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marco folin
1. Sul tema delle ‘architetture di potenza’ e gnificence, «Journal of the Warburg and Cour-
della relativa eredità, cfr. E. Baldwin Smith, tauld Institutes», XXXIII (1970), pp. 162-170;
Architectural Symbolism of Imperial Rome and L. Green, Galvano Fiamma, Azzone Visconti
the Middle Ages, Princeton 1956; K.M. Swo- and the Revival of the Classical Theory of Magni-
boda, Palazzi antichi e medioevali, «Bollettino ficence, ivi, LIII (1990), pp. 98-113; M. Warnke,
del Centro di Studi per la Storia dell’Archi- Liberalitas principis, in Arte, committenza ed eco-
tettura», XI (1957), pp. 3-33; Id., The Problem nomia a Roma e nelle corti del Rinascimento
of the Iconography of Late Antique and Early (1420-1530), a cura di A. Esch e C.L. From-
Mediaeval Palaces, «Journal of the Society of mel, Torino 1995, pp. 83-92; L. Giordano,
Architectural Historians», XX (1961), pp. 79- Edificare per magnificenza. Testimonianze lette-
85; e più recentemente E. Voltmer, «Palatia» rarie sulla teoria e la pratica della committenza di
imperiali e mobilità della corte (secoli IX-XIII), in corte, in Il principe architetto, Atti del convegno
Arti e storia nel Medioevo, a cura di E. Castel- internazionale, Mantova, 21-23 ottobre 1999,
nuovo e G. Sergi, I, Tempi, Spazi, Istituzioni, a cura di A. Calzona, F.P. Fiore, A. Tenenti e
Torino 2002, pp. 557-630; M. Bacci, Artisti, C. Vasoli, Firenze1992, pp. 215-227; per
corti, comuni, ivi, pp. 648-654. qualche riferimento transalpino cfr. anche S.
Thurley, The Royal Palaces of Tudor England,
2. Cfr. A.D. Fraser Jenkins, Cosimo de’ Medici’s
New Haven-London 1993, pp. 11-23.
Patronage of Architecture and the Theory of Ma-
584 folin
3. «Quod autem reges et principes debeant «Documenti e Studi sulla Tradizione Filoso-
habere habitationes mirabiles et subtili indu- fica Medievale», II (1991), pp. 239-279).
stria constructas, probat Philosof. duplici ra-
4. Cfr. F. Autrand, Charles V le Sage, Paris
tione, quarum prima sumitur ex parte magni-
1994, pp. 760-766; e B. Bove, Les palais
ficentiae regiae, secunda ex parte populi. Pos-
royaux à Paris au Moyen Âge (XI e-XV e siècles), in
sumus autem et nos tertiam rationem addere,
Palais et pouvoir de Constantinople à Versailles, a
ex parte familiae et ministrorum ... Secunda
cura di M.F. Auzépy e J. Cornette, Paris
via investigandum hoc iem sumitur ex parte
2003, pp. 67-74.
ipsius populi, et hanc tangit Philosophus, ubi
ait quod Principes decet sic magnifica facere, 5. Thurley, The Royal Palaces, cit., pp. 18-21.
et talia aedificia construere, quod populus ea
6. F. Robin, La cour d’Anjou-Provence. La vie
videns quasi sit mente suspensus propter
artistique sous le règne de René, Paris 1985, pp.
vehementem admirationem, nam populus
93-164. Quanto alla committenza architetto-
minus insurgit contra principem, videns
nica dei duchi di Borgogna, cfr. ancora O.
ipsum sic magnificum ... Tertia via sumitur ex
Cartellieri, The Court of Burgundy, London
parte ministrorum et familiae, nam ubi mul-
1972 (I ed. 1929), pp. 24-35. Sulla situazione
tae sunt divitiae, multi sunt qui comedunt il-
spagnola, per certi versi comparabile a quella
las. In domibus ergo regum et principum
delle altre monarchie europe, cfr. R. Domín-
oportet multos abundare ministros, ut ergo
guez Casas, Arte y Etiqueta de los Reyes Católi-
non solum personas regis et principis, sed
cos. Artistas, residencias, jardines y bosques, Ma-
etiam multitudo ministrorum debite commo-
drid 1993; e più recentemente M.A. Ladero
rari possint in aedificiis constructis, oportet
Quesada, Los alcázares reales en la Baja Edad
ipsa esse magnifica» (Egidio Colonna, De re-
Media castellana. Política y sociedad, in Los Alcá-
gimine principum libri III, Roma, Bartolomeo
zares reales. Vigencia de los modelos tradicionales
Zanetti, 1607, pp. 353-356; su cui cfr. R.
en la arquitectura áulica cristiana, a cura di
Lambertini, Il filosofo, il principe e la virtù. No-
M.Á. Castillo Oreja, Madrid 2001, p. 11-35.
te sulla ricezione e l’uso dell’Ethica Nicomachea
nel De regimine principum di Egidio Romano, 7. Cfr. H. Günther, Kaiser Maximilian I. zei-
la dimora del principe 585
chnet den Plan für sein Mausoleum, in Il princi- 9. Cfr. ancora G. Lorenzoni, L’intervento dei
pe architetto, cit., pp. 493-516; J. Guillaume, Carraresi, la reggia e il castello, in Padova. Case
François Ier architecte: les bâtiments, ivi, pp. e palazzi, a cura di L. Puppi e F. Zuliani, Vi-
517-532; e M. Chatenet, Francesco I architetto: cenza 1977, pp. 29-50; e, per il palazzo di Az-
i documenti, ivi, pp. 533-544; su Filippo II, cfr. zone Visconti, P. Boucheron, Le pouvoir de bâ-
R. Mulcahy, Philip II of Spain, Patron of the tir. Urbanisme et politique édilitaire à Milan (XI-
Arts, Dublin 2004, e la bibliografia ivi citata; V e-XV e siècles), Roma 1998, pp. 108-125. Al-
quanto a Enrico VIII, cfr. Thurley, The Royal trettanto significativo, ed eccezionale, il caso
Palaces, cit., pp. 39-66. del castello di Pavia: cfr. A. Vincenti, Castelli
viscontei e sforzeschi, Milano 1981, pp. 54-66.
8. Cfr. G.M. Varanini, La propaganda dei regi-
mi signorili: le esperienze venete del Trecento, in 10. Cfr. L. Green, Castruccio Castracani. A
Le forme della propaganda politica nel Duecento study on the origins and character of a fourteenth-
e Trecento, a cura di P. Cammarosano, Roma century Italian despotism, Oxford 1986, pp.
1994, pp. 311-343. 104-112; sul Castelvecchio, cfr. G.M. Varani-
586 folin
ni, Castelvecchio come residenza nella tarda età ma 2005, pp. 73-83, 162-167.
scaligera, «Verona illustrata. Rivista del Mu-
12. Cfr. L. Beltrami, Il castello di Milano sotto
seo di Castelvecchio», II (1989), pp. 11-18;
il dominio dei Visconti e degli Sforza, Milano
più in generale, cfr. anche N. Rubinstein,
1894, pp. 20-28. Altro caso particolarmente
Fortified Enclosures in Italian Cities under Si-
interessante e ben documentato è quello car-
gnori, in War, Culture and Society in Renaissan-
pigiano, su cui cfr. M. Ghizzoni, Ordinamen-
ce Venice. Essays in Honour of John Hale, a cura
ti politici e strategie signorili: note di storia urba-
di D.S. Chambers, C.H. Clough e M.E. Mal-
nistica carpigiana tra Medioevo e Rinascimento,
lett, London 1993, pp. 1-8.
in L’ambizione di essere città. Piccoli, grandi cen-
11. Sulle consuetudini successorie delle con- tri nell’Italia rinascimentale, a cura di E. Sval-
sorterie signorili italiane, cfr. ancora F. Nic- duz, Venezia 2004, pp. 121-154.
colai, I consorzi nobiliari e il comune nell’alta e
13. Per Verona, cfr. G.M. Varanini, Patrimo-
media Italia, «Rivista di Storia del Diritto Ita-
nio e fattoria scaligera: tra gestione patrimoniale
liano», XIII (1940), pp. 116-147; M. Barbagli,
e funzione pubblica, in Gli Scaligeri 1277-1387.
Sotto lo stesso tetto. Mutamenti della famiglia in
Saggi e schede pubblicati in occasione della mostra
Italia dal XV al XX secolo, Bologna 1984, pp.
storico documentaria allestita dal Museo di Ca-
189-203; e più recentemente F. Leverotti,
stelvecchio di Verona, a cura di Id., Verona
Famiglia e istituzioni nel medioevo italiano, Ro-
la dimora del principe 587
sto assetto avrebbe continuato a connotare i centri dinastici italiani (salvo a Na-
poli, unica vera ‘capitale’ della Penisola) 14 per buona parte del Quattrocento: e
non solo in realtà ‘minori’ come Carpi, ma anche in centri di grande vivacità cul-
turale come Ferrara, dove, per quanto nel corso del secolo i cancellieri avessero
ideologicamente preso a datare i loro documenti dal palatium estense, i cronisti
ci descrivono viceversa un agglomerato informe di corpi di fabbrica di varia con-
sistenza, confusi fra «puzi, casabitoli, letame da cavali, le legne dela corte, stan-
cie da cani et mile gaiofarie» tracimanti sulle «piacete stomogose» che circonda-
vano la corte.15
Rocche
Fu solo intorno alla metà del Quattrocento che anche in Italia – con il pro-
gressivo cristallizzarsi degli equilibri politici sanciti dalla pace di Lodi e dopo che
molte delle dinastie al potere erano riuscite ad assicurarsi titoli di sovranità più so-
lidi e autorevoli che in passato – iniziarono a maturare le condizioni per la costru-
zione di vere e proprie regge, specificamente e programmaticamente costruite per
ospitare il sovrano e la sua corte, simboleggiandone la pienezza del potere in
città.16 Nel giro di pochi anni furono così avviate alcune operazioni di inedito re-
spiro in quelle che all’epoca erano le tre principali sedi dinastiche della Penisola:
1988, pp. 383-386; e G. Perbellini, Castelli Pesaro: storia di una residenza signorile, a cura
scaligeri, Milano 1982, pp. 34-40; per Manto- di S. Eiche, M. Casciato, M.R. Valazzi e M.
va, G. Rodella, Le strutture architettoniche, in Frenquellucci, Modena 1986, pp. 57-66; per
Il palazzo ducale di Mantova, a cura di G. Al- Foligno, V. Franchetti Pardo, Palazzo Trinci
geri, Mantova 2003, pp. 17-52; e M. Romani, nel contesto della città di Foligno, in Il palazzo
Una città in forma di palazzo. Potere signorile e Trinci di Foligno, a cura di G. Benazzi e F.F.
forma urbana nella Mantova medievale e moder- Mancini, Perugia 2001, pp. 29-50.
na, Brescia 1995, pp. 61-88; per Ferrara, M.
14. Cfr. M. Berengo, La capitale nell’Europa di
Folin, La committenza estense, l’Alberti e il pa-
antico regime, in Id., Città italiana e città euro-
lazzo di corte di Ferrara, in Leon Battista Alber-
pea. Ricerche storiche, a cura di M. Folin, Reg-
ti. Architetture e Committenti, Atti dei Conve-
gio Emilia, in corso di pubblicazione.
gni del Comitato Nazionale (Firenze-Rimi-
ni-Mantova, 12-16 ottobre 2004), a cura di A. 15. Cfr. U. Caleffini, Croniche, 1471-1494, a
Calzona et alii, Firenze, Olschki, 2009, I, pp. cura di F. Cazzola, Ferrara 2006, pp. 17 (di-
257-304; per Camerino, F. Paino, The Palaz- cembre 1472) e pp. 36-37 (27 marzo 1473); e
zo of the da Varano Family in Camerino (Four- Folin, La committenza estense, cit., pp. 277-
teenth-Sixteenth Centuries): Typology and Evo- 284; quanto al caso carpigiano, cfr. ora Il pa-
lution of a Central Italian Aristocratic Residence, lazzo dei Pio a Carpi. Sette secoli di architettura
in The Medieval Household in Christian Europe, e arte, a cura di M. Rossi e E. Svalduz, Vene-
c. 850-c. 1550. Managing Power, Wealth and zia 2008.
the Body, a cura di C. Beatti-A. Maslakovic-S.
16. I primi a farsi investire del titolo ducale
Rees Jones, Turnhout, Brepols, 2003, pp.
furono i Visconti, nel 1395; fu poi il turno dei
335-358; per Pesaro, M. Frenquellucci, Il pa-
Savoia (1416), dei Montefeltro (1443) e degli
lazzo ducale sulla scena della piazza di Pesaro al-
Este (1452, 1471). I Gonzaga, dal canto loro,
l’epoca dei Malatesta e degli Sforza, in La corte di
ottennero il titolo ducale solo nel 1530.
588 folin
Palazzi
Nel corso del Quattrocento, soprattutto nella seconda metà del secolo,
praticamente tutti questi edifici vennero profondamente rinnovati, e in certi ca-
si ricostruiti dalle fondamenta. È luogo comune che il palazzo mediceo in via
Larga, costruito da Michelozzo di Bartolomeo per Cosimo de’ Medici a partire
dal 1444, possa essere considerato il prototipo del nuovo palazzo quattrocente-
sco all’antica, caratterizzato da una pianta tendenzialmente regolare e un impian-
to assiale, articolato nella sequenza androne d’ingresso, cortile d’onore e giardi-
no sul lato opposto rispetto all’entrata: caratteri, questi, destinati a imporsi dap-
prima in Toscana – da Firenze a Pienza –, in seguito a Roma e a Urbino, per poi
di qui diffondersi un po’ in tutte le città della Penisola, influenzando profonda-
mente i gusti delle élites aristocratiche italiane.28 Ed è stato più volte sottolinea-
to come le soluzioni sperimentate intorno alla metà del secolo fra il Tevere e
l’Arno abbiano contribuito ad alimentare un canone di forme e maniere emula-
te anche altrove nel nostro paese: in proposito si potrebbero addurre vari esem-
pi, dal palazzo dei Bentivoglio a Bologna a quelli di Giulio Cesare Varano a Ca-
merino o di Alessandro Sforza a Pesaro.29
cardinale, il palazzo del mercante nel Rinasci- ce e di guerra nei portali del Rinascimento: la
mento, Roma 1988, pp. 3-32. Quanto al pa- Porta della guerra nel Palazzo di Federico di
lazzo dei Varano a Camerino, cfr. Paino, The Montefeltro, in Federico di Montefeltro, a cura
Camerino Palace, cit., pp. 349-357; S. Corra- di G. Cerboni Baiardi, G. Chittolini e P. Flo-
dini, Il palazzo di Giulio Cesare Varano e l’ar- riani, Roma 1986, II, pp. 65-72.
chitetto Baccio Pontelli, «Studi Maceratesi», V
33. Sulla nuova importanza acquisita dalla
(1969), pp. 186-220; e F. Benelli, Il palazzo
facciata nell’architettura civile del Rinasci-
ducale di Camerino, in Il Quattrocento a Came-
mento, cfr. D. Friedman, Palaces and Street in
rino, a cura di A. De Marchi e M. Gianna-
Late Medieval and Renaissance Italy, in Urban
tiempo Lopez, Milano 2002, pp. 273-274.
Landscapes: International Perspectives, a cura di
30. Era una tendenza, questa, che spesso por- J.W.R. Whitehand e P.J. Larkham, London
tava a disporre di fronte alle «case reali e si- 1992, pp. 69-113; Id., Il palazzo e la città: fac-
gnorili», come non mancava di far notare ciate fiorentine tra XIV e XV secolo, in Il palazzo
Francesco di Giorgio, una «magna et spazio- dal Rinascimento ad oggi, a cura di S. Valtieri,
sa piazza dove l’entrate delle pubriche strade Roma 1989, pp. 101-111; C. Burroughs, The
si riferischi», o per lo meno degli spazi di ri- Italian Renaissance Palace Façade. Structures of
spetto tali da consentire un certo isolamento Authority, Surfaces of Sense, Cambridge 2002;
delle ‘regge’ dagli edifici circostanti (F. di e Clarke, Roman House, cit., pp. 179-227. Più
Giorgio Martini, Trattati di architettura inge- specificamente, sulle panche come emblema
gneria e arte militare, a cura di C. Maltese, di potere, cfr. Y. Elet, Seats of Power. The Out-
Milano 1967, I, p. 70). door Benches of Early Modern Florence, «The
Journal of the Society of Architectural Histo-
31. Alberti, L’architettura [De re aedificatoria],
rians», LXI (2002), 4, pp. 444-469; e, sull’uso
cit., p. 417; in proposito, cfr. Fiore, Leon Bat-
di decorare le facciate dei palazzi con busti di
tista Alberti, cit., pp. 99-100; e G. Clarke, Ro-
imperatori, F. Caglioti, Fifteenth-Century Re-
man House - Renaissance Palaces. Inventing An-
liefs of Ancient Emperors and Empresses in Flo-
tiquity in Fifteenth-Century Italy, Cambridge
rence: Production and Collecting, in Collecting
2003, pp. 255-272.
Sculpture in Early Modern Europe, a cura di N.
32. Vedi ivi, pp. 240-252; e, per un esempio Penny e E.D. Schmidt, New Haven 2008, pp.
specifico, W. Prinz, Simboli ed immagini di pa- 67-109; e Id., Desiderio da Settignano: Profiles
la dimora del principe 593
of Heroes and Heroines of the Ancient World, in in Il palazzo Trinci di Foligno, cit., pp. 217-
Desiderio da Settignano, Sculptor of Renaissance 228), lo si ritrova per esempio sin dalla prima
Florence, a cura di M. Bormand, B. Paolozzi metà del Trecento a Mantova e a Verona (cfr.
Strozzi e N. Penny, Milano 2007, pp. 87-101. Varanini, La propaganda, p. 333).
34. In effetti, la presenza di soggetti antichi 35. Cfr. Folin, La committenza estense, cit., pp.
nei grandi cicli decorativi che ornavano gli 260-277.
ambienti di rappresentanza delle domus signo-
36. Su Lucca, cfr. C. Altavista, Lucca e Paolo
rili tardomedievali sembra un dato ampia-
Guinigi (1400-1430): la costruzione di una cor-
mente ricorrente: oltre che a Padova e a Foli-
te rinascimentale. Città, architettura, arte, Pisa
gno (su cui cfr. rispettivamente M.M. Dona-
2005, pp. 30-39; sui Trinci a Foligno, cfr. L.
to, Gli eroi romani tra storia ed «exemplum»: i
Lametti, Il palazzo: dalle preesistenze all’Unità
primi cicli umanistici di Uomini Famosi, in Me-
d’Italia, in Il palazzo Trinci di Foligno, cit., pp.
moria dell’antico nell’arte italiana, II, I generi e i
51-104; e Franchetti Pardo, Palazzo Trinci,
temi ritrovati, a cura di S. Settis, Torino 1985,
cit. Sulle dimore dei Malatesta a Pesaro, poi
pp. 103-124; e L. Sensi, Aurea quondam Roma,
in parte unificate nel palazzo ducale sforze-
594 folin
tile d’onore come snodo fondamentale dei percorsi d’accesso agli ambienti inter-
ni del palazzo? Certo, è un aspetto lucidamente teorizzato da Leon Battista Al-
berti in un passo molto noto e citato del De re aedificatoria; ma in realtà si tratta
di un impianto distributivo che troviamo già perfettamente maturo nel palazzo
di Avignone, che sappiamo essere stato uno dei grandi modelli ispiratori dei
committenti tardomedievali.37 L’impressione, insomma, è che il caso fiorentino
non costituisca tanto il motore immobile del processo che stiamo qui evocando,
quanto una delle sue tante declinazioni: una declinazione senza dubbio partico-
larmente consapevole ed esplicita, ma non necessariamente quella predominan-
te, almeno per buona parte del secolo, né certo la più precoce.
D’altro canto, va detto che il peso delle preesistenze e dei condizionamenti
locali (disponibilità di materiali, tradizioni costruttive, peculiarità topografiche ecc.)
comportava la necessità di una profonda rielaborazione autoctona dei modelli che
pure iniziavano a circolare. Non a caso, pare che i Signori italiani non siano mai riu-
sciti a dare un assetto davvero geometrico alle proprie dimore (salvo forse i Benti-
voglio a Bologna, ma sul loro palazzo disponiamo solo di documenti indiretti, o as-
sai tardi, e questo dovrebbe invitare alla prudenza),38 limitandosi nei casi più fortu-
nati a occupare uno o più isolati già esistenti di cui venivano al massimo rettificati i
fronti viari. In effetti, per gli architetti e i committenti del Quattrocento la domus
romana vagheggiata sulla scorta delle fonti antiche e dei moderni tentativi di resti-
tuzione sembra essere stata un punto di riferimento di carattere soprattutto teori-
co-regolativo, non realizzabile concretamente se non a prezzo di forti adattamenti
alla complicata realtà urbana tardomedievale: ed effettivamente adottato soprattut-
to a livello di dettagli, per frammenti (la loggia, il portale, l’atrio, il partito decora-
tivo, il cortile ecc.), tramite aggiustamenti progressivi spesso dilatati su un lungo ar-
co di tempo e senza mai fare tabula rasa delle vestigia dei secoli precedenti.39
sco, cfr. Eiche, Architetture sforzesche, cit., pp. me, Paris 1994, pp. 11-24; B. Schimmelpfen-
274, 282; e Frenquellucci, Il palazzo ducale, nig, Ad maiorem pape gloriam. La fonction des
cit. Quanto all’accenno a Roma e a Genova, pièces dans le palais des papes d’Avignon, ivi, pp.
cfr. rispettivamente H. Broise, J.-C. Maire 25-46; e più generalmente D. Vingtain, Avi-
Vigueur, Strutture famigliari, spazio domestico e gnon. Le Palais des Papes, St. Léger Vauban
architettura civile a Roma alla fine del Medioevo, 1998 (trad. it. Avignone. Il Palazzo dei Papi,
in Storia dell’arte italiana, III/5, Momenti di ar- Milano 1999).
chitettura, Torino 1983, pp. 114-145; E.
38. Cfr. W.E. Wallace, The Bentivoglio Palace
Grendi, Profilo storico degli Alberghi genovesi,
Lost and Reconstructed, «Sixteenth Century
«Mélanges de l’École Française de Rome»,
Journal», X (1979), 3, pp. 97-114; Valtieri, Il
LXXXVII (1975), 1, pp. 241-302; E. Poleggi, P.
palazzo Bentivoglio a Bologna, cit.; e più recen-
Cevini, Genova, Roma-Bari 1981, pp. 68-76.
temente C. James, The Palazzo Bentivoglio in
37. Cfr. Alberti, L’architettura [De re aedifica- 1487, «Mitteilungen des Kunsthistoriscen In-
toria], cit., p. 417; quanto alla distribuzione stitutes in Florenz», XLI (1997), pp. 188-196;
degli ambienti nel palazzo di Avignone, cfr. e R.J. Tuttle, Bologna, in Storia dell’architettura
G.M. Radke, Form and Function in Thir- italiana, Il Quattrocento, cit., pp. 266-268.
teenth-Century Papal Palaces, in Architecture et
39. Sulla fortuna rinascimentale della domus
vie sociale à la Renaissance, a cura di J. Guillau-
romana, cfr. Clarke, Roman House, cit.
la dimora del principe 595
40. Cfr. A. Bruschi, Luciano di Laurana. Chi tettura, a cura di F. Bertoni, Faenza 1993, pp.
era costui? Laurana, fra Carnevale, Alberti a 79-84.
Urbino: un tentativo di revisione, «Annali di
42. Cfr. Alberti, L’architettura [De re aedifica-
Architettura», XX (2008), pp. 37-81 (p. 60 sui
toria], cit., pp. 435-437 (sostanzialmente con-
merli in funzione unificante); sul palazzo, cfr.
corde Filarete: cfr. Antonio Averlino detto il
anche F.P. Fiore, Urbino: i Montefeltro e i Del-
Filarete, Trattato di architettura, a cura di
la Rovere, in Corti italiane del Rinascimento. Le
A.M. Finoli e L. Grassi, Milano 1972, I, pp.
arti e la politica nella prima età moderna, a cura
323-330). Un labile accenno alla possibilità di
di M. Folin, Milano, in corso di pubblicazio-
mettere botteghe a piano terra (ossia «stabu-
ne, con la bibliografia ivi citata. Profili mer-
la, tabernae» nei «vestibuli» delle case di co-
lati come quello del Palazzo di Urbino costi-
loro «qui fructibus rusticis serviunt») si trova
tuiscono un motivo assolutamente ricorrente
in Vitruvio, De architectura, 6, 5, 1 (a cura di
dell’architettura signorile italiana del XV se-
P. Gros, Torino 1997, II, p. 844). Sull’estra-
colo: li ritroviamo a Bologna come a Manto-
neità del palazzo con botteghe alla tradizione
va, a Roma come a Ferrara, a Gubbio come a
edilizia fiorentina (ma non a quella romana),
Pesaro e generalmente nella maggior parte
cfr. A. Belluzzi, Residenze di mercanti fiorentini
dei casi su cui disponiamo informazioni.
nel Cinquecento, in Il mercante patrizio. Palazzi
41. Per Ferrara, cfr. Folin, La committenza e botteghe nell’Europa del Rinascimento, a cura
estense, cit., pp. 282-283, 293-294, 300-301; di D. Calabi, Milano 2008, pp. 117-130; e C.
per Pesaro, Eiche, Architetture sforzesche, cit., Conforti, Palazzi con botteghe nella Roma mo-
pp. 280-281; per Faenza, E. Godoli, Faenza derna, ivi, pp. 131-138.
dall’XI al XVI secolo, in Faenza: la città e l’archi-
596 folin
Dimore di campagna
43. Zaggia, Una piazza per la città del principe, villa a Firenze e a Roma, in Andrea Palladio e la
cit., pp. 98-128. villa veneta da Petrarca a Carlo Scarpa, a cura
di M. Beltramini e H. Burns, Venezia 2005,
44. Cfr. J.S. Ackerman, The Villa. Form and
pp. 12-29; D.R. Coffin, The Villa in the Life of
Ideology of Country Houses, Princeton 1990
Renaissance Rome, Princeton 1979.
(trad. it La villa. Forma e ideologia, Torino
1992, pp. 82-120); C.L. Frommel, La nuova
la dimora del principe 597
45. Sulla villa di Castruccio Castracani, cfr. di Revere, cfr. P. Carpeggiani, Il palazzo gon-
Green, Castruccio Castracani, cit., pp. 184- zaghesco di Revere, Mantova 1974.
185; e Id., Il problema dell’Augusta e della villa
49. L. Giordano, «Ditissima tellus». Ville quat-
di Castruccio Castracani a Massa Pisana, in Atti
trocentesche tra Po e Ticino, in La cascina come
del convegno su Castruccio Castracani e il suo
struttura sociale e economica nelle campagne del-
tempo, [luogo e date del convegno + cura-
la bassa lombarda, «Bollettino della Società
tori degli atti] Lucca 1986, I, pp. 353-377.
Pavese di Storia Patria», n.s., XL (1988), pp.
46. Altavista, Lucca e Paolo Guinigi, cit., pp. 218-219.
136-156.
50. M. Folin, Le residenze di corte e il sistema
47. G.M. Varanini, Cittadini e «ville» nella delle ‘delizie’ fra tardo medioevo e prima età mo-
campagna veneta tre-quattrocentesca, in Andrea derna, in Delizie estensi. Architetture di villa nel
Palladio e la villa veneta, cit., pp. 39-54. Rinascimento italiano ed europeo, a cura di F.
Ceccarelli e M. Folin, Firenze, in corso di
48. Cfr. M.R. Palvarini, C. Perogalli, Castelli
stampa. Su Belriguardo, cfr. M.T. Sambin de
dei Gonzaga, Milano 1983, pp. 54, 56; in par-
Norcen, I miti di Belriguardo, in Nuovi antichi.
ticolare, sul successivo rinnovamento di Goi-
Committenti, cantieri, architetti 1400-1600, a
to e Cavriana, cfr. anche G. Rodella, Giovan-
cura di R. Schofield, Milano 2004, pp. 17-65.
ni da Padova. Un ingegnere gonzaghesco nell’età
dell’Umanesimo, Milano 1988; quanto al caso 51. C. Elam, Art and Diplomacy in Renaissance
598 folin
to nel 1487 da Firenze alla corte di Ferdinando d’Aragona con due «modelli per
disegno di uno palazo», destinati rispettivamente alle ville di Poggioreale e del-
la Duchesca; e l’anno seguente anche Giuliano da Sangallo l’avrebbe seguito con
una grande «pianta d’uno modelo d’uno palazo ch’el magnificho Lorenzo de’
Medici mandò a re Fernando».52 Spesso erano gli stessi Signori a rivolgersi a Fi-
renze per avere suggerimenti e modelli da cui trarre ispirazione: nel 1492, per
esempio, Ludovico il Moro faceva venire a Vigevano sempre Giuliano da San-
gallo con un gigantesco modello di Poggio a Caiano; mentre in quegli stessi an-
ni a Ferrara Ercole I d’Este ricorse a Filippo Strozzi per averei informazioni e
«desegni» in merito al magnifico palazzo che il banchiere fiorentino aveva appe-
na iniziato a costruire, ma di cui già si favoleggiava in tutta Italia.53 E non molto
prima Francesco Gonzaga aveva domandato a Leonardo una pianta e le misure
della villa toscana di Angelo Tovaglia, in modo da poter riprodurre in una delle
sue ville un salone con volta a botte quale quella all’epoca solo progettata per
Poggio a Caiano.54
Ancora una volta, però, bisogna stare attenti a non generalizzare: apparen-
temente la visita di Giuliano da Sangallo a Ludovico il Moro non ebbe partico-
lari conseguenze, se a Vigevano il duca continuò a risiedere nella rocca avita e se
una delle sue principali operazioni nelle campagne circostanti – la «fattoria mo-
dello» della Sforzesca – costituisce un’impresa del tutto originale rispetto a qual-
siasi iniziativa fiorentina del tempo.55 Del resto anche Ercole I d’Este, con tutto
il suo entusiasmo per palazzo Strozzi, non si sarebbe peritato di promuovere un
linguaggio architettonico profondamente radicato nella tradizione autoctona
ferrarese, e programmaticamente estraneo ai canoni che si andavano diffonden-
Florence, «Journal of the Royal Society of pp. 352-357. Più specificamente, sulla Du-
Art», CXXXVI (1988), pp. 813-825; e più in chesca e la villa di Poggioreale, cfr. S. Maffei,
generale F.W. Kent, Lorenzo de’ Medici and the La villa di Poggioreale e la Duchesca di Alfonso II
Art of Magnificence, Baltimore-London 2004. d’Aragona in una descrizione di Paolo Giovio.
Su Fancelli a Mantova, cfr. C. Vasic Vatovec, Moduli dell’elogio e tradizione antica, «Annali
Luca Fancelli architetto. Epistolario gonzaghesco, della Scuola Normale Superiore di Pisa,
Firenze 1979; per il parallelo con Filarete, P. Classe di Lettere e Filosofia», IV (1996), 1-2,
Carpeggiani, Congruenze e parallelismi nell’ar- pp. 161-182.
chitettura lombarda della seconda metà del Quat-
53. F.W. Kent, ‘Più superba de quella de Loren-
trocento: il Filarete e Luca Fancelli, «Arte Lom-
zo’: Courtly and Family Interest in the Building
barda», XXXIX (1973), pp. 53-61.
of Filippo Strozzi’s Palace, «Renaissance Quar-
52. In proposito, si veda la relativa scheda di terly», 30 (1977), p. 311-323.
C. Brothers in Andrea Palladio e la villa vene-
54. B.V. Brown, Leonardo and the Tale of three
ta, cit., pp. 232-235; sull’attività di Giuliano
Villas: Poggio a Caiano, the Villa Tovaglia in
da Maiano a Napoli, cfr. G. Hersey, Alfonso II,
Florence and Poggio Reale in Mantua, in Firen-
Benedetto e Giuliano da Maiano e la porta reale,
ze e la Toscana dei Medici nell’Europa del Cin-
«Napoli Nobilissima», IV (1964), pp. 77-92;
quecento, a cura di G. Garfagnini, Firenze
G. Hersey, Alfonso II and the Artistic Renewal of
1983, III, pp. 1053-1062.
Naples 1485-1495, New Haven-London
1969, pp. 51-81; A. Beyer, Napoli, in Storia 55. Giordano, «Ditissima tellus», cit., pp. 268-
dell’Architettura Italiana. Il Quattrocento, cit., 269.
la dimora del principe 599
do altrove nella Penisola, per quanto capace di stimolare operazioni affini anche
in aree vicine e non direttamente soggette al suo controllo come Bologna (dove
alla fine del secolo la ‘delizia urbana’ della Viola si ispirava apertamente ai giar-
dini allestiti qualche anno prima da Eleonora d’Aragona a Ferrara).56
56. Cfr. ivi, pp. 210-211; e G. Sabadino degli Interior 1400-1600, London 1991 (trad. it.
Arienti, Descrizione del Giardino della Viola in Interni del Rinascimento italiano, Milano
Bologna, a cura di B. Basile, in Bentivolorum 1992), pp. 294-300.
Magnificentia. Principe e cultura a Bologna nel
58. Cfr. L. Giordano, La sala grande tra tardo
Rinascimento, Roma 1984, pp. 274-284.
Medioevo e primo Rinascimento, in Imperatori e
57. Cfr. P. Thornton, The Italian Renaissance Dei. Roma e il gusto per l’antico nel Palazzo dei
600 folin
una serie di locali di contorno (biblioteche, studioli, bagni, giardini segreti, ca-
mere per l’ascolto di musica...) che venivano ad avere un ruolo sempre più ne-
vralgico nella vita di corte, sia sul piano architettonico che su quello del cerimo-
niale.59 Molti di questi ambienti nel XV secolo non erano del tutto inediti, e se ne
possono trovare tracce sparse già nelle fonti medievali: quel che era nuovo era
l’investimento ideologico di matrice umanistica di cui essi venivano ora fatti og-
getto, e che trovava generalmente espressione in apparati decorativi allestiti con
spese e sfarzo inusitati nei secoli precedenti.60
Questo processo ne trascinava con sé un altro, strettamente interconnes-
so al primo: con il dilatarsi degli spazi di corte in un’articolata costellazione di
ambienti (coperti o meno che fossero) tendenzialmente riordinati in base alle ri-
spettive funzioni, all’interno delle nuove regge si veniva a organizzare anche una
serie di percorsi privilegiati, strutturati secondo alcuni schemi distributivi abba-
stanza ricorrenti. Dall’ingresso principale si accedeva al cortile, intorno a cui
molto spesso avevano sede i principali offici di governo del regime signorile a
partire dalla cancelleria; dal cortile si accedeva inoltre allo scalone, il quale con-
duceva più o meno direttamente alle sale d’apparato al primo piano (salone d’o-
nore, salotti, anticamere ecc.); di qui, poi, attraverso una successione di ambien-
ti di dimensioni sempre più ridotte, si passava ai quartieri privati del sovrano: ca-
mera da letto con relative guardiacamere, oltre appunto a una serie di «cameri-
ni» ‘segreti’ (studiolo, bagno ecc.), spesso, ove possibile, affacciati sul verde di un
giardino. Viceversa, i locali di servizio – cucine, caneve, stalle, stanze per la ser-
vitù... – sarebbero stati progressivamente emarginati in zone del palazzo rigoro-
samente separate e sottratte alla vista del sovrano e dei suoi visitatori più illustri.
Pio a Carpi, a cura di M. Rossi, Carpi 2006, politan Museum of Art Bulletin», n.s., LIII
pp. 27-38. (1996), 4, pp. 3-35; sui bagni, cfr. Thornton,
The Italian Renaissance Interior, cit., pp. 315-
59. In realtà, si ha l’impressione che nel cor-
319; sui giardini, Filarete, Trattato di architet-
so del Quattrocento tutti questi spazi siano
tura, cit., pp. 450-456, 602-607; Martini,
diventati una presenza qualificante nei palaz-
Trattati di architettura, cit., I, pp. 70-72, 245-
zi signorili, se non un vero e proprio attribu-
246, 348 e II, pp. 107-109; e G. Pontano, De
to distintivo dell’idea di reggia: tuttavia, la bi-
splendore (1498), in F. Tateo, I trattati delle
bliografia non ha riservato loro pari attenzio-
virtù sociali, Roma 1965, pp. 236-237, 277;
ne, e si sente la mancanza di studi sistematici
sull’importanza della cappella musicale del
di carattere comparativo. In particolare, sugli
sovrano nelle corti del Rinascimento, cfr. F.
studioli, cfr. W. Liebenwein, Studiolo. Die
Piperno, Le corti italiane e la musica, in Corti
Entstehung eines Raumtyps und seine Entwick-
italiane del Rinascimento, cit. (e, per un esem-
lung bis um 1600, Berlin 1977 (trad. it. Studio-
pio di ‘camerino musicale’, A. Sarchi, The
lo. Storia e tipologia di uno spazio culturale, Mo-
«studiolo» of Alberto Pio da Carpi, in Drawing
dena 1988); C.H. Clough, Art as Power in the
Relationships in Northern Renaissance. Art Pa-
Decoration of the Study of an Italian Renaissan-
tronage and Theories of Invention, a cura di G.
ce Prince: The Case of Federico Da Montefeltro,
Periti, Aldershot 2004, pp. 129-151).
«Artibus et Historiae», XVI (1995), 31, pp.
19-50; e O. Raggio, The Liberal Arts Studiolo 60. Cfr. P. Thornton, The Italian Renaissance
from the Ducal Palace at Gubbio, «The Metro- Interior, cit.
la dimora del principe 601
61. D. Howard, Seasonal Apartments in Re- Trattati di architettura, cit., I, pp. 70-116.
naissance Italy, «Artibus et Historiae», XXII
63. Per qualche termine di paragone, si veda-
(2001), 43, pp. 127-135.
no i saggi riuniti in Architecture et vie sociale,
62. Thornton, The Italian Renaissance Interior, cit.
cit., pp. 300-313. Per l’accenno a Leon Batti-
64. Cfr. ad esempio Thurley, The Royal Pala-
sta Alberti e a Francesco di Giorgio, cfr. ri-
ces, cit., p. 8.
spettivamente Alberti, L’architettura [De re
aedificatoria], cit., I, pp. 399-439; e Martini, 65. Ivi, pp. 9-10.
602 folin
Conclusioni
66. Cfr. M. Whiteley, Le Louvre de Charles V: the Fourteenth and Fifteenth Centuries. Interior,
disposition d’une résidence royale, «Revue de Ceremony and Function, in Architecture et vie
l’art», XCVII (1992), pp. 60-71 ; Ead., L’amé- sociale, cit., pp. 47-63 ; e Bove, Les palais
nagement intérieur des résidences royales et prin- royaux, cit., pp. 59-61. Quanto agli apparta-
cières en France à la fin du XIV e siècle et au début menti pontifici nel palazzo di Avignone, vedi
du XV e siècle, in Vincennes aux origines de l’État supra, nota 37.
moderne, Actes du colloque scientifique de
67. Bove, Les palais royaux, cit., p. 73.
Vincennes, 8-10 giugno 1994, a cura di J.
Chapelot e É. Lalou, Paris 1996, pp. 299- 68. Cfr. M. Chatenet, La cour de France au
320; Ead., Royal and Ducal Palaces in France in siècle. Vie sociale et architecture, Paris 2002.
XVI e
la dimora del principe 603
69. Sull’intimo legame fra lo sviluppo tipolo- thwaite, The Florentine Palace as Domestic Ar-
gico dei palazzi rinascimentali e l’evoluzione chitecture, «American Historical Review»,
coeva delle strutture familiari (seppur in un LXXVII (1972), pp. 977-1012.
contesto non signorile), cfr. già R.A. Gold-