Sei sulla pagina 1di 11

AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI

43° CONVEGNO NAZIONALE, 9-12 SETTEMBRE 2014, ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

AIAS 2014 - 363

STUDIO DEL COMPORTAMENTO A FATICA DI ACCIAI INOSSIDABILI


CON METODI TERMICI
D. Palumbo a, R. De Finis a, F. Ancona a, U. Galiettia
a
Politecnico di Bari - Dipartimento di Meccanica,Matematica e Management
Viale Japigia, 70126 Bari, e-mail: davide.palumbo@poliba.it

Sommario
Il limite di fatica rappresenta un parametro importante nella valutazione dei materiali in ambito progettuale sia in
condizioni normali, che in condizioni particolari in presenza di alte o basse temperature o ambienti corrosivi. Lo scopo
di questo articolo è quello di investigare con metodi termici, il comportamento a fatica di due acciai inossidabili
martensitici ASTM A 182 F6NM e VIRGO 39, la cui particolarità è rappresentata dal fatto che, rispetto agli acciai
austenitici, sperimentano bassi incrementi di temperatura se sollecitati con carichi superiori al limite di fatica. Mediante
le tecniche termografiche si riescono ad ottenere informazioni sullo stato termico superficiale del materiale che
consentono di valutare il danneggiamento a fatica.

Abstract
Fatigue limit represents an important parameter in material choice, mostly in presence of corrosive environments and
lower/higher temperature. The aim of this work is to investigate damage behavior and also determinate fatigue limit of
two martensitic stainless steel: ASTM A 182 F6NM and VIRGO 39. These metal alloys, as opposed to austenitic steels,
are characterized by low temperature increments when they are subjected to high stresses. Thermal methods allow to
obtain information about thermal behavior of material by means of measure of its superficial temperature. These
information give us the possibility to evaluate the point at which damage occurs, and clearly, the fatigue limit.

Parole chiave: limite di fatica , metodi termici, TSA, termografia, acciai martensitici

1. INTRODUZIONE

Per studiare il comportamento a fatica dei materiali, i metodi termici basati sulla termografia infrarossa sono
tra i più efficaci ed efficienti, poiché consentono di ridurre la campagna prove in termini di tempo e costi.
In letteratura in genere, viene presa in considerazione la temperatura quale parametro per descrivere il
danneggiamento del materiale. Infatti, durante un test di fatica, le differenze di temperatura tra il valore
massimo istantaneo raggiunto nella fase quasi-isoterma e quello iniziale della superficie del provino, fornito
da termocamera, aumentano quando la sollecitazione imposta supera il limite di fatica [1-6]. Tuttavia la
temperatura dipende da una vasta gamma di parametri come l’ampiezza dello stress, la frequenza di carico,
la geometria del provino e soprattutto le condizioni ambientali che intervengono nello scambio termico
provino-ambiente [7],[8].
Per questo sono stati sviluppati altre tipologie di approcci basate sul monitoraggio delle sorgenti di calore
generate durante la prova di fatica [7-9]. Sotto le ipotesi che non ci siano trasformazioni di fase
microstrutturale vengono, internamente, generate due sorgenti termiche: dissipative e termoelastiche. Le
prime sono legate al danneggiamento del materiale e causano l’innalzamento della temperatura, mentre
quelle termoelastiche sono reversibili e dovute ai fenomeni di accoppiamento termomeccanico.
Altri approcci sono basati sull’analisi delle sequenze termografiche [10], [11]. L’analisi complessa del
segnale termico viene eseguita nel dominio del tempo per ottenere informazioni relative alla seconda
armonica del segnale direttamente correlata al fenomeno di danneggiamento.
Tutti questi metodi consentono di pervenire al limite di fatica della maggior parte dei materiali metallici.
Tuttavia per alcuni materiali con alta diffusività termica quali l’alluminio, le cui variazioni termiche indotte
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
43° CONVEGNO NAZIONALE, 9-12 SETTEMBRE 2014, ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

dalla sollecitazione ciclica sono molto basse, risulta difficile il monitoraggio dei parametri termici che
intervengono nel danno per fatica. Un’altra categoria è rappresentata dai giunti saldati, il cui danneggiamento
dovuto a fatica, segue un meccanismo diverso rispetto ai materiali base (intesi come materiali privi di
intagli), e si esprime con sorgenti termiche molto localizzate [12-14]. I materiali con comportamento di tipo
fragile rispetto a materiali duttili sperimentano basse deformazioni che determinano piccoli variazioni
termiche.
In tutti questi casi si deve ricorrere ad un set-up ottimale in termini di accuratezza di misura che può essere
ottenuto con strumentazione altamente performante.
In questo lavoro, viene esaminato il comportamento a fatica di acciai inossidabili martensitici mediante
tecniche termografiche. Ed inoltre, è stato usato un nuovo approccio basato sulla tecnica TSA, chiamato TPA
[13], che concerne l’analisi della fase del segnale termoelastico. Lo scopo di tale analisi è quello di
investigare e monitorare il passaggio da comportamento elastico a plastico del materiale, e quindi di
determinare il limite di fatica e il monitoraggio del danneggiamento.
Il metodo TPA è basato, come detto, sull’analisi della fase del segnale termoelastico, quale parametro che
descrive il danneggiamento dovuto a fatica. Variazioni di fase possono avvenire in presenza di generazione
di calore dovuta ad alti gradienti di stress o plasticizzazioni locali causate da sorgenti dissipative [13].
In questo lavoro, viene proposta una procedura di analisi basata sull’evoluzione delle variazioni di fase del
segnale termoelastico nel tempo durante prova di fatica, svolta con la stessa metodologia di carico usata per
le analisi in temperatura.
I materiali investigati sono due acciai martensitici: ASTM A 182 grado F6NM e VIRGO 39. Sono stati
esaminati tre provini per ogni materiale, i cui dati termografici e termoelastici, sono stati acquisiti con due
termocamere differenti. Le sequenze termografiche e termoelastiche sono state analizzate con due nuove
procedure. Infine è stato inoltre comparato il limite di fatica trovato con i dianzi elencati metodi con quello
trovato con metodica classica statistica di prova a fatica “Stair-case” eseguita su quindici provini.

2. TEORIA

Il segnale termoelastico S, fornito dall’analisi TSA, è proporzionale alle variazioni picco-picco di


temperatura durante la variazione picco-picco nella somma delle tensioni lungo le direzioni principali [15-
18].
In presenza di condizioni adiabatiche e in caso di comportamento elastico lineare del materiale, inteso
omogeneo, le variazioni di temperatura e di stress sono direttamente correlate mediante la seguente
equazione [19]:

  I
  KT0 (1)
t t

dove, θ = T-T0 rappresenta le variazioni di temperatura registrata durante il test, T0 è la temperatura di


equilibrio del provino, K è la costante termoelastica [18] e σI è l’invariante di stress. La perdita di condizioni
adiabatiche avviene se è presente trasferimento di calore attraverso il provino, o quando compare una
sorgente termica dovuta ai fenomeni di danneggiamento. In questo caso altri termini dovrebbero essere
considerati nell’eq.1 e le misure di stress potrebbero essere affette da errore. Cosicché l’eq. 1 diventa:

  I d
  KT0  a 2  1 (2)
t t C p

Con a diffusività termica, θ gradiente di temperatura, CP calore specifico a pressione costante, ρ densità e
d1 termine dissipativo, che compare in presenza di comportamenti plastici, viscoplastici e in genere
danneggiamenti dovuti a sollecitazioni di fatica.
Il set-up per l’analisi TSA richiede un segnale di riferimento prodotto da una cella di carico o estensimetro
posizionato sul provino. Il segnale di riferimento viene sfruttato per filtrare il segnale termoelastico in tempo
reale, per mezzo di una unità di amplificazione lock-in, o successivamente questa operazione può essere
effettuata nel post-processing dei dati. Per ogni pixel è possibile rappresentare i segnali (termoelastico e di
riferimento) mediante vettori rotanti alla stessa velocità ossia alla stessa frequenza, sfasati di una quantità
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
43° CONVEGNO NAZIONALE, 9-12 SETTEMBRE 2014, ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

costante. In questa ottica, il segnale termoelastico è caratterizzato dal modulo (immagine di S) proporzionale
all’ampiezza di stress [16-18] a da un angolo di fase rispetto al segnale di riferimento (immagine di fase).
Riferendosi all’eq. 2, durante le prove di fatica, variazioni di fase segnale termoelastico-segnale di
riferimento, possono avvenire se:

 Il termine a θ è diverso da 0 e non è trascurabile rispetto alla velocità con cui il carico viene
imposto al provino.
 Sono presenti fonti di calore dissipative (d1/ρCP) dovute a plasticizzazioni e ad altri fenomeni di
danneggiamento a fatica come la nascita e crescita delle cricche.

Il segnale di fase può essere quindi usato per monitorare il danneggiamento del materiale durante una prova
di fatica. Il metodo che sfrutta la fase quale parametro indicativo del comportamento a fatica è denominato
TPA, e viene adoperato anche per monitorare giunti saldati sottoposti a carichi dinamici [13].
I successivi paragrafi descrivono quanto potente ed efficace può essere il segnale di fase nella valutazione di
zone di plastiche o localizzazione di cricche e quindi per la valutazione del limite di fatica.

3. SET-UP SPERIMENTALE

3.1 Materiali

Gli acciai inossidabili martensitici hanno un’alta resistenza meccanica ottenuta mediante trattamento termico
di tempra ma hanno una resistenza alla corrosione limitata. Per ottenere una trasformazione totale di
austenite in martensite è necessario tenere basso il contenuto di elementi di lega, e aumentare le velocità del
processo di tempra per garantire alte prestazioni meccaniche [20].
L’alligante che interviene nella resistenza a corrosione è il Cromo (le percentuali in peso nei due materiali
sono: 11.5% per ASTM A 182 e 16% per VIRGO 39), mediante la formazione di ossidi che evitano la
riduzione di cromo dalla matrice cristallina [20].
Nella tabella 1 vengono elencate le proprietà meccaniche dei materiali considerati. In particolare vengono
riportate: la tensione di rottura UTS e la tensione di snervamento come offset del tratto lineare a 0.2% di
deformazione.

Tabella 1: Proprietà meccaniche ASTM A182 e VIRGO 39


Temperature Tensione di
UTS E
Materiale di prova snervamento (0,2%)
[MPa] [MPa]
[°C] [MPa]
ASTM A 182 grade F6NM 20 766.8 198.5 615.7
VIRGO 39 20 911.6 194.6 632.5

Tre provini con geometria (da norma ASTM E 466-96 [21]) ad “osso di cane” sono stati provati per ogni
materiale. In figura 1 vengono riportate le dimensioni standard dei provini: lunghezza nominale del tratto
utile, spessore nominale del tratto utile e larghezza nominale.

3.2 Strumentazione e procedura di prova

Si è utilizzata la termocamera IR X6540 SC prodotta da FLIR, che acquisisce sequenze termografiche ad alta
velocità e per questo è stata adottata per l’analisi del segnale termoelastico. Il sensore raffreddato in indio-
antimonio permette di acquisire immagini di dimensioni 640x512 pixel. La massima frequenza di
acquisizione è 125Hz con una sensibilità termica NETD<20mK.
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
43° CONVEGNO NAZIONALE, 9-12 SETTEMBRE 2014, ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

Figura 1: Dimensioni (mm) e geometria dei provini

La seconda termocamera FLIR A20 è usata per acquisire dati di temperatura. È dotata di un sensore
microbolometrico (160x140 pixel) con una sensibilità NETD<50mK. Le due termocamere sono state poste,
rispettivamente, di fronte e sul retro del provino.
La macchina servoidraulica di carico adottata è prodotta da MTS modello 370 ed ha una capacità di carico
dinamica di ± 100kN.
I provini sono stati ricoperti di vernice nera opaca per garantire una maggiore emissività (circa 0.95). Il set-
up prevede l’utilizzo di una camera di legno (figura 2) per evitare riscaldamenti/raffreddamenti derivanti da
fonti di calore esterne e quindi permettere una misura accurata della temperatura.

a b
Figura 2: Set-up utilizzato

Per ottenere la misura della temperatura ambiente, un supporto di alluminio verniciato di nero è stato usato
come “corpo nero” ed è stato posizionato all’interno della camera di legno.
Le prove sono state condotte applicando una tensione uniassiale (rapporto di carico R=0.5 e frequenza di
carico 17 Hz) per 20000 cicli. Terminati i cicli, si è incrementato il carico come riportato nelle tabelle 2 e 3,
fino a rottura del provino. Alla fine di ogni step la prova è stata fermata in modo da poter variare i parametri
della macchina di carico e quindi procedere con un nuovo step di carico.
Le sequenze termografiche acquisite dalla termocamera X6540SC sono state utilizzate per l’analisi TSA. In
particolare nell’ambito dei 20000 cicli di ogni step, sono state acquisite 3 sequenze rispettivamente a
1000/8000/16000 cicli. Le sequenze sono state registrate a 100 Hz per 10 secondi in modo da ottenere un
totale di 1000 frame.
I dati termografici acquisiti con la termocamera A20 di FLIR sono stati utilizzati per monitorare la
temperatura superficiale del provino. In particolare è stata considerata un’unica sequenza di durata uguale
alla durata dell’intero test di fatica, fino a rottura del provino.

4. DESCRIZIONE DELLA PROCEDURA DI ANALISI DEI DATI

4.1 Analisi dei dati di temperatura.

La temperatura raggiunta dal provino durante la prova di fatica può essere dovuta a differenti sorgenti di
calore (eq.3) tra le quali risultano le sorgenti dissipative. Infatti, la temperatura ambiente Tamb(t) e il
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
43° CONVEGNO NAZIONALE, 9-12 SETTEMBRE 2014, ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

riscaldamento dovuto alla temperatura degli afferraggi della macchina di carico Tlm(x,y,t), contribuiscono
all’innalzamento della temperatura del provino [21].

Tabella 2: Tabelle dei carichi su VIRGO 39 (left) e ASTM A182 (right)


STEP Δσ/2 Δσ σ mean STEP Δσ/2 Δσ σ mean STEP Δσ/2 Δσ

1 25 50 75 1 25 50 75 17 150 300
2 45 90 135 2 35 70 105 18 157 315
3 65 130 195 3 45 90 135 19 165 330
4 85 170 255 4 52 105 158 20 172 345
5 105 210 315 5 60 120 180 21 180 360
6 120 240 360 6 67 135 203 22 187 375
7 135 270 405 7 75 150 225 23 195 390
8 150 300 450 8 82 165 248 24 202 405
9 165 330 495 9 90 180 270 25 210 420
10 180 360 540 10 97 195 293 17 150 300
11 190 380 570 11 105 210 315 18 157 315
12 200 400 600 12 112 225 338 19 165 330
13 208 415 623 13 120 240 360 20 172 345
14 215 430 645 14 127 255 383 21 180 360
15 223 445 668 15 135 270 405 22 187 375
16 230 460 690 16 142 285 428

La temperatura del provino quindi, è una funzione dei suddetti parametri:

T ( x, y, t )  f [Td ( x, y, t ), Tamb (t ), Tlm ( x, y, t )] (3)

dove x e y sono le coordinate di un punto generico appartenente al tratto utile del provino e t è la variabile
tempo. In riferimento all’eq.3, il contributo termico dovuto al danneggiamento del provino in corrispondenza
di uno specifico valore di stress, è rappresentato dal termine Td(x,y,t). E’ quindi necessario eliminare i
contributi Tamb(t) ,Tlm(x,y,t) se si vuole quantificare correttamente il contributo dovuto alle sorgenti
dissipative, poiché un erronea valutazione di tali sorgenti, potrebbe comportare un’errata valutazione del
limite di fatica del materiale.
E’ importante anche un corretto filtraggio dei dati, per questo sono state messe in atto due nuove procedure
di analisi del segnale termografico e termoelastico. Le analisi si riferiscono al tratto utile del provino come
mostra la figura 3.
In figura 3 viene mostrata un’immagine termografica acquisita ad un tempo specifico durante il 19° step
(ovverosia per una semiampiezza di sollecitazione Δσ/2=165 MPa) della prova di fatica, relativa al provino 1
dell’acciaio ASTM A 182 grado F6NM. Nella figura 3(a) , le aree A 1 e A2 si riferiscono al provino (tratto
utile) e al corpo nero la cui temperatura rappresenta la temperatura ambiente di riferimento Tamb(t). Tamb(t)
rappresenta il massimo valore misurato sul corpo nero nell’area A2. Codesto valore viene eliminato pixel per
pixel, immagine per immagine, dall’area A1. Se viene diagrammato l’andamento di temperatura di un
generico profilo p lungo la direzione longitudinale del provino (Fig. 3), si può vedere chiaramente l’effetto
del riscaldamento dovuto all’olio caldo che serve a tenere in pressione il grip inferiore di afferraggio della
macchina di carico e a conferire il moto dinamico che sollecita il provino. Il calore fornito dalla morsa
inferiore non è costante ma aumenta continuamente durante tutto il test. Il corrispondente fenomeno
dissipativo è chiaramente visibile in fig. 3(b-c). Adottando una retta interpolatrice del primo e ultimo punto
della curva di riscaldamento del profilo p e considerando che l’area A1 è costituita da un numero di profili p
pari al numero di pixel in direzione x, si può sottrarre la pendenza di suddetta retta interpolatrice ad ogni
profilo, al fine di eliminare l’effetto del riscaldamento anomalo dovuto alla macchina di carico.
Durante il test di fatica la temperatura inizialmente incrementa (prima fase), successivamente diviene
costante (seconda fase) ed infine, immediatamente prima della rottura cresce improvvisamente (fase 3-[5]).
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
43° CONVEGNO NAZIONALE, 9-12 SETTEMBRE 2014, ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

a b c
Figura 3: a) Aree e profilo p considerati per le analisi (ASTM A182, provino 1): b) step 6, c) step
20.

Dopo la procedura di filtraggio dei dati, viene valutato il ΔTmax, correlato alle sorgenti dissipative Td(t) e
quindi ai fenomeni di danneggiamento.

4.2 Analisi dei dati termoelastici con il metodo TPA

Secondo quanto già esposto, durante il test di fatica, e durante ogni step di sollecitazione, vengono acquisite
3 sequenze a determinati cicli della macchina di carico, precisamente a 1000, 8000, 16000 cicli. Per ottenere
i dati di ampiezza e fase del segnale termoelastico e quindi effettuare l’analisi termoelastica è stato
sviluppato un algoritmo per analizzare le sequenze registrate.
Considerando per ogni pixel, un opportuno modello di temperatura [10] si può descrivere l’evoluzione del
segnale termografico secondo l’equazione :

Tm (t )  a  bt  T1 sin(t  1 )  T2 sin( 2t  2 ) (4)

dove ΔT1, φ1, ΔT2 e φ2 sono ampiezza e fase della prima e seconda armonica della serie di Fourier, mentre le
costanti a e b vengono adoperate per modellare la crescita di temperatura che interviene allorquando un
danno si è prodotto. Tutte le costanti vengono ottenute con il metodo dei minimi quadrati imponendo il
modello dell’eq.4 al segnale termografico pixel per pixel.
L’algoritmo fornisce una matrice di dati per ogni parametro dell’eq.4, sotto forma di immagine (6 immagini
in totale).
In questo lavoro viene presa in considerazione solo il segnale di fase e quindi la costante φ1, lasciando a
futuri lavori l’analisi di armoniche successive alla prima.
L’algoritmo di analisi dei dati di fase prevede la sottrazione del valore medio della fase ad ogni step, in modo
da evidenziare variazioni di fase all’interno del provino (tratto utile). Inoltre i dati di fase vengono filtrati
sottraendo l’immagine relativa ad uno step di riferimento, solitamente scelto tra i primi step di carico, non
caratterizzati da danneggiamento. Ciò porta a ridurre le influenze di fattori esterni (come ad esempio la
vernice o disomogeneità superficiali) sulla variazione di fase. Si procede infine, a quantificare le variazioni
di fase come differenza tra il massimo ed il minimo valore: Δφmax=φmax-φmin., dove φmax e φmin rappresentano
rispettivamente il 98esimo e il 2do percentile. Questo ulteriore “filtro” è stato messo a punto proprio per
evitare altri “outlier” non rimossi dall’analisi dianzi esposta.

5. ANALISI E RISULTATI

5.1 Analisi di temperatura : comparazione tra i dati prima e dopo l’applicazione della procedura

Nei paragrafi precedenti è stata chiarita la procedura adottata per tener conto e quindi eliminare sorgenti
“rumorose” dall’analisi termografica. La procedura consiste nella valutazione del ΔTmax a regime dovuto a
fenomeni dissipativi Td(t). La figura 4 mostra il grafico dei valori di temperatura in funzione della
semiampiezza di sollecitazione Δσ/2 imposti durante la prova di fatica. In particolare i dati che si riferiscono
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
43° CONVEGNO NAZIONALE, 9-12 SETTEMBRE 2014, ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

all’analisi adottata sono rappresentati in blu mentre i dati non filtrati sono rappresentati in rosso. I dati non
filtrati in realtà si riferiscono ai valori di temperatura Tmax raggiunta in ogni step a regime a cui vengono
sottratti i valori della temperatura ambiente [5].

a b
Figura 4: Confronto dati filtrati con la nuova procedura e dati non filtrati: a) ASTM A182, b)
Virgo 39

Le curve di figura 4, mostrano come a seconda della procedura di analisi adottata, si possa incorrere in
differenti interpretazioni del comportamento termico del materiale. E’ anche chiaro come per entrambe le
curve siano presenti due andamenti caratterizzati da variazioni di temperatura differenti. Nella prima fase del
test di fatica il danneggiamento non è presente per cui le variazioni di temperatura sono minime. Quando il
materiale inizia a danneggiarsi una variazione di pendenza della curva è evidente e le variazioni di
temperatura crescono. Come è evidente dalla figura 4, i dati ΔTmax filtrati (curva blu) sono in valore, più
bassi rispetto a quelli non filtrati (curva rossa) e questo perché viene eliminato quasi totalmente l’effetto di
riscaldamento prodotto dalla morsa inferiore della macchina oleodinamica.
Come verrà esposto nei paragrafi successivi, una valutazione erronea delle variazioni di temperatura può
compromettere la valutazione del comportamento a fatica, e quindi del limite di fatica, del materiale.

5.2 Analisi dei dati di fase

Le figure 5 (a) e 5 (b) mostrano le mappe di fase ottenute mediante l’analisi termoelastica nella zona del
tratto utile del provino, descritta nel paragrafo 4.2, in particolare le immagini di fase si riferiscono alla terza
sequenza termografica, acquisita intorno a 16000 cicli. E’ possibile poi confrontare le mappe di fase per vari
step di carico della prova di fatica con chiara evidenza che la variazione di fase interessa tutta l’area del tratto
utile del provino ed assume valori sia positivi che negativi.
Diaz [22] infatti mostra come in presenza di crescita della cricca la fase assume valore positivi dovuto agli
elevati gradienti di stress, e valori negativi dovuti alle plasticizzazioni che inesorabilmente accadono per via
del superamento della tensione di snervamento. Rispetto alla temperatura, il segnale di fase varia all’interno
del tratto utile del provino, garantendo un’informazione locale sullo stato di danneggiamento del provino. In
questo lavoro non ci si è preoccupati del segno assunto dal segnale di fase in quanto si è considerata la sua
variazione come differenza tra valore massimo e valore minimo. Tuttavia lavori futuri saranno mirati allo
studio specifico del segno della fase.
In figura 6 vengono presentati i risultati in termini di variazione di fase sui materiali oggetto di studio. La
linea blu rappresenta i dati di fase filtrati ottenuti al primo sottostep (acquisizione della sequenza
termografica a 1000 cicli della macchina di carico),la linea rossa indica i dati relativi al secondo sottostep
(acquisizione a 8000 cicli della macchina di carico), e la linea verde riguarda i dati acquisiti a circa 16000
cicli nel terzo sottostep in prossimità della fine dello step di carico a circa 20000. Come è chiaramente
visibile in figura 6, non ci sono differenze sostanziali fra i tre sottostep di acquisizione, e questo significa che
i dati di fase conservano il loro valore (a meno di piccole variazioni dovute alla stabilizzazione del segnale)
indipendentemente dai cicli e quindi dal tempo di espletamento della prova. Il segnale di fase sembra
collegato solamente al livello di stress e quindi potrebbe essere non necessario attendere 20000 cicli (così
come accade per la temperatura) per acquisire i dati di fase.
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
43° CONVEGNO NAZIONALE, 9-12 SETTEMBRE 2014, ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

Figura 5: Mappe di fase, provino 1, sottostep 3: a) ASTM A 182, b) VIRGO 39

a b
Figura 6: Segnale di fase, confronto fra sottostep: a)ASTM A182, b)VIRGO 39

6. VALUTAZIONE DEL LIMITE DI FATICA SU DATI DI TEMPERATURA E FASE.

Come già constatato da altri autori [2-6], il punto iniziale a partire dal quale inizia il danneggiamento per
fatica è il punto di variazione di pendenza della curva che sancisce due comportamenti differenti dei dati. Per
mezzo di rette di regressione lineare è possibile approssimare i rispettivi comportamenti (poiché presentano
diversa pendenza), valutando poi l’intersezione di suddette rette si ottiene il limite di fatica.
Nelle figure 7 e 8, il metodo grafico proposto [2],[5], viene applicato ai dati di temperatura filtrati (a) e ai
dati di fase (b), per ogni materiale. Le differenze in termini di numero di dati tra temperatura e fase, sono
dovuti alla diversa procedura di filtraggio adottata. Infatti come detto in precedenza, ai dati di fase, viene
sottratta la mappa di fase relativa ad un particolare step di carico scelto fra i primi step. Nella fattispecie la
mappa di fase che viene pixel per pixel sottratta da tutti i successivi step è quella relativa allo step a 120 MPa
di semiampiezza di sollecitazione per entrambi i materiali.
Il limite di fatica stimato sui dati di temperatura è minore in valore, rispetto a quello ottenuto ai dati di fase di
circa 10-20 MPa. Le tabelle 3 e 4 mostrano i risultati per entrambi i materiali.

7. CONFRONTO TRA I METODI

In accordo con la norma UNI 3964 [23], è stata effettuata una campagna prove di fatica con metodo “Stair
case” su 15 provini, considerando 107 cicli come limite. Il test è stato effettuato sui provini ASTM A 182. I
dati di temperatura portano ad un limite di fatica che è inferiore a quello trovato con i dati di fase e con la
prova di fatica “classica”.
Il VIRGO 39 non è stato testato con procedura “Stair Case”, i risultati relativi a fase e temperatura vengono
riportati in tabella 4. Anche nel caso di VIRGO 39, i dati di temperatura sottostimano il limite di fatica
rispetto ai dati di fase.
In presenza di basse variazioni di temperatura, i metodi termografici tradizionali usati per ottenere il limite di
fatica [2-6] sembrano non essere affidabili, mentre i dati di fase portano ad ottenere un valore di limite di
fatica molto vicino a quello trovato con metodo statistico “classico”. Infatti gli acciai martensitici, quali
quelli in questione, sono caratterizzati dallo sperimentare piccole deformazioni durante tutto il test di fatica e
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
43° CONVEGNO NAZIONALE, 9-12 SETTEMBRE 2014, ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

quindi conseguenti ridotte aree del ciclo di isteresi. Tale comportamento coinvolge sorgenti termiche e valori
di fase molto bassi rispetto ad altri acciai come ad esempio gli austenitici [4-6].
Fra i dati di temperatura, poi, i dati non filtrati, sottostimano ancor più il limite di fatica. Se i dati non
vengono filtrati si potrebbe sottostimare ulteriormente il limite di fatica di 10 MPa.

a b
Figura 7: Limite di fatica con metodo termografico (ASTM A182): a) Dati di temperature, provino
1, b) dati di fase, provino 1, sottostep 3

a b
Figura 8: Valutazione del limite di fatica con metodi termici (Virgo 39): a) Dati di temperatura,
provino 1, b) dati di fase, provino 1, sottostep 3

8. CONCLUSIONI

In questo lavoro due tecniche termografiche sono state adottate per studiare il comportamento a fatica di due
acciai martensitici: ASTM A 182 grado F6NM,VIRGO 39. Il primo metodo adottato è basato sul
monitoraggio della temperatura superficiale del provino durante un test di fatica.
La temperatura è affetta da rumore dovuto a sorgenti termiche esterne che possono compromettere la
valutazione del limite di fatica. Per questo una nuova procedura di analisi dei dati è stata sviluppata per
filtrare i dati di temperatura. Tale procedura ha consentito di ottenere dei valori del limite di fatica più vicini
ai valori ottenuti con tecnica “Stair Case”. In particolare si sono riscontrate differenze rispettivamente di
circa 10 MPa nella valutazione del limite di fatica su ASTM A182 e circa 1 MPa sul VIRGO 39.
Il secondo metodo presentato è basato sull’analisi della variazione della fase del segnale termoelastico
durante la prova di fatica, chiamato TPA. Per ottenere il segnale di fase è necessario analizzare le
“informazioni “ derivanti dal segnale termoelastico e quindi occorre eseguire l’analisi termoelastica (TSA) su
sequenze termografiche acquisite a precisi momenti della prova di fatica corrispondenti a specifici cicli della
macchina di carico. Suddetta analisi ha permesso di evidenziare che pur soffermandosi ai soli primi cicli di
prova, è possibile ottenere un’informazione sulle variazioni di fase del segnale termoelastico efficienti ai fini
della valutazione del limite di fatica. Questo comporterebbe una riduzione della tempistica di prova di circa i
due terzi della durata massima. La TPA porterebbe a test molto più brevi rispetto alle tecniche termografiche
classiche.
Differenze significative si sono potute constatare in termini di limite di fatica usando dati di temperatura e
fase, in particolare sugli ASTM A182, in cui i dati di fase sono molto coerenti con i valori derivanti da prova
“Stair Case”. Inoltre i dati di fase presentano alcuni vantaggi rispetto ai dati in temperatura:

 una più semplice analisi dei dati


AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
43° CONVEGNO NAZIONALE, 9-12 SETTEMBRE 2014, ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

 acquisizioni indipendenti dal tempo (rispetto alla durata dello step di prova) in cui vengono acquisiti,
e quindi sono indipendenti dai cicli di carico a differenza di quanto avviene per la temperatura in cui
l’acquisizione deve essere effettuata quando avviene la stabilizzazione del segnale di temperatura.
 sono dati meno sensibili alle condizioni ambientali rispetto alla temperatura.
 forniscono informazioni locali sullo stato del materiale.

Tabella 3: Limite di fatica: confronto tra differenti metodi (ASTM 182)


Stair Case
Metodi Temperature data Phase data
(Mpa)
Dati non filtrati Dati filtrati Sub Sub
Sub Step 3 (Mpa)
(Mpa) (Mpa) Step 1 (Mpa) Step 2 (Mpa)
specimen 1 122,32 148,13 166,96 164,50 157,98
specimen 2 134,91 140,19 167,72 158,17 162,22
specimen 3 141,94 147,68 170,00 160,63 157,05
average 133,06 145,33 168,23 161,09 159,08 169,24
St. Dev. 9,94 4,46 1,58 3,21 2,76 4,44

Tabella 4: Limite di fatica: confronto tra differenti metodi (VIRGO 39)


Metodi Temperature data Phase data
Dati non filtrati Dati filtrati Sub Sub
Sub Step 3 (Mpa)
(Mpa) (Mpa) Step 1 (Mpa) Step 2 (Mpa)
specimen 1 155,66 142,81 172,89 178,24 177,5
specimen 2 140,63 146,81 183,85 187,62 190,65
specimen 3 146,26 155,02 194,28 180,75 179,65
average 147,52 148,21 183,67 182,20 182,60
St. Dev. 7,59 6,22 10,69 4,85 7,05

RINGRAZIAMENTI

Questo lavoro è parte di un progetto di ricerca su larga scala denominato PON-SMATI, il cui scopo è di
sviluppare leghi metalliche innovative per turbomacchine adoperate in ambienti in condizioni estreme. Gli
autori ringraziano GE oil & gas, nella fattispecie lo stabilimento Nuovo Pignone S.r.l di Modugno (BA) per
il supporto e la collaborazione fornita durante l’attività sperimentale.

BIBLIOGRAFIA

[1] G. Fargione, A. Geraci, G. La Rosa, A. Risitano, “Rapid determination of the fatigue curve by the
thermographic method”, International Journal of Fatigue, 24, 11-19, (2001).
[2] M.P. Luong, “Fatigue limit evaluation of metals using an infrared thermographic technique”, Mech.
Mater., 28, 155-63, (1998).
[3] M.P. Luong, “Infrared thermographic scanning of fatigue in metals”, Nuclear Engineering and Design,
158, 363-376, (1995).
[4] G. La Rosa, A. Risitano, “Thermographic methodology for the rapid determination of the fatigue limit
of materials and mechanical components”, International Journal of Fatigue, 22, 65-73, (2000).
[5] A.E. Morabito, V. Dattoma, U. Galietti, “Energy-analysis of fatigue damage by thermographic
technique”, Proc. SPIE, Thermosense XXIV, vol. 4710, (2002).
[6] F. Curà, G. Curti, R. Sesana, “A new iteration method for the thermographic determination of fatigue
limit of steels”, International Journal of Fatigue, 27, 453-459, (2005).
[7] A. Chrysochoos, H. Louche, “An infrared image processing to analyse the calorific effects
accompanying strain localisation”, International Journal of Engineering Science, 38, 1759-1788,
(2000).
[8] S. Giancane, V. Dattoma, A. Chrysochoos, B. Wattrisse, “Approccio calorimetrico e cinematico alla
fatica in una lega di alluminio”, XXXV Convegno Nazionale AIAS, Università Politecnica delle
Marche,( 2006).
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
43° CONVEGNO NAZIONALE, 9-12 SETTEMBRE 2014, ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

[9] A.E. Morabito, A. Chrysochoos, V. Dattoma, U. Galietti, “Analysis of heat sources accompanying the
fatigue of 2024 T3 aluminium alloys”, International Journal of Fatigue, 29, 977-984, (2007).
[10] J.C. Krapez, D. Pacou, G. Gardette, “Lock-in thermography and fatigue limit of metals”, Quantitative
Infrared Thermography, QIRT, Reims (France), July, 18-21, (2000).
[11] T. Ummenhofer, J. Medgenberg, “On the use of infrared thermography for the analysis of fatigue
damage process in welded joints”, International Journal of Fatigue, 31, 130-137, (2009).
[12] V. Crupi, E. Guglielmino, M. Maestro, A. Marinò, “Fatigue analysis of butt welded AH36 steel joints:
Thermographic Method and design S-N curve”, Marine Structures, 22, 373-386, (2009).
[13] D. Palumbo, U. Galietti, “Characterization of steel welded joints by infrared thermographic methods”,
Quantitative InfraRed Thermography Journal, 11:1, 29-42, (2014).
[14] C. Casavola, U. Galietti, D. Modugno, C. Pappalettere, “An application of the differential
thermographic technique for welded joints fatigue evaluation”, SPIE Proc., 6250, (2006).
[15] J.M. Dulieu-Barton, “Some Introduction to thermoelastic stress analysis”, Strain, 35, 35-39, (1999).
[16] G. Pitarresi, E.A. Patterson, “A review of the general theory of thermoelastic stress analysis”, J. Strain
Analysis for Engineering Design, 38(5), 405-417, (2003)
[17] N. Harwood, W. Cummings, “Thermoelastic stress analysis”, National Engineering Laboratory, Adam
Hilger, Bristol, Philadelphia, New York, (1991).
[18] W.J. Wang, J.M. Dulieu-Barton, Q. Li, “Assessment of Non-Adiabatic Behaviour in Thermoelastic
Stress Analysis of Small Scale Components”, Experimental Mechanics, 50, 449-461, (2010).
[19] F. McGuire Michael, “Martensitic Stainless Steels”, Stainless Steels for Design Engineers, ASM
International, 123-135, (2008).
[20] ASTM E 466 - Standard Practice for Conducting Force Controlled Constant Amplitude Axial Fatigue
Tests of Metallic Materials, (2004).
[21] U. Galietti, D. Palumbo, R. De Finis, F. Ancona, “Fatigue damage evaluation of martensitic stainless
steel by means of thermal methods”, XXII Convegno Nazionale IGF, Roma, 1-3 Luglio, 80-90, (2013).
[22] F.A. Diaz, E.A. Patterson, R.A. Tomlinson, J.R. Yates, “Measuring stress intensity factors during
fatigue crack growth using thermoelasticity”, Fatigue Fract. Engng. Mater. Struct, 27, 571-583, (2004).
[23] UNI 3964 – Prove meccaniche dei materiali metallici. Prove di fatica a temperatura ambiente, (2001).

Potrebbero piacerti anche