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Il bandoneón, chiamato "bandonion" dal suo inventore, il musicista tedesco Heinrich Band (1821-1860), nacque
originariamente come strumento per la musica sacra, per accompagnare i canti durante le processioni, in
contrasto con il suo parente più prossimo, la concertina (Konzertina),strumento votato invece alla musica
popolare.
Questa destinazione "alta" dello strumento, è confermata dal fatto che i primi spartiti tedeschi per bandoneon
sono in edizioni litografiche lussuose, illustrate, e con soggetti come musica sacra, frammenti operistici e danze
di salone come valzer, polche, quadriglie e gavotte. Verso il 1880 gli operai del bacino minerario della Ruhr e
delle fabbriche nella zona nord occidentale della Germania crearono le prime istituzioni bandoneonistiche che
in seguito si estesero a tutta la Germania. Nacquero così la "Federazione dei Circoli di Musica dei Lavoratori
Tedeschi" e la "Federazione Tedesca della Concertina ed il Bandoneón". Quest'ultima sarà il propulsore, nel 1924,
della normalizzazione degli svariati modelli di tastiera in un unico modello unificato (il 144 voci "Einheits"). Gli
emigranti tedeschi portarono poi questo strumento con loro, all'inizio del XX secolo, in Argentina, e qui incontrò
rapidamente il successo, e fu inserito nel contesto della musica locale. Come strumento musicale può essere
classificato come appartenente alla famiglia degli strumenti ad ancia con mantice, più esattamente si definisce
"aerofono meccanico ad ance libere, cromatico, a doppia intonazione": aerofono perché appartiene a quella
famiglia di strumenti musicali il cui suono è prodotto dalla vibrazione di un flusso d'aria, meccanico nel senso che
non è il fiato del suonatore che lo aziona, ma un mantice che incamera e comprime l'aria con cui vengono
sollecitate le ance, lamelle sottili di metallo che, vibrando, producono il suono, a doppia intonazione (o bisonoro)
in quanto ogni tasto dello strumento consente di ottenere un suono differente a seconda che lo si prema in
chiusura o in apertura di mantice.
I bandoneon a doppia intonazione (definiti erroneamente "diatonici", non insisteremo mai abbastanza su ciò),
sono più ricchi di possibilità espressive rispetto ai modelli utilizzati soprattutto in Europa nella musica bavarese
e francese, che producono la stessa nota chiudendo o aprendo il mantice (definiti erroneamente "cromatico").
Il bandoneón porta su entrambi i lati dei bottoni: il modello bisonoro con il layout di tastiera detto "Reinische
tonlage" (il modello canonico per il tango, esportato massicciamente nella regione del Rio de la Plata) ne ha 38
su 6 file per il registro acuto e 33 su 5 file per il grave per un totale di 142 toni, quello bisonoro detto anche
"Einheits" usato in Germania ne ha 37 al canto e 35 ai bassi su 5 file per un totale di 144 toni. Ogni tasto emette
un suono in apertura e uno in chiusura, e per comporre un accordo è necessario premere più tasti
contemporaneamente. Ciò significa che ogni tasto ha in effetti due schemi di esecuzione: uno per la note in
apertura ed uno per la note in chiusura. Giacché i tasti di pertinenza di una mano sono differenti da quelli
dell'altra mano, si devono dunque imparare quattro differenti posizioni dei tasti per riuscire a suonare lo
strumento. Inoltre, nessuno di tali schemi presenta una sequenza scalare di note, alcuni dei tasti adiacenti sono
disposti a formare triadi. Questo rende più facile eseguire una semplice melodia armonizzata, ma in cambio
risulta abbastanza difficoltoso suonare dei passaggi scalari elaborati.
Il bandoneon bisonoro di 142 voci ha un estensione di quasi 3 ottave ai bassi (mano sinistra) e di 3 ottave al canto
(mano destra) con le due estensioni parzialmente sovrapposte, giungendo così a un'estensione totale di 5 ottave.
L'ottava in comune alle due mani, inoltre (per un non simmetrico posizionamento dei pettini ai due lati e la
presenza di un cassotto di risonanza a sinistra) permette un differente timbro della medesima nota, a seconda
che venga eseguita a destra o a sinistra, offrendo ulteriori sfumature all'esecutore. E sul resto dell'estensione,
anche la differente direzione di esecuzione del mantice offre leggere variazioni timbriche sulla medesima nota,
crendo così uno strumento dalle enormi possibilità espressive, se se ne sfruttano tutte le particolarità timbriche
e di dinamica.
Il bandoneón unisonoro ha una struttura interna ed esterna sostanzialmente identica al bandoneón bisonoro ma
la corrispondenza tra bottoni e suoni è diversa: premendo un bottone si ha la stessa nota sia aprendo il mantice
che chiudendolo. La disposizione dei bottoni segue una logica cromatica, per cui la progressione avviene per
gruppi di tre bottoni tipo Do-Do#-Re poi Re#-Mi-Fa, eccetera. In seguito sul bandoneon unisonoro vennero
sviluppate anche altre disposizioni della tastiera come quella simmetrica per le due mani del modello Pegurì in
Francia. Comunque è necessario ribadire che tutti i bandoneon, unisonori e bisonori, (a parte gli strumenti più
antichi con pochi bottoni) sono strumenti cromatici, ossia possiedono tutte le 12 note (toni e alterazioni) della
scala cromatica e su più ottave.
LA STRUTTURA
"3786 elementi compongono il bandoneon: 272 ance; 272 rivetti; 14 pettini, 71 braccetti; 71 bottoni; 71 molle;
32 muñequitos, 71 zapatillas, 2 tapas; 2 casse del mantice…………………………e ancora 1 mantice fatto di 60
angolari di alpacca, 60 angoli in pelle, 144 striscie di carta decorata ………………….e infine 8 lire in metallo agli
angoli delle casse."
1.1 Casse e mantice
Le casse sono costruite in legno di "abete rosso di risonanza" o pino armonico (lo stesso usato per i violini) la cui
caratteristica è di avete una struttura a tubuli (i canali resiniferi) che una volta stagionato - e quindi evaporata la
linfa - si trasformano in tante piccole "canne d'organo" che favoriscono e amplificano la trasmissione della
vibrazione sonora. Il legno (in questo caso proveniente dalle foreste germaniche) cresciuto in un clima freddo ha
tubuli più fitti e sottili ed ha quindi una migliore resa sonora (per questo motivo gli abeti provenienti dai boschi
del Friuli e cresciuti durante l'ultima piccola era glaciale nel '700 furono quelli che permisero l'altissimo sviluppo
della liuteria cremonese -Amati, Stradivari…)
All'interno delle casse sono contenute le ance e le meccaniche dei tasti montate su tavole armoniche di faggio o
ontano, legni poco sensibili all'incurvamento e alle spaccature, rispetto alle essenze resinose. Solo strumenti più
economici come le prime concertine ottocentesche presentano le tavole armoniche in abete.
Il mantice a soffietto è posto tra le due casse. Quando è chiuso ha dimensioni ridotte, ma si estende per oltre il
metro quando è completamente aperto. Il mantice è diviso in tre settori ognuno dei quali forma cinque pieghe,
i settori sono separati tra loro da due cornici in legno allo scopo di irrobustire la struttura. (Il mantice in Argentina
viene chiamato fueye o fuelle, termini utilizzati anche per definire colloquialmente l'intero strumento.)
Il musicista inserisce le mani in due cinghie disposte nella parte esterna della cassa che stringono la regione del
metacarpo lasciando libere le dita. Per azionare la tastiera si usano solo otto dita lasciando ai pollici il compito di
mantenere la presa sullo strumento, rimanendo esterni alle cinghie. (anche se talora si vede qualche esecutore
tenere tutta la mano, soprattutto la sinistra dentro la cinghia, questa è una posizione sbagliata e
ergonomicamente svantaggiosa).
Il pollice della mano destra ha inoltre il compito di azionare la valvola per lo sfogo dell'aria, il cui uso è stato
portato a livello di "virtuosismo" dai musicisti rioplatensi, per ottenere effetti sonori altrimenti irriproducibili.
Le casse, sia quelle del mantice ("caja") che quelle - dette invece "tapa" - che si richiudono e fissano con delle
viti particolari dette "palomitas" (colombine) sopra le meccaniche, sono rivestite da un'impiallicciatura di ebano,
jacarandà, o altri legni pregiati che può essere laccata o verniciata. Avremo così il tipo "negro" (ebano) e il tipo
con le venature del legno a vista e colori che vanno dal biondo pallido al rosso mogano (colloquialmente
definito "colorado") passando per tutte le sfumature del marrone. Alcuni esemplari (rari) furono impiallacciati in
betulla, e, per il loro colore, soprannominati "lecheritos".
Esteriormente le due casse possono essere ornate da intarsi floreali in madreperla (nacar) e alpaca (L'Alpaca o
Plata alemana è una lega di rame 50-70%, nichel 13-25% e zinco 13-25%) e negli angoli smussati ("ochavas")
sono presenti gli stemmi (in madreperla o in metallo) della casa costruttrice dello strumento (nella maggior parte
dei casi delle lire musicali con piccole differenze a seconda dei costruttori).
In base alla presenza e alla quantità delle decorazioni, il bandoneon si dice "nacarado", "medio-nacar" "3/4
nacar" (ma questa ritengo sia una variante, in epoca posteriore, del "medionacar") o "liso" (senza decorazioni).
Per un maggior disamina delle varianti "estetiche", traccerò una sorta di tassonomia del bandoneon in un
successivo capitolo.
I bottoni, di legno verniciato nei modelli più antichi, poi di galalite (detta anche "avorio artificiale", materiale
plastico di consistenza cornea ottenuto per condensazione della caseina con la formaldeide), sono disposti ai lati
delle casse e azionano dei leveraggi che aprono e chiudono le valvole per il passaggio dell'aria sulle ance.
Sulla cassa ("tapa") della mano destra è sistemata inoltre la leva della valvola di sfiato dell'aria (in Sudamerica
detta " palanca") che, una volta premuta, consente al musicista di eliminare l'aria raccolta nel mantice o di aprire
il mantice silenziosamente. Tale valvola è presente in tutti gli aerofoni a mantice. L'apertura della valvola (rivolta
verso il musicista negli strumenti recenti, verso il pubblico negli strumenti più antichi) è protetta da una placca
intagliata e decorata di alpaca, spesso con il logo del fabbricante o con il nome del modello del bandoneon.
Il peso delle due casse armoniche con le meccaniche, si aggiunge a quello del mantice, rendendo lo strumento
pesante e difficile da maneggiare in piedi senza appoggiarlo sulle gambe, anche a causa del soffietto
particolarmente ampio e cedevole, nonostante la presenza di due occhielli che permetterebbero di appenderlo
a una cinghia passante dietro la nuca dell'esecutore.
2) Cassa (tapa)
6) Cinghia (correa)
9) Bottone (tecla)
10) Leva dell'aria (palanca de valvula)
12)
1) tavola armonica
2) apertura nella tavola - permette l'ingresso del flusso d'aria sulle ance
5) asse (cojinete)
9) valvola (zapatilla)
Schema di funzionamento
1.5 Ance, pettini e soniere
1) ancia (lengüeta)
3) corpo dell'ancia
4) collo dell'ancia
5) testa dell'ancia
7) pettine (peine)
Le diverse ance vengono assemblate su piastre in zinco o alluminio o duralluminio dette "peines" (pettini) fissate
e bloccate con ganci girevoli su soniere di legno, a differenza della fisarmonica in cui ogni ancia è fissata su un
pettine individuale. (cosa che ne facilita l'eventuale sostituzione).
Il metallo del pettine quindi caratterizza il suono, vibrando anch'esso, sia
pure in maniera infinitesimale assieme all'ancia, e probabilmente trasmettendo una vibrazione di risonanza alle
altre ance anche se non in uso.
Il metallo del pettine determina la brillantezza delle voci, i primi bandoneon ottocenteschi unisonori montavano
pettini di piombo, poi vennero i modelli con pettini di zinco puro fino al 1922, quando una delle fabbriche
tedesche più famose (E.L.A.) iniziò a montare pettini in alluminio e in duralluminio (la cui produzione industriale
era iniziata solo nel 1886 e nel 1909 e di fabbricazione più costosa richiedendo l'utilizzo ingente di energia
elettrica), che alleggeriscono sì lo strumento, ma modificano il suono rendendolo meno incisivo.
Prima del 1922, solo i bandoneon detti "Luis XV" per la forma bombata delle casse, prodotti dalle due fabbriche
della famiglia Arnold, montavano, forse perché erano il modello di punta, i costosi pettini di alluminio. Alfred
Arnold non usò mai pettini di alluminio sui suoi successivi bandoneon "AA" e "Premier" destinati al mercato
sudamericano (modello 142 toni), ma solo sugli AA da 144 toni destinati al mercato interno.
Quando l'ancia entra in vibrazione, ovviamente trasmette la vibrazione anche al pettine e quindi una differete
densità del materiale del pettine, influisce sul suono finale. Nelle prime concertine-bandoneon si trovano a volte
anche ance in ottone montate su pettini di zinco, dal suono più "caldo". Comunque solo l'acciaio armonico in
combinazione con i pettini di zinco, può garantire al suono il volume e il particolare "sapore tagliente e al tempo
stesso vellutato" richiesto dai musicisti rioplatensi per il tango.
1.5b Le soniere
1) Cella o camera (secreta, celda)
Le soniere sono dei telai in legno divisi in celle - ogni cella corrispondente a un bottone e di conseguenza a una
voce in apertura e una in chiusura, ossia a 4 ance in totale -, poste nella parte inferiore delle tavole armoniche
della meccanica (nella parte superiore sono montati i leveraggi dei bottoni) e quindi alloggiate all'interno delle
casse del mantice. Ogni cella è a sua volta divisa da un divisorio sempre in legno per ridurre e uniformare la
pressione dell'aria sulle due ance attive che sono montate su due pettini separati (solo quattro voci acute alla
mano destra hanno le due ance montate sullo stesso pettine).
Le soniere sono quindi i primi risonatori che amplificano il suono, determinandone in parte la qualità.
La meccanica interna del bandoneon è dunque (quasi) tutta rigorosamente di legno (fanno eccezione solo le
molle di ritorno dei leveraggi in acciaio armonico, le articolazioni in cuoio delle valvole e le articolazioni dei bracci
in ottone).
1.5c L'ancia
Il suono del bandoneon è prodotto dalla oscillazione dell'ancia sotto la pressione di un flusso d'aria.
Le ance contenute nelle due casse armoniche sono le voci del bandoneon ed è grazie ad esse e al materiale con
cui sono costruite, che il tessuto sonoro del bandoneon presenta una rotondità e una caratteristica vellutata che
lo distingue dalla fisarmonica dal suono più esile e acidulo.
L'ancia, fabbricata in acciaio armonico, è soggetta ai cambiamenti di temperatura e repentini cambi di questa
possono influire temporaneamente sull'accordatura. (motivo per cui molti solisti tendono a lasciare lo strumento
in palcoscenico prima dell'esecuzione, per "acclimatarlo")
L'accordatura dello strumento si ottiene limando le ance: l'intonazione si alza limando la lamella in punta e si
abbassa limandola al centro. La limatura DEVE essere estremamente delicata (normalmente si usano lime
diamantate per gioielleria) e non comporta , entro certi limiti, il deterioramento dell'ancia.
In Italia non esistono accordatori specializzati esclusivamente alla messa a punto dei bandoneon, in Argentina
(ma io oserei dire nel mondo...) i più autorevoli erano fino al 2004 Romualdo e Fabiani, citati anche da Piazzolla
nella sua biografia scritta da Natalio Gorin: "[…] Per fortuna rimangono ancora un paio de tanos, Romualdo e
Fabiani, in Via Martin de Gainza 1321 a Buenos Aires, che ancora continuano a riparare e accordare
bandoneones."
Riccardo Romualdi
Purtroppo Romualdi, il Maestro degli accordatori, ci ha lasciato qualche anno fa (e con lui se ne è andata una
"sapienza artigianale" di decenni di lavoro) anche se la sua eredità è stata in parte raccolta da Damian Guttlein
che ne è stato apprendista negli ultimi anni.
Un altro bravo accordatore (e bandoneonista) in Europa è Rocco Boness ad Amburgo, che dispone di un piccolo
"tesoro" di ricambi originali della Arnold.
Ma ritornerò su questo tema nella parte dedicata agli accordatori e ella piccola manutenzione...
Nel bandoneon, il suono viene prodotto mettendo contemporaneamente in vibrazione due (in alcuni modelli
anche 3 o 4) ance, accordate a distanza di ottava giusta. Questo tipo di disposizione delle ance viene
chiamato intonazione in seconda. Quando tra le due ance l'intervallo di ottava non è preciso, si determina un
"battimento" simile a quello che si verifica in un pianoforte non perfettamente accordato.
La vibrazione delle ance deve avvenire nello stesso istante, in quanto i suoni devono essere perfettamente
sincronici. Se le ance non sono perfettamente allineate, o risentono in maniera diversa del flusso d'aria entrano
in vibrazione una dopo l'altra, (si verifica ad esempio quando la "luce" tra l'ancia e il canale nel pettine non è
uguale in entrambe, ed è particolarmente evidente e poco gradevole nei "pianissimo" in cui l'ancia principale, di
maggior massa, inizia a vibrare con un lievissimo ritardo rispetto a quella più alta -"in seconda").
Le ance esterne (guardando i pettini montati sulle soniere) sono quelle che vibrano quando si suona in chiusura
di mantice, quelle interne vibrano invece quando si suona in apertura.
Il particolare suono prodotto dal bandoneon, così difficile da riprodurre nonostante si possa oggi disporre di una
tecnologia molto precisa e accurata, è anche il risultato della particolare qualità dell'acciaio, prodotto fino all'inizi
della Seconda Guerra Mondiale, e della sua tempera.
Le ance migliori furono quelle costruite da un artigiano di nome Dik, e che determinarono in buona parte il
successo dei bandoneon della famiglia Arnold (ELA e AA) a partire dalla fine degli anni '20. Il risultato finale, però,
dipende sempre in larghissima parte dalla "maestria" con cui viene eseguita l'accordatura.
I bandoneon con tre ance per ogni voce, hanno la terza ancia accordata col "tremolo", ossia una sfasatura di circa
1/10 di semitono che crea un suono vibrato simile a quello della fisarmonica, e quelli a 4 ance presentano anche
dei "registri", particolari soluzioni meccaniche simili a quelle delle fisarmoniche che permettono di escludere una
o più serie di ance, variando quindi il timbro della nota. Sono però modelli di scarsissima diffusione, solitamente
con la tastiera unificata tedesca (144 toni) e utilizzati solo in Germania.
Fettucce di pelle ("cueritos") fissate con colla sulle piastre ("peines") fungono da valvole sui canali dell'aria,
impedendo l'afflusso d'aria alle ance preposte ai suoni in chiusura quando si apre il mantice e viceversa.
Attualmente vengono usati in sostituzione delle pelli anche altri materiali come la pellicola radiografica, per una
sua maggior reattività ai flussi d'aria e maggior stabilità dimensionale nel tempo. (le pelli tendono a seccare e
incurvare negli anni e solo parzialmente si possono "recuperare" questi difetti. Normalmente quando si effettua
un'accordatura completa dello strumento si preferisce sostituirle.)
Personalmente ritengo che a questi vantaggi si unisca però una minor (seppur leggerissima) "ermeticità" nella
fase in cui deve sigillare il canale non in uso. Infatti spesso gli accordatori usano la pelle per le ance più grandi e
riservano alle più piccole la pellicola, bilanciando così pregi e difetti.
Solo le ance più piccole alla mano destra (le note più acute) non necessitano di queste valvole. La loro assenza,
esaminando uno strumento, non è da ritenere un difetto.
1.6 L'accordatura
Dalle fabbriche i bandoneon uscivano originariamente accordati con il La=435Hz (La che sta cinque tasti bianchi
a destra del Do centrale nel pianoforte).
Questa altezza del La si doveva a una legge dell governo francese del 1859 che stabiliva tutta una serie di unità
di misura. Diventò quindi uno standard abbastanza popolare anche fuori dai confini francesi, e quando apparvero
i primi bandoneon E.L.A nel 1864, furono conseguentemente accordati a questa altezza. Su molte piastre degli
E.L.A. si trova incisa la sigla "NA" (Normal Abstimmen - accordatura normale) che specifica l'accordatura
La=435Hz.
L'altro standard in Germania era dato dalla sigla "OS" (Orchester Stimmung) che specificava l'accordatura con il
La da 438Hz a 440Hz.
Solo gli strumenti che non hanno mai avuto una successiva accordatura (rarissimi) conservano questa altezza.
Nel 1955 si adottò mondialmente (normativa ISO) l'altezza del La=440Hz, per una maggior semplicità di
riproduzione negli esperimenti e ricerche di laboratorio sulle onde sonore, obbligando quindi a una riaccordatura
degli strumenti destinati a suonare in formazione con altri strumenti ad accordatura "fissa" come il pianoforte.
Approfittando di questo cambio d'altezza del La e della conseguente nuova accordatura completa, nei
bandoneon arrivati nella regione rioplatense furono spesso modificate due note del lato sinistro (bassi) dei
bandoneon (sia di 142 che di 152 toni), per dare una maggior coerenza alla tastiera.
In origine, ai bassi, c'erano due note (Sol e La) nell'ottava sotto il Do più grave, di quasi nessuna utilità. Così molti
approfittarono della "riaccordatura" per cambiarle a Fa e Mi dell'ottava più grave, e completando così la scala in
apertura. Altri fecero anche cambiare -sempre nei bassi- il Si più acuto in chiusura con il La sempre nell'ottava
più acuta, per dare coerenza alla tastiera, perdendo però il Si acuto che aprendo manca. Ecco il motivo per cui
alcuni strumenti hanno due note cambiate e altri tre, rispetto all'originale layout di fabbrica.
Una fondamentale differenza tra i bandoneon tuttora in uso nella musica popolare e classica in Germania e quelli
nella regione rioplatense sta, oltre che nel differente layout delle bottoniere, nell'accordatura. I bandoneonisti
tedeschi preferiscono l'accordatura con il "tremolo", ossia le due ance che servono per una singola nota non sono
accordate esattamente uguali (a un ottava esatta di distanza) ma con una differenza di circa 1/10 di semitono.
Le due onde sonore prodotte, di differente periodo, generano quindi un'onda di interferenza, che da al suono un
aspetto più brillante, acido e leggero (esattamente come nelle fisarmoniche). E per questo motivo molti
bandoneon prodotti per il mercato tedesco presentano tre ance per nota (la terza viene accordata col
tremolo). L'accordatura "argentina", invece, è all'ottava giusta, e il suono diventa più pastoso e oscuro.
Come curiosità: i bandoneon usati al posto delle fisarmoniche nella musica folklorica argentina del "chamamé" o
"polca correntina" hanno quasi sempre le piastre in alluminio e spesso l'accordatura col tremolo. La cosa è
facilmente spiegabile trattandosi di una variante dello "chotis", una sorta di polca lenta di origine europeo
continentale, e la regione del nordest dell'Argentina (il Litoral), il sud del Brasile, la zona del Paranà, in cui
troviamo questa musica, fu fortemente colonizzata da immigrati tedeschi della zona del Volga, che ovviamente
privilegiarono un "suono" più vicino alle loro tradizioni.
2.1 La Chemnitz Konzertine di Uhlig
Uhlig però assegnò note sciolte ai bottoni, in una disposizione che permetteva accordi di
tonica e dominante usando gli stessi bottoni e invertendo il movimento del mantice e lo
chiamò "Konzertina".
Uhlig successivamente ampliò il
suo strumento per suonare 40, 56 o 78 toni, con i pulsanti distribuiti equamente tra le
due mani. Dal 1868, le ance vennero raddoppiate, due ance accordate a un’ottava giusta
per ogni tono.
Alla fine, le concertine Chemnitz arrivarono ad avere fino a 128 toni.
Sebbene come la concertina Wheatstone non fosse del tutto cromatica, gli strumenti di
Chemnitz hanno però una maggiore estensione.
La fabbrica di Uhlig cesserà l’attività nel 1871 e la produzione continuerà con il marchio
“F. Lange - Chemnitz”.
Inoltre, Band organizzó una catena commerciale utilizzando tutta la famiglia. Cosí, nel
1859 suo fratello Johann aprì un negozio a Colonia, al quale si aggiunsero poi quelli di
Mainz, Krefeld, e altri. Tra le altre attività finalizzate alla vendita degli strumenti si
dedicò a diverse trascrizioni di opere per pianoforte adattate per lo strumento e
compose valzer e polke, migliorando inoltre la notazione scritta con l'aggiunta di numeri
sotto le note (corrispondenti a quelli incisi vicino ai tasti dello strumento) e pubblicando
anche un manuale di apprendimento basato su questa “notazione semplificata”. (Il
nome, nel 1850, tuttavia è ancora quello di “accordion (harmonika)” come si legge nel
frontespizio del suo metodo.)
Questa notazione venne detta ``Waschleinensystem'' ossia “sistema filo del bucato”
poiché la sequenza di numeri e simboli su una singola linea appariva come una sequenza
di panni appesi al filo del bucato…
Il "Carlsfelder Konzertina" fu quindi lo strumento che poi divenne noto a Krefeld
come “bandonion”, (Il termine "bandonión" apparve per la prima volta nel 1856
nelle pagine dell'annuario di Krefeld - testualmente: "Accordión’s, Concertine (da
alcuni denominate anche Bandonion)” nell’annuncio pubblicitario di un venditore di
strumenti.
E con questa denominazione divenne noto anche anche ad Amburgo e Lipsia. (Porti dai
quali probabilmente poi partì, in terza classe, per arrivare in Argentina o Uruguay nel
bagaglio di uno dei tanti emigranti tedeschi tra il 1870 e il 1890…).
I “bandonion” furono venduti con molto successo da Band, al punto che si ritiene che
proprio per questo il nome bandoneon derivi dalla fusione del suo cognome con quello
dell’accordion, al tempo stesso una sorta di sintesi tra “accordion di Band”e una garanzia
di qualità.
Un’altra versione sull’origine del nome dello strumento, vorrebbe che esso nasca
da “Band Union” ossia da un ipotetica associazione commerciale facente capo a Band.
Peccato però che non esista traccia di tale associazione nei registri dell’epoca….
Poco dopo la morte di Band nel 1860, Zimmermann (forse perché venutogli a mancare lo
sbocco commerciale di Band), nel 1864, venderà la sua attività a un suo dipendente,
Ernst Louis Arnold, capostipite di una dinastia di fabbricanti di bandoneon ormai
leggendari.
Le tre disposizioni della tastiera dei tre "costruttori", divennero noti come il sistema
“Rheinische” (Band), “Chemnitzer” (Uhlig) e “Carlsfelder” (Zimmerman). All’inizio del
del secolo, a causa del gran numero di varianti introdotte da produzioni artigianali, ci fu
un tentativo di unificazione, e alla fine furono stabiliti due sistemi, il 124 toni “Einheits-
Konzertina” e il 144-toni “Einheitsbandoneon”. (Einheits=Standard) nel 1924.
In Argentina e Uruguay, il sistema “Rheinische” di 142 toni si diffuse al punto che
venne mantenuto anche quando in Germania si affermò il 144 “Einheits” (e ne divenne il
modello definitivo dal 1924) “costringendo” di fatto le fabbriche tedesche (ricordo che
non venne mai fabbricato in Argentina se non in qualche modello artigianale e anche in
questo caso con componenti tedesche) a mantenere la produzione del “modello renano”
da 142 toni, per non perdere il fiorentissimo mercato rioplatense (che assorbiva fino
all’80% della produzione!).
2.4.1 Ernst Louis Arnold nasce il 3 settembre 1838 a Carlsfeld, un piccolo villaggio tra
le montagne della regione dell’ Erzgebirge, in Germania, figlio di Gottlieb Friedrich
Arnold (fabbricante di chiodi) e Emilie. Schönfelder aus Morgenröthe, figlia di Salomone
Friedrich Schoenfelder, sindaco di Carlsfeld.
Dopo aver lavorato nella fabbrica di Carl Zimmermann come caporeparto, ne acquista la
fabbrica nel 1864 quando i fratelli Zimmerman si trasferiscono in Nord America,
presumibilmente a Philadelfia (dove se ne perderanno definitivamente le tracce) e in
questo anno, ribattezzata la fabbrica “Ernest Louis Arnold Bandonion und Konzertina
Fabrik” inizia la produzione di bandoneon con il marchio E.L.A. acronimo delle sue
iniziali.
Il 2 maggio 1865 sposa Auguste Wilhelmine Rehm da cui avrà sei figli: 3 femmine:
Edvige, Emilie, e Martha e tre maschi: Ernst Hermann, Wilhelm Ernst Paul e Alfred.
Nel 1888, con l’aumentare della produzione, amplia la fabbrica utilizzando l’ edificio
della vecchia scuola della città, aumentando il numero dei dipendenti e dotandosi di un
nuovo motore a combustione per il funzionamento delle macchine utensili. In questo
nuovo laboratorio, amplia ulteriormente l’estensione tonale di bandoneon e concertine
decorandoli anche in maniera raffinata.
Muore il 31 agosto 1910 a Carlsfeld.
Ernst Louis e sua moglie
Nel 1882 sposa Marie Köhler da cui avrà 6 figli: Otto, Clara, Martha, Ernst Paul, Johanne e
Carl.
Il figlio di Ernst Hermann, Ernst Paul Arnold divenne anche lui accordatore nella
fabbrica paterna. Invece il figlio più giovane, Carl Arnold, studiò ingegneria civile e non
seguì le orme del padre e del fratello.
Ernst Hermann Arnold fu un attento uomo d'affari, ampliando ulteriormente l’azienda
con un nuovo edificio residenziale e commerciale nel 1903. Il 1 ° luglio 1930 festeggiò il
suo 50° anno in azienda e lasciò la direzione della ELA ai figli Otto (morto nel 1936) e
Ernst Paul (morto nel 1943). Dopo la morte di Ernst Paul nel 1943 la società fu rilevata
dal cognato Max Olbrich, che aveva sposato sua sorella Martha.
Otto Arnold
2.4.3 Alfred (1877-5 novembre 1933) e Wilhelm Ernst Paul (1866-1952)
nel 1911, un anno dopo la morte del padre, lasciano la fabbrica E.L.A.(che continua ad
essere diretta da Ernst Hermann con il figlio Ernst Otto) e, nello stesso edificio in cui
Zimmermann aveva costruito la prima concertina e che era stata la prima sede della
ELA, aprono la fabbrica “Alfred Arnold Bandonion und Konzertina Fabrik" che inizia a
produrre gli straordinari modelli “AA”, “Premier” e alla fine dell’attività gli “Alfa”. Nello
stesso anno arriva a Carlsfeldt l’eletttricità e subito i due fratelli investono in macchinari
elettrici, prefigurando già la dimensione industriale che intendevano dare all’attività.
Inoltre introducono nel 1912 il modello a 152 voci che completa la scala cromatica nelle
tastiere, anche se non avrà una grandissima diffusione.
I fratelli Ernst Hermann (ELA) e Alfred (AA) divengono quindi concorrenti, ma questo si
rivelerà un fattore estremamente positivo per lo sviluppo del bandoneon.
I bandoneon "ELA", furono importati durante i primi anni del secolo in Argentina da
Max Epperlein, un esportatore di Lipsia innamoratosi di Buenos Aires al punto di
trasferirvicisi. Così arrivò al Rio de la Plata uno strumento che, nel suo paese di origine,
la Germania, era stato conosciuto per lo più dalle classi benestanti, dato il suo alto costo
più vicino a quello del pianoforte che a quello della della concertina. In seguito li importò
e vendette Alberto Örhtmann, in calle
Humberto 1°, 1561 a Buenos Aires.
I “Doble A” furono invece importati in esclusiva da Luis Mariani, calle Cordoba 1541, Bs
As.
Luis Mariani
Non fu l’unico tentativo:. anche Humberto Brunini, liutaio a Bahia Blanca e Antonio
Meschieri a Rosario costruirono artigianalmente bandoneon, che sia per la produzione
limitata che per l'insormontabile confronto con gli AA non ebbero praticamente
diffusione. Inoltre fino alla fine degli anni '80 era facile trovare strumenti seminuovi a
prezzi bassi (complice la crisi economica dell'Argentina e il cambio delle mode musicali
in favore del rock) quindi l'esigenza di costruire strumenti ex-novo era minima.
Tra le infinite “leggende” fiorite sull’argomento, una narra che durante la Guerra de la
Triple Alianza (Argentina, Brasile e Uruguay contro il Paraguay) uno di questi primitivi
bandonion arrivò a Buenos Aires, nel 1862, nelle mani di uno svizzero, un tale
Schumacher, che animava il riposo delle truppe nelle retrovie con la sua musica. Un’altra
dice che arrivò con un marinaio inglese o brasiliano. Un’altra ancora che fu José Santa
Cruz (padre di Domingo Santa Cruz, tra i primi bandoneonisti dell’epoca eroica del
primissimo tango), soldato al seguito del vittorioso esercito di Bartolomé Mitre, il primo
esecutore di uno di questi strumenti ottenuto con un baratto con un marinaio di un
mercantile tedesco ancorato al Riachuelo…
Il mercato sudamericano assorbì da solo una cifra stimata tra i 60 e gli 80 mila
strumenti, nel periodo tra le due guerre mondiali (si calcola che solo nel 1930
arrivarono 25mila bandoneon in Argentina…).
La sola Alfred Arnold produsse oltre 120 mila bandoneon di vari modelli, sia per
l’esportazione che per il mercato tedesco, in appena 40 anni di attività (il dato è desunto
dalle ricerche sui numeri di serie interni, non esistendo un registro ufficiale).
A titolo di esempio, nel 1933 la Arnold impiegava 100 operai che producevano più di
600 strumenti al mese e l’85% della produzione era destinato al Sudamerica (sia perché
il bandoneon, essendo uno strumento che aveva abbandonato le “rarefatte” atmosfere
religiose per “calarsi” nella musica popolare, e non prestandosi troppo alle
marziali marce militari, non era molto supportato dalle politiche culturali del regime
nazista che privilegiava Wagner e le marziali bande, ma anche per il suo costo, elevato
per la disastrata economia tedesca ma non per la allora ricca Argentina…)
A titolo di esempio della vivacità del mercato argentino valga la foto del registro di Mariani
dell’aprile 1925 (a destra le vendite con il prezzo e l’anticipo versato, a destra le
riparazioni)
Alfred Arnold, oltre ai “Doble A”, produceva, anche nel modello a 152 toni, i "Premier"
(marchio nato anche - o forse solo - per aggirare il rapporto di esclusività di Luis Mariani
come importatore degli “AA” in Argentina), strumenti di eccellente qualità (spesso di
suono più potente degli stessi “AA”) importati da “Sharp & Veltren”. Sempre per
problemi legati alle esclusive di importazione dei rivenditori sudamericani, la Alfred
Arnold inviò anche numerosi strumenti “anonimi” marcati poi da grandi distributori
locali come "America" (per la ditta “Casa America” a Buenos Aires) e "Campo" e “Tipico”
(per “Palacio de la Musica” a Montevideo). Spesso questi strumenti, una volta smontati,
rivelano con i timbri della Arnold sulle soniere, la loro “nobile” origine. Quasi
per aumentare la confusione in cui oggi dobbiamo dibatterci nella ricerca di uno
strumento, Arnold inoltre forniva strumenti “anonimi” ad altre ditte tedesche, che si
occupavano quasi solo della distribuzione, come molti dei “3B”, “prodotti” da “Meinel &
Herold” a Klingenthal (colgo
l’occasione per ricordare che il grande Leopoldo Federico per anni ha suonato uno
splendido “3B” nato in realtà a Carlsfeld e non a Kligenthal…) che, aperti e smontati,
spesso rivelano le loro origini reali; o i “Germania”, “Cardinal” "Concertista" e “Tango”
(in ordine qualitativo discendente), “prodotti” da "M. Hohner” a Trossingen, ma in realtà
costruiti dalla E.L.A., tutti importati a BsAs da Örhtmann. Soprattutto i “Germania”
trovarono una buona accettazione per essere solidi e di un'eccellente finitura,
soprattutto quando cominciarono a montare le straordinarie ance di Dik, il fornitore
degli Arnold. Il fatto di “rimarchiare” degli strumenti appare comprensibile se pensiamo
che solo la lunga esperienza maturata dalle fabbriche degli Arnold poteva garantire
un prodotto di qualità per un mercato importante come quello sudamericano, all’epoca
fonte di valuta forte per la disastrata economia tedesca. Logico quindi non potersi
“improvvisare” nella costruzione di uno strumento complicato come il bandoneon e di
dover poi fare comunque i conti con la concorrenza di strumenti già affermati come gli
ELA e gli AA.
Fattori che determinarono la quasi scomparsa del tango (voglio solo ricordare qui la
distruzione negli anni ’60, di tutte le matrici originali delle incisioni della RCA Victor
Argentina semplicemente per “fare posto” nei magazzini e recuperarne i metalli….) e
conseguentemente dello strumento che ad esso si era così intimamente legato.
Dopo la liberazione, la fabbrica E.L.A. continuò la produzione come
“Klingenthaler Harmonikawerke” diretta da Otto Arnold, figlio di Ernst Hermann,
dedicandosi però quasi solo alle fisarmoniche.
La ditta “Alfred Arnold” con la direzione del figlio di Wilhelm Paul, Arno Arnold, e del
figlio di Alfred, Horst Arnold, continuò fino al definitivo esproprio nel 1949/50,
producendo dei “DobleA” spesso detti “Alfa” per il caratteristico marchio a fuoco interno.
(Carsfeld era nella zona orientale, la fabbrica venne nazionalizzata come “fabbrica del
popolo” e la produzione convertita alla fabbricazione di iniettori per motori diesel.) I
bandoneon di questo ultimo periodo hanno purtroppo qualitativamente ben poco in
comune con quelli, straordinari, del periodo 1925-1938.
In seguito, nel 1950 Arno Arnold, fortunosamente espatriato, apre una nuova fabbrica
nella Germania Ovest, a Obertshausen, la "Arno Arnold Bandonion Fabrik" producendo i
bandoneon marcati “Arno Arnold” (che spesso ho visto millantati da venditori disonesti
come “Doble A, Arno Arnold!”) con la supervisione del tecnico Kurt Muller, uno degli otto
accordatori della ormai scomparsa “Alfred Arnold” e anche bandoneonista della
rinomata "Juan Lloras Original Argentinische Tango Kapella". Tuttavia anche questi
strumenti, nonostante le premesse facessero ben sperare, rimasero ben lontani dal
livello qualitativo della produzione anteguerra.
In quei primi anni ‘50, la produzione di bandoneon aveva ancora un ruolo importante
nella nuova"Arno Arnold GmbH”, ma ben presto la produzione si concentrò su diversi
prodotti industriali, abbandonando lentamente gli strumenti musicali con l’ultimo
bandoneon prodotto nel 1971. L'azienda, poi chiuse definitivamente poco dopo la morte
del suo proprietario, nel 1971.
Negli anni ’60 ci furono dei tentativi di produzione in Brasile con la fabbrica “Danielson”,
la cui bassa qualità ne determinò velocemente la cessazione della produzione.
Sfilata a Carlsfeld….
2.5 Evoluzione della tastiera
Maria Dunkel nel suo libro “Bandoneon und Konzertina” ha analizzato i tre maggiori e iniziali sistemi di
tastiera tedeschi, quelli di Uhlig (Chemnitz), Zimmermann (Carlsfeld) e Band (Krefeld).
Inoltre ha individuato un quarto sistema, in Baviera, chiamato “Münchner Lage”, senza poterne tuttavia
determinare l’autore originario.
L’elenco inizia con i primi strumenti a 28 toni, con 14 tasti (1-14) distribuiti su 3 file per ogni lato dello
strumento. Le chiavi numeriche sono state successivamente estese con simboli (seconda e terza colonna) e
sono stati utilizzati per identificare i tasti con la notazione per simboli. Successive modificazioni hanno
portato ulteriori varianti, in particolare quando le note vennero spostate o modificate, o quando i produttori
introdussero altre soluzioni.
La maggior estensione tonale fu raggiunta dopo il 1890 dagli strumenti fabbricati daMax Neubert, Richard
Lindner e Max Scheffler. Gli strumenti con il “Scheffler’sche Lage”raggiunsero le 102 o 104 voci.
I bottoni dall’1 al 14, rappresentano il “nucleo originario” e le successive aggiunte vennero segnate come 0,
1/0, 2/0…in riferimento ai bottoni più vicini (il bottone 2/3 perché tra il 2 e il 3, il 2/2 perché sopra il 2…
Nei modelli da 152 toni, sono inoltre presenti i bottoni 9/0 e 10/0 al canto, che estendono al sol# e sol#
l’ottava più bassa della tastiera destra e 0/1 (mi/sol), 5/5(do#/do) e 6/6 (la#/re#) alla tastiera sinistra a
completare l’ottava bassa.
il “nucleo” originario e la sua successiva estensione
Nel 1924, su richiesta della “Federazione tedesca per la concertina e il bandoneon” venne stabilita una
nuova disposizione standardizzata per i bottoni, 37 al canto e 35 ai bassi, su 5 file, in un ordine che facilitasse
i passaggi cromatici, e forse anche per la diversa posizione con cui viene appoggiato sulle gambe dai
suonatori tedeschi. Nasce cosi il bandoneon a 144 toni, detto “Einheitsbandoneon” (ossia “unico”o
“standard”). Nel Rio de la Plata però ormai lo strumento si era prepotentemente affermato nella sua variante
a 142 toni su sei file con accordatura all’ottava giusta e il 144 toni, spesso con pettini d’alluminio e voci in
terza con tremolo, venne rifiutato decisamente e definitivamente. Contemporaneamente al 144 toni, veniva
anche standardizzata la concertina nel modello 124 toni “Einheitskonzertina”.
Sempre negli anni ’20, a causa della grande popolarità a cui era assurto il tango in Francia grazie a Gardel e
le orchestre di Canaro, Bianco, Bachicha, etc. i suonatori francesi di accordeon musette cercarono di
adottare questo strumento, ma a causa della totale incompatibilità di disposizione tra la bottoniera
dell’accordeon a bottoni (musette) e il bandoneon, cercarono una nuova disposizione dei bottoni.
Nel 1925/26 Charles Péguri in Francia, sviluppa un modello uni-sonoro (ossia un bottone emette la stessa
nota indipendentemente dalla direzione del mantice) basato su una meccanica del bandoneon bi-sonoro
142 toni (il “Reinische tonlage”), chiamandolo “Bandoneon cromatico” e probabilmente generando la
confusione terminologica cromatico-diatonico viva ancor oggi.
Un altro modello unisonoro, costruito anche da Arnold (ELA) con la sigla “CB Arnold” (ossia Chromatische
Bandonion Arnold” - di nuovo la confusione con il termine cromatico!) aveva una nuova disposizione dei
bottoni, speculare alle due mani.
mano destra
mano sinistra
CB Arnold ELA, circa 1930
Tra le curiosità nella produzione della Alfred Arnold si annovera un (modello unico?) bandoneon con
bottoniere bianche e nere disposte come i tasti del pianoforte, e tra quelle della E.L.A. la “Symphonetta”, su
modello di uno strumento del 1898, una sorta di bandoneon “da tavolo” con due casse affiancate orizzontali
(vedi la foto di Ernst Paul Arnold suonandola).
A titolo di esempio e come aiuto per evitare i diffusi errori nell’aquisto di uno strumento “d’epoca” (con
tutto quello che ciò comporta ormai come investimento economico) nelle prossime pagine ci sono gli schemi
di tastiera dei due tipi di bandoneon più diffusi sul mercato: 142 Reinische o “Argentino” e 144 Einheits.
Non è di troppo ricordare ancora una volta che tutta la musica del tango per bandoneon,
dalle diteggiature dei metodi e degli spartiti fino alle dinamiche, si sviluppa SOLO sul modello 142
toni con pettini in zinco e NON sul 144 toni d’uso abituale solo in ambito germanico.
Nel prossimo capitolo affronterò invece il tema “tassonomico” per poter distinguere tra loro i vari modelli
delle marche più diffuse, con alcuni “consigli per gli aquisti” per gli aspiranti bandoneonisti, dato ormai il
proliferare tra i pochissimi venditori degni di fiducia, di una legione di improvvisati (uso questo termine al
posto di altri ben più pesanti), attratti dai generosi guadagni che può riservare il mercato europeo e
nordamericano degli appassionati del tango.
Tali consigli nascono dai lunghi pomeriggi passati ormai parecchi anni fa nella mitica “bottega” di Fabiani e
Romualdi in calle Martin de Gainza 1321, un “paradiso” in cui i bandoneon andavano a ritrovare la loro voce
per poi tornare “sulla terra” a riempirci di emozioni. Pomeriggi in cui l’amicizia di questi due uomini
straordinari mi regalò per soprammercato una massa di informazioni, trucchi e suggerimenti, frutto della
loro quarantennale esperienza di accordatori per i più esigenti musicisti di Buenos Aires e della loro
immensa passione per il loro lavoro.
Riccardo Romualdi
Allo scopo di fornire una serie di elementi utili a riconoscere il modello di un bandoneon
che possiamo incontrare sul mercato, presenterò qui una serie di elementi identificativi.
Nessuno di essi è tale in assoluto, ma deve essere valutato complessivamente assieme agli altri.
Una serie di fattori (l’assenza di registri di produzione con indicati seriali e modelli
corrispondenti, l’abitudine delle fabbriche di immagazzinare componenti e ricambi sufficienti
ad una produzione di lungo periodo, gli interventi di riparazione che può aver subito lo
strumento – alcuni ormai quasi centenari, o vispi settantenni nel migliore dei casi…) possono
aver modificato il suo aspetto originario. Non ultimo, l’esplosione dei prezzi nel mercato
internazionale, ha “invitato” alcuni commercianti “poco scrupolosi” ad “aggiungere” timbri “di
nobiltà” a strumenti di incerta origine…
E comunque spesso sugli strumenti vennero fatti degli interventi, magari corretti per il
semplice ripristino delle loro funzioni, ma a volte poco rispettosi delle norme richieste per un
restauro storico accurato.
Un esempio può essere la sostituzione di parti (come la tapa della mano destra) usurate o
incidentate con altre provenienti da bandoneon “cannibalizzati” perché ormai inutilizzabili se
non come fonti di ricambi. (Questa è divenuta ormai una prassi comune per le ance, ma anche
per altri componenti). Però una serie di elementi concomitanti possono aiutarci nel ricostruire
la vita più o meno “sedentaria” o “avventurosa” di uno strumento, e quindi la correttezza di una
sua valutazione economica.
Tra questi elementi identificativi possiamo annoverare il disegno degli intagli delle casse,
la decorazione in madreperla e filetti di alpaca, eventuali timbri che possiamo
incontrare all'interno dello strumento.
La placca coprivalvola, dotata di marchio o disegno caratteristico, non può considerarsi un
elemento identificativo per la sua intercambiabilità,(considerando anche che molti musicisti la
eliminarono per ridurre il rumore dell’aria) tuttavia ne presenterò una serie di immagini. Una
placca corretta rispetto allo strumento è comunque un fattore di completamento storico-
estetico.
Divido il materiale nelle tre abituali tipologie decorative (nacarado completo, medionacarado
e liso, come nella foto del catalogo della Arnold qui a lato) e raggruppandolo nei tre
“blocchi”produttivi: gli ELA, con i vari modelli “ELA”, “Germania”, “Tango”,
“Cardenal”,“Echo”; gli Arnold (“AA”, “Premier” e modelli forniti ad altre ditte come “3B”,
“Campo” e “America”) e infine gli strumenti con tastiera Einheits 144 o prodotti nel
dopoguerra, di scarso interesse per chi voglia suonare il tango., ma che purtroppo “infestano”
il mercato, causando spesso errati acquisti da parte di entusiasti allievi alle prime armi.
Premetto che tutti i dati che presenterò nascono da una ricerca “empirica” condotta
sugli strumenti (pochi, purtroppo, in relazione alle produzioni complessive) che ho potuto
esaminare dal vivo e sui dati e fotografie raccolti in vari anni riguardanti strumenti apparsi
in vendita sul mercato.
Una prima difficoltà è la assenza di registri di produzione con date precise riferite ai numeri di
serie e ai modelli.
La E.L.A. spesso poneva internamente un timbro con la data di completamento dello
strumento e talora uno con la successiva data del controllo qualità, mentre Alfred Arnold non
lo faceva quasi mai.
Nella produzione sono compresi (e mescolati) tutti i modelli – AA e Premier nei tipi Luis XV,
reinische, einheits e concertine – e quelli costruiti su ordinazione – Campo, America, 3B…
1923 - n° 15900
1928-03-01- n°26673
1929-06-27 - n°31769 - marron 1/2 nacar “Jugendstil” primo tipo
1930-04-11 - n°32699 - nero liso “de estudio” (ancia singola)
1931-02-03 - n°32007
1936-07-10 - n°101770 - nero nacarado
1936-09-29 - n°104735 - nero liso
1937-02-03 - n°105700 - marron liso
1937-09-22 - n°107282 - nero 3/4 nacar “Jugendstil” secondo tipo
1939-07-20 - n°111703 - nero nacarado
1939-08-03 - n°112232 - nero nacarado
1942 aprile - n°113138
1944 aprile - n°113945
1950 - n°115581 – 128 toni einheits celluloide grigia
(Con un totale di 87281 strumenti fabbricati in solo 11 anni dal 1923 al 1934!)
Strumenti E.L.A.
Anche in questo caso modelli (ELA, Germania, CB Arnold unisonori, Cardenal, etc.) e
decorazioni mescolati.
Nel caso degli ELA il seriale è normalmente scritto a mano a matita sulle tavole armoniche e
nell’interno delle casse, mentre è quasi sempre presente un timbro con la data di terminazione
dello strumento.
Particolare del medaglione sulla cassa del mantice Particolare del medaglione sulla tapa
Nacarado completo
AA circa 1933
E.L.A. prodotto il 16-06-1931
Finiture particolari
Un raro esemplare di AA del 1928-29 (seriale 28215)
impiallacciato in radica con un intarsio “Art Deco”che ricorda i modelli “Germania”
…e lo stesso decoro, però prodotto verso il 1930 dalla E.L.A., in un modello “Cardenal”
“Germania” (E.L.A.)
“America” (E.L.A.)
Anche la E.L.A. fornì, come la AA, bandoneon a “Casa America” in cui venne sostituita la
placca
“ELA” con quella “America”. Spesso tra questi si incontrano modelli con una sola ancia
anziché
due per ogni nota. Sono i cosiddetti modelli da studio, più economici, fatti per permettere
un’approccio meno dispendioso agli studenti. Ovviamente il suono è più debole….
“Echo” (E.L.A.)
“Cardenal”(E.L.A.)
ALFRED ARNOLD
Nella sua produzione incontriamo sempre e solo questi due tipi di intaglio, il primo fino
alla seconda metà degli anni ’20, il secondo a seguire fino alla fine della produzione anteguerra.
(per poi cambiare nelle ultime produzioni successive) Nel periodo 1927-1930 si incontrano
entrambi (Arnold ovviamente immagazzinava ricambi per le necessità produttive di lungo
periodo) Si dice che il secondo tipo nascesse dalla necessità di distinguere chiaramente i propri
strumenti da quelli della E.L.A. (da qui le 2 A intagliate, prima era presente solo la A
dell’intaglio piccolo che rimarrà immutato in tutta la produzione). Nei Premier e in quelli forniti
ad altri esportatori si incontra sempre il primo tipo, indipendentemente dall’anno di produzione.
I cambiamenti sono sull’intaglio piccolo in cui la A viene sostituita con il nome del modello
(Premier) o con le iniziali dell’esportatore (MH Meiner Herold per i “3B”) oppure da una sorta
di rombo (quest’ultimo lo ho visto attribuire più volte da venditori “poco accurati” a un ipotetica
produzione di Zimmermann, che come abbiamo visto, aveva già abbandonato la produzione nel
1864….). Se si esamina bene il disegno, si nota che l’intaglio è in realtà lo stesso degli Arnold.
1° tipo (1911-?) 2° tipo (?-1939)
AA primo tipo
AA secondo tipo
Terzo tipo - “Premier”
(si noti la modifica dell’intaglio vicino ai bottoni con il nome del modello)
Terzo tipo bis – solitamente in modelli “non ufficiali” come i “Campo” e gli “America”
(si noti la modifica della A in una sorta di rombo nell’intaglio piccolo)
E.L.A.
Etichetta E.L.A.
solitamente sull’interno delle casse
Timbri solitamente presenti negli E.L.A. sulle tavole armoniche: a sinistra il timbro del
“controllo
qualità” alla fine del processo di fabbricazione – a destra la data di completamento e a matita
il
numero seriale del bandoneon - che si ritrova anche su altri componenti come i pettini delle
ance -
segnato dall’operaio accordatore per non mescolare le componenti di vari strumenti in
lavorazione..
Marchi
Marchio verniciato in argento dei “Premier” Marchio verniciato in argento degli “AA”
(sopra la valvola) (sopra la valvola)
altri modelli AA
Produzione postbellica
Alfred Arnold 142 toni
Arno Arnold 142 toni
Elettra (Luis Mariani) 142 toni
MODELLI PARTICOLARI
“LUIS XV”
La denominazione (non ufficiale ma ormai
d’uso comune) nasce dalla forma bombata
delle casse. Sono i modelli “di lusso” sul finire
dell’800 e l’inizio del ‘900, spesso con tastiera
estesa a 152 toni e sempre riccammente
decorati. Montano (quasi) sempre pettini in
alluminio. Peso, dimensioni e soprattutto il
timbro dell’alluminio, li rendono appetibili
praticamente solo per il collezionista o
l’antiquario. Furono prodotti sia dalla E.L.A.
che dalla A.A.
CURIOSITA’
“Bandoneon trompeta”
Bandoneon unisonoro con bottoni bianchi e neri per distinguere le note naturali dalle
alterazioni.
Prodotto in pochissimi esemplari intorno al 1935. 44/44 toni in 2° su piastre di alluminio.
AA 236 toni - bisonoro
estensione 7 ottave - piastre in allumino - n°103254 - 1937
Modello a 88 toni fine ‘800 Bandoneon senza “ochavas” (agoli smussati) circa 1890-1910
Luis XV di produzione E.L.A. Probabile E.L.A. primi anni del 900
Il bandoneon è uno strumento robusto, con una vita utile stimata in circa 200 anni, ma non per questo deve
essere maltrattato o poco accudito…. Perché se è vero che nel bandoneon tutto si può riparare, gli interventi di
manutenzione o ricostruzione fatti da personale specializzato risultano estremamente lunghi e costosi. Quindi
una costante minima manutenzione aiuta a ridurre costosi interventi futuri.
Molti dei suggerimenti seguenti vi sembreranno ovvi…. Ma in tema di prevenzione è sempre meglio abbondare.
Non ci sono scuse per una scarsa attenzione nei suoi riguardi!
Per pulire l’esterno del mantice dalla polvere che fatalmente vi si deposita si rivela un ottimo ausilio l’uso di un
pennello (personalmente mi trovo bene con un pennello da barba).
Eventuali ossidazioni delle parti metalliche (come gli esquineros angolari) si rimuovono con uno straccio e un
prodotto per metalli (es: Sidol o Argentil) prestando la massima attenzione che il prodotto non entri in contatto
con la carta o il cartone del mantice che verrebbe danneggiato dai solventi.
Nel caso poi ci siano sollevamenti e scollamenti del rivestimento nero dei bordi è meglio intervenire con un po’
di colla aiutandosi con uno stuzzicadenti per inserirla tra la protezione e il cartone per evitare che la scollatura si
estenda, obbligando alla sostituzione di tutta la striscia.
L’esterno delle casse (se verniciato -come era in origine e dovrebbe essere se restaurato con cura- con
gommalacca “a tampone”) va pulito prima col pennello e poi con uno straccio asciutto; periodicamente si può
usare un tampone inumidito leggermente con olio di lino e successivo passaggio con panno asciutto per
rimuoverne l’eccesso. Sono assolutamente da evitare tutti i prodotti lucidanti contenenti solventi e siliconi!
Periodicamente il bandoneon va aperto e con una bomboletta di aria compressa (si trova dai ferramenta) si
elimina la polvere dalle pieghe interne del mantice e dalle meccaniche. Perché il bandoneon aspirando aria per
suonare si comporta ne più ne meno che come un aspirapolvere. Se poi in casa avete anche degli animali come
cani o gatti ecco che alla polvere si sommano anche i peli dei vostri beniamini, e il “simpatico” miscuglio trova un
gradevole deposito proprio nei canali delle voci e nelle pieghe del mantice…
Altri consigli:
Soprattutto in autunno, quando nell’aria aumenta il tasso di umidità ricordarsi di allentare leggermente (anche
solo di ¼ di giro) le “palomitas” (i tornelli che fissano i coperchidelle tastiere alle casse) in modo che il legno possa
dilatarsi senza venire compresso, se si prevede di non suonare per alcuni giorni. Il legno è un materiale
fortemente igroscopico che si dilata e restringe in base al tasso di umidità.
Trasporto:
Nell’astuccio il bandoneon -afferrato saldamente con le due mani e non per le sole cinghie- va inserito
delicatamente prima una tastiera e poi l’altra così da non dare colpi sui bottoni, e va inserito in modo che la sua
posizione durante il trasporto risulti con la leva dell’aria verso l’alto. Il bandoneon dovrebbe sempre essere
conservato parallelo al suolo, in modo che le valvole di cuoio non subiscano a lungo andare contrazioni e
curvature dovute alla gravità. Quando si suona e si fa una pausa, si può appoggiarlo al suolo dalla parte dei bassi
inclinato in modo che i bottoni della mano sinistra restino sollevati dal pavimento. E sempre nel sollevarlo mano
destra dentro la cinghia e mano sinistra sotto lo strumento (perché una cinghia può sempre rompersi o sfilarsi e
un bandoneon che precipita al suolo non è un bel vedere……)
Nel trasporto usate sempre una custodia imbottita, evitando di metterla nel baule della macchina dove le
vibrazioni sono maggiori. Il posto adatto per il vostro bandoneon in viaggio è lo stesso di quello di un passeggero!
In caso di voli in aereo, vi consiglio di inserito nello scomparto bagagli a mano in modo tale che il vostro vicino
non gli possa dare un bel colpo con la sua valigetta proprio sui bottoni. Spartiti e altro vanno solo nell’apposita
tasca dell’astuccio per evitare danni e graffi alla vernice dello strumento.
Se usate un astuccio rigido (come i vecchi astucci originali) quando lo trasportate abbiate l’accortezza di tenere
il coperchio verso il vostro corpo e non verso l’esterno in modo non possa spalancarsi per un’apertura imprevista
facendolo cadere al suolo.
Cercare di evitare situazioni di temperatura e/o umidità estreme. Nel caso di passaggi da ambienti freddi a molto
caldi o da molto umidi a secchi (e viceversa), si deve dare il tempo allo strumento di “acclimatarsi” magari
aiutandolo facendo respirare il mantice per qualche minuto, aprendo e chiudendo solo tramite la valvola dell’aria
in modo da portare tutto lo strumento (interno e esterno) alle stesse condizioni di temperatura/umidità. E’ il
motivo per cui molti musicisti arrivando in teatro “abbandonano” il proprio strumento sul palcoscenico prima
dello spettacolo per evitargli i salti di temperatura possibili tra il palco e i camerini.
Si noti che più l’aria è fredda più l’accordatura del bandoneon tenderà a salire per effetto della contrazione dei
metalli.
Ricordate anche che la salsedine è il peggior nemico dell’acciaio delle ance. Il bandoneon non è uno strumento
adatto a vivacizzare serate in spiaggia o terrazze vista mare, pena un bell’inizio di corrosione sulle ance…..
Piccoli interventi
Poiché gli artigiani capaci sono sempre meno, sempre più lontani (in Europa si contano sulle dita di una mano) e
sempre più costosi…sarebbe bene che ognuno apprendesse a risolvere i piccoli “incidenti” che possono avvenire
in qualsiasi momento come il distacco della zapatilla o del bottone dal braccio di leva o la rottura di una delle
molle della meccanica e sua sostituzione….
Consiglio di avere sempre con sé una “cassetta del pronto soccorso” con un paio di cacciaviti adatti alle viti dello
strumento, delle piccole pinze a becco e normali, carta abrasiva, un taglierino, ritagli di pelle, colla, qualche
bottone e qualche molla di ricambio.
Vediamo ora nei dettagli:
Per prima cosa dimentichiamo colle epossidiche o cianacrilati (tipo Attack) utili per altri interventi. Qui abbiamo
a che fare con un oggetto artigianale, costruito con legno, cartone, metallo e colla animale.
Sul legno è un crimine utilizzare adesivi di contatto (es: Bostik), colle epossidiche (bicomponenti) colle viniliche o
cianoacrilati (es: Attack), gli adesivi di contatto contengono solventi, hanno consistenza gommosa, richiedono
pressione durante l’essiccazione e non garantiscono un fissaggio stabile delle parti. Tuttavia, possono essere
utilizzati per la pelle e cuoio (es: riparazione di piccole perdite d’aria del mantice) con ottimi risultati. Le colle
viniliche o colle a freddo (es. Vinavil) non garantiscono una tenuta definitiva e oltrettutto lasciano dei residui
biancastri poco gradevoli sul color miele del legno.
Nel caso del cianoacrilato la unione è sì immediata ma rigida e fragile, e se si tratta di due pezzi posti sopra l'un
l'altro (come ad esempio i tasti del bandoneon) la percussione del dito tende a disunire i pezzi in qualsiasi
momento. Può servire per una riparazione “al volo” ma poi il lavoro va rifatto da capo dovendo inoltre ripulirne
le tracce dalle parti per procedere a un incollaggio definitivo con la colla a caldo (colla animale o colla da
falegname).
Personalmente preferisco usare un prodotto moderno ma creato per il restauro come la colla “Tite Bond Liquid
Hide Glue” (colla animale, liquida, a freddo e pronta all'uso) adottata da molti liutai. Per me è la colla ideale
anche se non si presta ad interventi “d’emergenza” avendo bisogno di un tempo di seccaggio di alcune ore. In
compenso ha una tenuta ottima (ad esempio per reincollare i bottoni o le zapatillas), color miele che armonizza
con il colore del legno, ed è rimovibile con il vapore (nel corretto restauro si usano sempre e solo materiali
reversibili!)
Una piccola scorta di ricambi si può acquistare in Argentina da Ana Weckesser che produce ricambi per
bandoneon dagli anno ’40. Si deve solo avere pazienza perché la spedizione tracciabile può impiegare una ventina
di giorni (3 per arrivare in Italia e il resto per arrivare a casa vostra……..). Consiglio di avere di scorta alcune molle
di spinta (quelle sotto i braccetti corti, sono le più soggette a rotture) e qualche base snodata per i bottoni delle
file superiori.
Ovviamente riparazioni di altro tipo da quelle descritte qui andranno fatte da personale capace…. È fin troppo
facile rovinare definitivamente uno strumento che magari ha già avuto una vita travagliata….
La prima regola è sempre operare con calma, in maniera leggera e per gradi, la seconda… pensare prima di
fare.
Zapatilla distacco
Dipende spesso da un’errato spessore del fine corsa del bottone che porta la zapatilla a urtare contro il suo fermo
superiore (nel caso della fila più vicina ai bottoni), oltre che dall’invecchiamento del cuoio che funge da
articolazione tra il braccio e la zapatilla. Per prima cosa va rimosso con cura il cuoio vecchio e le traccie
dell’incollatura precedente. Si provvede poi a incollare sulla zapatilla una nuova articolazione di cuoio (pelle di
cervo di 1-2 mm di spessore), carteggiandone poi leggermente la superficie in modo che abbia una buona presa
il successivo incollaggio del braccio sul cuoio. Trattandosi di incollaggio tra materiali diversi (legno-cuoio) si
utilizza la colla animale (a caldo o a freddo secondo comodità personale). (Nel caso dei bracci lunghi e mediani
conviene staccare il pezzo dalla macchina, allargando leggermente la forchetta di guida in ottone con delle pinze
a becco e estraendo il braccio dopo averne sganciato la molla per poterlo ripulire). L’incollaggio del braccio al
cuoio andrà comunque sempre fatto “in posizione” in modo da centrare esattamente la zapatilla. La molla del
braccio è sufficiente a mantenere la pressione durante il tempo di seccaggio della colla. Ovviamente si aprofitterà
dell’occasione per pulire con uno spazzolino da denti inumidito con alcool la superficie inferiore di pelle della
zapatilla dove si accumula la polvere, migliorandone la tenuta ermetica.
Bottone distacco
Anche in questo caso va aperto il bandoneon per procedere alla pulizia delle parti da riassemblare. Nel caso in
cui ci sia un riferimento evidente sul braccio della posizione del bottone, si può provvedere alla rimozione del
braccio (solo braccetti lunghi e medi) e all’incollaggio del bottone tenendolo in posizione con un morsetto da
modellismo (Nel caso si utilizzi una colla a freddo come la tite bond). Altrimenti si provvede a segnare la posizione
esatta del bottone sul braccio con il coperchio sopra la macchina (il bottone non deve toccare i bordi del foro!
Pena il dover rifare tutto da capo) e si procede poi all’incollaggio come sopra.
Se si usa la colla a caldo (colla da falegname) che indurisce raffreddandosi si mette invece in posizione il bottone
su cui è stata posta una goccia di colla direttamente attraverso il foro e lo si tiene fermo nel breve tempo che
impiega la colla a raffreddarsi. Questo inoltre è il metodo raccomandato per i bottoni snodati in cui l’uso del
morsetto potrebbe presentare delle difficoltà.
L’uso di altri tipi di colle è fortemente sconsigliato, non garantendo lo stesso livello di durata della riparazione.
Una riparazione “al volo” si può fare con cianacrilato, ma andrà poi rifatta appena possibile con i componenti
corretti.
Nel caso si verifichi la rottura della molla di snodo tra le due parti del bottone, si può provare a sfilare i resti della
molla con delle pinze sottili, inserendo poi una molla nuova (facilmente recuperabile da un accendino usa e getta
nel caso non si abbia il ricambio) con una punta di colla alle estremità per garantire che non si sfili in seguito.
Altrimenti va sostituito tutto il pezzo (le due parti in legno con la molla di snodo) recuperando il bottone di
galatite che andrà poi fissato al nuovo “muñequito” già incollato al braccio con la stessa procedura vista
precedentemente. Ovviamente curando che l’altezza finale del bottone resti coerente con quella dei bottoni
vicini.
Si sostituisce utilizzando i dischetti di madreperla usati dai liutai per segnare i manici delle chitarre. Sono della
misura esatta. Basta ripulire lo scasso nel bottone dai resti di colla e mettere in posizione la madreperla con una
goccia di colla.
Purtroppo non si trovano quasi più bottoni realizzati in galatite come gli originali, ma solo in materiali plastici più
o meno simili agli originali. (ormai si recuperano solo dai vecchi bandoneon non più riparabili). In emergenza si
può realizzarne uno in legno (come nei bandoneon ottocenteschi) cercando nei negozi di modellismo un listello
tondo del giusto diametro.
Molla sostituzione
E’ buona norma avere qualche molla di ricambio nella “cassetta del pronto soccorso”. Le molle di pressione sono
in acciaio da 1,5mm quelle di spinta in acciaio da 1mm. Le molle di pressione rotte o che hanno perso elasticità
si tolgono tirandole verso l’alto con una pinza, la molla nuova si pianta nel foro così liberato, tenendola con una
pinza a becco passante dentro il ricciolo della molla e aiutandosi con qualche leggero colpo con in piccolo martello
da hobbista (il becco della pinza impedirà la deformazione del ricciolo…)
Le molle di spinta (quelle sotto i bottoni delle file esterne – i muñequitos-) vanno invece messe in posizione con
l’aiuto di pinze sottili. Per semplificare il procedimento (abbastanza scomodo dati gli spazi di lavoro) ci si può
aiutare schiacciando la molla con del filo di stagno da saldatore, in modo da metterla in posizione senza tribolare
troppo. Detto filo di stagno poi verrà semplicemente tranciato e rimosso per riaprire la molla fissata al braccetto.
(Massima attenzione a non far sporgere il ricciolo della molla oltre la gola del fulcro del braccio, cosa che ne
impedirebbe il movimento)
Il piede della molla poi andrà centrato sul piccolo solco della tavola armonica in cui scorre. Eventuali cigolii
(solitamente provocati dall’eccessivo lisciamento del solco provocato dallo sfregamento continuo della molla) si
eliminano semplicemente “graffiando” il solco con una punta.
Si tappano dall’interno con una “toppa” di pelle di capretto (pelle per guanti) fissata con adesivo a contatto tipo
Bostik (consigliata la colla “Artiglio” dei calzolai)
se dipende dalla guarnizione delle casse con i coperchi, sostituirla con una nuova in pelle di 1-2mm di
spessore, curando che non rimangano fessure nelle giunzioni agli angoli
se dipende dall’unione del mantice alle casse significa che il mantice si sta scollando e va reincollato.
se dipende dalla valvola dell’aria vanno eventualmente sostituite la guarnizione del foro sulla cassa in
cui passa il filo metallico che la apre e/o la guarnizione dì pelle della zapatilla. Verificare prima se basta
aumentare la pressione delle due molle di rame o d’acciaio che la tengono chiusa o se va spostato il punto di
pressione delle molle (per capirlo basta usare una cartina da sigaretta posta sotto la zapatilla. Dove si sfila
senza problemi c’è una mancanza di pressione e quindi la perdita d’aria)
Per altri interventi di maggior impegno si consiglia sempre di rivolgersi ad un esperto (cosa lunga e costosa data
la scarsità di artigiani qualificati e la loro “lontananza”. In Europa i pochi che conosco sono Harry Geuns in Belgio,
Carsten Heveling e Rocco Boness in Germania. Il più affidabile resta comunque Damian Guttlein a Buenos Aires
(distanza permettendo…. Ma a volte un volo low cost costa meno di una riparazione europea....). Si tenga sempre
presente che i pochi artigiani hanno liste di attesa bibliche (anche di 6 mesi)
Comunque la struttura delle casse è equiparabile a un mobile d’antiquariato, quindi riparazioni alle parti esterne
in legno, riverniciatura etc. possono essere affidate a un buon restauratore di mobili antichi specificando che la
lucidatura va fatta con gommalacca “a tampone” in modo da non plastificare lo strumento–e ucciderne così la
sonorità.
Gli interventi sulla meccanica (a parte i casi di piccola manutenzione esposti precedentemente) e quelli sulle ance
vanno invece fatti SOLO da personale esperto.