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ITALIANA
Di Marino Massimo De Caro
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metodo logico-deduttivo i precetti aristotelici. In questo “sturm
und drang” emotivo Galileo Galilei decide che si vuole
occupare non del corpo umano, ma del trovare logiche
matematiche che possano rispondere agli interrogativi posti
dalla realtà che lo circondava. Avviene quella che potremmo
definire una conversione scientifica. Banfi nel suo Vita di
Galileo Galilei (1962) ben descrive l’ambiente culturale nel
quale è maturata la coscienza scientifica dello scienziato pisano
e la relaziona alla comprensione della nuova funzione a cui si
candidavano le scienze fisico-matematiche nella vita culturale
e pratica dell’Italia del tempo.
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luoghi da papassi” E’ chiaro che Galileo nel Capitolo imiti il
Berni erotico, si capisce anche dall’uso della tecnica
dell’equivoco. Dobbiamo però ricordare che, malgrado
l’imitazione bernesca, il capitolo galileiano si distacca dal
modello poetico del Berni. L’equivoco per Galileo non investe
l’intero componimento, anche perché l’opera non è a carattere
erotico. Infatti il Capitolo ha, come già detto prima, come
obbiettivo il mondo accademico con i suoi costumi e
soprattutto con la sua immobilità nell’ortodossia aristotelica.
Galileo mette, quindi, le collaudate tecniche espressive della
poesia erotica al servizio della satira con cui intende colpire i
fondamentali istituti culturali del tempo, che , dal suo punto di
vista, rischiavano di colpire il progresso scientifico. Questo uso
della letteratura e il richiamare forme e stili a lui conosciuti lo
troviamo anche nel Dialogo della Stella nova. Tralasciamo, in
questa sede, l’analisi scientifica e storica che hanno portato
alla stesura di quello che è, oggi, considerato come il primo
scritto galileiano dato alle stampe. Ma dobbiamo valutare
perché in quest’opera si è potuto vedere quello che Lovarini
nel 1927 definì : l’ interprete del Ruzzante. Partiamo dal 1880
quando uno dei più grandi studiosi galileiani, Antonio Favaro,
pubblica: Galileo Galilei e il Dialogo di Cecco di Ronchitti. Il
Favaro ci spiega magistralmente perché dobbiamo considerare
l’opera non come scritta dallo Spinelli, ma dallo stesso Galileo.
Galileo sceglie la lingua di Ruzzante che aveva incominciato ad
apprendere durante la sua permanenza padovana. Lo
scienziato pisano sceglie di mettere in bocca a due contadini
tesi assolutamente rivoluzionarie. Mette in bocca a due
contadini, come ha scritto il Favaro , “l’occasione di rompere
apertamente con i peripatetici dello Studio di Padova”. La
lingua del Ruzzante non è perfetta in Galileo; leggendo con
attenzione si incontrano errori. E’ certo, però, frutto di una
mente geniale che ancora una volta vuole utilizzare il
linguaggio e l’umorismo per schernire gli avversari. La lingua
italiana, benché nella versione di Ruzzante, usata non per
veicolare il proprio pensiero, ma come vera è propria forma del
pensiero stesso. La scelta del linguaggio, come poi succederà
soprattutto nel Dialogo sopra i due massimi sistemi, è essa
stessa parte di una strategia. E’ essa stessa parte della
rivoluzione scientifica che sta a fondamento degli scritti del
pisano. Galileo, dopo aver scritto, in volgare, il suo Discorso
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sopra le cose che galleggiano nel 1612, così scrive a Paolo
Gualdo: “Io l’ho scritta vulgare perché ho bisogno che ogni
persona la possa leggere, e per questo medesimo rispetto ho
scritto nel medesimo idioma questo ultimo mio trattatello.” Ed
è con lo stesso candore che attribuiva alla luna che Galileo
ammette il suo voler “popolarizzare” la cultura. La cultura non
doveva essere solo per i dotti, che avrebbero potuto intendere
il latino, ma per tutti. Per un pubblico più ampio ed da qui la
scelta del volgare. Perché è vero che bisognava rivolgersi alla
comunità accademico/scientifica, ma la rivoluzione scientifica
che Galileo voleva, doveva necessariamente passare da una
contaminazione, anche popolare, delle idee. Ed allora basta
latino! Ricordiamo che l’unica opera scritta e pubblicata in
latino da Galileo Galilei è stato il Nuncius Sidereus nel 1610. E’
paradossale che il libro di Galileo che meglio rappresenta
l’esempio di questa prosa scientifica sia anche il libro dove le
teorie astronomiche di Galileo non ottengono il riscontro
atteso. Questo volume è il Saggiatore. Come già detto da uno
dei primi biografi di Galileo, Niccolò Gherardini, allo scienziato
piaceva moltissimo, nelle sue opere, battagliare con un
antagonista. Lo stesso Galileo confidava ad un corrispondente
che dagli attacchi dei suoi nemici “più tosto che spavento “
sentiva “accrescere animosità a seguitar la cominciata
impresa” Nasce forse da qui la scelta di accogliere in seno al
Saggiatore il testo della Libra Astronomica di Orazio Grassi.
Infatti il Saggiatore nasce come testo per chiudere, a dire del
Galileo, la polemica sulla origine delle comete. Ed è un testo
polemico già dal titolo. Infatti Orazio Grassi, sotto lo
pseudonimo di Sarsi, scrisse la Libra Astronomica. Testo che
attaccava il Discorso sulle Comete del Guiducci, ma che tutti
sapevano essere frutto della mano e della mente dello
scienziato pisano, e che ne bilancia (appunto l’uso
dell’espressione Libra) la fallaticità. Come risponde Galileo?
Appunto con il titolo di Saggiatore, cioè di colui che doveva
saggiare la corrispondenza della bilancia (Libra) dell’orafo.
Ecco l’uso della lingua come parte del pensiero. Il titolo non
descrive l’opera, ma è parte dell’opera stessa. Il Saggiatore, a
prescindere dal titolo, è un opera con una struttura
ambivalente; da un lato la forma epistolare poiché scritto in
forma di lettera a Virginio Cesarini e dall’altra quella dialogica
che si estrinseca affiancando due metodi, due linguaggi, due
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antitetiche visioni del mondo, espresse, come affermato da
Andrea Battistini, :” come vitale dinamica di un duello che
ribatte colpo su colpo le pretese dogmatiche della tradizione
con le speranze della nuova scienza. Ecco dunque da una parte
il latino scolastico di Orazio Grassi, […] dall’altra l’italiano
sciolto ed elegante di Galileo, la lingua dell’osservazione
diretta, fresca di locuzioni idiomatiche e di giri sintattici
prossimi al parlato, che sono la risposta polemica al gergo
elitario, la contrapposizione anche stilistica di un metodo
moderno che nulla ha da spartire con il vecchio lessico
aristotelico-tolemaico. Il confronto, già agli occhi dei primissimi
lettori, faceva risaltare, per dirla con uno di loro: “La differenza
che è tra l’ambrosia degli Dei e le minestre del vulgo”.
L’assorbimento delle tesi del rivale nel corpo della scrittura
galileiana serve sia a far sentire la presenza continua e
minacciosamente incombente del nemico, sia a lanciargli un
ulteriore sberleffo.”
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Ma oltre che per l’uso sapiente delle figure retoriche
Galileo è considerato come un dei migliori scrittori italiani per
l’eleganza dei modi e delle forme del suo scrivere. Sappiamo
che Leopardi nel suo Zibaldone si spinse a descriverlo come il
migliore tra gli scrittori italiani. Così come grandissima
considerazione delle capacità letterarie dello scienziato pisano
aveva Italo Calvino.
BIBLIOGRAFIA
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Damanti Alfredo. Liberthas Philosophandi.Teologia e filosofia
nella Lettera alla Granduchessa di Lorena di Galileo Galilei -
2010
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