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Il finale dei Promessi Sposi: appunti

Renzo ama esporre le sue passate avventure e, soprattutto, elencare le molte cose che
ha imparato per l'avvenire, tra cui non mettersi nei tumulti, non predicare in piazza,
non bere troppo, non tenere in mano il martello delle porte quando c'è intorno gente
malintenzionata, non attaccarsi un campanello al piede senza prima aver riflettuto, e
molte altre cose simili. Lucia, però, trova che nel ragionamento ci sia qualcosa di
sbagliato, e a furia di sentirlo ripetere osserva che lei, i guai, non è andata a cercarli
ma ne è stata vittima innocente, a meno di non considerare un errore l'essersi
innamorata di Renzo. Dopo qualche discussione, i due coniugi concludono infine che
i guai capitano spesso a chi si comporta in modo incauto, ma anche a chi non ne ha
alcuna colpa, e che in un caso e nell'altro la fiducia in Dio li rende più sopportabili e
li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, trovata da poveri contadini,
sembra all'autore come "il sugo di tutta la storia" e perciò gli sembra opportuno
metterla alla fine del romanzo: se l'opera, osserva con ironia, è piaciuta ai lettori,
questi dovranno voler bene a chi l'ha scritta e un po' anche a chi l'ha rimaneggiata, se
invece ne sono stati annoiati credano che non è stato per volontà dello scrittore.
Le ultime righe vengono definite il sugo della storia e propongono una conclusione
assai lontana dal lieto fine del romanzo tradizionale: dall’ esperienza del dolore nasce
la capacità di dare alla vita la sua giusta dimensione, se si ha fiducia nella
Provvidenza.
“Dopo un lungo dibattere e cercare
insieme, conclusero che i guai vengono
bensì spesso, perché ci sia dato cagione; ma
che la condotta più cauta e più innocente
non basta a tenerli lontani; e che quando
vengono, o per colpa o senza colpa, la
fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili
per una vita migliore. Questa conclusione,
benché trovata da povera gente, ci è parsa
cosa giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia. La
quale, se non v’é dispiaciuta affatto, vogliatene a chi l’ha scritta, e anche un pochino
a chi l’ ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non
s’è fatto apposta!.
Renzo e Lucia, dopo aver fatto entrambi l’esperienza del dolore e della peste, ma
anche quella rassicurante del perdono, riflettono sulla loro vicenda e giungono
insieme alla conclusione sopra riportata. Come osserva E. Raimondi: “Renzo deve
ammettere, da povero contadino, che il dolore del mondo non si spiega da solo e che
la fiducia in Dio rimane l’unico conforto per il viaggio misterioso dell’uomo sulla
terra. Ma proprio in questo consiste poi la giustizia per cui l’uomo può soffrire e
sentirsi fratello di tutti gli oppressi, anche se la paura gli è nota più del coraggio.
Mentre si crede di aver toccato un epilogo pacifico, obbediente alla rinunzia o alla
rassegnazione, il discorso segreto di tutto il romanzo si rimette in moto e si porta
dietro l’angoscia della storia. Dove finisce la ricerca di Renzo, comincia forse quella
del lettore.

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