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Prevenzione Incendi

Seminario di 2 CD (20 ore)

 CSIE - Corso di Studi in Ingegneria Elettrica


 CSIEn - Corso di Studi in Ingegneria
Energetica
 - Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed
martedì 4 ottobre 2005 prof. ing. Domenico Salimbeni 1/232
Elettronica
Programma

 Combustione e incendio ¡ Confinamento


¡ Accesso automezzi VVF
 Estinzione incendi ed estinguenti ¦ Protezione attiva
 Sicurezza antincendio ¡ Rivelazione d’incendio
 Definizioni/simboli antincendio ¡ Evacuatori di fumo
¡ Estintori
 Misure di prevenzione ¡ Sistemi idrice: Idranti
¦ Carico d’incendio ¡ Sistemi idrici: Naspi
¦ Resistenza al fuoco ¡ Sistemi idrici: Sprinkler
¦ Ventilazione ¡ Altri sistemi fissi
 Misure di protezione  Normativa generale di prevenzio-
¦ Protezione passiva ne incendi
¡ Vie di esodo  Alcune norme specifiche di pre-
¡ Illuminazione di sicurezza
¡ Resistenza al fuoco
venzione incendi
¡ Reazione al fuoco  Esempio e tesi: pratica di preven-
¡ Compartimentazione zione incendi di un’attività

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Combustione ed incendio

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combustione e Incendio

 Combustione:
¦ rapida reazione chimica di una sostanza combustibile con ossigen o
accompagnata da sviluppo di calore, fiamme, gas di combustione, fu-
mo e luce
 Incendio:
¦ rapida ossidazione, in luogo non predisposto, di materiali combustibili
con sviluppo di calore, fiamme, gas caldi e fumo
INCENDIO
 Condizione di sviluppo di un incendio:
¦ coesistenza di: Diverse sostanze (esplosivi, celluloi-
de) contengono nella molecola l’O
¡ Combustibile necessario per bruciare anche in
2
Ossigeno
¡ Ossigeno assenza d’aria
¡ Temperatura di accensione Combustibile Temperatura

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Sostanze combustibili

 Le sostanze combustibili si dividono in tre gruppi fondamentali:


¦ Solidi
¦ Liquidi
¦ Gas
il cui comportamento in un incendio è fondamentalmente different e, e
richiede interventi differenti
 CEN (Comitato europeo di normalizzazione) ed UNI suddividono gli
incendi in 5 classi, caratterizzati dalle lettere A, B, C, D, ed E

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Classi d’incendio

A. Incendi di materiali combustibili solidi (legno, carbone, carta, pelli, gom-


ma, tessuti, trucioli, etc.), che producono brace e sono difficili da spe-
gnere
B. Incendi di liquidi infiammabili (alcoli, solventi, oli minerali, grassi, eteri,
benzine, etc.), che devono essere spenti mediante copertura e soffoca-
mento
C. Incendi di gas infiammabili (idrogeno, acetilene, metano, propil ene, etc.)
D. Incendi di metalli, leghe, e relativi scarti, e di sostanze chimiche sponta-
neamente combustibili in aria o reattive in acqua (potassio, alluminio, ti-
tanio, calcio, …), che generano idrogeno e pericolo di esplosione
E. Incendi di apparecchiature elettriche sotto tensione, che devono essere
spenti mediante agenti elettricamente non conduttivi

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Dinamica dell’incendio

 Nell’evoluzione dell’incendio si possono individuare le seguenti fa-


si caratteristiche:
θ
¦ Inizio
¦ Espansione 700÷800 C

¦ Generalizzazione
¦ Estinzione

flash over

estinzione t
inizio espansione generalizzazione

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Schema delle conseguenze di un incendio

DANNI E
FIAMME PROPAGAZIONE
PERDITE

SVILUPPO PERDITA
CALORE
CALORE BENI
MATERIALI
USTIONI

COMBUSTIBILI
prodotti
INCENDIO combustione
CORROSIVI CORROSIONE

GAS
PERDITA
DECESSO PER
NOCIVI E TOSSICI VITE
INTOSSICAZIONE
UMANE

DECESSO PER
CARENZA O 2
SOFFOCAMENTO

VISIBILITà FUGA IMPEDITA


FUMI
IMPEDITA O RITARDATA

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Prodotti della combustione

 I prodotti della combustione possono essere suddivisi in quattro


categorie:
¦ Fiamma
¦ Calore (disidratazione, difficoltà respiratorie, scottature)
¦ Gas di combustione
¡ anidride carbonica, ossido di carbonio, acido cianidrico , idrogeno solfo-
rato e/o anidride solforosa (zolfo: lana, gomma, pelli, …), ammoniaca
(azoto: lana, seta, acrilici, melammine, …), acido cloridrico (plastica,
…), perossido d’azoto (nitrati in genere, …), aldeide acrilica (petroli,
…), fosgene (cloro: plastiche, …)
¦ Fumo
¡ Particelle solide (aerosoli) o liquide ( nebbie) o vapori condensati

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Effetto della carenza d’ossigeno

 Il comportamento umano in ambiente con differenti concentrazioni


d’ossigeno è riassumibile nella seguente tabella:
concentrazione
COMPORTAMENTO UMANO
%
20 attività normale
15÷ 20 diminuzione dell'attività muscolare e difficoltà di movimento
10÷ 15 mantenimento della coscienza, valutazioni errate non valutabili
5÷1 0 collasso
0÷ 5 morte per asfissia entro circa 6 minuti

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Effetto della fiamma e del calore

 La fiamma provoca ustioni


 Il calore irradiato dalla fiamma provoca ustioni già dopo un minuto
che la temperatura superficiale della cute supera i 65 C
 Quando i gas caldi della combustione portano l’ambiente a tempe-
ratura maggiore di 70 C l’ambiente diventa invivibile
 Quando la temperatura dell’aria si avvicina a 150 C il tempo di so-
pravvivenza è molto breve se l’aria è sufficientemente secca, e de-
cresce all’aumentare dell’umidità relativa (sono presenti in genere
notevoli quantità di vapore acqueo)

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Effetti dell’energia irradiata

 Il metodo Eisemberg individua i seguenti effetti dell’energia irra-


diata (kW/m2):
energia effetti sull'uomo
40,0 probabilità di sopravvivenza 1%
26,0 innesco incendi di sostanze infiammabili
19,0 probabilità di sopravvivenza 50%
5,0 danni a operatori con indumenti di protezione per lunghe esposizioni
2,0 ustioni di 2° grado
1,8 ustioni di 1° grado
1,4 limite di esposizione su lungo periodo per persone vestite normalmente

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Effetto dei gas di combustione - 1

 Anidride carbonica (CO2)


¦ Gas asfissiante oltre la concentrazione del 5%
 Ossido di carbonio (CO)
¦ Gas presente nell’atmosfera in concentrazione di 10 ppm, innocuo si-
no a 100 ppm, produce nausea a 200 ppm e mal di testa a 300 ppm
¦ Alla concentrazione di 12000 ppm (1,2%) si registra il limite di so-
pravvivenza: 2 o 3 inspirazioni sono sufficienti a far perdere cono-
scienza, e dopo un paio di minuti sopravviene il decesso
¦ È il principale responsabile dei decessi in caso d’incendio
 Acido cianidrico (HCN)
¦ Gas velenosissimo, nocivo già in concentrazioni di 100 ppm

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Effetto dei gas di combustione - 2

 Idrogeno solforato (H2S)


¦ Gas dal caratteristico odore di uova marce, produce vertigini e vomi-
to in mezz’ora di esposizione ad atmosfere con concentrazione ol tre
400 ppm (0,04%)
 Anidride solforosa (SO2)
¦ Gas irritante già a bassissime concentrazioni è pericolosissimo in
presenza di disturbi polmonari o cardiaci
 Ammoniaca (NH5)
¦ Gas che può provocare disfunzioni gravi o la morte in mezz’ora di
esposizione ad atmosfere con concentrazioni fra 2500 e 6500 ppm
(0,25÷0,65%)

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Effetto dei gas di combustione - 3

 Acido cloridrico (HCl)


¦ Gas fatale in pochi minuti in concentrazioni di 1500 ppm
 Perossido d’azoto (NO)
¦ Gas che attacca essenzialmente il sistema nervoso centrale ed è mor-
tale già in concentrazioni dello 0,02÷0,07%
 Aldeide acrilica
¦ Gas altamente tossico e irritante, mortale in concentrazioni oltre 10
ppm
 Fosgene
¦ Gas altamente tossico soprattutto al chiuso

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Effetto dei fumi

 I fumi sono ammassi di particelle solide e liquide derivanti da com-


bustioni incomplete (catrame, carbonio, vapore d’acqua), opache e
visibili, irritanti per le mucose degli occhi e le vie respiratorie
 L’opacità dei fumi riduce la visibilità, con conseguente grave o sta-
colo all’evacuazione dalle zone a rischio e all’intervento dei soc-
corritori
¦ Limite teorico di visibilità: non visibilità di una lampada di sicurezza
da 40 W distante 4 m

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Varianti della combustione

 La velocità di ossidazione del materiale combustibile costituisce


l’elemento caratterizzante del fenomeno, in quanto determina:
¦ La velocità di decomposizione o vaporizzazione del combustibile
¦ La composizione dei prodotti combusti
¦ L’energia sviluppata in forma esotermica
 In funzione della velocità di ossidazione si manifestano le seguenti
varianti del fenomeno:
¦ ossidazione normale combustione
¦ ossidazione molto rapida deflagrazione
¦ ossidazione pressoché istantanea esplosione

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Classificazione sostanze pericolose

 Una sostanza è detta incombustibile ai sensi della norma ISO 118 2


recepita dal DM 26 giugno 1984 se non origina fiamma o reazioni
esotermiche sino a 750 C
 Le altre sostanze non comburenti o non ossidanti sono classificabi-
li in modo leggermente differente in relazione alle norme di riferi-
mento:
¦ DM 31 luglio 1934
¦ Legge n. 256/74 e DPR n. 927 del 24 novembre 1981
¦ Concordato Italiano Incendi R.I. edizione 1983

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Etichettatura delle sostanze pericolose

legge 256/74
simbolo sigla C.I.I. ed. 1983
DPR 927/81

R1 - R2 - R3 - R4 - R5 - R6 esplosivi

esplodenti

R14
facilmente
infiammabili
R11 - R12 - R13 - R15 R17 infiammabili A

R10 infiammabili infiammabili B

infiammabili C (O 2 e sostanze
R7 - R8 comburenti
che lo generano)

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Limiti d’infiammabilità

 I gas o vapori infiammabili, in genere, non lo sono se presenti in


concentrazioni modeste o elevate
 Si definisce campo d’infiammabilità il campo di concentrazioni fra i
limiti d’infiammabilità inferiore e superiore
paso specifico

infiammabilità

temperatura

calorifico
accensione
tempertura

potere
relativo

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

90,0
0,0

C C MJ/kg
acetilene 0,900 gas 300 1,5 82,0 49,2
alcool metilico 1,110 11 455 5,5 26,5 22,1
benzine > 2,500 < 0 280 0,7 25,0 44,0
butano 2,050 gas 365 1,5 8,5 49,4
propano 1,560 gas 466 2,1 9,5 46,4
metano 0,550 gas 537 5,0 15,0 50,0
idrogeno 0,070 gas 560 4,0 75,0 121,4

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Fattori ordinari di rischio d’incendio

 I fattori ordinari di rischio d’incendio possono essere classificati


nel seguente modo:
¦ Intrinseci, dipendenti da anomalie nel funzionamento di impianti o ap-
parecchiature, o connessi a fenomeni imprevedibili
¦ Dipendenti da realizzazione di manufatti, o connessi ad accumulo di
materiali
¦ Dipendenti da comportamenti umani o imprevedibili cause derivate
 I fattori ordinari di rischio d’incendio rappresentano la base indi-
spensabile per la valutazione del rischio d’incendio e delle misure
progettuali, di controllo, di manutenzione da adottare

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Origine incendi

 Cause più frequenti:


CAUSA / ORIGINE incidenza  L’impianto elettrico rappresenta la
Impianto elettrico 31,83 % causa d’incendio più frequente, so-
Sigarette-fiammiferi 8,86 % prattutto se non realizzato a regola
Autocombustione 8,74 % d’arte, ma anche:
Faville 6,14 % ¦ Sigarette
Impianto di riscaldamento 4,25 % ¦ Autocombustione
Dolo 3,69 %
¦ Faville
Surriscaldamento motori/macchine 3,06 %
Fulmine 2,79 %
hanno un’incidenza non trascurabile
Esplosione/Scoppio 0,98 %
Altre 29,66 %
TOTALE 100,00 %
fonte: DGPC-SA (sul 42,4% delle cause accertate)

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Autocombustione

 Si dice autocombustione la combustione di una sostanza per ossi-


dazione o fermentazione in assenza di apporto di energia esterna
 L’autocombustione diventa invece combustione da reazioni perico-
lose se deriva da una violenta reazione chimica esotermica (per
esempio: il sodio e il potassio reagiscono violentemente in pres en-
za di umidità producendo idrogeno, infiammabile col calore)
 L’autocombustione può non conclu-

Velocità combustione
dere il processo di ossidazione o
fermentazione se il calore prodotto

stechiometrica
è dissipato da una ventilazione suf-
ficiente Portata d’aria
soffocamento dispersione

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Incendi di origine elettrica

 Cause principali:
¦ Cortocircuito (arco con produzione di calore)
¦ Surriscaldamento
¦ Elettricità statica (soprattutto in materiali non conduttori e in presen -
za di gas o vapori facilmente infiammabili)

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Estensione interna dell’incnedio

 La rapidità dell’estensione dipende da arredo, condizioni psicrome-


triche, impianto elettrico, configurazione statica, etc.
 Il calore surriscalda gli oggetti prossimi all’incendio producendo
gas combustibili che, combinati con l’elevata temperatura, provo-
cano l’estensione dell’incendio, soprattutto verso l’alto
 In alcuni casi l’accumulo di gas di pirolisi provoca esplosioni o mi-
croesplosioni che generalizzano l’incendio

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Estensione dell’incendio all’edificio

 L’estensione dell’incendio può avvenire tramite:


¦ Canalizzazioni degli impianti tecnologici
¦ Superfici di minore resistenza o crepe e fessurazioni nelle strutture
¦ Propagazione di fiamme da una finestra a quella soprastante
¦ Propagazione tramite rivestimenti combustibili delle vie di comu nica -
zione
 quindi è legata essenzialmente al livello di compartimentazione del-
l’edificio

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Estensione al contorno dell’incendio

 La propagazione dell’incendio agli ambienti circostanti avviene, di-


rettamente o indirettamente, tramite la penetrazione di fiamme e
gas di combustione soprattutto attraverso porte e pareti, che no n
esercitano grande resistenza alla propagazione se non dotate di
caratteristiche specifiche

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La prevenzione incendi

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Prevenzione incendi

 È detta prevenzione incendi la scienza che studia i provvedimenti


atti a prevenire, segnalare, ed estinguere un incendio, o ridurne la
propagazione
 I provvedimenti di prevenzione incendi possono essere raggruppati
in due classi principali in relazione alla funzione primaria:
¦ riduzione della probabilità che PREVENZIONE

un incendio possa insorgere


¦ contenimento dei danni pro- PROTEZIONE

dotti da un incendio
PASSIVA

ATTIVA

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Prevenzione e Protezione

 Le misure antincendio vengono classificate in provvedimenti di


prevenzione o protezione in relazione all’affinità dello scopo prima-
rio, ma spesso potrebbero svolgere più funzioni
¦ Per esempio:
¡ Un arredo incombustibile:
Riduce la probabilità che possa insorgere un incendio (prevenzione)
Riduce l’intensità di un incendio (protezione)
¡ Una struttura resistente al fuoco
Contiene la propagazione di un incendio (prevenzione)
Facilita l’esodo delle persone e l’intervento dei VVF (protezione)
¡ La realizzazione di superfici di aerazione
Contiene la propagazione di un incendio (prevenzione)
Facilita l’esodo delle persone e lo spegnimento (protezione)

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Misure di prevenzione

 Schema a blocchi di principio, e classificazione elementare, delle


misure di prevenzione tipiche

PREVENZIONE INCENDI

R ID UZIO NE O R D INE
TIPO LO G IE IM PIANTI A
S EPA R A ZIO NI M A NUTENZIO NE PE RIC O LO
C O STRUTTIV E NO RM A
LA V O R AZIO NI PULIZIA

C O M PA R TIM ENTA ZIO NI

D ISTA NZE D I
SIC URE ZZA

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Misure di protezione

 Schema a blocchi di principio, e classificazione elementare, delle


misure di protezione tipiche
PROTEZIONE INCENDI

R IV ELA ZIO NE E
O R G ANIZZA ZIO NE SO EG NIM ENTO M EZZI M A NUA LI
A UTO M A TIC I

ISTR UZIO NE SQ UAD R E ID R A NTI O IM PIANTI


ESTINTO RI M EZZI M O B ILI
P ER SO NA LE A NTINC E ND IO NA SP I M ANUA LI FISSI

AR R ESTO
IMP IA NTI
S ISTEM I E V A C UA ZIO NE IM PIANTI D I S ER RA M ENTI D I
A UTO M A TIC I
D 'ALLA R M E FUMI P RO C ESS O E SIC UR EZZA
D 'E STINZIO NE
V ENTILA ZIO NE

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Estinzione degli incendi ed Estinguenti

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Estinzione dell’incendio

 La mancanza di uno dei tre pilastri dell’incen- INCENDIO


dio ne provoca l’estinzione che, quindi, può
essere ottenuta mediante:
¦ Esaurimento o sottrazione del combustibile Ossigeno

¦ Soffocamento (eliminazione dell’ossigeno) Combustibile Temperatura


¦ Raffreddamento (al di sotto della temperatura
d’accensione)
¦ Una combinazione dei tre metodi elementari
¦ Inibizione chimica della fiamma (incendi di vapori e gas infiamm abili)

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Agenti estinguenti

 Gli agenti estinguenti più utilizzati sono:


¦ Acqua
¦ Schiume separazione comburente
¦ Idrocarburi alogenati (Halon) e derivati catalisi negativa
¦ Anidride carbonica soffocamento-raffreddamento
¦ Polveri
¦ Vapore acqueo soffocamento
¦ Azoto soffocamento

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Acqua

 Azione estinguente:
¦ Meccanica di abbattimento della fiamma (getto frazionato sul foco-
laio)
¦ Raffreddamento per assorbimento del calore di combustione
¦ Assorbimento del comburente in vapore acqueo
¦ Diluizione combustibile
 Controindicazioni:
¦ Fuochi di classe E: azione su impianti elettrici
¦ Presenza di potassio e sodio, che possono esplodere con l’acqua
¦ Presenza di cloro, fluoro e acido solforico, che a contatto con l’acqua
generano prodotti tossici
¦ Presenza di documenti e apparecchiature importanti danneggiabili

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Schiume

 Soluzioni in acqua di schiumogeno aerato che si manifestano come


aggregati di bolle di gas (aria o CO2)
 Azione estinguente (coltre persistente che ricopre il focolaio o sa-
tura l’ambiente):
¦ Separazione del comburente dal combustibile
¦ Diluizione del comburente per disgregazione in vapore acqueo o C O2
¦ Raffreddamento
 Tipi di schiume:
¦ Chimica miscela di anidride carbonica e schiumogeno
¦ Fisica inglobamento di acqua nello schiumogeno
¦ Filmante addizione di sostanze tensioattive

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Ha lon

 Derivano da idrocarburi saturi mediante sostituzione degli atomi di


idrogeno con atomi di alogeni (fluoro, cloro, bromo) z a z io n e de g
li
iliz in
v i e ta l’ut io (tranne
 Azione estinguente: o t
2001 end
tobre ianti antinc trolifero)
3 e
Il DM e gli imp militare e p il
¦ Blocco delle reazioni a catena che si “halon n campo
” n
0 2 a bolisce
n ic a e i l uglio 20 ”
verificano durante la combustione av io
n . 1
3 1
79 del degli “halo
n
ge e
La leg i utilizzazion
 Proprietà fondamentali: divieto
d

¦ Stabili sino a 400 ÷500 C si decompongono sulla fiamma, sono inerti,


non lasciano residui, non producono shock da raffreddamento, hanno
elevato potere dielettrico
¦ Sono particolarmente efficaci su fuochi di classe B, C ed E
 Preferibile lo sfollamento prima della scarica

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Sostituti dell’Ha lon

 Le norme internazionali del tipo del DM 3 ottobre 2001 hanno co-


stretto le aziende chimiche a cercare agenti sostitutivi degli halon,
trattati nello standard NFPA 2001-1994, con caratteristiche simili
a quelle dell’halon:
¦ CEA- 410 perfuorobutano
¦ FE- 241 clorotetrafluoroetano HCFC
¦ NAF S- III varie molecole HCFC
¦ INERGEN azoto, argon e anidride carbonica
¦…

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Anidride carbonica (CO2)

 Azione estinguente:
¦ Soffocamento per sottrazione del comburente
¦ Raffreddamento per espansione
 Proprietà fondamentali:
¦ Ha elevato potere dielettrico
¦ È efficace su fuochi di classe A, B, C ed E
 Controindicazioni:
¦ Apparecchiature sensibili a shock termici
¦ Materiali contenenti ossigeno (nitrati, perossidi, …)
¦ Fuochi di classe D (incedi di sodio, potassio, magnesio, zirconio, …)
¦ Letale nelle concentrazioni utilizzate

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Polveri

 Azione estinguente:
¦ Meccanica di abbattimento della fiamma
¦ Decomposizione per la temperatura con produzione di vapore acqueo
e CO2
¦ Inibizione della combustione per contatto
 Tipi di polveri:
¦ Chimiche, adatte per fuochi di classe B e C
¦ Chimiche polivalenti, adatte per fuochi di classe A, B e C
¦ Inerti, adatte per fuochi di classe D (metalli)
 Caratteristiche:
¦ Tossicità modesta, elevato potere dielettrico

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Vapore acqueo e azoto

 Entrambi validi come mezzi estinguenti che operano per soffoca-


mento, sono impiegati raramente
 L’azoto è utilizzato più frequentemente come gas inertizzante

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Sicurezza antincendio

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Sicurezza antincendio

 È detta sicurezza contro l’incendio la probabilità S(t) che, nell’ar-


co di tempo t di esposizione al rischio di incendio e in condizioni
prestabilite, non si verifichi l’incendio
n( t )
¦ Si ha: S( t ) = = e − λt ≅ 1 − λ ⋅ t
N
 se n(t) è il numero di eventi sfavorevoli non registrati al temp o t fra gli N
possibili, e λ è la frequenza di accadimento di un evento nell’unità di tempo
¦ Se λ ≠ 0 si ha sicurezza assoluta solo per t=0: S(0)=1
 La sicurezza non ha significato in assenza di evento sfavorevole
(es.: innesco in un manufatto incombustibile, che è intrinsecamen-
te sicuro rispetto all’incendio)

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Pericolo e rischio d’incendio

 È detto pericolo d’incendio il complemento a uno della sicurezza


antincendio: P( t ) = 1 − S( t ) = λ ⋅ t

 È detto rischio d’incendio il prodotto del pericolo per il danno


probabile: R( t ) = P( t ) ⋅ k ⋅ d ≅ λ ⋅ t ⋅ k ⋅ d
 dove si ha:
¦ k = probabilità che l’evento provochi un danno
¦ d = entità del danno provocato
¦ k⋅d = danno probabile
 Non si deve confondere il rischio definito sopra con la condizione,
situazione o cosa (carico sospeso, presenza di acidi) capace di
creare eventi sfavorevoli, spesso indicati col medesimo termine

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Rischio e sicurezza antincendio

 Una coppia di valori magnitudo (danno probabile) frequenza deter-


mina un livello di rischio
 che può essere ridotto adottando uno dei
seguenti provvedimenti:
¡ Prevenzione

frequenza
¡ Protezione
¡ Misto

 In ciascun compartimento un intervento


integrativo deve essere pesato in un’otti- R
ca tecnico-economica in funzione del dan-
no presumibile magnitudo

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Costi della prevenzione incendi

 Il costo totale della sicurezza 0 Costo totale della sicurezza


antincendio dipende dai costi: Costo degli incidenti
¦ degli incidenti Costo dei controlli

Costi della sicurezza


Costo della prevenzione
¦ dei controlli
¦ della prevenzione
e presenta un minimo che indi-
vidua il livello di sicurezza an-
tincendio ottimo
 Il livello di sicurezza antincen-
dio definito dalle norme è in
genere minore del livello otti- 0
mo 0 25 50 75 100
livello di sicurezza %

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Identificazione del rischio d’incendio

 L’identificazione dei rischi potenziali può essere effettuata co n


l’ausilio dei seguenti metodi:
¦ Storico-Statistico
¡ Analisi delle anomalie verificatesi nel passato mediante banche-dati de-
gli incidenti
¦ Analitico
¡ Analisi logica dei possibili eventi rischiosi, quali per esempio:
Studio di operabilità (Haz-Op Analysis)
Analisi dei modi di guasto (FMEA: Failure Modes and Effect Analisys)
 che conduce ad un elenco di possibili eventi anomali (alcuni dei quali
solo teorici) per ciascuno dei quali si deve studiare una strategia di di-
fesa

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Identificazione della frequenza probabile

 L’individuazione della frequenza d’accadimento di un evento sfavo-


revole può essere effettuata con l’ausilio dei seguenti metodi:
¦ Storico-Statistico
¡ Analisi della frequenza storica degli incidenti verificatisi nel passato
mediante elaborazione statistica dei dati disponibili
¦ Analitico
¡ Analisi logica delle probabilità d’accadimento, quali per esempio:
Analisi dell’albero dei guasti (FTE: Fault Tree Analisys )
 che conduce ad un albero di eventi elementari che possono condur re
all’evento sfavorevole per stimare la sua probabilità d’accadimento

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 49/250


Valutazione delle conseguenze

 La valutazione delle conseguenze di un evento sfavorevole può es -


sere fatta mediante modelli di calcolo previsionali che considerino
le condizioni al contorno

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 50/250


Analisi del rischio d’incendio

 Matrice (avanzata a finestra) del rischio:


Magnitudo: 4 ingente Frequenza: 4 elevata
3 notevole 3 medio-alta
2 modesta 2 medio-bassa
1 trascurabile 1 bassissima

¦ Graduazioni del rischio: 16


4 4 8 12 16
¦ Valutazione del rischio
¦ Macroaree di rischio 3 3 6 9 12

frequenza
¦ Condizioni di rischio 2 2 4 6 8
¡ Intervento di prevenzione
1 1 2 3 4
¡ Intervento di protezione
1 2 3 4
magnitudo

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 51/250


La prevenzione incendi nella pratica

 La prevenzione degli incendi si


realizza secondo tre direttrici di-
stinte e complementari: RISCHIO
PREVENZIONE

INIZIALE
¦ Evitare (prevenzione) PROTEZIONE

¦ Limitare (protezione)
¦ Trasferire (prevenzione RISCHIO
ASSICURAZIONE
finanziaria) RIDOTTO

 I diversi interventi devono esse-


re calibrati nell’ottimizzazione RISCHIO
RESIDUO
del risultato finale insopprimibile

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 52/250


Definizioni e simbologia antincendio

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Definizioni e simbologia antincendio

 Definizioni geometrico-funzionali
 Affollamento
 Simbologia

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 54/250


Definizioni geometrico-funzionali - 1

 Altezza antincendio (figura)


 Altezza del piano (figura)
 Resistenza al fuoco 2,70 m

¦ Attitudine di un componente a con-


servare per il tempo specificato, in
minuti: 20,70 m

¡ La STABILITÀ R
22,00 m
¡ La TENUTA AI FUMI E
¡ L’ISOLAMENTO TERMICO I
 Compartimento antincendio
¦ Parte di edificio delimitata da elemen-
ti REI predeterminati

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 55/250


Definizioni geometrico-funzionali - 2

 Superficie di un compartimento
¦ Superficie delimitata dal perimetro interno
 Spazio scoperto 2M

US

¦ Spazio a cielo libero, o grigliato superior- 0.86

mente, anche delimitato su tutti i lati, con:


0.86

¡ Superficie proiettata So > 3·Hmin con Hmin


altezza della parete più bassa

2M
¡ Pareti contrapposte a distanza d > 3,5 m

US
¡ Rapporto fra eventuale aggetto e sua al - 3,50 m 1,20 m
tezza d’impostazione r < 0,5
 Luogo sicuro 2,50 m
So > 7,5 m2
3,00 m

¦ Spazio scoperto o compartimento antincen-


dio
martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 56/250
Tolleranza nelle misure

 Tutte le misure di prevenzione incendi ammettono le seguenti tol-


leranze (di misura, non di progetto):
¦ Misure lineaqri maggiori di 2,4 m : 2 %
¦ Misure lineari sino a 2,4 m : 5%
¦ Misure superficiali : 5%
¦ Misure volumiche : 5%
¦ Misure di pressione : 1%

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 57/250


Definizioni e simbologia antincendio

 Definizioni geometrico-funzionali
 Affollamento
 Simbologia

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 58/250


Affollamento

 Densità di affollamento: numero massimo di persone ammesso per


unità di superficie lorda di pavimento
 Massimo affollamento ipotizzabile: numero di persone ammesso in
un compartimento espresso dal prodotto della densità d’affolla-
mento e della superficie lorda del compartimento
 Capacità d’esodo (o deflusso, o sfollamento): numero massimo di
persone che, in un sistema di vie d’evacuazione, si ammette pos-
sano defluire attraverso un modulo uno nello sfollamento ordinato
di un compartimento

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 59/250


Definizioni e simbologia antincendio

 Definizioni geometrico-funzionali
 Affollamento
 Simbologia

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Simbologia - 1 (DM 30.11.83)

CATEGORIA SIMBOLO DEFINIZIONE


aperture negli elementi costruttivi porta TF
indicare accanto al simbolo le caratteristiche di resistenza al fuoco
x (m) distanza di sicurezza esterna
distanziamenti x (m) distanza di sicurezza interna
x (m) distanza di protezione
verso l'alto
vie di evacuazione (uscita) orizzontale
verso il basso
E portatile
estintori
E carrellato
indicare accanto al simbolo la classe dei fuochi e la potenzialità

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 61/250


Simbologia - 2 (DM 30.11.83)

CATEGORIA SIMBOLO DEFINIZIONE


naspo con tubazione semirigida e lancia

idrante con tubazione flessibile e lancia


sistemi antincendio idrici idrante sottosuolo
idrante soprasuolo
allaccio per motopompa singolo e doppio
indicare accanto al simbolo il diametro nominale DN e il numero se multiplo
impianto d'allarme manuale
sistemi di segnalazione
impianto automatico di rivelazione d'incendio
indicare il tipo nel simbolo del rivelatore

ad attivazione automatica
impianti fissi d'estinzione
ad attivazione manuale
indicare nel simbolo la sostanza estinguente

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 62/250


Misure di prevenzione

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 63/250


Misure di prevenzione

 Tecniche
¦ Divieto di fumo, uso di fiamme libere, produzione di scintille
¦ Contenimento del carico d’incendio
¦ Impianti di servizio (elettrici, condizionamento, etc.) a norma
¦ Messa a terra di impianti, strutture, etc., e pavimenti antistat ici
¦ Ventilazione naturale o meccanica
¦ Confinamento delle aree a rischio specifico
¦ Segnaletica di sicurezza
 Organizzativo-gestionali
¦ Controllo sulle misure di sicurezza, ordine e pulizia
¦ Informazione e formazione

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Misure di prevenzione

 Carico d’incendio
 Ventilazione

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 65/250


Potere calorifico di un combustibile

 Reazione chimica di ossidazione tipica:


CC ++ OO22 → CO22 ++ 395
→ CO 395 kJ
kJ CC ++ OO → CO ++109
→ CO 109 kJ
kJ
12 +
12 + 32
32 44
44 gg 12 +
12 +1616 28
28 gg
calore di combustione del carbonio quantità di calore sviluppata da un grammo atomo di sostanza
grammo molecola O2 solida o un grammo molecola di sostanza gassosa
grammo atomo del carbonio

 Il calore di combustione normalizzato (rispetto al peso per le so -


stanze solide o liquide e al volume per le sostanze gassose) è d et -
to potere calorifico
395
395 = 32916 kJ / kg → ≅ 33 MJ / kg
¦ Potere calorifico del carbonio: PCI
PCI :: = 32916 kJ / kg → ≅ 33 MJ / kg −−33
12⋅⋅10
12 10
286
286
¦ Potere calorifico dell’idrogeno: PCI
PCI:: = 12786 kJ / m 33 → ≅ 13 MJ / m 33
−−33 = 12786 kJ / m → ≅ 13 MJ / m
22,,44⋅⋅10
22 10
HH22 ++ OO →
→ HH22OO ++ 286
286 kJ
kJ
22 ++1616 18
18 gg

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 66/250


Poteri calorifici

 Materiali elementari:
materiale ρ MJ/kg materiale ρ MJ/kg
abiti 20 linoleum 1300 21
benzina 700 42 olio d'oliva 42
burro 38 pane 12
caffè 17 pasta 15
carne essicata 26 polietilene 42
carta in pacchi 1200 47 poliuretano 26
cuoio 21 PVC 17
legno di quercia 800 17 seta naturale 21
legno di abete 550 17 stracci 300 17
legno standard 500 18,478 sughero in lastre 240 17
libri e fascicoli 800 17 trucioli di legno 190 17

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 67/250


Poteri calorifici

 Materiali d’arredo:
materiale note MJ materiale note MJ
2
armadio a muro pieno 2 ante 1340 scaffale in legno m 418
armadio a muro pieno 3 ante 2009 scrivania in metallo 837
armadio a muro pieno 4 ante 2679 scrivania 2,0 m a 2 cassettiere 2177
2
biblioteca con libri m 837 scrivania 1,6 m a 1 cassettiera 1172
2 sedia da cucina 59
casellario per archivio pieno m 2009
2
comodino 168 tappeto m 47
credenza per alimenti 418 tavolo allungabile grande 590
divano 837 tavolo da cucina in legno 335
letto 1080 tavolo medio 418
pianoforte 2846 tavolino portaradio rotondo 252
2
poltrona 335 tenda m 13

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Poteri calorifici

 Ambienti tipici:
2 2
materiale note MJ/m materiale note MJ/m
magazzini per abiti 590 caseificio 130
agenzia di viaggi 50 Chiesa 170
albergo 340 edicola 1300
supermarket alimentare 670 drogheria 1050
appartamento 340 farmacia con deposito 850
archivio 4200 gabinetto dentistico 170
articoli sportivi, commercio 760 gioielleria 340
autoveicoli, esposizione 260 grandi magazzini 420
autoveicoli, magaz. access. 340 laboratorio eliografico 420
autorimessa 250 laboratorio fotografico 340
biblioteca 1700 ospedale 340

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 69/250


Carico d’incendio

 Il carico d’incendio di un’area chiusa è espresso (Circolare n. 91 del


14/12/61) dalle relazioni: ∑ m ⋅ PCI
mi [kg]
nn

ii ii
CI = ii==11 PCIi [kcal/kg]
4400 ⋅ A A [m2]
nn
mi [kg]
∑ m ⋅ PCI ii ii
PCIi [MJ/kg]
CI = ii==11
18,422 ⋅ A
A [m2]

 o ancora, se nell’area sono comprese strutture portanti combusti-


bili:
nn

∑ m ⋅ PCI ¡ Superficie di strutture


ii ii
portanti esposta al fuoco
ii==11
+ 12,5 ⋅ S
CI =
18,422 S [m2]
A ¡ Spessore crosta legno
s [m] = 0,025
s ⋅ ρ = 12,5
¡ Peso specifico legno
ρ [kg/m3] = 500

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 70/250


Strutture portanti in legno

 Il carico d’incendio di locali realizzati con strutture portanti in le-


gno è espresso dalla relazione: QT = Q + 12,5 ⋅ S
A
 dove:
¡ Q = carico d’incendio dei materiali combustibili senza le strutture
¡ S = superficie esposta al fuoco delle strutture portanti (m 2)
¡ A = superficie orizzontale del locale (m2)
 Le strutture portanti devono conservare la stabilità R per un tem-
po coincidente con la classe del locale
 Le strutture portanti in legno si riducono, sotto l’azione del fuoco,
nel seguente modo: Pilastri : 0,7 mm/min
Travi, estradosso, e laterali : 0,8 mm/min
Intradosso e altre strutture orizzontali : 1,1 mm/min

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 71/250


Carico d’incendio

 Esempio di calcolo per una camera con due letti singoli:


2
materiale n-m MJ/cad MJ Superficie locale: 15,75 m2
letto singolo 2 1080 2160 7925
Q= = 503 ,17 → ≅ 503 MJ / m 22
comodino 2 168 336 15,75
503
armadio a muro a 4 ante 1 2679 2679 Q= = 27,30 → < 30 kg / m 22
18,422
cassettiera 1 1005 1005
classe dell’ambiente
poltrona 2 335 670
apparecchio TV 1 252 252 Classi di edifici:
tappeti 4 47 188 15 - 30 - 45 - 60 - 90 - 120 - 180
tenda 5 13 65 La Circolare MI n. 91 del 14
porta in legno 1 to 420 settembre 1961 prevede un
l c ola
portafinestra 1 ca 150 coefficiente riduttivo legato al
TOTALE 7925 contorno

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 72/250


Coefficiente riduttivo del carico d’incendio

 La Circolare n. 91/61 prevede l’applicazione di un coefficiente ri-


duttivo 0,2 ≤ K ≤ 1,0 correlato a un indice globale di valutazione
del rischio dell’edificio dalla relazione: 1,0
0,9
 Se Q è il carico d’incendio calcolato, e 0,8

coefficiente riduttivo K
K il coefficiente riduttivo, la classe del - 0,7
0,6
l’edificio è espressa dalla relazione: 0,5

C
C ≥≥ K
K ⋅⋅Q
Q
0,4
0,3
 Nell’esempio precedente, se si avesse 0,2

Iv=-21, quindi K=0,55, la camera da 0,1


0
letto apparterrebbe alla classe: -100 -80 -60 -40 -20 0 20 40 60 80 100
ΣIndici di valutazione
C
C ≥≥ 00,,55
55⋅⋅27 21==14
27,,21 →15
97 →
14,,97 15 70 + ∑ I
K = 0,2 + ≤ 1,0
160

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 73/250


Indici di valutazione

1 Altezza edificio e piani 3 Utilizzazione degli ambienti 5.3 allarme VVF (con 5.1/2: -2) -10
1.1 Altezza totale in gronda 3.1 materiali infiammabili +(5-10) 5.4 guaardiania permanente + tel.
fino a 7 m 0 materiali facilmente combust. 0 con allarme e idranti -12
da 7 m a 14 m +2 materiali poco combustibili -(5-15) con allarme -10
da 14 a 24 m +4 3.2 destinazione dei locali con idranti -9
da 24 a 30 m +6 ambienti affollati +10 con estintori (o idranti esterni) -8
da 30 a 45 m +10 ospedali e scuole +5 senza altri ausili -7
oltre 45 m +20 abitazioni e uffici 0 5.5 idranti interni (con 5.1/2: -2) -4
1.2 Altezza dei piani 3.3 percorsi esodo > 20 m +(2-4) 5.6 idranti esterni (con 5.1/2: -1) -3
fino a 4 m +2 4 Pericolo di propagazione 5.7 estintori (con 5.1/2: -1) -2
da 4 m a 8 m +1 distanza altri edifici < 10 m +3 5.8 tempo intervento VVF
2 Superficie interna distanza altri edifici 10-25 m +1 fino a 10 minuti -5
fino a 200 m2 0 distanza altri edifici > 25 m 0 da 10 a 15 minuti -2
2 2 Segnalazione e protezione
da 200 m a 500 m +2 5 da 15 a 20 minuti 0
da 500 m2 a 1000 m2 +4 5.1 squadra soccorso + idranti -25 oltre 20 minuti +5
da 1000 m2 a 2000 m2 +6 squadra soccorso + estintori -15 5.9 difficoltà d'accesso interno +(0-3)
oltre 2000 m2 +10 5.2 sprinkler (con 5.1: -(3-5)) -(15-25)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 74/250


Misure di prevenzione

 Carico d’incendio
 Ventilazione

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 75/250


l’incendio senza ventilazione

 Un incendio in un edificio di grandi dimensioni può rendere difficile


e pericoloso l’esodo degli occupanti e l’intervento dei VVF a ca usa
del fumo, che si propaga con velocità dell’ordine di 1 m/s e rimane
bloccato sotto il soffitto, e del calore

Visibilità nulla, calore insopportabile (500÷1000 C) e aria irrespirabile (fumi > 4%): i VVF devono intervenire
dall’esterno con efficacia scarsa anche perché non possono individuare e colpire il focolaio d’incendio

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 76/250


L’incendio con ventilazione - 1

 In presenza di un sistema di ventilazione, i prodotti della combu-


stione, molto caldi quindi meno densi dell’aria circostante, tendo-
no a salire trascinandosi dietro, per depressione, l’aria più fredda
con la quale si mescolano subendo un raffreddamento
 Il fumo che raggiunge il soffitto si diffonde al di sotto di questo
formando uno strato che “galleggia” sull’aria fredda, ma fuori-
escono dall’evacuatore di fumo soprastante invece di accumularsi
nell’intradosso del soffitto e invadere poi l’intero locale
 Il sistema è stabile, quindi si arriva ad una situazione di regime
nella quale la portata di fumi prodotti coincide con quella dei fumi
evacuati

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 77/250


Accorgimenti per la ventilazione

 La presenza di divisioni verticali incombustibili a soffitto confina i


fumi nel solo settore sopra l’incendio
 Se si riesce a mantenere libero dai fumi il volume inferiore alto al-
meno 2 m i vigili del fuoco possono intervenire efficacemente

Visibilità buona, calore sopportabile (500 C all’intradosso del soffitto) e aria respirabile: i VVF devono interve-
nire dall’interno con efficacia elevata colpendo con i getti direttamente il focolaio d’incendio

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 78/250


Misure di protezione passiva

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 79/250


Misure di protezione passiva

 Lay-out e architettura degli edifici (evacuazione)


 Uscite di sicurezza, scale protette o a prova di fumo
 Caratteristiche costruttive (resistenza al fuoco)
 Caratteristiche dei materiali e protezione di strutture combustibili
(reazione al fuoco)
 Superfici di sfogo per fumo e calore
 Informazione e formazione
 Piani di emergenza
 Esercitazioni di esodo e di spegnimento
 …

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 80/250


Misure di protezione passiva

 Resistenza al fuoco
 Reazione al fuoco
 Compartimentazione
 Confinamento
 Accesso degli automezzi di soccorso
 Vie di esodo
 Illuminazione di sicurezza

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 81/250


Resistenza al fuoco

 Capacità della struttura portante, espressa in minuti primi, di con-


servare durante l’incendio la propria stabilità per un tempo prede-
terminato al fine della tutela degli occupanti e delle squadre di
soccorso
 Detta capacità si considera soddisfatta, per convenzione, quando
la resistenza al fuoco dell’elemento più debole è non inferiore a
quella richiesta e le connessioni strutturali risultano adeguate
 Elementi di scelta:
¦ Carico d’incendio e misure di protezione del compartimento
¦ Deterioramento strutturale reversibile accettabile
¦ Entità dei danni (vite umane, beni materiali) da evitare

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 82/250


Verifica della resistenza al fuoco

 Sperimentale (anche per analogia o estrapolazione):


¦ Risultati della prova d’incendio unificata eseguita in forno
¦ Circolare M.I. n. 91/61
¦ Norme specifiche:
¡ es.: Circolare M.I. n. 73/71
 Analitica:
¦ UNI 9502 “Elementi costruttivi in conglomerato cementizio armato )”
¦ UNI 9503 “Elementi costruttivi di acciaio”
¦ UNI 9504 “Elementi costruttivi di legno”

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 83/250


Resistenza al fuoco

 È detta resistenza al fuoco l’attitudine di un elemento strutturale o


divisorio a mantenere per il tempo stabilito:
¦ La stabilità R: attitudine a conservare la resistenza meccanica sotto
l’azione del fuoco
¦ La tenuta E: attitudine a non lasciar passare o produrre fiamme,
vapori o gas, sotto all’azione del fuoco
¦ L’isolamento termico I: attitudine a contenere la trasmissione di calo-
re sotto l’azione del fuoco
 In relazione alle caratteristiche dell’elemento il comportamento al
fuoco può essere descritto dai simboli REI, RE, o R seguiti da un
numero (15, 30, 45 , 60, 90, 120 , 180 ) che ne esprime la durata in
minuti primi

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 84/250


Resistenza al fuoco delle strutture

 Il carico d’incendio espresso in “kg/m2 di legna standard” defini-


sce la “classe dell’edificio” cioè la durata minima di resistenza al
fuoco, espressa in minuti primi, da richiedere alla struttura o al-
l’elemento costruttivo in esame, in quanto la durata effettiva di
resistenza al fuoco di un ambiente o di una struttura è in relazione
diretta con la quantità di materiale combustibile presente
 Gli elementi costruttivi utilizzati in Italia (cemento armato, laterizi
forati e laterizi pieni) hanno caratteristiche di resistenza al fuoco
eccellenti
 Le strutture in acciaio collassano invece a temperature relativa-
mente basse (≅550 C alle tensioni ammissibili)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 85/250


Resistenze al fuoco precalcolate

REI 15 30 45 60 90 120 180


strutture spessori (mm)
laterizi pieni, intonaco normale 60 130 130 130 260 260 260
laterizi pieni, intonaco isolante 60 60 60 130 130 260 260
pareti TF

laterizi forati, intonaco normale 60 100 140 200 300 300 300
laterizi forati, intonaco isolante 60 60 60 100 100 140 200
calcestruzzo normale 80 80 100 100 100 120 160
calcestruzzo isolante (pomice, perlite, …) 80 80 80 80 80 100 100
soletta ca, intonaco normale 100 100 120 140 160 200 200
soletta ca, intonaco isolante 100 100 120 140 140 160 160
soletta ca, soffitto sospeso 80 80 100 120 120 140 140
solaio laterizi, intonaco normale 160 160 200 240 240 300 300
solai

solaio laterizi, intonaco isolante 140 140 180 180 200 240 240
solaio laterizi, soffitto sospeso 120 120 160 160 180 220 220
solaio precompresso, intonaco normale 160 160 200 240 240 300 300
solaio precompresso, intonaco isolante 140 140 180 200 240 240 240
solaio precompresso, soffitto sospeso 120 120 160 160 180 220 220

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Spessore minimo dei rivestimenti

REI 15 30 45 60 90 120 180


tipo di rivestimento spessori (mm) su struttura metallica
vernici intumescenti (isolanti autoespandenti) - si si certificazione specifica
intonaco di cemento-sabbia (1:5) su rete 0,0 20,0 25,0 32,5 45,0 57,5 -
intonaco di cemento-calce/gesso (1:3) su rete 0,0 20,0 25,0 32,5 45,0 57,5 -
intonaco di sabbia-gesso (1:1-1:3) 0,0 15,0 22,5 30,0 42,5 52,5 -
intonaco di vermiculite-gesso (1:4) 0,0 17,5 22,5 25,0 32,5 37,5 52,5
intonaco di vermiculite-cemento (1:4) 0,0 12,5 17,5 22,5 30,0 37,5 47,5
intonaco di perlite-gesso (1:2) su rete 0,0 12,5 15,0 20,0 30,0 37,5 57,5
miscele di fibre minerali su lamiera striata 0,0 12,5 17,5 22,5 40,0 52,5 77,5
lastre di gesso 0,0 7,5 17,5 30,0 50,0 72,5 80,0
laterizi forati a più serie di fori 0,0 55,0 80,0 80,0 90,0 100,0 130,0
laterizi forati a una serie di fori 0,0 65,0 75,0 85,0 107,5 127,5 -
elementi in conglomerato leggero 0,0 25,0 25,0 25,0 40,0 52,5 80,0
elementi in vermiculite-cemento (1:5) 0,0 15,0 20,0 25,0 30,0 40,0 50,0
elementi in gesso 0,0 10,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0
calcestruzzo normale 0,0 15,0 25,0 30,0 35,0 45,0 60,0

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 87/250


Protezione del cemento armato

 Le compressioni maggiori cui viene sottoposto oggi il cemento ar-


mato e l’adozione di ferri in acciaio ad alta resistenza (che subisce
una riduzione delle proprietà meccaniche a temperatura minore
rispetto al ferro dolce) determinano una riduzione della sua resi-
stenza al fuoco spessore (mm) del copriferro in calcestruzzo
REI pilastri travi
 Ne segue l’esigenza di proteg- 15 0 0
gere più accuratamente che in 30 15,0 12,8
passato il ferro dal fuoco me- 45 25,0 21,3
diante uno spessore sufficien- 60 30,0 25,5
te del calcestruzzo che lo rico- 90 35,0 29,8

pre 120 45,0 38,3


180 60,0 51,0

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 88/250


Somma di resistenze al fuoco

 La resistenza al fuoco può essere ottenuta con l’impiego di più


strutture in serie in quanto, in assenza di una prova al forno, si
può ritenere che la resistenza complessiva sia fornita dalla somma
delle resistenze di ciascun componente
 Esempi tipici sono:
¡ Il filtro a prova di fumo, la cui resistenza REI A
al fuoco può essere assunta uguale alla
REI > A/2 REI > A/2
somma delle resistenze delle due porte
¡ Un solaio protetto inferiormente da un
REI 120
controssoffitto REI 60
REI 180

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 89/250


Resistenza al fuoco di attraversamenti

 Il passaggio di un elemento impiantistico


(tubazioni o canale elettriche, tubazioni
idriche, canalizzazioni aerauliche) attraver-
so una struttura TF ne inficia la resistenza
al fuoco a causa del foro di transito, che
deve essere protetto in modo adeguato con
materiali elastici coibenti resistenti al fuoco

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 90/250


Rivestimenti intumescenti

 I rivestimenti intumescenti sono pitture che reagiscono alla fiam-


ma o al calore espandendosi, con produzione di schiuma coibente a
microcelle chiuse multiple, secondo il seguente meccanismo:
¦ Scomposizione di un componente acidogeno
¦ Reazione dell’acido con un componente carbonioso che origina una
sostanza schiumogena
¦ Incapsulamento della sostanza schiumogena in un componente resino-
so filmogeno
¦ Scomposizione di un componente gasogeno e gorgogliamento di gas i-
ninfiammabile attraverso il film resinoso, producendo quantità note-
vole di schiuma a microcellule chiuse con proprietà coibenti elevate

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 91/250


Misure di protezione passiva

 Resistenza al fuoco
 Reazione al fuoco
 Compartimentazione
 Confinamento
 Accesso degli automezzi di soccorso
 Vie di esodo
 Illuminazione di sicurezza

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 92/250


Reazione al fuoco dei materiali

 È detto reazione al fuoco il grado di partecipazione di un materiale


combustibile al fuoco cui è sottoposto
 Classificazione di reazione al fuoco (DM 26 giugno 1984):
¦ Classe 0 : materiali incombustibili ISO DIS 1182.2
¦ Classe 1 , 2 , 3, 4 o 5 in relazione alla peggiore (…?!) delle categorie
d’appartenenza nelle prove normalizzate CSE RF3 (fiamma d’innesco
in presenza di calore radiante) e CSE RF1 (fiamma su entrambe le
facce) o CSE RF2 (fiamma su una sola faccia) in funzione di:
¡ Tempo di postcombustione
¡ Tempo di postincandescenza
¡ Ampiezza della zona danneggiata
¡ Assenza di gocciolamento o tempo di spegnimento delle gocce

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 93/250


Certificazione di reazione al fuoco

 La reazione al fuoco di un materiale deve essere certificata dal


CSE del MI o da laboratori da questo legalmente riconosciuti
 La certificazione consente di chiedere al MI l’autorizzazione alla
produzione, e apporre il marchio, o rilasciare un certificato, di con-
formità al prototipo approvato
 La documentazione deve essere completata da fattura e bolla di
consegna del materiale omologato
 I mobili imbottiti sono sottoposti, come intero manufatto, alla pro-
va normalizzata CSE RF4 e classificati 3IM, o 2IM o 1IM se supe-
rano le prove progressive di applicazione delle fiamma per 20 s,
80 s e 140 s cessando l’eventuale combustione entro 120 s

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 94/250


Misure di protezione passiva

 Resistenza al fuoco
 Reazione al fuoco
 Compartimentazione
 Confinamento
 Accesso degli automezzi di soccorso
 Vie di esodo
 Illuminazione di sicurezza

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 95/250


Compartimentazione

 La compartimentazione, sia orizzontale sia verticale, costituisce


un metodo d’interconnessione edilizia mirato al confinamento di un
incendio nella zona d’innesco evitando, o ritardando, la sua pro pa-
gazione ad altre aree mediante interposizione di strutture tagli a-
fuoco o spazi scoperti
 Il compartimento è quindi una partizione di edificio delimitata da e-
lementi costruttivi in grado di impedire per il tempo prefissato la
propagazione di un incendio e dei suoi effetti (calore e fumo) a
settori adiacenti o a strutture contigue
 La compartimentazione è dunque una tecnica di frazionamento del
rischio

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 96/250


Compartimentazione nella pratica

 Le strutture tagliafuoco (con caratteristiche REI definite) sono


evidentemente pareti e solai che, per esigenze pratiche vitali per
l’uso dell’edificio, non possono essere continui:
¦ I compartimenti necessitano di aperture di ingresso e uscita
¦ I compartimenti adiacenti necessitano di aperture di comunicazio ne
¦ I compartimenti sovrapposti dovranno essere messi in comunicazio ne
con scale, ascensori e montacarichi
 Al fine di garantire la continuità della compartimentazione, anche
le porte devono quindi essere tagliafuoco con le medesime caratte-
ristiche REI di muri e solai, e chiuse in caso di emergenza
 La compartimentazione verso l’esterno è oggi improponibile

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 97/250


Porte tagliafuoco

 Le porte TF (meglio: REIxxx) devono essere:


¦ Certificate per le medesime caratteristiche del muro nel quale s ono
installate 0.86

¦ Dotate di dispositivo di autochiusura


2M
 Le porte TF destinate all’esodo devono inoltre:
¦ Aprire nel senso dell’esodo 2M

¦ Essere dotate di maniglione d’apertura a spinta (anti -


panico) 2M

¦ Non ingombrare la larghezza utile di passaggio


¦ Essere dotate di 2 ante (nella pratica NO) 2M

 La chiusura può essere automatica in caso d’incendio

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 98/250


Compartimenti di comunicazione verticale

 In caso d’incendio le gabbie delle scale e degli ascensori si co m-


portano come camini quindi, se non si adottano provvedimenti op-
portuni, sono contemporaneamente vie di comunicazione e vie di
propagazione verticale dell’incendio
 Le scale protette, e soprattutto quel-
le a prova di fumo, sono invece veri
e propri compartimenti funzionali in
grado, in teoria, di confinare l’even-
tuale incendio nel compartimento
d’origine

scala a giorno scala protetta

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 99/250


Scale antincendio

 Le scale possono essere utilizzate anche in caso d’incendio solo se


possiedono alcuni requisiti che le affrancano dal fumo e ne conten-
gono la temperatura a livelli accettabili apertura automatica
(evacuatore di fumo)
 Questo risultato si ottiene rendendo le scale com-
partimenti antincendio indipendenti dotati di ven-
tilazione antincendio, infatti:
¦ In caso d’incendio è probabile che una certa quan -
tità di fumo possa invadere la scala (evacuazione
di persone)
 La ventilazione può essere permanente o ad aper-
tura manuale (piano terra) o automatica (rivela-
tore di fumo o fusibile)
martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 100/250
Tipi di scale antincendio

 Le scale (gruppo scala-ascensore) possono essere classificate in:


¦ Protetta Scala delimitata da strutture REI con porte a chiu-

1M

1M
sura automatica al fine di limitare il tiraggio diret- A

to
¦ Antincendio Scala protetta dotata di canne di esalazione fumi

1M

1M
e di aerazione comunicante con tutti i pianerottoli A

¦ A prova di fumo Scala protetta che comunica con le attività ai pia- 1M

1M

1M
1M

ni solo tramite un “filtro aerato” delimitato da A


strutture REI 120
¦ Esterna Scala esterna accessibile da cielo libero, con vin-

1M
A
coli di distanza da aperture sovrapposte e laterali

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 101/250


Scala a prova di fumo

 La scala a prova di fumo rappresenta il massi-


mo livello di sicurezza per l’esodo delle perso-
ne in caso d’incendio, in quanto è un comparti - US

mento antincendio cui si accede dal comparti- 2M

2M

US
mento a rischio tramite:
scala a prova di fumo esterna
¦ spazio scoperto o disimpegno aperto su spazio
scoperto Saer=0,1 m2

¦ un terzo compartimento antincendio aerato (fil -


tro a prova di fumo)
La scala a prova di fumo interna con filtro ae-
US


rato mediante canna di ventilazione è la solu-
2M

2M
2M

US

US
zione preferibile nell’ottica della sicurezza scala a prova di fumo interna

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 102/250


Condotti di ventilazione

 La canna di ventilazione dei filtri dei singoli piani


non deve mettere questi in comunicazione consen-
tendo al fumo presente in un piano di invadere
quelli superiori
 Questo risultato può essere ottenuto con la con-
formazione nella figura
 A rigore sarebbe corretto prevedere un’analoga
doppia canna di ventilazione per l’immissione di
aria pulita dal basso

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 103/250


Distanze di sicurezza per scale esterne

 Per proteggere le persone che evacuano da una scala esterna è ne-


cessario che questa non venga invasa dall’incendio dei piani sot to-
stanti, quindi che l’area 1.8 1.8
 di facciata di competen-
za abbia caratteristiche
REI adeguate 3.0

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 104/250


Ascensori antincendio

 La tromba dell’ascensore dev’essere trattata come la


scala cui è abbinata
 Soluzioni possibili:
0.86

0.86
¦ Ascensore nella gabbia della scala protetta o a prova di
fumo
¦ Ascensore in vano proprio con accesso da disimpegno o 0.86

0.86
da filtro a prova di fumo (solo se con porte di piano REI
a chiusura automatica
¦ Ascensore in vano proprio a valle di disimpegno o filtro a
prova di fumo (soluzione preferibile)
0.86

 Gli ascensori dovrebbero essere utilizzabili in caso d’incendio solo se


protetti da un filtro a prova di fumo e alimentati in modo preferenziale

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 105/250


Prescrizioni sugli ascensori

 Trombe e locale macchine degli ascensori devono essere conformi


alle norme specifiche
 In particolare:
¦ Il vano corsa deve essere aerato superiormente, anche tramite un camino
che attraversa il locale macchine, con Saer > 0,05·So > 0,2 m2
¦ È vietato il passaggio nel vano corsa di qualunque manufatto o impianto non
inerente l’ascensore
¦ È vietato collocare in un vano corsa più di due ascensori
¦ L’ascensore può servire piani interrati se non sussistono rischi particolari
¦ Il locale macchine sulla copertura deve:
¡ Essere aerato superiormente con Saer > 0,05·So > 0,1 m2
¡ Avere porta incombustibile

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 106/250


Misure di protezione passiva

 Resistenza al fuoco
 Reazione al fuoco
 Compartimentazione
 Confinamento
 Accesso degli automezzi di soccorso
 Vie di esodo
 Illuminazione di sicurezza

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 107/250


Concetto di confinamento

 Il confinamento è un caso estremo di compartimentazione mirato


ad evitare che l’incendio possa propagarsi a causa di:
¦ Calore radiante
¦ Correnti convettive
¦ Faville e tizzoni trasportati dal vento
 o comunque che un evento indesiderato (incendio, esplosione, …)
possa determinare effetti nocivi su persone o manufatti che si tro-
vassero nelle vicinanze
 Le norme prevedono, in casi specifici, distanze di sicurezza (inter-
na ed esterna e di protezione) calibrate in relazione al rischio

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 108/250


Distanze di sicurezza e di protezione

 Le distanze di sicurezza si dividono in:


¦ Interne
¡ Se mirano a proteggere persone o edifici o impianti di un medesimo
complesso
¦ Esterne
¡ Se mirano a proteggere persone o edifici o impianti estranei all’attività
a rischio
 Le distanze di protezione sono invece quelle fra un edificio a ri-
schio e la sua recinzione, che delimita l’area transitabile esterna
 I valori da adottare sono fissati dalle norme in casi specifici o cal-
colabili analiticamente (norme NFPA 80A)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 109/250


Determinazione delle distanze

 La tavola 2020 della norma 80A NFPA fissa un criterio di calcolo


della distanza di sicurezza DS = r ⋅ H + 1,5
 Esempio: % apertura
per rischio
rapporto L/H o H/L di facciata

Si vuole conoscere la distanza alla quale di-

medio
basso

alto
sporre cataste di legno 4,0x4,0x4,0 m2 1,0 1,3 1,6 2,0 2,5 3,2 4,0 5,0 6,0 …

Si ha: 20 10 5 0,36 0,40 0,44 0,46 0,48 0,49 0,50 0,51 0,51 …
2
¡ Carico d’incendio alto (ci > 75 kg/m ) 30 15 7 0,60 0,66 0,73 0,79 0,84 0,88 0,90 0,92 0,93 …
40 20 10 0,76 0,85 0,94 1,02 1,10 1,17 1,23 1,27 1,30 …
¡ L/H = 1
50 25 12 0,90 1,00 1,11 1,22 1,33 1,42 1,51 1,58 1,63 …
¡ Apertura 100% 60 30 15 1,02 1,14 1,26 1,39 1,52 1,64 1,76 1,85 1,93 …
¡ Dalla tabella: r = 2,96 80 40 20 1,22 1,37 1,52 1,68 1,85 2,02 2,18 2,34 2,48 …
100 50 25 1,39 1,56 1,74 1,93 2,13 2,34 2,55 2,76 2,95 …
D SS = 2,96 ⋅ 4,0 + 1,5 = 13 ,34 m
- 60 30 1,55 1,73 1,94 2,15 2,38 2,63 2,88 3,13 3,37 …
- 80 40 1,82 2,04 2,28 2,54 2,82 3,12 3,44 3,77 4,11 …
… … … … … … … … … … … … …
- - 100 2,96 3,32 3,72 4,16 4,65 5,19 5,8 6,4 7,1 …

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 110/250


Misure di protezione passiva

 Resistenza al fuoco
 Reazione al fuoco
 Compartimentazione
 Confinamento
 Accesso degli automezzi di soccorso
 Vie di esodo
 Illuminazione di sicurezza

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 111/250


Accesso dei mezzi VVF

 In caso d’incendio ha importanza primaria la possibilità che i mezzi


di soccorso VVF possano sistemarsi rapidamente nella posizione
più opportuna per le operazioni di salvataggio e spegnimento
 A tal fine il MI indica (LC 27030/4122/1 del 21/10/74) le dimen-
sioni minime per l’acceso:

3
R1
¦ Larghezza : > 3,5 m R9
.5

¦ Altezza libera : > 4,0 m


¦ Raggio di curvatura : > 13,0 m
¦ Pendenza massima : < 10,0 %
¦ Resistenza al carico : > 20,0 Mg
(8 Mg asse anteriore, 12 Mg asse posteriore, passo 4,0 m)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 112/250


Uso delle autoscale VVF

30,69
 L’accostamento ad un edificio, che avviene co- 29,95
28,22

me nello schema tipo del DM 246 16/05/87, 25,22

per scale da 32 m, deve essere garantito alme- 21,27

no in un punto (finestra o balcone) per piano 18,19

 Edifici di altezza maggiore dovrebbero disporre 13,61


75°
di misure di sicurezza integrative: 10,21

50° 7,43
¡ Ascensori utilizzabili in caso d’incendio 4,99
2,70
¡ Compartimenti REI240
¡ Terrazzi di sfollamento a cielo libero al pri - 1,20 3,00 4,50

mo piano di ogni gruppo di 6÷7 piani 6,92

8.90
¡ … 10.00

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 113/250


Misure di protezione passiva

 Resistenza al fuoco
 Reazione al fuoco
 Compartimentazione
 Confinamento
 Accesso degli automezzi di soccorso
 Vie di esodo
 Illuminazione di sicurezza

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 114/250


Vie di esodo

 Il massimo impegno nella prevenzione dell’insorgere di un incendio


e la massima attenzione nell’adozione dei mezzi di rivelazione, se-
gnalazione e spegnimento di un incendio non sono in grado di im-
pedire con sicurezza che un incendio si generi, si sviluppi, e si
estenda ai volumi circostanti producendo calore e fumi che pos -
sono mettere a repentaglio la vita umana
 Ne segue l’esigenza di adottare tutte le misure possibili per fa vo-
rire l’evacuazione delle persone, quindi di progettare in modo ade-
guato le vie di esodo al fine di favorire l’evacuazione d’emergenza

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 115/250


Evacuazione d’emergenza

 La rapida e ordinata evacuazione da un edificio in condizioni di e-


mergenza è uno dei problemi primari della prevenzione incendi, an-
che perché complicato dall’aleatorietà dei vari fattori che concor -
rono allo svolgimento del fenomeno
 La pianificazione dell’evacuazione, pur fondamentale per favorire
l’esodo, possibilmente autonomo, delle persone presenti nell’edi fi-
cio anche se non pratiche dello stesso, è infatti necessaria per tra-
sformare uno sfollamento d’emergenza, precipitoso e disordinato,
in uno sfollamento normale, ordinato e direzionale, ma non suffi-
ciente a garantire l’evacuazione completa in tempi sufficientemen-
te brevi se non supportato dall’organizzazione delle uscite

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 116/250


Larghezza delle uscite

 Le persone, che hanno un ingombro in pianta ellissoide non inferio-


re a 0,22 m2, convergono verso l’uscita formando un assembra-
mento ad arco che reagisce diversamente in funzione della larghe z-
za L dell’uscita:
¦ Se L < 0,75 m la pressione della folla non riesce a rompere l’arco
¦ Se L > 0,90 m la pressione della folla riesce a rompere l’arco, con-
sentendo l’esodo di alcune persone, ma questo si riforma rallentando
l’esodo, che procede a singhiozzo
¦ Se L > 1,20 m l’arco non è in grado di reggere la pressione del flusso
delle persone, che resta scorrevole
 Le uscite devono avere larghezza MAGGIORE di 1,2 m!

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 117/250


Uscite nei luoghi di lavoro

 Detto A l’affollamento di un compartimento, la larghezza comples-


siva delle uscite di sicurezza è espressa dalla relazione:
⎛ A ⎞
L = 0,6 ⋅ int⎜ + 0,99 ⎟
⎝ 50 ⎠
 La larghezza di un’uscita deve essere non inferiore a 0,8 m (da
computare in ragione di 1 M), con le seguenti eccezioni:
¡ 0,9 m se è possibile che debbano transitare disabili
¡ 1,2 m se è possibile che debbano transitare degenti su letto

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 118/250


Parametri del moto di sfollamento

 Superficie occupata da una persona 0,45 m 0,22 m2


0,27 m2
 Modulo d’uscita (M): 1 M = l = 0,6 m 0,60 m

 Larghezza minima di un’uscita: 2M


N
Np NNpp
 Densità di affollamento superficiale e lineare: δδSS == p
S
S
δδLL ==
LLTT
Np=persone, SL=superficie lorda, LT=lunghezza totale LL
N
Npp
 Capacità di deflusso: C ==
C
M
Np=persone, M=moduli d’uscita M
0,5 pers/sM per l<1,5 m N
Np C C
 Portata di deflusso: gs= G == p == ⋅⋅M
G M == ggss ⋅⋅M
M
gs=portata specifica di deflusso, t=tempo 0,6 pers/sM per l>1,5 m tt tt
0,60 m/s per percorsi orizzontali
 Velocità di deflusso: v=
0,45 m/s per percorsi in salita o discesa (e scale)

 la velocità dipende da numerose variabili, anche psicofisiche

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 119/250


Tempo utile d’evacuazione

Il tempo utile d’evacuazione va dall’istante in

energia o temperatura

cui si ha percezione del pericolo sino alla fase

o
tic
critica dell’incendio, che inizia un istante pri-

cri
dio
en
inc
 ma del flash-over, e comprende i tempi di: t
percezione tempo utile di
¦ Presa di Coscienza di quanto si è percepito evacuazione

N
¦ Presa di coscienza del pericolo e Allarme p

t amm
amm
¦ V alutazione del pericolo CA V E
¦ Inizio e completamento dell’ Evacuazione tempo di evacuazione

 Il tempo d’evacuazione reale è quindi molto inferiore al tempo utile


d’evacuazione, ed è anche l’unico sostanzialmente non riducibile
con misure di prevenzione o protezione

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 120/250


Tempo reale d’evacuazione

 L’evacuazione può essere divisa in 3 C


0,6 m
fasi: v1 v21
¦ Sino alle uscite di comparto
v22
¦ Nel connettivo principale (scale, …) uscita
v23
¦ Sino all’uscita esterna v24

 e deve avvenire nel tempo: v25 v26 v3


nn
ttee(vv,,ggss,,LL,,M
M) == tt11 ++ ∑ tt
ii==11
22,,ii +
+ tt33 << ttamm
amm

< 90 s < 240 s < 360 s Fase 1 Fase 2 Fase 3


v = velocità d’evacuazione
gs = portata specifica
L = lunghezza vie d’esodo
M = larghezza uscite in moduli

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 121/250


Calcolo del tempo d’evacuazione

 Il calcolo del tempo d’evacuazione può essere fatto in vari modi ,


fra i quali i seguentI tre:
¦ Metodo dinamico, semplice ma carente in presenza di flussi che s i in-
crociano (come avviene in ogni pianerottolo) in quanto considera solo
parametri fisici (velocità e spazio)
¦ Metodo capacitivo, che tiene conto dell’affollamento e dei parametri
geometrici delle vie di esodo (numero, ampiezza e dislocazione delle
uscite)
¦ Metodo Cascarino, che rielabora il metodo capacitivo limitatamente
alla seconda fase dell’evacuazione, più complessa delle altre du e

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 122/250


Metodo dinamico

 Il metodo dinamico utilizza la seguente relazione di calcolo del


tempo d’evacuazione:
nn
LL11 nn LL22,,ii LL33

ttee == tt11 ++ tt22,,ii ++ tt33 == ++
ii==11
vv11
∑ v
v
ii==11 22,,ii
++
vv33

 che, con vo=0,6 m/s e vs=0,45 m/s, assume la forma:


LL11 ++LL33 nn

LL22,,ii
ttee == ++
00,,60
60 i=1
00,,45
45
i=1

 o anche, poiché la scala ha uno


nn
sviluppo di 10,0 m ogni interpiano:
LL11 ++ LL33 ∑
LL22,,ii
10⋅⋅nnpiani
LL ++ LL 10 LL ++ LL
ttee == ++ ii==11 == 11 33 ++ piani
== 11 33 ++ 22
22,,22⋅⋅nnpiani
piani
00,,60
60 0 ,
0,4545 0,60
0,60 0 ,45
0,45 0,60
0,60

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 123/250


Metodo capacitivo

 Il metodo capacitivo utilizza la seguente relazione di calcolo del


tempo d’evacuazione:
N
Npp N
Npp C
C
ttee == == ==
GG ggss ⋅⋅M
M ggss
 Il metodo capacitivo è efficace se adottato in fase di progettazione
funzionale delle vie di esodo, mirato a far coincidere il numero to-
tale delle persone da evacuare ai vari piani col numero totale di
persone che escono all’esterno e che sono in moto lungo le scale:
nn nn nn

∑ NN == ∑ δδ
ii==11
pp,,ii
ii==11
ss,,ii ⋅⋅S
Sii ++ ∑ ∆∆cc
ii==11
ii Np,i = persone da sfollare dal piano imo
δs,i = densità superficiale dell’interpiano imo
Si = superficie virtuale della scala dell’interpiano imo
∆ci = persone del piano i mo che nel tempo t concludono la 2° fase

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 124/250


Metodo Cascarino - 1

 Il Cascarino ha elaborato un modello del tempo di sfollamento sulla


base dei seguenti parametri:
¦ La capacità di deflusso assunta dalle norme vale:
¡ 33,0 persone/M per edifici oltre 3 piani fuori terra
¡ 37,5 persone/M per edifici sino a 3 piani fuori terra
¡ 50,0 persone/M al piano terra
¡ 37,5 persone/M per i piani scantinati sino al secondo
¦ La lunghezza di una scala interpiano vale mediamente LS = 10 m
¦ La portata specifica di deflusso nelle scale vale gsS = 0,75 pers/ sM
¦ La velocità d’evacuazione lungo le scale vale v S = 0,45 m/s

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 125/250


Metodo Cascarino - 2

 Si ha:
LLSS 10
¦ Tempo di percorrenza della scala: ttSS == ==
10
== 22
22 ss
vvSS 00,,45
45
¦ Tempo impiegato dall’ultima persona di un 37,5
50
piano a impegnare la scala sottostante ttuu ==
CC = 33
=
33
== 44 ss
44
ggsS 0 , 75
0,75
 Il tempo necessario per completare la fase 2 sS

100
d’evacuazione in un edificio con n piani (ter-

persone
reno compreso) vale: 75
LLSS C LLSS
tt22 == ((nn−−11))⋅⋅ ++
C

⎯⎯
per C =33
per C =33
⎯⎯ ⎯⎯ ⎯→ → tt22 == ((nn++11))⋅⋅ 58,5
vvss ggsS
sS
vvss 50

 Esempio di calcolo dei tempi d’evacuazione 37,5


11 22
nnoo nnoo
ppiiaa
nella fase 2 col metodo di Cascarino: 16,5 ppiiaa

 Dimensionamento scale per i 2 piani peggiori 0


0 50 t 100
22 44 72 94

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 126/250


Lunghezza delle vie d’evacuazione

 Il percorso fra il posto di lavoro e l’uscita dal compartimento deve


avere lunghezza inversamente proporzionale al rischio presente
 Il percorso di esodo è difficilmente valutabile in sede progettuale
architettonica, in quanto dipende dall’arredo del locale, per cui le
norme fanno riferimento alla distanza fra posto di lavoro e uscita
(esterna o verso scala protetta o a prova di fumo) senza prendere
in considerazione eventuali arredi
 Lunghezze massime delle vie d’evacuazione
¦ Rischio elevato : 15 ÷ 30 m (evacuazione in 60 s)
¦ Rischio medio : 30 ÷ 45 m (evacuazione in 180 s)
¦ Rischio basso : 45 ÷ 60 m (evacuazione in 300 s)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 127/250


Vie di evacuazione verticali

 Una scala aperta ha limiti operativi in relazione alle vie di esodo


 Esempio: attività a rischio basso con
via di esodo di lunghezza L ≤ 45 m 13 m
¦ Livello 0: L ≤ 45
¦ Livello 1: L ≤ 45 − 4 − 13 = 28
¦ Livello 2: L ≤ 45 − 4 − 13 ⋅ 2 = 15
¦ Livello 3: L ≤ 45 − 4 − 13 ⋅ 3 = 2
4,0 m
¦ Livello 4: non accessibile
 Per garantire le vie di esodo ai piani superiori è necessario adotta-
re scale protette (lunghezza convenzionale rampa: 6,5 m con CI ≤ 10)
o a prova di fumo (lunghezza: 2,5 m con CI ≤ 10 e 0,0 m con CI ≤ 5)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 128/250


Vie d’evacuazione contrapposte

 Un luogo di lavoro (ad eccezione di quelli di piccole dimensioni e ri-


schio d’incendio medio e basso) deve disporre di 2 uscite alterna-
tive ragionevolmente contrapposte 2M

US

37°
 Due vie di esodo si considerano con- 122°

2M

US
116°
trapposte se le direzioni per raggiun- 103°
64°
gerle delimitano un angolo ottuso 39°
US

Un percorso senza alternative, detto


2M


 cul de sac, è ammesso a condizione che non superi le lunghezze:
¦ Rischio elevato : 6 ÷ 15 m
Il percorso totale può avere comunque
¦ Rischio medio : 9 ÷ 30 m
le lunghezze nel lucido precedente
¦ Rischio basso : 12 ÷ 45 m

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 129/250


L’esodo nei locali di pubblico spettacolo

 Numero minimo di uscite:


¦ Locali sino a 150 persone 2
¦ Locali oltre 150 persone 3
 Due uscite si considerano distinte se nel locale idealmente vuoto
sono raggiungibili con due percorsi differenti le cui direzioni diver-
gono con un’angolazione non minore di 45 °
 Il percorso di esodo non deve essere più lungo di 40 m

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 130/250


Percorsi di esodo nei locali di ps (1)

 Esempio 1 di determinazione dei percorsi di esodo:

>45°

OK

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 131/250


Percorsi di esodo nei locali di ps (2)

 Esempio 2 di determinazione dei percorsi di esodo:

>45°

OK

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 132/250


Percorsi di esodo nei locali di ps (3)

 Esempio 3 di determinazione dei percorsi di esodo:

<45°

KO

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 133/250


Percorsi di esodo nei locali di ps (4)

 Esempio 4 di determinazione dei percorsi di esodo:

< 15 m

45°
OK

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 134/250


Percorsi di esodo nei locali di ps (5)

 Esempio 5 di determinazione dei percorsi di esodo:

OK
>45°

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 135/250


Percorsi di esodo nei locali di ps (6)

 Esempio 6 di determinazione dei percorsi di esodo:

KO

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 136/250


Percorsi di esodo nei locali di ps (7)

 Esempio 7 di determinazione dei percorsi di esodo:

OK

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 137/250


Vie di esodo e arredi nei LPS

 I percorsi di esodo dai locali di pubblico spettacolo si verificano col


locale vuoto, ma gli arredi e i posti fissi devono essere collocati in
modo da non costituire un intralcio per l’esodo
 A tal fine:
¦ La disposizione degli arredi dev’ essere sostanzialmemnte invariabile,
quindi:
¡ È pressoché libera nei locali nei locali con minor densità degli arredi
(discoteche, etc.), ma a condizione che gli arredi siano pesanti e non
facilmente spostabili
¡ È vincolata nei locali con maggior densità di posti fissi (teatr i, cinema,
sale per riunioni) nei quali eventuali sedie mobili devono esser e colle-
gate rigidamente fra loro per renderle sostanzialmente fisse

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 138/250


Distribuzione dei posti fissi nei LPS

 La collocazione dei posti fissi a sedere è correlata alla loro confor-


mazione, che determina l’interasse fra le file:
 Si ha:
d f
¦ d ≥ 0,8 f ≤ 10 p ≤ 16 gruppo ≤ 160
¦ d ≥ 1,1 f ≤ 15 p ≤ 20 gruppo ≤ 300 p
 Inoltre:
¦ Ciascun gruppo deve essere circondato da percorsi liberi con L ≥ 2 M
(o con L ≥ 0,9 m se la capienza è non maggiore di 150 persone)
¦ La CVLPS (Commissione di vigilanza sui LPS) può accettare file a p-
poggiate ai muri laterali con p ≤ 4 posti

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 139/250


Le scale nelle vie di esodo

 Le rampe delle scale devono es-


sere rettilinee, con pianerottoli
(preferibilmente a raccordo cir-
colare) di dimensioni non infe- ≥0,30
riori alla loro larghezza
 Le scale devono avere almeno 3 ≤0,17
0
e non più di 15 gradini 1
2
3
4
5

 I gradini devono avere pedata 6


7
8
9
10

non inferiore a 0,3 m e alzata 11


12
13
14
15 0
non maggiore di 0,17 m (0,18 m 1
2
3

nei locali di pubblico spettacolo)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 140/250


Le porte nelle vie di esodo

 Tutte le porte che devono essere tenute chiuse durante l’attività


devono aprirsi nel verso dell’esodo a semplice spinta dall’interno
 Non sono ammesse porte scorrevoli trasversalmente se non auto-
matiche a sicurezza attiva (restano aperte in mancanza di tensio-
ne) e apribili a semplice spinta nel verso dell’esodo con dispositivo
segnalato
 Non sono ammesse porte girevoli ad asse verticale

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 141/250


Misure di protezione passiva

 Resistenza al fuoco
 Reazione al fuoco
 Compartimentazione
 Confinamento
 Accesso degli automezzi di soccorso
 Vie di esodo
 Illuminazione di sicurezza

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 142/250


Norme di riferimento

 L’illuminazione di sicurezza è regolamentata da numerose norme


fra le quali appaiono rilevanti:
¦ Decreto del Duce del Fascismo del 29 luglio 1939 “Approvazione delle
istruzioni per le costruzioni ospedaliere”
¦ CMI DGSA n. 16 del 15 febbraio 1951 “ Norme di sicurezza per la co-
struzione, l’esercizio e la vigilanza dei teatri, cinematografi e altri locali di
pubblico spettacolo in genere”
¦ DPR n. 547 del 24 aprile 1955 “ Norme per la prevenzione degli infortuni
sul lavoro”
¦ CEI EN 60598 - 2 - 22 “Apparecchi per illuminazione di emergenza”
¦ CEI 64- 8 “Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore
a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua”

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 143/250


Illuminazione di sicurezza

 L’illuminazione di sicurezza è quella parte di illuminazione di emer-


genza destinata a:
¦ “assicurare che i mezzi di evacuazione possano essere sempre effi ca -
cemente identificati e usati con sicurezza quando è necessaria l ’illu-
minazione ordinaria o di emergenza”
¦ “garantire l’alimentazione di apparecchi utilizzatori o parti del l’im-
pianto necessari per la sicurezza delle persone ”
 Il sistema di alimentazione dei servizi di sicurezza include:
¦ Sorgente
¦ Circuiti
¦ Altri componenti elettrici

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 144/250


Classificazione dell’illuminazione

 Il sistema “illuminazione” è articolato nel seguente modo:


ILLUMINAZIONE ordinria

di emergenza di continuità

di riserva brevissima t < 0,15 s

di sicurezza breve 0,15 ≤ t < 0,50 s rivelazione, allarme, illuminazione

manuale media 0,50 ≤ t < 15,00 s ascensori e servizi antincendio

automatica lunga 15,00 ≤ t

 Il sistema può essere permanente o non permanente


martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 145/250
Caratteristiche

 Tempo di ricarica automatica completa: 12 h


 Autonomia:
¦ 0,5 h per sistemi di rivelazione e allarme
¦ 1,0 h per illuminazione, ascensori e servizi antincendio
 Illuminamento:
¦ ≥ 5 lux sulle vie di esodo
¦ ≥ 2 lux ambienti accessibili a persone
22
 Dimensioni delle segnalazioni: AA >>
ll
22
m
m ((∀∀ ll<< 50 m))
50 m
2000
2000
 Cavi di sicurezza in guaine esenti da alogeni, resistenti all’incendio
(CEI 20-36) o tubi protetti da acqua e calore o manufatti REI, sud-
divisi su più circuiti
martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 146/250
Funzioni primarie

 L’impianto di illuminazione di sicurezza ha la funzione di salva guar-


dare la sicurezza delle persone favorendone l’evacuazione, per cui
deve garantire per il tempo necessario:
¦ Un livello di illuminamento minimo lungo le vie di esodo
 garantendo i livelli prescritti dalla norma, ma anche:
¦ Indicare in modo immediato ed univoco le vie di esodo
 È quest’ultimo l’aspetto che più frequentemente si presenta defici-
tario

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 147/250


Misure di protezione attiva

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 148/250


Misure di protezione attiva

 Sistemi di allarme e segnalazione manuali e automatici


¦ Rivelazione d’incendio
 Presidi antincendio
¦ Evacuatori di fumo
¦ Estintori
¦ Sistemi idrici manuali
¡ Idranti
¡ Naspi
¦ Sprinkler
¦ Altri impianti fissi

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 149/250


Norme di riferimento

 Gli impianti automatici di rivelazione sono regolamentati dalle nor-


me:
¦ UNI 9795 “ Sistemi fissi automatici di rivelazione e di segnalazione manuale d’in-
cendio”
¦ UNI EN 54/6 “Componenti dei sistemi di rivelazione automatica d’incendio.
Rivelatori di calore. Rivelatori velocimetrici di tipo puntiforme senza elemento sta-
tico.”
¦ UNI EN 54/7 “Componenti dei sistemi di rivelazione automatica d’incendio.
Rivelatori puntiformi di fumo. Rivelatori funzionanti secondo il principio della dif-
fusione della luce, della trasmissione della luce o della ionizzazione.”
¦ UNI EN 54/8 “Componenti dei sistemi di rivelazione automatica d’incendio.
Rivelatori di calore a soglia di temperatura elevata.”
¦ CII-RI “Norme d’installazione e costruzione per gli impianti automatici di ri-
velazione d’incendio ”

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 150/250


Finalità

 I sistemi automatici di rivelazione d’incendio hanno la funzione di


rivelare e segnalare un incendio nel minor tempo possibile al fine
di:
¦ Avviare un tempestivo sfollamento delle persone
¦ Attivare i piani d’intervento
¦ Attivare i sistemi di protezione contro l’incendio ed eventuali altre
misure di sicurezza

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 151/250


Sistema automatico di rivelazione d’incendio

 Un sistema automatico di rivelazione d’incendio è costituito dai se-


guenti componenti di base:
¦ Rivelatori automatici
¦ Punti di segnalazione manuali
¦ Centrale di controllo e segnalazione
¦ Alimentazioni u a c x
C Amb

u : riferimento;
e
a : allarme e x
c : controllo R
x : stato del sistema e
e : eccitazione P al

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 152/250


Articolazione del sistema

 Componenti del sistema:


¦ verdi : obbligatori
¦ grigi : facoltativi
B C
 Legenda:
A centrale di controllo e allarme
B rivelatore automatico di incendio
C dispositivo di allarme locale D A E F
D avvisatore di incendio manuale
E trasmettitore di allarme
F stazione ricevente di allarme
G dispositivo di segnalazione di guasto M L G H
H stazione ricevente di segnale di guasto
L alimentazione elettrica
M alimentazione elettrica supplementare

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 153/250


Misure di protezione attiva

 Sistemi di allarme e segnalazione manuali e automatici


¦ Rivelazione d’incendio
 Presidi antincendio
¦ Evacuatori di fumo
¦ Estintori
¦ Sistemi idrici manuali
¡ Idranti
¡ Naspi
¦ Sprinkler
¦ Altri impianti fissi

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 154/250


Norme di riferimento

 Gli impianti di evacuazione automatica dei fumi sono regolamentati


dalle norme:
¦ UNI 9494 “ Evacuatori di fumo e calore. Caratteristiche, dimensionamen-
to e prove”
¦ CII-RI “Sistemi per l’evacuazione dei fumi. Criteri di costruzione e di
installazione.”

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 155/250


Finalità

 I sistemi automatici di evacuazione di fumo e calore (EFC) hanno


la funzione di rivelare livelli di temperatura e concentrazioni di fu-
mo anomali e intervenire per il contenimento della temperatura e
dei fumi mediante un incremento mirato della ventilazione al fine
di:
¦ Agevolare lo sfollamento delle persone e l’azione dei soccorrito ri
¦ Proteggere strutture e merci contro l’azione dei gas caldi e del fumo
¦ Ritardare o evitare il “flash -over”

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 156/250


Installazione degli EFC

 Criteri di massima:
¦ Distribuzione omogenea nella parte più alta della copertura
¦ Frazionamento elevato della superficie utile totale (SUT)
¦ Centro di ogni apparecchio a quota maggiore dell’altezza di riferimen-
to del locale (media delle altezze massima e minima)
¦ Nelle coperture a dente di sega o a shed gli EFC possono essere in-
stallati sulla falda a maggior pendenza o sulla falda verticale
¦ Devono essere rispettate le seguenti specifiche:
superficie
inclinazion distanza
massima interdistanz
e soffitto dalle pareti
protetta am
% m
m2
α < 20 200 5 ≤ d ≤ 20 5 ≤ d ≤ 10
α ≥ 20 400 d ≤ 20 d ≤ 20

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 157/250


Cortine di contenimento

 I compartimenti con superficie maggiore di 1600 m2 o lato maggio-


re lungo più di 60 m devono essere suddivisi a soffitto in comparti-
menti uguali con superficie maggiore di 800 m2 e lato maggiore
lungo meno di 60 m per la norma 1000 m2
 Le cortine determinano le dimensioni geometriche in figura:

hc
∆h h
y

AS
A

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 158/250


Afflusso d’aria fresca

 Per garantire l’efficacia aerodinamica del sistema EFC-cortine è


necessario che il compartimento sia dotato di aperture d’immissio-
ne di aria fresca di superficie Saer> 2·SUT
 Fungono da apertura d’immissione d’aria fresca tutte le superfici
al di sotto della quota y, compresi portoni, porte e finestre

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 159/250


Azionamento

 Gli EFC possono essere ad azionamento:


¦ Manuale a distanza, da posizione protetta, utilizzando energia autono-
ma
¦ Automatica a distanza, asservita a rivelatore/i di fumo con copertura
non maggiore di 80 m2
¦ Automatica autonoma mediante dispositivo termico individuale tarato
a 68 C
 con avvio entro 30 s e apertura completa entro 300 s
 I dispositivi a distanza devono azionare solo gli EFC del compar-
timento a soffitto interessato

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 160/250


Dimensionamento delle superfici ventilanti

 Il dimensionamento della SUT si fa sulla base di 3 parametri:


¦ Superficie di compartimento a soffitto AS (m2)
¦ Altezza corretta del volume libero da fumo y C (m)
¦ Durata convenzionale dell’incendio dC (min)
¦ Altezza libera corretta: ¦ Durata convenzionale dell’incendio:
⎧⎧ Ass −−1600
∆∆hh ⎛⎛ A 1600 ⎞⎞  dC = d1 + d2
⎪⎪yycc == yy ++ 2 ⋅⋅⎜⎜ 1600 ⎟⎟ ≥≥ yy
⎪⎪ 2 ⎝⎝ 1600 ⎠⎠ allarme intervento
y ≥ 0 ,5 ⋅
⎨⎨ ycc ≥ 0,5 ⋅ h h  dove:
⎪⎪y ≥ 2,0
⎪⎪ ycc ≥ 2,0 ⎧⎧ ⎧⎧00 con rivalazione
⎩⎩ ⎪⎪ dd11 == ⎨⎨
⎪⎪ ⎩⎩55
⎪⎪⎪⎪ ⎧⎧ 55 con sprinkler o squadra interna
⎨⎨ ⎪⎪
⎪⎪dd == ⎪⎨⎪1010
⎪⎪ 22 ⎨
⎪⎪ ⎪⎪1515
⎪⎩⎪⎩ ⎪⎩⎪20
⎩20

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 161/250


Gruppi di dimensionamento

 Il dimensionamento avviene sulla base di 7 gruppi in base a:


¦ Velocità di sviluppo dell’incendio
¦ Durata convenzionale dell’incendio
 individuabili nella seguente tabella:
durata
velocità di sviluppo dell'incendio
convezionale
bassa normale alta
min < 0,5 cm/s 0,5÷1 cm/s > 1 cms
≤ 5 1 2 3
≤ 10 2 3 4
≤ 15 3 4 5
≤ 20 4 5 6
≤ 25 5 6 7

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 162/250


Formula di dimensionamento

 La SUT è definita dalla relazione:


AS
SUT = α ⋅ ≥ 10 ⋅ α
100

 col coefficiente a è deducibile dalla tabella


altezza gruppi di dimensionamento
libera
1 2 3 4 5 6 7
corretta
yC coefficienti di dimensionamento α
0,50⋅ h 0,30 0,40 0,60 0,80 1,00 1,20 1,40
0,55⋅ h 0,35 0,50 0,70 1,00 1,20 1,50 1,70
0,60⋅ h 0,40 0,60 0,90 1,20 1,50 1,80 2,10
0,65⋅ h 0,50 0,70 1,00 1,50 1,80 2,20 2,50
0,70⋅ h 0,70 0,90 1,30 1,80 2,20 2,50 2,80
0,75⋅ h 0,85 1,10 1,50 2,10 2,50 2,80 2,80

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 163/250


Misure di protezione attiva

 Sistemi di allarme e segnalazione manuali e automatici


¦ Rivelazione d’incendio
 Presidi antincendio
¦ Evacuatori di fumo
¦ Estintori
¦ Sistemi idrici manuali
¡ Idranti
¡ Naspi
¦ Sprinkler
¦ Altri impianti fissi

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 164/250


Norme di riferimento

 Gli estintori portatili sono regolamentati dalle norme:


¦ DM del 20 dicembre 1982 “norme tecniche e procedurali, relative agli estin-
tori portatili d’incendio, soggetti all’approvazione del tipo da parte del Ministero
dell’interno”

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 165/250


Tipi di estintori

 Sul mercato sono reperibili i seguenti tipi di estintori:


¦ Idrici, a getto pieno o frazionato, impiegati per fuochi di classe A, og-
gi pressoché in disuso
¦ A schiuma , impiegati per fuochi di classe B, oggi poco utilizzati
¦ A polveri, oggi sempre più diffusi grazie all’evoluzione tecnologica
delle polveri che li rende pressoché universali
¦ A CO2, efficaci solo al chiuso sono impiegati soprattutto per fuochi di
classe B e C e soprattutto su componenti elettrici (classe E)
¦ A idrocarburi alogenati ( Halon), molto efficaci ma oggi contestati da-
gli ambientalisti benché riabilitati dalla UE
¦ A clean agents (HFC o HCFC “puliti”: FM- 200, NAF SIII) ex - Halon

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 166/250


Potenzialità degli estintori

 La potenzialità di un estintore è dichiarata mediante un insieme di


sigle alfanumeriche del tipo xxxC dove: 33B-C
5 5A- 2
o:
¦ C indica la classe di fuoco esempi
¦ xxx indica la potenzialità per la classe specificata secondo una serie
in cui:
¡ Ogni numero è uguale alla somma dei due precedenti, partendo da 3-5
¡ Possono essere previsti numeri supplementari con: NNjj++11 == NNjj ⋅⋅ 11,,62
62
Sequenza normalizzata: 3-5-8-13-21-34-55-89-113-144-233-377-610-987-1597
 La potenzialità definisce anche la tipologia di prova normalizzata
che l’estintore è in grado di superare (catasta di travi normali zza-
te in pinus silvestris , o volume liquido contenuto in una bacinella)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 167/250


Potenzialità garantita e identificazione

Il DM 20 dicembre 1982 fissa la poten-


focolare quantità massima di estinguente
 tipo ammessa per l'estinzione (kg)

zialità minima degli estintori, e prescri-

base d'acqua
durata (s)
minima

polvere

halon
sigla

CO2
ve l’applicazione di una targhetta iden-
tificativa di approvazione 3A 1
5A 2 4 6
8A 4 6 9
13A 6
21A 9
34A 12
13B 6 1 2 1
21B 6 2 2 6
34B 6 3 5 4 9
55B 9 4 6
89B 9 6
113B 12 9
144B 15 12

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 168/250


Campo d’impiego degli estintori

 Prima dell’uso si deve verificare la Tipi di fuoco →


A B C D E
Estinguente ↓
compatibilità dell’estintore con l’in- acqua
cendio da affrontare (per esempio schiuma

in base alla tabella): CO2


halon
polvere
-
distanze
Legenda colori
operative (m)
acqua 6÷ 9 adatto
schiuma 7÷10 poco efficace
CO2 3÷4 adatto ma dannoso
polvere 2÷6 inefficace
halon 3÷6 pericoloso

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 169/250


Scelta degli estintori portatili

 La scelta deve essere effettuata, per le classi d’incendio A e B , in


funzione del livello di rischio e della classe d’incendio in conformi-
tà con la tabella: tipo 2
superficie (m ) protetta da 1 estintore
estintore rischio basso rischio medio rischio elevato
 La posizione degli estinto- 13A - 89B 100,0 - -

tori deve inoltre soddisfare 21A - 113B


34A - 144B
150,0
200,0
100,0
150,0
-
100,0
le seguenti specifiche: 55A - 233B 250,0 200,0 200,0

¡ La classe d’incendio deve essere conforme al pericolo specifico


¡ Si deve raggiungere un estintore con un percorso massimo di 30 m
¡ Deve essere installato almeno un estintore per piano (e per comp arti -
mento), preferibilmente lungo le vie di esodo in prossimità delle usci-
te, e in prossimità dei punti di maggior pericolo
¡ Ogni estintore deve essere evidenziato dall’apposita segnaletica

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 170/250


Collocazione degli estintori

 Gli estintori devono essere in posizione evidente ed opportunamen-


te segnalata, preferibilmente in prossimità delle uscite sulle vie di
esodo (mai in zone a “cul de sac”), anche posati a terra, ma con
maniglia a quota non maggiore di 1,5 m
 In prossimità di rischi speciali (cucine, quadri elettrici, etc.) devo-
no essere collocati estintori compatibili, eventualmente con diversi
estinguenti

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 171/250


Utilizzazione degli estintori

 Il fuoco va affrontato controvento


da non più di tre persone sul mede-
simo lato
 L’estintore deve essere utilizzato
partendo dalla periferia dell’incen-
dio, dirigendo un getto intermitten-
te alla base delle fiamme dalla di-
stanza corretta in funzione dell’e-
stinguente
 Nell’uso di un estintore si deve evi-
tare di disperdere fiamme e/o com-
bustibile

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 172/250


Misure di protezione attiva

 Sistemi di allarme e segnalazione manuali e automatici


¦ Rivelazione d’incendio
 Presidi antincendio
¦ Estintori
¦ Evacuatori di fumo
¦ Sistemi idrici manuali
¡ Idranti
¡ Naspi
¦ Sprinkler
¦ Altri impianti fissi

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 173/250


Norme di riferimento

 Le reti di distribuzione degli impianti di spegnimento ad acqua so-


no regolamentate dalle norme:
¦ UNI EN 671 - 1 “Naspi antincendio con tubazioni semirigide”
¦ UNI EN 671 - 2 “Idranti a muro con tubazioni flessibili”
¦ UNI 9487 “ Tubazioni flessibili antincendio DN45 e DN70 per pressioni d’eserci-
zio fino a 1,2 MPa”
¦ UNI 9488 “ Tubazioni semirigide DN20 e DN25 per naspi antincendio”
¦ UNI 9490 “Alimentazioni idriche per impianti automatici antincendio”
¦ UNI 10779 “ Reti di idranti”

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 174/250


Reti di idranti

 Le reti di idranti sono costituite dai seguenti componenti:


¦ Alimentazione idrica
¦ Rete di tubazioni fisse, preferibilmente chiuse ad anello, perma nente-
mente in pressione
¦ Valvola d’intercettazione
¦ Idranti e/o naspi
 La rete deve essere corredata da uno o più at-
tacchi per autopompa VVF DN70 con girello
 La rete configurata ad anello deve essere corredata da valvole
d’intercettazione segnalate e facilmente accessibili che ne cons en-
tano un sezionamento razionale

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 175/250


Criteri di dimensionamento

 Il dimensionamento deve essere effettuato in relazione ai livelli di


rischio dell’area protetta (probabilità d’innesco e velocità di propagazio-
ne):
 Livello 1 Aree a rischio d’incendio basso residenze, uffici, attività di lavora-
zione di materiali prevalentemente incombustibili

 Livello 2 Aree a rischio d’incendio medio: attività lavorative senza accumuli


particolari di combustibili e con presenza trascurabile di infiamma-
bili
 Livello 3 Aree a rischio d’incendio alto: magazzini intensivi e depositi di ma-
teriali ad elevato rischio o liquidi infiammabili o materie plastiche
espanse

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 176/250


Requisiti di progetto

 Fatte salve prescrizio- area a


rischio
protezione interna protezione esterna autonomia note

ni differenti di norme 2,0 l/s con almeno


2 idranti o naspi a rischio
specifiche valgono i li- livello 1 200 kPa
(1)
> 30 minuti
UNI 9489
di classe
miti di progetto della
alternativa: 4 naspi
A
da 0,6 l/s a 200 kPa

tabella 2,0 l/s con almeno 5,0 l/s con almeno


rischio
3 idranti o naspi a 4 idranti DN 70 a
livello 2 UNI 9489
200 kPa 400 kPa > 60 minuti
(1) di classe
alternativa: 4 naspi
B
da 1,0 l/s a 200 kPa
2,0 l/s con almeno 5,0 l/s con almeno rischio
4 idranti o naspi a 6 idranti DN 70 a > 120 minuti UNI 9489
livello 3
200 kPa 400 kPa (2) di classe
Ce D

(1) In casi di rischio particolarmente ridotto per dimensioni e pericolo attestato in fase di
progetto è possibile adottare i limiti alternativi
(2) In presenza di impianti automatici di spegnimento si possono considerare 4 idranti DN 70
con autonomia di 90 minuti
- In caso di più colonne montanti, la protezione interna deve garantire i limiti esposti per due
colonne montanti

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 177/250


Calcolo idraulico delle tubazioni

 Il calcolo idraulico è un calcolo di verifica mirato a determinare, in


corrispondenza della portata d’acqua di progetto, la scelta dei dia-
metri che soddisfino la seguente specifica:
¦ Prevalenza minima utile sull’ugello dell’erogatore ( 200 kPa )
 oppure la prevalenza da fornire, per il soddisfacimento della mede-
sima specifica, a copertura di:
¦ Perdite di carico distribuite
¦ Perdite di carico concentrate
 La portata d’acqua in ogni tratto di tubazione è determinata dalla
sommatoria delle portate di progetto ( 2,0 l/s) di ciascuno degli
idranti contemporaneamente in funzione, fissati dalle norme speci-
fiche, fra quelli alimentati

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 178/250


Perdite di carico distribuite

 Le perdite di carico per attrito distribuite lungo la tubazione devo -


no essere calcolate tramite la formula di Hazen Williams:
1,85
G 1,85
p = 3,1 1,85 4 ,87
c ⋅d
 dove: p è la perdita di carico unitaria, in kPa/m
G è la portata, in l/s
d è il diametro interno del singolo tratto di tubazione, in mm
c è una costante della tubazione, che vale:
100 per tubi in ghisa
120 per tubi in acciaio
140 per tubi in acciaio inox, in rame, o in ghisa rivestita
150 per tubi in plastica, fibra di vetro, polietilene e materiali analoghi

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 179/250


Perdite di carico concentrate

 Sono le perdite di carico, valutate in lunghezza equivalente, intro-


dotte pezzi speciali o raccordi, curve, T, che determinano vari a-
zioni di direzione di 45° o maggiori
DN
pezzo speciale
25 32 40 50 65 80 100 125 150 200 250 300
lunghezza (m) di tubazione equivalente
curva a 45° 0,3 0,3 0,6 0,6 0,9 0,9 1,2 1,5 2,1 2,7 3,3 3,9
curva a 90° 0,6 0,9 1,2 1,5 1,8 2,1 3,0 3,6 4,2 5,4 6,6 8,1
curva larga a 90° 0,6 0,6 0,6 0,9 1,2 1,5 1,8 2,4 2,7 3,9 4,8 5,4
To 1,5 1,8 2,4 3,0 3,6 4,5 6,0 7,5 9,0 10,5 15,0 18,0
saracinesca 0,3 0,3 0,3 0,6 0,6 0,9 1,2 1,5 1,8
valvola di ritegno 1,5 2,1 2,7 3,3 4,2 4,8 6,6 8,3 10,4 13,5 16,5 19,5
il prospetto è compilato per tubazioni in acciaio (c=120): per polietilene (c=150) moltiplocare per 1,51

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 180/250


Terminali precalcolati

 Le derivazioni terminali possono essere realizzate con i seguenti


diametri nominali precalcolati:
¦ 2 naspi DN 25 : DN 32
¦ 2 idranti UNI 45 : DN 50
¦ 2 idranti UNI 70 : DN 80

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 181/250


Misure di protezione attiva

 Sistemi di allarme e segnalazione manuali e automatici


¦ Rivelazione d’incendio
 Presidi antincendio
¦ Evacuatori di fumo
¦ Estintori
¦ Sistemi idrici manuali
¡ Idranti
¡ Naspi
¦ Sprinkler
¦ Altri impianti fissi

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 182/250


Idranti

 L’idrante è un dispositivo collegato a una rete di alimentazione i-


drica dedicata costituito da:
¦ Valvola d’intercettazione manuale con attacco filettato unificato
¦ Tubazione flessibile di lunghezza normalizzata completa di raccordi
¦ Lancia erogatrice con bocchello di diametro opportuno ed eventuale siste-
ma di regolazione del getto (pieno o frazionato)
¦ Cassetta di contenimento o portello d’ispezione
 che devono essere collegate permanentemente

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 183/250


Portata degli idranti

 La portata dell’idrante alla pressione utile prescritta è espressa


dalla relazione G=
k
⋅ P K = caratteristica d’erogazione
60 P = pressione utile (MPa
(MPa))
G = portata (l/s)

lance a getto pieno


PORTATE
IDRANTI DN 45 DN 70
DN ugello
pressione kPa 10 12 16 20
200 93 135 240 375
300 115 165 295 460
400 130 190 340 530
500 150 215 380 590

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 184/250


Posizionamento degli idranti

 Gli idranti devono essere posizionati in modo che:


¦ Ogni parte dell’attività sia raggiungibile col getto d’acqua di almeno un
idrante
¡ È ammissibile considerare un lancio del getto d’acqua di 5 m
¦ Ogni idrante sia raggiungibile con un percorso non più lungo di 20 m
¦ Ogni idrante protegga non più di 1000 m2
¦ Sia presente un idrante in prossimità di ogni uscita di sicurezza o via d’e-
sodo
 In caso di porte TF su compartimentazioni o filtri deve essere installato
un idrante sia a monte sia a valle della porta
 Gli idranti devono essere segnalati da cartelli normalizzati

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 185/250


Esempio di rete idrica

 Anello interrato esterno in acciaio al carbonio con 3 idranti UNI45


e attacco motopompa UNI70 sezionato per tronchi funzionali:
2M

US

2M

US

US

2M

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 186/250


Alimentazione idrica

 L’alimentazione idrica deve essere in grado di garantire la portata


e la pressione richieste dall’impianto per il tempo previsto
 L’alimentazione è costituita da due componenti principali:
¦ Risorsa idrica, anche non dedicata ma con delimitazione ad uso e sclu -
sivo antincendio
¡ Acquedotto con caratteristiche adeguate garantite
¡ Pozzo con caratteristiche adeguate garantite
¡ Serbatoio di riserva sopraelevato
¡ Serbatoio interrato
¦ Eventuale sistema di pressurizzazione idrica dedicato

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 187/250


Gruppo di pressurizzazione

 Il gruppo di pressurizzazione deve: P

¦ Essere costituito da almeno due pompe in paralle- P


P P P
lo con alimentazione differente (per esempio: elet - P

tropompa e motopompa)
¦ Avere avviamento automatico e arresto manuale
(UNI 9490)
¦ Essere dotato di un circuito di prova temporiz-
zato con misuratore di portata a lettura diretta
¦ Essere collocato in apposita centrale antincen -
dio, o in altro locale tecnologico (centrale idri-
ca) con ci < 5 kg/m2, e accesso diretto dall’e-
sterno

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 188/250


Gruppo di pressurizzazione UNI 10779

 Installazione sotto battente


¦ Le pompe devono essere installate, se possibile, sotto battente con
asse almeno 0,6 m sotto il minimo livello nella vasca d’accumulo
¦ Ciascuna pompa deve avere una propria tubazione d’aspirazione le cui
eventuali interconnessioni devono essere dotate di valvola d’intercet-
tazione

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 189/250


Gruppo di pressurizzazione UNI 10779

 Installazione sopra battente


¦ Le pompe devono essere installate con asse a quota relativa, ris petto
al minimo livello nella vasca d’accumulo, inferiore a 3,7 m
¦ Ciascuna pompa deve avere una propria tubazione d’aspirazione no n
interconnessa con le altre e dotata di valvola di fondo (con ritegno)
¦ Deve essere garantito l’adescamento delle pompe, per esempio con
un serbatoio da almeno 0,5 m 3 collegato sulla mandata

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 190/250


Gruppo di pressurizzazione UNI 10779

 Dimensionamento delle pompe:


¦ Gruppo con meno di tre pompe di esercizio:
¡ Ciascuna pompa deve soddisfare autonomamente le esigenze dell’im-
pianto
¦ Gruppo con più di due pompe di esercizio:
¡ Ciascuna coppia di pompe deve soddisfare in solido le esigenze dell’im-
pianto
¦ La pompa di pressurizzazione (“pompa pilota”) non collabora all’e-
sercizio in quanto serve a compensare piccole perdite

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 191/250


Gruppo di pressurizzazione UNI 10779

 Alimentazione elettrica:
¦ Ciascuna pompa deve essere alimentata da un proprio quadro elett ri-
co completo di sezione di misura (voltmetro e amperometro), pulsan-
te d’arresto, doppie spie di segnalazione, spia di mancanza di fase,
commutatore A/M
¦ I gruppi con elettropompe devono avere almeno due alimentazioni se-
parate (Enel e gruppo elettrogeno o due cabine Enel differenti)
¦ I gruppi Diesel devono essere alimentati da due caricabatterie e due
batterie in parallelo
¦ Sono vietati:
¡ Relè di massima corrente (salvamotori)
¡ Arresto a secco

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 192/250


Misure di protezione attiva

 Sistemi di allarme e segnalazione manuali e automatici


¦ Rivelazione d’incendio
 Presidi antincendio
¦ Evacuatori di fumo
¦ Estintori
¦ Sistemi idrici manuali
¡ Idranti
¡ Naspi
¦ Sprinkler
¦ Altri impianti fissi

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 193/250


Naspo

 Il naspo è un dispositivo collegato a una rete di alimentazione i-


drica, non necessariamente dedicata, costituito da:
¦ Bobina mobile su cui è avvolta una tubazione semirigida di lunghezza nor-
malizzata
¦ Lancia erogatrice munita di valvola regolatrice e di chiusura del getto
¦ Cassetta di contenimento
 che devono essere collegate permanentemente

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 194/250


Posizionamento dei naspi

 I naspi devono essere posizionati in modo che:


¦ Ogni parte dell’attività sia raggiungibile col getto d’acqua di almeno un
naspo
¡ È ammissibile considerare un lancio del getto d’acqua di 5 m
¦ Ogni naspo sia raggiungibile con un percorso non più lungo di 20 m
¦ Ogni naspo protegga non più di 1000 m2
¦ Sia presente un naspo in prossimità di ogni uscita di sicurezza o via d’e-
sodo
 In caso di porte TF su compartimentazioni o filtri deve essere installato
un naspo sia a monte sia a valle della porta
 I naspi devono essere segnalati da cartelli normalizzati

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 195/250


Alimentazione idrica

 L’alimentazione idrica deve essere in grado di garantire la portata


e la pressione richieste dall’impianto per il tempo previsto
 L’alimentazione è costituita da due componenti principali:
¦ Risorsa idrica, anche non ad uso esclusivo antincendio
¡ Acquedotto con caratteristiche adeguate garantite
¡ Pozzo con caratteristiche adeguate garantite
¡ Serbatoio di riserva sopraelevato
¡ Serbatoio interrato
¦ Eventuale sistema di pressurizzazione idrica anche non dedicato

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 196/250


Misure di protezione attiva

 Sistemi di allarme e segnalazione manuali e automatici


¦ Rivelazione d’incendio
 Presidi antincendio
¦ Evacuatori di fumo
¦ Estintori
¦ Sistemi idrici manuali
¡ Idranti
¡ Naspi
¦ Sprinkler
¦ Altri impianti fissi

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 197/250


Finalità

 L’impianto di spegnimento automatico a sprinkler ha la funzione di


scoprire un incendio nella sua fase iniziale, come un sistema au to-
matico di rivelazione, ma anche spegnerlo o quantomeno contener-
lo sino al successivo intervento manuale
 Si tratta di una soluzione impiantistica molto diffusa, a prescinde-
re dal costo, in quanto offrono una protezione globale a ombrello
ma selettiva idonea sia in campo civile sia in campo industriale ed
estremamente affidabile
 In considerazione del costi gli sprinkler trovano applicazione in tut-
ti i casi in cui il danno da incendio può essere rilevante

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 198/250


Controindicazioni

 Tutti i casi in cui non si può utilizzare l’acqua come estinguente,


cioè in presenza di:
¦ Sostanze che reagiscono in modo pericoloso con l’acqua (metalli alca-
lini, ioduri metallici, carburo di calcio, …)
¦ Solidi liquefatti a temperatura maggiore di 100 C
¦ Liquidi infiammabili con densità relativa all’acqua minore di 1 (fatti
salvi adeguati sistemi di troppo pieno e raccolta)
¦ Liquidi infiammabili con punto d’infiammabilità basso
¦ Apparecchiature con superfici ad alta temperatura
¦ Apparecchiature danneggiabili dall’acqua

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 199/250


Norme di riferimento

 Gli impianti di spegnimento fissi automatici ad acqua sono regola-


mentati dalle norme:
¦ UNI 9489 “ Impianti fissi di estinzione automatici a pioggia (sprinkler)”
¦ UNI 9490 “Alimentazioni idriche per impianti automatici antincendio”
¦ CII-RI “Norme di installazione, costruzione ed esercizio degli impianti fissi di
estinzione automatici a pioggia”

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 200/250


Impianto a sprinkler

 L’impianto a sprinkler è costituito dai seguenti


componenti principali:
¦ Sprinkler (erogatori)
P P
¦ Rete di alimentazione idrica
¦ Stazioni di controllo e allarme (una per sezione P

dell’impianto) P P P P
¦ Alimentazione idrica
 L’impianto a sprin-
kler può essere:
¦ a umido
¦ a secco

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 201/250


sprinkler

 Lo sprinkler è un estintore automatico asservito a un elemento


termosensibile che fonde ad una temperatura prefissata apren -
do la derivazione del circuito idrico su cui è installato
 Lo sprinkler può essere:
¦ Convenzionale, con getto sferico che consente di bagnare anche
le su-perfici sovrastanti
¦ Spray, con getto semisferico verso il basso
¦ Orientato, con getto laterale per applicazioni particolari
 in tutti e tre i casi indifferentemente di tipo:
¦ Pendent (orientato verso il basso rispetto alle tubazioni)
¦ Upright (orientato verso l’alto rispetto alle tubazioni)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 202/250


Temperature d’intervento

 L’intervento deve avvenire almeno 30 C oltre la temperatura am-


biente, in genere a 68 C
 Tipi di sprinkler sul mercato in relazione all’elemento termosensi-
bile e alla temperatura d’intervento, con colore distintivo:
temperatura di colore temperatura di colore
taratura [C] staffa taratura [C] bulbo
57÷ 77 incolore 57 arancio
80÷10 7 bianco 68 rosso
121÷149 blu 79 giallo
163÷191 rosso 93 verde
204÷ 246 verde 141 blu
260÷302 arancio 182 lilla
320÷343 nero 227÷343 nero

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 203/250


Portata degli erogatori

 La portata degli erogatori G (l/s)è espressa in funzione della pressione P


k
(Mpa) dalla relazione: G= ⋅ P
60 60
 dove il coefficiente di efflusso k assume i seguenti valori:
diametro
K
erogatore
DN 10 180 ± 9
DN 15 253 ± 13
DN 20 364 ± 18

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 204/250


Posizionamento degli erogatori

D/2 D D D D D D D D/2
 Norme generali: d/2
2M

US

¦ Distribuzione uniforme degli erogatori d


sull’area protetta

2M

US
d
¦ Spazio libero sotto gli erogatori: 0,5 m
(1 m nei magazzini intensivi) d
d/2
Altezza massima degli erogatori: 12 m
US

¦ 2M

¦ Stazioni di controllo e allarme in aree d/4 D/2 D D D D D 2M


D D D/2
protette facilmente accessibili US

3d/4
¦ Segnalatori di allarme in numero ade-

2M

US
guato alla sicura percezione d

¦ Staffaggi corretti d
regolare
¦ Disposizioni tipiche: d/2
sfalsata
US

2M

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 205/250


Distanziamento dalle strutture

 Dalle pareti:
¦ Non maggiore del minor valore fra l’interdistanza degli erogator i nel -
la direzione in esame e 2,0 m (o 1,5 m nel caso di correnti o travi in
vista o pareti esterne combustibili o con rivestimento combustib ile)
¦ Nei locali larghi meno di 3,7 m è sufficiente una fila di erogatori
 Dai pilastri:
¦ Almeno 0,6 m
 Da soffitti o copertura:
¦ Da 75 mm a 150 mm dall’intradosso del soffitto o dei correnti

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 206/250


Estensione della protezione

 Tutto l’edificio o il compartimento ad eccezione di:


¦ Vani scale incombustibili
¦ Locali incombustibili adibiti a servizi igienici (non spogliatoi e/o guar -
daroba)
¦ Interrati vuoti o con merci incombustibili
¦ Locali contenenti esclusivamente serbatoi idrici
¦ Locali in cui è vietato l’uso di acqua:
¡ Cabine elettriche e locali quadri elettrici
¡ Contenitori di materiali che si rigonfiano a contatto con l’acqua
¡ Vani corsa ascensori e montacarichi

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 207/250


Classi di rischio

 Le aree protette si distinguono in:


¦ Reparti
¡ Classi: A B1, B2, B3, B4 C1, C2, C3, C4
¦ Depositi normali
¡ Classi: D0
¦ Depositi intensivi
¡ Classi: D1, D2, D3, D4
 le cui classi di rischio sono indicate nei prospetti X, XI e XII

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 208/250


Criteri di dimensionamento

 Gli impianti vanno dimensionati nell’ipotesi che possa intervenire


solo un numero di erogatori limitato correlato al livello di rischio
dell’area protetta
 Si ha:
¦ Classe A Abitazioni civili, scuole, uffici
¦ Densità di scarica : 0,0833 l/s/m2 Erogatori attivi : 4
¦ Classe B La maggior parte delle attività commerciali e industriali, divise in
quattro gruppi: B1, B2, B3-D0, B4
¦ Densità di scarica : 0,0833 l/s/m2 Erogatori attivi : 6, 12, 18 e 30
¦ Classe C- D Attività con elevata velocità di propagazione dell’incendio, divise
in otto gruppi: C1, C2, C3, C4, D1, D2, D3, D4
¦ Densità di scarica : 0,1250 l/s/m2

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 209/250


Specifiche di progetto

∆ Hmax densità scarica area operativa portata DN aspiraz. erogatori DN erogatori area coperta dmax Dmax riserva
rischio
m l/s/m 2
m 2 3
m /h mm attivi mm m 2
m m m3
- 2,5
15 9,0
A 0,0375 80,0 13,5 80 4 10 (15) 20,0 (16,0) 4,6 4,6
30 10,0
45 11,0
- 25,0
15 55,0
B1 72,0 22,5 150 6
30 70,0
45 80,0
- 50,0
15 105,0
B2 144,0 43,5 12
30 125,0
4,0
45 0,0833 15 (10) 12,0 (9,0) 4,0 140,0
(4,6)
- 75,0
15 200 135,0
B3-D0 216,0 66,0 16/18
30 160,0
45 185,0
- 100,0
B4 15 360,0 108,0 30 160,0
30 185,0

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 210/250


Calcolo idraulico delle tubazioni

 Il calcolo idraulico è un calcolo di verifica mirato a determinare, in


corrispondenza della portata d’acqua di progetto, la scelta dei dia-
metri che soddisfino la seguente specifica:
¦ Prevalenza minima utile sull’ugello dell’erogatore ( 60 kPa )
 oppure la prevalenza da fornire, per il soddisfacimento della mede-
sima specifica, a copertura di:
¦ Perdite di carico distribuite
¦ Perdite di carico concentrate
 La portata d’acqua in ogni tratto di tubazione è determinata dalla
sommatoria delle portate di progetto di ciascuno degli erogatori at-
tivi, fissati dalle norme

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 211/250


Perdite di carico distribuite

 Le perdite di carico per attrito distribuite lungo la tubazione devo -


no essere calcolate tramite la formula di Hazen Williams:
1,85
G 1,85
p = 3,1 1,85 4 ,87
c ⋅d
 dove: p è la perdita di carico unitaria, in kPa/m
G è la portata, in l/s
d è il diametro interno del singolo tratto di tubazione, in mm
c è una costante della tubazione, che vale:
100 per tubi in ghisa
120 per tubi in acciaio
140 per tubi in acciaio inox, in rame, o in ghisa rivestita
150 per tubi in plastiva, fibra di vetro, polietilene e materiali analoghi

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 212/250


Perdite di carico concentrate

 Sono le perdite di carico, valutate in lunghezza equivalente, intro-


dotte pezzi speciali o raccordi, curve, T, che determinano vari a-
zioni di direzione di 45° o maggiori
DN
pezzo speciale
25 32 40 50 65 80 100 125 150 200 250 300
lunghezza (m) di tubazione equivalente
curva a 45° 0,3 0,3 0,6 0,6 0,9 0,9 1,2 1,5 2,1 2,7 3,3 3,9
curva a 90° 0,6 0,9 1,2 1,5 1,8 2,1 3,0 3,6 4,2 5,4 6,6 8,1
curva larga a 90° 0,6 0,6 0,6 0,9 1,2 1,5 1,8 2,4 2,7 3,9 4,8 5,4
To 1,5 1,8 2,4 3,0 3,6 4,5 6,0 7,5 9,0 10,5 15,0 18,0
saracinesca 0,3 0,3 0,3 0,6 0,6 0,9 1,2 1,5 1,8
valvola di ritegno 1,5 2,1 2,7 3,3 4,2 4,8 6,6 8,3 10,4 13,5 16,5 19,5
il prospetto è compilato per tubazioni in acciaio (c=120): per polietilene (c=150) moltiplocare per 1,51

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 213/250


Impianti precalcolati

 Alle aree operative corrispondono settori della rete idrica di a li-


mentazione che alimentano gli erogatori attivi a valle di un punto
di riferimento
 I settori operativi comprendono il seguente numero di erogatori:
¦ Classe A: 2-3
¦ Classe B- D0: 16 - 18
¦ RG (CII-RI): 48
 che si possono accorpare in un numero di combinazioni modesto, e
possono essere precalcolati
 A monte del punto di riferimento l’impianto deve essere calcolato
idraulicamente

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 214/250


Impianti precalcolati di classe A

 Un unico erogatore DN 10 può essere alimentato da un tubo DN 20


 Due o tre erogatori possono essere alimentati da un tubo DN25
 A monte del punto di riferimento l’impianto deve essere calcolato,
e si può utilizzare ancora un tubo DN 25 se il calcolo ne attesta l’i-
doneità
 Se i tronchi di tubazione di singole diramazioni hanno lunghezza
equivalente maggiore di 6,9 m i diametri precalcolati devono esse-
re corretti in funzione della lunghezza equivalente effettiva secon-
do la tabella: DN L (m) DN
max

25 6,9 25
25 26,4 32
25 55,5 40

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 215/250


Impianti precalcolati di classe B-D0

 Il dimensionamento delle tu- ubicazione tubo disposizione DN


massimo numero
erogatori

bazioni a valle del punto di ri- DIRAMAZIONI


a pettine 2+2 erogatori 25 1

ferimento (punto di 16-18 e- (ultime 2 diramazioni)


a pettine 3 erogatori
32
25
2
2
rogatori) può essere fatto all'estremità più lontana
della rete di distribuzione
(ultime 3 diramazioni) 32 3
25 2
mediante la tabella altre disposizioni 32 3
(ultima diramazione) 40 4
50 9
TUBAZIONI DI DISTRIBUZIONE
32 2
a pettine con 2
40 4
erogatori per
diramazione 50 8
65 16
all'estremità della rete
32 3
40 6
altre disposizioni
50 9
65 18
fra punto di riferimento e stazione di controllo calcolo idraulico

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 216/250


Correzioni al precalcolo

 Se i tronchi di tubazione di singole diramazioni hanno lunghezza


equivalente maggiore di 5,2 m i diametri precalcolati devono esse-
re corretti in funzione della lunghezza equivalente effettiva secon-
do la tabella:
massime lunghezze equivalenti
DN" 25 32 40 50 65 80 100 125
DN'
25 5,2 20,0 42,0 132,2 - - - -
32 - 5,2 10,9 34,4 121,6 - - -
40 - - 5,2 16,4 57,9 - - -
50 - - - 5,2 18,4 40,2 146,2 -
65 - - - - 5,2 11,4 41,4 278,0

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 217/250


Misure di protezione attiva

 Sistemi di allarme e segnalazione manuali e automatici


¦ Rivelazione d’incendio
 Presidi antincendio
¦ Evacuatori di fumo
¦ Estintori
¦ Sistemi idrici manuali
¡ Idranti
¡ Naspi
¦ Sprinkler
¦ Altri impianti fissi

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Impianti automatici a CO2

 Finalità:
¦ Rivelare un incendio al suo insorgere e spegnerlo, dopo l’evacua zio-
ne, evitando riaccensioni
 Gli impianti automatici a CO2 sono del tipo “a un sol colpo”, per-
tanto devono assolutamente essere dimensionati in modo corretto
 La concentrazione necessaria allo spegnimento preclude la soprav-
vivenza, per cui è necessario evacuare il locale prima della scarica
 Gli impianti a CO2 richiedono:
¦ Assoluta tenuta dell’ambiente
¦ Altezze dell’ambiente non elevate
¦ Velocità di evacuazione elevata

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Norme di riferimento

 Gli impianti di estinzione fissi automatici a CO2 sono regolamen-


tati dalle norme:
¦ CII-RI “Norme di installazione, costruzione ed esercizio degli impianti
fissi di estinzione automatici ad anidride carbonica (CO2)”

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Campo d’applicazione

 Ambienti chiusi con incendi di tipo B, C ed E (A con varie limitazio-


ni), ma non sostanze contenenti O2 e metalli che reagiscono con
l’anidride carbonica: alcalini, ioduri metallici e titanio
 La CO2 sottrae dall’ambiente l’ossigeno comburente, per cui deve
persistere nella concentrazione necessaria sino al completo raf-
freddamento (effetto collaterale) della sostanza combustibile:
¦ 10 minuti per centri di calcolo, quadri elettrici, cunicoli e ca nale
¦ 20 minuti per fuochi di tipo A (brace)
¦ Sino al fermo completo per macchine rotative

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Tipologia

 In funzione della pressione:


¦ Alta pressione (HP)
¡ CO2 compressa a 5,7 Mpa (assoluti) in contenitori a 20 C
¦ Bassa pressione (LP)
¡ CO2 compressa a 2,0 Mpa (assoluti) in contenitori coibentati mante-
nuti a -20 C mediante un gruppo frigorifero dedicato
 In funzione della tipologia d’uso:
¦ Protezione generale del compartimento
¦ Protezione localizzata

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Componenti principali

 Le bombole, in genere da 40 l (30 kg), che devono scaricare dall e


valvole di sicurezza non più dell’1,5% del contenuto in 24 h di per-
manenza a 30 C, devono essere montate su sistemi di pesatura e
per verifica continua del contenuto di CO 2 con allarme di minima
capacità accettabile

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Dimensionamento

 La quantità di CO2 da accumulare è espressa dalla relazione:


⎡ A + 30 ⋅ A vv ⎤
Q = ⎢Q SS ⋅ + Q VV ⎥ ⋅ k rr ⋅ (VLL + Vve oc ) kg
ve − Voc
⎣ VLL + Vve
ve − V oc
oc ⎦

 dove:
  QS = 0,2 kg/m2   Voc = volume (m3)
  QV = 0,7 kg/m3   Kr = fattore di rischio
  A = superficie perimetrale (m2)
A, Av, VL e Vve sono riferiti o al compar-
  Av = superficie aperture (m2) timento o all’area da proteggere
⎧⎪0,03 ⋅ VL ∀ V ≤ 100 m 3
Av ≤ ⎨
⎪⎩ VL 0 ,25 ∀ V > 100 m3 Voc è nullo nella protezione localizzata
  VL = volume locale (m3) I locali con separazione < RE 30 devono
  Vve = volume ventilazione (m3) essere inclusi nel volume protetto

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Fattore di rischio

PRODOTTO Kr olio isolante 1,0


acetilene 2,5 olio per circuiti oleodinamici 1,0
benzolo 1,1 NATURA DEL RISCHIO Kr
etere etilico 1,5 unità centrale elaborazione dati 1,5
gas naturale 1,1 locale stampanti 2,3
idrogeno 3,2 locale deposito carta 2,3
deposito nastri e schede
ossido di carbonio 2,4 1,5
magnetiche
propano 1,1 continue di filatura 2,0
propilene 1,1 cunicoli per cavi e sottopedane 1,5
materiali solidi che originano fuo-
generatori elettrici e relativo
chi di volume (tipo A: carta, poli- 2,3 2,0
sistema di raffreddamento
stirolo, etc.)
benzina 1,0 impianti di verniciatura a spruzzo 1,2
kerosene 1,0 locali con quadri eletrtici 1,2

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Alimentazione CO2

 Recipienti collegati a rampa completi di:


¦ Dispositivo automatico di apertura (valvola a solenoide)
¦ Azionamento manuale di emergenza
¦ Circuito di prova senza perdita di CO 2
¦ Sezionamento per fuori servizio
¦ Collegamento elettrico a terra

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Tubazioni di distribuzione

 UNI 6363 PN adatto, con flessibili omologati, DN ≥ 10 per una


pressione minima nel circuito:
¦ ≥ 1,4 MPa per impianti HP
¦ ≥ 1,0 Mpa per impianti LP
 e un tempo di scarica massimo di 30 s (protezione d’oggetto) o 60
s (protezione d’ambiente HP) o 120 s (protezione d’ambiente LP)
 Il calcolo analitico delle tubazioni è complesso

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La sicurezza equivalente

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Concetto di sicurezza equivalente

 La prevenzione incendi deve essere intesa non come coercizione al


rispetto delle norme ma come un processo che, in ossequio al prin-
cipio della ricerca del massimo livello di protezione per le persone,
consenta il raggiungimento di un livello di sicurezza equivalent e
soddisfacente, indipendentemente dalle scelte operative, consen-
tendo di operare scelte progettuali anche sotto il vincolo economi-
co

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Normativa generale di prevenzione incendi

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Normativa vigente di base

 Legge n. 1570 del 27 dicembre 1941


¦ Disciplina il servizio antincendio nazionale e il servizio di prevenzione
 DPR n. 547 del 27 aprile 1955
¦ Disciplina la prevenzione degli infortuni sul lavoro e le aziende e lavo -
razioni soggette a controllo di prevenzione incendi
 Legge n. 469 del 13 maggio 1961
¦ Istituisce il CNVVF con compiti di prevenzione incendi
 Legge n. 966 del 16 nluglio 1965
¦ Disciplina il servizio di prevenzione incendi obbligatorio a pag amento
 DPR n. 577 del 29 luglio 1982
¦ Approva il regolamento dei servizi di prevenzione incendi e vigi lanza

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Attività sotto controllo dei Comandi VVF

 DPR n. 689 del 26 maggio 1959


¦ Tabella A: aziende e lavorazioni soggette ai fini della prevenzi one in-
cendi al collaudo del Comando VVF
¦ Tabella B: aziende e lavorazioni che per dimensioni, ubicazione e altre
ragioni presentano, in caso d’incendio, gravi pericoli per l’incolumità
dei lavoratori
 DM 16 febbraio 1982
¦ Attività soggette alle visite di prevenzione incendi

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Norme caratterizzanti

 Legge n. 818 del 7 dicembre 1984


¦ NOP per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi
 DM 10 marzo 1998
¦ Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell ’emer -
genza nei luoghi di lavoro

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Alcune norme specifiche

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Norme di interesse particolare - 1

 Circolare n. 73 del 29 luglio 1971 “Impianti termici a olio combustibile o


a gasolio. Istruzioni per l’applicazione delle norme contro l’inquinamento atmo-
sferico”
 DM 31 marzo 1984 “Norme di sicurezza per la progettazione, la costruzione,
l’installazione e l’esercizio dei depositi di gas di petrolio li quefatto con capacità
complessiva non superiore a 5 m3”
 DM 1° febbraio 1986 “Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e
l’esercizio di autorimesse e simili”
 DM n. 246 del 16 maggio 1987 “Norme di sicurezza antincendi per gli
edifici di civile abitazione”

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Norme di interesse particolare - 2

 DM 26 agosto 1992 “Norme di prevenzione per l’edilizia scolastica”


 DM 9 aprile 1994 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi
per la costruzione e l’esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere”
 DM 12 aprile 1996 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi
per la progettazione, la costruzione e l’esercizio degli impiant i termici alimentati
da combustibili gassosi ”
 DM 19 agosto 1996 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione in-
cendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e
di pubblico spettacolo”

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TESI finale: PRATICA DI PREVENZIONE INCENDI

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Relazione tecnica di prevenzione incendi - 1

 Con riferimento agli elaborati grafici illustrativi, la relazione


dovrà evidenziare la conoscenza e l’osservanza dei criteri generali
di PI e della normativa specifica dell’attività in esame, con riferi-
mento particolare a:
1) Individuazione e descrizione delle attività soggette
2) Accessibilità all’area, distanze di sicurezza, dotazione impiant istiche
3) Valutazione delle sostanze pericolose
4) Presidi antincendio
5) Suddivisione in compartimenti e, per ciascun compartimento:
1) Pericoli d’incendio
1) Destinazione funzionale

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Relazione tecnica di prevenzione incendi - 2

2) Sostanze pericolose: (nome chimico, nome commerciale, nome CAS,


quantitativi, modalità di stoccaggio, sistemi di sicurezza, etc.)
3) Carico d’incendio nei singoli ambienti e compartimenti funzional i
4) Impianti di processo descrizione dei processi con relativi sistemi di con -
trollo e di sicurezza, con temperature, pressioni, portate, etc.
5) Lavorazioni elementari, macchine opertarici e attrezzature
6) Movimentazioni interne
7) Impianti tecnologici
8) Aree a rischio specifico
2) Condizioni ambientali nelle quali si svolge l’attività
1) Accessibilità e viabilità esterna ed interna
2) Lay-out aziendale
3) Caratteristiche costruttive e strutturali e funzionali con arredi speciali

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Relazione tecnica di prevenzione incendi - 3

4) Incombustibilità e resistenza al fuoco delle strutture


5) Reazione al fuoco degli arredi e dei materiali di completamento
6) Aperture d’areazione naturale e meccanica, sistemi d’estrazione puntuali,
sistemi d’evacuazione di fumo e calore
7) Affollamento, vie di esodo e tempi di sfollamento
8) Impianti e mezzi di trasporto interno (Ascensori e montacarichi)
9) Impianti tecnologici e aree a rischio specifico:
1) Impianti elettrici: classificazione del sistema, componenti esse nziali,
modalità d’installazione, protezione da sovracorrenti e correnti di
guasto a terra, messa a terra e protezione dalle scariche atmosfe-
riche
2) Impianti termici a combustibile liquido e/o gassoso, con riferimento a
norme specifiche
3) Impianti di condizionamneto e/o aerazione meccanica

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Relazione tecnica di prevenzione incendi - 4

10)Gestione della sicurezza antincendio


11)Sistemi di protezione passiva
1) Illuminazione e sistemi di emergenza e sicurezza, e segnaletica di si-
curezza
12)Sistemi di protezione attiva
1) Estintori portatili: collocazione, dimensionamento e conformità alle
norme
2) Impianto fisso ad acqua, collocazione, dimensionamento e conformi-tà
alla norme
13)Attività a rischio specifico
1) Autorimesse, parcheggi e simili
2) Centrali termiche e deposito di combustibile
3) etc.

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Relazione tecnica di prevenzione incendi - 5

6) Valutazione qualitativa del rischio d’incendio


7) Misure preventive e protettive contro il rischio d’incendio
8) Gestione dell’emergenza

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Iter autorizzativo di Prevenzione Incendi

 L’iter autorizzativo (DPR 37 12 gennaio 1998) è illustrato nel dia-


gramma a lato:
Versamento-bollo
Relazione tecnica SI Richiesta Deroga
Elaborati grafici Versamento-bollo
(2 copie) Relazione tecnica Parere Comando
NO Elaborati grafici (30 gg)
(3 copie)
Parere favorevole NO Modifiche?
(45 90 gg)

SI
NO Parere Ispettorato

Adeguamento lavori
Dichiarazione
Dichiarazioni,
Inizio attivit SI
certificazioni e
in attesa sopralluogo
attestazioni richieste

NO
Richiesta rinnovo CPI
Sopralluogo Comando Rilascio CPI Versamento-bollo
OK? SI
< 90 gg < 15 gg Perizia giurata efficienza sistemi
Dichiarazione "nulla è variato"

Rilascio CPI
< 15 gg

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Pratica di pI di un’autorimessa

 Un edificio con tre piani fuori terra ha un’autorimessa interrat a


che occupa due livelli serviti da un’unica rampa
 Fra il piano terra e il primo livello interrato dell’autorimessa è ri-
cavato un piano cantine servito da una scala interna che collega
tutti i livelli interrati e fuori terra dell’edificio
 La tesi finale prevede:
¦ L’individuazione di tutti i lavori di adeguemento dell’autorimessa alla
normativa vigente
¦ Il calcolo del carico d’incendio dell’autorimessa
¦ La redazione della pratica di prevenzione incendi dell’autorimes sa

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 244/250


Piano terra (livello +0,5)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 245/250


Piano cantine (livello –2,3)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 246/250


Piano autorimessa (livello –5,0)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 247/250


Piano autorimessa (livello –7,8)

martedì 4 ottobre 2005 Domenico Salimbeni 248/250

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