe ricongiunta a lui esitò a lungo prima di proseguire:
per sempre. A quel lavoro dedicò ogni sua risor- – Almeno, non un suicidio come pensano tutti.Si
sa, con sempre più febbrile energia, finché un curvò di nuovo verso di me, abbassando la voce:
giorno il grande quadro fu terminato ed una sera, – Anche la polizia ha archiviato il caso come suici-
esaltato e commosso, egli invitò il suo ospite ad dio. Non mi hanno creduto, quando ho racconta-
ammirarlo per primo. Il dipinto gli era sembrato to che la porta e le finestre erano sbarrate dall’in-
bellissimo, ricordava l’oste terno: han detto che mi sbagliavo… Ma io son
– e non stentavo a crederlo, avendolo potuto sicuro di quel che dico. E poi… – abbassò ancor
vedere di persona – la fanciulla emergente dal- di più la voce, guardandosi intorno furtivamente
l’acqua pareva viva, e quasi provocava allo spetta- – e poi c’è un’altra cosa… Badi bene, sa, è una
tore l’irresistibile impulso di stendere una mano cosa che non ho mai detto a nessuno… ma lei mi
per toccarla. Il mio interlocutore tacque, e mi pare una persona a modo, e bisogna ben che lo
accorsi che aveva le lacrime agli occhi, nel ricor- racconti a qualcuno, se no divento matto an-
dare quei lontani e tragici avvenimenti. ch’io… Continuava a balbettare vaghe allusioni,
– Fu l’ultima volta che lo vidi. – proseguì, la voce incapace di liberarsi del tutto dell’inquieto segreto
rotta dalla commozione – Da vivo, voglio dire. che celava nell’animo, e a mia volta mi trovai
Pochi minuti dopo che ero sceso, mia moglie salì intento a curvarmi verso di lui, ansioso di udire la
per portargli la sua solita tisana, ma lui non rispo- fine della storia.
se. Bussammo a lungo… niente! La porta era – Quella sera… – alitò infine, in un soffio –
chiusa dall’interno, così alla fine la sfondammo… Quando mi fece vedere il dipinto finito, la sua
ma la stanza era vuota! Ne ritrovarono il cadavere figura non c’era, nel quadro: c’era solo la don-
due giorni dopo, nelle buie profondità del piccolo na… la donna era sola, nel quadro!
lago. I parenti, avvisati, vennero a ritirare la sal-
ma, e con essa i suoi pochi oggetti. Ma non volle-
ro il grande quadro, e il locandiere non ebbe ani-
mo di rimuoverlo dal luogo dove il suo sventura-
6
bientazioni fantastiche). A metà degli anni ’90 rico-

NOTE BIOGRAFICHE mincia a cercare sbocchi editoriali per le sue opere,


pubblicando racconti su giornali e periodici culturali e
FLAVIO CASELLA nasce a Genova nel 1949. Durante
partecipando a premi letterari, dove ottiene alcuni si-
l'adolescenza scrive numerosi racconti e poesie, che
gnificativi riconoscimenti. Autore di conferenze e spetta-
rimangono tuttavia chiusi nel classico cassetto: lavori
coli teatrali (l’ultimo è “MOVENZE D’INCOGNITO
d'introspezione psicologica
AZZURRO” *, messo in
e, come s'usava dire in quel
scena in prima esecuzione
periodo, “di protesta”, ma
alla Pieve di Someglio –
già caratterizzati da sfuma-
Passo del Brallo (PV) nel
ture surreali e fantastiche.
Luglio 2003), è attento so-
Nel 1974 si laurea in inge-
prattutto allo stile, all'atmo-
gneria, si trasferisce a Mila-
sfera della storia e al detta-
no e comincia a lavorare
glio delle situazioni e dei
nell'industria metalmeccani-
personaggi, ma per contro
ca. Nello stesso periodo na-
scarsamente interessato alla
sce in lui un interesse quasi
creazione di trame, predilige
esclusivo per la fantascienza
la misura del racconto di
e la letteratura fantastica in
media lunghezza (da dieci a
generale. Dal 1976 inizia a
trenta pagine) in cui può
collaborare con le principali
meglio sviluppare lo studio
riviste del settore, sia profes-
psicologico dei personaggi e la descrizione d'ambiente,
sionali che amatoriali (fanzines) con racconti e articoli.
mantenendo la stessa impostazione – a capitoli chiusi
Dal 1980 ricomincia ad alternare a lavori fantastici
ed autosufficienti – anche in opere a misura di roman-
altri di narrativa tradizionale. Qualche tempo dopo, in
zo.
aperta polemica con l'ambiente del fandom e con la
visione ghettizzata e di genere che caratterizza la lette-
ratura fantastica, se ne allontana definitivamente, * “Movenze d’incognito azzurro” (racconti)

dedicandosi alla narrativa mainstream (sia pur mante- Prospettiva editrice - Civitavecchia (RM) 2002

nendo una predilezione di fondo per atmosfere e am- pagg. 146


7
Ettore Meis
poesia
Prologo a “Sentori”

Passi notturni Dall’etichetta di un profumo maschi-


le: “Una profumazione studiata per
l’uomo metropolitano. L’intensità
Vento di frecce gelate dell’ incenso e del patchouli, la
finestre chiuse per paura raffinatezza di legni e muschio: un
mix di energie che riflette la com-
lento come trecce legate plessità di una vita moderna e at-
ginestre muse di calura. tiva.”
Sentori

Di giorno schivo traffico


gironi di bollette e calunnie Sarà il deriso fiore

ritorno privo e mastico bagnato dal pregiudizio

bocconi di saette e paturnie. a profumare le insperate notti


delle insoddisfatte mogli

Ma la notte, di notte del tramonto.

pregiudizi dormienti
mele cotte e ricotte Parrà un intriso cuore

per più vizi e tormenti. d’intrecciato palmizio


per frantumare le errate sorti.

Ritrovo prospettiche perse Pelle fredda di latte e germogli

colonna sonora di passi che chiede il conto.

un rovo d’isteriche gerse


di donna che dimora tra sassi. D’efficiente uomo metrò
t’impongono sentori

L’odio diventa pace. di ingannevoli studi.

(1° coro:“Materialismo hegeliano!”) Deprimente luogo retrò

Podio di lenta brace. dove sorgono sudori

(2° coro:“Onanismo freudiano!”) su spregevoli nudi.

Libero da sguardi, guardo Muschiati legni

deserti angoli di libertà d’isterica complessità,

suoni di fontana in lontananza incensi senza chiesa

tuoni di lontana somiglianza. per cimici vincenti.

Incerti trampoli di verità Raffinati segni

albero di dardi. Io, bardo…! d’asfittica sensualità,


censi di una scienza arresa.
Energetici escrementi.
8
Febbre Libero prigioniero di se stesso
piaga purulenta con petali di rosa
Inutile attesa riverbero menzognero di un re depresso
è la tua… saga incruenta tra cembali di sposa.
Futile pretesa
di chi conta respiri. Pantomimica libertà imposta
Vela di prua: infima regia dell’ignoranza
picchi d’onda e viri! vanto di una tipica arroganza
intima elegia di una viltà riposta.
Febbre che non passa
punte bagnate
ebbre del suon di cassa
smunte e rimate.
Immobile

Discorsi di sostanza
che si tengono in piedi Lascia che il fremente mondo

soccorsi senza speranza. si strugga su gustosi insulti,

Celsi svendono rimedi… pascia gemente e verecondo


e poi fugga su erbosi virgulti.

Amorevoli consigli
su ideologiche follie. Perdonatemi, se resto qui!

Ragionevoli sbadigli Immobile e ignorante

sublimatiche eufonìe. rifiuto immaturo dell’etica.


Svegliatemi, se questo è il dì!
Ignobile e arrogante
Libertà
aiuto imperituro della scettica.

Il meschino tramutava sconfitte


Sospeso tra giudizi
sotterrando letame nelle vite altrui
come malta péi mattoni
e sebbene chino agganciava bitte
mi ritengo necessario
imponendo un legame alle sortite di Lui.
presuntuoso, sogno, in quanto che
se son sceso tra i supplizi
Sul palcoscenico della tradizione
croce alta dei santoni
sfilava con moglie e figli
ne convengo (né contrario,
talco igienico di bella apparizione
né orgoglioso): c’è bisogno di epochè!
di chi sbava tra doglie e artigli.

9
Nuova passione
di Antonio Piccolomini d’Aragona
G. non aveva mai corso così veloce. Sembrava sopportava più quel ronzio. Decise di fare un
avesse delle piccole ali sotto le piante dei piedi. altro tentativo per fermare quelle maledette pic-
Era scalzo, e andava filato come un lampo sulle cole ali di mosca o libellula. Stavolta, però, si
pietre aguzze, che tuttavia non avvertiva minima- aggrappò con la mano sinistra al binario, si tenne
mente punzecchiarlo o scorticargli la morbida saldamente. Le gambe superarono il punto in cui
epidermide. Erano di mosca, oppure di libellula. il braccio era ancorato al binario. Le gambe erano
Sbattevano freneticamente producendo un ronzio ormai preda di quelle piccole ali di mosca o libel-
fastidioso, che G. non riusciva a sopportare. Co- lula. Il fischio tuonò di nuovo. Incombeva. G.
sicché egli era quasi sospeso fluttuante nell’aria, e protese la mano libera, la mano destra, verso la
volava sulle pietre aguzze che riempiono i binari gamba sinistra. Afferrò la pianta dei piedi e strap-
ferroviari. pò via quelle piccole ali, che vide essere ali di
Ad un tratto, mentre correva sospeso nell’aria a libellula grigie e lunghe. Poi tentò di cambiare
folle velocità, sentì un fischio dietro di sé. Si voltò mano. Nel tentativo, perse la presa, e la gamba
e, nel pieno di quella pazza corsa, perse l’equili- ancora preda di quelle frenetiche ali, lo trascinò
brio. Cadde, inesorabilmente e col muso sulle via per qualche metro. Cozzò fortemente con la
pietre. Cadde e si ruppe il muso. Dalla fronte testa sulle pietre aguzze. Cominciò ad uscire san-
iniziarono ad uscire fiotti di sangue. Dal naso il gue anche da lì. Il sangue usciva da un buco pro-
vitale liquido rosso scorreva a fiumi. E, come se fondo che si era aperto all’altezza del cervelletto.
non bastasse, le piccole ali di mosca o libellula, In compenso il fischio si era leggermente allonta-
che producevano quel ronzio così fastidioso, con- nato. G. si fece forza. Si aggrappò al binario con
tinuavano a spingerlo ad una velocità crudele e la mano destra e ripetè con la sinistra la stessa
sovrumana, mentre lui, steso sulle pietre aguzze e operazione di disinnesto delle ali. Ora era libero
fameliche, continuava a strisciarci e batterci col da quel fastidioso ronzìo. E poteva finalmente
muso sopra. E continuava a sanguinare. fermarsi. Si alzò, stavolta posando saldamente le
piante dei piedi a terra, e sentì la gravità incom-
Il fischio si faceva sempre più insistente. Cos’era bere pesantemente sul suo corpo martoriato. Poi
quel dannatissimo fischio? Incombeva come la sentì il fischio. Si voltò dietro e cercò donde quel
sirena della morte. Come la tromba del giudizio fischio venisse, mentre del sangue gli scorreva
universale. Ad ogni tratto diventava sempre più abbondante sugli occhi, offuscandogli parzialmen-
forte, tanto che G., ad un certo punto, dovette te la vista. Notò, con grande stupore, che dietro
tapparsi le orecchie tutte schizzate di sangue. G. di lui c’era un treno fumeggiante che viaggiava ad
capì che così non poteva continuare; presto sareb- una folle velocità nella sua direzione. Si faceva
be morto dissanguato, e della sua testa sarebbero sempre più vicino. Il suo faro lampeggiava all’o-
rimasti soltanto pochi sporchi e putrefatti bran- rizzonte. Era come una valanga di ferro che stava
delli di carne e capelli attaccati ad un teschio lace- per travolgerlo.
rato. Il fischio incombeva sempre più. Stava per
investirlo. E lui non sapeva nemmeno donde ve- Tentò di buttarsi su uno dei lati del binario. Ma
nisse. Quel fischio. Sempre più vicino. Sempre ben presto si accorse di non poterlo fare. Era cir-
più forte e ruggente in quella pazza corsa. Così, condato da un mare di scarafaggi, serpenti, insetti
G. mise le mani a terra e tentò di fermarsi. Non e rettili vari. Era un vero e proprio mare che lo
vi riuscì. Le ali erano troppo più forti. Piccole ali circondava da tutti e due i lati, e si muoveva ac-
di mosca o libellula ronzanti fastidiose. G. non calcandosi sulle grosse linee ferroviarie come
10 onde sulla riva. Quel mare si perdeva a vista d’oc-
chio. Riempiva l’orizzonte, tranne nel punto in sentiva dietro. E così correva e correva, correva
cui la ferrovia continuava a correre. Era un mare senza mai fermarsi, scappava, lungo quel binario
viscido e rumoroso. Serpenti, vipere, lucertole, che sembrava essere senza fine nell’orizzonte sem-
gechi, scarafaggi, cimici, ragni, api, mosche, zan- pre irraggiungibile. Correva. Il treno gli era die-
zare, tutti l’uno sopra l’altro, viscidi, striscianti, tro. Cosa incredibile, tentava di risucchiarlo verso
ma soprattutto rumorosi. Si agitavano e ondeggia- di sé, di maciullarlo sotto le sue ruote di metallo
vano. Facevano un rumore disgustoso. Sotto la arrugginito, eppure nello stesso tempo lo spingeva
luna pallida nel cielo della notte, le loro viscide in avanti, lo lanciava, lo faceva correre velocissi-
epidermidi e scorze brillavano di un bagliore sof- mo. In maniera inumana. E G. correva davvero
fuso, rilucevano come laghi di argento. Proprio veloce come un lampo. Non si era mai visto un
come un mare, un oceano infinito. E, proprio uomo correre così veloce. Quasi come se avesse
come un mare, ondeggiavano e si accalcavano ancora le ali sotto i piedi. Solo che ora, sotto i
sulle sponde di ferro. Il fischio si faceva sempre piedi aveva due stimmate sanguinanti e continua-
più vicino. G. si voltò di nuovo verso il treno. mente trafitte da aguzze pietre e piccole scaglie di
Stavolta lo vide distintamente. Spruzzava vapore roccia. G. correva. Correva ormai da un’ora.
nerastro. Era un’antica locomotiva tutta nera, con Forse di più. Veloce come una saetta. Il treno gli
la cabina di comando illuminata. Era un grosso stava dietro. Sbuffava. Ruggiva. Voleva mangiar-
serpente di ferro che correva attraverso un mare selo. Non era distante più di cinque o sei metri.
di viscidi rettili e insetti disgustosi. Alla fine, G. si G. iniziò a sentire la stanchezza. Sanguinava dalla
convinse che la zona delimitata dai binari fosse faccia e dai piedi. Sudava sangue dalla fronte. Il
l’unica davvero sicura, immune da quel mare di sangue gli cadeva davanti agli occhi. Ma questo
disgustose e orribilmente rumorose creature. non era importante; ora doveva solo correre drit-
Decise di rimanere nel binario. Ma, naturalmen- to, lungo quel dritto binario di infinità. E non
te, per farlo, doveva cominciare a correre, dove- aveva bisogno di guardare davanti. Doveva solo
va fuggire a quel treno di ferro nero, fumante correre. E infatti correva. Correva ma era stanco.
nella notte. I polmoni iniziarono ad arrancare. Il respiro co-
Lentamente mosse le gambe. Erano come atrofiz- minciò a farglisi pesante. Nei bronchi iniziò a se-
zate. Al posto delle ali, adesso, aveva sotto le cernere muco in quantità abbondante. Nelle gi-
palme dei piedi due ferite minuscole, che si allar- nocchia iniziò a formarsi acido lattico. G. entrò in
gavano e sanguinavano sempre di più, man mano apnea. Una fitta lancinante nel fianco cominciò a
che le pietre dei binari le penetravano con le loro farlo contorcere ed accasciare in quella folle cor-
punte taglienti. G. iniziò a correre in queste di- sa. Non ne poteva più. Il treno lo incalzava e lui
sperate condizioni, mentre il treno alle spalle stava per venire meno. Iniziò a pensare che sareb-
fischiava e ruggiva e sbuffava sopra quel manto di be morto. Iniziò a immaginarsi il suo corpo mar-
rettili ed insetti vari. Il treno lo incalzava, poteva toriato sotto quel treno. Le sue membra schizzare
sentire il vento sollevarsi alle sue spalle e risuc- in ogni direzione e finire in pasto agli insetti e ai
chiarlo come in una voragine. Correva. Scappava. rettili tutto intorno. Che orrenda fine! Ma forse
Ormai aveva preso velocità. Una buona velocità. sarebbe stato meglio morire, piuttosto che conti-
Le sue mani e le sue gambe si muovevano ritmica- nuare a correre. G. stava per iniziare a piangere,
mente in una perfetta coordinazione. Era l’effetto ma ben presto si accorse che quella corsa era cosa
della paura. Era il treno dietro di lui. Tutto ben più tremenda che una fine, seppur lenta e
quell’ ammasso di nera ferraglia. Quel nero ser- dolorosa. E così ricominciò a sperare. Sperava di
pente di ferro che tentava di mangiarselo. G. lo stancarsi fino allo strenuo. Sperava di finire sotto
quel treno e interrompere quella corsa straziante.
11
Grondava di sangue. Sangue sul volto, sangue dalle so. La donna parlò: “Oh, mio piccolo G. Come
palme dei piedi. Sangue dovunque. Correva e la- sei ridotto. Grondante di sangue da fronte, piedi
sciava dietro di sé una scia di sangue. Una lunghissi- e mani. E le tue ali? Dove sono finite le tue ali
ma scia di sangue. da libellula?”
Tutto ad un tratto, quando G. sentiva le forze final- “Le ho strappate madre! Producevano un ronzìo
mente venire meno e stava per abbandonarsi alla fastidioso. Mi stavano uccidendo e non riuscivo
voracità del serpente di ferro dietro di lui, il treno a controllarle!”
iniziò a rallentare. Si sentirono i freni stridere for- “Oh te meschino e disgraziato! Hai strappato le
temente. Fischiavano tutti come un coro di demoni ali che io ti avevo donato. Adesso avrai solo le
ghignanti. G. si bloccò e si voltò verso il treno. Era tue gambe per muoverti, e camminerai ogni
fermo. Il treno si era fermato. E tutto fu avvolto giorno toccando la terra dura e rovente. Non ti
dal silenzio e dall’oscurità della notte lunare. G. staccherai mai più da essa, e sarai per sempre
crollò a terra. Era sfinito. Cadendo, finì con en- schiacciato dal peso di cieli infiniti! Eri una libel-
trambi i palmi delle mani sulle punte di due pietre lula, e guarda adesso cosa sei! Disgraziato!”
aguzzissime. Le mani affondarono. Furono letteral-
mente trapassate da quelle rocce. Sangue cominciò “Madre! Madre!” G. iniziò a piangere come un
a uscirne fuori a fiotti. Era una fontana di sangue. disperato e a strapparsi i capelli. “Non riuscivo a
Sangue dalla fronte. Sangue dai piedi. Adesso anche controllarle, quelle ali. Ronzavano insopporta-
sangue dalle mani…G. era disperato. Straziato. bilmente. Mi stavano uccidendo.” Continuava a
Voleva che il treno ricominciasse a correre e lo scusarsi. Si scusava e si scusava. Le sue scuse
travolgesse definitivamente. La morte, il premio risuonavano nel silenzio desertico di quel luogo.
della sua sofferenza. Invece no. Era solo e fermo in “Me ne vado”
quel mare di serpenti e rettili vari. Sopra quel bina-
“Dove vai, madre! Non lasciarmi qui! Vieni qui
rio interminabile. Era abbandonato.
da me!”
Si guardò intorno. Notò che parallelo a lui, ad una
“Non posso tornare su quel binario. Sarai tu un
decina di metri di distanza, scorreva un altro bina-
giorno a venire sul mio, e a ripercorrere all’in-
rio. I due binari erano separati da un unico enorme
dietro il cammino.”
viscido serpente squamoso. G. lo notava per la pri-
ma volta. E vide una donna camminare su quel bi- “Ma stai attenta ai treni, madre. Te ne prego!
nario. Camminava nella direzione opposta a quella Sei anziana, tu non puoi correre veloce come
in cui lui aveva corso fino ad allora. G. si alzò in me. Verrai investita e morirai. Madre! Stai at-
piedi di scatto. Poi si tolse il sangue dagli occhi. tenta! Vieni qui da me!”
Cercò di vedere chi fosse quella donna. Mise a fuo- “Mio piccolo G., qui non passano più i treni.
co e scrutò attraverso la notte: era sua madre. La Qui non c’è fretta. Il tuo binario termina. Non
riconobbe da quella tipica anziana camminata che ne vedi la fine, ma questa prima o poi arriverà.
l’avrebbe contraddistinta tra mille agli occhi del suo Sul mio invece, non esiste capolinea. Non passa-
unico figlio. no treni, e non c’è fretta. Non c’è bisogno di
“Madre!” gridò “Sono io! Sono qui!” correre. Qui bisogna solo camminare e aspetta-
re. E tutto arriva senza che tu abbia bisogno di
La donna si girò e lo guardò. Era calma. Appagata.
cercarlo.”
Rassegnata. Alzò il braccio e lo agitò a destra e sini-
stra in segno di saluto. Detto questo, mentre G. continuava a chiamarla
e a piangere, a strapparsi i capelli,la donna si
“Madre! Madre!” G. continuava a ripetere commos-
12
rimise in cammino. Riprese la sua marcia verso il mani alla superficie, afferrò qualcosa di solido. Il
nulla in quell’oceano di rettili e serpenti. E pian bordo del tempio. Si issò velocemente tenendosi
piano scomparve all’orizzonte. G. si calmò. Le aggrappato. Aria! Finalmente respirava di nuovo.
ferite continuavano a sanguinare senza tregua. La Sorprendentemente, addosso non aveva alcun
sua vista era di nuovo ricoperta di sangue. All’im- insetto o rettile o ragno. Gli erano scivolati via
provviso vide qualcosa in lontananza. Cominciò a nel momento in cui era uscito da quel mare, pro-
camminare veloce verso questo qualcosa. Il treno prio come fossero stati acqua. Ma il veleno che gli
lo seguiva muovendosi lentamente. G. non pensa- avevano iniettato e scorreva a pieno circolo nelle
va al treno. Voleva vedere cosa c’era. Notò che sue vene.
quel qualcosa era una specie di isola di marmo su G. si incamminò per le strade del tempio. Erano
quel mare di rettili e serpenti. Si trovava in mezzo silenziose e vuote. Il tempio aveva la forma di una
ai due binari. Era come un tempio. Decise di rag- T. Aveva la forma della croce del Cristo. G. si
giungerla. Per farlo doveva immergersi in quel trovava di fronte il corridoio centrale. Alla sua
mare e nuotarvi attraverso. Ma non importava. destra ed alla sua sinistra c’erano stretti colonnati
Ora doveva vedere quel tempio che si ergeva ma- percorsi dalle ombre argentate della luna. G. en-
estoso nel deserto. trò nel corridoio centrale. Sul lato destro c’era
Mise il piede fuori del binario e lo immerse tra i una piccola stanza con tante poltroncine allineate
viscidi animali ondeggianti sotto di lui. Il piede contro il muro. Era come la sala di attesa di una
affondò. Poi mise anche l’altro piede, e si trovò stazione ferroviaria. La saletta era illuminata da
totalmente immerso in quel carnaio di rettili e un pallido neon pendente dal tetto e oscillante
insetti viscidi e ronzanti. Era disgustoso. Poteva nell’aria calma. C’era un uomo seduto. Stava
sentirli strisciare sotto i suoi piedi nudi e insangui- fumando una sigaretta. G. entrò e vide che quel-
nati. A volte ne afferrava alcuni con le mani, ma l’uomo era suo padre. Si sedette accanto a lui.
poi li rilasciava immediatamente colto dallo schi- Continuava a grondare di sangue. Quando il pa-
fo. Poteva sentirne alcuni, come gli scarafaggi, dre lo vide, volle abbracciarlo teneramente, pro-
schiacciarsi sotto il suo peso. Facevano un rumore prio come quando G. era piccolo.
legnoso. Crack! La loro corazza era lucida e dura. “Oh padre…padre…te ne stai qui, solo soletto,
Ora era immerso fino al collo. Quel mare sem- in questa pallida stanza. Cosa fai? Cosa fai padre?”
brava avere una profondità infinita. Su cosa pog- G. lo afferrò per le guance e gli disse queste paro-
giavano tutti quegli insetti e quei rettili ammuc- le guardandolo con occhi compassionevoli e ba-
chiati e ondeggianti, viscidi e rumorosi? Su niente. ciandogli la fronte.
G. capì che era il contrario. Che tutto il mondo,
tutto l’universo, tutto si poggiava su di loro. Su Il padre, con le povere rughe che cascavano sotto
quel mare embrionico che era il pavimento del gli occhi stanchi, lo guardò dal basso verso l’alto.
cosmo intero. Alcuni insetti e serpenti lo morse- Teneva la bocca aperta e piangeva. Un pianto in
ro. Il veleno iniziò a insinuarsi rapidamente nelle dignitoso silenzio. Poi, guardandolo dal basso
sue vene. Alcuni insetti e ragni e rettili gli entra- verso l’alto, e piangendo:
rono nella bocca. Li sputò via. E intanto nuotava, “Oh figlio…figlio…perché mi hai abbandonato?”
muoveva le braccia e le gambe in quel putrido
G. fu colpito come da un fulmine. Lasciò il padre.
mare. Aveva quasi raggiunto il bordo del tempio.
Lo guardò terrorizzato. Si alzò. Si avvicinò alla
Ora era immerso fino agli occhi. Ben presto fu
porta camminando all’indietro e barcollando. Il
totalmente sommerso, e non riuscì a vedere più
padre gli stava davanti, misero e disperato, le
niente. Quando ecco, annaspando e agitando le
lacrime scivolavano percorrendo gli anfratti delle
13
rughe attorno agli occhi. Il suo lamento era mono- a fianco che lo sorvegliava. Era sfinito. Distrut-
tono. Dondolava avanti e dietro sulla sedia. Teneva to. Grondava sangue dalla fronte, dai piedi e
le mani congiunte, sembrava voler pregare suo fi- dalle mani. Venne poi un giudice. Aveva la par-
glio. Pregarlo di rimanere con lui. Ma G. era terro- rucca con i riccioli bianchi, come i giudici sette-
rizzato. Uscì dalla stanza. Il lamento del padre era centeschi. Teneva in mano un libro. Sopra c’era
monotono e frustrante. Iniziò a correre verso il scritto: “SACRA BIBBIA”. A G. fu ordinato di
fondo del corridoio principale. Sanguinava dalle mettervi il palmo della mano e dire: “Giuro di
fronte, dai piedi e dalle mani. “Figlio! Figlio!”, il dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la
padre continuava a strepitare disperato. Prolungava verità”. Giurò così che sarebbe rimasto in silen-
la parola come con un eco di morte. zio. E che anche gli altri sarebbero dovuti rima-
G. arrivò ad una porta. Sulla porta c’era scritto nere coscienziosamente muti. Quando staccò la
“Uscita”. La aprì. E si trovò davanti l’universo infi- mano dal libro, vi lasciò l’impronta insanguinata
nito. Se avesse fatto un passo sarebbe precipitato della sua mano. Il sangue si coagulò all’istante,
nel vuoto. Quella porta dava allo spazio più remoto sebbene fosse fresco. Rimase per sempre im-
ed arcano. Immense strade di stelle si dischiusero ai presso su quel libro.
suoi occhi. Pianeti, soli, satelliti, meteoriti. Tutti Il giudice iniziò a parlare: “Dunque, signor G.,
nella loro infinita ed avvolgente, dispersiva immen- lei ha aperto la porta proibita, non è così?”
sità. Soffiava un vento tiepido. Cori di muse vi si “L’ho aperta perché vi ho letto un cartello con
accompagnavano intonando note di arpa. su scritto “Uscita”. Volevo uscire, signor giudi-
G. era impressionato da questo spettacolo cosmico. ce.”
Se ne stava a bocca aperta appoggiandosi alla porta Il giudice ed il gendarme si guardarono allibiti.
e tenendone la maniglia. All’improvviso una mano Poi il giudice gridò furente: “Ma tu guarda le
gli afferrò la spalla. mie povere orecchie cosa devono sentire! Quale
“Giovanotto!” disse una voce prepotente ignominiosa impudenza!”
“Giovanotto!” “Bastardo cafone!” il gendarme urlò nelle orec-
G. si voltò. Era una specie di gendarme con tanto chie di G. e poi lo colpì col manganello nella
di divisa, cappello e stivali lucidi e brillanti. L’uo- schiena, lasciandogli un grosso segno rosso. G.
mo ripetè : “Giovanotto, mi segua!” cadde a terra. Poi si riposò. Si rialzò dopo alcuni
G. gli concesse le mani. Venne ammanettato. Fu secondi, durante i quali il giudice ed il gendarme
portato di nuovo fuori del corridoio principale, non avevano fatto altro che sputargli addosso.
lungo il colonnato adombrato d’argento lunare. Quando si rialzò, il giudice gli disse in tono so-
Passando davanti alla sala di attesa vide suo padre. lenne: “Non lo sai che non è concesso uscire di
Aveva il mento appoggiato sulla spalla destra e die- qui?”
tro la testa, sul muro, c’era un’enorme chiazza di “Ma allora perché quel cartello dice “Uscita”?”
sangue spiaccicato. Uno schizzo di rosso sangue. “Ah, maledetto! Quello non è un cartello, è un
Quello stesso, medesimo sangue, che lui adesso confine ! Non è un invito, ma un divieto!”
stava perdendo a fiumi dalla fronte, dai piedi e dalle
mani. Il padre teneva nella mano destra una pistola G. si fermò e rimase per un pò a pensare. Poi
ancora fumante. Si era ucciso. chiese con l’innocenza di un bambino:
G. fu portato davanti ad un enorme banco degli “Ma allora a cosa serve un uscita, se non possia-
imputati in una saletta lungo il colonnato sinistro. mo uscire?” Il giudice fu di nuovo sconvolto da
quelle parole irriverenti. Il gendarme colpì nuo-
14 Stette un paio di minuti ad attendere, col gendarme
vamente G. nella schiena. G. ricadde. Poi, fatico- nel silenzio.
samente, si rialzò. G. era sfinito, annientato. Si rialzò. Grondava
“Basta! Basta! Basta! Io ti condanno! Sei condan- sangue dalla fronte, dai piedi e dalle mani. Vide il
nato! Sei colpevole! Maledetto demone, tu sarai treno fermo stargli accanto. Non ne poteva più.
annientato!” La madre gli aveva detto che da qualche parte
Quelle parole di condanna risollevarono G. “Si, avrebbe trovato la fine del binario. Non sapeva
condannatemi! Si, annientatemi! Io non ne posso quanto lontana essa fosse. Forse milioni di anni
più!” Era stanco, sfinito, dissanguato. Grondava luce. Forse era stata solo una menzogna di mater-
ancora sangue dalla fronte, dai piedi e dalle mani. na consolazione. Tuttavia si rimise in cammino
“Condannatemi alla pena di morte!” disse gettan- nella direzione opposta al treno. Camminava len-
dosi ai piedi del gendarme e congiungendo le tamente e barcollando. Quando si fu allontanato
mani in segno di preghiera. un centinaio di metri, il treno cominciò a far fi-
schiare le sue giunture arrugginite e a sbuffare di
“Ah la morte! Splendida fuga! È troppo facile mo- nuovo. Prima lento, poi sempre più veloce. Cor-
rire dinanzi alla vita, mio caro.” Il giudice rideva reva incombente verso G. G., allora, ricominciò
come Satana Trimegisto. E come Satana Trimegi- di nuovo a fuggire per non essere sopraffatto dal
sto celebrò il suo trionfo dinanzi alla croce di Cri- treno. Correva e correva. Sudava, ansimava e
sto, così pure lui sbeffeggiava la sua vittoria in grondava di sangue. Da allora in poi, ogni volta
faccia al povero G. “Troppo facile morire, e ri- che si sarebbe fermato, anche il treno avrebbe
congiungerti con il tuo padre morto anche lui, là interrotto il suo sbuffare ruggente e ritmante nel
fuori, dove prima hai tentato di andare. Fuggi! cuore della notte. E tutte le volte che G. si fermò,
Con la morte vuoi fuggire il dolore degli uomini! rivide tutto da capo. Visse ogni volta tutto quello
Ma se adesso decidessi di condannarti alla morte, strazio. Di nuovo tutto quel dolore. Rivide la
sarebbe stato inutile impedirti di attraversare madre sull’altro binario camminare silenziosa e
quella porta e uscire. Sarebbe stato inutile impe- paziente nella direzione opposta. Rivide il tempio
dirti di varcare la soglia dell’Uscita. No! Il tuo e nuotò di nuovo nel mare di insetti e rettili visci-
sacrificio sarebbe troppo finto. Quale sacrificio! di e pungenti. Rivide il padre. Di nuovo quella
Sarebbe piuttosto un premio. No, mio caro, la straziante domanda di dolore e disperazione. E di
morte è per noi un premio. Perciò io, ora, ti con- nuovo fuggì fino all’uscita. L’universo gli si di-
danno alla VITA! Vivi, maledetto! Vivi e purifica- schiuse per un altro brevissimo istante di eternità.
ti!” Queste parole colme di rabbia furono accom- Di nuovo fu ammanettato dal gendarme e portato
pagnate da sguardi di fuoco e folli gesti. E fu così attraverso il corridoio centrale. Poi, rivide ancora
che Satana giudicò il Cristo. il padre coricato sulla spalla, con la macchia di
Il gendarme prese G. per le manette. Lo condusse sangue sul muro e la pistola fumante nella mano.
fuori. Sul colonnato. Sul bordo. Gli tolse le ma- E, ancora una volta, quell’assurdo processo. Poi
nette e lo spinse nel mare viscido e pungente di di nuovo la condanna. La spinta nel mare. E di
insetti rumorosi e squamosi serpenti di veleno. Il nuovo si ritrovò arenato su quel binario. E tutto
mare si mosse come risvegliandosi dalla calma ricominciò da capo e si ripetè per tante, infinite
piatta. Produsse un movimento ondeggiante e una volte.
forte corrente. Spinse G. verso il binario e lasciò E così visse. E scontò la sua pena.
che il suo corpo si arenasse su di esso. Il gendar-
me rientrò nel corridoio. Il tempio piombò di
nuovo nel silenzio. Tutto quel deserto piombò
15
Delva Della Rocca
poesia
Dalle interviste eseguite per il Progetto sugli esiti della regolarizzazione nelle regioni meridionali e i per-
corsi di mobilità geografica e professionale dei lavoratori, regolarizzati in seguito alla sanatoria Bossi-Fini
dell’anno 2002, con il Patrocinio dell’Unione Europea, Obiettivo Sud, del Ministero dell’Interno, del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
___________
Raccontare con “ fare poetico” un fenomeno quasi straripante, di forte attualità, quale l’immigrazione nel nostro paese
può essere un modo per far sì che, invece, a straripare siano le sfumature … La poesia, le comunica, una dietro l’al-
tra: le racchiude.Una struttura che fa ricordare di cimentarsi e vedere dov’è andato a finire quel tanto ricercato mo-
dello di tolleranza... Per cominciare, Collaborazione, in questo senso assume connotazioni del tutto diverse, ricorda
un’appartenenza, un sano contatto con la realtà, un ridimensionamento di quel che si ha, di quel che si può fare, una
sostituzione alla polemica.

Voci di mobilità

E’ insieme un sogno & una speranza: uno sbarco Italiano, Europeo...


Poi,
un’incessante ricerca di stabilità.
Sarei un potenziale portatore di gioia, benessere, per una famiglia che m’at-
tende...
lontano, lontano da qui
Vado al phone center, sì, e li sento tutti...
Qui… oserei dire: “dalla padella alla brace”.
Giorni di duro lavoro.
Altalenando… su e giù per l’Italia, scelgo il sud.
Attesa di permessi per soggiornare, il tempo passa...
Da uomo, ho riscoperto un ritorno ad un contatto più assiduo con “nostra Ma-
dre Terra”,
se non fosse per questo timbro di “precario” che sembra essere a noi destina-
to.
Le mie mani impastando,
sanno, ora più che mai… cosa s’intende per costruzione.
Costruzione di edifici al momento...
Cerco moglie, mi piacciono le italiane, non sono come le nostre donne.
Io, donna, mi chiedo… ci sarà pure un modo per respirare quel che si chiama
distrazione, si dice così?
così da riempire questi giorni interi… impregnati di assistenza.
Qua e là, compromessi… che scuotono l’intimo: “Vorrei cantare”.
16
Una regolarizzazione a pagamento, direi...
Se avessimo le risorse, nessun problema,
spesso, domande a risposte multiple mi chiedono come mi trovo qui,
dico… poca comprensione in giro...
Pioveva, il vento soffiava gelido, un giorno,
febbraio… in quel giorno… andai più in là di quanto detto poco fa...
Un incontro lo prospettò come nebbia che confonde...
Erano Inviati a rilevare esiti di tre anni ormai...
Ebbene, udii: “un Paese che t’accoglie pur sempre”...

Cuore

O cuore
quale resistenza
quale sorgente che dona sollievo
quale antidoto alchè
la spada di verità trafigge
pensaci tu ad ogni cambio di nota,
risana le fratture.
Più in là o nella violenza dell’uragano,
placa
rievoca il ricordo
O cuore d’origine

Appelli
Disegno di Marco Vecchio

Un servizio che comunica dalla tivù


un’inviata immersa nel suo dono alla vita
una madre che piange,
una vita che muore,
un grido che si disperde,
un’ancora di salvataggio: ci son pure quelli che fanno ridere
e tuttosommato è l’eco di “quel che è nostro e non ci si spiega”
tutto fa brodo
nei ritorni che ritornano

17
La stazione
di Luigi Carbone

Quando le prime luci dell’alba asciugano la notte panchine e sui grigi muretti che affiancano i binari
e i radi rumori riecheggiano inesausti, come am- tanto da suscitare le invidie degli altri clochard,
plificati dal torpore dei caseggiati, lentamente scomodati ogni ora dalle ronde di rito. Fortunata-
schiude gli occhi il gracile Ferdinando. Facendo mente già da mesi non gli capitava più di accanirsi
forza sulle braccia avvizzite, si mette in piedi e vi su singoli individui, inseguendoli affannosamente
rimane per un po’, mezzo incurvato, l’aria inter- per rivelar loro “la sua verità”, ora semplicemente
detta, lo sguardo impervio. Barcollando, a piccoli vagava fin quando il suo corpo lo sorreggeva,
passi, abbandona il suo giaciglio di buste e cartoni intento a proferire quei fonemi, unico, crudele
guadagnando le note vetrate, vi preme poi sopra lascito della ragione.
le dita annerite. Niente, non è ancora ora d’aper- Nella penombra meditata dagli enormi pilastri gli
tura! Con uno sbadiglio si scuote di dosso il gelo appostamenti entrano nel vivo, ogni lurido anfrat-
d’una vita, inizia una nuova giornata, sospesa ed to può essere sfruttato: le persone sembrano più
identica. Finalmente i guardiani aprono i battenti, sospettose, vigili, ma di
Ferdinando, avanzando, ignari e d’ingenui se ne
assume un contegno trovano sempre. Un
severo, da predicatore, ragazzo, forse un bambi-
l’indice destro teso ver- no, comincia oggi il suo
so l’alto ed attacca con apprendistato e trema
la solita salmodia, la d’orgoglio e di paura
stessa da nessuno sa quando mostra la lama e
quanti anni. “E’ qui, in si trova per la prima
questo luogo maledetto volta a cogliere sul volto
che l’alleanza tra Dio e di un estraneo quello
l’uomo viene a cadere, - smarrimento ansioso e
s’intuiva che la voce era frutto d’un notevole sfor- quel terrore spasmodico che solo una rapina può
zo, ciò nonostante arrivava a picchi d’intensità regalare. I manuali di antropologia urbana inse-
ragguardevoli- io parto da Dio e a Dio ritorno, ma gnano che ogni agglomerato ha i suoi luoghi dove
quando ho chiesto da dove dovevo partire tutti mi convogliare ogni sorta di tensione: le stazioni, in
hanno detto di venire qui. Tuttiii”. Quell’ultima qualunque remota città del pianeta, assolvono a
parola, seguita da un prolungato silenzio, era ef- questa funzione. Mentre lo sferragliare dei treni si
fettivamente urlata con tale disperazione da spin- rincorre ogni ora con maggior frenesia, un viag-
gere gli astanti ad arrestarsi per arginare il rivolo giatore si abbandona alla contemplazione di quel-
di brividi innescato. Ma solo chi non lo aveva mai lo strano luogo. Assorto, sempre più assorto.
visto poteva allarmarsi davvero. Alcuni dei pendo- Strisciante stridore delle frenate, strade ferrate
lari sfruttavano questa pausa per avvicinarlo por- incandescenti, impiegati con il loro strascico di
tandogli qualcosa da mangiare o una piccola offer- insoddisfazioni e malinconie, strascinìo delle code
ta. Sapevano bene che non era prudente interrom- agli sportelli tra strattoni e proteste, sudici strac-
perlo. Dopo poco ricominciava, la stessa frase, lo ciaioli rassegnati, strilloni seduti nelle edicole,
stesso sforzo, lo stesso insondabile precipizio nei stranieri turlupinati da truffatori da strapazzo,
suoi occhi. La Polfer usava un certo riguardo nei strabuzzare d’occhi di chi ancora si meraviglia di
suoi confronti, gli permetteva di sdraiarsi sulle fronte ad un simile disordine, brancolare strabal-
18
zoni degli ubriachi, tassisti ansimanti sotto i baga- cipitano verso quel treno già irrimediabilmente
gli di signore che ostentano vistose spille di strass, lontano, suole esagitate infieriscono sul volume
cani che si disseccano su sporco strame di città, appena donato alla città calpestandolo a ripetizio-
fiacche teorie di straccioni, strofinio improvviso ne. Senza ritegno, senza pudore. Senza memoria.
degli attacchini, striscioni minacciosi ostentati con Dimentichi dell’ultimo minuto donato dal passa-
spavalderia da treni speciali stipati all’inverosimi- to. Il capostazione non si è unito al tumulto, im-
le, abiti stropicciati dall’irrequietudine del tragit- mobile osserva. Viene avvicinato da un giovane
to, strepiti e sterpi avvinghiati al dolore della lon- avvolto in un paltò un po’ desueto che gli porge
tananza che verrà. Ora che il mattino mostra un un foglietto di carta e, senza proferir parola, s’in-
volto più maturo e l’altoparlante semina a spaglio cammina verso l’obliteratrice. “Stazione: dichiara-
città, paesi e ritardi, la stazione cresce, si gonfia, zione poetica, innalzo il sogno d’errare alla volta
inoltra al cielo il frastuono scortese dei suoi passi, dei tuoi fragori”. Un uomo d’ogni religione dal
migliaia di andature, moto scolpito dal tempo, vagone che incontra il tramonto segue per l’ulti-
dall’urgenza d’un orario. Mani tese, indici che ma volta le architetture del tempio, ombra della
scorrono veloci su tabelle gialle o bianche, corse a ragione. Cattedrale sommersa da lacrime atee,
perdifiato, soddisfazione del primo gradino del dalla disperazione del benessere, dall’ovvietà che
vagone, vergogna del bagno-rifugio per un viag- ogni meta comporta. Sempre una nuova destina-
gio clandestino, sguardi che si sfiorano dai fine- zione, un altro punto d’arrivo, la vitrea Colonia,
strini, tendine tirate a negare la gioia di un miste- Aquileia d’ambra, la rovina d’un mausoleo roma-
ro che si perpetua. Su un binario morto da tem- no nelle campagne bulgare… Frontiere che disfa-
po, le erbacce si piegano pigre soccombendo al no o assecondano l’ordito della natura. La loco-
lento incedere d’un silenzioso convoglio. Un vec- motiva si ferma impotente dinanzi al Vallo di A-
chio treno a vapore lucente di polvere avanza driano, spegne le macchine. Respira. Contempla.
timido e impacciato, quasi timoroso di non ricor- Immagini passeggere in un giro immortale.
darsi come si fa. Un frate sorride indifferente. Un
gruppetto di curiosi con un gruppetto di giornali La stazione, crocevia di destini in transito.
sotto il braccio presume d’aver capito. “Che pro-
duzione sontuosa!” esclama un signore sulla ses- NOTE BIOGRAFICHE
santina, “Come ai miei tempi! Che cinema, allo-
ra!” Il capostazione, esterrefatto per il nuovo o- Luigi Carbone nasce a Torino nel 1980, si trasferisce a
spite, accorre incredulo, cerca un elemento rassi- Napoli nel 1990.
curante, il segnale con l’indicazione del numero Matura un particolare interesse per l'archeologia (si
del binario. Niente. “L’ennesima trovata pubblici- impegna nella ricerca archeologica in diversi siti della
taria” si dice col tono di chi vuol fugare ogni pre- Magna Graecia), il cinema e il teatro.
occupazione “ma questa volta mi faccio rispettare, Consegue la laurea in Lettere classiche presso l'ateneo
questa volta faccio un casino anche col prefetto se federiciano nel febbraio 2005.
occorre”. Una nuvola di vapore che perde tutti
nel silenzio. L’attesa è palpabile, è un’attesa cari- Collabora da poco più di un anno con la redazione
ca. Il convoglio non giunge all’ormeggio, s’arre- Cultura del "Roma" e con l'agenzia sportiva
sta, s’intravede solo un braccio che sporge dalla "Mediapress".
locomotiva, un libro riposto sulla superficie irre- Interessato soprattutto alla scrittura drammaturgica,
golare della massicciata. “E’ la giacca di Marinetti, sta lavorando ad un atto unico sul mito di Erigone.
l’ ho riconosciuta!” grida eccitato un bambino,
E' alla prima collaborazione con una rivista letteraria.
lasciando cadere lo zaino dalle spalle. Tutti si pre-
19
Saluto a vista
di Fabio De Santis a Seb

Il pomeriggio degli aquiloni Un compleanno di qualche anno fa

Il pomeriggio degli aquiloni Son venuti in tanti, eccolo lì


lo cercammo a tastoni nella tiepida il nostro ragazzo, alquanto giovane
sabbia dei morti. Non sembravano buoni e magro. Le candele quelle sì
i friarielli di novembre. A piedi si mescolano in fretta con la torta

c’incollavamo ai trapezi in aria. di mele…lo spumante dell’anno


Leggevo forte io ricordi? L’opinel, scorso, i sorrisi inceneriti sulla
la birra a sorsi. Lei, la procellaria crema. Le corde alla chitarra danno
orfana, impiegata, donna del Sant’Antuono lu nimico dellu

terzetto sconosciuto. “E’ la prima dimonio, e ridono, e ridono ché


volta?” non chiedeva nessuno. “Certo”, la guerra non c’è più ormai…è finita.
rispondevamo ognuno. In rima, E la sera non c’è più sai, ché
i calzini, i nastri, il tempo, aperti andati siamo tutti, in salita.

gli aquiloni nostri austeri.


Insomma, sembravamo ignari e veri.
Erranti

Sulla strada di S.Damiano Vaganti e forse siamo stanchi su


queste strade eterne. Malandati
Sulla strada dei salmi, lì davanti accucciati sulla pietra del
al chiostro di campagna, quello dei medico, la nostra domanda amata
poveri sai, gli amanti, i fanti,
la processione di noi, già rei è forte, ha troppa vita sulle vocali.
Ma io…non chiedermi più niente. Già
di essere troppo seri, già all’alba. che fa l’aria infinita? Lì, che fa
Dal medioevo nebuloso distano un cane abbaia, viene, sul fondale
poche campane delle sette. Scialbi
ci raccontiamo in vapori, festa un branco, nel vuoto, ridiamo,
la birra al sacco, considerazioni
alle sorti che spremiamo in tanti, sulla sera, poi le orazioni
lì davanti, la cunetta…lì cadesti. effervescenti, noi devoti siamo.
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La luce in perdita, anche la voce talvolta c’incateniamo bene
non la ricordo più. Ricordo stelle all’uscio malchiuso. A tante pene
tante, le smagliature degli snelli
avambracci dei castagni. Nuoce ci consegna il nostro saltellare,
l’attenta visione dell’andare,
l’ago del freddo che spinge ancora tra soglie e anime con divisori.
un riccio sulla mia perplessità Abbiamo solo un po’ d’usura in più e
[tremori.
su cos’è vita ricordata ancora
notte vissuta nell’aldiquà.

Saluto a vista
Il rifiuto delle suore

Fra le onde la roulette, il berretto


Chissà ci siamo illusi di essere
in mani gialle, il rollio, il cassero,
normali nell’estate dell’orrore
la sigaretta stretta nel masso
delle nuore. Nessuna delle more
dentale, arrostito da un netto
ci ha creduti capaci in feste.

rocambolesco fuoco, ricordi?


Dunque noi a spremere limoni sulle
Hai riso per la semplicità
rosse lastre di una stagione cruda
delle strisce bianche e blu a bordo,
dei carpacci, rabbiosi giochi e drudi
quelle dei mozzi, della sobrietà.
avidi di fresco e suoni sulla pelle.

Hai rastrellato mediterraneo,


l’argento, il corallo per amante,
Movimenti
navigato lontano, distante.
Rammenti la diffusione di un erroneo
Noi ci consumano le porte aggredite
su anziani ballatoi. Quelle vite
amore per tutto? lascivo scivolo
esauste ragionano soltanto.
nel risvolto del cielo che nuoti
La libertà del ragionare. Intanto
a pieni polpacci ancora frivoli,
ancora mai legati. Disponi
ci stiracchiamo sul tappeto del
davanzale. Vogliamo l’agnello ben
la vista rara al mare, seduto
cotto, leggiamo novelle e arricciando
che aspetti morte a mente
tabacco per l’aria. Giovani andando
singhiozzante, ma umida e suadente,
muto ingordo marinaio perduto.
pizzicati da oscuri desideri
ben argomentati, così seri
21
Nota
L’opinel e la birra a sorsi sono citazioni di due
racconti di Philip Delerm inclusi nel libro La prima
sorsata di birra. Sono incappato in questo testo in
un meraviglioso pomeriggio di sole in novembre.
Su una spiaggia napoletana ci deliziammo leggen-
do questi piccoli racconti, ritratti di oggetti ed
azioni quotidiane. I friarielli, a Napoli, sono i broc-
coli fritti.
La strada di S.Damiano è una stradina, percorribi-
le solo a piedi, che unisce una cappella del medio-
evo dedicata a S.Masseo ed il convento di
S.Damiano appunto. Quindici minuti di cammino.
Un compleanno di qualche anno fa è sostanzial-
mente un plagio. Ad essere saccheggiato è stato
Claudio Lolli del 1970: “Si porta in tavola torta di
mele con su piazzate tante candele e lo spumante
dell’anno scorso tenuto in frigo, rimasto lì. Eccolo
lì il nostro ragazzo, eccolo lì, giovane e forte non Disegno di Marco Vecchio
avrà paura della morte, non farà la stessa sporca
nostra vita. E la guerra non c’è più ormai, la guer-
ra è finita sai.” Sant’Antuono lu nimico dellu de- AVVISO AI LETTORI
monio invece è una canzone lucana, scherzosa,
dedicata a S.Antonio Abate, festeggiato il 17 gen-
naio. Desideri ricevere direttamen-
Che fa l’aria infinita? proviene dal Canto notturno te a casa tua i prossimi nu-
di un pastore errante dell’Asia di Leopardi: …e quan- meri di “Nugae—Scritti Auto-
do miro in ciel arder le stelle;/dico fra me pensando:/a grafi” ?
che tante favelle?/che fa l’aria infinita, e quel profon-
Da oggi è possibile… !
do/infinito seren? Che vuol dir questa/solitudine im-
mensa?ed io che sono? (vv 84-89)Dalla stessa poesia Puoi chiedere maggiori infor-
ho preso un altro spunto: “Ancor non sei tu paga/di mazioni sul rimborso forfeta-
riandare i sempiterni calli?” (vv 5-6). Sempre in Er- rio di 10 euro (annualità =
ranti il medico è S.Giuseppe Moscati; il riferimento 4 numeri) comprensivo delle
è il Santuario a lui dedicato a Serino, in provincia spese di spedizione, telefo-
di Avellino. nando ai seguenti numeri di
In Movimenti i giovani…pizzicati è una citazione Redazione:
di una canzone di Vinicio Capossela Il ballo di
S.Vito dove si dice: vecchi e giovani pizzicati dalla • 347-3098430
tarantola. • 333-5297260
Marinaio perduto, infine, è il titolo di uno straor- e-mail :
dinario caso raccontato da Oliver Sacks nel testo
L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello. scrittiautografi@virgilio.it
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La recensione
“La guerra dei mondi” di Orson Welles
Per alcuni rappresenta un episodio “classico” nella ma trasmesso dai microfoni della CBS di New
storia dei media; per gli “scienziati dell’anima” è York la sera del 30 Ottobre 1938 e che rese cele-
stato uno degli esperimenti più riusciti, su larga bre il già apprezzato enfant prodige del cinema
scala e mai eseguito prima, sulle nevrosi colletti- americano. E non per volontà sua! Orson Welles,
ve; per gli amanti del teatro, una performance dal insieme al suo gruppo teatrale - The Mercury Thea-
realismo sconvolgente. Ed infine, per il mondo tre on the Air - , desiderava “semplicemente” au-
dell’informazione, un mentare il realismo dell’-
chiaro esempio di possi- azione, come era già
bile manipolazione della successo con altri radio-
notizia. drammi regolarmente
Fatto sta che quando la trasmessi, e donare più
trasmissione andò in autenticità all’opera let-
onda, descrivendo un teraria (che nel 1898 non
immaginario sbarco dei era ancora etichettata
marziani nel New come fantascienza) del
Jersey, si verificò un celebre Wells: il papà,
fenomeno straordinario per intenderci, della
di schizofrenia collettiva “macchina del tempo” !
a livello nazionale e E ci riuscì! Milioni di
quella che doveva essere americani in preda al
un’interpretazione tea- panico, si riversarono in
trale trasmessa via radio strada diretti verso loca-
divenne il notiziario più lità sufficientemente
equivocato della storia! lontane dall’epicentro
“La guerra dei mondi” di dell’attacco marziano;
Orson Welles*(libero suicidi; isterismi; riti
adattamento radiofonico religiosi di massa; gesti
dal racconto War of the inconsulti; migliaia di
Worlds di H. G. Wells) telefonate ai centralini
non è un libro, se con della polizia… Il caos!
questo termine intendia- Nel 1940, dopo
mo andare al di là del “l’incidente” causato da
foglio stampato, ma Welles, uno studioso di
semplicemente uno strumento cartaceo con cui avvi- tali fenomeni, Hadley Cantril, realizzò una ricer-
cinarsi ulteriormente al “fenomeno Welles”. ca pubblicata per la Princeton University Press
La pubblicazione, infatti, accompagnata dalla pre- con il titolo “The Invasion from Mars. A study in the
fazione di Fernanda Pivano e da un’interessante e Psychology of Panic” grazie alla quale si mise, final-
scientificamente coerente postfazione di Mauro mente, un po’ di ordine nella vicenda e furono
Wolf, non è nient’altro che la fedele trascrizione chiariti i cosiddetti “fattori predisponenti” a causa
(con doppio testo inglese-italiano) del radiodram- dei quali il radiodramma di Orson Welles ebbe il
riverbero psicologico che noi tutti conosciamo. 23
La tanto edulcorata società americana degli anni vista tecnologico in grado di tener testa all’igno-
’30, che una certa Hollywood vorrebbe farci cre- to, ai disseppelliti incubi del nostro cervello, alle
dere essere popolata da “tipi dritti” e sfide della psiche e delle più profonde paure ap-
“supereroi” (infatti Superman, quando si dice “i casi partenenti alla natura umana.
della vita”, fa la sua comparsa il 10 Giugno 1938 su Inevitabile, credo, sia il confronto con i nostri
"Action Comics", una nuova rivista della National giorni… Nel 1938 non era stata ancora raggiunta
Comics. E a crearlo furono due giovani autori, lo la “saturazione da immagini” che caratterizza,
scrittore Jerry Siegel e il disegnatore Joe Shuster), invece, le nostre “vite moderne”: dvd, immagini
possedeva già il suo bravo bagaglio di tipiche psi- scaricate da internet, pubblicità onnipresente, fo-
cosi postindustriali: dalla paura di eventi bellici tografie sui e dai cellulari, telecamere persino
allo spauracchio di Hitler che ancora non si era negli intestini quando abbiamo
“espresso” pienamente (molti problemi di salute, radio e televi-
pensarono, infatti, che le macchi- sioni che trasmettono incessante-
ne volanti dei sedicenti marziani mente e con fede maniacale il
altro non fossero che aerei tede- “tutto” ed il “contrario di tutto”!
schi camuffati); la crisi economica
del ‘29 ancora “calda” e la disoc- La facilità d’informazione, che
cupazione che ne seguì; il pensie- rappresenta il leit motiv delle no-
ro di un futuro inquieto ed incer- stre esistenze, è innegabile: noti-
to; città congestionate e schiaccia- zie fresche che ci raggiungono sui
te dal peso dell’aberrante cellulari anche in fondo agli ocea-
“miracolo americano”. Anche l’Italia ni; quotidiani distribuiti gratuita-
aveva il suo “supereroe”: un ditta- mente nei metrò. Gli stessi
tore pelato che avrebbe inneggiato “marziani”, credo, non potrebbe-
ad improbabili “spezzamenti di ro più fare tanto affidamento sull’-
reni” e che catalizzava, in altro effetto sorpresa perché i telescopi,
modo, le insicurezze della peniso- orbitanti e non, della Nasa vomita-
la italica. Ritornando agli States… no sulla Rete, ventiquattro ore su
ventiquattro, immagini prove-
Tale contesto sociale condusse a nienti dallo spazio …! Forse nessuno ci
situazioni personali di ansia latente, insicurezza e “cascherebbe” più nell’involontaria burla di Welles,
disorientamento. se la si volesse riproporre in un audiovisivamente
Orson Welles non credeva nei supereroi, ma nella congestionato anno 2005.
fragilità della gente comune. Definito da alcuni “la Ma non siamo, per questo, immuni da pericoli: la
bestia nera del conformismo statunitense”, Welles soglia di credibilità della realtà si è innalzata vertigi-
riuscì, più di molti altri ossequiosi cineasti tutti nosamente. L’artigianato tecnologico al servizio
“patria e bandiera” (gli stessi che avrebbero credu- dell’alterazione della realtà è divenuto scienza
to fermamente nella patriottica figura di John (accettata e ricercata da tutti); il problema della
Wayne), a frustare l’ american way of life. manipolazione sollevato dalla vicenda accaduta
E il fatto che l’evento psicotico abbia avuto origi- nel 1938, si è inesorabilmente invertito. Se in pas-
ne sfruttando uno scenario fantascientifico già sato era facile far credere alla gente che un rac-
noto ai lettori, rinforza ulteriormente la mia demo- conto fantastico fosse realtà, oggi è estremamente
cratica convinzione che non esiste ancora, e mai difficile compiere l’azione contraria: far credere
24 esisterà, una nazione abbastanza forte dal punto di che la realtà non sia fasulla.
Scrisse Guy Debord ne “La Société du Spectacle”:
“tutta la vita delle società nelle quali predominano le
condizioni moderne di produzione si presenta come u-
n’immensa accumulazione di spettacoli. Tutto ciò che
era direttamente vissuto si è allontanato in una rappre-
sentazione”.
E sicuramente lo “scherzetto” di Orson Welles
rappresenta una degna e (lasciatemelo dire) no-
stalgica premessa di tale accumulazione.
Ricordo ancora con una certa ilarità mista a scon-
forto, l’esperienza raccontatami anni fa e che a-
vrebbe visto protagonista un giovane napoletano il
quale, durante l’attacco aereo alle Torri Gemelle
di New York, l’11 Settembre 2001, entrando in
un negozio di scarpe di Corso Umberto a Napoli e
notando che commesse e clienti guardavano in-
cantati lo schermo di un televisore sintonizzato
sulle immagini di un aereo che “s’infilava” in un
grattacielo, avrebbe domandato seriamente e ad
alta voce, sfruttando pienamente le proprie facoltà
di intendere e di volere: “scusate! … ma per caso è
l’ultimo film di Bruce Willis?”

Michele Nigro

* Edizioni Baskerville – Collana Blu – pagg.187 ;


€ 16,50

Foto pag. 24 : Orson Welles

Disegno di Marco Vecchio

25
Davide Dalmiglio
poesia
Storia di Marta a consolare
Circostanze, necessità e memoria quel saluto tradito
col vestito da festa.
Le danze ed i canti
dei nostri padri
non sono legati La guerra si accese
a rime vistose sfumandone il viso
un’ombra ordinata scese in picchiata
nascosta nel fiato ad arare le piazze
un gesto scavato nei campi induriti
nel giro del sole. fra le danze disperse
il gelo soffiava
Marta guardava a bruciare le porte.
il suo amore partire
la visiera su gli occhi Negli ultimi sguardi
la distanza di allora fra uomini e donne
due gambe straniere non c’era più tempo
ed un ventre eloquente per verificare
la portiera che geme migliaia di mani
ed accoglie il suo peso. ogni giorno in coperta
farfalle impazzite
“Parti in fretta tracolle lucenti.
ricuci il tuo sguardo
adegua i passi Marta vestita
a quei capelli di fieno” di un nuovo candore
d’istinto il vestito prese un anello
le cinse i fianchi ad un uomo sudato
le gambe ben strette lo vide partire
composte e sicure. nel tempo concesso
esitando il saluto
Scomparve nell’auto fra le case ed il porto.
costretto al guinzaglio
torceva la testa Il ricordo più vivo
voltandosi spesso al suo ritorno
i rimpianti non servono è il fustagno rugoso
26
di quei calzoni SPAZI PUBBLICITARI
la nuca pulita
e la stoffa graffiante
rivista “NUGAE—scritti autografi”
lo slancio rimasto ___________
a gonfiarle il ventre.
Formati disponibili :
Le danze ed i canti • Pagina intera
dei nostri padri • 1/4 di pagina
non sono legati
• 1/2 di pagina
a rime vistose
un’ombra ordinata • Pagine di copertina e interne
nascosta nel fiato Banner e logotipi forniti dai clienti o
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nel giro del sole. redazionale.
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Della vertigine cosmica
di Vito Cerullo (parte prima)

La fenomenologia della vertigine astrale si mate- nella Piccozza) anche se non manca idealizzazione
rializza attraverso il precipitare dell’individuo attiva “mirano gli astri, -le aquile- se ne venga un
per l’atmosfera terrestre (Chavez) o tra gli astri suono...”, o di un volo “di là della Grande Orsa”.
(La vertigine) in opposto e contigua allo stesso Appunto, quello dell’esploratore svedese dato per
tempo alla caduta del cielo sulla terra e sugli disperso per molto tempo in pallone aerostatico. I
esseri umani, come già vedemmo in passato. possibili segni di vita (4) Pascoli li fonde voluta-
Anche se, in eccezione, per D.Gnoli di Fra terra mente al grido di varia ornitologia (la procellaria, i
ed astri un’atipica vertigine da fermo si compie gabbiani, la skua…) per ricavarne effetto suggesti-
col protagonista del poemetto che da una sua vo. La latitanza di Andrée consente al poeta di rico-
eretta posizione di stasi venuta a determinarsi, struirsi in modo originale la vicenda, già rovesciata
sente gli astri scivolargli sotto le punte e precipi- nella parte mediana del poemetto, con sovrapposi-
tare giù per lo spazio. Considerando, intanto, zione d’elementi “nube” come “fango” “vento” co-
una prima esperienza di volo che ci riferisce me “suolo”, sino all’apoteosi definitiva con la morte
pascoli nell’Aquilone(Primi poemetti) dall’avvio del protagonista (desiderata), per fedeltà a quel
alle fasi progressive della sua caduta “ondeggia” progetto pascoliano in cui ascendere equivale a ca-
“urta” “sbalza” “ventata/di sbieco”, sublimazione dere, conoscenza a non ritorno.
a distanza della morte di un fanciullo, si denota Percepito, quest’ultimo, in successione di segnali
l’azione di un oggetto (1) che in rappresentanza interiori e acustici di attendibile angosciante profe-
dell’uomo, consente di limitare al minimo il zia: dall’annunziare a se stesso “Son giunto!”, al
fattore-rischio determinando comunque parziale dato sonoro colto nel “inno degl’iperborei sacri
appagamento del sogno di volo. Seguitando per cigni” in maniera di suono di sconosciute lire, per
un altro esercizio pascoliano compreso in Odi e citare qualche esempio. Sensibile al mito di Andrée
verso impassibili testimonianze del sole, va ricorda-
inni, La piccozza, il coefficiente di difficoltà
to G. Cena attraverso una sua lirica dal titolo
relativo al compiersi dell’impresa appare decisa- “Altrove”. Proseguendo la nostra analisi per un
mente basso, poiché l’ascesa al monte(in questo altro componimento parallelo a quello appena trat-
caso) “con la piccozza d’acciar ceruleo” ricordata tato, dunque Chavez in Odi e inni col precedente,
nell’omaggio dannunziano della Contemplazio- realizziamo come la discesa conseguenziale all’asce-
ne della morte, si compie a piedi. La caduta, sa non avvenga propriamente nel senso materiale, e
quindi, non si attua fisicamente ma é rinvenibile questo vale anche per il caso precedente. E non
in una sorta di appagamento morale; conseguen- poteva risultare diversamente, sperimentata la vo-
lontà di sublimazione della morte (per compensa-
za dell’aver raggiunto la meta “sul puro limpido
zione di un sempre latente orrore del vuoto) che
culmine”(2)e voler “restare solo con l’aquile”, ritrova efficace possibilità di rappresentazione attra-
(3) lassù, senza nessun’altra attesa possibile a- verso processi ossimorici (5) mediante cui possiamo
vendo ormai veduto tutto. L’eroe comune ai comprendere come un “Discende?” diventi impe-
componimenti Chavez e Andrée si espone note- riosamente “Ascende!”; con l’aeroplano, evidente-
volmente in prima persona nel cielo terrestre, mente ascende l’intrepido aviatore. E quindi, ripro-
in un quadro di rappresentazione di costellazioni poste in una sorta di falsopiano (6) la salita e la ca-
quali spettatrici ancora neutre, di cornice (come duta, si svilupperà in successione d’equazione effet-
28
to del “su l’alto cielo ei cade” rimodulato con più chi, in La vigna vecchia. In relazione a questo ar-
precisione in “Cade... sempre salendo”, secondo gomento vedi più diffusamente R. Aymone, Il
un onirismo cosciente e folle al contempo. Sen- poeta e l’artigiano in Sinisgalli, in Poeti ermetici
tenziato definitivamente col semiverso “Ed ora sì,
meridionali, Salerno 1981. Tirando le somme,
che vola!”. Abilità ossimorica che Pascoli mette in
pratica non soltanto per la tematica cosmica, ma risulterà probabilmente imperiosa l’esigenza
ne riferisce anche in chiave generica: estesa alle (riferita al problema dell’esser poeta a un tempo
fasi stagionali, a quelle temporali, e altro. (7) artigiano) di comprendere lo scarto passante “tra
l’opera artigianale e l’opera d’arte”(R. Aymone,
op. cit., p. 117) problema di cui si é occupato
NOTE
esaustivamente A. Baratono, in Arte e poesia,
(1)Presente al Pascoli non mancherà l’aspetto di Milano 1966.
quella particolare “cometa” in mezzo a “ordignetti
Ricordavamo dell’abilità del “maggior fabbro,
e strumentini “vari, rinvenibile in un racconto di
fonte dantesca, (R. Aymone, L’età delle rose.
I. Nieri, Vita infantile e puerile lucchese, Lucca
Note e letture di poesia, Napoli 1982, p. 72) nel
1898, ovvero Giuochi fruttuoso per la sua antolo-
saper assemblare i tasselli per la composizione del
gia Fior da fiore. Attendibile fonte per il nostro,
mosaico, e in questo senso Praz riconosce al poeta
risulterà ancora il Sully di Etudes sur l’enfance
Eliot il sistema d’uso “di collages e photomonta-
che M. Perugi pone in rilievo nel suo James Sully
ges”.(Introduzione a T.S. Eliot, La terra desolata,
e la formazione dell’estetica pascoliana, in “Studi
Firenze 1958, p. 10). Per altre generiche conside-
di filologia italiana” XLII, 1984. Un’ulteriore
razioni che esulano dalle analisi di strumenti in se
digressione in “velivoli” si riscontra in una prosa
stessi, Cfr. inoltre, P. Bonfiglioli, Pascoli, Gozza-
di G. D’Annunzio: Sudore di sangue, in Prose di
no, Montale e la poesia dell’oggetto, in “Il Verri”,
ricerca, di lotta, di comando, Vol. I, Milano
n. 4 dic. 1958.
1966. Da “tavolette” con forme “d’angeli”, a
“disegni” con sagome “di velivoli” ai “margini” di (2)Il senso d’essere dell’ ”eroe solitario della poe-
“quaderni”. A seguire il percorso storico relativo sia” in opposto alla prosaicità e alla “bassezza del
all’adozione di questo termine, sintetizzabile da mondo borghese”. La fine dell’esistenza come
Ennio a Chateaubriand, ci delucida A. Andreoli, simbolo che esalta “il valore supremo... raggiunto
Pascoli - D’Annunzio alla luce di documenti ine- sulla vetta del mondo”(Barberi Squarotti, in voce
diti, in AA. VV., Nel centenario di “Myricae”. Pascoli, in Dizionario critico della letteratura ita-
Atti del convegno di studi pascoliani, San Mauro liana, Torino 1986, Vol. III, p. 370.
Pascoli, 19-20 maggio 1990, Bologna 1991. Figu- (3)Del famigerato “complesso dell’aquila” ascrivi-
re dalle denominazioni dialettali non traducibili bile anche a V. Hugo sembra non esserne immune
(come “scricchiarulo”, per intenderci, equivalente neppure l’autore di Myricae. (C. Durand, Le
alla lontana di “schioppetto” messo insieme con la strutture antropologiche dell’immaginario, Bari
saliva) ricorrono nel lessico poetico sinisgalliano, 1972, p. 129).
come ad esempio in Ritrattino, un racconto di
(4) ”notizia di grida umane...udite nel So-
Belliboschi, Milano 1979. La passione, insomma,
fjord”(Lettere del Pascoli ad Alfredo Caselli,
“per i giocattoli poveri” ribadita in Antichi giuo-
(1898-1910), a cura di F. Del Beccaro, Milano 29
1968). stagionali riproponibili nelle serie ottobre/marzo,
(5) Il lavoro filologico pascoliano opera diversi primavera/autunno sempre in Nel giardino.
fondamentali passaggi secondo esigenze di (“estate,/fredda, dei morti”, in Novembre). An-
“esegesi“ “costituzione” e per contro decostituzio- cora nella lirica precedente a quest’ultima, di
ne “del testo”; risulterà che “Conservazione e ri- stampo floreale si rivelano le serie in bacca/
costruzione” concorrano a salvare “quanto più bocciuolo. Del motivo poetico che riflette di una
testo é possibile” (Cfr. P. Ferratini, I fiori sulle condizione stagionale e ricorrente nella poesia di
rovine, Bologna 1990). D’Annunzio e Gozzano, si veda di R. Aymone Le
ultime prove del reduce, in Circostanze crepu-
(6) Il registrato appianarsi vige già in premessa alla scolari, Napoli 1991. Nelle Varie, Ad Alfredo
Mirabile visione e circostanziato nell’enunciato Caselli, si registra: ”nel verno sorgere giugno”;
“Discende con la scienza, ascende con la volon- tema propriamente “topico” di un D’Annunzio e
tà” (Pascoli, Prose, II, a cura di A. Vicinelli, Mila- di un pascoli che s’irradia a Pasolini, per cui si
no 1971). Circa la rappresentazione pascoliana di consulti E. Sanguineti, Laboratorio pascoliano, in
spazio e di valenze del sociale rivoltate e ridefini- Giornalino 1973-1975, Torino 1976. M. A. Gi-
te, si rimanda a V. Roda, Riflessioni sull’evoluzio- rardi attraverso il suo Pascoli e Gozzano, in Inter-
nismo pascoliano, in AA. VV., Testi ed esegesi pretazioni pascoliane, Napoli 1990, n. 25, in rela-
pascoliana Atti del Convegno di Studi pascoliani. zione all’argomento suggerisce in aggiunta quel
San Mauro Pascoli, 23-24 maggio 1987, Bologna Moretti che già ci sembra pertinente per una si-
1988. tuazione letteraria rinvenibile in Domenica, da
(7) Intanto, in riferimento ancora a dicotomie Poesie scritte col lapis: ”l’autunno é aprile”, negli
astronomico-temporali, leggiamo: ”sole delle esiti ulteriori di un “autunno” serbante “un prima-
fiammee sere”, equivalente di sole del tramonto, verile incanto”.
somiglianza del destino di Chavez a quel “sole”
cangiante colore sia all’alba nel “salire” che al tra-
monto nel “cadere”. Costante dell’ossimoro, dun-
que, ribadita nel poemetto Gli emigranti nella
luna (I, III), nell’espressione “Il sole cade; e l’uo-
mo fa l’aurora!”. L’elemento temporale nei suoi
due opposti ci viene riproposto in un ‘annotazione
a La messa d’oro, in Prose, I, cit., in cui si rimar-
ca di un indoramento similare a “una bell’alba”, o
meglio a “un puro tramonto”. Ancora di un’ ”alba
e tramonto” si registra nella lirica Nel giardino.
Dei “brevi dì che paiono tramonti/infiniti...”, in I
gattici, in Myricae, emerge una “combinazione di
opposti e reduplicati costituenti”(R. Aymone,
Fioralisi e rosolacci. Letture di “Myricae”, Salerno
1992, p. 211). Ricordavamo sopra delle valenze
30
Raccontinani

che esistenti tra il ciliegio del suo “vicino di cassa”,


Il destino del legno un giovane impiegato delle Poste ucciso da un’in-
definita malattia contratta in un ristorante cinese,
e il platano in cui giaceva senza nemmeno il con-
E nel mentre che l’anziano Professore Egidio forto del vessillo di partito.
Quaranta - Ordinario di Metrica presso l’Univer-
sità di Tediopoli - si apprestava a concludere l’an-
nosa lezione trita e ritrita (intitolata: “Misurare la Michele Nigro
poesia, misurare la vita”), tutti udirono quel sinistro
scricchiolio che preannunciava la tanto agognata
liberazione…
La vecchia cattedra, ormai porosa, cedette rovi-
nosamente sotto il peso degli anni, a suo dire na-
vigati , della sedicente saggezza di cui il “Prof “ si
fregiava con gli amici poveri e le donnine engagé
del Caffè in viale Europa e delle inutili parole
colme di quell’educato e accorto pessimismo che Il camposantiere
avevano caratterizzato il lungo periodo della sua
pedante carriera universitaria diluita con sprazzi
di militante intellettualismo. Durante le soleggiate giornate di primavera lo si
poteva facilmente incontrare al cimitero, sotto un
Squadre insonni di irriverenti e nevrotiche tarme cipresso o seduto su una vecchia lapide, mentre
votate all’antiaccademismo concludevano, così, la leggeva i suoi libri.
loro necessaria missione pluridecennale a dispetto
di ammuffiti compendi e manuali privi di entusia- Non era un becchino e né tanto meno un fanta-
smo. Un chimerico buonismo piccolo borghese, sma…
ricco di arrugginenti offerte in denaro e consigli Sembrava, tutt’al più, una spensierata coccola ca-
paterni intrisi d’insicurezza, aveva fatto il resto su duta per caso tra il silenzio dei morti ed il profu-
chiodi e giunture… mo dei fiori. Lieto di abbandonare il clamore dei
La cattedra era inesorabilmente persa ! vivi, s’immergeva nella forzata indifferenza dei
defunti con i quali condivideva rancori e speran-
Ci vollero diverse ore per estrarre il corpo del ze.
vegliardo da sotto le macerie legnose.
Macabro “Walden” di un Thoreau di città.
E, quel che è peggio, nessuno dei “cari”, ad ecce-
zione della sua anziana colf ucraina, che non aveva
mai rappresentato per lui una minaccia intellettua- Michele Nigro
le, si accostò all’obitorio. Forse gli sprovveduti
temevano che, destandosi dal sonno eterno e in
preda a riesumati attacchi di igienismo culturale,
il Professore recriminasse sull’arredamento inter-
no della bara, sul doppiopetto gessato con cui
l’avrebbero inumato e sulle diversità dendrologi-
31
L’incertezza e il tavolo del poeta
di Fabio De Santis
Nel quotidiano al linguaggio si chiede, qualun- vengono usati solo per la descrizione di fenomeni
que sia la funzione di riferimento, di essere stru- di complessa decifrazione. Il nostro lessico fami-
mento di verità: io passo un’informazione al mio liare è pieno di dimostrazioni del genere. È capi-
interlocutore per generare una situazione che le tato a tutti di esclamare a tavola: “ho mangiato
sia inerente, ad esempio chiedo un cucchiaino di proprio un bel piatto”; una metonimia, un’inver-
zucchero nel caffè e voglio un’azione coerente sione semantica che scambia il contenente per il
con la richiesta. Succede, sempre nel quotidiano, contenuto.
che le aspettative premesse dal linguaggio non Nel testo Sulla materia della mente Gerald Edel-
trovino corrispondenze: ricevo una tazza di caffè man spiega che “Sugli oggetti del mondo non ci sono
con due cucchiaini di zucchero per un errore di etichette che ne specifichino le dimensioni o i codici; le
comprensione; faccio tardi ad un appuntamento ripartizioni e le aggregazioni di oggetti cambiano a
per un errore di trascrizione o per un impedi- seconda della persona e del momento. La semantica
mento. prestabilita della rappresentazione mentale non può
La non conformità tra l’azione evocata dal lin- rendere conto del presentarsi delle novità nel mondo
guaggio e la sua effettiva realizzazione, sottolinea e…i codici di definizione rigorosa non possono coprire
un tratto costitutivo del linguaggio ed è l’incer- per intero il significato delle espressioni linguistiche. Il
tezza, generata dall’inafferrabilità del mondo, in significato rifiuta di essere vincolato da un insieme
quanto non si può predeterminare un impedi- prestabilito di termini appartenenti a uno specifico
mento che scompigli un prossimo futuro pianifi- sistema di codifica…Il pensiero non consiste nella ma-
cato insieme agli altri e con l’ausilio della parola. nipolazione di simboli astratti, con un riferimento privo
Ma l’incertezza - e l’impotenza del linguaggio - di ambiguità alle cose del mondo che ne legittimi la
si sperimenta anche quando siamo chiamati a spie- semantica…L’oggettivismo fallisce…
garci degli eventi strani o straordinari o qualsiasi …Quando i simboli non corrispondono al mondo in
circostanza non esplicabile con l’uso di un lin- maniera diretta, gli esseri umani, al fine di stabilire
guaggio asciutto, ossequioso dal punto di vista connessioni, usano la metafora e la metonimia, oltre
logico-sintattico. all’immaginazione.”
Utilizziamo il linguaggio per plasmare il mon- La motivazione dell’utilizzo di figure che infran-
do, per darne una versione plausibile, ma non gono la linearità semantica, sintattica o logica,
sempre esso riesce ad assimilare adeguatamente risiederebbe nell’impossibilità di oggettivare la
l’ambiente. È questa la ragione dell’esistenza di realtà. L’infrazione linguistica, rispetto alla rigo-
forme linguistiche paradossali come certe figure rosità dei codici, altri non è che l’incessante ten-
semantiche quali la metafora o la metonimia; figu- tativo di adattamento al reale, per rendere una
re logiche come l’ossimoro o l’ironia. Hanno la versione del mondo convincente.
funzione di restringere le maglie larghe dell’in- Il paradosso o il motto di spirito non sono, allo-
certezza generata dalle limitazioni delle forme ra, delle costruzioni logiche assurde, ma restitui-
idiomatiche, ponendosi coscientemente di fronte scono una versione dell’assurdo, dato da un’e-
all’indeterminatezza del mondo e all’impotenza splosione di ambiguità presente nell’ambiente. A
del codice linguistico davanti all’indecifrabilità tal riguardo mi viene da riportare che la Gestapo
propria di questo mondo. aveva un dipartimento dei motti di spirito, la cui
La metafora, la sineddoche, ecc., sono “oggetti” funzione era quella di ricercare ed identificare gli
linguistici di uso comune e, per la verità, non autori delle battute politiche. Evidentemente in
32
un clima repressivo l’ironia diventava una modali- ambiguità del mondo per aderirvi in maniera più
tà – apparentemente innocente – di manifestare intensa e vera. Forse è questa la spiegazione del
l’insofferenza al regime. Attraverso il motto di perché la poesia sia spesso sorda al richiamo della
spirito era possibile la realizzazione del pensiero comprensibilità, ma sposti l’interesse su altre
critico. Altrettanto evidentemente la polizia nazi- esigenze. Montale ha affermato che “nessuno scrive-
sta non era all’oscuro delle potenzialità di tale rebbe versi se il problema della poesia fosse quello di
pratica. farsi capire”. Allora il poeta assume tutta l’incer-
Le figure sono il “pane quotidiano” del poeta. tezza del linguaggio, il suo movente non è la pre-
Egli agisce su una linea di continuità con il quoti- cisa co-scienza della lingua, ma la sua inadegua-
diano. Si potrebbe dire che il poeta porta all’ec- tezza. Nella sua attività parte libero, si muove tra
cesso ciò che comunemente accade, il suo intento confini franosi, inadatti ad impedirgli il movimen-
è la creazione di un evento linguistico memorabi- to. Non è un caso che il mastro poeta italiano (e
le che possa restituire adeguatamente uno spacca- non solo) sia Dante, un autore fiorito in un’epoca
to dell’esistere, inglobando tutta l’ambiguità e di estrema indeterminatezza della lingua italiana.
l’indefinitezza a cui si faceva riferimento prima. Convergendo così al terzo punto, si può affer-
“La poesia consiste, insomma, in questa specie di lavoro: mare che il poeta tenta inevitabilmente di riscri-
mettere parole come/in corsivo, e tra virgolette: e sfor- vere la lingua, di scoprire nuove potenzialità di un
zarsi di farle memorabili, come tante battute argute/e idioma. L’intervento è chiaramente palese nelle
brevi: (che si stampano in testa, così, con un qualche avanguardie. Lo è altrettanto in chi fa poesia im-
contorno di adeguati segnali/socializzanti): (come sono piegando un linguaggio comune, fatto di soluzioni
gli a capo, le allitterazioni, e, poniamo, le solite meta- grammaticali, gergali anche. In verità credo che la
fore):” I versi sono di Edoardo Sanguineti. tentazione di operare una ridefinizione logico-
La poesia agisce perciò sul terreno della quoti- semantica-sintattica di una lingua sia il carattere
dianità. Utilizza parole ed accessori linguistici di distintivo della poesia. Il poeta compie l’inter-
uso comune. La sua funzione potrebbe essere vento con la strumentazione che è propria della
quella di specificare i tratti caratteristici del lin- poesia e sulla base di un’intenzionalità che affonda
guaggio umano. Da questo ne abbiamo una prima comunque le ragioni in un mistero della vita.
considerazione: il poeta non s’innalza, è profon- Egli agisce su più livelli simultaneamente; crea
damente umano. Una seconda: egli può esistere simmetrie o rotture di simmetrie sul piano fono-
perché consapevole dell’incertezza del linguaggio prosodico, usando ritmi e suoni per suggestionare
e non, viceversa, possessore della scienza oggetti- il lettore. Sanguineti potrebbe affiancare l’agget-
va dell’idioma. Poi ancora una terza considerazio- tivo solite anche ad allitterazioni. Nei passaggi più
ne: il poeta è sempre uno sperimentatore, sposta crudi dell’Inferno Dante allittera suoni gutturali
in continuazione l’orizzonte del linguaggio, in in modo da creare, su un diverso livello linguisti-
quest’ambito è sempre un avanguardista. co, un’atmosfera infernale che deve suggestionare
Le tre questioni sono collegate. Sulla prima si è il lettore rendendolo partecipe di una realtà plau-
gia accennato: il poeta dà un contributo a far e- sibile. Mentre sfoglia le pagine il lettore non si
splodere le ambiguità della realtà, creando una chiede se esista per davvero ciò che viene descrit-
versione del linguaggio che rappresenti un aggiu- to, non si pone il problema dell’autenticità o vi-
stamento della concezione umana del mondo, in sionarietà delle immagini infernali. Ciò che esiste
breve non sfugge l’esistente, tenta una ridefinizio- è il linguaggio; il suo problema è se esso risulti
ne che assimili più realtà possibile, sporgendosi essere credibile, se renda una versione del mondo
così sull’orlo dell’inesprimibile. Si fa carico dell’- plausibile o meno. Dante sa di essersi spinto in
33
un’impresa audace, impegnato a spostare l’oriz- Oggi ci incantiamo a tanta sapienza poetica e so-
zonte della lingua. Sospetta (o finge?) di non esse- prattutto ci meravigliamo di quanto possa essere
re in grado di restituire al lettore una descrizione attuale il verso della Divina Commedia.
credibile di un mondo complesso e terrificante; La maestria di Dante ci propone una comunica-
una lingua immatura non può pretendere di spie- zione a più livelli. Simultaneamente ad una più
gare l’universo. Invoca allora l’aiuto delle muse esplicita fatta di immagini che evocano sorpren-
ispiratrici: denti scenari, ci muoviamo su un piano allegorico
che ci trattiene fortemente nella nostra condizio-
S’io avessi le rime aspre e chiocce, ne umana, poi ancora sui livelli più su accennati.
L’orrore che Dante trova nel nono cerchio, e-
come si converrebbe al tristo buco spresso nel XXXII° canto, è un esempio di come
sovra ‘l qual pontan tutte l’altre rocce, la poesia operi su più terreni. Dante deve fare
attenzione a non calpestare le teste dei condanna-
io premerei di mio concetto il suco
ti, i traditori immersi in un lago gelato; battono i
più pienamente; ma perch’io non l’abbo, denti come le cicogne il becco; gracidano come le
non sanza tema a dicer mi conduco; rane “col muso fuor de l’acqua”; hanno lacrime che
non fanno a tempo a scendere perché gelano negli
ché non è impresa da pigliare a gabbo occhi rinserrandoglieli. Le immagini, che espri-
discriver fondo a tutto l’universo, mono dolore, sono puntellate dagli artifici sonori
a cui facevo riferimento poc’anzi. I suoni gutturali
né da lingua che chiami mamma o babbo.
abbondano in questo passo. Ne cito solo alcuni:
Ma quelle donne aiutino il mio verso, calchi; lago; gracidar; spigolar; vergogna; lacrime;
ch’aiutaro Anfione a chiuder Tebe, spranga; cozzaro; cricchi; Osterlicchi; Tabernicchi;
ghiaccia; becchi; ecc. C’è da sottolineare che questi
sì che dal fatto il dir non sia diverso. ed altri termini non elencati si aggregano nello
spazio di pochi versi.
Sono proprio le rime aspre e chiocce a dare un È chiaro che il poeta, nell’atto di ricreazione del
grosso contributo alla poesia contemporanea, ed è linguaggio, cerca di svilupparne le infinite poten-
bello constatare che si debba anche ad uno straor- zialità e lavora così su diversi piani. In questo mo-
dinario espediente tecnico la capacità di farci vimento non è impossibile che egli inventi nuovi
coinvolgere, e direi anche travolgere, in un ma- termini, che hanno poi una loro genesi. Un esem-
gnifico viaggio, supportato anche dalla scelta rit- pio noto è il velivolo di Gabriele D’Annunzio. Un
mica. Il ritmo è sostenuto, dinamico, impone un termine semplice che nasce dall’accostamento di
movimento. Solo analizzando i primi 27 versi due parole bisillabiche e paronomasiche veli-volo o
della Commedia registriamo che gli attacchi di vele-volo. Ma anche i termini reiterati in una lin-
ogni singolo verso sono tonici, eccetto 8 che han- gua sono occasione di ridefinizione, meglio anco-
no il primo accento sulla seconda sillaba. ra dire di specificazione nell’opera di un autore.
Ma la reiterazione di certi suoni, che tanto affa- Si prenda Il sabato del villaggio di Giacomo Leo-
scina la poesia odierna, non ha incontrato sempre pardi. Un’espressione “ovvia” diviene grondante
benevolenza. Per il Bembo, nel suo procedere di connotazioni e va ad innestarsi significativa-
per coppie di perfetti, relativamente a poesia e mente nell’opera del poeta e oltre: chiunque,
prosa, Dante ha finito per essere l’anello debole nella vita, provi la gioia dell’aspettativa del sabato
sera e l’apatica delusione della domenica, non
34 delle tre corone (Dante, Petrarca e Boccaccio).
può che ripensare a questa poesia. L’accostamen- Un altro esempio che agisce ancora su un livello
to innocuo giorno della settimana-villaggio scate- semantico lo si può fare con Maurizio Cucchi. Ne
na nella versione del mondo del poeta una medi- “Il disperso” il poeta milanese comincia una lunga
tazione sulla vita, un pensiero totalizzante che opera che ha come cardine la morte del padre, ma
assimila la giovinezza e la speranza, la maturità e anche l’angoscia dell’autore, che vede l’evento
la gravosità. incombere continuamente sulla propria esistenza.
L’operazione si potrebbe denominare conver- “Il disperso” risulta essere allora una condizione che
sione dei significati. Il poeta prende un oggetto e accomuna padre e figlio, li unisce dopo il distac-
partendo da alcuni suoi tratti lo lavora per am- co.
pliarne le connotazioni ricavandone altri campi Il termine in Cucchi ha specifiche connotazioni
semantici. Il movimento si svolge specificamente ed esistono in quel modo solo nella sua opera, pur
sul piano verbale. essendo un aggettivo comune. Egli stesso afferma
Prendo in considerazione la poesia di Eugenio che “Il disperso è un titolo che potrebbe comprendere
Montale I limoni. Il poeta comincia col dissociarsi tutte le mie poesie, anche quelle degli altri libri o futu-
dai “poeti laureati” che “si muovono soltanto fra le re, chissà”
piante/dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti”. In La conversione semantica di un termine avviene
opposizione predilige i comuni “limoni”. Si noti come per dilatazione, nel senso che una parola
che dopo il proemio in versi questa è la poesia che comincia ad assimilare altri significati. Da ciò si
apre gli Ossi di seppia, la prima raccolta di Monta- può percepire una certa ambiguità della parola
le. I limoni potrebbe essere definita il manifesto poetica, ma in realtà così non è, perché essa non
dell’autore. In tal modo egli comincia con l’av- esiste al di fuori di un contesto ed è sempre a tale
vertire il lettore che non è un “poeta laureato” ma contesto che fa riferimento, perciò il suo signifi-
un autodidatta. La sua è un’origine “povera”, non cato, o anche nuovo significato, è da ricercarsi in
aristocratica: “la nostra parte di ricchezza/…è l’odo- un sistema chiuso di segni. Il sistema ha anche
re dei limoni…” La sua poesia è radicata e confina- varie aperture però. Si è visto che “Il sabato del
ta nel paesaggio: “quest’odore/che non sa staccarsi da villaggio” ha assimilato i significati dell’intera ope-
terra” e provoca tormento: “piove in petto una dol- ra di Leopardi, della sua stessa vita. Possiamo dire
cezza inquieta”. Tuttavia tra gli “erbosi/fossi” e le ugualmente de “Il disperso” di Cucchi; lo ha riferito
“pozzanghere” sogna di aspettarsi “uno sbaglio di egli stesso. “I limoni” inglobano i temi degli Ossi. I
Natura” che possa bucare il mondo per trovarsi margini di un sistema poetico sconfinano spesso
“nel mezzo di una verità”. “Ma l’illusione manca”, e anche in territori “altri”, si prenda la citazione
tra i frastuoni, “la pioggia”, “il tedio”; “i gialli dei macbethiana di Roberto Roversi in una sua poe-
limoni”, questi oggetti comuni, a portata di mano, sia: “anch’io guardavo il bosco/il bosco in quel momen-
divengono degli elementi distanti, da sbirciare, to/il bosco cominciò ad avanzare.” Nel riprendere
per caso, attraverso “un malchiuso portone”. un’immagine già usata, egli si preoccupa comun-
I limoni è il preambolo ad un’opera fatta d’im- que di reinventarla in una ristrutturazione sintat-
magini legate alla terra, immobili ed inanimate. tica che comprende il chiasmo e l’anafora legate
La verità è una realtà impossibile, viene sospettata in proprietà transitiva.
solo al cospetto dello sguardo sulle cose ed è un Il sistema spesso è chiuso nello spazio di una
“luogo” che è sempre al di là, oltre la “muraglia/ singola poesia e basta osservare le alchimie opera-
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”; al di là del te in un piccolo testo per rendersi conto della
mare, sulla linea azzurra della direzione degli straordinaria maestria del poeta. Si legga questa
uccelli. poesia di Giovanni Raboni: 35
buon esempio dell’arte di reinventare, propria
Un giorno o l’altro ti lascio, un giorno del poeta.

dopo l’altro ti lascio, anima mia.


Per gelosia di vecchio, per paura Ho detto che il poeta parte avendo una grande
libertà, che è poi la possibilità di modellare il lin-
di perderti – o perché guaggio come un materiale plastico. Una volta
avrò smesso di vivere, soltanto. cominciata l’opera la libertà si annulla nel tema
emerso da quella stessa libertà. Il testo poetico
Però sto fermo, intanto,
comincia a funzione sullo slancio dato dall’impo-
come sta fermo un ramo stazione iniziale scaturita dal nulla, o quasi, per
su cui sta fermo un passero, m’incanto… divenire un sistema chiuso di segni. La poesia è
linguaggio formale, vive di corrispondenze, i versi
in qualche modo li leghi, se non sono rime saran-
Mi sembra che la poesia ruoti intorno alle due no assonanze, allitterazioni, ma è chiaro che il
anafore più evidenti: “Un giorno o l’altro ti lascio, verso è libero fino a quando non si scrive il pri-
un giorno/dopo l’altro ti lascio, anima mia” e “…sto mo. In quel momento è il poeta stesso a creare la
fermo…” In queste il poeta sottolinea una condi- regola.
zione esistenziale quale la vita che scorre e si per- Dunque il suo lavoro consiste nel decodificare e
de minuto per minuto, fino ad una conclusione codificare continuamente la lingua, egli la riscrive
attesa perché certa: “…avrò smesso di vivere, soltan- incessantemente e senza sosta la disfa. Il suo mo-
to”, dove il termine della vita viene evidenziato da vente trae origine dall’incertezza e all’incertezza
un rallentamento ritmico provocato dall’incontro torna. Non si contraddice, tutt’altro, semplice-
di due trisillabiche, di cui la prima sdrucciola: “… mente non accetta l’orizzonte preposto, perché
vivere, soltanto” (espressione su più livelli). L’ac- non credibile, ambiguo. Crea egli stesso un oriz-
corgimento ritmico è in corrispondenza con l’al- zonte altrettanto irraggiungibile e scivoloso, ma
tro identico dell’ultimo verso: “…passero, m’in- sarà forse proprio l’eccesso a cui lo espone a ren-
canto…” derlo affascinante, magnificamente autentico,
L’”incanto” conclude gli ultimi tre versi sostenuti ustionato da un’insondabile incertezza che è poi
dall’altra anafora che dicevo. Con questa emerge quello sguardo sul mondo che unisce ogni uomo.
la risposta del poeta, che di fronte alla condizione
irreversibile quale il dissolversi della vita, “sta
fermo…/come sta fermo un ramo”, guarda l’esistenza Testi consultati:
bruciare, s’incanta! Cucchi M. – Il disperso, Guanda 1994
Così l’”incanto” si dilata, si sgranano significati Cucchi M. – Poesie 1965-2000, Mondadori
quali sublimazione o stupore e va ad assimilare un 2001
significato come l’incoscienza, del “ramo”, del
Dante - La Divina Commedia
“passero”, dell’uomo che non ha parole di fronte
alla realtà, se non ambigue e polisemiche. Edelman G.M. – Sulla materia della mente,
Adelphi 1993
Certo, anche in questo caso, il tema proposto
dalla poesia si collega ad un nucleo centrale dell’- Freeman W.J. – Come pensa il cervello,
opera di Raboni, ma il termine incanto lo possia- Einaudi 1999
mo circoscrivere a questi otto versi e ritenerlo un Leopardi G. – Canti
36
Marazzini C. – Da Dante alla lingua selvag-
gia, Carocci 1999
Marchese A. – L’officina della poesia, Mon-
dadori 1985
Montale E. – Ossi di seppia
Sanguineti E. – Mikrokosmos, Feltrinelli
2004
Vitiello C. – Antologia della poesia italiana
contemporanea (1980-2001), Tullio
Pironti 2003
Watzlawick P. – Il linguaggio del cambia-
mento, Feltrinelli 1980
Disegno di Marco Vecchio

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Proposte distributive “Nugae”
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e-mail: scrittiautografi@virgilio.it
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riVISTE
...contattate e segnalate da “Nugae”
‘STEVE’ è una storica rivista di poesia fondata nel 1981 dal
Laboratorio di Poesia di Modena. Il numero 28 s’impernia, sin
dalla sua veste grafica (curata da Elena Vadacca), sul senso di
un’auscultazione del presente, dei suoi fraintendimenti, dei suoi
inganni, delle sue storie che ci proiettano dove c’è una comparsa.
Si susseguono così i reportages poetici: sullo spettacolo “Sinfonietta
rock”, libero adattamento da Jean Tardieu (del quale C.A. Sitta
presenta anche una prova inedita di “riduzione progressiva”, e non
solo traduttiva, dal titolo ‘La verità sui mostri’); quello sul Festival
di Filosofia (ospite Maurizio Cucchi); il canone nuziale composto
per il ‘matrimonio poetico’ del 5 settembre; gli interventi critici di
Victoria Surliuga su Giampiero Neri, M. Luisa Vezzali su V. Boni-
to, Mario Moroni sui ‘Racconti dell’uomo in grigio’ di Gian Marco
Visconti. Di respiro interdisciplinare il ricco racconto a più voci per
immagini e libri sull’anno 1979 a cura di Rossella Bonfatti. Chiu-
dono questo numero i seriali estratti in prosa poetica di Massimo
Bernardi (‘In un circo fuori fuoco’) e Paolo Valesio (‘L’uomo che
perse una Pasqua’); infine ‘La carta dei libri’, firmata da Carlo
Alberto Sitta, rubrica fissa a mezzo tra il journal intime e diario
bibliomnemonico in cui s’incontrano poesia e vita, si sofferma
stavolta sulle ultime pubblicazioni di Alberto Bellocchio, Arnaldo
Ederle, Cesare Lievi, Carlo Marcello Conti e sul saggio di John
Butcher e Mario Moroni dal suggestivo titolo “From Eugenio Monta-
le to Amelia Rosselli”.

‘PICK WICK’ è un “trimestrale di letteratura, poesia e cultura


varia” creato a conferma delle già esistenti attività letterarie
dell’omonimo “Circolo Letterario” di Besana in Brianza (Mi). Per
informazioni, collaborazioni o semplicemente per richiedere una
copia saggio: circolopickwick@virgilio.it

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Intervista a Flavio Casella
scrittore, saggista, direttore
del trimestrale letterario “Pick Wick”

Partendo dal presupposto che ogni rivista come la si può evidenziare e sviluppare?
conservi gelosamente all’interno del suo Credo che una politicità possa (e magari anche
nucleo storico le motivazioni che la spingo- debba) esistere. Credo inoltre che una rivista
no ad esistere … Quali dovrebbero essere, rispecchi forse più il carattere del suo direttore
secondo te ed in base all’esperienza matu- (e/o della sua redazione) che non quello dei sin-
rata in seno alla rivista “Pick Wick”, le ra- goli autori. Quanto a rispecchiare la sua epoca sin-
gioni di una rivista letteraria? ceramente non saprei… Qualcuno mi ha rimpro-
“Pick Wick” rappresenta forse un caso un po’ verato addirittura un’eccessiva classicità per “Pick
particolare: condivide con la maggior parte delle Wick”… un situarsi, per l’appunto, un po’ al di
riviste amatoriali, la volontà di essere vetrina per fuori del tempo e dell’attualità… Ma anche questa, a
autori non ancora noti ma meritevoli di essere ben vedere, si può considerare una scelta politica
presentati ad un pubblico (tale credo sia la ragione in senso lato.
essenziale della nascita di questo tipo di pubblica- Nel 1997, quasi al termine del tuo saggio
zioni); ma, essendo nata, otto anni fa, da un Cir- “TRA LUDOVICO ARIOSTO ED ISAAC ASIMOV –
colo Letterario funzionante da tre anni, che già LA FANTASCIENZA: genere letterario o letteratura del
aveva consolidato una sua attività (serate lettera- presente?” , lasciavi in eredità ai Lettori un
rie, un concorso, collaborazioni sul territorio), dubbio alquanto “scomodo”: l’avvicina-
ha voluto porsi anche e soprattutto come bolletti- mento della fantascienza alla letteratura
no di circolo, per mantenere e consolidare quei mainstream, anche dal punto di vista della
contatti, spesso transitori ed effimeri, che le altre “critica”, comporta diverse interpretazio-
iniziative creano. Ancora oggi, infatti, al di là del ni e, citando dal saggio, “…non saprei dire
contenuto tipico di una rivista culturale (racconti, se tale fenomeno sia un segno di vitalità e di
poesie, saggi), in ogni numero non mancano mai crescita della FS o, al contrario, un cupo pro-
le cronache dei nostri incontri, le notizie su ini- dromo della sua morte imminente.” Per altri
ziative passate e future e così via. Ed è lo stesso rappresenta, senza dubbio, la tanto ago-
intento che ci ha recentemente spinti alla crea- gnata “uscita dal ghetto”…
zione di un sito Internet, nonostante nessuno di
noi sia un patito del Web. A distanza di 8 anni, credi di poter dare
una risposta definitiva a tale interrogativo
Molti periodici, in passato, alcuni per o è ancora presto per un’analisi?
breve tempo mentre altri per diversi de-
cenni (tra i quali citerei: l’effimero Premesso che nel più recente periodo non ho
“Mondo Beat” di Melchiorre Gerbino; “la seguito la SF come la seguivo vent’anni fa, l’im-
Zanzara” irriverente del liceo Parini di pressione che ho è che effettivamente ci sia stata
Milano negli anni ‘60; o le riviste dedica- una sorta di sdoganamento della letteratura fanta-
te alla fantascienza: “Amazing Stories” del scientifica, nel senso che molti autori ed opere di
1926; “Astounding Stories” del 1930…ecc.) SF vengono ora accolti ed esaminati criticamente
hanno segnato, più o meno consapevol- nell’ambito del mainstream; però (e spero che gli
mente, l’inizio di un’epoca, di un genere appassionati non me ne vogliano), quando ho
letterario o per lo meno hanno collabora- avuto – di recente – modo di frequentare il fan-
to, tramite la parola scritta, alla descrizio- dom ho avuto un’altrettanto forte impressione:
ne di un pensiero, di una condizione so- che molti degli appassionati più attivi non abbiano
ciale, di un’aspirazione… Secondo te una alcuna intenzione di evadere dal ghetto, perché ci si
rivista, al di là delle personali inclinazioni trovano benissimo… tal quale vent’anni fa!
letterarie dei singoli Autori, rispecchia In altre parole, se molti appassionati di letteratura
sempre, nel suo insieme, l’epoca in cui non snobbano più la SF bollandola come sottogene-
“vive”, o no? Credi nella “politicità” (non re, troppi fan di SF continuano ad ignorare la let-
in senso partitico) di una rivista? E se sì, teratura… Lo stesso atteggiamento che, a quei
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tempi, mi allontanò da un ambiente del quale scienza (che sia space opera o altro), è sempre stata
anch’io ho fatto parte. più avanti della realtà, quasi per definizione.
Inisero Cremaschi, uno dei principali pro- Quindi le conquiste scientifiche non hanno mai
motori della fantascienza italiana, conian- dato e non daranno impulsi alla SF, al massimo
do il termine neofantastico negli anni ‘80, potranno limitare e/o contraddire le opere pre-
volle così descrivere le nuove tendenze cedenti, ma solo sotto il piano profetico, per l’ap-
della narrativa fantastica. Quali evoluzio- punto, non sotto l’aspetto letterario. Ad esem-
ni ci sono state, ammesso che ce ne siano pio: il fatto che noi oggi sappiamo che Marte è
state, nell’ambito neofantastico? disabitato non toglie alcun fascino a La guerra dei
mondi di Wells o alle Cronache Marziane di Bra-
Purtroppo, come sono costretto a ripetere, cono- dbury; lo sbarco sulla luna rese obsoleta l’ipotesi
sco troppo poco i più recenti sviluppi della fanta- di partenza di 2001: Odissea nello spazio, che risali-
scienza, soprattutto in ambito italiano. Mi sembra va appena all’anno precedente, ma non ne sminuì
tuttavia che l’idea che Cremaschi aveva in mente il valore. E così via…
(e della quale ero un entusiastico sostenitore)
abbia attecchito poco: si trattava, per chiarire, di Quale è l’opera letteraria, in ambito fanta-
un indirizzo narrativo più orientato verso esempi scientifico, che preferisci? O, se vuoi, l’-
come Calvino e Primo Levi (quanti appassionati Autore? E perché?
di SF sanno che il dolente cantore dell’olocausto è Non mi sento di citarne uno solo. In ogni modo,
stato un incredibile autore di fantascienza? quanti anche nella SF, le mie preferenze vanno a chi sa
hanno letto i racconti di Storie naturali, Vizio di usare il mezzo letterario con peculiare intensità, al
forma e Lilìt?) che non verso i canoni classici della di là dei contenuti… Per essere più espliciti,
hard SF anglosassone. troppi autori di fantascienza, pur affrontando
Racconterò un breve aneddoto: qualche anno fa, temi e trame interessanti, scrivono da cani… e
ad un dibattito (erano presenti nomi come Vitto- questi non mi piacciono.
rio Curtoni, Franco Forte, Luca Masali) che se- Ciò premesso, citerei: Philip K. Dick, un grande
guiva la premiazione di un concorso di narrativa (anche se troppo prolifico per non essere discon-
fantastica, citai (provocatoriamente) Quando le tinuo): La svastica sul sole è un capolavoro assolu-
radici di Lino Aldani, un bellissimo romanzo di SF to, e anche Cronache del dopobomba, I simulacri e
italiana degli anni ’70… Come mi aspettavo, altri sono grandi romanzi; Ray Brabdbury con
venne fuori una polemica incandescente tra quelli Cronache Marziane e – soprattutto – Fahrenheit
che, come me, lo consideravano un capolavoro 451; Theodore Sturgeon con Nascita del superuomo
della SF ed altri (probabilmente in maggioranza) e Cristalli sognanti; e poi certe cose di Leiber,
che continuavano a protestare: – Ma quella non è Ballard, Zelazny… l’umorismo di Frederic
fantascienza! Brown e Robert Sheckley… non si finirebbe più!
Il Presidente degli USA, George W. Bush, Preferisco dedicare qualche parola ai tanto bi-
ha recentemente annunciato: “…stiamo strattati italiani: ad Aldani ho già accennato, e
per tornare sulla Luna…e con una base fis- ribadisco che è un grande scrittore in assoluto; lo
sa!” ; in vista, soprattutto, della successiva stesso Cremaschi ha scritto cose molto buone;
tappa riguardante la colonizzazione di Renato Pestriniero è un autore poco conosciuto,
Marte. Non ti chiedo una “profezia” ma, ma insuperabile creatore di atmosfere fantastiche.
in base a tali aspirazioni politico- E ce ne sarebbero ancora…
astronautiche, pensi che la space-opera Tu affermi simpaticamente, parlando del
potrà ricevere in futuro nuovi impulsi e successo, in un’intervista rilasciata a
nuovo materiale da utilizzare o credi che “Prospektiva” : “…non riesco a immaginar-
si tratti di una vena ormai esaurita e in mi in forma di etereo spirito che dall' al di là
preda al disincanto? contempla soddisfatto la sua raggiunta gloria
Non trovo che la domanda sia posta del tutto in “post mortem”… Per cui mi accontenterei di
termini corretti: nel senso che il rapporto causa– entrare nelle classifiche dei best-seller da vi-
effetto andrebbe, secondo me, ribaltato. La fanta- vo…” Come interpreti il “fenomeno Phi-
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lip K. Dick” alla luce, principalmente, dell’- inquinamento… per non parlare dell’irrisolta e
enorme rivalutazione editoriale e cinema- irrisolvibile questione della fedeltà al testo… In
tografica che ha caratterizzato il periodo fantascienza c’è l’aggravante che spesso la fanta-
successivo alla sua morte? sia dell’autore (del romanzo) crea situazioni al
Di Dick ho letto recentemente la Trilogia di Valis. di là del reale, che il lettore può riuscire ad im-
Non mi ha entusiasmato né convinto del tutto, ma maginare nella sua mente… ma che è difficilissi-
mi sembra emblematica di quella sorta di dicotomia mo rendere per immagini senza cadere nel ba-
letteraria che pare aver perseguitato questo autore nale.
per tutta la vita, sempre oscillando tra il raggiunto D’altro canto la possibilità cinematografica di
successo nell’ambito fantascientifico e la voglia di narrare per immagini e di creare effetti speciali può
essere considerato un grande scrittore tout court… a sua volta generare esiti sorprendenti, addirit-
Paradossalmente Dick c’è riuscito proprio dopo tura, in certi casi, superare con la magia dell’im-
morto… e dopo aver steso questa sorta di testamen- magine narrazioni non proprio impeccabili sul
to spirituale che non è comunque la sua opera mi- piano dell’atmosfera.
gliore, né sotto l’aspetto fantascientifico né sotto Un paio di esempi: L’ultima spiaggia di Stanley
quello letterario. Kramer è decisamente superiore, sul piano arti-
Le donne e la fantascienza. Alcune Autrici, stico, nel rappresentare l’angosciosa ambienta-
a dire il vero ancora troppo poche, hanno zione da fine del mondo, rispetto al romanzo di
dato un prezioso contributo alla letteratura Nevil Shute, ugualmente efficace nel contenuto
fantascientifica. Basti ricordare la mamma ma decisamente povero stilisticamente.
di “Frankenstein”, Mary Shelley, passando E La storia infinita di Wolfgang Pedersen ha un
per la femminista Ursula Le Guin… E’ sba- impatto fantastico forse superiore al romanzo di
gliato o esagerato credere, secondo te, che Michael Ende, bello ma un po’ pesante e prolis-
l’innegabile sensibilità femminile applicata so.
alle tematiche fantascientifiche possa deli- L’editoria che si occupa di fantascienza,
mitare un’area particolare nell’ambito della sembrerebbe aver aperto i battenti a
FS? nuovi ibridi letterari che spesso sfociano
Con tutta sincerità sì. Nemico come sono delle in squallide chimere dal successo effime-
etichettature, provo un sincero fastidio a sentir par- ro. Non sarebbe il caso, ti chiedo in qua-
lare di SF di destra e di sinistra, femminista o maschili- lità di lettore, di abbandonarsi, invece,
sta… Che esista una sensibilità femminile è indubbio, ad una salutare rilettura dei cosiddetti
ma nel campo dell’arte, secondo me, l’hanno anche “padri fondatori” quali Edgar Allan Poe,
molti uomini (Bradbury ne è un esempio, a mio Jules Verne, Herbert George Wells…
vedere). E molte autrici scrivono come maschi… Riesaminandoli con gli occhi smaliziati
Alice Raccoon Sheldon, negli anni ’70, si firmava di chi vive nell’anno 2005?
James Tiptree jr, e tutti la prendevano per un uo- Inevitabile rispondere di sì: come nel mainstream
mo, nonostante agitasse tematiche femministe an- nessuno nega che si possa – e si debba! – rileg-
che esasperate. gere Dante e Ariosto e Manzoni prima di ap-
Fantascienza e Cinema: due mondi da sem- prodare ai giorni nostri, così nel genere SF la
pre felicemente conviventi e, recentemen- stessa operazione (fatte le debite distinzioni)
te, grazie all’ultima realistica generazione può riguardare, oltre i padri fondatori, anche
di effetti speciali computerizzati, magistral- altri autori fondamentali degli inizi, come Love-
mente ibridati. Non credi che le trasposi- craft e Merritt, o i classici degli anni ’40 come
zioni cinematografiche di certe opere lette- Asimov, Clarke, Van Vogt e Simak.
rarie fantascientifiche ne abbiano alterato il In un paese come l’Italia in cui si verifi-
significato puro, “inquinando”, in un certo cano continue “fughe di cervelli”, l’opera
modo, l’immaginario del Lettore? straordinaria di Isaac Asimov, a metà
In ogni campo letterario l’incontro/scontro tra strada tra la fantascienza e la divulgazio-
parola e immagine pone problemi di ibridazione, di ne scientifica (con tutto il rispetto per il
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nostro Piero Angela!), sembrerebbe poco d’anni fa, dalla caduta del muro di Berlino al
auspicabile per non dire sprecata. La fan- disfacimento dell’URSS. L’invadenza dei mezzi
tascienza, quindi, non è solo un genere di comunicazione di massa, la prevalenza dell’im-
letterario ma un’autentica cartina al tor- magine rispetto alla parola che stiamo vivendo
nasole per testare la qualità scientifica e nel periodo attuale sembrerebbero piuttosto dar
tecnologica di una società? ragione a Bradbury, a distanza di oltre cinquant’-
La SF è nata, come genere, nei paesi anglosasso- anni… Anche i modernissimi schermi televisivi
ni, dove l’aspetto tecnico-scientifico è più accet- giganti somigliano in modo impressionante a
tato in campo culturale… Da noi il termine cultu- quelli descritti in Fahrenheit 451 (e così ben rap-
ra identifica l’ambito umanistico-filosofico: quin- presentati da Truffaut nell’omonimo film)…
di sì, in effetti questo fatto è rappresentativo del- Sono comunque d’accordo anch’io sul fatto che
l’attitudine (più che della qualità, direi) scientifica queste nuove forme di totalitarismo siano più
e tecnologica di un popolo. La nostra fantascienza subdole che effettive… Nessuno, penso, ci impe-
è prevalentemente umanistica… e normalmente, dirà mai con la forza di leggere libri… piuttosto
ribadisco, non viene considerata fantascienza ma le leggi di un mercato globale, se dovessero vera-
mainstream, proprio perché anche da noi si tende mente imporsi, potrebbero portare a far decidere
a considerare SF solo il filone avventuroso- di non produrre più libri, se non di puro e sem-
tecnologico… Questo porta anche a delle stortu- plice consumo… E questa tendenza, purtroppo,
re paradossali, dovute a scarsa conoscenza della in una certa misura la trovo già in atto, al giorno
materia e/o preconcetti… Torno un attimo su d’oggi: basta guardare gli scaffali e le vetrine
Primo Levi: Levi è tecnologico, nei suoi rac- delle librerie…
conti fantastici (non a caso era un chimico), e Ci sono ancora molti “irriducibili” che
molti di questi racconti hanno sorprendenti so- non si rassegnano dinanzi al fatto che la
miglianze con quelli di Isaac Asimov (con la diffe- letteratura fantascientifica non è un
renza che Levi è di gran lunga superiore ad Asi- “sottoprodotto”, bensì un genere lettera-
mov nello stile letterario e va un po’ più in pro- rio da non distinguere e separare, in mo-
fondità nello spazio interiore umano); ma nessuno do razzistico e sciocco, dalla cosiddetta
riconosce Levi come autore di SF… letteratura “ufficiale”… Cosa senti di po-
Ti dirò di più: un romanzo come Il deserto dei ter dire a questa schiera di puristi del
Tartari di Dino Buzzati, con le sue implicazioni mainstream ?
simboliche, potrebbe essere anche stato scritto Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire…
da un autore di fantascienza inglese del periodo è quindi difficile trovare parole adatte a questi
New Wave, e là sarebbe considerato un’opera casi. È forse vero che la SF, per poter vivere in
SF… eterno nell’ambito della letteratura, deve prima
Le cosiddette anti-utopie, basate su reali- morire, come hanno detto paradossalmente in
stiche descrizioni di scenari totalitaristici molti… ed è quello che anch’io in qualche modo
(vedi “1984” di Orwell; “Il mondo nuovo” esprimevo, con quella mia frase che hai citato alla
di Huxley; “Fahrenheit 451” di Bra- domanda 3).
dbury…), dando credito a ciò che dicono Intendendo con ciò che solo un’unione totale,
i più paranoici, sembrerebbero non essere senza barriere e steccati, nell’ambito della lettera-
tanto lontane dall’avverarsi. Dal tuo pun- tura, può portare alla pari dignità di ogni genere
to di vista, i pericoli descritti nelle opere letterario… Ma questo, in ultima analisi, com-
citate sono stati superati o stiamo già vi- porta anche la scomparsa dei generi letterari…
vendo nuove forme di un più subdolo to-
talitarismo? Nel 1982, in una lettera alla rivista The Time Ma-
chine, edita dal Club Padovano di Fantascienza e con
Alcuni aspetti di queste opere sono senz’altro la quale collaboravo da tempo, scrivevo: Sono
superati: Orwell, nello scrivere 1984 e La fattoria sempre più convinto che la letteratura fantastica possa
degli animali, prendeva a modello e a bersaglio il e debba elevarsi al rango di vera letteratura, ed anzi
socialismo reale sovietico e stalinista, che si è prati- porsi come forza trainante della letteratura moderna…
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camente sciolto come neve al sole una quindicina
…Mi sto invece convincendo – contrariamente alle mie sguardo per non ricadere in una nuova
idee di un tempo – che questa operazione di epoca di “Régression” (come J. Sadoul de-
“elevazione” del fantastico debba essere condotta non finì il decennio ‘73/’84 dal punto di vista
dall’interno, bensì dall’esterno, cioè nel grande e con- della produzione fantascientifica)?
fuso grembo del mainstream… Verso tutti i nuovi mondi, le nuove inquietudini, i
Era, come si comprende, una sorta di addio a un nuovi orrori… che le si presenteranno agli occhi di
ambiente che avevo amato e nel quale cominciavo giorno in giorno… Se già li conoscessimo o im-
ad essere conosciuto, ma dove mi sentivo irrime- maginassimo, qui ed ora, non ci sarebbe più al-
diabilmente stretto… Nell’ambito letterario senza cun piacere nel leggere e nello scrivere… Perché
etichette mi sono trovato decisamente meglio, per la letteratura è sempre stata più avanti della real-
esistendo, anche qui, molti irriducibili coi quali è tà… e la SF in modo particolare, nel rivolgere
difficile ragionare… l’attenzione (mi si perdonerà se utilizzo ancora le
Concluderei con la speranza che il loro numero, parole conclusive di quel mio saggio che hai cita-
sull’una e l’altra sponda, vada man mano ad esau- to in precedenza) ai misteriosi, inquietanti e
rirsi… impenetrabili destini dell’uomo…
Quale è, insomma, la “missione” della Fan-
tascienza? E verso quali mondi inesplorati, Michele Nigro
verso quali “…nuovi orrori, nuove in-
quietudini…” dovrà rivolgere il proprio

P.K.Dick
Lino Aldani Ursula Le Guin Lovecraft

Isaac
Asimov
R.Bradbury

A. Clarke H. G. Wells
Van Vogt R. Heinlein

Clifford Simak
G. Orwell T. Sturgeon Mary Shelley I. Cremaschi 43
“Sotto il portico”
galleria di poesie

Stasimo mattutino

Davanzale marmoreo ghiacciato


Nella brina aurorale di una
Coscienza veggente – e tenace virgulto
Che s’erge al serpente metallico
Giù nel torrente di gas.
Domestica pace agognata su Quando sarai nella mischia, massa
Mura ingiallite, finestre
Urbane con ticchettìo della Gioca le carte della vita
Pioggia paterna. E stupisci i sensi altrui
Quando un urlo ti lancera'
Vento tedesco calunnia
Nella mischia di una fossa
Alberi epilettici e calvi con magre Che mai capira' la tua culla
Braccia alzate al cielo e cenerentole di quale materiale e' fatta
Foglie salutate da lunghi singhiozzi –
Ma è solo il vento
Rossella Liotino
Ed io cerco il senso
Nella catarsi
Del rugiadoso mattino.

Antonio Piccolomini d’Aragona


Lo dice la tua immagine
(a mia madre)
Onde

Quanto e' lieve e ingenua e beata


Vorrei che io e te fossimo come due onde la tua aria :
Che si rincorrono nell’oceano infinito i tuoi capelli vergini
Spinte da venti, rapite da correnti, la tua giovinezza ancora luminosa ...
Piccole labbra su lande argentante. Guardi alla tua destra
perche' li e' il figlio
madre non conscia di quello che
Incontrami nel mare notturno la vita voleva da te
Mentre vaghi da sola sotto la luna La hai poi assecondata
[silenziosa. e ancora oggi l'assecondi
Incontrami mentre il mondo dorme in un caldo sapore di bonta'.

E l’oceano custodisce i suoi sogni.


Rossella Liotino
Antonio Piccolomini d’Aragona
44
“Controedicola”
In alternativa alla cultura dilagante del “ best seller da edicola” e all’ “enciclopedia da su-
permarket”, Nugae - Scritti Autografi è lieta di presentare ai propri Lettori una piccola rubri-
ca dedicata ai cosiddetti “libri particolari” - sconosciuti o quasi ; famosi un tempo, ora di-
menticati -, agli “sfortunati” delle classifiche, ai “figli stampati di un dio minore”… A tutti quei
testi, insomma, che un po’ per le tematiche affrontate e, in parte, a causa dell’ombra crea-
ta dai “grandi successi”, non hanno mai aspirato e mai aspireranno a risalire le “ top ten ”
dei libri più venduti. Libri, antichi o moderni, che hanno ancora tanto da raccontare…

“Grammatica della
“Grammatica della fantasia”
fantasia”
Gianni Rodari
di Gianni Rodari
<<Quello
<<Quello che che ioio sto sto facendo
facendo èè didi ricercare
ricercare lele “Concerto” – Collana Premium
“costanti”
“costanti” dei dei meccanismi
meccanismi fantastici,
fantastici, lele leggileggi nonnon
ancora
ancora approfondite
approfonditedell’invenzione,
dell’invenzione, per renderne
per renderne l’uso Autori Vari
accessibile
l’uso accessibilea tutti.a Insisto nel dire
tutti. Insisto che, che,
nel dire sebbenesebbe-il “Noi ed io” Il volume collettaneo “Concerto” rappresenta lo
Romanticismo
ne il Romanticismo l’abbia l’abbia
circondato di mistero
circondato di misteroe glie sbocco naturale del Concorso Nazionale organizzato
abbia
gli abbiacreatocreato
attornoattorno
una specie una dispecieculto, diil processo
culto, il Millenovecentosessantotto ed altre poesie a Contursi Terme (Sa) dal Centro di Cultura Popo-
processo ècreativo
creativo insito nella è insitonatura
nella umana
natura edumana è quindi,
ed è di Salvatore Malinconico lare UNLA.
quindi,tuttoconquel
con tuttochequelne che consegue di felicità
ne consegue di espri-di
di felicità
mersi e di e giocare
esprimersi di giocare con con la fantasia,
la fantasia,alla alla
portata di
portata Una originale contaminazione di temi politici e privati. Dedicato alla memoria di Angelo Mazzeo, l’evento
tutti
di tutti>>. >>.DaDaquesta questaricerca,
ricerca,che che Gianni
Gianni Rodari
Rodari haha letterario accoglie ogni anno numerosi partecipanti i
Alla parola in pubblico, ottimista e propositiva, corri- quali, spinti dalla comune passione per la scrittura,
condotto per
condotto per moltimolti anni,
anni, èè nata questa Grammatica
nata questa Grammatica sponde la difficoltà dell’articolazione verbale nei “mettono in gioco” i propri lavori alimentando, così,
della
della fantasia,
fantasia, una una proposta
proposta concreta
concreta che che in-tende
intende
rivendicare soliloqui. Anche lo stile, letterario e talvolta ricercato, quella fucina sperimentale, tipica di quegli ambienti
rivendicare all’immaginazione
all’immaginazione lolo spazio spazio che che deve
deve testimonia di un rapporto irrisolto con la tradizione (concorsi, riviste, laboratori…) in cui, da sempre, ci
avere
avere nella nella vita vita didi ciascuno.
ciascuno. Attraverso
Attraverso lele più più
svariate dei “padri”. si ritrova per verificare idee e parole… Un modo
svariate tecniche
tecniche dell’invenzione,
dell’invenzione, Rodari Rodari cici offre
offre con
con
questo suo
questo suo libro
libro non non un un «Artusi
«Artusi delle
delle favole»
favole» ma ma Al di là del valore poetico, una testimonianza acco- intelligente e pratico per aiutare gli autori emergenti
un efficace
un efficace ed ed utileutile strumento
strumento «a «a chi
chi crede
crede nella
nella rata della generazione degli anni ‘70, una generazio- nella difficile, e a volte impossibile, “scalata” verso
necessità
necessità che che l’immaginazione
l’immaginazione abbia abbia ilil suosuo posto
posto ne capace di tenere fragilità e di terribili durezze. l’affermazione editoriale.
nell’educazione; aa chi
nell’educazione; chi ha ha fiducia
fiducia nella
nella creatività
creatività “Concerto”, infatti, rappresenta anche l’ennesimo,
infantile; SALVATORE MALINCONICO (Palma Campania - NA,
infantile; aa chi chi sa sa quale
quale valore
valore didi liberazione
liberazione possapossa 1954) vive e svolge la sua attività di insegnante a umile schiaffo morale dato a tutti gli “snob dalla
avere lala parola».
avere parola». penna aristocratica” che credono in una visibilità
pochi chilometri da Napoli. Ha partecipato attivamente
Gianni Rodari
Gianni Rodari (1920-1980):
(1920-1980): giornalista
giornalista didi professione,
professione, ai movimenti giovanili ed operai della « nuova basata esclusivamente sugli investimenti di mercato
scrittore per
scrittore per ragazzi,
ragazzi, vincitore
vincitore del del Premio
Premio Andersen
Andersen sinistra ». Ha pubblicato saggi su Marx. Attualmente e sulle previsioni di vendita…! Non è una novità nel
(un Nobel
(un Nobel per per lala letteratura
letteratura infantile),
infantile), lele suesue opere
opere collabora stabilmente al periodico OFFICINA. panorama dei riconoscimenti letterari (già altri
sono state
sono state tradotte
tradotte inin tutto tutto ilil mondo.
mondo. Einaudi
Einaudi ha ha concorsi premiano i vincitori con la pubblicazione),
Editrice Imbarco - Acerra € 5,00 ma è pur sempre un coraggioso “fuori programma”
pubblicato: Filastrocche
pubblicato: Filastrocche inin cielo cielo ee inin terra;
terra; Favole
Favole alal
telefono;
telefono; IlIl Pianeta
Pianeta degli
degli alberi
alberi didi Natale;
Natale; IlIl libro
libro che va ad affiancare dignitosamente le possenti
degli
degli errori;
errori; LaLa torta
torta inin cielo;
cielo; GliGli affari
affari del
del signor
signor pubblicazioni dei mammasantissima dell’editoria.
Gatto;
Gatto; IlIl palazzo
palazzo didi gelato
gelato ee altrealtre otto
otto favole
favole alal Vuoi segnalare a “Controedicola” un
Enrico Brambilla Arosio, Michele Nigro, Ferdinando
telefono;
telefono; II viaggi
viaggi didi Giovannino
Giovannino Perdigiorno;
Perdigiorno; Novelle
Novelle “libro particolare”, antico o moder- Colzani, Giovanni De Matteo per la narrativa; Adolfo
fatte
fatte aa macchina;
macchina; Marionette
Marionette inin libertà;
libertà; Tante
Tante storie
storie Silveto, Antonietta Lestingi, Alfredo Di Marco per la
per
per giocare;
giocare; C’era
C’era due
due volte
volte ilil barone
barone Lamberto;
Lamberto; La La no, fuori catalogo o comunque sfio- poesia: questi gli Autori ospitati nel Premio Pubbli-
gondola
gondola fantasma;
fantasma; IlIl gioco
gioco dei
dei quattro
quattro cantoni;
cantoni; Storie
Storie rato/ignorato dalla pubblicità di cazione - edizione 2004 – del “Fauno d’oro”.
didi rere Mida;
Mida; Giochi
Giochi nell’Urss;
nell’Urss; IlIl secondo
secondo libro
libro delle
delle
filastrocche;
filastrocche; Gli Gli esami
esami didi Arlecchino;
Arlecchino; Prime Prime fiabe
fiabe ee massa?... Manda un’ e-mail a : Per maggiori informazioni: IL FAUNO EDIZIONI
filastrocche
filastrocche (1948-1951);
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