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1. Diseguaglianze
[COUR-JOHN, pag.12,..,17]
Molte diseguaglianze che si incontrano sono espresse tramite valori assoluti: ri-
cordiamo il significato di |x| come il maggiore tra i due numeri x, −x ovvero come
la distanza di x dallo 0.
|a − b| rappresenta quindi la distanza tra a e b
La diseguaglianza |x| < a con a > 0 significa
−a < x < a
e rappresenta l’insieme dei numeri che distano da 0 meno di a.
1
2 1 OTTOBRE 2001
2. La diseguaglianza triangolare
La piu’ importante diseguaglianza che coinvolga valori assoluti e’ la cosi’ detta
diseguaglianza triangolare
|a + b| ≤ |a| + |b|
Il nome diseguaglianza triangolare e’ piu’ appropriato all’espressione (equivalente)
|α − β| ≤ |α − γ| + |γ − β|
nella quale si riconosce come la distanza tra due numeri α e β sia minore della
somma delle distanze dei due numeri da un terzo numero γ.
Teorema 2.0.2. |a1 + a2 + ... + an | ≤ |a1 | + |a2 | + ... + |an |
Corollario 2.0.3. |a| ≤ |a + b| + |b|
Corollario 2.0.4. |a + b| ≥ |a| − |b|
3. La diseguaglianza di Cauchy-Schwarz
Molte diseguaglianze fondamentali sono dedotte dalla semplice osservazione che
i quadrati sono non negativi e che quindi le somme di quadrati sono non negative.
Una delle diseguaglianze usate piu’ frequentemente e ottenuta secondo l’osservazione
precedente e’ la diseguaglianza di Cauchy-Schwarz
(a1 b1 + a2 b2 + ... + an bn )2 ≤ (a21 + .. + a2n )(b21 + ... + b2n )
Consideriamo, per ogni t ∈ R
0 ≤ (a1 + tb1 )2 + ... + (an + tbn )2
0 ≤ A + 2Bt + C
avendo indicato con
A = (a21 + .. + a2n ), B = (a1 b1 + a2 b2 + ... + an bn ), C = (b21 + ... + b2n )
Da tale diseguaglianza, valida per ogni t si ricava (in tanti modi equivalenti) la
diseguaglianza di Cauchy-Schwarz.
Un modo puo’ essere quello di riscrivere la diseguaglianza scegliendo
B
t=−
C
si ottiene allora
B2 B2 B2
0≤A−2 + =A−
C C C
Ne segue
B 2 ≤ AC
che e’ la diseguaglianza cercata. (Eventuali scrupoli sulla possibilita’ che sia C = 0
sono infondati...)
1 OTTOBRE 2001 3
√ √ √ √
3.1. Un esempio. a1 = x, a2 = y, b1 = y, b2 = x
Ne segue
√ √ x+y
(2 xy)2 ≤ (x + y)2 → xy ≤
2
La bellissima Figura 1.6 di pag. 16 e’ il teorema di Euclide sui triangoli rettangoli
che produce... che la media geometrica di due numeri positivi e’ minore della media
aritmetica !
4. Gli esercizi
In fondo al Capitolo Introduction si trovano una dozzina di pagine di Problems
: sono una delle parti piu’ interessanti del primo capitolo, non trascuratele !
Es.1 pag.107: (a),(b),(c)
Es.2 pag.107: (i),(ii),(iii),(iv),(v)
Es.5 pag.108: (a), (b)
3 OTTOBRE 2001
[COUR.JOHN, pag.17,..,31]
1. Il concetto di funzione
Paragrafo 1.2 di pag. 17
√
1.2. y = 1 − x2 . La formula definisce y per ogni x ∈ [−1, 1] : per x > 0 questa
funzione puo’ essere interpretata come la legge che fa corrispondere al cateto x il
cateto y in un triangolo rettangolo di ipotenusa 1.
x y
1.4. a = x2 +y 2, b = x2 +y 2 . Le equazioni scritte definiscono (a, b) in funzione di
2. Trasformazioni e grafici
Generalmente si interpretano le variabili indipendenti come le coordinate di un
punto in uno spazio ad una o piu’ dimensioni. Spesso tale punto puo’ variare liber-
amente in tutto lo spazio, altre volte deve appartenere ad una regione particolare.
Definizione 2.0.3. L’insieme dei valori delle variabili indipendenti consentito per
una funzione si chiama dominio della funzione.
x = t, y = −t2
La proiezione stereografica
• Si prende una superficie sferica Σ, un punto N (il polo Nord) su di essa e
il piano tangente π nel punto S (il polo Sud) diametralmente opposto,
• Per ogni punto P ∈ Σ con P 6= N consideriamo la retta N P
• Sia Q l’intersezione di N P con il piano π: Q = f (P )
•
f :Σ−N →π
• Indicate con (φ, θ) le coordinate (polari) di un punto su Σ (longitudine e
latitudine...) e con (x, y) le coordinate di Q ∈ π avremo definite le due
funzioni
x = f1 (φ, θ), y = f2 (φ, θ)
4 3 OTTOBRE 2001
Teorema 4.2.1. Una funzione monotona crescente, come pure una decrescente,
trasforma valori di x diversi in risultati f (x) ancora diversi.
La funzione x2 non e’ monotona, infatti essa ad esempio trasforma i due valori
diversi x = −3, x = 3 nello stesso risulato y = 9
Certamente la funzione f (x) = x2 di dominio D = [x ≥ 0], funzione che possiamo
indicare come una restrizione della x2 , e’ monotona crescente.
La funzione sin x non e’ monotona, ma la funzione f (x) = sin x di dominio D =
(− π2 ≤ x ≤ π2 ), funzione che possiamo ancora indicare come una restrizione di sin x,
e’ monotona.
Problema:
Esistono funzioni che non siano monotone in alcun intervallo ?
6 3 OTTOBRE 2001
4.3. Funzioni pari e funzioni dispari. Una funzione y = f (x) che abbia un
grafico simmetrico rispetto all’asse y:
f (−x) = f (x)
si dice pari.
Una funzione y = f (x) che abbia un grafico simmetrico rispetto all’origine:
f (−x) = −f (x)
si dice dispari.
Le funzioni pari piu’ semplici sono i polinomi che includano solo potenze pari di x
Le funzioni dispari piu’ semplici sono i polinomi che includano solo potenze dispari
di x
La funzione cos x e’ pari: sono pari quindi somme, differenze e prodotti di cos x. Se
P (x) e’ un polinomio (di qualsiasi grado) allora P (cos x) e’ una funzione pari.
La funzione sin x e’ dispari.
Problema:
Se P (x) e’ un polinomio si puo’ dire che P (sin x) sia una funzione dispari ?
5 OTTOBRE 2001
Nota 1.3.1. Una buona familiarita’ con le funzioni elementari citate si ottiene
conoscendone i grafici: questo vale particolarmente per i polinomi (il loro grafico
dipende in gran parte dal grado) e per le funzioni razionali che, per via degli zeri
del denominatore, possono presentare asintoti verticali.
Grafici (non sempre utili) si ottengono al computer: un software che produce grafici
e’
GNUPLOT
1
2 5 OTTOBRE 2001
2. La continuitá
[COUR. JOHN, pag 31]
2.1. Il concetto intuitivo nel caso f : R → R. Le funzioni piú semplici giá
incontrate (x2 , sin x, ...) e i loro grafici possiedono un requisito qualitativo di grande
importanza nel calcolo, la continuita’
A livello intuitivo la continuita’ significa che piccoli cambiamenti del valore della
variabile indipendente x producono piccoli cambiamenti dei risultati f (x)
Sotto questo punto di vista il grafico di una funzione continua y = f (x) che abbia
dominio un intervallo riesce formato da un solo pezzo.
Al contrario un grafico formato da due pezzi interrotti in corrispondenza dell’ascissa
x0 mostrano un salto di discontinuita’
Esempio
La funzione
−1 se x<0
f (x) = sgn(x) = 0 se x=0
1 se x>0
presenta un salto di discontinuita’in corrispondenza ad x = 0 .
2.2. Le tavole numeriche. L’idea della continuita’ é implicita nell’uso quo-
tidiano della matematica elementare.
Quando una funzione y = f (x) é descritta tramite Tavole Numeriche, come nel
caso delle funzioni trigonometriche o dei logaritmi, i valori y possono essere letti
1
solamente per i punti x riportati nella Tavola: in genere intervallati di 100 o di
1
1000 .
Tuttavia la Tavola viene comunemente utilizzata anche per calcolare valori f (x0 )
per punti x0 intermedi tra quelli riportati.
La ragione di tale modo di procedere sta nell’ammissione tacita che il valore f (x0 )
relativo ad un x0 non incluso nella tavola, sia approssimativamente uguale al valore
f (x) relativo al punto x presente nella Tavola piú vicino a x0 .
Si ritiene inoltre che f (x0 ) possa essere approssimato con tanta maggiore precisione
quanto piú ci si serva di Tavole relative a punti x distanziati di intervalli piccoli.
8 OTTOBRE 2001
1. Le funzioni continue
1.1. Il linguaggio. Dichiarare che la funzione y = f (x) é continua nel punto x0
significa che i valori f (x) presi nei punti x, differiscono dal valore f (x0 ) preso nel
punto x0 di tanto poco quanto si voglia purché x sia sufficientemente vicino ad x0 .
Il margine di differenza |f (x) − f (x0 )| sotto il quale ci si vuole mantenere viene
detto , la sufficiente vicinanza di x ad x0 che garantisca tale margine viene detta
δ sottolineando con ció che essa é certamente collegata al margine .
Esempio
f (x) = 5x + 2, x0 = 3, f (x0 ) = 17, =1
Problema: Quanto possiamo prendere x lontano da x0 garantendoci tuttavia che
|f (x) − f (x0 )| <
ovvero garantendoci che
|(5x + 2) − 17| < 1
E’ evidente che
1
|(5x + 2) − 17| < 1 ⇔ |5x − 15| < 1 ⇔ |x − 3| <
5
ovvero,
1
δ =
5
Un conto analogo, condotto relativamente alla scelta = 0.25 avrebbe portato a
0.25
δ =
5
ecc.
Nota 1.1.1. Tenete conto della figura 1.23 di pag. 32
Definizione 1.1.2. La funzione f (x) é continua nel punto x0 del suo dominio D
se per ogni positivo é possibile determinare un δ anch’esso positivo tale che
_
x∈D |x − x0 | < δ ⇒ |f (x) − f (x0 )| <
W
• il simbolo che trovate nella formula rappresenta l’ AND logico
• la dichiarazione all’inizio della definizione per ogni positivo significa che
la costruzione di δ deve essere possibile qualunque sia la scelta di e non
solo rispetto a qualche scelta particolare.
E’ naturale che la determinazione di δ divenga tanto piú difficile quanto piú
venga assegnato piccolo !
Morale la prova della continuitá di una funzione in un punto non potrá mai
essere il risultato di un esperimento empirico su qualche assegnato come
test:
1
2 8 OTTOBRE 2001
é definita.
Consideriamo ora la funzione
0 se x = 0
f (x) = 1
sin x 6 0
se x =
Per f (x) ha senso chiedersi se essa sia continua o meno per x = 0.
La risposta (prevedibile) é no.
PROBLEMA
Provate che,
invece, la funzione g(x) = x.f (x), essendo f (x) la precedente costruita
con sin x1 é continua in tutto R: aiutatevi con la figura 1.31
2. Le funzioni lipschitziane
L’attributo lipschitziane (matematichese puro in tutte le lingue) deriva dal nome
del matematico Rudolf Otto Lipschitz (1832-1903): esprime la seguente proprietá
di una funzione definita in un intervallo I
|f (x1 ) − f (x2 )| ≤ L.|x1 − x2 |
diseguaglianza soddisfatta con lo stesso fattore L da qualunque coppia x1 .x2 ∈ I
In altri termini
la differenza, in modulo, dei valori della funzione in due punti x1 e x2 deve man-
tenersi minore di un conveniente multiplo L della distanza tra i due punti.
... punti vicini, valori vicini: la continuitá !
Le funzioni lipschitziane sono continue !
Sorpresa: anche se appare incredibile a prima vista esistono funzioni continue che
non sono lipschitziane.
Morale: le funzioni lipschitziane sono le piú oneste funzioni continue, anche se rap-
presentano solo una parte (piccola ? ) di esse.
Usiamo il grafico: la lipschitzianitá richiede che
|f (x1 ) − f (x2 )| ≤ L.|x1 − x2 |
ovvero che la variazione di quota sia minore di un fissato multiplo della distanza
fra i due punti:
il grafico delle funzioni lipschitziane presenta pendenze
|f (x1 ) − f (x2 )|
≤L
|x1 − x2 |
limitate da una stessa costante L. (E’ il fenomeno del profilo altimetrico delle
autostrade - variazione minori del 5% - ovvero delle stade nazionali - variazione
minori del 15% -, ecc. )
ESEMPIO
√
La funzione f (x) = x, di dominio D = [0, +∞) non é lipschitziana. (disegnatene
il grafico e guardate la pendenza avvicinandosi a 0).
4 8 OTTOBRE 2001
PROBLEMA
Esaminate se la funzione f (x) = x2 é lipschitziana nell’intervallo I = [0, 10] ed
esaminate se lo é anche nell’intervallo piú ampio I = R
PROBLEMA
Esaminate se la funzione sin x é lipschitziana in R, in caso affermativo (consigliato...)
determinare una costante L adatta ( una costante e non la costante !).
PROBLEMA
Che interesse ha, dal punto di vista del calcolo numerico il sapere che una funzione
f (x) sia lipschitziana con una costante L nota ?
PROBLEMA
La funzione |x| é lipschitziana ?
P10
La funzione f (x) = i=1 i|x − i| é lipschitziana ?
Qual’é una sua costante L ?
PROBLEMA
La funzione sin x1 é lipschitziana per x ∈ (0, 1] ?
Nota 2.0.1. Decidere se una funzione f (x) di dominio l’intervallo [a, b] o anche
l’intero R é lipschitziana corrisponde a riconoscere che il quoziente
|f (x) − f (y)|
|x − y|
si mantiene limitato da una stessa costante L al variare di x, y ∈ D
Sotto questo punto di vista é facile riconoscere che la funzione x2 non é lipschitziana
in R: infatti
|f (x) − f (y)| |x − y||x + y|
= = |x + y|
|x − y| |x − y|
quantitá ovviamente non limitata in R.
Viceversa la funzione x2 considerata su un dominio limitato quale ad esempio
l’intervallo [−100, 100] é lipschitziana.
3. Le funzioni holderiane
L’attributo holderiane deriva dal nome del matematico Otto Holder(1860-1937)1:
esprime la seguente proprietá di una funzione definita in un intervallo I
|f (x1 ) − f (x2 )| ≤ L.|x1 − x2 |α
diseguaglianza soddisfatta con gli stessi parametri L ed α ∈ (0, 1] da qualunque
coppia x1 .x2 ∈ I
1Holder, e di conseguenza l’aggettivo holderiana, si scrive piú correttamente con la ö, Hölder
8 OTTOBRE 2001 5
NOTA:
• per ogni η ∈ [f (a), f (b)] puó esistere uno o piú punti ξ
• potrebbero addirittura esisterne infiniti ? (pensate alla x. sin x1 ...)
• Ai fini del teorema precedente é piú importante l’ipotesi che la funzione sia
continua o che sia definita in un intervallo ?
6. Le funzioni inverse
Teorema 6.0.5 (Continuitá delle inverse). Sia f (x) una funzione continua nell’inter-
vallo I (aperto, semiaperto, limitato, non limitato,ecc.) monotona (crescente o de-
crescente): essa é dotata di inversa g(y) definita nell’intervallo codominio di f (x),
che riesce anch’essa monotona dello stesso tipo di monotonia, e continua.
Proof. • Il codominio di f (x) definita in un intervallo é un intervallo: g(y)
é definita su tale intervallo, ed é definita correttamente perché f (x) é, per
ipotesi monotona.
• Siano y1 < y2 e siano x1 = g(y1 ), x2 = g(y2 ) evidentemente non puó
essere né x1 = x2 né x1 > x2 , quindi....
8 OTTOBRE 2001 7
Nota 7.0.6. Chi ci assicura che un insieme E di numeri reali, anche se limitato,
cioé E ⊂ [a, b] possieda estremi inferiore e superiore ?
Una risposta positiva a questa domanda ingenua si ricava solo da una solida costruzione
dei numeri reali (costruzione che sará fatta prima o poi, mano mano che se ne
avverta la necessitá...)
10 OTTOBRE 2001
1. Le funzioni holderiane
L’attributo holderiane deriva dal nome del matematico Otto Holder 1(1860-1937)
: esprime la seguente proprietá di una funzione definita in un intervallo I
|f (x1 ) − f (x2 )| ≤ L.|x1 − x2 |α
diseguaglianza soddisfatta con gli stessi parametri L ed α ∈ (0, 1] da qualunque
coppia x1 .x2 ∈ I
PROBLEMA
Come potrebbe essere fatta una funzione f (x) di dominio un qualsiasi intervallo
[a, b] ∈ R che verificasse la diseguaglianza
|f (x1 ) − f (x2 )| ≤ L.|x1 − x2 |2
per qualunque coppia x1 .x2 ∈ [a, b] ?
SOLUZIONE
1
Holder, e di conseguenza l’aggettivo holderiana, si scrive piú correttamente con la ö, Hölder
√
2Siano a e b positivi, √a + b ≤ √a + b , provate ad elevare al quadrato...
1
2 10 OTTOBRE 2001
Supponiamo per assurdo che ci siano due punti x1 ed x2 in relazione ai quali riesca
|f (x1 ) − f (x2 )|
=σ>0
|x1 − x2 |2
|f (x1 ) − f (x2 )|
|f (yk ) − f (yk+1 )| ≥
N
Riesce allora
|f (x1 )−f (x2 )|
|f (yk ) − f (yk+1 )| N
L≥ ≥ |x1 −x2 |2
|yk − yk+1 |2
N2
|f (x1 ) − f (x2 )|
= N. = Nσ > 0
|x1 − x2 |2
da cui si ricava
L
σ≤
N
E’ difficile per un numero σ positivo verificare tale diseguaglianza rispetto ad un N
qualsiasi...
In altri termini una funzione continua non puó prendere un valore f (a) in un
punto a e un valore f (b) in un punto b senza prendere di conseguenza nell’intervallo
[a, b] anche tutti i valori compresi tra f (a) ed f (b).
Il risultato é del tutto evidente dal momento in cui riconosciamo che la proprietá
di continuitá significa che... é impossibile fare salti...!
NOTA:
• per ogni η ∈ [f (a), f (b)] puó esistere uno o piú punti ξ
• potrebbero addirittura esisterne infiniti ? (pensate alla x. sin x1 ...)
• Ai fini del teorema precedente é piú importante l’ipotesi che la funzione sia
continua o che sia definita in un intervallo ?
4. Le funzioni inverse
Teorema 4.0.4 (Continuitá delle inverse). Sia f (x) una funzione continua nell’inter-
vallo I (aperto, semiaperto, limitato, non limitato,ecc.) monotona (crescente o de-
crescente): essa é dotata di inversa g(y) definita nell’intervallo codominio di f (x),
che riesce anch’essa monotona dello stesso tipo di monotonia, e continua.
Proof. • Il codominio di f (x) definita in un intervallo é un intervallo: g(y)
é definita su tale intervallo, ed é definita correttamente perché f (x) é, per
ipotesi monotona.
• Siano y1 < y2 e siano x1 = g(y1 ), x2 = g(y2 ) evidentemente non puó
essere né x1 = x2 né x1 > x2 , quindi....
• Sia x0 = g(y0 ) scelto > 0 sia J = (xo − , xo + ) ⊂ I, siano y1 =
f (xo − ), y2 = f (xo + ): se y ∈ (y1 , y2 ) si ha di conseguenza g(y) ∈
(xo − , xo + ).
• il δ = inf(|y2 − y0 |, |y0 − y1 |)
Nota 5.0.6. Chi ci assicura che un insieme E di numeri reali, anche se limitato,
cioé E ⊂ [a, b] possieda estremi inferiore e superiore ?
Una risposta positiva a questa domanda ingenua si ricava solo da una solida costruzione
10 OTTOBRE 2001 5
dei numeri reali (costruzione che sará fatta prima o poi, mano mano che se ne
avverta la necessitá...)
1. Le successioni
[COUR.JOHN pag. 55]
Pn
• S(n) = i=1 i
• n!
• T (n) = numero dei divisori di n
• π(n) = numero di primi ≤ n
Nota 1.0.1. Le successioni indicate sopra propongono tutti numeri interi: questa
condizione non é obbligata !
Di intero in una successione ci sono, obbligatoriamente, solo gli indici.
2. Induzione matematica
La frase
si prova per induzione
si incontra spesso nelle dimostrazioni di teoremi che coinvolgano parametri n ∈ N .
Catene di teoremi T1 , T2 , ..., Tn , Tn+1 , ... da provare per induzione:
1: É vero il primo teorema T1
2: Il teorema Tn implica il teorema Tn+1 : ovvero ogni teorema implica il
successivo,
3: CONCLUSIONE: tutti i teoremi della catena sono veri !
Esempi:
Pn n(n+1)
• Somma degli interi Tn : i=1 i = 2
P n 2 1 2
• Somma dei quadrati Tn : i=1 i = 6 n(2n + 3n + 3)
Pn
• potenze (intere) di un binomio.Tn : (a + b)n = i=0 ni an−i bi
[COUR. JOHN pag 58]
Contresempio:
Teorema 2.0.2. Se in un gruppo di n ragazze una ha gli occhi azzurri allora tutte
hanno gli occhi azzurri.
Proof. Proviamo il teorema per induzione:
• Il caso n = 1 é evidentemente esatto.
• Proviamo che se il teorema é vero per l’ordine n allora é necessariamente
vero per l’ordine n + 1:
consideriamo un gruppo Gn+1 di n+1 ragazze nel quale una (almeno) abbia
gli occhi azzurri.
É possibile decomporre
[
Gn+1 = Am Bm
1
2 12 OTTOBRE 2001
Le radici quadrate:
√
uno scolaro della scuola dell’obbligo determina 2 tramite la successione, che é in
grado di costruire, delle radici quadrate con un decimale, √
due decimali, tre decimali,
ecc., successione che infatti approssima indefinitamente 2.
Si suppone che la funzione continua f (x) definita nell’intervallo [a, b] prenda agli
estremi valori di segno opposto, allora per il Corollario sull’esistenza degli zeri si
annulla almeno una volta in [a, b].
Si divide - bisezione - in due parti uguali l’intervallo tramite il punto medio c e si
passa a lavorare o sul primo intervallino [a, c] o sul secondo, sempre ricorrendo al
Corollario sull’esistenza degli zeri.
La successione dei punti medi dei vari intervallini che via via si selezionano costi-
tuisce una successione ala radice cercata.
Il numero approssimato da una successione nello stile indicato si chiama limite della
successione.
Nota 3.0.4. I limiti delle successioni indicate, come pure di loro piccole varianti
devono essere conosciuti con grande naturalezza.
PROBLEMA:
Esistono test per decidere se una successione approssimi qualcosa o meno, abbia
limite o meno ?
4. La serie geometrica
Una successione importante é la seguente, dipendente dal parametro q
Sn = 1 + q + q 2 + ... + q n−1 n = 1, 2, 3, ...
Se q = 1 si tratta, banalmente della successione
S1 = 1, S2 = 2, S3 = 3, ...
Se q 6= 1 cosa sia Sn é meno ovvio, anche se abbastanza semplice:
Sn = 1 + q(1 + q + ... + q n−2 ) = 1 + q(Sn − q n−1 )
1 − qn
(1 − q)Sn = 1 − q n ↔ Sn =
1−q
ovvero
1 1 n
Sn = − q
1−q 1−q
Poiché é noto che se |q| < 1 allora q n → 0 allora si riconosce che
1
|q| < 1 ⇒ Sn →
1−q
Nel caso invece di |q| > 1 é evidentemente escluso che i numeri Sn approssimino
qualcosa !
Il limite della successione Sn , naturalmente nel caso |q| < 1 viene ragionevolmente
interpretato come la somma della serie geometrica
∞
X
q i = 1 + q + q 2 + q 3 + ...
i=0
Applicazioni
I numeri periodici:
34 34
x = 0.34 = lim [ + + ...
n→∞ 100 10000
4 12 OTTOBRE 2001
ovvero 2
34 1 1
0, 34 = .[1 + + + ...]
100 100 100
34 1 34
0.34 = . 1 =
100 1 − 100 99
√ √ √ √
La successione
√ {an = n n} = {1, 2, 3 3, 4 4, ... ha limite 1.
Sicuramente n n = 1 + hn con hn > 0 quindi
n(n − 1) 2 n(n − 1) 2
n = (1 + hn )n > 1 + nhn + hn > hn
2 2
dal primo e l’ultimo termine si ricava
√
n(n − 1) 2 2
n> hn → hn < √
2 n−1
Raccogliendo le informazioni ottenute si ottiene
√
2
1 ≤ am ≤ 1 + √
n−1
confronto che implica che
lim an = 1
n→∞
√
2
Nota 4.0.5. La tecnica di confronto 1 ≤ am ≤ 1 + √n−1 usata per riconoscere che
gli an approssimavano 1 é uno degli strumenti piú efficaci per riconoscere il limite
di una successione.
√ √
La successione n + 1 − n
É facile riconoscere che
√ √ √ √
√ √ n+1− n n+1+ n 1
n+1− n= √ √ =√ √
n+1+ n n+1+ n
da cui segue che √ √
lim n+1− n =0
n→∞
n
La successione αn con α > 1:
n(n − 1) 2
α = 1 + h, αn = (1 + h)n > h
2
quindi
n n 2
0≤ ≤ =
αn n(n−1) 2
h (n − 1)h2
2
Il confronto stabilito riconosce che
n
lim =0
n→∞ αn
n o n o
n2 n3
Nota 4.0.6. Un risultato analogo vale anche per le successioni αn , αn , ...
12 OTTOBRE 2001 5
5. Il concetto di limite
Definizione 5.0.7 (Limite di una successione). Il numero ` si dice limite della
successione {an } se comunque si prenda un ’intervallo aperto I ⊃ ` i termini della
successione sono, a meno di un numero finito di essi, tutti contenuti in I
Definizione 5.0.8 (Limite di una successione). Il numero ` si dice limite della
successione {an } se comunque si prenda un > 0 esiste un indice N () tale che
n > N () ⇒ |an − `| <
Teorema 5.0.9 (Unicitá del limite). Una successione {an } non puó avere due
limiti diversi (ovviamente puó non averne alcuno).
Proof. Evidente .
Teorema 5.0.10. Se la successione {an } converge al limite ` allora ogni altra
successione {bn } ottenuta modificando un numero finito di termini di {an } converge
ugualmente ad `
7. Test di convergenza
Il valore del concetto di limite di una successione consiste nel fatto che importanti
problemi spesso hanno soluzioni numeriche che non possono essere espresse che sotto
forma di limiti di successioni.
Per accogliere un numero definito come limite di una successione occorre ...essere
6 12 OTTOBRE 2001
8. Le serie
Le successioni piú comuni sono le somme parziali delle serie
Sn = a1 + a2 + ... + an
La convergenza di una serie,
∞
X
an
n=1
e quindi la sua somma, sono null’altro che il limite (se esiste) della successione {Sn }
delle somme parziali.
I test di convergenza proposti sono quindi interpretabili come test di convergenza
di serie.
Il primo test, quello delle successioni monotone e limitate si presta molto bene
all’esame di serie a termini positivi.
Teorema 8.0.17. Siano
∞
X ∞
X
an , bn
n=1 n=1
due serie a termini positivi con an ≤ bn : se
P∞
• la serie n=1 bn converge P∞
• converge anche la prima serie n=1 an
viceversa
P∞
• la serie n=1 an non converge P∞
• non converge neanche la seconda serie n=1 bn
12 OTTOBRE 2001 7
9. Il numero e di Nepero
∞
X 1
e=
n=0
n!
La definizione é ben posta perché la serie proposta é ovviamente convergente: basta
eseguire un confronto con la serie geometrica di ragione q = 1/2.
Problema: quanto vale e ?
m ∞
X X 1
e− =
n=0 n=m+1
n!
Una stima numerica puó dedursi quindi da una stima della quantitá
∞ ∞ n
X 1 1 X 1 1
≤ =
n=m+1
n! (m + 1)! n=0 m + 1 m.m!
Ad esempio
1 1 1
e − {1 + 1 + + }≤
2! 3! 18
ovvero
47 49
≤e≤
18 18
ovvero ancora
2.61 ≤ e ≤ 2.72
Ricorrendo a somme un po’ piú lunghe si otterrebbero approssimazioni ancora piú
precise.
Corollario 9.0.18. n
1
lim 1+ =e
n→∞ n
Corollario 9.0.19.
α n
lim = eα
1+
n→∞ n
Teorema 9.0.20. Il numero reale e non é razionale.
Proof. É evidente, ad esempio dalle prime stime numeriche precedenti che e non é
un’intero. Supponiamo, per assurdo, che
p
e=
q
con q ≥ 2.
q ∞
p X 1 X 1
− = .
q n=0 n! n=q+1 n!
8 12 OTTOBRE 2001
Nota 9.0.21. Il teorema dimostrato é notevole: pur non sapendo gran che sul valore
e siamo riusciti ad escludere che possa essere espresso da alcun numero razionale.
Nessun computer avrebbe potuto provare questo risultato.
Notate che il risultato dipende dalla conoscenza della somma della serie geometrica
e da elementari maggiorazioni.
10. Il numero π
√
Si tratta dopo 1 e 2 del numero piú famoso e importante della matematica.
Tuttavia nessuno ne conosce ancora il valore esatto, né potrá mai conoscerlo!
Informazioni su di esso si possono trovare all’indirizzo
http://www-groups.dcs.st-and.ac.uk
La complessa costruzione di ben due successioni approssimanti π che trovate nelle
pagine 80 e 81 é dovuta ad Archimede e si basa sulla possibilitá di determinare
ricorsivamente i perimetri dei poligoni regolari inscritti e circoscritti con un numero
2n di lati.
15 OTTOBRE 2001
É altrettanto utile riconoscere nella somma di piú addendi divergenti quelli di ordine
maggiore: esempio n + 10n é una somma divergente i cui termini sono ottenuti
sommando i piccoli addendi n con i grandissimi addendi 10n .
La domanda
Come aumentano i termini della successione n + 10n ?
ha una naturale risposta in ...come 10n !
1.5. Successioni razionali. Consideriamo ad esempio
n2 − 1
an =
n2 + n + 1
Con un minimo di algebra si riconosce che
1 − n12
an =
1 + n1 + n12
ed é evidente che l’espressione a numeratore come quella a denominatore convergono
ad 1, quindi
n2 − 1
lim 2 =1
n→∞ n + n + 1
Nota 1.5.1. Per decidere sulla convergenza o meno di una successione che si
presenti come quoziente di due successioni divergenti, provate sempre a valutare
l’ordine di divergenza delle due successioni, per poi comodamente riconoscere chi
dei due ordini vinca...!
Teorema 1.5.2 (Radici n-esime).
√
∀p > 1 lim n
p=1
n→∞
.
Proof. Una diseguaglianza fondamentale: ∀h > 0 : (1 + h)n ≥ 1 + nh :
deriva direttamente dallo sviluppo del binomio (1 + h)n che prevede, nel caso h ≥ 0
n + 1 addendi tutti positivi...
√ p−1
n
p = 1 + hn ⇒ p = (1 + hn )n ≥ 1 + nhn ⇒ 0 ≤ hn ≤
n
ovvero
p−1 √ p−1
0 ≤ hn ≤ ⇒ 1≤ np≤1+
√ n n
Aver riconosciuto che n p si trova compreso tra due successioni che convergono ad
1 basta per riconoscere il teorema...
Corollario 1.5.3.
√
∀ 0 < p ≤ 1 lim n
p=1
n→∞
.
√ 1
Proof. n p= q
n 1
p
Limite infinito
La successione an = n ha limite piú infinito, o anche
lim n = +∞
n→∞
Le successioni regolari
Le successioni convergenti e le successioni che abbiano limite infinito sono com-
plessivamente dette successioni regolari.
4. Teoremi fondamentali
Teorema 4.0.7 (Primo teorema del confronto). Se i termini di due successioni an
e bn verificano tutti (tranne al piú un numero finito di essi) la diseguaglianza
an ≤ bn
allora se le due successioni convergono anche i rispettivi limiti continuano a verifi-
care la stessa diseguaglianza.
Proof. Il risultato é evidente se pensiamo al fatto che i termini di una successione
convergente approssimano indefinitamente il limite
Nota 4.0.8. ATTENZIONE: anche se i termini verificassero la diseguaglianza
stretta an < bn i limiti potrebbero tranquillamente limitarsi a soddisfare quella
tenue, cioé venire uguali (Esempio an = − n1 , bn = n1 )
Teorema 4.0.9 (Secondo teorema del confronto). Se an e bn sono due successioni
convergenti ad a e b rispettivamente con a < b allora esiste N ∈ N tale che n >
N ⇒ an < bn
Proof. I numeri an si devono accostare sempre piú ad a, i numeri bn devono ac-
costarsi a b, b é piú grande di a, quindi...
Corollario 4.0.10. I termini di una successione convergente ad un numero positivo
sono definitivamente positivi.
CONSIGLI:
Sforzatevi di valutare l’ordine di divergenza delle successioni a numeratore e a
denominatore e a confrontarli per riconoscere il vincitore...
15 OTTOBRE 2001 5
6. Successioni e serie
Ogni successione
a1 . a2 , a3 , ... − an , ....
determina una serie
n
X
S1 = a1 , S2 = a1 + a2 , S3 = a1 + a2 + a3 , Sn = ai , ...
i=1
S1 , S2 , S3 ....
a1 = S1 , a2 = S 2 − S 1 , a3 = s3 − S2 , ...
Nel corso del calcolo si passa frequentemente da una successione alla serie asso-
ciata e viceversa, convinti di non cambiare le carte in tavola ma semplicemente
trasformando lo stesso problema sotto un’altra forma sperando di trarne vantaggio.
n ∞
X 1 X 1
e = lim =
n→∞
i=0
i! i=0
i!
1 m+1 1
Sm < S n ≤ Sm + = Sm +
(m + 1)! m m.m!
ovvero
1
Sm < Sn < Sm +
m.m!
relazione valida per tutti gli Sn con n > m quindi anche per il loro limite e.
Riesce quindi
1
Sm < e < S m +
m.m!
ovvero
e = Sm + hm
1
sapendo che 0 < hm < m.m! .
6 15 OTTOBRE 2001
Definizione 2.0.6 (Continuitá uniforme). Sia f (x) una funzione continua nell’intervallo
I (aperto, chiuso, semichiuso, limitato, non limitato,...): essa si dice uniforme-
mente continua in I se assegnato comunque > 0 esiste in corrispondenza una
quantitá δ tale che comunque si prendano due punti x1 , x2 ∈ I distanti tra loro per
meno di , riesca |f (x1 ) − f (x2 )| <
1
2 17 OTTOBRE 2001
3. Limiti di funzioni
[cfr. pag. 82-83]
Sia f (x) definita nell’intervallo I, aperto, chiuso, semichiuso, ecc. e sia ξ ∈ I o ξ
sia uno degli estremi di I.
Si dice che f (x) ha limite η nel punto ξ se i valori di f (x) si accostano al valore η
mano mano che x ∈ I si avvicina a ξ (mantenendosi distinto da ξ).
Se ne deduce che il calcolo di limiti sará interessante e utile proprio nei casi in
cui non sia ξ ∈ I.
3.1. La funzione sinx x . Si tratta di una funzione continua in x 6= 0.
L’unico punto interessante su cui cercare il limite é quindi ξ = 0.
La figura 1.47 di pag. 84 illustra in modo chiarissimo come vanno le cose riferendosi
a valori x positivi e minori di π/2.
sin x ≤ x ≤ tan x
ovvero
sin x 1
1≤ ≤
x cos x
é evidente che piú x si avvicina a 0 tanto piú cos1 x si avvicina ad 1: quindi si
riconosce che
x
lim =1
x→0+ sin x
ovvero, passando ai reciproci risulta anche
sin x
lim+ =1
x→0 x
Tenuto conto che sinx x é una funzione pari si riconosce che i valori che prende sui
numeri positivi sono gli stessi che prende sui negativi, quindi...
3.2. La funzione 1−cos
x2
x
. Si tratta di una funzione continua in x 6= 0.
L’unico punto interessante su cui cercare il limite é quindi ξ = 0. Tenuto conto che,
moltiplicando e dividendo per 1 + cos x si ha
1 − cos x sin2 x
=
x2 x2 .(1 + cos x)
ovvero 2
1 − cos x sin x 1
= .
x2 x 1 + cos x
si ricava
1 − cos x 1
lim 2
=
x→0 x 2
17 OTTOBRE 2001 3
4. I limiti all’infinito
Se una f (x) é definita su un intervallo illimitato superiormente o inferiormente
ha senso cercare il limite della funzione per
x → +∞
ovvero per
x → −∞
Dire che f (x) ha limite η per x → +∞, in simboli
lim f (x) = η
x→+∞
vuol dire che i valori f (x) si stabilizzano mano che x assume valori positivi via via
piú grandi, verso il numero η.
Esempio: la funzione sin x non ha limite per x → +∞, e come essa non ha limite
nessuna funzione periodica (a meno che non sia addirittura costante).
√
Esempio: la funzione 1 − x non ha limite per x → +∞ semplicemente perché
tale funzione non é definita oltre x = 1
1
Esempio: La funzione x ha limite 0 per x → +∞.
sin x
Esempio: La funzione x ha limite 0 per x → +∞.
Problema:Provate che x
1
lim 1+ =e
x→+∞ x
e che anche x
1
lim 1+ =e
x→−∞ x
ovvero che 1
lim (1 + η) η = e
η→0
1 n
Riconoscete prima che la successione 1 + n converge ad e
[cfr.COUR.JOHN pag 79]
19 OTTOBRE 2001
1. Il numero e
1.1. Il numero e di Nepero.
∞
X 1
e=
n=0
n!
n ∞
X 1 X 1
e = lim =
n→∞
i=0
i! i=0
i!
Pn 1
Indichiamo Sn = i=0 i! : riesce, per n > m
n n i
X 1 1 X 1
Sm < Sn = Sm + ≤ Sm +
i=m+1
i! (m + 1)! i=0 m + 1
1 m+1 1
Sm < Sn ≤ Sm + = Sm +
(m + 1)! m m.m!
ovvero
1
Sm < Sn < Sm +
m.m!
relazione valida per tutti gli Sn con n > m quindi anche per il loro limite e.
Riesce quindi
1
Sm < e < S m +
m.m!
ovvero
1
e = Sm + hm , 0 < hm < .
m.m!
1
2 19 OTTOBRE 2001
Suggerimento:
provate a tabulare la catena di diseguaglianze indicate relativamente ai primi 10
valori di m
2 3
5 11
2 4
8 49
3 18
65 87
24 32
163 1631
60 600
1957 11743
720 4320
685 31967
252 11760
109601 876809
40320 322560
98641 8877691
36288 3265920
9864101 4697191
3628800 1728000
ovvero
2.00000000000000000 3.00000000000000000
2.50000000000000000 2.75000000000000000
2.66666666666666667 2.72222222222222222
2.70833333333333333 2.71875000000000000
2.71666666666666667 2.71833333333333333
2.71805555555555556 2.71828703703703704
2.71825396825396825 2.71828231292517007
2.71827876984126984 2.71828187003968254
2.71828152557319224 2.71828183176562806
2.71828180114638448 2.71828182870370370
Si noti quanti pochi addendi bastino per ottenere e con tre decimali esatti...
19 OTTOBRE 2001 3
q q
X 1 p X 1 1
q!.(e − ) = q! − q! ≤ .
n=0
n! q n=0
n! q
Nota 1.2.2. Il teorema dimostrato é notevole: pur non sapendo gran che sul valore
e siamo riusciti ad escludere che possa essere espresso da alcun numero razionale.
Nessun computer avrebbe potuto provare questo risultato.
Notate che il risultato dipende dalla conoscenza della somma della serie geometrica
e da elementari maggiorazioni.
1 1
lim Tm ≥ 1 + 1 + + ... +
m→∞ 2! n!
Tenuto conto che era stato provato che Tn ≤ e si ha quindi
1 1
e ≥ Tm ≥ 1 + 1 + + ... +
2! n!
diseguaglianza soddisfatta da tutti gli m successivi all’n scelto. Tenuto conto che
• i Tm convergono a qualcosa che non puó superare e per la prima limitatezza
riconosciuta
1 1
• le espressioni 1 + 1 + 2! + ... + n! sono prossime ad e quanto si desideri
ricordato che esse convergono ad e
• il limite della successione {Tm } non puó essere che e stesso !
19 OTTOBRE 2001 5
2.4. Il caso della successione (1+ n1 )n con n < 0. Consideriamo le ovvie identitá
algebriche seguenti
1 n n −n 1 1 1
(1 + ) =( ) = (1 + )−n = (1 + )−n−1 (1 + )
n n+1 −n − 1 −n − 1 −n − 1
ca cui si vede che le due successioni
1 1
(1 + )n , (1 + )−n−1
n −n − 1
differiscono per un fattore prossimo ad 1 se n é grande.
Morale:
1 1
lim (1 + )n = e = lim (1 + )n
n→+∞ n n→−∞ n
n
3. Una successione generalizzata 1 + nλ λ∈N
n nλ !λ
λ 1
1+ = 1+ n
n λ
m m+1
1 1
1+ ≤ Gn ≤ 1+
m+1 m
ovvero
1 m+1 m
(1 + m+1 )
11
1 ≤ Gn ≤ .(1 + )
1+
(1 + m+1 ) mm
Le due successioni a sinistra e a destra sono composte di due fattori, uno evidente-
mente convergente ad e l’altro convergente ad 1, quindi
lim Gn = e
n→∞
e, quindi n
λ
lim 1+ = eλ
n→∞ n
3.1. Il caso λ = pq .
n qn qn q1
λ p q
p
1+ = 1+ = 1+
n q.n q.n
da cui, tenuto conto che qn
p
lim 1 + = ep
n→∞ q.n
segue
p n
!
q p
lim 1+ = eq
n→∞ n
6 19 OTTOBRE 2001
1 x
4. Una funzione importante: f (x) = 1 + x
La funzione f (x) é definita certamente per x > 0 e per x < −1. Ha senso
cercarne l’eventuale limite per x → +∞, considerato che, almeno sugli interi, tale
limite é ben noto, e.
Indicata con n = [x] la parte intera si ha, per x ≥ 1
n n+1
1 1
1+ ≤ f (x) ≤ 1 +
n+1 n
Le due successioni minoranti e maggioranti f (x) convergono ad e quindi anche f (x)
converge ad e.
4.1. Il limite per x → −∞. Consideriamo la seguente identitá algebrica
1 x+1 1 1
1+ = = x = 1
x x x+1 1 − x+1
ovvero x −x
1 1
1+ = 1+
x −x − 1
ovvero ancora
x −x−1
1 1 1
1+ = 1+ . 1+
x −x − 1 −x − 1
ovvero,
1
f (x) = f (−x − 1). 1 +
−x − 1
Tenuto conto che per x grande in modulo il fattore a secondo membro
1
1+ '1
−x − 1
si riconosce che
1 x 1
lim (1 + ) = lim (1 + )x = e
x→−∞ x x→+∞ x
equivale a riconoscere che
1
lim (1 + η) η = e
η→0
Accettando per nota la continuitá della funzione logaritmo ne segue allora che
1 log(1 + η)
lim log(1 + η) η = lim =1
η→0 η→0 η
come pure, ovviamente,
η
lim =1
η→0 log(1 + η)
log(et ) ' et − 1
ovvero, per t ' 0
et − 1 ' t
ovvero ancora
et − 1
lim =1
t→0 t
at − 1 ' t ???
É quindi naturale che i confronti suggeriti siano prevalentemente fatti con esse.
P∞
Teorema 1.0.6 (Criterio del confronto). Sia k=0 ak una serie a termini positivi,
• se
ak+1
lim =q<1
k→∞ ak
la serie é convergente,
• se
ak+1
lim =q>1
k→∞ ak
la serie é divergente.
Proof. La condizione
ak+1
lim =q<1
k→∞ ak
implica, per un q < r < 1
ak+1
< r < 1, k≥N
ak
ovvero
aN +1 ≤ r.aN , aN +2 ≤ r2 .aN , aN +3 ≤ r3 .aN , ecc.
. Quindi i termini della serie, da quello di un certo posto N in poi sono maggiorati
al modo seguente
aN +k ≤ rk .aN
I termini
2. L’ordine di infinitesimo
Il seguente risultato si basa sul fatto che le serie
∞ ∞
X 1 X 1
, , ecc...
k2 k3
k=0 k=0
sono convergenti.
23 OTTOBRE 2001 3
3. La convergenza assoluta
La convergenza di serie
∞
X
ak
k=0
a termini non tutti positivi (ovvero non tutti dello stesso segno) si stabilisce con
maggiori difficoltá: il motivo é che la successione delle somme parziali cessa di
essere monotona e quindi cessa di beneficiare del comodo test di convergenza delle
successioni monotone.
Esiste tuttavia una condizione sufficiente alla convergenza abbastanza maneggevole,
espressa dal seguente
Teorema 3.0.8 (Convergenza assoluta). La serie
∞
X
ak
k=0
5. Limiti di funzioni
Occorre avere ben chiari alcuni limiti non ovvi e frequentemente utilizzati nel
calcolo (vedi esercizio 2 del Foglio 2) :
•
sin x
lim =1
x→0 x
•
1 − cos x 1
lim 2
=
x→0 x 2
•
ex − 1
lim =1
x→0 x
•
log(1 + x)
lim =1
x→0 x
•
en
lim = +∞, ∀k ∈ N
n→+∞ nk
•
ex
lim β = +∞, ∀β > 0
x→+∞ x
•
lim+ xα . log x = 0, ∀α > 0
x→0
23 OTTOBRE 2001 5
Consideriamo l’ultimo limite: esso deriva con piccole manipolazioni da quello noto
ex
lim = +∞
x→+∞ x
Prendiamo
x = α.| log t|
α
eα.| log t| e− log t 1
= = α
α.| log t| −α. log t −α.t . log t
Tenuto conto che per t piccolo | log t| é grande e quindi il primo rapporto dei tre é
grande... ne segue che evidentemente il denominatore
1
−α.tα . log t
6. Funzioni holderiane...
La scoperta che
lim xα . log x = 0, ∀ α>0
t→0+
é alla base dell’importante esempio 13 di pag. 118.
Naturalmente si tratta di risultati tecnici abbastanza raffinati, certamente non ovvi
per studenti alle prime armi.
Chi non é particolarmente interessato tralasci subito questo paragrafo !
La condizione di Holder non garantisce la pendenza limitata delle corde: anzi piú
consideriamo funzioni solamente holderiane con esponenti α piccoli piú dobbiamo
attenderci pendenze elevate.
I grafici relativi all’intervallo [0, 1] delle funzione
√ √ √
x2 , , x, x, 3 x, 4 x
esibiscono bene il fenomeno:
2
• le prime due,
√x , √ , x sono
√ lipschitziane,naturalmente in [0, 1],
• le altre tre x, 3 x, 4 x sono holderiane di esponenti 12 , 13 , 14
La limitatezza delle pendenze, non piú di 65 gradi per le prime due, e l’uscita con
tangente verticale dall’origine delle altre tre é del tutto evidente.
1
x 6= 0
| log |x||
f (x) =
0 x=0
evidentemente continua in un intorno di 0 ma che viene dichiarata non holderiana.
É abbastanza evidente che i rapporti
|f (x) − f (0)|
|x − 0|α
saranno quelli a non mantenersi limitati per alcuna scelta di α e quindi a dar ragione
alla dichiarazione che la funzione non é holderiana.
Un esperimento grafico:
1. La definizione di integrale
[COURANT JOHN, Cap.2, pag. 119]
1.1. Area. Idea intuitiva di area di una regione del piano, come numero dei quadretti
di una carta quadrettata che cadano dentro la regione, accettando anche di preci-
sare i quarti di quadretto o, eventualmente, i decimi di quadretto...
Per conoscere numericamente il numero Fab si fa uso, in molti casi, delle conoscenze
geometriche sull’area di regioni piane, in altri casi si fa uso di approssimazioni,
tramite l’uso di plurirettangoli:
• Si divide l’intervallo [a, b] in piú intervalli
• L’area del sottografico relativo a ciascuno di tali subintervalli viene ap-
prossimata con quella di due rettangoli che hanno come base il subinter-
vallo e come altezze il minimo e il massimo che la funzione prende in tale
subintervallo
2. Alcuni esempi
2.1. Le funzioni lineari. .
Se
f (x) = γ
allora, evidentemente, formula dell’area del rettangolo di altezza γ e base b − a
Z b
γdx = γ(b − a)
a
Se invece f (x) = x
Z b
a+b 1 2
b − a2
xdx = (b − a) =
a 2 2
avendo calcolato l’area del sottografico, un trapezio rettangolo con la formula
dell’area del trapezio.
n
X n
X
A(Rn00 ) = (a + h)h + (a + 2h)h + ...(a + nh)h = h. (a + kh) = hna + h2 k
k=1 k=1
Tenuto conto che
n−1 n
X n(n − 1) X n(n + 1)
k= , k=
2 2
k=0 k=1
riesce
n(n − 1) n(n + 1)
A(Rn0 ) = hna + h2 , A(Rn00 ) = hna + h2
2 2
ovvero
n(n − 1) n(n + 1)
A(Rn0 ) = (b − a)a + (b − a)2 , A(Rn00 ) = (b − a)a + (b − a)2
2n2 2n2
quantitá che hanno evidentemente lo stesso limite
(b − a)2
lim A(Rn0 ) = (b − a)a + = lim A(Rn00 )
n→+∞ 2 n→+∞
b2 − a2
=
2
k=0 k=0
Per proseguire occorre la formula esplicita per la somma dei quadrati dei naturali
da 1 ad m.
(m + 1)3 - m3 = 3m2 + 3m + 1
3
m - (m − 1) = 3(m − 1)2 + 3(m − 1)
3
+ 1
(m − 1)3 - (m − 2)3 = 3(m − 2)2 + 3(m − 2) + 1
... ... = ... ... ... ... ... ...
23 - 13 = 3.12 + 3.1 + 1
Sommando membro a membro si ottiene:
X m m
X
(m + 1)3 − 1 = 3 k2 + 3 k+m
k=1 k=1
Tenuto conto che
m
X m(m + 1)
k=
2
k=1
4 25 OTTOBRE 2001
si ricava
m
X 1 3 1 2 1
k2 = m + m + m
3 2 6
k=1
b3 − a3
lim A(Rn00 ) =
n→+∞ 3
Analogo risultato si otterrebbe con l’altro valore A(Rn0 ).
Nota 2.2.1. La formula ottenuta é nota come formula di Archimede per l’area
del segmento parabolico, intendendo con questo nome il sottografico della parabola
x2 relativamente all’intervallo [0, H], area calcolata da Archimede come un terzo
dell’area del rettangolo di estremi (0, 0) − (H, H 2 ), quindi
1
H.H 2
3
Il caso precedente su [a, b] si tratta, ovviamente, per differenza.
Nota 2.2.2. La formula per la somma delle potenze r−esime dei naturali da 1 ad
m si puó ottenere in modo analogo a quanto fattio per i quadrati lavorando con le
differenze
(m + 1)r+1 − mr+1 = r.mr + ... + 1
Oppure, piú semplicemente, dando per acquisito che tale somma si esprima con un
polinomio in m di grado r + 1
m
X
k r = amr+1 + bmr + cmr−1 + ... + dm
k=1
Nota 3.2.2. La prova del teorema di integrabilitá delle funzioni continue non é
banale ed é fondata sulla uniforme continuitá, (cfr. Teorema di Weierstrass-Cantor,
pag. 100) che le funzioni continue possiedono in ogni intervallo chiuso e limitato
[a, b]
Proof. Cenno della dimostrazione:
eseguita una decomposizione di [a, b] indichiamo con mi = inf [xi ,xi−1 ] f (x) e con
Mi = sup[xi ,xi−1 ] f (x) É evidente che
n
X n
X n
X
mi (xi − xi−1 ) ≤ f (ξi )(xi − xi−1 ) ≤ Mi (xi − xi−1 )
i=1 i=1 i=1
ed é anche evidente che la differenza tra la somma maggiorante e quella minorante
verifica la diseguaglianza
6 25 OTTOBRE 2001
n
X
(Mi − mi ) (xi − xi−1 ) ≤ max (Mi − mi ) (b − a)
i
i=1
Riesce infatti maxi (Mi − mi ) ≤ se la decomposizione é realizzata da intervalli
tutti di lunghezza inferiore ad una quantitá δ garantita dalla uniforme continuitá
della funzione f (x).
L’accostarsi delle somme minoranti a quelle maggioranti non prova il teorema ma
ne rende plausibile la veridicitá.
26 OTTOBRE 2001
1. Integrabilitá
Assegnata una funzione f (x) definita sull’intervallo [a, b], limitata su tale inter-
vallo, ha perfettamente senso costruire le sue somme integrali.
Non é a priori detto che tali somme godano della stabilizzazione osservata nel teo-
rema d’esistenza di pag. 125 al tendere a 0 della massima lunghezza degli intervallini
della decomposizione di [a, b].
Non é tuttavia da escludersi che tale stabilizzazione possa incontrarsi lo stesso.
Le funzioni per cui tale stabilizzazione delle somme integrali si realizza si diranno
integrabili su [a, b] e, naturalmente il valore su cui si stabilizzano le somme integrali
si dirá loro integrale.
Sotto questa forma il Teorema d’esistenza di pag. 125 afferma quindi:
...le funzioni continue in [a, b] sono integrabili su [a, b].
2. Un integrale fondamentale
[COURANT pag. 131]
Z b
xα dx, α = 1, ±2, ±3, ±4, ...
a
α intero diverso da -1. q
Consideriamo, per ogni fissato n il numero q = n ab ≥ 1.
Consideriamo la decomposizione di [a, b] determinata dai punti
a, a.q, a.q 2 , ..., a.q n = b
Si tratta di intervallini non tutti uguali.
La lunghezza di tali intervallini vale
a(q i − q i−1 ) = a.q i−1 (q − 1)
La maggiore é quella dell’ultimo a destra che vale
a.q n−1 (q − 1)
e comunque tende a zero al crescere di n.
1
2 26 OTTOBRE 2001
ξi = aq i
Si ha
n
X α
Fn = aq i a.q i−1 (q − 1)
i=1
ovvero
n
q − 1 X α+1 i
Fn = aα+1 q
q i=1
La somma della progressione geometrica é (si tenga conto che manca il valore 1
iniziale...)
n α+1 n
X
α+1 i
α+1 q −1
q =q α+1
i=1
q −1
Ne segue
n
α+1 q − 1 α+1 q α+1 − 1
Fn = a q
q q α+1 − 1
ovvero, ricordata l’espressione di q
q α (q − 1)
Fn = bα+1 − aα+1
q α+1 − 1
Tenuto conto che
si ha
qα
Fn = bα+1 − aα+1
(q α + q α−1 + q α−2 + ... + 1)
da cui, tenuto conto che
lim q = 1
n→+∞
si ha
bα+1 − aα+1
lim Fn =
n→+∞ α+1
Ovvero
b
bα+1 − aα+1
Z
xα dx = , ∀α ∈ N, α 6= −1
a α+1
26 OTTOBRE 2001 3
3. Proprietá dell’integrale
• Additivitá :
Z b Z c Z b
[a, b] = [a, c] ∪ [c, b] :→ f (x)dx = f (x)dx + f (x)dx
a a c
• Linearitá:
Z b Z b Z b
(α.f (x) + β.g(x)) dx = α f (x)dx + β g(x)dx
a a a
• Monotonia:
Z b Z b
f (x) ≤ g(x) ⇒ f (x)dx ≤ g(x)dx
a a
• Z Z
b b
f (x)dx ≤ |f (x)| dx
a a
Teorema 3.0.1. Per ogni funzione f (x) continua in [a, b] esiste almeno un punto
ξ ∈ [a, b] tale che
Z b
f (x)dx = f (ξ).(b − a)
a
4. Integrali di polinomi
Abbiamo visto precedentemente che
Z b
bm+1 − am+1
xm dx =
a m+1
e abbiamo osservato la linearitá:
Le due cose insieme consentono di calcolare con esattezza l’integrale
Z b
P (x)dx
a
di qualunque polinomio.
4 26 OTTOBRE 2001
5. Le approssimazioni
La proprietá di monotonia osservata per gli integrali permette di avviare pro-
cedimenti di approssimazione fondamentali: si debba calcolare l’integrale
Z b
f (x)dx
a
Scelti due polinomi P (x) e Q(x) tali che
P (x) ≤ f (x) ≤ Q(x)
riesce ovviamente
Z b Z b Z b
P (x)dx ≤ f (x)dx ≤ Q(x)dx
a a a
e, inoltre Z Z
b Z b b
Q(x)dx − P (x)dx ≤ |P (x) − Q(x)| dx
a a a
Tenuto conto che
• Gli integrali dei polinomi si calcolano con esattezza
• Un’approssimazione
R di f (x) con due polinomi tali che |Q(x) − P (x)| ≤
b Rb
implica a Q(x)dx − a P (x)dx ≤ (b − a)
1. Additivitá
[COURANT, pag. 136]
Il titolo si riferisce alla relazione seguente
Z b Z c Z b
f (x)dx = f (x)dx + f (x)dx
a a c
relazione evidente se a < c < b. La relazione si estende agli altri casi accogliendo
la seguente
Definizione 1.0.1. Siano u, v ∈ [a, b], se u > v si definisce
Z v Z u
f (x)dx = − f (x)dx
u v
In altri termini
Z 0 Z 1
x2 dx = − x2 dx,
1 0
rappresenta l’area del sottografico della parabola tra 0 e 1, cambiata di segno.
Assegnata una funzione continua f (x) integrabile in [a, b] si possono definire gli
integrali Z c
f (x)dx, ∀c ∈ [a, b]
a
Tali integrali dipendono dalla scelta dell’intervallo di integrazione, in particolare
dell’estremo superiore c, esprimono quindi una funzione φ(c) di tale estremo, pen-
sato come variabile indipendente.
Tenuto conto che le variabili indipendenti vengono comunemente indicate con x si
adotta la notazione Z x
φ(x) = f (u)du, x ∈ [a, b]
a
29 OTTOBRE 2001 3
da cui
|φ(β) − φ(α)| ≤ M |β − α|
L’integrale indefinito φ(x) é lipschitziano in [a, b] con costante di Lipschitz il mas-
simo di |f (u)| in [a, b].
5. I logaritmi
La funzione log, o ln, é generalmente introdotta in modo quasi intuitivo, ab-
binandola all’esponenziale.
Si dice
• l’esponenziale ex é nota a tutti
• l’esponenziale é monotona crescente, quindi dotata di inversa
• il log é tale inversa !
Il punto debole é il primo: l’esponenziale é nota a tutti ma solo se gli esponenti
sono particolarmente semplici (interi piccoli o alcuni razionali comodi...).
Nel paragrafo 2.5, pag. 145 di COURANT si trova una costruzione della funzione
log diversa, proposta come integrale indefinito della funzione
1
x
continua per x > 0.
Senza eseguire alcun calcolo si ricavano le proprietá fondamentali della funzione log
senza ancorarle alla conoscenza (del resto debole) dell’esponenziale.
Definizione 5.0.7. Z x
1
log x = du, ∀x > 0
1 u
29 OTTOBRE 2001 5
La definizione é corretta 1 perché la funzione u1 é continua per u ∈ (0, +∞): essa rap-
presenta, per x ≥ 1 l’area del sottografico dell’iperbole relativamente all’intervallo
[1, x].
Rappresenta ancora l’area del sottografico, ma cambiata di segno, nel caso
0 < x < 1.
Si puó tabulare il grafico di log x servendosi del suo significato di area di porzioni
di sottografici (vedi figure 2.18 e 2.19 di pag. 146).
É facile riconoscere che, essendo u1 > 0 la funzione log x é crescente.
1Essa naturalmente é fondata sulla integrabilitá delle funzioni continue (Teorema d’esistenza
dell’integrale, pag. 125)
6 29 OTTOBRE 2001
6. Il numero e
Introdotta la funzione log x si puó studiare l’equazione
log x = 1
equazione nell’incognita x.
Essendo log x crescente tale equazione non puó avere piú di una soluzione.
Essendo noto che:
• log x come integrale
n indefinito é una funzione continua per x > 0
• limn→+∞ 1 + n1 = e
ne segue che n
1
lim log 1 + = log e
n→+∞ n
ovvero
1
lim n log 1 + = log e
n→+∞ n
Serviamoci ora del teorema della media per stimare n log 1 + n1
Z (1+ n1 )
1 1 1 1
n log 1 + =n du = n . ,
n 1 u n 1 + θn n
con θn ∈ [0, 1].
Ne segue
1 1
lim n log 1 + = lim =1
n→+∞ n n→+∞ 1 + θn
Quindi
log e = 1
ovvero anche
log en = n
Nota 6.0.1. Avere scoperto che log en = n come pure log e−n = −n significa, fra
l’altro che la funzione log ora introdotta ha come codominio o immagine tutti i
numeri reali:
• contiene positivi grandi a piacere, i log en
29 OTTOBRE 2001 7
7. La funzione esponenziale
• La funzione log é crescente
• Il suo codominio o immagine é l’intero R
• Quindi é dotata di inversa continua, crescente, definita in R.
...tale inversa di y = log x, x = E(y), prende il nome di funzione esponenzialeed é
indicata in genere, usando per la variabile indipendente il nome tradizionale di x,
con
ex
oppure con
exp(x).
Il grafico dell’esponenziale si deduce da quello di log x (vedi figura 2.20, pag. 150).
Posto
a = log x ⇔ x = ea
b = log y ⇔ y = eb
c = log xy ⇔ xy = ec
ec = ea .eb
la relazione fondamentale
c=a+b
produce
ea+b = ea .eb
motivo per cui la funzione introdotta prende, giustamente il nome di esponenziale:
perché verifica la proprietá formale delle potenze.
lim sn = x
n→+∞
8 29 OTTOBRE 2001
ma allora:
x n
= esn
1+
n
x n
lim 1 + = elim sn = ex
n→+∞ n
ovvero
log x
loga x =
log a
La scelta piú famosa del valore a é 10, scelta che dá luogo ai logaritmi in base 10 o
logaritmi di Briggs
log x log x
log10 x = '
log 10 2.302
31 OTTOBRE 2001
1. Il concetto di derivata
Il problema piú evidente che conduce all’idea di derivata é la determinazione della
retta tangente al grafico di una funzione f (x) in un punto x0 : si tratta di una retta
che passi per il punto (x0 , f (x0 ))
y = f (x0 ) + m(x − x0 )
con un angolo α speciale, quindi con un coefficiente angolare m speciale...! .
La determinazione del coefficiente m adatto é il vero problema.
1.1. Le rette tangenti. L’idea naturale per determinare la retta tangente nel
punto P0 = (x0 , f (x0 )) é quella di studiare le rette secanti il grafico nel punto
P0 = (x0 , f (x0 )) e in un’altro abbastanza vicino P1 = (x0 + ∆x, f (x0 + ∆x)).
Successivamente si esamina se tale retta secante, e il suo coefficiente angolare, si
stabilizzino, o meno, su una posizione speciale.
Equazione della secante per P0 e P1 :
f (x0 + ∆x) − f (x0 )
y = f (x0 ) + (x − x0 )
∆x
É noto che la retta per P0 e P1 ha, sull’orizzontale un angolo α con
f (x0 + ∆x) − f (x0 )
tan α = .
∆x
Il quoziente
1.3. Le funzioni monotone. Le funzioni f (x) derivabili con derivata f 0 (x) > 0
sono evidentemente crescenti. Quelle con f 0 (x) < 0 sono evidentemente decrescenti.
La questione si spiega riconoscendo, nella derivata f 0 (x0 ) in un punto una misura
della pendenza del grafico della funzione f (x) in tale punto.
Nota 1.3.1. Il viceversa non é sostenibile: una funzione crescente, quale ad es-
empio x3 , puó avere in qualche punto retta tangente orizzontale (questo succede
nell’origine) quindi avere in tale punto derivata zero, senza per questo perdere il
suo carattere di funzione crescente !
1.4. La velocitá. Un punto P si muova lungo una retta, sia x = f (t) l’equazione
oraria del moto, cioé la posizione x raggiunta al tempo t.
Se la funzione f (t) = at + b é lineare allora la velocitá
f (t1 ) − f (t)
v=
t1 − t
é costantemente a.
Se f (t) non é lineare si parla di velocitá media in un intervallo
f (t1 ) − f (t)
v[t,t1 ] = .
t1 − t
Il limite
f (t1 ) − f (t)
lim
t1 − t
t→t1
rappresenta naturalmente la velocitá v(t1 ) al momento t1 :
v(t1 ) = f 0 (t1 )
31 OTTOBRE 2001 3
Velocitá ⇔ Derivata.
Il viceversa é falso: una funzione puó essere continua senza tuttavia essere differen-
ziabile.
Tenuto conto che la differenziabilitá corrisponde all’esistenza della tangente per il
grafico é facile pensare a grafici con angoli, nei quali quindi la tangente sia impro-
ponibile.
Esempio f (x) = |x|.
Esperimento con GnuPlot: chiedete il grafico delle quattro funzioni sopra consid-
erate
x4 , 4x3 , 12x2 , 24x
La tabella di Newton
Problema:
31 OTTOBRE 2001 5
Corollario 1.10.4. Sia f (x) continua e differenziabile due volte (derivata prima e
derivata seconda) in un intervallo I (chiuso, aperto, limitato, ecc): se in tre punti
a, b, c ∈ I riesce f (a) = f (b) = f (c) allora
• esistono almeno due punti ξ1 ∈ (a, b), ξ2 ∈ (b, c) nei quali riesce
f 0 (ξ1 ) = 0, f 0 (ξ2 ) = 0
• esiste almeno un punto η ∈ (ξ1 , ξ2 ) in cui riesce f 00 (η) = 0.
Corollario 1.10.5. Sia f (x) continua e differenziabile n volte (derivata prima,
seconda, terza,.. ) in un intervallo I (chiuso, aperto, limitato, ecc):
• se la funzione prende gli stessi valori in n+1 punti dell’intervallo la derivata
prima si annulla in almeno n punti di I
• la derivata seconda si annulla in almeno n − 1 punti di I
• .....
• la derivata f [n] (x) in almeno un punto di I
f (x + h) − f (x) ∆y
(∆x) = − f 0 (x) = − f 0 (x)
∆x ∆x
che
lim (∆x) = 0
∆x→0
Dei due addendi
∆y = f 0 (x)∆x + (∆x).∆x
che figurano a secondo membro il primo é (almeno se f 0 (x =6= 0 ) quello domi-
nante: esso é detto
dy
differenziale di f (x) nel punto x relativo all’incremento ∆x
L’approssimazione offerta é la seguente
f (x + ∆x) ' f (x) + dy
Il teorema di Lagrange, o del valor medio riconosce che esiste ξ ∈ (x, x + ∆x) tale
che
f (x + ∆x) − f (x)
= f 0 (ξ)
∆x
quindi
f (x + h) − f (x)
(∆x) = − f 0 (x) = f 0 (ξ) − f 0 (x)
∆x
31 OTTOBRE 2001 7
Nel caso che la funzione f (x) possieda anche la derivata seconda, si puó riapplicare
il teorema del valor medio alla funzione f 0 (x) e ottenere
f 0 (x) − f 0 (ξ)
= f 00 (η), ⇒ f 0 (x) − f 0 (ξ) = f 00 (η). (x − ξ)
x−ξ
Ove si conosca una maggiorazione per la derivata seconda
|f 00 (x)| ≤ M
si ottiene, complessivamente
2
|(∆x)| = |f 00 (η). |x − ξ| | ≤ M |x − ξ|2 ≤ M.|∆x|2
ovvero
|∆y − dy| ≤ M.∆x2
A pag. 183 ci si serve di tale tecnica per stimare gli errori che derivano dalle
interpolazioni usuali nella tavole trigonometriche.
5 NOVEMBRE 2001
Rx
1. Derivabilitá delle funzioni a
f (t)dt
COURANT, pag.184
Ovvero
φ0 (x) = f (x)
Esempio:
Sia
x
x3
Z
φ(x) = t2 dt =
0 3
É evidente che
0
x3
0
φ (x) = = x2 = f (x)
3
Contresempio:
L’integrale indefinito di una funzione integrabile ma non continua puó non verificare
il teorema precedente:
1
2 5 NOVEMBRE 2001
−1 x<0
f (t) = sgn(x) = 0 x=0
1 x>0
Z x −x x<0
φ(x) = f (t)dt = 0 x = 0 = |x|
0
x x>0
non é derivabile in x = 0, punto in cui la funzione f (t) non era continua...
2. Le primitive
Il teorema fondamentale del calcolo indica che gli integrali indefiniti
Z x
φ(x) = f (t)dt
a
Corollario 2.0.4. La differenza tra due primitive F1 (x) e F2 (x) di una stessa
funzione f (x) in uno stesso intervallo I é una costante in I.
Ovvero se F (x) é una primitiva di f (x) le funzioni F (x)+c con c costante arbitraria
sono tutte e sole le primitive di f (x).
Teorema 2.0.5. Sia f (x) continua nell’intervallo I = [a, b]: tutte le primitive sono
espresse dalla formula Z x
F (x) = c + f (t)dt
a
Linguaggio abituale:
Chiamiamo in generale integrali indefiniti di f (x) tutte le funzioni
Z x
c+ f (t)dt
a
Le primitive e gli integrali indefiniti di una stessa funzione sono la stessa cosa !
4. Applicazioni
• Il caso dei polinomi:
n n
X X xk+1
p(x) = ak xk , P (x) = ak
k+1
k=0 k=0
Z b
p(x)dx = P (b) − P (a)
a
• Riconosciuto che
0 0
(sin(x)) = cos(x), (cos(x)) = − sin(x)
si ricavano le formule di integrazione
Z b Z b
cos(x)dx = sin(b) − sin(a), sin(x)dx = − cos(b) + cos(a)
a a
5. Problemi
1.: Sia f (x) positiva, continua e crescente in [a, b] ∈ R+ , sia f (a) = α, f (b) =
β, detta φ(y) la funzione inversa riconoscere, ragionando direttamente sulle
aree che Z b Z β
f (x)dx = bβ − a.α − φ(y)dy
a α
6: Servirsi dell’osservazione precedente per calcolare gli integrali
Z b
1
x n dx
a
7 NOVEMBRE 2001
1. Regole di derivazione
Le regole seguenti forniscono due risultati:
1: La derivabilitá di funzioni ottenute come somme, prodotti o quozienti a
partire da funzioni derivabili,
2: Le formule con cui le derivate di tali funzioni si esprimono tramite le
derivate delle funzioni di partenza.
Teorema 4.0.2. Se la funzione y = f (x) é derivabile in (a, b) con f 0 (x) > 0 oppure
f 0 (x) < 0 allora esiste l’inversa x = φ(y) anch’essa derivabile. Riesce
f 0 (x).φ0 (y) = 1
essendo x ed y punti corrispondenti.
La relazione scritta equivale a
1
φ0 (y) =
f 0 (x)
ovvero, con la notazione di Leibnitz, a
dy 1
= dx
dx dy
1
2 7 NOVEMBRE 2001
L’ovvia dimostrazione del teorema si legge nella figura 3.1 di pag. 208.
5. I punti critici
Si dicono punti critici per una funzione f (x) quei punti x nei quali riesce
f 0 (x) = 0
I punti critici, naturalmente isolati, determinano intervalli in cui la funzione f (x)
é monotona.
La tangente al grafico in tali punti é orizzontale.
Considerare il caso delle funzioni x2 , x3 , entrambe hanno x = 0 critico.
√
y = xn , x= n
y
Tenuto conto che
0
(xn ) = n xn−1
si ricava
√ 0 1
( n y) =
n (xn−1 )
√
Tenuto conto che x = n y si ha quindi
√ 0 1
( n y) = √
y n−1
n n
ovvero 0
1 1 1 −1
yn = yn
n
9 NOVEMBRE 2001
2. La derivata dell’arcoseno
Manteniamo la scelta iniziale: invertire la restrizione di sin x relativa all’intervallo
[− π2 , π2 ]
La regola di derivazione delle funzioni inverse riconosce che
0
• x ∈ ( −π π
2 , 2) ⇒ (sin x) > 0
• arcsin y, y ∈ (−1, 1) é derivabile
0
• (arcsin y) = (sin1x)0 = cos1 x
1
2 9 NOVEMBRE 2001
0 1
(arcsin y) = p
1 − sin2 x
ovvero, essendo sin x = y
0 1
(arcsin y) = p
1 − y2
Nota 2.0.1. Se si fosse considerata la restrizione di sin x sull’altro intervallo [ π2 , 3π
2 ]
quanto detto sopra avrebbe subito un solo cambiamento (non irrilevante)
π 3π p
x∈( , ) ⇒ cos x = − 1 − sin2 x
2 2
Quindi chi considerasse con arcsin y l’inversa della restrizione di sin x a tale altro
intervallo avrebbe la formula di derivazione
0 −1
(arcsin y) = p
1 − y2
diversa solo nel segno.
Risultato ovvio se si pensa che nel primo caso, restrizione a [− π2 , π2 ] si lavora con
una funzione crescente, quindi si produce una inversa crescente, quindi ci si attende
una derivata positiva. Nel secondo caso possibile, restrizione all’intervallo [ π2 , 3π
2 ]
si lavora con una funzione decrescente, quindi si produce una inversa decrescente,
quindi ci si attende una derivata negativa.
3. La funzione arcocoseno
Si consideri la restrizione della funzione cos x ad un intervallo in cui risulti mono-
tona: la scelta standard é l’intervallo [0, π] nel quale cos x é decrescente.
La inversa di tale restrizione si chiama
arccos y
si tratta di una funzione continua e decrescente.
Il teorema di derivazione delle funzioni inverse consente di riconoscere che
0
• x ∈ (0, π) ⇒ (cos x) < 0
• y ∈ (−1, 1) arccos y é derivabile
0
• (arccos y) = sin1 x
Tenuto conto che p
x ∈ (0, π) ⇒ sin x = − 1 − cos2 x
si ricava la formula di derivazione
0 −1 −1
(arccos y) = √ =p
2
1 − cos x 1 − y2
Nota 3.0.2. Osservazioni relative a scelte diverse dell’intervallo di monotonia per
cos x, ad esempio [π, 2π] analoghe a quelle fatte per arcsin y.
9 NOVEMBRE 2001 3
4. Arcotangente
Si consideri la restrizione della funzione tan x all’intervallo (ovviamente aperto)
−π π
( , ).
2 2
0 1
(arctan y) = 1 = cos2 x
cos2 x
tenuto conto che
1
cos2 x =
1 + tan2 x
si ricava
0 1 1
(arctan y) = =
1 + tan2 x 1 + y2
6. Derivabilitá dell’esponenziale
La funzione ey é, per definizione l’inversa della funzione
Z x
1
log x = dt
1 t
Quindi
0 1 1
(ey ) = 0 = 1
(log x) x
Ne segue
0
(ey ) = x = ey
4 9 NOVEMBRE 2001
φ : [a, b] → [α, β]
g : [α, β] → R
Sia
f : [a, b] → R, x → g[φ(x)]
Teorema 7.0.3. Se le due funzioni φ e g sono derivabili tale riesce anche la fun-
zione composta f .
La formula di derivazione é
Proof.
f (x + h) − f (x) = g[φ(x + h)] − g[φ(x)]
f (x + h) − f (x) +(h)
= {g 0 [φ(x)] + η(k)} . φ0 (x) +
h h
f (x + h) − f (x)
lim = g 0 [φ(x)]φ0 (x)
h→0 h
Teorema 7.0.4.
0
{f [g[p(x)]]} = f 0 [g[p(x)]].g 0 [p(x)].p0 (x)
9 NOVEMBRE 2001 5
F 0 [g(ξ)] F 0 (η)
f 0 (ξ) = F 0 [g(ξ)].g 0 (ξ) = =
G0 [g(ξ)] G0 (η)
da cui si ha
Nota 8.0.6. La formula stabilita sopra é, di fatto, il teorema di Hospital relativo
al rapporto di due infinitesimi (cfr. pag. 464).
14 NOVEMBRE 2001
2. Interessi composti
Un capitale C0 sia depositato all’interesse annuo α: dopo t anni esso vale
Ca (t) = (1 + α)t .C0
Una interpretazione mensile del contratto di deposito produrrebbe un interesse
α
mensile pari a 12 e condurrebbe ad un capitale
α 12t
Cm (t) = 1 + .C0
12
Una interpretazione giornaliera condurrebbe ad un capitale
α 365t
Cg (t) = 1 + .C0
365
1
2 14 NOVEMBRE 2001
Si capisce che una interpretazione relativa a tempi via via piú brevi (da un anno
ad un mese, ad un giorno, ecc.) condurrebbe a
α nt
C(t) = lim 1 + .C0 = C0 .eα.t
n→∞ n
3. Disintegrazione radioattiva
Sia y(t) la massa, variabile nel tempo di una sostanza soggetta a disintegrazione
radioattiva:
y(t + h) − y(t) = −α.y(t).h
ovvero
y 0 (t) = −α.y(t)
É evidente quindi che
y(t) = c.e−α.t
Detta y0 la massa al tempo t = 0 si ha quindi
y(t) = y0 .e−α.t
4. Raffreddamento di un corpo
Approssimazioni accolte:
• Il corpo da raffreddare sia omogeneo
• L’agente raffreddante abbia una temperatura costante.
• La quantitá di calore ceduto sia in ogni istante proporzionale alla differenza
di temperatura del corpo con quella dell’agente raffreddante.
• Esempio: immersione di una pallina di metallo calda in una grande vasca
d’acqua fredda.
Quantitá Q(t) di calore posseduto dal corpo e temperatura y(t) del corpo sono
proporzionali; y(t) = γ.Q(t), mentre pensiamo 0 la temperatura dell’agente raffred-
dante.
Q(t + h) − Q(t) = −αQ(t).h
Ne segue
14 NOVEMBRE 2001 3
5. Pressione atmosferica
• La pressione atmosferica corrisponde al peso della colonna d’aria sovras-
tante,
• La pressione é proporzionale alla densitá σ(h) dell’aria la quale dipende
naturalmente dalla quota h
p(h) = a.σ(h)
Z h
p(h) = p(0) − g. σ(x)dx
0
derivando si ottiene
p0 (h) = −gσ(h)
ovvero
g
p0 (h) = − p(h)
a
Da cui segue
g
p(h) = p0 .e− a h
Nota 5.0.2. Passando ai logaritmi si ottiene
g a p0
ln p = ln p0 − h ⇒ h = ln
a g p
formula usabile negli altimetri.
derivata f 00 (x), per ipotesi continua, sia positiva in un punto x0 per poterne dedurre
che il grafico di f (x) apparirá convesso in tutto un intorno di x0 .
Nota 8.0.4. Le proprietá geometriche che legano la posizione del grafico rispetto a
quella delle tangenti (cfr. Fig. 3.14 (a) ) possono essere lette anche collegando la
posizione del grafico a quelle delle corde inscritte, le porzioni di retta da un punto
all’altro del grafico.
Nelle funzioni convesse le corde stanno al di sopra del grafico.
Ovvero scelta la secante tra due punti (a, f (a)) e (b, f (b))
f (b) − f (a)
y = f (a) + (x − a)
b−a
per una funzione convessa riesce, per ogni x ∈ [a, b]
f (b) − f (a)
f (x) ≤ f (a) + (x − a)
b−a
9. Punti di flesso
Stante l’interesse che in un punto riesca
f 00 (x) > 0
ovvero
f 00 (x) < 0
si capisce l’interesse di indagare su gli eventuali punti x0 nei quali riesca invece
f 00 (x0 ) = 0
.
Nel caso in cui in x0 si incontri un cambio di segno di f 00 (x) in quel punto il grafico
cambierá da una forma convessa ad una concava o viceversa.
Un punto nel quale si incontri un tale cambio di forma si dice punto di flesso.
Esempio: f (x) = x3 in x0 = 0 riesce f 00 (x0 ) = 6x0 = 0 mentre a sinistra tale
derivata seconda é negativa e a destra é positiva: tale punto é punto di flesso per
x3 .
6 14 NOVEMBRE 2001
Nota 9.0.7. L’annullarsi della derivata seconda in un punto non obbliga che in
tale punto si incontri un cambio di segno:
x4 ha derivata seconda 12x2 nulla per x = 0 ma positiva sia a sinistra che a destra.
16 NOVEMBRE 2001
2. Punti di flesso
Stante l’interesse che in un punto riesca
f 00 (x) > 0
ovvero
f 00 (x) < 0
si capisce l’interesse di indagare su gli eventuali punti x0 nei quali riesca invece
f 00 (x0 ) = 0.
Nel caso in cui in x0 si incontri un cambio di segno di f 00 (x) in quel punto il grafico
cambierá da una forma convessa ad una concava o viceversa.
Un punto nel quale si incontri un tale cambio di forma si dice punto di flesso.
3. Massimi e minimi
Una funzione f (x) definita in I ha un massimo nel punto ξ se
∀x ∈ I f (x) ≤ f (ξ).
Discorso analogo per un minimo nel punto η se
∀x ∈ I f (x) ≥ f (η).
I valori f (ξ) ed f (η) si dicono massimo e minimo della funzione.
Il massimo é (se esiste) unico: possono invece essere piú d’uno i punti ξ in cui
tale massimo é assunto.
Esempi
• f (x) sia costante in I : tutti i punti sono punti di massimo e punti di
minimo, il massimo e il minimo coincidono con il valore (costante) della
funzione.
• f (x) = sin(x) il massimo vale 1, ci sono infiniti punti di massimo
xk = π2 + 2nπ.
• f (x) = x2 definita in R: non ha massimo né punti di massimo, ha minimo
(vale 0) e ha un solo punto di minimo, l’origine.
Nota 3.0.9. La certezza dell’esistenza di massimo e minimo quindi di punti di
massimo e di minimo si ha solo per le funzioni continue definite in intervalli chiusi
e limitati (Il Teorema di Weierstrass, pag.101, secondo comma)
4 16 NOVEMBRE 2001
1. Massimi e minimi
Una funzione f (x) definita in I ha un massimo nel punto ξ se
∀x ∈ I f (x) ≤ f (ξ).
Discorso analogo per un minimo nel punto η se
∀x ∈ I f (x) ≥ f (η).
I valori f (ξ) ed f (η) si dicono massimo e minimo della funzione.
Il massimo é (se esiste) unico: possono invece essere piú d’uno i punti ξ in cui
tale massimo é assunto.
Esempi
• f (x) sia costante in I : tutti i punti sono punti di massimo e punti di
minimo, il massimo e il minimo coincidono con il valore (costante) della
funzione.
• f (x) = sin(x) il massimo vale 1, ci sono infiniti punti di massimo
xk = π2 + 2nπ.
• f (x) = x2 definita in R: non ha massimo né punti di massimo, ha minimo
(vale 0) e ha un solo punto di minimo, l’origine.
Nota 1.0.1. La certezza dell’esistenza di massimo e minimo quindi di punti di
massimo e di minimo si ha solo per le funzioni continue definite in intervalli chiusi
e limitati (Il Teorema di Weierstrass, pag.101, secondo comma)
1.1. I punti di massimo o minimo relativi o locali:
Definizione 1.1.1. Un punto ξ ∈ (a, b) si dice di massimo relativo per la funzione
f (x) se esiste un intervallo aperto di centro ξ, I = (ξ − δ, ξ + δ) ⊆ (a, b) tale che
∀x ∈ I : f (x) ≤ f (ξ)
Definizione analoga per i punti di minimo relativo.
• Guardando la Fig. 3.16 di pag. 239 si riconosce che i punti x1 , x3 , x5
sono punti di massimo relativo
• Guardando la figura si riconosce che i punti x2 , x4 , x6 sono punti di
minimo relativo
• Si riconosce anche che in tali punti la retta tangente é orizzontale
• Si riconosce che per quanto concerne i valori della funzione puó accadere che
il valore f (x) in un punto di minimo relativo sia anche maggiore del valore
f (x) in un punto di massimo relativo (vedi ad esempio come f (x2 ) > f (x5 ).
• Si noti come sia ”ragionevole” attendersi che tra due punti di massimo
relativo ne cada uno di minimo e viceversa.
Per le funzioni differenziabili vale il seguente
Teorema 1.1.2. La derivata prima é nulla nei punti di massimo o di minimo
relativi interni all’intervallo (a, b).
1
2 19 NOVEMBRE 2001
• il massimo e il minimo di f (x) si trovano tra i valori presi da f (x) sui punti
di tale insieme.
• per quanto concerne i punti critici ξk essi sono punti di massimo o di minimo
relativo ogni qualvolta f 0 (x) cambia segno traversandoli: questo accade,
certamente se la derivata seconda f 00 (ξk ) riesce diversa da zero.
3. La formula di Taylor
Ovvero
f 00 (α) 2 f [n] (α) n
f (α + h) = f (α) + hf 0 (α) + h + ... + h
2! n!
Q0 (ξ) = 0
da cui
F 0 (ξ) {G(b) − G(a)} − G0 (ξ) {F (b) − F (a)} = 0
ovvero il risultato annunciato dividendo per G(b) − G(a) e per G0 (ξ).
Nota 4.0.2. Naturalmente occorre che G(b) − G(a) 6= 0 condizione che si realizza
se, ad esempio sappiamo che G0 (x) 6= 0 ∀x ∈ (a, b).
La condizione G0 (x) 6= 0 ∀x ∈ (a, b) é la condizione sufficiente piú adatta, perché
• garantisce che G(b) − G(a) 6= 0
• garantisce di poter eseguire la divisione per G0 (ξ) senza alcuna limitazione.
19 NOVEMBRE 2001 5
5. L’espressione di Lagrange
La differenza
Rn (h) = f (α + h) − Pn (h)
gode delle proprietá seguenti
f [n+1](ξ) n+1
Rn (h) = h
(n + 1)!
e quindi
f [n+1](ξ) n+1
f (a + h) = Pn (h) + h
(n + 1)!
1. Glossario
Il polinomio di Taylor é determinato da:
• una funzione f (x) ( derivabile tante volte almeno quanto é il grado del
polinomio di Taylor che si vuole costruire )
• un punto x0 = α che prende il nome di punto iniziale della formula
• un numero naturale n = 1, 2, 3, ... che si dice ordine della formula e cor-
risponde (quasi sempre) al grado del polinomio di Taylor.
• approssimazione: il polinomio di Taylor fornisce valori che approssimano
quelli della funzione, in generale tale approssimazione é tanto migliore
– quanto piú si considerano punti vicini al punto iniziale
– quanto piú alto é l’ordine n
Nota 1.0.2. Esistono funzioni ( abbastanza patologiche ) per le quali il grado di
approssimazione non aumenta aumentando l’ordine della formula: esse si dicono
funzioni non analitiche.
Un esempio di funzione non analitica é la seguente
−1
e x2 x 6= 0
f (x) =
0 x=0
[cfr. pag. 225, A1, a, pag. 462 A.1.1] Si riconosce che essa ha tutte le derivate
(prima, seconda, ecc.) nel punto x0 = 0 nulle, quindi i polinomi di Taylor ad essa
associati di qualunque ordine sono... tutti nulli.
E’ evidente che una successione di polinomi tutti uguali al polinomio nullo non
fornisce approssimazioni di f (x) > 0 ∀x 6= 0 via via migliori...!
1
2 21 NOVEMBRE 2001
α
f [n+1] (t)
Z
Rn (α) − Rn (β) = − (β − t)n dt
β n!
da cui, tenuto conto che ovviamente
Rn (β) = 0
si ha
α β
f [n+1] (t) f [n+1] (t)
Z Z
Rn (α) = − (β − t)n dt = (β − t)n dt
β n! α n!
sin(0) 2 − cos(0) 3 1 h
Z
sin(h) = sin(0) + cos(0)h − h + h + sin(t)(h − t)3 dt
2 6 6 0
ovvero
h3 1 h
Z
sin(h) = h − + sin(t)(h − t)3 dt
6 6 0
3: f (x) = x10 , α = 0, n=2
f 00 (0) 2 720ξ 7 3 720ξ 7 3
f (x) = f (0) + f 0 (0)x + x + x = x
2 6 6
Devono essere conosciuti gli sviluppi di Taylor delle funzioni
5. Espressioni indeterminate
I quozienti
f (x)
g(x)
di due funzioni infinitesime in un punto x0 rappresentano una forma indeterminata.
É in genere possibile risolvere tale indeterminazione rappresentando numeratore e
denominatore tramite la formula di Taylor
f [k] (x0 )
f (x) = (x − x0 )k + ...
k!
g [h] (x0 )
g(x) = (x − x0 )h + ...
k!
essendo k e h i primi ordini per i quali si incontrano nel polinomio di Taylor coef-
ficienti non nulli.
É chiaro che il limite del quoziente é determinato da tali due naturali e, nell’eventualitá
che essi siano uguali il limite risulta il rapporto
f [k] (x0 )
g [k] (x0 )
dei due coefficienti.
23 NOVEMBRE 2001
1. Tecniche di integrazione
1.1. Le primitive. Una vasta classe di funzioni puó essere prodotta tramite op-
erazioni aritmetiche o composizioni a partire da pochissime funzioni elementari:
chiameremo tale classe quella delle funzioni esplicite.
Le derivate di tali funzioni si esprimono con gli stessi strumenti (la derivata di
un polinomio é un polinomio, la derivata di una funzione razionale é una funzione
razionale, le derivate di somme o prodotti di funzioni trigonometriche e di funzioni
esponenziali sono somme o prodotti di funzioni trigonometriche e di funzioni espo-
nenziali, ecc.
Purtroppo l’operazione inversa della derivazione, la determinazione delle primitive,
operazione di grande importanza in quanto collegata all’integrazione, non gode delle
stesse fortune...
Non é in generale vero che una funzione esplicita ammetta una primitiva esplicita !
Dal punto di vista teorico la questione non ha alcuna importanza sostanziale: il
giudizio di elementare rivolto ad una funzione, e l’implicito giudizio favorevole ad
essa rivolto, é totalmente soggettivo.
Cambiando ambiente culturale si scopre facilmente come algoritmi considerati marginali
o non interessanti in un settore siano centrali e frequentemente invocati, con nomi
evidentemente ben conosciuti, in un altro.
1.2. La tavola delle primitive. Ogni tabella di derivate puó essere letta in senso
inverso e fornire quindi una tabella di primitive: una si trova a pag. 263.
Tabelle ricchissime di primitive sono esplicitamente pubblicate in vere enciclopedie
destinate ad usi tecnici.
Numerosi software producono primitive di classi di funzioni abbastanza estese (Math-
ematica, consultabile nel Laboratorio di Calcolo del Dipartimento di Matematica,
DERIVE, ecc.).
Se si riconosce che
R
• f (t)dt = F (t)
• allora F [φ(u)]0 = f [φ(u)]φ0 (u)
• f [φ(u)].φ0 (u)du = F [φ(u)]
R
Z Z
P [ln(x)]
P [sin(x)] cos(x)dx, dx
x
1
2 23 NOVEMBRE 2001
2. Il metodo di sostituzione
Indichiamo con [cfr. pag. 268 b*]
u = ψ(x), x = φ(u)
due funzioni, una inversa dell’altra,
φ : [α, β] → [a, b], ψ : [a, b] → [α, β]
Siano
{x0 , x1 , .., xn } ⊆ [a, b], {u0 , u1 , .., un } ⊆ [α, β]
due decomposizioni,
ui = ψ(xi )
corrispondenti dei due intervalli, e consideriamo le seguenti approssimazioni:
Z b N
h[ψ(x)]dx ∼
X
= h[ψ(xi )](xi+1 − xi )
a i=0
si ha
b N ψ(b)
(xi+1 − xi )
Z Z
dφ
h[ψ(x)]dx ∼ (ui+1 − ui ) ∼
X
= h[ui ] = h(u) du
a i=0
ui+1 − ui ψ(a) du
Nota 2.0.1. Le formule di integrazione per sostituzione possono essere anche ri-
conosciute e stabilite ricorrendo alla formula di derivazione delle funzioni composte
G(u) = F [φ(u)] [cfr. pag 265]
F 0 [φ(u)] =F 0 [φ(u)]φ0 (u)
Z β
F [φ(β)] − F [φ(α)] = F 0 [φ(u)]φ0 (u)du
α
indicato con
b = φ(β), a = φ(α)
riesce
Z β
F (b) − F (a) = F 0 [φ(u)]φ0 (u)du
α
ovvero ancora
Z φ(β) Z β
F 0 (x)dx = F 0 [φ(u)]φ0 (u)du
φ(α) α
Esempi:
2. Formule ricorsive
[cfr. pag. 278]
1: R cosn (x)dx
R
2: R sinn (x)dx
3: sinm (x). cosn (x)dx
π
sinm (x)dx
R
3. Il caso degli integrali 2
0
m = 0, 1, 2, 3, ..
Z π Z π
2 π 2
sinm (x)dx = − sinm−1 cos(x)02 + (m − 1) sinm−2 x cos2 (x)dx
0 0
π
Z π/2 Z 2
m
sin (x)dx = (m − 1) sinm−2 x(1 − sin2 (x)dx
0 0
π
Z π/2 Z 2
[1 + (m − 1)] sinm (x)dx = (m − 1) sinm−2 xdx
0 0
ovvero
π
π/2
m−1
Z Z 2
m
sin (x)dx = sinm−2 xdx
0 m 0
1
2 26 NOVEMBRE 2001
riesce:
π m−1
I0 = , I1 = 1, Im = Im−2
2 m
ne segue
2 2
I3 = I1 =
3 3
31π
I4 =
422
42
I5 =
53
531π
I6 =
6422
642
I7 =
753
π Qm
k=1 2k − 1 π
Z 2
2m
I2m = sin (x)dx = Q m
0 k=1 2k 2
Z π Qm
2
2m+1 2k
I2m+1 = sin (x)dx = Qm k=1
0 k=1 2k + 1
3.2. Il limite degli Im . Gli Im rappresentano l’area del sottografico della funzione
positiva sinm (x) relativo all’intervallo [0, π2 ].
Tenuto conto che al crescere di m sinm (x) diminuisce verso zero, si riconosce che le
aree Im tendono a zero.
Qm R π2
π k=1 (2k)2 0
sin2m (x)dx
= Qm π
2 (2m + 1). k=1 (2k − 1)2 2 sin2m+1 (x)dx
R
0
26 NOVEMBRE 2001 3
π
2m
R 2
0 sin (x)dx
4.1. Il limite di π
R 2 . Alcune osservazioni:
2m+1
0 sin (x)dx
R π2 2m
π
0 R π2
• 0 sin2m+1 (x)dx ≤ 02 sin2m (x)dx ≤ 2m+1 sin2m+1 (x)dx
R
2m 0
π
sin2m (x)dx
R 2
0 1
1≤ R π ≤1+
2
sin 2m+1
(x)dx 2m
0
π
sin2m (x)dx
R 2
0
lim R π =1
m→∞
0
2
sin2m+1 (x)dx
Ne segue
Qm
k=1 (2k)2 π
lim Qm 2
=
k=1 (2k − 1) 2
m→∞ (2m + 1).
Ne segue anche
Qm r
k=1 (2k) π
lim p Qm =
m→∞ (2m + 1). k=1 (2k − 1) 2
ovvero
Qm
√ (2k)
π = lim √ Qk=1
m
m→∞ m. k=1 (2k − 1)
ovvero ancora
√ 22m (m!)2
π' √
(2m)! m
4 26 NOVEMBRE 2001
√
4.2. Alcuni valori sperimentali: π = 1.772453850 : approssimazioni di Stir-
ling (in prima colonna l’intero m )
1 2
2 1.885618083
3 1.847520861
4 1.828571428
5 1.817248896
6 1.809724023
7 1.804361866
8 1.800347708
9 1.797230220
10 1.794739255
11 1.792703249
12 1.791008021
13 1.789574641
14 1.788346802
15 1.787283260
16 1.786353109
17 1.785532741
18 1.784803803
19 1.784151820
20 1.783565217
5. La formula di Stirling
[cfr. pag. 504]
Consideriamo l’area An del sottografico di ln(x) per x ∈ [1, n]
Z n
An = ln(x)dx = n. ln(n) − n + 1
1
indichiamo inoltre con Tn l’area delimitata dalla poligonale inscritta nel grafico di
ln(x) relativa ai punti di ascissa k = 1, 2, ..., n.
L’area Tn approssima la An .
Riesce
1 ln(2) + ln(1) 1 ln(3) + ln(2) 1 ln(n) + ln(n − 1)
Tn = + + ... + =
2 2 2 2 2 2
1 1
ln(2) + ln(3) + ... + ln(n − 1) +ln(n) = ln(n!) + ln(n)
2 2
Tenuto conto che ln(x) é una funzione convessa riesce
An > Tn
Indichiamo con
an = An − Tn
la differenza cioé la somma delle aree delle n − 1 lunette tra il grafico di ln(x) e la
poligonale. La successione {an } é crescente, e riesce a1 = 0.
Nota 5.0.1. Se riuscissimo a riconoscere che é anche limitata ne dedurremmo che
é convergente.
26 NOVEMBRE 2001 5
Riesce ovviamente
Stimiamo la differenza
ak − ak−1
che rappresenta l’area della lunetta relativa all’intervallo x ∈ [k, k + 1] delimitata
dal grafico di ln(x) e dalla secante condotta per gli estremi.
Ricordando che ln(x) é concava, e che quindi il suo grafico si trova al disotto delle
tangenti, si ricava che l’area della lunetta é piú piccola di quella del quadrilatero
determinato, sullo stesso intervallo dalla secante e dalla tangente nel punto medio
k + 12 , (cfr. Figura 6.9 di pag. 506).
L’area del trapezio determinato dalla retta tangente é uguale a quella di qualunque
altro trapezio determinato da una retta passante per il punto del grafico [k+ 12 , ln(k+
1
2 )]: scelta la retta orizzontale si ha per tale area il valore
1
ln(k + )
2
L’area del trapezio determinato dalla secante vale invece
ln(k) + ln(k + 1)
2
Riesce pertanto
1 ln(k) + ln(k + 1)
0 ≤ ak − ak−1 ≤ ln(k + ) −
2 2
ovvero
1 1 1 1
ak − ak−1 = ln(1 + ) − ln(1 +
2 2k 2 2(k + 12 )
Una semplice riduzione del termine a sottrarre produce la maggiorazione
1 1 1 1
0 ≤ ak − ak−1 ≤ ln(1 + ) − ln(1 + )
2 2k 2 2(k + 1)
Si tratta di una stima telescopica che conduce alla maggiorazione per an seguente:
1 1 1 1
an ≤ (an − an−1 ) + ... + (a2 − a1 ) ≤ − ln(1 + ) + ln(1 + )
2n 2n 2 2
da cui, trascurando il termine negativo, si ha
1 1
an ≤ ln(1 + )
2 2
...quindi la successione monotona crescente {an } é convergente:
lim an = a
n→∞
6 26 NOVEMBRE 2001
n!22n √
lim √ = π
n→∞ (2n)! n
Sostituendo nella formula di Wallis ad n! la stima di Stirling si trova una relazione
che consente di determinare a: infatti deve riuscire
1
√ (nn+ 2 e−n e1−a )2 22n
π' 1 √
(2n)2n+ 2 e−2n e1−a n
ovvero semplificando si ha
√ e1−a √
π ' √ : ⇒ e1−a = 2π
2
da cui la formula di Stirling
1 √
n! ' nn+ 2 e−n 2π
5.3. Che fare di tale stima ? É utile per calcolare l’ordine di grandezza di n!
tramite i logaritmi
1 √
ln(n!) = (n + ) ln(n) − n + ln( 2π)
2
Esempio: √
ln(100!) = 100.5. ln(100) − 100 + ln( 2π) = 363.738
100! = e363.738
Conto fatto con DERIVE:
100! = 9.332621544 10157
e363.738 = 9.319792830 10157
28 NOVEMBRE 2001
1. Formula di Stirling
[cfr. pag 504, vedi Lezione precedente]
Rn
• An = 1 ln(x)dx = n ln(n) − n + 1
• Tn = ln(n!) − 12 ln(n) area dei trapezi inscritti
• an = area delle lunette tra secante e grafico, per x ∈ [1, n]
1
An − Tn = n ln(n) − n + 1 − ln(n!) + ln(n) = an
2
1
(n + ) ln(n) − n − ln(n!) = an − 1
2
1
nn+ 2
ln = an − 1
n!en
ovvero
1
nn+ 2
= ean −1
n!en
La successione {an } é monotona crescente e limitata superiormente, quindi conver-
gente:
lim an = a
n→∞
quindi
1
nn+ 2
lim = ea−1
n→∞ n!en
ovvero
1
n! ' nn+ 2 e−n e1−a
Tenuta presente la formula di Wallis [cfr. pag. 280, formula (80)]
(n!)2 22n √
lim √ = π
n→∞ (2n)! n
si ricava
1
(nn+ 2 e−n e1−a )2 22n √
lim 1 √ = π
n→∞ ((2n)2n+ 2 e−2n e1−a )! n
1 √
n! ' nn+ 2 e−n 2π
1
2 28 NOVEMBRE 2001
A B
R(x) = +
x−α x−β
2: Il caso di una radice corrisponde a
ax + b
R(x) =
(x − α)2
3: Il terzo caso corrisponde (grosso modo) al seguente
ax + b
R(x) =
1 + x2
Le primitive prodotte sono, a seconda dei tre casi
1: Due logaritmi
2: Una funzione razionale e un logaritmo
3: Una funzione razionale e un arcotangente.
Proof.
ax
φ(x) = ln( = x ln(a) − ln(x)
x
1
φ0 (x) = ln(a) −
x
Quindi certamente riesce
φ0 (x) ≥ M > 0 ∀x > x0
Dal teorema fondamentale del calcolo riesce del resto
Z x
φ(x) − φ(x0 ) = φ0 (t)dt ≥ M (x − x0 )
x0
In altri termini
φ(x) ≥ φ(x0 ) + M (x − x0 )
Tenuto conto che a secondo membro c’é una quantitaá divergente, sará divergente
anche il primo membro.
x
Se diverge φ(x) diverge anche ax .
Corollario 3.0.2. Diverge anche
ax
x2
Proof. √ √
ax ( a)x ( a)x
=
x2 x x
i due fattori divergono entrambi...
Teorema 3.0.3. Per ogni α > 0 riesce
ln(x)
lim =0
x→+∞ xα
Proof. Posto y = ln(x) si ha
ln(x) y y
= αy = y
xα e c
avendo indicato con c = eα > 1. Il risultato segue dal teorema precedente che
dichiara che
cy
→ +∞
y
4 28 NOVEMBRE 2001
Esempio fondamentale
1 1 1
√ = + o( ), x → +∞
1 + 4x2 2x x
Significato:
la differenza
1 1
√ −
1 + 4x2 2x
1
é un infinitesimo per x → +∞ di ordine superiore all’infinitesimo x (cioé cala
ancora piú rapidamente...)
Per dichiarare invece che f (x) diverge con un ordine non superiore a quello di g(x)
si usa la notazione
f = O(g)
Esempio fondamentale
√ √
10x + 1 = O( x) x → +∞
[cfr. pag. 253]
30 NOVEMBRE 2001
1. Ordini di grandezza
[cfr. pag. 248 ]
1.1. Il caso di funzioni divergenti per x → ∞. Una funzione si dice divergente
per x → ∞ se
lim |f (x)| = ∞
x→∞
Tutti i polinomi sono funzioni divergenti per x → ∞
1.2. L’ordine di divergenza. É evidente che alcune funzioni divergono piú rapi-
damente di altre: 2
x2 , , x10 , , ex , . . .
Il significato intuitivo che diamo alla frase x10 diverge piú rapidamente di x2 é
precisato dal fenomeno seguente
|x10 |
lim =∞
x→∞ |x2 |
Nota 1.2.2. Non é sempre vero tuttavia che dall’essere f (x) divergente di ordine
superiore a g(x) riesca
|f (x)| < |g(x)|
La disegueglianza potrebbe non essere soddisfatta per numerosi tratti iniziali.
x2
Esempio: 100 é divergente di ordine superiore ad x: tuttavia per x ∈ [0, 9] riesce
x2
<x
100
Teorema 1.2.3. La somma di due funzioni f (x) e g(x) divergenti di ordini diversi
é divergente dell’ordine maggiore.
Proof. Sia f (x) divergente di ordine maggiore
g(x)
f (x) + g(x) = f (x) 1 + ' f (x)
f (x)
Nota 1.2.4. Il teorema non é vero sommando funzioni divergenti dello stesso or-
dine, potrebbe capitare di sommare, ad esempio x2 e 1 − x2 ...
Proof.
ax
φ(x) = ln( ) = x ln(a) − ln(x)
x
1
φ0 (x) = ln(a) −
x
Quindi certamente riesce
φ0 (x) ≥ M > 0 ∀x > x0
Dal teorema fondamentale del calcolo riesce del resto
Z x
φ(x) − φ(x0 ) = φ0 (t)dt ≥ M (x − x0 )
x0
In altri termini
φ(x) ≥ φ(x0 ) + M (x − x0 )
Tenuto conto che a secondo membro c’é una quantitá divergente, sará divergente
anche il primo membro.
x
Se diverge φ(x) diverge anche ax .
x2 (sin(x))2 +x+1
Figure 1. x2 (cos(x))2 +x
4 30 NOVEMBRE 2001
3. Ordini di infinitesimo
Una funzione per la quale riesca
lim f (x) = 0
x→ξ
Esempio
• La somma x2 +ax per x grande é determinata da x2 e non interessa neanche
sapere il valore esatto del coefficiente a.
• La somma 3x+ax2 per x ∼ 0 é determinata dall’addendo 3x e non interessa
neanche il valore esatto del coefficiente a.
4. Gli o piccolo
Una espressione tipografica molto utile per riassumere che il quoziente di due
funzioni f (x) e g(x) tende a zero per x → ξ é la seguente
f = o(g), x→ξ
Esempi
x2 = o(x3 ) x→∞
x4 = o(x3 ) x→0
1 1 1
√ = + o( ), x → +∞
1 + 4x2 2x x
Nota 4.0.3. L’espressione del resto della formula di Taylor nella forma di Lagrange
potrebbe scriversi
f [n] (x0 )
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + ... + (x − x0 )n + o(|x − x0 |n ) x → x0
n!
4.1. Gli O grande. Una espressione tipografica altrettanto utile per riassumere
che il quoziente di due funzioni f (x) e g(x) si mantiene limitato per x → ξ é la
seguente
f = O(g), x→ξ
Esempio fondamentale
√ √
10x + 1 = O( x) x → +∞
[cfr. pag. 253]
6 30 NOVEMBRE 2001
5. La formula di Stirling
1 √ 1 1
n! − nn+ 2 e−n 2π = O(nn+ 2 e−n ) n→∞
n
ovvero, tenuta presente la formula (14a) di pag. 504, si riconosce che
1 √ θ
n! = nn+ 2 e−n 2π(1 + ), θ ∈ [0, 1]
4n
ovvero
1 √ 1 √ θ
n! − nn+ 2 e−n 2π = nn+ 2 e−n 2π( )
4n
ovvero ancora
1 √
n! − nn+ 2 e−n 2π
θ
1 √ 1
=
n n+ 2 e−n 2π( n ) 4
ovvero ancora, in definitiva...
1 √
n! − nn+ 2 e−n 2π = O((n − 1)!)
6. L’indicatrice di Gauss
Sia
π(n)
la funzione, a valori interi che fa corrispondere ad ogni intero n il numero dei p
primi e minori di n. Ovviamente π(n) é facilmente calcolabile se n é piccolo, molto
meno se n é grande. Si conosce tuttavia l’approssimazione
n
π(n) '
ln(n)
e si conosce anche che l’errore verifica la stima
π(n) − n = O n
ln(n) ln(n)2
3 DICEMBRE 2001
Assegnate due funzioni f (x), g(x), regolari, delle quali si conosca il limite in un
punto x0 si puó, nella maggioranza dei casi, conoscere automaticamente il limite,
nello stesso punto, di altre funzioni ottenibili con manipolazioni algebriche,
f (x)
f (x) ± g(x), f (x).g(x), , ecc.
g(x)
I casi che sfuggono a tali automatismi nella risposta ruotano
• intorno al quoziente, nel caso in cui i due termini tendano entrambi a zero
o entrambi ad ∞.
• intorno alla differenza nel caso in cui i due termini tendano entrambi ad ∞
• intorno al prodotto quando un fattore diverge e l’altro é infinitesimo.
I casi f (x) ± g(x), f (x).g(x) nei casi precedentemente illustrati si riducono
comunque anch’essi a quozienti:
ef (x) f (x)
f (x) − g(x) = ln( ), f (x).g(x) = 1
eg(x) g(x)
1.1. Il quoziente di due infinitesimi. Il quoziente di due funzioni regolari f (x), g(x)
infinitesime in un punto si studia esaurientemente rappresentando f (x) e g(x)
tramite la formula di Taylor
Pn f [k] (x0 )
f (x) (x − x0 )k
= Pk=ν
n
k!
g [k] (x0 )
g(x) (x − x0 )k
k=µ k!
Per x ' x0 il quoziente indicato é approssimabile da
f [ν] (x0 )
f (x) ν! (x − x0 )ν
' g [µ] (x0 )
g(x) (x − x0 )µ
µ!
il cui limite dipende dal confronto tra i due esponenti di (x − x0 ) ν e µ.
1.2. L’automatismo di l’Hopital.
• Si debba valutare limx→x0 fg(x)
(x)
con limx→x0 f (x) = limx→x0 g(x) = 0
• Osservato che dal teorema di Cauchy riesce
f (x) f (x) − f (x0 ) f 0 (ξ)
= = 0
g(x) g(x) − g(x0 ) g (ξ)
f 0 (y) f (x)
• Se ne deduce che se, per y ' x0 : g 0 (y) ' λ allora anche g(x) 'λ
1
2 3 DICEMBRE 2001
In altri termini
f 0 (x) f (x)
lim =λ ⇒ lim =λ
x→x0 g 0 (x) x→x0 g(x)
1.3. Il quoziente di due funzioni divergenti. Applichiamo il teorema di Cauchy
al rapporto
f (x) − f (ξ) f 0 (η)
= 0
g(x) − g(ξ) g (η)
Con x, ξ ' x0 , e supponiamo che
f 0 (y)
lim 0 =λ
y→x0 g (y)
Ne segue che
f (x) − f (ξ)
'λ
g(x) − g(ξ)
del resto, raccogliendo a fattor comune f (x) a numeratore e g(x) a denominatore
si ha
f (ξ)
f (x) 1 + f (x) f (x)
. '
g(x) 1 + g(ξ) g(x)
g(x)
avendo tenuto conto che
f (ξ) g(ξ)
' '0
f (x) g(x)
f (x)
Riassumendo si ha quindi g(x) ' λ.
Quindi se
f 0 (y)
lim =λ
y→x0 g 0 (y)
ne segue che anche
f (y)
lim =λ
y→x0 g(y)
2. I numeri complessi
Si incontrano i numeri complessi nella soluzione di alcune equazioni, ad esempio
x2 + 1 = 0
2.1. I numeri complessi a + ib.
• I punti del piano (a, b) ⇔ z = (a + ib)
• somma e differenza
• prodotto
• quoziente
2.2. La rappresentazione trigonometrica z = ρ (cos(θ) + i sin(θ)).
√
• il modulo |z| = |a + ib| = a2 + b2
• l’argomento di z
• z = ρ (cos(θ) + i sin(θ))
2.3. Il piano R2 e il piano complesso C. La differenza consiste nell’operazione
in piú : il prodotto ! Sul piano R2 si fanno somme, differenze ma non prodotti (né
quozienti).
3 DICEMBRE 2001 3
1. La funzione esponenziale
Definizione 1.0.1.
z = a + ib : ez = ea+ib = ea (cos(b) + i sin(b))
• per ∀z ∈ C ez ∈ C
• per ogni fissato λ ∈ C la funzione di t ∈ R : y(t) = eλt é continua e
derivabile
• y 0 (t) = λ.eλt
1.1. La funzione esponenziale non é mai nulla. Basta calcolare il modulo |ez |
e riconoscere che non sia mai 0:
q
|ea+ib | = |ea cos(b) + iea sin(b)| = e2a cos2 (b) + e2a sin2 (b) = ea 6= 0
mx00 + rx0 + kx = 0
si trovano cercandole della forma
eλt
scegliendo opportunamente il coefficiente λ. Sostituendo eλt nell’equazione omoge-
nea, tenuto conto che
0 00
eλt = λeλt , eλt = λ2 eλt
si ha
m.λ2 eλt + r.λeλt + k.eλt = 0
1
2 5 DICEMBRE 2001
due costanti A, B fornita dal teorema di Cramer: esso infatti fornisce l’unicitá
solo nell’ambito del pacchetto di funzioni
A.x1 (t) + B.x2 (t)
mentre non possiamo, a priori escludere ancora la presenza di altri pacchetti.
Ragioniamo per assurdo:
• supponiamo che il problema di valori iniziali
m.x00 + r.x0 + k.x = 0, x(t0 ) = x0 , x0 (to ) = x00
abbia due soluzioni diverse u(t), v(t)
• allora la loro differenza w(t) = u(t) − v(t) verifica il problema
m.w00 + r.w0 + k.w = 0, w(t0 ) = 0, w0 (to ) = 0
• ovvero, moltiplicando l’equazione differenziale per 2.w0 si ha
2m.w00 .w0 + 2r(w0 )2 + 2k.w.w0 = 0
ovvero
d 0 2 d
m (w ) + k (w)2 + 2r(w0 )2 = 0
dt dt
• integrando tra [t0 , t] si ottiene quindi
Z t
m(w0 (t))2 + k(w(t))2 + 2r (w0 )2 dτ = 0
t0
Nell’ipotesi fatta che i tre coefficienti m, r, k siano non negativi si ha una somma di
tre addendi non negativi nulla e, quindi sono nulli tutti gli addendi,
w(t) = 0
Le soluzioni di un’equazione
Esempio:
y 0 + xy = −x
Z
1
A(x) = −xdx = − x2
2
Z
1 2 x2
u(x) = − x.e 2 x = −e 2 + c
x2 x2 x2 x2
y(x) = c.e− 2 −e 2 e 2 = c.e− 2 −1
Universitá La Sapienza
Anno Accademico 2001-2002
prof.L.Lamberti
1: Diseguaglianze fondamentali: ax2 + bx + c ≥ 0, diseguaglianza triangolare,
diseguaglianza di Cauchy Schwarz, (1 + h)n ≥ 1 + nh, ∀h ≥ 0.
2: Concetto di funzione:
√ dominio, codominio, monotonia, funzioni invertibili.
Le funzioni xn , x, sin(x), cos(x)
3: Funzioni continue, funzioni lipschitziane: legame tra e δ . Le funzioni
holderiane: la radice quadrata.
4: Funzioni continue: teorema dei valori intermedi, teorema d’esistenza degli
zeri.
5: Il principio di induzione matematica: enunciato e un esempio di sua appli-
cazione.
6: Serie numeriche: serie geometrica, definizione di serie convergente, criteri
di convergenza per serie a termini positivi.
7: Successioni numeriche: limitatezza, esistenza del limite, successioni mono-
tone, criterio di convergenza di Cauchy
8: Il numero e di Nepero: limite di una successione e somma di una serie.
9: Limite di una funzione in un punto: limx→0 sin(x) x , limiti all’infinito di
polinomi, funzioni razionali, eλx .
10: Le approssimazioni ln(1 + x) ' x e ex − 1 ' x
x
11: I limiti limx→+∞ xeβ , limx→+∞ ln(x) xα .
12: Definizione geometrica di integrale: aree, somme integrali. Linearitá e
additivitá. Teorema della media integrale.
13: L’integrale come funzione dell’estremo superiore: il teorema fondamentale
del calcolo. Uso
R x delle primitive per il calcolo di integrali.
14: L’integrale 1 1t dt come definizione di logaritmo: proprietá. Invertibilitá:
la funzione esponenziale.
15: Definizione di derivata: retta tangente al grafico. Derivabilitá e conti-
nuitá.
16: Il teorema di Lagrange: funzioni monotone. L’approssimazione lineare
f (x + ∆x) ' f (x) + f 0 (x).∆x, il differenziale, errori di approssimazione.
17: Funzioni composte: regole di derivazione delle funzioni composte delle
funzioni inverse.
18: Definizione, continuitá e formule di derivazione per le funzioni trigonome-
triche inverse arcsin, arccos, arctan.
19: Equazioni differenziali y 0 = αy: soluzioni, problema dei valori iniziali,
esempi di applicazioni.
1
2 PROGRAMMA DEL CORSO DI DERIVATE E INTEGRALI
20: Massimi e minimi relativi: punti a derivata nulla, uso della derivata se-
conda. Concavitá e convessitá.
21: Polinomi di approssimazione di Taylor: espressioni del resto. Teorema di
De l’Hôpital.
22: Le serie di potenze corrispondenti alle funzioni ex , sin(x), (1 + x)α
23: La formula di integrazione per sostituzione: giustificazione della formula,
esempi di applicazioni.
24: La formula di integrazione per parti: applicazioni ricorsive al caso di
Rπ
x .e dx e al calcolo di 02 sinm (x)dx.
R n x
1
6. Funzioni inverse.
(a) Dimostrare che la funzione f è invertibile su tutto IR e, detta g la
funzione inversa, determinare il dominio di g, tracciarne il grafico e scriverne
l’espressione esplicita nei seguenti casi:
x,
x < 1,
(i) f (x) = 2x + 5, (ii) f (x) = x2 , 1 ≤ x ≤ 4,
8√x,
x > 4.
2
Corso di Laurea in Fisica – Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
Foglio 2 - LIMITI
sin x
2. Limiti di funzioni. Ricordati i limiti notevoli: limx→0 x = 1,
1 − cos x 1 ex−1 ln(1 + x)
lim 2
= , lim = 1 , lim = 1 , lim x ln x = 0 ,
x→0 x 2 x→0 x x→0 x x→0
calcolare, se esistono, i limiti che seguono oppure discutere se esistono al-
meno i limiti sinistro e destro:
x3 + 8 |x| tan(2x) sin(5x) − sin(3x)
(a) lim 2 ; (b) lim ; (c) lim ; (d) lim ;
x→−2 x − 4 x→0 x x→0 x x→0 x
√ √
1+x− 1−x 2x x2 − 1 p
(e) lim ; (f ) lim ; (g) lim 2 ; (h) lim ( x2 + 1−x);
x→0 x x→3 x − 3 x→−∞ x + 1 x→+∞
2 √ x
x +x x−1 1−ε ln(cos(x))
(i) lim ; (l) lim 1/3 ; (m) lim ; (n) lim ;
x→+∞ 3 − x x→1 x −1 x→0 sin(x) x→0 x2
|2x − 1| − |2x + 1| ex + x2
(o) lim ; (p) limx→0 (x2 + x ln x); (q) lim ;
x→0 x x→+∞ x3 + 1
1 x−1
(r) lim arctan( ) , (s) lim .
x→0 x x→1 sin(πx)
3. Limiti di successioni. Calcolare, se esiste, limn→∞ an nei seguenti
casi:
n n+1 n2 + 3n − 2 n2 n2 + 1 √ √
an = − ; bn = 2
; cn = − ; d n = n + 1− n;
n+1 n 5n n+1 n
2 √ n 2
sin(n) n +3 n−4 3 +n n + 2n
pn = ; qn = √ ; r n = ; sn = ;
n 2n3 n + 1 2n + n3 n + n!
1 4n
√
tn = 1 + ; un = n 5n − 3n .
n
4. Limiti dipendenti da un parametro. Al variare di a ∈ R calcolare:
(ln n)3 √ 1 x − x2
(i) lim , (ii) lim n sin( ), (iii) lim , a > 0.
n→∞ na n→∞ na x→+∞ ax
1
Corso di Laurea in Fisica – Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
+∞ +∞ +∞
2n − 1 1 1
X X X
(d) √ ; (e) log 1 + ; (f ) sin 2
.
n=1 ( 2)n n=1
n n=1
n
3. Continuità.
(a) Determinare a, b ∈ IR in modo che le seguenti funzioni siano continue
in IR:
2 cos(x) x ≤ 0
(i) f (x) = ;
ax2 + b x>0
2 sin(πx) x≤1
(ii) g(x) = .
ax + b x>1
Determinare il grafico di f e di g in corrispondenza di una delle coppie
lecite, a scelta.
1
4. Esistenza degli zeri.
(a) Dimostrare che l’equazione 3x3 − 8x2 + x + 3 = 0 ha tre radici reali.
(b) Dimostrare che le seguenti equazioni ammettono almeno una soluzio-
ne positiva:
2
Corso di Laurea in Fisica – Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
Foglio 4 - INTEGRALI DEFINITI
Z 2 (
x+1 0 ≤ x ≤ 1,
(iv) f (x) dx dove f (x) =
0 2−x 1 < x ≤ 2.
2. Significato dell’integrale.
(i) Disegnare la regione di piano la cui area A è data da
Z 3
A= |x2 − 2x| dx.
0
(ii) Dare due esempi di funzioni costanti a tratti s nell’intervallo [0, 5] tali che
Z 2 Z 5
s(x) dx = 5 e s(x) dx = 2.
0 0
ex
Z 1 Z 5
2 5
(b1) 2 ≤ ex dx ≤ 2e, (b2) ≤ dx ≤ 5 e5 .
−1 6 0 x+1
(c) Determinare una stima per eccesso ed una per difetto dei seguenti integrali
Z 1 Z π/2
1
(c1) dx, (c2) sin2 x dx.
−1 1 + x4 0
1
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Foglio 5 - DERIVATE
e disegnarne il grafico.
1
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Foglio 6 - DERIVATE 2
sin(x) − kx = 0
1
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Foglio 7 - STUDI DI FUNZIONE
1
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Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
Foglio 8 - INTEGRALI
Esercizio 4.
(i) Trovare la primitiva della funzione f (x) = (x − 1)2 ex che assume il valore
3 nel punto x = 0.
(ii) Determinare la soluzione del problema
1
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Foglio 9 - Formula di Taylor
1
b) Calcolare i seguenti limiti:
2
cos(2x) − cos(x) 1 − e3x 1 1
lim ; lim ; lim − .
x→0 x2 x→0 x sin(2x) x→0 x tg(x)
4. Formula di Taylor.
a) Scrivere il polinomio di Taylor di grado n di f (x) in x0 con l’espressione
del resto di Lagrange nei seguenti casi:
√
i) f (x) = x, x0 = 64, n = 3;
2
Corso di Laurea in Fisica
Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
Foglio 10 - EQUAZIONI DIFFERENZIALI
Esercizio 1.
(a) Determinare la soluzione dei seguenti problemi di Cauchy e disegnarne
il grafico ( 0 ( 0
y − 3y = e2t 2y − 6y = 1
y(0) = 0 y(0) = 5/6
(b) Determinare l’integrale generale dell’equazione y 0 − 2y
x = 1.
Successivamente, Trovare la soluzione dei problemi di Cauchy
y 0 − 2y = 1 y 0 − 2y = 1 y 0 − 2y = 1
x x x
y(1) = −2 y(1) = −1 y(1) = 0
e disegnarne il grafico.
Esercizio 2. Determinare la soluzione dei seguenti problemi di Cauchy
00 0
y + y + y = 0
( 00
y −y =0
1
y(0) = 1, y 0 (0) = 0 y(0) = 0, y 0 (0) =
2
Esercizio 3. Determinare tutte le soluzioni delle seguenti equazioni
y 00 + 3y 0 − 10y = 0, y 00 − 4y 0 + 4y = 0, y 00 − 2y 0 + 2y = 0.
Esercizio 4. Determinare l’integrale generale delle seguenti equazioni
y 00 + y = 2tet , y 00 − y = sin(2t), y 00 + y = cos t.
Esercizio 5.
(i) Determinare l’integrale generale y = y(t) dell’equazione
y 00 + 3y 0 + 2y = −20 cos(2t).
(ii) Tra le soluzioni di (i), individuare l’unica soluzione ȳ = ȳ(t) che sia
limitata su tutto R.
(iii) Dimostrare che
lim y(t) − ȳ(t) = 0,
t→+∞
per ogni soluzione y = y(t) del punto (i).
1
A
Corso di Laurea in Fisica
Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
Prova Scritta del 27/10/2001
Soluzione Esercizio 1:
4
• Insieme di definizione: ln(3x − 4) + 1 é definita per 3x − 4 > 0, ⇔ x > 3
• Grafico: Figura 1
Figure 1: .
1
• Grafico: Figura 2
Figure 2: .
Esercizio 2.
(i) Calcolare il limite seguente
x
lim x sin 2
.
x→+∞ 2x + 1
(ii) Per ogni k ∈ N = {1, 2, 3, . . .}, calcolare il limite
x
k
lim x sin 2
.
x→+∞ 2x + 1
Soluzione Esercizio 2:
x
• L’argomento di sin, 2x2 +1
tende a 0 quando x → +∞
• Quindi
x
sin 2x2 +1
lim
x
=1
x→+∞
2
2x +1
• segue
sin x
x2
!
x 1
2x2 +1
lim x = lim =
x→+∞ 2x2 + 1 x x→+∞ 2x2 + 1 2
2x2 +1
• Sia k = 2, 3, ...
x x 1 k−1
k
lim x sin 2
= lim xk−1 . lim x sin 2
= lim x = +∞
x→+∞ 2x + 1 x→+∞ x→+∞ 2x + 1 x→+∞ 2
Soluzione Esercizio 3:
•
1 1 1 1
k
1− k = k
− k
2 3 2 6
• n n n
1 1 1 1
X X X
Sn = 1− k = −
k=1 2k 3 k=1 2k k=1 6k
•
1 1 − 21n 1 1 − 61n 1 1 1
Sn = . 1 − . 1 = 1− − n+ n
2 1− 2 6 1− 6 5 2 6
Esercizio 4.
(i) Applicando il teorema di esistenza degli zeri, dimostrare che esistono al-
meno tre valori x1 , x2 , x3 ∈ [−π, π] (distinti) che sono soluzioni dell’equazione
1
sin x − x = 0.
2
(ii) Dare un’interpretazione geometrica del risultato.
Soluzione Esercizio 4:
x
• Posto f (x) = sin x − 2
si ha
•
π
f (−π) = >0
2
•
π π
f (− ) = −1 + < 0
2 4
•
π π
f( ) = 1 − > 0
2 4
•
π
f (π) = − <0
2
• Si applica il teorema d’esistenza degli zeri alla funzione f (x) nei tre
intervalli
π π π π
[−π, − ], [− , ], [ , π]
2 2 2 2
• Grafico: vedi Figura 3.
Figure 3: .
B
Corso di Laurea in Fisica
Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
Prova Scritta del 27/10/2001
Soluzione Esercizio 1:
• Insieme di definizione: ln(4x+3)−1 é definita per 4x+3 > 0, ⇔ x > − 34
• Grafico: Figura 1
[htbf]
Figure 1: .
1
• Grafico: Figura 2
Figure 2: .
Esercizio 2.
(i) Calcolare il limite seguente
2x + 1
lim x sin .
x→+∞ x2
(ii) Per ogni k ∈ N = {1, 2, 3, . . .}, calcolare il limite
2x + 1
lim xk sin .
x→+∞ x2
Soluzione Esercizio 2:
2x+1
• L’argomento di sin, x2
tende a 0 quando x → +∞
• Quindi
2x+1
sin x2
lim
2x+1
=1
x→+∞
x 2
• segue
2x+1
2x + 1 sin x2 2x2 + x
!
lim x = lim =2
x→+∞ x2 2x+1
2
x→+∞ x2
x
• Sia k = 2, 3, ...
2x + 1 2x + 1
k
lim x sin 2
= lim xk−1 . lim x sin = lim 2xk−1 = +∞
x→+∞ x x→+∞ x→+∞ x2 x→+∞
Soluzione Esercizio 3:
•
1 1 1 1
k
1− k = k
− k
3 4 3 12
• n n n
1 1 1 1
X X X
Sn = 1− k = −
k=1 3k 4 k=1 3k k=1 12k
•
1 1 − 31n 1 1 − 121n 1 1 1 1 1 1
Sn = . 1 − . 1 = − − n
+
3 1− 3 12 1 − 12 2 11 2 3 11 12n
Esercizio 4.
(i) Applicando il teorema di esistenza degli zeri, dimostrare che esistono al-
meno tre valori x1 , x2 , x3 ∈ [−π, π] (distinti) che sono soluzioni dell’equazione
x
− sin x = 0.
3
(ii) Dare un’interpretazione geometrica del risultato.
Soluzione Esercizio 4:
x
• Posto f (x) = 3
− sin x si ha
•
−π
f (−π) = <0
3
•
π π
f (− ) = − + 1 > 0
2 6
•
π π
f( ) = − 1 < 0
2 6
•
π
f (π) = >0
3
• Si applica il teorema d’esistenza degli zeri alla funzione f (x) nei tre
intervalli
π π π π
[−π, − ], [− , ], [ , π]
2 2 2 2
• Grafico: vedi Figura 3.
Figure 3: .
ESONERO A - 1 DICEMBRE 2001
Esercizio 1. Soluzione
0 f 0 (x) ha il segno di x2 −
Tenuto presente che, per x > √ √2x − 1 si riconosce
che f (x) ≤ 0, 0 < x < 1 + 2, f 0 (x) ≥ 0, x ≥ 1 + √
0
2
√ √
Nel punto x = 1 + 2 si ha il minimo: f (1 + 2) = − 4+22√2 Tenuto conto
che limx→+∞ f (x) = 0 si riconosce il seguente grafico.
h2 −2h−1
(1+h2 )2 − (−1)
lim = −2
h→0+ h
I due limiti sono diversi, pertanto la funzione non é derivabile in x = 0.
1
2 ESONERO A - 1 DICEMBRE 2001
Esercizio 2. Soluzione
a: √ x
f 0 (x) = 3 1 + x + p , x 6= −1
3 (1 + x)2
3
3 + 4x
f 0 (x) = p , x 6= −1
3 3 (1 + x)2
Pertanto f (x) é decrescente per x ≤ − 34 ed é crescente per x ≥ − 34
b:
3 4
inf f (x) = f (− ) = √
4 333
,
sup f (x) = +∞
c: Massimo e minimo per x ∈ [−3, 0]: la funzione é decrescente per x ∈
[−3, − 34 ] ed é crescente per x ∈ [− 43 , 0], pertanto:
minimo = f (− 34 ) = 3 √ 4
3
3 √
massimo = sup {f (−3), f (0)} = f (−3) = 3 3 2
d: Per x 6= −1 esistono derivate prima e seconda ( e anche le successive...)
2 3 + 2x
f 00 (x) = p
9 3 (1 + x)5
3
f 00 (x) ≥ 0 : x<−
2
3
f 00 (x) ≤ 0 : − < x ≤ −1
2
f 00 (x) ≥ 0 : x ≥ −1
Quindi f (x) é convessa per x < − 32 , x ≥ −1, é concava per − 23 ≤ x ≤ −1.
ESONERO A - 1 DICEMBRE 2001 3
Esercizio 3. Soluzione
a:
(1 − x) + 2(2 − x) + 3(3 − x) = 14 − 6x x≤1
(x − 1) + 2(2 − x) + 3(3 − x) = 12 − 4x 1 < x ≤ 2
f (x) =
(x − 1) + 2(x − 2) + 3(3 − x) = 4 2<x≤3
(x − 1) + 2(x − 2) + 3(x − 3) = 6x − 14 3<x
b:
Z 4 Z 1 Z 2 Z 3 Z 4
f (x)dx = (14 − 6x)dx + (12 − 4x)dx + (4)dx + (6x − 14)dx = 45
−1 −1 1 2 3
c: Z 4
45
f (x)dx = 45 = 5 ∗ f (c), =9f (c) =
−1 5
La funzione, vedi il grafico prende il valore 9 nei punti
5 23
x0 = , x1 =
6 6
ESONERO B - 1 DICEMBRE 2001
Esercizio 1. Soluzione
0 2
0
√ x < 0 f (x) 0ha il segno di −x − 2x
Tenuto presente che, per √+ 1 si riconosce
che f (x) ≥ 0, −1 − 2 < x < 0, f (x) ≤ 0, x ≤ −1 − 2 √
√ √
Nel punto x = −1 − 2 si ha il minimo: f (−1 − 2) = − 4+22√2 Tenuto
conto che limx→−∞ f (x) = 0 si riconosce il seguente grafico.
Esercizio 2. Soluzione
a: √ x
f 0 (x) = 3 x − 1 + p , x 6= 1
3 (x − 1)2
3
4x − 3
f 0 (x) = p , x 6= 1
3 3 (1 + x)2
3 3
Pertanto f (x) é decrescente per x ≤ 4 ed é crescente per x ≥ 4
b:
3 3
inf f (x) = f ( ) = √
4 434
,
sup f (x) = +∞
c: Massimo e minimo per x ∈ [0, 3]: la funzione é decrescente per x < 43 ed é
crescente per x ≥ 34 , pertanto:
minimo = f ( 34 ) = − 4 √
3
3
4 √
massimo = sup {f (0), f (3)} = f (3) = 3 3 2
d: Per x 6= 1 esistono derivate prima e seconda ( e anche le successive...)
2 2x − 3
f 00 (x) = p
9 3 (1 + x)5
f 00 (x) ≥ 0 : x<1
3
f 00 (x) ≤ 0 : 1<x≤
2
3
f 00 (x) ≥ 0 : x≥
2
Quindi f (x) é convessa per x < 1, x ≥ 32 , é concava per 1 < x ≤ 32 .
ESONERO B - 1 DICEMBRE 2001 3
Esercizio 3. Soluzione
a:
−(x − 1) − 2(x − 2) − 3(x − 3) = −14 − 6x x ≤ −3
−(x − 1) − 2(x − 2) + 3(x − 3) = 4 −3 ≤ x ≤ −2
f (x) =
−(x − 1) + 2(x − 2) + 3(x − 3) = 4x + 12 −2 ≤ x ≤ −1
(x − 1) + 2(x − 2) + 3(x − 3) = 6x + 14 −1 ≤ x
b:
Z 0 Z −3 Z −2 Z −1 Z 0
f (x)dx = (−14−6x)dx+ (4)dx+ (4x+12)dx+ (6x+14)dx = 28
−4 −4 −3 −2 −1
c: Z 0
28
f (x)dx = 28 = 4 ∗ f (c), =7 f (c) =
−4 4
La funzione, vedi il grafico prende il valore 7 nei due punti
21 5
x1 = − , x2 = −
6 4
Corso di Laurea in Fisica – Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
Risoluzione di Foglio 1 - PRELIMINARI
1.75
1.5
1.25
1
0.75
0.5
0.25
-1 1 2 3
-1
Figure 2. f (x) = |1 − x| − x
0.2
0.1
-0.2
-0.3
Figure 3. f (x) = x3 − x2
4
floor(2*x)
-1
-2
-1 -0.5 0 0.5 1 1.5 2
0.5
0.5 1 1.5 2
-0.5
-1
0.5
1 2 3 4 5 6
-0.5
-1
-3 -2 -1 1 2 3
-2
-4
0.5
-3 -2 -1 1 2 3
-0.5
-1
15
10
1 2 3 4 5 6
Grafico dell’inversa
6
5
4
3
2
1
5 10 15 20
Si ha
|(3x + 2) − 8| = 3|x − 2|
cosicchè per ogni > 0 la disuguaglianza
|(3x + 2) − 8| <
(iii) lim x2 = a2 , a = 1, 2.
x→a
|x2 − a2 | <
1
2. Limiti di funzioni. Ricordati i limiti notevoli:
sin x 1 − cos x 1 ex − 1
lim = 1; lim 2
= , lim = 1,
x→0 x x→0 x 2 x→0 x
ln(1 + x)
lim = 1, lim x ln x = 0 ,
x→0 x x→0+
1 x−1
(r) lim arctan( ) , (s) lim .
x→0 x x→1 sin(πx)
x3 + 8 x2 − 2x + 4
(a) lim = lim = −3;
x→−2 x2 − 4 x→−2 x−2
|x|
(b) Il limite lim non esiste. Infatti:
x→0 x
x −x
lim =1; lim = −1.
x→0+ x x→0− x
tan(2x) tan(2x)
(c) lim = 2 lim = 2;
x→0 x x→0 2x
sin(5x) − sin(3x) sin(5x) sin(3x)
(d) lim = 5 lim − 3 lim = 2;
x→0 x x→0 5x x→0 3x
√ √ √ √
( 1 + x − 1 − x)( 1 + x + 1 − x) 2
(e) lim √ √ = lim √ √ = 1;
x→0 x ( 1 + x + 1 − x) x→0 1+x+ 1−x
(f) Il limite non esiste. Infatti:
2x 6 2x 6
lim = + = +∞; lim = − = −∞.
x→3+ x−3 0 x→3− x−3 0
x2 − 1 1 − 1/x2
(g) lim= lim = 1;
x→−∞ x2 + 1 x→−∞ 1 + 1/x2
√ √
( x2 + 1 − x)( x2 + 1 + x) 1
(h) lim √ = lim √ = 0;
x→+∞ 2
( x + 1 + x) x→+∞ 2
x +1+x
x2 + x (1 + 1/x)
(i) lim = lim x = −∞;
x→+∞ 3 − x x→+∞ (3/x − 1)
2
√
(l) Con il cambio di variabile y = 6 x si ottiene
√
x−1 y3 − 1 y2 + y + 1 3
lim √ = lim = lim = ;
x→1 3 x − 1 y→1 y 2 − 1 y→1 y+1 2
1 − ex 1 − ex x
(m) lim = lim lim = −1;
x→0 sin(x) x→0 x x→0 sin(x)
ln(cos(x)) (cos(x) − 1) ln(1 + y) cos(x) − 1 1
(n) lim 2
= lim lim 2
=− ;
x→0 (cos(x) − 1) x y→0 y x→0 x 2
|2x − 1| − |2x + 1| (1 − 2x) − (2x + 1)
(o) lim = lim = −4;
x→0 x x→0 x
(p) lim (x2 + x ln x) = lim x2 + lim x ln x = 0;
x→0+ x→0 x→0+
ex + x2 ex (1 + x2 /ex ) ex
(q) lim = lim = lim = +∞;
x→+∞ x3 + 1 x→+∞ x3 (1 + 1/x3 ) x→+∞ x3
n n+1
lim an = lim − lim = 1 − 1 = 0;
n→+∞ n→+∞ n+1 n→+∞ n
(1 + 3/n − 2/n2 ) 1
lim bn = lim = ;
n→+∞ n→+∞ 5 5
−n2 − n − 1 −1 − 1/n − 1/n2
lim cn = lim = lim = −1;
n→+∞ n→+∞ n2 + n n→+∞ 1 + 1/n2
√
p
2
n2 + n + n
lim dn = lim ( n + n − n) √ =
n→+∞ n→+∞ n2 + n + n
n 1 1
lim √ = lim p = ;
n→+∞ 2
n +n+n n→+∞ 1 + 1/n + 1 2
3
sin(n) 1 sin(n)
Si ha | | ≤ . Ne segue che lim pn = lim = 0;
n n n→+∞ n→+∞ n
n2 (1 + 3/n5/2 − 4/n2 ) n2
lim qn = lim p = lim = 0;
n→+∞ n→+∞ n7/2 (2 1 + 1/n) n→+∞ 2 n7/2
n
3n (1 + n2 /3n ) 3
lim rn = lim = lim = +∞;
n→+∞ n→+∞ 2n (1 + n3 /2n ) n→+∞ 2
2n (n/2n + 1) 2n
lim sn = lim = lim = 0;
n→+∞ n→+∞ n!(n/n! + 1) n→+∞ n!
n 4
1
lim tn = lim 1+ = e4 ;
n→+∞ n→+∞ n
Dato che, per ogni n ≥ 1,
s s n
√
r
2 3 3
n n n
5 =5n 1− ≤5 1− = 5n − 3n ≤ 5
5 5 5
si ha che √
n
lim un = lim 5n − 3n = 5.
n→+∞ n→+∞
(ln n)3
0 se a > 0
(i) lim =
n→∞ na +∞ se a ≤ 0
0 se a > 1/2
√
1 1
se a = 1/2
(ii) lim n sin( a ) =
n→∞ n +∞
se 0 ≤ a < 1/2
non esiste se a<0
x − x2
0 se a > 1
(iii) lim =
x→+∞ ax −∞ se 0 < a ≤ 1
4
Corso di Laurea in Fisica – Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
1 A B
= + .
(2n − 1)(2n + 1) 2n − 1 2n + 1
Quindi
∞
X 1 1 1 1
= lim 1− = .
n=1
(2n − 1)(2n + 1) n→+∞ 2 2n + 1 2
Quindi
∞
X 2 1
= lim 3 1 − n = 3.
n=1
3n−1 n→+∞ 3
1
(iii) Dato che
n n n
X 2k + 3k X 1 X 1 1 1 − (1/3n ) 1 1 − (1/2n )
sn = = + = · + ·
6k 3k 2k 3 1 − (1/3) 2 1 − (1/2)
k=1 k=1 k=1
1 1 1
= 1− n + 1− n ,
2 3 2
la somma della serie è data da
∞
2n + 3n
X 1 1 1 3
n
= lim 1− n + 1− n = .
n=1
6 n→+∞ 2 3 2 2
+∞ +∞ +∞
2n − 1 1 1
X X X
(d) √ ; (e) log 1 + ; (f ) sin .
n=1 ( 2)
n
n=1
n n=1
n2
∞
1
P
ed usando il criterio del confronto asintotico, dato che la serie n2 è convergente.
n=1
sin x sin(1/n2 )
lim =1 ⇒ lim = 1,
x→0 x n→∞ 1/n2
∞
1
P
la serie ha lo stesso carattere della serie n2 , che è convergente, quindi anche la
n=1
serie data converge.
3. Continuità.
(a) Determinare a, b ∈ IR in modo che le seguenti funzioni siano continue in
IR:
2 cos(x) x ≤ 0
(i) f (x) = ;
ax2 + b x > 0
2 sin(πx) x ≤ 1
(ii) g(x) = .
ax + b x>1
Determinare il grafico di f e di g in corrispondenza di una delle coppie
lecite, a scelta.
(i) Dato che le funzioni 2 cos x e ax2 + b sono funzioni continue, la funzione f è
continua per x 6= 0. Perché sia continua anche in x = 0 bisogna imporre
b cos(x) x ≤ 0,
g(x) =
sin(x)
x > 0,
x
Disegnare il grafico di g.
Figure 2: Esercizio 3 a: g(x) a=1, b=-1
per il teorema di esistenza degli zeri (o per il teorema del valore intermedio) esistono
x1 , x2 , x3 con x1 ∈ (−1, 0), x2 ∈ (0, 1) e x3 ∈ (1, 3) tali che p(x1 ) = p(x2 ) = p(x3 ) =
0.
(b) Dimostrare che le seguenti equazioni ammettono almeno una soluzione
positiva:
(i):
Z 4 Z 2 Z 4 Z 2 Z 4
|x − 2| dx = |x − 2| dx + |x − 2| dx = (2 − x) dx + (x − 2) dx
−2 −2 2 −2 2
2 2 4 4
42 22
Z Z Z Z
= 2 dx − x dx + x dx − 2 dx = 2 · 4 − 0 + ( − ) − 2 · 2 = 10 ,
−2 −2 2 2 2 2
dove si sono usate l’additività e la linearità dell’integrale, la definizione
di modulo ed il fatto, facilmente giustificabile, che è nullo l’integrale di una
funzione dispari su un intervallo simmetrico rispetto all’origine.
(ii):
Z 1 Z 1
13
x2 dx = 2 x2 dx = 2 · ,
−1 0 3
dove si è usato il fatto che la funzione integranda è pari e l’intervallo è
simmetrico rispetto all’origine.
(iii):
Z 3 Z 1 Z √2 Z √3 Z 2
2
[x ] dx = 0 dx + 1 dx + √ 2 dx + √ 3 dx+
0 0 1 2 3
√ √ √ √
Z 5 Z 6 Z 7 Z 2 2 Z 3
4 dx + √ 5 dx + √ 6 dx + √ 7 dx + √ 8 dx =
2 5 6 7 2 2
√ √ √ √ √ √ √
= 2 − 1 + 2( 3 − 2) + 3(2 − 3) + 4( 5 − 2) + 5( 6 − 5)+
√ √ √ √ √
+6( 7 − 6) + 7(2 2 − 7) + 8(3 − 2 2) =
√ √ √ √ √ √
= 24 − 2 2 − 7 − 6 − 5 − 2 − 3 − 2 − 1 =
√ √ √ √ √
= 21 − 3 2 − 3 − 5 − 6 − 7 .
(iv):
Z 2 Z 1 Z 2
1 22 1
f (x) dx = (x + 1) dx + (2 − x) dx = + 1 + 2 − ( − ) = 2 .
0 0 1 2 2 2
1
2
2. Significato dell’integrale.
(i) Disegnare la regione di piano la cui area A è data da
Z 3
A= |x2 − 2x| dx.
0
(ii) Dare due esempi di funzioni costanti a tratti s nell’intervallo [0, 5] tali che
Z 2 Z 5
s(x) dx = 5 e s(x) dx = 2.
0 0
RISOLUZIONE:
(i): vedere Fig. 1 dove è tratteggiata la regione di area A, relativamente alla
funzione |x2 − 2x|, e la Fig. 2 relativa all’integrale della funzione x2 − 2x.
Figure 1. Area A
(ii):
5 5 0 ≤ x ≤ 1,
0 ≤ x ≤ 2,
s(x) = 2 s(x) = 0 1 ≤ x ≤ 4,
−1 2 < x ≤ 5,
−3 4 < x ≤ 5,
(c) Determinare una stima per eccesso ed una per difetto dei seguenti integrali
Z 1 Z π/2
1
(c1) 4
dx, (c2) sin2 x dx.
−1 1 + x 0
RISOLUZIONE:
(a):
Ra 3
a
2 x2 dx
0 a2
f (c) = c = = 3 =
a a 3
implica c = ± √a3 e quindi si trova il solo valore
a
c = +√ ∈ (0, a).
3
Analogamente per la funzione xn si ottiene
an+1
n+1 an
cn = =
a n+1
a
che implica l’esistenza nell’intervallo (0, a) dell’unico valore c = + √
n
n+1
(tale valore è unico anche in R se n è dispari).
2
(b1): Nell’intervallo [−1, 1] valgono le diseguaglianze 1 ≤ ex ≤ e , quindi,
per la monotonia dell’integrale, le diseguaglianze si conservano per gli inte-
grali e si ottiene
Z 1 Z 1 Z 1
2
2= dx ≤ ex dx ≤ e dx = 2e .
−1 −1 −1
Corso di Laurea in Fisica – Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
Foglio 5 - DERIVATE
Soluzione
−15 x ≤ −4
F (x) = 3(x − 1) −4 < x ≤ 4
9 4<x
Rx
Figure 1. F (x) = 1
f (t)dt
Soluzione
1
2
Figure 2. y = x2 − 2x + 4, y = 2x
Soluzione
• x|x| (Figura 3):
h|h| − 0|0|
= |h| → 0
h
Figure 3. x|x|
Figure 4. |x sin x|
Soluzione
f(x):
f (1) = 1 = lim f (x) = a + b, D− f (1) = 2 = D+ f (1) = a, ⇒ b = −1
x→1+
(Vedi Figura 6)
g(x):
−1 3
1 = a + b, −1 = 2a, ⇒a= , b=
2 2
4
Figure 5. e−|x|
Figure 6. f (x)
(Vedi Figura 7)
5
Figure 7. g(x)
SOLUZIONI FOGLIO 6
15 MARZO 2002
Soluzione
Servendosi delle coordinate polari riesce
ZZ Z 2π Z 1
1 1 1
Iε = dx dy = dθ dρ = 2π − 1 → +∞
x2 + y 2 0 ε ρ ε2
Cε
ZZ Z 2π Z 1
1
Jε = p dx dy = dθ dρ = 2π (1 − ε) → 2π
x2 + y 2 0 ε
Cε
1 1
Osservazione 1.0.1. Le funzioni x2 +y 2 e √ integrande, in entrambi gli in-
x2 +y 2
tegrali divergono per (x, y) → (0, 0) tuttavia il volume dei relativi sottografici in
corrispondenza del cerchio x2 + y ≤ 1 sono diversi:
• infinito il primo
• finito il secondo
Un fenomeno analogo si sarebbe incontrato in una dimensione relativamente ai due
integrali
Z 1 Z 1
1 1
dx, √ dx
ε x ε x
Esercizio 2. Dato R > 1, sia CR = {1 ≤ x2 + y 2 ≤ R2 }, calcolare
ZZ ZZ
1 1
IR = dx dy e JR = dx dy.
(x2 + y 2 )2
p
x + y2
2
CR CR
Soluzione
Servendosi ancora delle coordinate polari si ha
ZZ Z 2π Z R
1 1 1
IR = dx dy = dθ dρ = π 1 − 2 → π
(x2 + y 2 )2 0 1 ρ
3 R
CR
1
2 SOLUZIONI FOGLIO 6 15 MARZO 2002
2π R
√ 4π √
ZZ Z Z
1
JR = p dx dy = dθ ρdρ = R R − 1 → +∞
x2 + y 2 0 1 3
CR
Soluzione
Il primo integrale
ZZZ Z 1 ZZ
y dx dy dz = dz ydx dy = 0
0 C
C
vale 0 in quanto la funzione integranda é dispari in y su C simmetrico rispetto a
y=0
Il secondo integrale si calcola in coordinate cilindriche
ZZZ Z 1 Z 2π Z 1
2 2 π
x dx dy dz = dz cos (θ)dθ ρ3 dρ =
0 0 0 4
C
Soluzione
L’integrale triplo é esteso ad un dominio normale rispetto al piano x, y:
ZZZ Z 2 Z 2 Z 2+x+y
z dx dy dz = dx dy zdz =
0 0 0
S
Z 2 Z 2
= dx (2 + x + y) dy = 16
0 0
Esercizio 5. Sia D = {x, y > 0}, per la trasformazione F : D → IR2 definita da
y
u = x + y, v= ,
x
(i) calcolare l’espressione dell’inversa F −1 ;
(ii) scrivere il determinante jacobiano di F e di F −1 e verificare la validità della
relazione
1
det DF (x, y) = ,
det DF −1 (F (x, y))
dove DF è la matrice jacobiana di F ;
(iii) verificare che la trasformazione F è iniettiva in D e determinare l’immagine
F (D).
Soluzione
SOLUZIONI FOGLIO 6 15 MARZO 2002 3
u=x+y
F : (x, y) → (u, v)
y
v=
x
!
1 1
−u (1+v) 2
DF −1 (u, v) = 1+v
v 1
1+v u (1+v)2
Le due matrici jacobiane trovate sono l’una l’inversa dell’altra quando, natural-
mente si esprimano nelle stesse variabili:
1 1
DF F −1 (u, v) =
−v(1 + v) 1+v
u
Si riconosce adesso che il prodotto delle due matrici
!
1 u
−
1+v (1+v) 2 1 1
∗
v
1+v
1
u (1+v) 2 −v(1 + v) 1+v
u
1
− 12
1 1 1 0
DF (1, 1) ∗ DF −1 (2, 1) = ∗ 2
1 1 =
−1 1 2 2 0 1
Osservazione 1.0.2. L’immagine tramite F del quadrante {x, y > 0} nel piano
(u, v) é ancora il quadrante {u, v > 0}
Osservazione 1.0.3 (Il ruolo delle aree). Le due figure precedenti illustrano intu-
itivamente la trasformazione F : quadratini Q del piano (x, y) vengono trasformati
in quadrilateri F (Q) curvilinei del piano (u, v).
Le figure consentono di riconoscere il ruolo del determinante jacobiano come fattore
di correzione delle aree
Area[F (Q)] ' |det DF (x, y)| × Area[Q]
Lo jacobiano vale
x+y
|det DF (x, y)| =
x2
e riesce quindi |det DF (x, y)| ' 2 nel quadratino adiacente (1, 1), riesce |det DF (x, y)| '
6 nel quadratino adiacente (1, 5), riesce |det DF (x, y)| ' 0.4 nel quadratino adia-
cente (5, 5), riesce |det DF (x, y)| ' 0.24 nel quadratino adiacente (5, 1).
I valori stimati sono in accordo con le dilatazioni o riduzioni dei vari quadratini di
(x, y) operate da F e osservabili nella figura: quadratini tutti uguali del piano (x, y)
vengono infatti trasformati in quadrilateri curvilinei di aree assai diverse nel piano
(u, v).
Soluzione
S é un quadrilatero curvilineo delimitato da due rette e da due iperboli...
S é null’altro che l’immagine del quadrato Q : [1, 2] × [1, 2] del piano x, y tramite
la trasformazione F introdotta nell’esercizio precedente !
u=x+y
S ⊆ Ru,v ⇔ Q = [1, 2] × [1, 2] ⊆ Rx,y
v = xy
Quindi
ZZ Z 2 Z 2
det ∂(u, v) dy =
Area(S) = dxdy = dx
1 1
∂(x, y)
S
Z 2 Z 2 Z 2
x+y 1 3 3
= dx dy = + dx = ln(2) +
1 1 x2 1 x 2x2 4
Osservazione 1.0.4. L’esercizio proposto é un caso particolare del seguente:
S : ϕ(v) ≤ u ≤ k.ϕ(v), ψ(v) ≤ u ≤ h.ψ(v)
La sostituzione analoga diviene
(
u
x= ϕ(v)
u
y= ψ(v)
Esercizio 6.∗ Data F : IR2 → IR2 definita da F (x, y) = (x2 −y 2 , 2xy), determinare
F (D) dove D = {x, y ≥ 0}.
Soluzione
u = x2 − y 2
2 2
F (x, y) = (x − y , 2xy) ⇔ ⇔ u + iv = (x + iy)2
v = 2xy
ovvero, usando l’espressione trigonometrica dei numeri complessi,
x + iy = ρ eiθ u + iv = ρ2 e2iθ
Considerato che x + iy ∈ D ⇔ 0 ≤ θ ≤ π/2 ne segue che 0 ≤ arg(u + iv) ≤ π
ovvero
2
F (D) ⊆ Ru,v :v≥0
Esercizio 7. Dire quale dei seguenti campi vettoriali è irrotazionale in tutto il suo
insieme di definizione
F (x, y) = (x cos(x2 + y 2 ), y cos(x2 + y 2 )), F (x, y) = (x cos(x2 + y 2 ), y)
Z z
2
F (x, y, z) = (x + y, y + x, z 2 ), F (x, y, z) = (ln(1 + x4 + x8 ), ecos y , e−t ).
0
Soluzione
F (x, y) = (x cos(x2 + y 2 ), y cos(x2 + y 2 ))
si tratta di un campo piano: il rotore si riduce alla sola terza componente
∂(y cos(x2 + y 2 )) ∂(x cos(x2 + y 2 ))
−
∂x ∂y
Si ha
∂(x cos(x2 + y 2 ))
= −x sin(x2 + y 2 )2y
∂y
∂(y cos(x2 + y 2 ))
= −y sin(x2 + y 2 )2x
∂x
Risposta: é irrotazionale
F (x, y) = (x cos(x2 + y 2 ), y)
∂x cos(x2 + y 2 ) ∂y)
6=
∂y ∂x
Risposta: il campo non é irrotazionale (quindi non ha potenziale)
F (x, y, z) = (x + y, y + x, z 2 )
i j k
∂ ∂ ∂ = {0, 0, 0}
rotF = det ∂x ∂y ∂z
2
x+y y+x z
Z z
2
F (x, y, z) = (ln(1 + x4 + x8 ), ecos y , e−t )
0
i j k
∂ ∂ ∂
= {0, 0, 0}
rotF = det ∂x ∂y
4 8
R z ∂z−t2
cos y
ln(1 + x + x ) e 0
e )
Esercizio 8. Caratterizzare i valori dei vari parametri in modo che i seguenti campi
vettoriali siano irrotazionali in tutto il piano
F (x, y) = (ax + by, cx + dy)
F (x, y) = (a sin x + by cos xy, c cos y + dx cos xy)
Soluzione
8 SOLUZIONI FOGLIO 6 15 MARZO 2002
F (x, y) = (y, 2x) non ha potenziale, quindi l’integrale richiesto deve essere, fati-
cosamente, calcolato lato dopo lato del quadrato assegnato...!
Tenuto presente che il versore tangente τ vale
x=2 −2 ≤ y ≤ 2 τ = (0, 1)
y = 2, −2 ≤ x ≤ 2 τ = (−1, 0)
x = −2, −2 ≤ y ≤ 2 τ = (0, −1)
y = −2, −2 ≤ x ≤ 2 τ = (1, 0)
si ha Z Z 2 Z 2 Z 2 Z 2
hF, τ i ds = 4dt + −2dt + 4dt + −2dt = 16
−2 −2 −2 −2
Γ+
2
1 3
V (x, y, z) = x2 + y2 + z2 + c
2 2
→
−
Esercizio 11. Sia F = (3x + 2y − 1, 2x + 5y + 2)
(i) Determinare un suo potenziale.
(ii) Sia γ il quarto di circonferenza di equazione x2 + y 2 = 1 contenuto nel primo
→
−
quadrante, orientata da (1, 0) a (0, 1). Calcolare il lavoro di F lungo γ.
→
−
(iii) Calcolare il lavoro di F lungo il segmento orientato che congiunge i punti (0, 1)
e (1, 0).
3
V (x, y) = x2 + 2yx − x + c(y)
2
∂(x2 23 + 2yx − x + c(y))
= 2x + 5y + 2
∂y
Ne segue
5
c0 (y) = 5y + 2 ⇒ c(y) = y 2 + 2y + k
2
3 2 5
V (x, y) = x + 2yx + y 2 + 2y − x + k
2 2
Tenuto conto che il campo é conservativo cioé deriva da un potenziale allora il
lavoro lungo una curva vale la differenza di potenziale agli estremi:
lungo l’arco di circonferenza:
3
`(F, γ) = V (0, 1) − V (1, 0) = −
2
10 SOLUZIONI FOGLIO 6 15 MARZO 2002
lungo il segmento
3
`(F, γ) = V (1, 0) − V (0, 1) =
2
Corso di Laurea in Fisica – Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
Risoluzione Foglio 7 - STUDI DI FUNZIONE
ex − e−x ex + e−x
sinh(x) := , cosh(x) := ,
2 2
denominate rispettivamente seno iperbolico e coseno iperbolico, se ne deter-
minino:
a) i limiti per x → ±∞;
b) eventuali simmetrie;
c) le funzioni derivata prima e seconda;
d) il grafico;
e) l’espressione cosh2 (x) − sinh2 (x).
RISOLUZIONE: Vedere R. Courant e F. John, ”Introduction to Calculus
and Analysis I” §3.5 (pag. 228 e segu.)
2 2
2. Relativamente alle funzioni f (x) = xe−x , g(x) = x4 e−x ,
a) determinare l’insieme di definizione;
b) studiare gli intervalli di monotonia;
c) determinare i limiti per x → ±∞;
d) disegnare il grafico.
RISOLUZIONE: Entrambe le funzioni sono definite in tutto IR. Per
quanto riguarda la f si osservi che la funzione è dispari e si ha:
2
b) f 0 (x) = e−x (1 − 2x2 ) ≥ 0 se x ∈ [− √12 , √12 ], quindi f è decrescente
nell’intervallo (−∞, − √12 ] e in [ √12 , +∞), mentre è crescente in [− √12 , √12 ].
Pertanto la funzione ha un minimo relativo nel punto − √12 e un massimo
1
relativo in √1 ,
2
con f (± √12 ) = ± √12 e− 2 ;
2
c) limx→±∞ xe−x = limx→±∞ xx2 = 0 , pertanto i punti di minimo e
e
massimo relativo sono il minimo e massimo assoluti rispettivamente.
d) vedere Fig.1.
Per quanto riguarda la g si osservi che la funzione è pari, si può quindi
limitarne lo studio per x ≥ 0 e si ha: √
2 2
b) g 0 (x) = e−x (4x3 −2x5 ) = x3 e−x (4−2x
√
2 ) ≥ 0 per x ≥ 0 se x ∈ [0, 2],
√
quindi g è crescente nell’intervallo [0, 2] ed è decrescente in [ 2, +∞).
1
Pertanto la funzione ha √
un minimo√relativo nel punto x = 0, con g(0) = 0 e
un massimo relativo in 2, con g( 2) = 4e−2 ;
2 4
c) limx→±∞ x4 e−x = limx→±∞ xx2 = 0 , pertanto i punti di minimo e
e
massimo relativo sono il minimo e massimo assoluti rispettivamente.
d) vedere Fig.2.
2
Per determinare i punti di massimo e minimo relativo, si osservi che dallo
studio del segno della derivata si deduce
a) f è decrescente negli intervalli [0, 2], [ 25 , 3];
b) f è crescente negli intervalli [2, 52 ] e [3, 4].
Allora i punti di minimo relativo sono solo quelli di minimo assoluto,
mentre sono punti di massimo relativo, oltre a x = 0 che è di massimo
assoluto, i punti x = 25 e x = 4.
5*. a) Trovare una funzione f derivabile in un punto x0 ∈ IR, tale che |f |
non sia derivabile in quel punto;
b) trovare una funzione f derivabile in un punto x0 ∈ IR, tale che |f | sia
derivabile in quel punto;
c) data una funzione f derivabile in un punto x0 ∈ IR, quali condizioni
assicurano che |f | sia derivabile in quel punto ?
RISOLUZIONE: a) f (x) = x − x0 , ma tanti altri esempi sono possibili,
ad esempio sin(x − x0 ), tan(x − x0 ), ecc.;
b) f (x) = x−x0 +1 oppure (x−x0 )2 , ma tanti altri esempi sono possibili;
c) Se f (x0 ) 6= 0, poichè f è derivabile in x0 , essa è anche continua in x0
e quindi è non nulla anche in un intorno del punto (dove definita). In tale
intorno |f | coincide con f o con −f , quindi è derivabile. Se invece f (x0 ) = 0,
|f | risulta derivabile se f 0 (x0 ) = 0 e solo in questo caso. Infatti in questo
caso per il rapporto incrementale di |f | si ha
3
Corso di Laurea in Fisica – Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
Risoluzione di Foglio 8 – INTEGRALI
Esercizio 1. Calcolare i seguenti integrali indefiniti
1 ln(5x)
Z Z p Z
(a) dx, (b) x 1 − x2 dx, (c) dx,
(2 + 3x)4 x
3x − 5
Z Z Z
(d) 2
dx, (e) ex cos(2x) dx, (f ) (x2 +1)e−x dx.
x − 5x + 6
Soluzione.
(a) Con la sostituzione y = 2 + 3x,
Z Z
1 1 1 5 1
4
dx = y −4 dy = y +c= (2 + 3x)5 + c.
(2 + 3x) 3 15 15
3x − 5 3 2x − 5 + 5 − 10
3 3 2x − 5 5 1
2
= 2
= 2
+ 2
x − 5x + 6 2 x − 5x + 6 2 x − 5x + 6 2 x − 5x + 6
L’integrale del primo addendo è
2x − 5 (x2 − 5x + 6)0
Z Z
3 3 3
2
dx = 2
dx = ln |x2 − 5x + 6| + c.
2 x − 5x + 6 2 x − 5x + 6 2
Per calcolare l’integrale del secondo addendo
Z Z
5 1 5 1
dx = dx,
2 x2 − 5x + 6 2 x2 − 5x + 6
1
dato che x2 − 5x + 6 = (x − 1)(x − 2), cerchiamo le costanti A, B per cui valga la
decomposizione
1 A B
2
= +
x − 5x + 6 x−2 x−3
Riscrivendo il termine a secondo membro nella forma
A B (A + B)x − 3A − 2B
+ = ,
x−2 x−3 (x − 2)(x − 3)
Z Z
= ex cos(2x) + 2 D(ex ) sin(2x) dx = cos(2x) + 2 sin(2x) ex − 4 ex cos(2x) dx.
Z
= −(x2 + 2x + 1)e−x + 2 e−x dx = −(x2 + 2x + 3)e−x + c.
2
Soluzione. Se n = 0, allora sin(nx) = 0 e quindi l’integrale richiesto è nullo.
Supponiamo ora m = n 6= 0. Integrando per parti
Z 2π Z 2π 0
1
cos(mx) sin(mx) dx = cos(mx) − cos(mx) dx
0 0 m
Z 2π
1 2π 1
0
= − cos2 (mx) + (cos(mx)) cos(mx) dx
m 0 m 0
Z 2π
=− sin(mx) cos(mx) dx.
0
Guardando il primo e l’ultimo termine, si deduce che anche in questo caso l’integrale
è uguale a 0.
Consideriamo, infine, il caso m 6= n e n 6= 0. Integrando per parti due volte,
Z 2π Z 2π 0
1
cos(mx) sin(nx) dx = cos(mx) − cos(nx) dx
0 0 n
Z 2π
1 2π m
= − cos(mx) cos(nx) − sin(mx) cos(nx) dx
n 0 n 0
0
m 2π
Z 2π
1 m
=− sin(mx) sin(nx) dx = − 2 sin(mx) sin(nx)
n 0 n n 0
2 Z 2π 2 Z 2π
m m
+ 2 cos(mx) sin(nx) dx = 2 cos(mx) sin(nx) dx.
n 0 n 0
Quindi Z 2π
m2
1− 2 cos(mx) sin(nx) dx = 0.
n 0
R 2π
Dato che m 6= n si deduce che 0 cos(mx) sin(nx) dx = 0 per ogni m 6= n. Quindi
Z 2π
cos(mx) sin(nx) dx = 0 ∀ m, n ∈ Z.
0
Una maniera alternativa (più rapida) per svolgere l’esercizio, è usare l’uguaglianza
1
sin p cos q = (sin(p + q) + sin(p − q)) ,
2
per riscrivere l’integrale richiesto nella forma
Z 2π
1 2π 1 2π
Z Z
cos(mx) sin(nx) dx = sin ((m + n)x) dx + sin ((m − n)x) dx.
0 2 0 2 0
l’area.
3
Soluzione. Per simmetria, l’area A richiesta è 2 volte l’area della regione compresa
in x ∈ [π/4, π + π/4], cioè
π+π/4
Z π+π/4
Z
A=2 ((sin x + 1) − (cos x + 1)) dx = 2 (sin x − cos x) dx.
π/4 π/4
R R
Dato che sin x dx = − cos x + c e cos x dx = sin x + c,
√
π+π/4
A = 2 − cos x − sin x = 4 2.
π/4
Esercizio 4.
(i) Trovare la primitiva della funzione f (x) = (x − 1)2 ex che assume il valore
3 nel punto x = 0.
(ii) Determinare la soluzione del problema
F 0 (x) = x cos(πx), F (1) = 0.
Soluzione.
(i) Calcoliamo prima le primitive F di f (x) = (x − 1)2 ex integrando per parti
Z Z
F (x) = (x − 1)2 ex dx = (x − 1)2 ex − 2 (x − 1)ex dx
4
!
? 8 6 = : F 2 3 F 7 G
N O P Q R S O T T
C H 3 I J K H U V W X X Y Z
L M
3 \ 7 @ = ? A 5 2 5 8 6 D 8 E 2 ] 9 : ^ 7 = : 8
S O `
C H 3 I J K X
O _ ` a
b [
8 7 : B 8 5 A 7 7 E 8 ? 9 A 9 A A = c d e \ 8 A A 2 f C H 3 E 2 ] 9 : ^ 7 = : 8 7 : B 8 5 ? 2 g 6 2 E 6 = E 2 5 8 f h C X 3 e
Q
G
2 3 i 2 ] 9 : ^ 7 = : 8 7 : A 8 ; 5 2 : F 2 j C H 3 I H : = : D 2 9 : 2 > 5 7 @ 7 A 7 B 2 8 E 8 k
b M b [
@ 8 : A 2 5 8 e 4 9 A A 2 B 7 2 8 F 8 < : 7 A 2 8 6 = : A 7 : 9 2 7 : A 9 A A = c d l 9 7 : F 7 C H 3 8 F 8 5 7 B 2 7 E 8
H U c d 8 ? 7 D 2
P Q
C H 3 I H Z
\ 2 A = 6 D 8
C H 3 I n > 8 5 H I n
G G
h h
C H 3 o n > 8 5 H o n p C H 3 q n > 8 5 H q n
T T
C H 3 F 8 6 5 8 ? 6 8 : 8 E E r 7 : A 8 5 B 2 E E = V W X n Y p 6 5 8 ? 6 8 : 8 E E r 7 : A 8 5 B 2 E E = V n X Y p 7 : H I n D 2
9 : > 9 : A = F 7 @ 7 : 7 @ = 8 ? 7 D 2
C n 3 I I n Z
J
O _ ` a
s b
A 9 F 7 2 @ = E 2 F 8 5 7 B 2 A 2 ? 8 6 = : F 2 > 8 5 F 8 A 8 5 @ 7 : 2 5 8 ; E 7 7 : A 8 5 B 2 E E 7 F 7 6 = : 6 2 B 7 A 2 8
b s
6 = : B 8 ? ? 7 A 2 e 7 D 2
X W H
P Q T
h h
C H 3 I H I t n Z
N
_
\ 2 A = 6 D 8
h h
C H 3 I n > 8 5 H I
G G
X X
T T
h h h h
C H 3 q n > 8 5 H o p C H 3 o n > 8 5 H q H I t n
a a
X
y
u v w x y z { | } ~
} ~ z v y z ~ { { z z v y z ~ { { z
x x v v {
w y z ¡ z y v ¢ z v v £ y v y z z ¡ w x y z {
¤
¥ z ¦ x v v w y z z £ ~ ¨ © ¡ v z v x z x x
§
¤
x v v z ¦ x v } y v z v ° v z
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² ³ ´
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µ z } ~ ¶ · ° } y z ¢ y x v v v y v v
¯ ®
v
¸ y z y w z v y v z v z ¦ x v v y z v z
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Corso di Laurea in Fisica
Derivate ed Integrali, A.A. 2001/02
Prova Scritta del 10/9/2002
Soluzione 1.
(i) f (x) é definita in R − {−1} poiché nel punto x = −1 si annulla il denominatore,
é negativa per x < −1 e per 0 < x < 3, é nulla per x = 0 e per x = 3, é positiva
per −1 < x < 0 e per x > 3,
lim f (x) = −∞, lim f (x) = −∞
x→−∞ x→−1−
(ii)
−3 + 2 x −3 x + x2 −3 + 2 x + x2
f 0 (x) = − 2 = 2
1+x (1 + x) (1 + x)
−3+2 x+x2
Figura 1. f 0 (x) = (1+x)2
La derivata prima é
nulla per x = −3 e per x = 1,
1
positiva per x < −3 e per x > 1,
negativa per −3 < x < −1 e −1 < x < 1
Quindi f (x) é crescente per x < −3 e per x > 1, é decrescente per −3 < x < −1 e
−1 < x < 1.
(iii) Il grafico richiesto é il seguente,inclusi i due asintoti x = −1, y = x − 4
x2 −3x
Figura 2. f (x) = x+1 ,
Soluzione 2
Figura 3. La funzione x2 ex
(i)
f 0 (x) = 2 ex x + ex x2 = ex x (2 + x)
f 0 (x) é positiva per x < −2 e per x > 0, quindi la f (x) é crescente su (−∞, −2) e
su (0, +∞) mentre é decrescente su (−2, 0).
Nel punto x = −2 c’é un max.relativo, nel punto x = 0 c’é il minimo assoluto su
tutto R
L’estremo superiore é
+∞ = lim f (x)
x→+∞
Figura 4. I due grafici
Z 1
4
ex (x2 − 1)dx = cong 1.47152
−1 e
(ii) Per soddisfare le condizioni iniziali richieste si deve porre nella soluzione generale
precedente
1 3
c1 = , c2 =
4 4
1 1 3 3
y(x) = e− 2 x + e 2 x + e−x
4 4