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SALVATORE COSTANTINI

LA FISARMONICA E
L’OPERAZIONE DI
SALVATORE DI GESUALDO

attraverso trascrizioni, revisioni,


nuova letteratura e didattica
INDICE

DALLA MUSICA POPOLARE


AL REPERTORIO PER FISARMONICA ED ORCHESTRA..................................................................... 3

L'OPERAZIONE DI SALVATORE DI GESUALDO


attraverso trascrizioni, revisioni, nuova letteratura e didattica................................................... 15

IMPROVVISAZIONE N.1
La prima scrittura di musica d'avanguardia per Fisarmonica
nella letteratura italiana............................................................................................................................................... 26

LA DIDATTICA E GLI ALLIEVI DI SALVATORE DI GESUALDO................................................. 31

BIBLIOGRAFIA................................................................................................................................................................... 41
DALLA MUSICA POPOLARE AL REPERTORIO PER FISARMONICA ED ORCHESTRA

Nell’evoluzione tecnica–costruttiva della Fisarmonica un passaggio cruciale è


costituito dalla nascita e lo sviluppo dello strumento classico inteso come Fisarmonica
da Concerto. Questa evoluzione avviene già negli anni Trenta e Quaranta, ma è
solamente dagli anni Sessanta in poi che la fisarmonica classica troverà una sua decisa
affermazione. Negli anni antecedenti il secondo conflitto mondiale viene sviluppato il
concetto di Fisarmonica da Concerto, ma la sua concreta attuazione avverrà
parallelamente con la nascita delle Scuole Nazionali. L’evoluzione della fisarmonica
classica coincide con il graduale progresso tecnico-costruttivo di due parti integranti
dello strumento che in precedenza sono state piuttosto trascurate. Si allude al
meccanismo delle “note singole” dette anche “bassi sciolti”, che offre maggiori possibilità
esecutive sul manuale sinistro (che ora può disporre di una estensione maggiore di note
cantabili, da tre a cinque ottave), all’ampliamento dei registri e al cassotto, i quali
consentono una maggiore versatilità timbrica.
Con lo sviluppo della letteratura originale per fisarmonica cresce la necessità da
parte degli esecutori, di liberarsi dal vincolo dei tradizionali bassi ad accordi
precomposti, che non consentono di passare liberamente con la mano sinistra da
un’ottava ad un’altra senza cambiare registro. Tra le aziende costruttrici di fisarmoniche,
la ditta Hohner di Trossingen è all’avanguardia. Il primo modello con i bassi sciolti è
l’Hohner 5555, costruito da Venanzio Morino, che prevede, oltre alle sei file di bassi
standard, altre due file aggiuntive di note singole. L’evoluzione dei bassi sciolti viene
presto interrotta dalla seconda guerra mondiale. Appena all’inizio degli anni Cinquanta
la Hohner immette sul mercato i suoi modelli con tre file di bassetti. Il secondo sistema
di note singole, che viene sviluppato in questi anni, è il sistema con convertitore.
Presentato nel 1934 dall’ingegnere di Monaco di Baviera Viktor Skudies, il convertitore
trasforma i bassi ad accordi precomposti in bassi a note singole disposti per quinte o per
terze minori. Altri tentativi vengono compiuti in modo più radicale, abbandonando del
tutto i bassi standard e presentando dei modelli di fisarmonica con soli bassi a note
singole. L’insegnante di fisarmonica di Monaco di Baviera Wilhelm (Willy) Hintermeyer
progetta nel 1933 uno strumento il cui manuale sinistro è composto di sole note singole.
Anche in Francia con Alain Abbott negli anni ’70 si va in questa direzione: i francesi
infatti suonano uno strumento chiamato “Harmonéon”, con due manuali paritetici nella
dimensione dei bottoni e senza accordi precomposti nel manuale sinistro.
Di una certa stravaganza sono poi i modelli di fisarmoniche con entrambe le

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tastiere modello a pianoforte. Alcune di queste vengono presentate rispettivamente in
Germania da Richard Kubinsky nel 1935 con il nome Handregal, in Francia nel 1932 da
Nazareno Piermaria con la sua Pianolaccordion e in Italia nel 1979 da Aldoro Guerrini e
da Carlo Beccarìa con il Fisorgan. Tutti questi modelli non trovano riscontro e alcun
successo a causa della difficoltà incontrata dall’esecutore nel suonarli e quindi non
sopravvivono al processo di selezione naturale . Qualche esemplare di questi prototipi è
conservato nel Museo della Fisarmonica di Castelfidardo.
Notevoli passi avanti vengono compiuti anche nella qualità timbrica delle
fisarmoniche. La gamma timbrica viene gradualmente ampliata grazie all’introduzione
di un numero sempre maggiore di registri. Fino al 1939-1940 i modelli più prestigiosi
presentano solo fino a tre registri: a una voce (8'), a due voci (ossia due voci con
tremolo: 8'+ 8' crescente) e il raddoppiamento all’ottava inferiore (8'+16 e/o 8'+8'+16).
Dopo il 1940 vengono sviluppate in Italia le meccaniche dei registri con un ulteriore
raddoppiamento all’ottava superiore (aggiunta del 4'). Le fisarmoniche possono così
contare quattro voci (16'+8'+8'+4') e varie combinazioni tra loro mediante la selezione
dei registri corrispondenti ai giochi d’ance. Inizialmente i registri vengono collocati sul
bordo della tastiera destra o nella sua parte posteriore, successivamente vengono
spostati sulla mascherina. Il manuale sinistro, a sua volta, può avere fino a cinque voci.
In questo periodo la Hohner produce per il mercato tedesco un nuovo tipo di
fisarmonica diatonica. Si tratta del Club-Modell progettato da Venanzio Morino nel 1933.
Il Club-Modell è una specie di incrocio tra la fisarmonica diatonica e la fisarmonica
cromatica. Della diatonica, il Club-Modell riprende il sistema bitonico di funzionamento
e la disposizione dei tasti nei due manuali. La tastiera destra ha tre file di bottoni; le
prime due sono riservate alla scala diatonica, la terza comprende altri suoni della scala
cromatica. L’estensione può raggiungere nel grave il do 2 e nell’acuto il la5. La tastiera
sinistra ha da una a tre file di bottoni che suonano bassi fondamentali e accordi
precomposti relativi alla tonalità nella quale è intonato lo strumento (generalmente do /
fa, oppure si bemolle / mi bemolle). Della fisarmonica cromatica, invece, riprende
l’aspetto e la costruzione materiale della cassa, rivestita in celluloide, e la presenza di più
voci e registri. Si vengono così a formare in Germania alcuni poli industriali per la
produzione delle fisarmoniche. A Gera e in Turingia l’attività si restringe e all’inizio della
seconda guerra mondiale restano in attività solo alcune fabbriche di fisarmoniche:
Pitschler, Kahnt & Uhlmann, Buttstadt, Friedrich Topel e Paul Jhanert. Il ruolo di
Klingenthal è confermato; nel contempo viene fondata la Rauner-Seydel-Bohm che
associa cinque ditte, mentre continuano a operare Gebruder Meinel, Meinel und Herold,

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Richard Hennicke. A Trossingen la Hohner cresce ulteriormente fino alle soglie della
seconda guerra mondiale. Basti ricordare che nel 1939 alla Hohner vi sono impiegati ben
cinquemila dipendenti. Altri due marchi raggiungono un certo prestigio: Kostler di
Nauhein e Continental (prodotto dalla ditta Herfeld & Co.) di Neuenrade.
Nello stesso periodo vengono anche pubblicati in Germania i primi saggi sulla
fisarmonica: Das Wesen der Tateninstrumente (1921) di Oscar Bie (1864-1938),
Akkordeon-Lexicon (Berlin, 1937) di J.H.Lobel, Fuhrer durch die Akkordeon-Literatur
(Berlin, 1939), Matthias Hohner. Der Bahnbrecher der HArmonika. Lebensild und
Lebenswerk (Stuttgart, 1939) di Jhoannes Fischer, Handharmonika – und warum?
(Stuttgart, 1941) di Friedrich Mahling.
Fondamentale per lo sviluppo dello strumento da Concerto è il perfezionamento,
nell’allora Unione Sovietica, del bajan, che raggiunge una notevole completezza
costruttiva. La presenza, nel manuale sinistro del modello russo, delle note singole e della
tastiera destra cromatica a bottoni, consente una grande estensione in entrambi i
manuali. La timbrica risulta piuttosto metallica ma di buona qualità. Anche se i registri
vengono introdotti, come in Germania e in Italia, solo verso la fine degli anni Trenta, il
timbro delle voci è una peculiarità che caratterizza il bajan rispetto ad altre fisarmoniche.
Il suono del bajan russo è infatti molto potente e squillante. Per le voci vengono
impiegati anche metalli preziosi, come l’argento, che hanno una migliore resa timbrica.
Naturalmente per ragioni di mercato e funzionali si è dovuto abbandonare questi
materiali preziosi a favore di metalli meno costosi e meno pesanti. Tra i primi ad
applicare il sistema convertitore è Volkovic che costruisce il modello Jupiter; lo seguono
Appassionata, Kolcin con il Rossija e altri costruttori moscoviti e non , come la ditta Mir di
Tula, che restano dei pionieri. Tra i suonatori di bajan – chiamati bajanisti – e i costruttori
c’è una prolifica collaborazione, sostenuta da uno scambio di informazioni al fine di
costruire strumenti sempre più performanti e vicini alle esigenze dei musicisti. Tra coloro
che si prodigano in questo senso figurano il già citato costruttore Nikolaj Ivanovic
Beloborodov, il direttore di orchestre di fisarmoniche Vladimir Petrovic Hegstrem (1865-
1920) e l’insegnante e costruttore Jakob Fedorovic Orlanskij-Titarenko (1878-1941).
Con l’avvento del comunismo viene diffusa dall’alto l’idea di dare a tutto il popolo
lo stesso livello culturale. Le caratteristiche tecniche del bajan vengono unificate e
qualsiasi altro sistema importato dall’estero viene accolto con grande diffidenza. Il
sistema a pianoforte, giunto in Russia in questo periodo, trova una certa diffusione. Ma
Stalin (1879-1953) decide presto di vietare l’insegnamento di questo tipo di
fisarmonica, definendola una brutta influenza del capitalismo. Dunque, è lo stesso

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governo a decidere per un unico modello di fisarmonica. In questo modo il bajan viene
inteso e diventa nell’ex Unione Sovietica uno strumento propriamente popolare, al pari
per esempio della balalaica, e viene inserito nelle classi di strumento popolare dei
conservatori di stato. La decisione presa dal Ministero della Cultura sovietico ha fatto sì
che l’inserimento della fisarmonica nella musica colta risultasse assai faticoso. In questo
periodo, infatti, mancano ancora composizioni originali, mentre abbondano brani di
musica popolare per fisarmonica in formazione con altri strumenti popolari (balalaika,
cimbalom, domra, raramente fiati).
Tuttavia la classificazione del bajan come strumento popolare non impedisce che
esso venga trattato degnamente. Nell’allora Unione Sovietica gli strumenti popolari
vengono infatti inseriti sin dal 1927 in importanti istituti musicali. Il primo istituto
musicale ad istituire una cattedra di strumenti popolari è quello di Harkov in Ucraina nel
1927, seguito l’anno successivo dall’Istituto musicale “Nikolaj Vital’evic Lysenko” di Kiev
ed infine dal Conservatorio di Kiev nel 1939. Negli anni Trenta e Quaranta il bajan figura
nelle regioni sovietiche tra gli strumenti più diffusi e popolari. I bajanisti iniziano a
formare complessi di fisarmoniche e formazioni più piccole, come duo, trio e quartetto. Il
loro repertorio è costituito da trascrizioni di melodie popolari e da pezzi classici, mentre
la letteratura originale compie i suoi primi passi proprio in questo periodo. Alla fine
degli anni Venti vengono organizzati i primi concorsi di strumenti popolari. Nel 1935 ha
luogo a Leningrad il primo grande concerto di bajan. Il fisarmonicista Pavel
Aleksandrovic Gvozdev (1905-1969) tiene un concerto che provoca sensazione e ampia
eco. Anche i complessi di fisarmoniche, i quali fanno uso di bajan appositamente
costruiti per imitare ciascuno il suono di un determinato strumento sinfonico, iniziano le
loro attività concertistiche. Nel 1937 si tiene a Leningrad anche il primo concerto per
bajan e orchestra. Gli esecutori di questo concerto sono il già citato solista Pavel
Gvozdek e l’orchestra di strumenti popolari russi “Vasilij Vasil’evic Andreev” sotto la
direzione di Girukov. Negli anni a venire si affermano, tra gli altri, i fisarmonicisti Jurij
Ivanovic Kazakov (1924) e Vladimir Vladimirovic Besfamilnov (1931), che sono
considerati i primi grandi concertisti russi. Interprete di notevole fama è pure il Trio
“Bach” di Pietroburgo che basa il proprio repertorio soprattutto sulle trascrizioni di
musiche organistiche di Johann Sebastian Bach (1685-1750) e di sinfonie di Wolfang
Amadeus Mozart (1756-1791). Tra i primi bajanisti che si distinguono tra la fine degli
anni Trenta figurano il concertista, insegnante, compositore e trascrittore di musiche
popolari Ivan Jakovlevic Panickij (1906-1956), il compositore e saggista Nikolaj Ivanovic
Rizol’ (1919-2007) e la fisarmonicista Marija Grigor’evna Beleckaja (1924-2006).

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Durante la seconda guerra mondiale il bajan è molto diffuso tra i soldati. A suo favore
giocano la peculiarità dello strumento: la completezza armonico-melodica, l’universalità,
la trasportabilità e non ultima la sua popolarità e diffusione. Suonare la fisarmonica
aiuta sia come passatempo, sia come ricreazione.
Anche se l’inserimento del bajan nell’ambito della musica colta risulta alquanto
difficoltoso, due grandi compositori russi inseriscono la fisarmonica tra gli strumenti
dell’orchestra. Dimitrij Sostakovic (1906-1975) include una parte per fisarmonica nel
suo balletto in tre atti “L’età dell’oro” (1929-1930) e nella “Suite” per orchestra jazz n. 2
op. 43 (1938) in otto movimenti. Sergej Prokof’ev (1891-1953) inserisce, a sua volta,
una parte per fisarmonica nella “Cantata per il ventesimo anniversario della Rivoluzione
di Ottobre” op. 74 (1936-1937) per doppio coro misto, banda militare, gruppo di
fisarmoniche e orchestra, successivamente nell’Amleto op. 77 (1937-1938) per soprano,
baritono soli e orchestra e ancora nell’opera in cinque atti “Semen Kotko” op. 81 (1940-
1941). Infine, Prokof’ev compone anche una pagina per tre fisarmoniche intitolata
“Navozdenja” op. 4 n. 4, con revisione di Kirill Stecenko (1882-1922). Nel 1944, poi,
viene scritta la prima sonata in assoluto dedicata al bajan. A questo strumento si
avvicinano anche altri compositori, come Anatolij Ljadov (1855-1914) e Aleksandr
Kostantinovic Glazunov (1865-1936). In definitiva, per la fisarmonica si apre in questi
anni una concreta prospettiva nella musica colta. Negli anni Trenta viene pubblicato
anche uno dei primi saggi russi sulla fisarmonica, “Kniga o garmonike” (Leningrad,
1936) di Aleksandr Alekseevic Novosel’skij (1909).
Un modesto contributo allo sviluppo della fisarmonica da concerto avviene anche
in Italia. L’elemento costruttivo di maggior interesse è dato dai tentativi di migliorare la
timbrica delle fisarmoniche. Ciò viene reso possibile dall’introduzione di un numero
maggiore di registri, nonché dall’introduzione delle sordine per i somieri. Un tipo di
sordina viene sperimentato da Dallapè, il quale costruisce una scatola di risonanza per i
somieri. Un altro tipo di sordina viene invece introdotto da Scandalli nel 1938 con il
nome di metafono. Il metafono è costituito da una serie di quattro o più aperture
circolari poste nella mascherina del manuale destro con altrettante chiusure metalliche.
Le sordine attenuano la brillantezza del suono prodotto dalle ance, rendendolo più
ovattato. Una novità viene attuata nella tastiera destra nel 1929 da Silvio Scandalli,
ideando e costruendo il primo modello di tastiera sagomata. La tastiera destra si
presenta leggermente arrotondata, risultando più ergonomica per la mano destra del
suonatore. Nonostante il discreto successo ottenuto da questa fisarmonica, prevale la
tastiera retta tradizionale. L’esterno delle casse armoniche delle fisarmoniche viene

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tradizionalmente rivestito in celluloide, utilizzando non solo il nero, che è il colore
tradizionale, ma anche altri colori, come il bianco, il rosso, il blu, il verde e il marrone.
Risulta che tra i primi a rivestire lo strumento con la celluloide siano stati gli americani.
In Italia, Astolfo Danieli contribuì alla diffusione di questo prodotto intorno agli anni
Venti/Trenta.
Un accenno merita anche uno strumento ideato dalla ditta Dallapè di Stradella
denominato “fisarmonica liturgica”. Si tratta di una fisarmonica alquanto sofisticata,
particolarmente adatta all’esecuzione di musica classica e liturgica. L’intenzione
dell’azienda costruttrice è quella di sostituire nelle funzioni religiose la fisarmonica al
tradizionale organo. Lo strumento dispone di un manuale destro provvisto di
quarantatre tasti e un manuale sinistro con centoquaranta bottoni disposti su sette file; i
venti bottoni della prima fila – quella vicina ai registri – “fanno le veci del pedale
nell’organo” (Fugazza): essi rimangono abbassati automaticamente e si possono
disattivare mediante un dispositivo azionato dal pollice della mano sinistra. Sopra il
manuale destro è collocata la meccanica dei registri, il cui aspetto esteriore è ad
imitazione di una piccola tastiera. La qualità di questo strumento si fa sentire
soprattutto nella timbrica. I quindici registri al canto e la disponibilità della sordina
ampliano la varietà del colore dei suoni.
Tra i costruttori italiani di fisarmoniche l’unica azienda che da ditta artigianale
riesce a elevarsi al livello industriale è la Scandalli. Silvio Scandalli lavora a lungo come
dipendente di Paolo Soprani a Castelfidardo – facendo ogni giorno spola con la natìa
Camerano – e da lui apprende il mestiere, ottenendo un notevole bagaglio d’esperienza.
Aiutato dai suoi fratelli nel 1918 fonda la società Fratelli Scandalli (dal 1924 è
denominata Scandalli). Il loro primo laboratorio viene allestito nel vecchio magazzino
del pianterreno della loro abitazione. Grazie all’ingegnosità delle innovazioni delle
meccaniche degli strumenti prodotti, la ditta cresce rapidamente. Negli anni Trenta e
Quaranta l’azienda di Camerano ingrandisce notevolmente le dimensioni del proprio
stabilimento, istituendo un reparto di “studi e ricerche” e costruendo addirittura una
mensa per le proprie decine di dipendenti. La Scandalli produce in proprio tutti i singoli
pezzi che costituiscono la fisarmonica: a partire dalle ance, alle pelli delle voci con un
apposito allevamento di pecore, proseguendo con i prodotti in bachelite, agli imballi. La
spinta al progresso tecnico, alla produzione industriale e alla propaganda dei propri
prodotti è particolarmente accentuata. Si tratta dell’unico caso in Italia nel quale
un’azienda produttrice di fisarmoniche raggiunge queste dimensioni. Ma la Scandalli si
impegna soprattutto nella risoluzione di alcuni problemi tecnici dello strumento. In

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questo senso la figura di Silvio Scandalli è di fondamentale importanza quanto a
intuizioni costruttive. Innanzitutto la prima necessità è quella di sistemare le
meccaniche delle due tastiere. Scandalli brevetta una meccanica smontabile che
permette di accedere senza difficoltà a ogni singolo tasto grazie al sistema a molla e non
più ad asse. Le voci sono di grande qualità in quanto si studiano i materiali e le tecniche
da impiegare nella loro produzione. L’acciaio svedese deve essere tagliato nella
direzione parallela delle vene, dunque in senso longitudinale e non deve ossidarsi. Le
pelli devono essere della migliore qualità e morbide. Il fissaggio delle pelli sulle ance
necessita, poi, di una cera adeguata che deve mantenere inalterate nel tempo il più a
lungo possibile le sue proprietà, sopportando sbalzi di temperatura e di umidità.
Attenzione viene posta all’incollatura delle casse e per la prima volta vengono utilizzati i
multistrati. Le casse vengono costruite in unico pezzo e sono dunque monolitiche, il che
permette di ottenere una migliore resa acustica. Anche per i cassotti e per i "castelli"
(somieri o, in gergo, soniere) vengono utilizzati legni di qualità che favoriscono una
maggiore morbidezza del suono. Brevetti vengono ottenuti dalla Scandalli anche per le
meccaniche dei registri, per gli angolari dei mantici e per il tendimanale. Gli
accorgimenti citati dimostrano una grande attenzione e sensibilità della Scandalli per i
prodotti di qualità e per la produzione in serie. Più di qualche ditta cerca di copiare le
loro soluzioni tecniche, ma invano. L’esempio della Scandalli è una vera e propria
eccezione nel panorama dell’artigianato italiano della fisarmonica.
Gli anni della ricostruzione successivi alle rovine della seconda guerra mondiale
si presentano difficili anche per la prestigiosa azienda cameranese. Quando nel 1946 la
Scandalli si fonde con la Settimio Soprani e con la Frontalini, la nuova società
denominata Farfisa continua a produrre fisarmoniche con il proprio marchio. La
Scandalli allestisce anche un interessante museo della fisarmonica presso la propria
sede. Purtroppo verso il 1950 un violento incendio lo distrugge assieme agli
stabilimenti. Negli stessi anni cinquanta la Scandalli lancia sul mercato il Super VI.
Questa fisarmonica diventa in breve il miglior prodotto in assoluto disponibile sul
mercato. Il suono del Super VI è a tutt’oggi ricercato per la sua eccellente qualità
timbrica e a detta di molti risulta ancora insuperato.
A Trieste nasce un altro marchio di fisarmoniche, ossia Pascucci. Nel 1923
Ottaviano Pascucci (1878-1954), nativo di Cupramontana (Ancona), apre una propria
bottega di riparazioni di strumenti a fiato e grammofoni. Successivamente il laboratorio
viene trasformato in negozio di strumenti musicali che passa nelle mani del figlio Ercole
Pascucci (1903-1971). Nel negozio si continuano a riparare fisarmoniche, soprattutto le

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diatoniche Ploner. Ciò facilitato dal fatto che i laboratori di Pascucci e di Ploner si
trovano sulla stessa via Madonnina. Dopo il 1950 la Pascucci continua a vendere
armoniche triestine con il proprio nome, ma queste vengono fatte costruire ad artigiani
marchigiani, di cui gli stessi proprietari non desiderano svelare il nome. Le armoniche
triestine Pascucci vengono costruite sul modello Ploner con ventuno o venticinque
bottoni al canto e con dodici bassi. Queste armoniche presentano nel cantabile tre voci,
tutte sulla stessa altezza (8' calante + 8' intonato + 8' crescente). Certi modelli sono
rivestiti in celluloide madreperlata, altri sono in legno laccato. La loro diffusione è locale
e abbraccia l’area giuliana, l’Istria e sporadicamente la Dalmazia. Nell’attuale negozio i
proprietari conservano una fisarmonica d’epoca, la cui data di costruzione non è stato
dato scoprire. Si tratta di una cosiddetta “semidiatonica” con tre file di bottoni al canto e
quattro file di bassi, simile allo strumento costruito da Giovanni Rossovich.
Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale vengono fondate in Italia le
prime scuole per fisarmonica. Tra i maggiori pionieri dell’attività didattica vi è Luigi
Oreste Anzaghi (1903-1963), il quale apre una scuola a Milano, alla quale seguirà
l’apertura di un’intera catena di scuole sparse in varie parti d’Italia, e dove pubblica
anche il primo metodo sistematico per fisarmonica, il “metodo completo teorico-pratico
progressivo” e il metodo “Sistema pianoforte e cromatico da ventiquattro a
centoquaranta bassi” (Milano, Ricordi, 1942). Anzaghi è autore nella seconda metà degli
anni Quaranta e nella prima metà degli anni Cinquanta soprattutto di studi per
fisarmonica – Il Virtuoso della fisarmonica, Venticinque esercizi di tecnica giornaliera,
Cinquanta esercizi di tecnica – oltre che di trascrizioni e di qualche pezzo originale ed è
considerato uno tra i più dotati e qualificati didatti di fisarmonica. In realtà si è a
conoscenza di un altro metodo antecedente quello di Anzaghi che viene redatto da
Bozzacchi nel 1940 e pubblicato da Italmusica di Milano.
Altro importante didatta fu Luigi Lanàro (1911-1977), fondatore dell’omonima
Accademia, con sede principale a Roma e sezioni staccate diffuse in tutte le regioni della
penisola.
In Italia fino al secondo dopoguerra la fisarmonica resta ancora legata alla musica
d’intrattenimento e a quella da ballo ed è considerata uno strumento adatto solamente a
una musica d’evasione e di divertimento. In Friuli e a Trieste, per esempio, i
fisarmonicisti suonano accompagnati dai loro complessi nei locali pubblici: balere,
dancing, caffè, trattorie. L’udinese Enzo Bellina (1922-1944) forma nel 1939 la propria
fisorchestra con la quale si esibisce nel Friuli. Bellina è autore di pezzi da ballo, come
“Belliniana”, “La bora”, “Danza ungherese”, “Passeggiando sui tasti”, “Radio Tolosa” e

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“Ricordo di Parigi”. A Gorizia gode di discreta fama Edoardo de Leitenburg, mentre a
Trieste si mettono in luce le fisarmoniciste Alice Skerl (1912-1985) e Lina Severini
(1914). Alice Skerl suona in varie formazioni nei locali di Trieste, mentre Lina Severini fa
parte dell’orchestra di fisarmoniche Zacutti. Alcuni compositori italiani inseriscono nelle
loro opere la fisarmonica tra gli strumenti in scena sul palco. Si tatta delle musiche di
scena per coro e orchestra per il dramma di Hugo von Hofmannsthal “La leggenda di
ognuno” (1933) del compositore milanese Giulio Cesare Sonzogno (1906-1976), della
leggenda drammatica in un prologo e tre atti “Ildibuk” (1934) del compositore torinese
Lodovico Rocca (1895-1986) e dell’opera in atto dal dramma di Eugene O’Neill “La luna
dei carabi” (1944) del compositore Adriano Lualdi (1885-1971).
Una situazione simile a quella italiana viene a crearsi in Francia, dove la
fisarmonica trova grandi difficoltà a inserirsi nell’ambito della musica colta. Verso il
1930 Jauniaux, Mathus e Mendel scrivono delle trascrizioni per fisarmonica cromatica a
bottoni di pezzi dei periodi classico e romantico. Tra il 1920 e il 1940 vengono pubblicati
dai soli editori parigini ben ventisei metodi. Un nuovo impulso alla musica classica
eseguita con la fisarmonica viene dato all’organizzazione di alcuni concorsi
internazionali svoltisi in Francia e in Belgio dopo il 1935. In queste manifestazioni si
rivela una nuova generazione di solisti. Tra loro spiccano Freddy Balta (1919), Celino
Bratti (1928), Yvette Horner e Joe Rossi (1922), ma anche André Beauvois (1922),
Bochu, Caffi, Domergue, Hellen e Sebatier. Una certa propaganda viene condotta anche
da Jules Prez, il quale si esibisce più volte a Radio-Lielle, interpretando con la
fisarmonica brani di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), Ludwig van Beethoven
(1770-1827), Carl Maria von Weber (1786-1826) e di Johann Kuhnau (1660-1722). Alla
fisarmonica dedicano attenzione due importanti compositori francesi. La fisarmonica
viene infatti inserita nell’organico dell’oratorio fantastico in tre parti “L’apocalypse selon
Saint-Jean” (1939) di Jean Francaix (1912). Nel 1942, invece, Darius Milhaud (1892-
1974) scrive la “Suite Anglaise” op. 234 in tre movimenti (Gigue, Sailor’s song e
Hornpipe) per quattro fisarmoniche e orchestra, ma per la sua prima esecuzione bisogna
attendere il dopoguerra (28 maggio 1947). Nonostante il recesso della produzione
francese di fisarmoniche, nuovi costruttori decidono di aprire a Parigi le loro ditte:
Jacques Leroux nel 1928, i fratelli Crosio (che rilevano la ditta Ferdinando Atti) nel 1929,
Gallo nel 1931, Pompilio Martella nel 1934 e Busato nel 1944. Alcuni di loro sono italiani
e hanno già un’attività nella propria patria e poi emigrano per tentare la fortuna
all’estero, esportando il modello di fisarmonica a centoventi bassi.
La fisarmonica è ormai molto diffusa anche in altre regioni d’Europa. In Austria la

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produzione aumenta in particolare negli anni 1932-1933. Nel 1949 risultano attivi a
Vienna diciotto costruttori di fisarmoniche, ma successivamente la situazione cambia e
si verifica un brusco calo, così che nel 1982 di artigiani ne restano solo due. Nell’allora
Cecoslovacchia la produzione raggiunge le milleseicento unità nel solo anno 1938. Nel
1948 viene fondata a Horovice l’azienda Harmonika che esporta fisarmoniche di qualità
con il marchio Delicia. Lo strumento si diffonde anche nella vicina Ungheria. Nel 1939 si
tiene a Budapest il primo concerto di fisarmoniche sotto la direzione di Frederik
Marnitz.
Tra le due guerre si diffonde in Romania l’acordeon, ossia la fisarmonica modello
a pianoforte. L’acordeon rimpiazza l’armonica sia come strumento d’accompagnamento
che come strumento solista da concerto. Il primo laboratorio polacco di cui si ha notizia
è quello aperto nel 1928 da Joseph Borucki, il quale costruisce una fisarmonica con
tastiera destra cromatica a tre file di bottoni e con centoventi bassi.
La diffusione della fisarmonica nei paesi balcanici dell’ex Jugoslavia è legata alla
produzione di musica di consumo e di musica popolare e tradizionale. In Slovenia le due
danze tradizionali sono la polka e il valzer. Lo strumento sloveno autenticamente
popolare è la “Frajtoner’ca”, un tipo di diatonica che deriva dalla “Steierische
Harmonika”. Nei restanti paesi dell’ex Jugoslavia alla fisarmonica vengono affiancati altri
strumenti popolari e le danze in uso sono altre come il “kolo” o "latri" con ritmi e tempi
più complessi di derivazione orientale come il 7/8.
In Inghilterra si afferma verso la metà degli anni Trenta una seconda generazione
di fisarmonicisti, nati intorno al 1915, tra i quali figurano Adrian Dante (1914),
fondatore nel 1948 della British Accordion Association (BAA), Albert Derloy (1913),
Graham Romani (1917), Ivor Beynon (1919), direttore negli anni 1959-1962 del British
College of Accordionists, Don Scala (1920). Nel 1936 viene fondato il British College of
Accordionists (BCA), un’associazione di importanza vitale per lo sviluppo musicale della
fisarmonica in questo paese, mentre l’anno prima viene data alla luce la rivista
“Accordation Times”. Sempre in questo periodo vengono organizzati i primi concorsi e
campionati regionali e nazionali.
Negli anni Trenta la fisarmonica si diffonde anche in Giappone, dove la
produzione si basa su modelli europei. L’azienda Tombo inizia con la fabbricazione in
serie di diatoniche nel 1932, seguita tre anni più tardi dal colosso Yamaha. Negli anni
Trenta e Quaranta le aziende dell’estremo Oriente asiatico tentano letteralmente di
copiare le fisarmoniche prodotte in Italia, soprattutto le Scandalli, ma senza fortuna. La
Tombo produce ed esporta le sue fisarmoniche con particolare successo negli anni

12
Settanta e nello stesso periodo costruisce pure delle fisarmoniche prive del manuale
sinistro e perciò adatte alle orchestre di fisarmoniche. In questi modelli il manuale
destro è disponibile in varie altezze ed estensioni. I quattro modelli vengono denominati
soprano, contralto, tenore e basso.
L'evoluzione della fisarmonica classica, a differenza di altri strumenti che ormai
da tempo hanno trovato sembianze e forme definitive, continua ancora oggi. Citiamo ad
esempio la ricerca del Maestro Francesco Palazzo il quale ha contribuito fortemente al
perfezionamento di un nuovo modello di fisarmonica classica con la tastiera destra a
pianoforte (49 tasti) e la sinistra a note singole per quinte (160 bassi), senza variare
sensibilmente le dimensioni generali dello strumento. In precedenza, tranne qualche
rarissimo esempio, la tastiera destra era fornita di un numero massimo di 45 tasti ed un
numero superiore era sempre stato considerato scomodo per l'esecuzione, nonché
difficile da realizzare tecnicamente. Utilizzando tasti da 17mm anziché da 19mm, è stato
possibile invece incrementarne il numero, riducendo addirittura di 13 mm. la lunghezza
totale della tastiera. Ciò consente di suonare su una tastiera la cui estensione è di quattro
ottave, da DO2 a DO6. La composizione dei registri è la seguente: 16'-8'-8'-4'-4' per il
manuale destro e 8'-4'-2' per il sinistro. Anche per quanto riguarda la composizione dei
registri della tastiera destra, è stata apportata un’importante variante: tutti i modelli da
concerto a 5 voci, infatti, sono provvisti del registro di 12 a rispetto all'8'. Questo è un
tipico esempio di registro di matrice organistica che genera però una scissione timbrica
molto forte tra i due manuali. Infatti il manuale sinistro ne è sprovvisto; ne consegue che
un passaggio melodico eseguito a cavallo tra le due tastiere risulta timbricamente
diverso se il registro di 12 a è in funzione, questo non è sempre un risultato ottimale dal
punto di vista della purezza del suono. La sostituzione del registro di 12 a con un
ulteriore 4 piedi, ha invece allargato le possibilità esecutive, offrendo una vera e propria
ottava virtuale in più all’esecutore (cosa già possibile con il solo 4 piedi ma con un
risultato molto debole). Con il registro 4'-4' il suono viene notevolmente rinforzato,
inoltre il doppio 4 piedi conferisce una maggiore brillantezza timbrica, sempre
omogenea e ben integrata. Questo modello di fisarmonica, nato come prototipo, a
distanza di ben dodici anni di sperimentazione e ulteriore ricerca sta diventando una
reale produzione di serie, proponendo una futura trasformazione della fisarmonica a
pianoforte e aprendo gli orizzonti musicali a nuove vedute.
L'evoluzione della fisarmonica classica nei giorni nostri riguarda anche e
soprattutto il repertorio, e nello specifico uno degli aspetti più prestigiosi: quello per
“Fisarmonica e Orchestra”.

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A seguire, un elenco degli esempi maggiori:

 SERENADE UND ALLEGRO, Wolfagang Jacob (1958).


 KONZERT HUGO HERRMANN (1941), per Fisarmonica, archi, orchestra, 2 percussioni a
piacere.
 KONZERT IN LA MINORE, Curt Mahar (1956).
 SUITE INGLESE, Darius Milhaud (composto nel 1947, revisione nel 1966). Prima
versione per armonica a bocca; nel 1974 fu pubblicata la versione per Fisarmonica.
 CONCERTO PER FISARMONICA E ORCHESTRA, Paul Creston (1960).
 CONCERTO NO. 1 IN Bb MAJOR, Nikolai Chaikin (1960).
 FANTASIA E ALLEGRO PER FISARMONICA E ORCHESTRA SINFONICA, Ole Schmidt.
 SPUR, Arne Nordheime (1975).
 SIEBEN WORTE, Sofia Gubaidulina per Fisarmonica, Violoncello e Orchestra d'Archi
(1982).
 CONCERTO PER FISARMONICA E ORCHESTRA, Jean Francaix (pubblicato il 1993,
eseguito il 1994).
 UNDER THE SIGN OF THE SCHORPIO, Sofia Gubaidulina (2003), per Fisarmonica e
grande Orchestra (94 elementi).
 IL GIORNALE DELLA NECROPOLI, Salvatore Sciarrino (2005).
 SPIRITI, Jukka Tiensuu (2006).
 FACHWERK, Sofia Gubaidulina (2009) per Fisarmonica, Orchestra d'Archi e Percussioni.
 CONCERTO PER I POPOLI, per Fisarmonica e Orchestra d’Archi, Luigi Morleo (2008).
 CONCERTO PER FISARMONICA ARCHI E PERCUSSIONI, Vito Palumbo (2011).

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L’OPERAZIONE DI SALVATORE DI GESUALDO
ATTRAVERSO TRASCRIZIONI, REVISIONI, NUOVA LETTERATURA E DIDATTICA.

La Fisarmonica rappresenta ormai da alcuni anni uno strumento emergente in


molti e differenti ambiti musicali. Si può però distinguere da tutto il resto, l’utilizzo
nell’ambito della musica classica-contemporanea e nella musica antica da tasto trascritta
o adattata per fisarmonica, ovvero: l’utilizzo nel blues, nel jazz e ancora in altri stili come
il klezmer, il forrò-baiao, il canju, lo zydecol, il musette francese, la musica irlandese e
tante altre forme popolari riguardanti diverse nazioni e zone in particolare.
Questa evidente distinzione la si deve principalmente a due elementi
determinanti: nello stile contemporaneo o in quello barocco adattato o trascritto per la
fisarmonica, è previsto un completo impiego del manuale sia destro che sinistro e la
conoscenza di tecniche esecutive di elevato spessore (tecniche polifoniche,
differenziazione delle articolazioni e dei fraseggi, ecc.) che migliorano le possibilità
interpretative, dinamiche ed espressive dello strumento. Una conseguenza di tale
possibilità è stata la nascita negli ultimi decenni di una semiografia ed una notazione
musicale propria della fisarmonica che hanno evidenziato quanto ancora possano essere
esplorate le potenzialità che può esprimere. Per esempio l’utilizzo paritario dei due
manuali e queste evolute possibilità tecniche hanno permesso l’acquisizione di
composizioni di grande rilievo storico e artistico, come Kunst der fuge ed ancora, in
questa rinnovata direzione esplorativa, di far nascere una letteratura specifica scritta da
eminenti figure del panorama contemporaneo internazionale, come la Sequenza XIII
Chanson di Luciano Berio, solo per citarne una tra tutte; siamo quindi di fronte ad uno
strumento che è riuscito, non senza fatica, a nobilitarsi, conquistando anche i più
esclusivi ambiti accademici, e a ricevere l’attenzione di compositori, direttori
d’orchestra, interpreti, critici musicali e musicologi, etc.
L’evoluzione tecnologica della fisarmonica, ha supportato la contemporanea
maturazione di una figura professionale e musicalmente più formata del suo esecutore,
che si è evoluto, armandosi di umiltà pazienza e studio, acquisendo tutte quelle
componenti complementari allo studio della fisarmonica, che permettono di
interpretare e trasmettere il contenuto più profondo dell’opera d’arte musicale.
In quest’ottica entra in gioco in modo netto, rivoluzionario e determinante la figura di
Salvatore di Gesualdo, il quale ha definito, in cinquant’anni di attività ufficiale, le
fondamenta della fisarmonica da concerto (classica), attraverso un programma di
composizioni musicali inquadrabili in un arco di quattro secoli e aventi come autori F.

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Landino, C. Merulo, G. Frescobaldi, G. da Venosa, J.S. Bach fino ai nostri giorni con S.
Sciarrino, L. Berio, S. Gubaidulina, etc. Inoltre ha conquistato con lo strumento uno
nuovo e ben definito profilo espressivo: la fisarmonica classica come strumento “sintesi”
tra gli strumenti polifonici da tasto ad “espressione fissa” (per es. organo e
clavicembalo ), e ad “espressione mobile” (per es. pianoforte) e quelli monodici capaci di
suono espressivo (strumenti a fiato).
In base alle peculiarità “espressive” della fisarmonica, grazie all’articolazione del
mantice, dei fraseggi e del tocco dell’esecutore, Salvatore di Gesualdo ha inventato il
concetto di “polifonia differenziata”, cioè una “differenziazione” nella polifonia tra le
singole voci che stabilisce una nuova visione esecutiva, non emulativa dell’organo e del
cembalo, ma comparativa e propositiva di nuove soluzioni interpretative.

Salvatore di Gesualdo

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Salvatore di Gesualdo (Fossa, 11 aprile 1940 – Firenze, 30 marzo 2012) ha
vissuto fino a 28 anni a Cansano (AQ), un piccolo paese della provincia di circa 1000
anime.
In questo contesto decentrato non vi era la possibilità di respirare la musica colta
dei conservatori e quindi il suo primo e unico punto di riferimento era il papà Lorenzo
che suonava la chitarra da dilettante. Fu questo quindi il suo primo strumento con il
quale già all’età di cinque anni era diventato – a livello locale – un fenomeno e aveva
dimostrato grande interesse e talento per la musica. In aggiunta a questo era attratto e
affascinato dalla radio, ascoltava importanti organisti: Luigi Ferdinando Tagliavini,
Ferruccio Vignanelli, Ireneo Fuser. La suggestione che ne riceveva dal suono tenuto lo
portò a chiedere al padre di fargli studiare l’organo ma in paese non c’era e ricevette in
regalo all’età di 10 anni la prima piccola fisarmonica rossa Paolo Soprani con ottanta
bassi.
La fisarmonica, erede di quell’organetto tipico della cultura semplice, contadina e
del “dopo lavoro” che richiama sia al suo paese di origine che agli stessi suoi nonni,
sembra quasi un marchio indelebile che lo voleva rendere DOC e rappresentava nel suo
immaginario già molto di più, oltre a legarlo alla sua terra d’origine, l’Abruzzo.
Dopo aver ricevuto i primi rudimenti di teoria musicale dal padre, proseguì gli
studi con le scuole commerciali e si iscrisse all’università solo successivamente a 21
anni, iniziando seriamente a studiare la musica seppur in modo irregolare. Prese le
prime lezioni di armonia da un maestro di composizione di Pescara, Rosolino Toscano,
successivamente conobbe Boris Porena con il quale concluse gli studi di composizione al
conservatorio di Pesaro, fece anche un anno di direzione d’orchestra a Roma con F.
Ferrara, riuscì in 2–3 anni a bruciare i canonici 10 anni di conservatorio malgrado una
bocciatura seguita da un giudizio estremamente negativo subìto al 4° anno di
composizione!
Gli incerti confini del repertorio fisarmonicistico e comunque nell’ambito della
musica popolare e popolaresca e l’utilizzo dopolavoristico che se ne faceva avevano
causato a di Gesualdo difficoltà enormi per imporsi come concertista di fisarmonica ed è
quindi difficile definire un vero e proprio debutto come per i colleghi violinisti o pianisti.
L’attività del di Gesualdo è caratterizzata all’inizio soprattutto da una lotta continua
verso e contro le istituzioni musicali e culturali che gli negavano l’ingresso nei propri
calendari, nelle loro associazioni e stagioni musicali, di conseguenza si può considerare
come debutto la vittoria nel 1962 a Salisburgo del Trofeo Mondiale di Fisarmonica.
Tuttavia questa rappresentò per lui anche il divorzio ufficiale dalla fisarmonica corrente,

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per dare inizio ad una ricerca, durata anni di lavoro e sofferenze, privazioni ed
esclusioni, che denotano con certezza, riguardo i suoi studi fisarmonicistici, la sua natura
di “autodidatta integrale” per sua stessa definizione. La sua tecnica fu ricercata
attraverso la viva esperienza e il suo particolare strumento: uno strumento con due
manuali, destro e sinistro, aventi ambedue la possibilità di avere note singole e quindi di
esprimere la polifonia.
In realtà, tentativi di utilizzare la fisarmonica come strumento da concerto
c’erano già stati; tantissimi fisarmonicisti che con l’idea di sganciarla dal cliché popolare
e popolaresco non avevano fatto altro che ghettizzarla un’altra volta in una concezione
ideologica dello strumento dopolavoristico saccheggiando tutta la letteratura del
melodramma, per eseguire overture, sinfonie, preludi, “le traviate”, “le gazze ladre” e
così via. Quello di Salvatore di Gesualdo risulta essere invece il primo tentativo concreto
di ricerca con presupposti di organicità e scientificità, perché affiancato dallo studio
collaterale della musica antica e tutti i problemi connessi e la sperimentazione di una
tecnica specifica, staccata dalla tradizione della fisarmonica. In aggiunta alla musica
antica, grande attenzione viene anche rivolta alla musica contemporanea, con il bisogno
di viverne le esperienze con rinnovata autonomia, attraverso un mezzo in grado di
offrire nuove possibilità di espressione al linguaggio musicale del nostro tempo, potendo
anche contare sul lavoro di illustri compositori che avevano visto in questa “nuova
fisarmonica” la possibilità di allargare lo spettro acustico degli strumenti musicali nobili.
I risultati impegnativi e sorprendenti ottenuti gli permisero di avere ammiratori
illustri come il direttore d’orchestra Wolfgang Sawallisch e gli organisti Ferruccio
Vignanelli e Clemente Terni. Certo è che la sua profonda consapevolezza stilistica e la
sua cultura musicale erano fuori discussione e gli permettevano di individuare con
chiarezza le diversità del linguaggio strumentale: infatti la sua fisarmonica non
trascriveva, per così dire, ma eseguiva conquistando momento per momento la propria
pienezza espressiva. Egli sosteneva che da quel momento si offriva un mezzo
strumentale assolutamente nuovo e individualissimo che può richiamare l’organo e
quindi può certamente eseguire la letteratura da tasto ma ha la peculiarità di avere ciò
che manca al pianoforte, il suono fisso, e ciò che manca all’organo, la dinamica. Quindi
rappresenta un’alternativa ai grandi strumenti polifonici del passato oppure
l’integrazione: per esempio la possibilità di tenere una nota ed elaborarla dal punto di
vista della dinamica e dell’intensità, cosa che l’organo non può fare (a tal punto definiva
questo strumento, con un po' d’ironia; “una gigantesca fisarmonica ad espressione
fissa”) e nemmeno il pianoforte che ha dal suo canto l’evanescenza del suono, non

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potendolo sostenere.
Ciò che ha incoraggiato una mutazione nella sua vita, convertendolo in uno
studente modello, è stato l’incontro con la Kunst der Fuge di J.S. Bach: da lì a poco,
infatti, iniziò a dedicarsi alla realizzazione del suo grande sogno: riprodurre sulla sua
“scatola sonora” (la fisarmonica) quei suoni arcaici che sentiva durante il concerto “delle
dieci” della Domenica “a Rete Azzurra”. Riferisce lo stesso di Gesualdo, in una intervista
radiofonica del 1977, che quel concerto era diventato per lui una sorta di rito
domenicale e Vignanelli, Germani e pochi altri organisti i suoi punti di riferimento e i
suoi idoli.
Come già accennato precedentemente, la sua prima fase di studi ha inizio a
partire dai 10 anni ed è da autodidatta, ma ben presto il giovane si renderà conto che per
raggiungere i suoi obiettivi artistici ha bisogno di unire lo studio della fisarmonica con
uno studio più ampio della musica. Le primissime lezioni le riceve da Luigi Lanàro e
prosegue poi con i maestri già citati; presso il Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro
conseguirà il Diploma nel 1967 in Musica corale e Direzione di Coro, e nel 1970 il
Diploma di Composizione con la seguente commissione: Marcello Abbado, Mario
Bertoncini, Aldo Clementi, Domenico Guaccero e lo stesso Porena.
Il giovane di Gesualdo inaugura, così, una fase di studio intenso e proficuo,
isolandosi spesso. Lo studio dello strumento durante tutta la giornata lasciava poi spazio
dalle ore ventitré allo studio “silenzioso” di partiture di vario genere, mentre il canto del
primo gallo in lontananza lo avvisava che si faceva “jòurn” e bisognava smettere.
L’esigenza di una reale concentrazione e un certo studio "silenzioso" lo accompagnerà
per tutta la vita. In particolare, d’estate, di Gesualdo trovava questa dimensione ideale di
studio nella sua casa a Talla, paesino in provincia di Arezzo, nel Casentino, che sembra
aver dato i natali a Guido d'Arezzo.
L’esperienza di studio della composizione per il nostro musicista inizierà a dare i
suoi primi frutti sia sul piano dell'interpretazione che per la sua attività di compositore e
trascrittore, ribadendo in tutte le occasioni l’orgoglio di essere stato un allievo quasi
atipico della scuola di composizione di Boris Porena. In uno dei suoi scritti (Kunst &
Fuga, Primo Libro) egli ricorderà Porena come maestro mai abbastanza gratificato della
sua inquieta coscienza di autodidatta, anche se dal suo maestro erediterà la passione e
l’interesse per la didattica della composizione che metterà in pratica nelle sue
interessantissime e coinvolgenti lezioni di ‘Elementi di Composizione’ all’interno della
scuola di Didattica della Musica presso il Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze (sua
città adottiva ed elettiva), ove insegnerà dal 1973 fino alla conclusione dell’attività

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didattica.
Il decennio 1960/70 rappresenta un periodo molto importante per di Gesualdo.
Dopo i primi risultati in alcuni concorsi nazionali, il già citato XII Trofeo Mondiale a
Salisburgo del 1962 se lo aggiudica grazie ad una fisarmonica prestata per l'occasione da
Alberto e Lelio Picchetti della Victoria e, a seguito di questa affermazione, lo strumento
gli verrà poi regalato.
Il concerto per la Camerata Musicale Sulmonese del 18 Novembre 1962 in
qualche modo può rappresentare il suo debutto. Ha inizio il proiettarsi verso la
professione – come scriverà egli stesso – di “solista inventore”, aprendo nuove
prospettive al suo strumento.
In sostanza, di Gesualdo, indagando su una serie di elaborazioni di nuove tecniche
di esecuzione sulla fisarmonica – in particolare per la polifonia e per l'esplorazione di
nuove possibilità timbrico–dinamiche – inaugura l'inizio di una nuova stagione del
concertismo per quello strumento. Si avvia così il passaggio della fisarmonica – usata
finora quasi esclusivamente per la musica popolare – a strumento classico, il cui
repertorio, partendo dalla letteratura antica da tasto, si proietterà successivamente
anche verso la musica contemporanea.
Nella realizzazione dell'ambizioso progetto per il “nuovo strumento” egli
incontrerà molti ostacoli e problemi. Sempre nel ‘Kunst & Fuga, Primo Libro’, scrive che
il suo compito è stato quello di un “musicista-contro” che ha dovuto inventarsi arti e
parti (ovvero tutto, non essendoci ancora sia il repertorio, sia lo stesso “nuovo
strumento”) per aver diritto ad esprimersi. Oltre a ciò, per realizzare il suo sogno è
costretto, suo malgrado e con vari sensi di colpa, ad abbandonare Cansano, diventando
un ‘Wanderer’. “Ho lasciato il paese senza il mio suono, forse ho offeso i muri… ma il mio
suono di Paese ha mosso l’aria…”. Ormai la fama è tale che si susseguono, pur fra i vari
“calvari” e resistenze, diversi concerti per importanti istituzioni concertistiche italiane:
Firenze, Napoli, Siena, Brescia, Parma, Messina, etc.
Soltanto 1’8 Gennaio del 1969 ottiene il primo concerto Rai (ore 15:15 sul secondo
canale, eseguendo, fra l’altro, la sua trascrizione realizzata a vent’anni della Toccata e Fuga
in re minore di J.S. Bach), dopo aver superato audizioni con commissioni formate da:
Giorgio Vidusso, Francesco Siciliani, Wolfgang Sawallisch, etc., in quanto le domande di
audizione che presentava per “Musica da Camera” venivano dirottate alla “Musica
leggera”. Questa è una data importante nella storia dei programmi Rai, poiché la
fisarmonica entra nei palinsesti come strumento classico per la prima volta e da allora
seguiranno molti altri concerti per i canali Rai video e audio.

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La tournée del 1969 negli Stati Uniti è l'occasione per presentare al pubblico –
attraverso sue trascrizioni – programmi con musiche da tasto di autori come Merulo,
Byrd, Frescobaldi e Bach, ricreando sonorità particolari che rimandano a strumenti
dell'epoca, in particolare all'organo positivo. Inoltre resta fondamentale l'esecuzione a
New York dei suoi “Momenti d'improvvisazione” che segna l'inizio di un new sound della
fisarmonica. Finalmente di Gesualdo inizia a realizzare il suo sogno: riprodurre
attraverso il suo strumento quel misterioso suono dell'organo ascoltato per radio da
bambino e iniziare nuove indagini sul suono.
Nel 1964 nella Sebaldus-Kirche di Nurnberg per la prima volta ascolta L'Arte
della Fuga. A quest'opera monumentale di J.S. Bach egli dedicherà molti anni della sua
vita; porterà a termine nel 1984 la realizzazione (trascrizione) per il suo strumento
dell'opera e, successivamente, a partire dal 2000, la collaborazione con la casa editrice
PHYSA e la successiva pubblicazione dei quattro volumi Kunst & Fuga. In particolare, il
lavoro di trascrizione dell’Arte della Fuga, oltre ad impegnarlo molto, ha rappresentato:
«… il punto finale dell’acquisizione della polifonia elaborata. Idealmente ho pensato a un
esproprio di cultura!... Mancando il riferimento strumentale specifico… Sembra un
paradosso, ma l’articolazione espressiva della fisarmonica suggerisce quasi una sintesi
tra gli strumenti polimelodici con fissità dinamica (organo, cembalo) e gli strumenti
monodici con variabilità sempre dinamica».
La realizzazione dell’Arte della Fuga ebbe una lunga gestazione e si concretizzò in
numerosi concerti. Si ricorda, a mo' d’esempio, una selezione dell'opera alla XXXI Estate
Fiesolana nel 1979; il concerto a Rai Uno il 22 marzo 1985, in occasione del terzo
centenario della nascita di J.S. Bach e poi lo storico concerto al Teatro Comunale di
Firenze del 20 Febbraio 1986, dove l’esecuzione e l’interpretazione era sempre
preceduta da una sapiente introduzione di ogni parte dell’opera. Quel concerto si
concluse con l’improvvisazione di una fuga con la sua fisarmonica da un soggetto
ricavato da alcune note suggerite dal pubblico in sala.
Da un quaderno di appunti “… deciso a studiare l’Arte della Fuga di Bach… da
anni accompagno il pensiero di questa ‘impresa’…”; “nelle ripercussioni al basso potrei
raddoppiare con l’8a inferiore come un pedale d’organo o un contrabbasso in un
quintetto d’archi… forza e presto…”; “… quest'Arte della fuga non mi dà pace, non dormo
la notte… Devo”; “… non so cosa accade al mio essere fisico musicale al solo pensiero di
eseguire queste note… mi sconvolge il sangue alla testa, tutti i brividi in corpo, il pianto
accenna a dirompere i muscoli tesi, totalmente coinvolto, le mani ferme, il cuore mi
scoppia come nel romano Dirumpi dolore!...”.

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Nel frattempo, nel pieno della sua attività concertistica, insegna presso il
Conservatorio di Pesaro, scrive recensioni per il Resto del Carlino; segue un corso di
Direzione d’Orchestra a Roma con Franco Ferrara, iniziano i primi lavori da “pittore
autodidatta” che – solo per fare qualche esempio – saranno presentati in alcune
“personali” (Anni Ottanta), presentando lavori di china e grafite su carta, tecnica mista
su carta-cotone. Ai visitatori della mostra si raccomanda: “… all'osservatore chiedo di
‘ascoltare’ questi quadri da vicino e da lontano e poi con una messa – a – fuoco sghemba
o imperfetta… annebbiarsi la vista vuol dire estraniarsi, slontanare, porre un diaframma
tra sé e il mondo o semplicemente ridurre tutto a sé come un bimbo ‘attraverso’
lacrimoni a capriccio…”.
Curioso verso ogni campo del sapere, univa, attraverso un sottile fil rouge, la
musica e molte altre espressioni artistiche.
“Ho inseguito ‘curiosità’… ho curiosato migliaia di libri… quante cose so, di
musica e di arti!... E quante cose non so?... Un milione di volte di più delle cose che so…”.
Nel suo Primo Libro ‘Kunst & Fuga’, lo stesso maestro, quasi con vis polemica a
proposito dei musicisti e dei pittori contemporanei, allude utopicamente alla
eliminazione di «quei clan che decidono a tavolino il destino degli artisti con criteri di
mercato» in quanto «l’intermediazione lucra e non educa», esortando: “… ogni artista
torni alla sua bottega aperta agli amici sostenitori e ai nemici detrattori… Allora il
rapporto diretto tra artista e il suo popolo, tra il pittore e i suoi ‘collezionisti’, etc.,… si
perfeziona in un “rapporto di conoscenza”, unica garanzia di un gusto duraturo, selettivo
di qualità…”.
La critica e la stampa internazionale lo definiscono ‘innovatore’; lo chiamano ‘il
Segovia della fisarmonica’; in Italia non mancano altrettante critiche lusinghiere.
Leonardo Pinzauti, in occasione di un suo concerto, lo definisce ‘Fisarmonica
sbalorditiva’.
Saranno in particolare, già dalla fine degli anni ’60, numerosi incontri
collaborazioni ed attestazioni di stima a segnare – come ricorda lui stesso – la sua
‘epifania’.
Nel 1966 Goffredo Petrassi: “… un contributo molto importante nello sviluppo
del suo strumento…”;
1967, G. Malipiero: “… lei aggiunge lustro a un nome già tanto illustre, quello di
Gesualdo”;

1968, Pierre Boulez: “l’artiste de l’accordéon”; e Luigi Nono: “… ha fatto una


vera rivoluzione nel campo della fisarmonica…”,

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1973 Luigi Dallapiccola: “Paganini della fisarmonica”;

1975, Bruno Bartolozzi: “… porta uno straordinario contributo alla conoscenza


di questo strumento, mettendone in luce le reali possibilità… con effetti di
grande nobiltà espressiva e di insospettate risorse sonore…”;

Sylvano Bussotti: “… straordinario musicista egli rivela quella proprietà


(forse l’essenziale) di trasfigurazione del reale che la Musica, sopra tutte
le umane ricchezze, con ogni mezzo ed ingegno ci dona”;

Gyorgy Ligeti: “You are Wonderful artist!”;

1976, Franco Donatoni, nel piacere e stupore nell’ascoltarlo, alludendo sia al


coraggio che alle ragioni di far musica con la fisarmonica: “… Uno
dovrebbe poter trovare la tua coerenza, e allora un lumicino piccolo ma
fermamente acceso illuminerebbe la sua esistenza”.

Per comprendere l’originalità e la genialità del nostro musicista non si può non
accennare anche alla sua produzione compositiva, particolarmente indirizzata per il suo
strumento. “… Non sono un “compositore” dal punto di vista sindacale… compositore
“malgré moi”… senza alcun motivo di inorgoglirmi, davvero!...” Ecco la sua
autodefinizione di compositore (I Libro Kunst & Fuga).
Alla già menzionata attività di trascrittore (J.S. Bach, Arte della Fuga, oltre a vari
autori tratti dalla letteratura da tasto come ad esempio: F. Landino, G. Frescobaldi, C.
Merulo; B. Pasquini, o W. Byrd), nascono e si aggiungono diverse composizioni originali
per la fisarmonica da concerto raccolte in un CD edito da EMA Records nel 1996. Le
intenzioni e i “sogni” di Salvatore per raggiungere nuove sonorità sulla fisarmonica si
concretizzeranno nella realizzazione di un nuovo strumento. Grazie alla Victoria di
Castelfidardo potrà cosi realizzare il modello V1 SdG, uno strumento che si caratterizza
soprattutto per ampie e nuove possibilità espressive. Le sue composizioni così risultano
“nuove”, originalissime e aprono a nuove prospettive. Se in Epitaffio (Anni Settanta),
composto in memoria del padre, cerca una certa intesa e interazione di timbri tra lo
strumento e un nastro preordinato, nelle Improvvisazioni (1-3) egli stesso ci informa
che: «ho spinto la mobilità dinamica fino all’esasperazione tramite quel “polmone
esterno” che è il mantice». Agli anni ’80 risalgono i Moduli, composizioni per fisarmonica
e computer realizzate attraverso la collaborazione tecnica di Pietro Grossi; Musica Pro
Guido (anni ’90), composta in occasione del Millenario dalla nascita di Guido Monaco
sviluppa ulteriormente il linguaggio utilizzato in Moduli e nasce una composizione per

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fisarmonica, nastro e suoni concreti. Nel corso della non facile vita e professione aveva
fatto suo il motto “non senza fatiga si giunge al fin” di frescobaldiana memoria; ed aveva
raccomandato di investire sulla buona formazione invece di passare attraverso “… le
italiche raccomandazioni”; sono sue parole. Ha scritto la voce “Fisarmonica” del DEUMM,
Torino 1995.
Di tale importanza e rilevanza nell’operazione svolta da Salvatore di Gesualdo vi è
dal 2005 in poi il lavoro di scrittura e stesura dei quattro volumi dedicati all’Arte della
Fuga accennati in precedenza. Il titolo preciso è “Kunst & Fuga”, questo perché non sono
dei volumi di mera analisi della Fuga ma sono il pretesto per raccontare e dire tutto ciò
che sentiva dentro rispetto all’Arte della Fuga stessa, alla musica in generale, alla
fisarmonica, rispetto alla situazione del fisarmonicista e del musicista oggi. Una specie di
diario di bordo in cui lui racconta la sua esperienza di musicista ma anche di ricercatore
e compositore.
Di questi volumi sono già stati pubblicati il primo, il terzo e il quarto. Il primo è
probabilmente quello più criptico perché contiene soprattutto aforismi, schegge di
considerazioni acide e caustiche sul mondo della musica e solo cenni storici riguardanti
l’Arte della Fuga. Il terzo ha come sottotitolo “Exit” ed è in particolar modo un lavoro
autobiografico scritto da di Gesualdo dopo un episodio molto drammatico della sua vita.
Cieco da un occhio sin dall’adolescenza a causa di un incidente accaduto a scuola, si
ritrova tre anni dopo totalmente non vedente per alcuni mesi in seguito ad un problema
avuto all’altro occhio. Posto di fronte al muro dell’invisibilità si trova a dover ripensare
la sua vita e molti racconti presentati descrivono, anche con ironia, questo dramma.
Questo volume è molto carico a livello emotivo, lo riporta alle radici, alla sua infanzia in
Abruzzo, ai suoi ricordi legati alla guerra vissuta sulla propria pelle, al profondo dolore
per una terra espropriata dalla mafia. Il quarto volume affronta invece in un modo molto
bello e sentito il discorso dell’interpretazione e del suo valore altissimo. Il secondo
volume, non ancora prodotto, dovrebbe contenere oltre cinquecento pagine ed è
completamente dedicato all’analisi musicale e compositiva dell’Arte della Fuga.

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IMPROVVISAZIONE N.1

Scritta durante il primo viaggio in America di Salvatore di Gesualdo nel 1969,


Improvvisazione n. 1 scaturisce dal desiderio di affiancare al lavoro strumentale, anche
una ricerca nel campo della composizione. Di Gesualdo sostiene infatti che "un musicista
che vive il suo tempo deve sapere cosa succede nel suo tempo" e ancora "dopo Franco
Donatoni, Luigi Nono e Pierre Boulez, si scrive con un'altra idea". In quegli anni, ma in
generale sarà sempre un suo punto di riferimento, di Gesualdo guarda soprattutto a
György Ligeti (che in quel periodo aveva scritto “Lux aeterna” per sedici voci soliste e
“Volumina” per Organo) ponendo attenzione alla musica grafica e alle sue espressioni
che vanno da Dieter Schnebel fino al grafismo di Karlheinz Stockhausen e di Krzysztof
Penderecki.
I suoni tenuti, la loro elaborazione, le dissonanze dei battimenti, il mezzo registro,
le scordature, i clusters, etc., erano tutti effetti che per la prima volta si provavano sulla
fisarmonica. Di Gesualdo sostiene di non aver inventato un linguaggio ma di aver cercato
di vivere il linguaggio internazionale creatosi attraverso i compositori già citati. Picasso
diceva di non aver inventato niente ma di aver trovato già un linguaggio, tanti critici
hanno scritto “non s'inventa, si trova”! La fisarmonica non doveva imitare l'organo ma
distanziarsi perché ha tutta un'altra procedura, è uno strumento dinamico a differenza
di organo e cembalo e sembra somigliare più al quintetto di fiati o al quartetto d'archi.
Esternazioni importanti che possono rendere comprensibile il porsi nei confronti
della composizione d'avanguardia per Fisarmonica da parte di Salvatore di Gesualdo
sono ancora:
a) l'idea che nella costruzione di uno strumento c'è sicuramente la modalità
per suonarlo (l'attacco, la qualità del suono);
b) l'interpretazione è un cosmo e quindi l'esecutore è inventato
dall'interpretazione e non viceversa;
c) il repertorio contemporaneo scritto su commissione non ha una verità
perché non nasce da una necessità creativa (condizione indispensabile); i
compositori Malher, Weber, Boulez hanno l'etica dell'artista, non
privilegiano la commissione, il gusto e il meccanismo dell'homo oeconomicus.
Di Gesualdo è stato cronologicamente il primo e anche il più convinto sostenitore
dell'avanguardia e del rinnovamento in Italia.
Dal 1962 entra in forte contrasto con l'idea di una fisarmonica tradizionale,
corrente in quel periodo. Nella fisarmonica egli vede uno strumento da rinnovare, da
rivitalizzare e da approfondire.

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Dopo un lungo periodo di studio e di isolamento, che lo vedono esplorare le
possibilità timbrico/dinamiche della fisarmonica classica, compone i suoi primi brani
d'avanguardia.
Un'opera totalmente innovativa nella letteratura italiana in quanto a linguaggio,
tecniche d'esecuzione e a scrittura è appunto la sua Improvvisazione n. 1 (Ancona,
Bèrben, 1993, comp. 1973), risalente al 1973.
Fondamentali sono le pagine introduttive alla partitura, nelle quali Salvatore di
Gesualdo spiega le generalità del brano e le indicazioni grafiche contenute in questa
composizione.
Innanzitutto, Improvvisazione n. 1 ha una forma assolutamente libera. Nella
partitura, infatti, non sono indicate in modo tradizionale né le battute, né il tempo, né i
valori di durata delle note. Le durate sono, man mano con il procedere del brano,
espresse in secondi e in minuti.
Spiega Di Gesualdo, che “La durata del pezzo è data dalla somma delle durate
assolutamente approssimative, indicate nel suo divenire. Il pezzo deve avere il carattere
generale di «continuum» evitando la sensazione di scansione ritmica regolare. Gli
avvenimenti devono essere integrati nel continuum senza soluzione di continuità, come
avviene nelle grandi fughe per organo di J.S. Bach. Il pezzo, inoltre, può essere eseguito
in versione libera, cioè l'esecutore, secondo il momento, può scegliere gli avvenimenti
sonori senza un ordine predeterminato. In questo caso, comunque, il pezzo deve
conservare il carattere di «continuum»”
Di Gesualdo introduce alcune tecniche esecutive nuove per la letteratura italiana,
indicate con una serie di segni grafici specifici.
Innovativo è l'uso dei registri. Un registro (indicato con il cerchietto a tre spazi)
può essere premuto non soltanto totalmente, come si usava fino ad allora, ma anche a
metà della sua corsa: mezzo registro (indicato con una linea verticale tratteggiata); oppure
un registro può essere inserito progressivamente (vedi esempio musicale 1).
Con i registri si possono anche aggiungere nuove voci, ottenendo vari giochi
d'ance (nella fisarmonica classica è solitamente presente una mentoniera che permette
appunto attraverso l'uso del mento di aggiungere o togliere voci non impegnando in
questo modo le mani). Per esempio, nell'incipit della composizione alla voce 8' in
cassotto viene aggiunta la voce 8' fuori cassotto, premendo gradualmente il registro 8' +
8' (vedi esempio musicale 2).
Rinnovato risulta anche l'utilizzo del mantice. La velocità dell'oscillazione ritmica
del mantice può essere regolata (vedi esempio musicale 3).
Anche l'intensità dell'oscillazione del mantice può essere regolata. L'intensità dei

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colpi di mantice è indicata con dei segni simili alle tradizionali indicazioni relative alle
modalità di attacco (vedi esempio musicale 4).
Di Gesualdo introduce nelle proprie composizioni una serie di altri effetti
esecutivi. La scordatura del suono viene ottenuta premendo (o viceversa rilasciando) il
tasto progressivamente, tirando il mantice con maggiore accentuazione (vedi esempio
musicale 5). Il tratteggiato verticale indica la coincidenza tra parte lasciata e parte (note
o registri) aggiunta. Il tratteggiato verticale dove è posto un pallino nero indica il punto
di formazione del suono (dei suoni) di battimento, che va messo in risalto con un leggero
sforzato (>) e per evidenziarne la diversa “sonorità timbrica” (vedi esempio musicale 6).
I clusters vengono indicati con una barra orizzontale se determinati, con una
barra verticale se indeterminati. La velocità del tremolo ottenuto con la mano destra
viene indicato con una serie di linee ondeggianti verticali, la velocità è indicata dalla
distanza dei segni.
Questa estetica viene continuata nell'Improvvisazione n. 2 (ms., comp. 1974), che
rispetto all'Improvvisazione n. 1 ha un andamento più movimentato con più accordi
dissonanti e sforzati.
Nella composizione successiva dal titolo Punkte (ms., comp. 1975) si possono
distinguere due parti contrastanti: la prima con le sue serie di note ricorda il puntillismo
(si parlò di puntillismo, punti isolati, per far riferimento all'effetto disgregante e
dissociativo della serialità integrale applicata da Boulez, allievo di Messiaen, a tutti i
parametri. La risposta dell'altro allievo di Messiaen, Stockhausen, fu la composizione per
gruppi, un insieme di suoni avente una propria specifica caratterizzazione complessiva
grazie alla densità, al timbro, alla dinamica, alla velocità delle note, all'intervallo tra la
nota più acuta e la più grave), molto adatto a di Gesualdo, vista la sua grande passione
per la pittura, e il titolo stesso del brano, Punkte, appunto – mentre la seconda presenta
tenuti lunghissimi e piatti.
Il nuovo tipo di scrittura, introdotto in Italia da Salvatore di Gesualdo, viene
ripreso dal compositore e violinista fiorentino Bruno Bartolozzi nel Madrigale di
Gesualdo (Milano, Suvini Zerboni, 1979, comp. 1976) dedicato allo stesso di Gesualdo e
da lui stesso eseguita per la prima volta il 13 gennaio 1978 alla Scuola Normale di Pisa.
Un linguaggio simile a quello di di Gesualdo viene usato anche da Gaetano Giani Luporini
nel Capriccio (Ancona, Berben, 1993, comp. 1978, dedicato a di Gesualdo).

Segue partitura con esempi 1, 2, 3, 4, 5, 6. (sono cerchiati e numerati)

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LA DIDATTICA E GLI ALLIEVI DI SALVATORE DI GESUALDO

Spinto da una sincera ammirazione verso l'operato di questo musicista e guidato


dalla voglia di far emergere aspetti sconosciuti, vista anche la pochezza del materiale a
riguardo, ho pensato di realizzare una video intervista/conversazione con il mio attuale
Maestro, al Conservatorio “N. Piccinni” di Bari", Francesco Palazzo, ed il mio precedente
Maestro, Ivano Battiston, avuto un ventennio fa al Conservatorio “L. Cherubini” di
Firenze.
Nel 1982 inizia ufficialmente la scuola di Fisarmonica di Salvatore di Gesualdo
attraverso il primo seminario tenuto ad Arezzo nel quale vi è già una numerosa
partecipazione (come si può vedere nella foto) essendo questo evento atteso già da anni.

(Seminario di Salvatore di Gesualdo ad Arezzo (1982) – con Giuseppe Polimadei, Romano Quartucci, Ivano
Paterno, M° Salvatore di Gesualdo, Patrizia Angeloni, Francesco Visentin, Ivano Battiston).

In realtà, mi racconta il Maestro Palazzo, di Gesualdo aveva già avuto all'età di


vent’anni un gruppo di allievi in Abruzzo e di questo gruppo faceva parte anche Fausto
Settevendemie, nome noto nell'ambiente, pur svolgendo attività di capo stazione presso
la stazione ferroviaria di Sulmona, come principale occupazione. Successivamente egli è
riuscito a diplomarsi nel '95/96 al Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze con il

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massimo dei voti e ad incidere due Compact Disc di Fisarmonica Classica. Un altro nome
appartenente a quel primo gruppo è stato Alessio Di Benedetto, attuale docente di storia
ed estetica musicale presso il conservatorio “U. Giordano” di Foggia. Il Maestro Palazzo
dà come spiegazione del fatto che queste prime esperienze didattiche relative agli inizi
degli anni sessanta non vengano menzionate, la caratteristica del Maestro di Gesualdo di
segnare dei punti di non ritorno. Effettivamente questa sua esperienza viene
cronologicamente prima della data (1962) indicata precedentemente come punto di
svolta a seguito della vittoria del Trofeo Mondiale. Anziché sfruttare la scia favorevole
offertagli dall'importante riconoscimento ricevuto, si isola per altri 5-6 anni per studiare
e successivamente tentare la via delle audizioni presso la più importante emittente radio
televisiva italiana. Avrebbe successivamente avuto spesso il piacere di raccontare ai
propri allievi del successo avuto su novanta concorrenti per un'audizione svoltasi negli
studi della RAI. Scelte apparentemente controcorrente, che ci permettono di distinguere
oggi il suo percorso anche da quello dei più rinomati fisarmonicisti a livello
internazionale che nella maggior parte dei casi suonano solamente in circuiti
fisarmonicistici.
Salvatore di Gesualdo ha suonato per gli enti di prima fascia, per le più
prestigiose organizzazioni musicali mondiali, è stato in cartellone con alcuni tra i più
grandi pianisti del mondo (come il russo Emil Gilels), ha suonato per altre Associazioni
per le quali hanno suonato il pianista Pogorelich, l'organista Tagliavini, il clavicembalista
Gustav Leonhardt, ha avuto premi già riconosciuti ad artisti del calibro di Arturo
Benedetti Michelangeli, ha avuto lo stesso agente del violinista Salvatore Accardo.
La morte del suo agente e il carattere difficile di S. di Gesualdo interruppero
molte di queste strade. Un carattere molto intransigente soprattutto sull'etica e sul
modo di trattare gli artisti e le persone che non ha mai lasciato spazio a compromessi
unito a scelte sempre oculate: mi racconta a tal proposito il M° Palazzo di una lettera
fattagli leggere da di Gesualdo attraverso la quale veniva invitato da un'importante
istituzione sinfonica abruzzese ad eseguire un Concerto di Paul Creston per Fisarmonica
ed Orchestra. Era la fine degli anni ottanta e la cifra proposta era di sei milioni di lire: Lui
rifiutò semplicemente perché non gli piaceva!
Proteso totalmente verso la carriera artistica, verso lo svolgimento del percorso
ideale e verso la ricerca della propria quota tecnico-espressiva, inizia solo
successivamente l'attività d'insegnamento. Trasferitosi a Firenze, dopo aver insegnato
per un paio d'anni composizione presso il conservatorio di Pesaro, riprende ad
insegnare fisarmonica; uno dei primi allievi verso la fine degli anni settanta è stato

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Daniele Venturi. Lo stesso Venturi racconta a Palazzo di quando sua madre, dopo aver
visto Salvatore di Gesualdo suonare, lo chiama chiedendogli di accettare come allievo il
figlio. Al primo incontro tra Maestro e allievo di Gesualdo fa di tutto per dissuaderlo
dall'intraprendere gli studi di Fisarmonica Classica ma l'insistenza del Venturi viene in
qualche modo premiata. Ne diventa l'allievo più vicino, il suo assistente, il suo braccio
destro, lo accompagna in tutti i concerti, si occupa di curare la parte audio nei pezzi per
fisarmonica ed elettronica, effettua registrazioni audio e video, raccoglie e conserva ogni
sorta di materiale che riguardi il maestro, si instaura un legame forte ma conflittuale,
simile a quello che si verifica tra padre e figlio.
Di Gesualdo continua a reprimerlo, a scoraggiarlo e Daniele reagisce sempre con
maggiore vigore e impegno finché, verso la fine degli anni ottanta, al termine di un
concerto, che era stato molto bello, finalmente riceve tanti complimenti dal Maestro, che
stavolta lo invoglia a suonare; anche in questo caso ha una reazione contraria
abbandonando lo strumento per anni (svolge adesso a Firenze tutt'altra attività).
In una tarda serata del 1985 i genitori di Francesco Palazzo, mentre si trovano a
guardare su Rai 3 una trasmissione per la commemorazione del tricentenario della
nascita di J.S. Bach, avvertono il figlio che immediatamente si pone alla visione. Il
programma si apre con di Gesualdo che suona un Contrappunto dell'Arte della Fuga; ma
non si vedeva l'esecutore, si ascoltava solo il suono; ad un certo punto il presentatore
Pablo Colino dice: “quello che state ascoltando non è un organo ma una fisarmonica”. In
quel momento Francesco capisce (nel frattempo la telecamera aveva inquadrato di
Gesualdo) che quello era ciò che aveva sempre cercato, quel tipo di musica e quello
strumento, malgrado fosse già stato introdotto alla musica classica dal precedente
maestro. Fa seguito a questa trasmissione una lettera alla quale a distanza di mesi non
viene data risposta; ma l'intraprendenza e la determinazione di Palazzo lo portano a
conoscenza della data nella quale di Gesualdo avrebbe collaudato il nuovo modello V 1
SdG della Victoria nella fabbrica di Castelfidardo (AN). Avviene qui il primo incontro tra
i due, senza nessun preavviso e senza nessuna presentazione ma attraverso una
semplice intuizione di di Gesualdo che lo identifica associando la voce (che aveva
ascoltato in una telefonata) all'immagine che si era costruita di lui.
A questo primo incontro segue il terzo seminario tenuto nel 1986 da Salvatore di
Gesualdo ed è il primo al quale partecipa Francesco Palazzo. Tali contesti di studio si
svolgevano una volta l'anno, duravano una settimana e si lavorava 7-8 ore al giorno tra
mattina e pomeriggio. In molte delle ore gli allievi erano seduti vicino al Pianoforte
attorno al Maestro impegnato a leggere e rileggere partiture della letteratura

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fisarmonicistica italiana che lui riscriveva a note singole, come per esempio “Nenia” di
Franco Alfano, "Improvviso" di Felice Lattuada, “Pantomima Umoristica” di L. F. Trecate
e della letteratura americana come “Lamentations” di V. Thomson, spiegando e
dimostrando che le versioni per fisarmonica a bassi standard celavano in realtà un
movimento più ampio scritto dal compositore al pianoforte e adattato alla fisarmonica
nel momento in cui la casa editrice ne faceva richiesta. La conferma di questo è avvenuta
anche più tardi quando Davide Anzaghi, figlio del caposcuola milanese Oreste Anzaghi,
ha dichiarato di avere i manoscritti per Pianoforte di importanti pezzi come “Tema e
Variazioni” e “Danza Fantastica” di Ettore Pozzoli.
Determinato a seguire di Gesualdo, Francesco Palazzo accetta anche di cambiare
tipologia di strumento passando al sistema pianoforte a destra e per quinte a sinistra e si
trova subito ad affrontare studi che andavano ben oltre il livello iniziale ma tale era
l'atteggiamento del Maestro di Gesualdo di guardare a lunga gittata che sembrava non
porsi minimamente il problema. Palazzo continua a seguirlo nei seminari che si tengono
fino alla fine degli anni novanta a Firenze e successivamente a Pieve Pontenano, frazione
di circa sessanta abitanti del Comune di Talla. In questa località gli studenti, provenienti
da tutta Italia e da diverse scuole, ci arrivavano in macchina e affittavano delle stanze
per dormire nelle case dei residenti.
Il Maestro Francesco continua a descrivermi lo svolgimento dei seminari definendo
prezioso e importante per la crescita individuale, attraverso il confronto e anche
l'ascolto dei vari pezzi, il momento delle lezioni individuali alle quali tutti assistevano. A
questo studio aggiunge le lezioni private svolte periodicamente nell'arco di dieci anni,
dapprima con una maggiore frequenza e poi con tempi più dilatati, dettati sempre da di
Gesualdo con lo scopo di spingerlo ad ulteriori riflessioni e approfondimenti. Continua a
raccontarmi del suo fare paterno e protettivo, del suo essere estremamente esigente, del
suo smontare tutto il lavoro svolto nello studio partendo dall'attacco dell'ancia ma nello
stesso tempo della capacità di caricare, sostenere l'allievo e infondergli profonda fiducia.
Fiducia che Palazzo non ha mai tradito divenendo negli anni probabilmente il più
autentico rappresentante e continuatore della sua opera; di sicuro, pochi degli altri
allievi hanno portato avanti le sue idee. Lo stesso di Gesualdo, a sua volta, come forma di
riconoscimento nei confronti di Palazzo si è recato a Bari nel 2005 per eseguire l'Arte
della Fuga, successivamente ha presenziato in giuria al “Premio delle Arti”.
Bisogna comunque anche dire che il Maestro Salvatore di Gesualdo aveva un
carattere ed una personalità così forti che istaurare un rapporto vero e profondo con lui
non era semplice. Molti si sono allontanati, dopo aver studiato fino ad un certo punto,

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anche per le sue scelte radicali, per esempio, in riferimento alla letteratura per
fisarmonica che destinava in gran parte alla pattumiera o alla stessa fisarmonica a
bottoni che definiva non uno strumento ma “un arnese” avendo una tastatura che uccide
il pensiero musicale, che non obbedisce ad una ragione musicale ma ad una logica
digitale. Anche il Maestro Palazzo, dopo il diploma, si allontana per un po' di anni ma con
il tempo viene fuori l'autenticità del rapporto intercorso e attraverso un contatto
epistolare decide di esternargli con fermezza e convinzione tutto il suo malcontento
riguardo alla scarsa attenzione ricevuta e alla discutibile gestione degli allievi che aveva
portato a rotture interne. Questo è l'inizio della rinascita del rapporto con il suo Maestro,
suo punto di riferimento e ispirazione totale, ma anche con gli altri allievi con i quali si
cerca negli ultimi anni di unire le forze per dare onore e continuità ad una scuola di tale
spessore e importanza storica.

Il M° Francesco Palazzo con il M° Salvatore di Gesualdo. Foto scattata nel 1992 nella casa di Pieve
a Pontenano (Talla – AR)

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Foto della Masterclass tenuta dal M° Salvatore di Gesualdo a Bari nel 2005 a Casa Piccinni, in
occasione della sua esecuzione integrale dell’Arte della Fuga. Nella foto da sinistra a destra:
Soccorso Cilio, Nicola Mauro, M° Salvatore di Gesualdo, Marco Pasculli, M° Francesco Palazzo, Vito
Carlo Fraccalvieri, Antonio Loderini, Camillo Maffia.

Il Maestro Ivano Battiston conosce il fisarmonicista Salvatore di Gesualdo già


negli anni settanta attraverso le trasmissioni televisive, si iscrive ad un seminario del
1980/81, ma questo non viene effettuato. Il successivo è appunto quello del 1982 nel
quale partecipano anche, Ivano Paterno, Patrizia Angeloni, Francesco Visentin, Romano
Quartucci ed altri.
Da quel momento, in qualche modo, di Gesualdo comincia ad essere più
avvicinabile e per darmi l'idea della particolarità caratteriale, il Maestro Battiston mi
racconta un simpatico aneddoto. Un noto docente e scrittore di storia della musica,
annovera tra i suoi importanti incarichi la direzione artistica di diverse associazioni,
Salvatore continuava ad ignorare le sue proposte. Aggiunge Battiston che di Gesualdo
amava in particolar modo la fisarmonica solistica quindi la concepiva poco sia nella
musica da camera che in orchestra, infatti in questo senso non ha svolto nessun impegno
artistico. Un giorno quest'importante musicologo, nel frattempo diventato direttore
artistico del “Teatro alla Scala” di Milano, lo chiama perché gli occorreva un
fisarmonicista per presentare un’opera di Berio: Salvatore esordisce dicendo: “ma anche
li sta!?... io queste cose non le faccio… non mi chiami più!”
Negli anni ’70 la fisarmonica attraversava un momento di depressione, era il
periodo degli strumenti elettronici, andava di moda la chitarra elettrica e di fisarmonica

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in conservatorio non se ne parlava nemmeno. Chi suonava la fisarmonica era
considerato un marziano e trovare una o più persone per dare un alibi o delle
motivazioni alle proprie scelte era un gran sostegno. È appunto il sostegno che trova
Battiston, già studente di fagotto in conservatorio, riuscendo a trovare l'LP di Salvatore
di Gesualdo e guidato dall'entusiasmo lo fa suonare nell'aula di storia della musica.
All'ascolto di questo suono il bibliotecario chiede cosa fosse quest'organo scassato, non
riconoscendo nemmeno che si trattasse di una fisarmonica! L'aver trovato un musicista
al di sopra delle parti, conosciuto e apprezzato dai musicisti, con dei precedenti
attraverso i quali è più facile creare da allievo il proprio percorso, dà a Battiston la
determinazione di abbandonare un posto certo in orchestra come fagottista per la
fisarmonica, strumento che già nella sua versione a note singole per quinte suonava dal
1975 attraverso la scuola del Maestro E. Bellus.
Un altro piacevolissimo aneddoto raccontatomi dal Maestro Ivano chiarisce la
presenza dello strumento a note singole per quinte già molti anni prima che di Gesualdo
lo rivalorizzasse (due nomi certi ad utilizzarlo: Gervasio Marcosignori e Fausto di Cesare
vincitore del Trofeo Mondiale nel 1969), e la presunta paternità del nuovo modello.
Negli anni ’70 Battiston era solito partecipare a vari concorsi, trofei mondiali e in tali
contesti trovava sempre fisarmonicisti cecoslovacchi che avevano degli strumenti
meravigliosi marchiati Delicia che suonavano strabene. Prendendo spunto da tali
fisarmoniche verso la fine degli anni ’70 si fa costruire dalla ditta Zero Sette di
Castelfidardo uno strumento con le stesse caratteristiche: la dodicesima, i doppi registri
a barchetta e ovviamente con le note singole per quinte a sinistra e otto file di bottoni.
Ritira lo strumento nei primi mesi del 1980 e il gemello che la Zero Sette aveva prodotto,
lo acquista dopo poco tempo Ivano Paterno. Nel suddetto primo seminario del 1982
Salvatore di Gesualdo conosce per la prima volta Battiston e Paterno e in quell'occasione
comincia a teorizzare lo strumento che aveva in mente di far realizzare: Ivano Paterno
apre la valigia e dice: “tipo questo?!”, con grande stupore di Gesualdo risponde: “ma
come!? lo avevo pensato io questo strumento!!!”
Sottolinea invece, il Maestro Ivano, l'indiscussa opera fatta da di Gesualdo per
inserire il repertorio della fisarmonica nel repertorio ufficiale della musica, sulla base di
una sua idea della trascrizione di carattere non divulgativo, ma culturale, che si ponga
nei confronti di un repertorio ibrido con una visione analitico musicale nuova e mai
avuta prima. di Gesualdo raggiunge l'apoteosi con la trascrizione dell'Arte della Fuga.
Tornando alla didattica e all'evoluzione maturata dai primi allievi del 1982, mi

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racconta quanto per lui sia stato, il suo maestro, un punto di riferimento, ma di averne
avuti anche altri in base alle proprie idee, sensibilità e di aver fatto delle scelte
appartenenti a se stesso e non alla filosofia di Salvatore di Gesualdo che, a ragion veduta,
spinge dopo alcuni anni di studio il suo allievo verso nuove esperienze. Un altro punto di
riferimento è stato la scuola tedesca e mi fa presente di aver avuto a sua volta allievi
tedeschi più abituati ad eseguire delle consegne che a motivare in modo convincente un
propria scelta, questo per denotare una differenza intrinseca che non permette un
rapido e quasi sicuramente superficiale paragone tra le due scuole. Definisce gli italiani
più dilettanti ma non in senso dispregiativo; infatti aggiunge che un modo più amatoriale
di fare le cose le fa fare con più anima e coscienza a differenza del professionismo fine a
se stesso che può indurre a diventare nel migliore dei casi un buon attore ma non
proprio una persona che sta facendo qualcosa di autentico. A conferma di questa
differenza tra scuole mi cita un altro personaggio importante nel determinare la sua
scelta di continuare con la fisarmonica, il Maestro Hugo Noth, conosciuto
precedentemente nel 1980. Salvatore di Gesualdo e Hugo Noth, due fisarmonicisti agli
antipodi, idee completamente opposte “… ed è stato simpatico questo, io ero attratto da
tutti e due!!... per questo, ti dico, delle volte… è difficile… come posso dire, definirsi…
allievi di… oppure… far parte di una scuola, perché abbiamo tanti stimoli e poi alla fine
noi siamo unici…”. Concettualmente, come tipologia di strumento di Gesualdo era per un
suono tenuto come un organo espressivo, Hugo Noth invece viveva lo strumento come
una specie di gruppo strumentale, intendendo un'esecuzione non basata sul suono
tenuto ma sul far cantare le voci in maniera molto simile agli strumenti a fiato e agli
strumenti ad arco. “… Io sono un ibrido da questo punto di vista, tutti e due mi
appassionavano… in tutti e due c'era l'autenticità… ho capito che in musica non bisogna
dire… è così!!... Mai!!!”. “Anche parlando della musica di Frescobaldi, Salvatore di
Gesualdo sosteneva essere le Toccate il repertorio vero da suonare sulla fisarmonica, il
Ricercare forse un po', ma le Canzoni no; per Hugo Noth era l'opposto: le Toccate no,
perché sulla fisarmonica non funzionano”. “In effetti è giusto così; basta guardare per
esempio l'enorme varietà presente nel pianismo a differenza del numero di strade
ancora aperte per il nostro strumento ed è anche stupido porre dei limiti al repertorio
da trascrivere… lo insegnano i grandi compositori.”
Due grandi personaggi incidono quindi nella formazione del Maestro Ivano
Battiston; ma è con Salvatore di Gesualdo che svolge, nella sua casa, lezioni private ogni
circa tre settimane in aggiunta ai seminari. Tali lezioni non durano un'ora ma un intero

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pomeriggio e anche dopo cena, a riprova della tanta energia del suo maestro nel riuscire
a dare queste lezioni infinite anche in un caso che, dopo aver dichiarato telefonicamente
di avere la febbre ma di voler ugualmente mantenere l'impegno, si rivela più energico e
carico del solito! E ancora altri piacevolissimi racconti che il Maestro Ivano seguita a
espormi confermano anche l'aspetto simpatico e a tratti giocoso che Salvatore di
Gesualdo aveva nei confronti della vita.
Ivano Battiston non si definisce un fedelissimo di Salvatore di Gesualdo (come già
ho abbondantemente spiegato prima) indicando invece come tale Francesco Palazzo, ma
ricorda la scomparsa del Maestro come la perdita di un secondo padre e, mentre gli
occhi diventano lucidi, segue una piccola pausa a voler contenere l'emozione per poi
aggiungere che la sua mancanza pesa col tempo ancora di più.
La vita rimane sicuramente incompiuta per tutti; tantissimo ha fatto e tanto
avrebbe ancora potuto fare Salvatore di Gesualdo colmando per esempio il rammarico di
un’unica incisione discografica, quasi irreperibile 1 in aggiunta alle tante passioni che pur
in età avanzata continuavano ad essere presenti. Fortunatamente sono rimaste le
registrazioni audio di tre concerti ed un master inediti.

 1973, reykiavik: concerto alla radio nazionale

 1976, rai radio 3: concerto

 1977, rai radio 3: concerto/intervista

 un master che contiene i Moduli e i Contrappunti 1 e 3 de “l'Arte della Fuga”

Un Maestro, Salvatore di Gesualdo, purtroppo d'altri tempi, che ha sempre


pensato alla Musica con la M maiuscola ed è stato addirittura inizialmente contrario
all'ingresso della fisarmonica nei Conservatori proprio perché era per lui ancora uno
strumento in via di formazione; ma, capendone l'importanza, avalla con la sua figura il
lavoro svolto dall'A.N.I.F. e contribuisce anche a questo storico evento partecipando alla
stesura dei programmi.

1Oggi le rimanenze della prima edizione del CD sono reperibili presso la PHYSA Edizioni Musicali.

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Salvatore di Gesualdo nel 1990 a Mestre (Venezia), in occasione dell'incontro per la stesura dei programmi
ministeriali relativi al corso ordinamentale di fisarmonica (vecchio ordinamento di studi) nei Conservatori di
musica italiani. Da sinistra: Ottavio Ziino, Ivano Battiston, Salvatore di Gesualdo e Giuseppe Anedda.

Un Maestro non autoritario ma autorevole, intelligente, rivoluzionario e geniale,


capace anche di aiutare materialmente alcuni allievi, elastico (a patto di riuscire a
mettersi sulla sua lunghezza d'onda e a riuscire a tenere il confronto), che ad oggi, a
causa anche del periodo di decadenza che viviamo, non ha ancora ricevuto il giusto
riconoscimento per l'opera svolta.

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BIBLIOGRAFIA ED ALTRE FONTI

 Massimo Signorini, Fisarmonica e interpretazione, Felice Editore (2011).

 Leonardo Pinzauti, Trasmissione radiofonica del 25 febbraio 1977.

 Salvatore Dell'Atti, Ritratti, Viaggio intorno alla figura di Salvatore di Gesualdo.

 Aleksi Jercog, “La Fisarmonica”, Organologia e Letteratura, PHYSA Edizioni

Musicali (TV 1997).

 Intervista/conversazione condotta con il Maestro Francesco Palazzo.

 Intervista/conversazione condotta con il Maestro Ivano Battiston.

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