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Speciale Shoah

"Mio fratello Bruno,


tradito e deportato
ad Auschwitz"
di Silvia Turin

omo. In una macchina ci sono due contrabbandieri e sei passeggeri infagottati, un

30 novembre 1943 C uomo è fuori in lacrime che saluta… non si vedranno mai più. Sono: padre madre e
cinque figli. Ebrei di Genova. Si trovano lì dopo una difficile decisione. Fuggire in
Svizzera. Ecco chi sono e come ci sono arrivati.

Gino De Bice Foa, 51 Bruno, 27 Bianca, 25 Aldo, 21 anni Franca, 19 Lia, 15 anni
Benedetti, 52 anni, madre anni, figlio anni (nella (nella foto ne anni (nella (nella foto ne
anni, padre foto ne ha 12), ha 8), figlio foto ne ha 10), ha 3), figlia
figlia figlia

L'epoca delle leggi razziali

acciamo un passo indietro… A Genova i De Benedetti abitano in via Mameli. L’8

8 settembre 1938
F settembre 1938 apprendono la notizia della promulgazione delle leggi razziali, che
comprendono l’esclusione degli ebrei dalle scuole. La mamma, Bice, è una delle prime
donne laureate in Italia, in Economia. Insegna matematica alla Duchessa di Galliera. Non
potrà più andarci. Franca ha appena preso il diploma al liceo classico Colombo e non potrà
iscriversi all’Università.
Una delle tavole de “La difesa della razza” sui divieti e le restrizioni riservati agli ebrei italiani dopo l’entrata in vigore delle leggi
razziali (arch. priv. Bienati)

ranca De Benedetti, deceduta nel 2006, è stata la

F memoria storica della sua famiglia. Ha affidato i


suoi ricordi a tre registrazioni audio che ha
raccolto il nipote Filippo, avvocato genovese la cui nonna
era la sorella minore di Franca, Lia. I virgolettati che
seguono sono tratti da quelle testimonianze, finora
inedite.

Franca De Benedetti negli anni ‘90

’’
Dopo la promulgazione delle leggi razziali
papà continuava a insistere perché Bruno e
Aldo se ne andassero in America. Diceva: “Le
cose continuano a peggiorare!”, ma in quel
momento i miei fratelli non prendevano in
considerazione la cosa perché si sentivano
perfettamente italiani

Bruno in divisa militare


runo, il figlio maggiore, nel 1938 ha 27 anni, è

B pediatra e già esercita come medico. Non solo si


sente italiano: è fascista e quando escono le leggi
razziali chiede per sé (e per i genitori) la cosiddetta
“discriminazione”.
_ LA SCHEDA _
COME FUNZIONAVA LA
"DISCRIMINAZIONE"

ei vari carteggi che accompagnano la domanda di

N “discriminazione”, presentata il 12 aprile del


1939 (qui a destra), i funzionari fascisti
esprimono parere favorevole al conferimento,
sottolineando i meriti del richiedente. Tra gli altri:
- l’iscrizione di Bruno al Partito Fascista dal 1929,
- la sua militanza come camicia nera,
- l’essere stato a Zoagli presidente della sottosezione
locale dell’Istituto di Cultura Fascista,
- la provenienza da una famiglia “di sentimenti favorevoli
al regime”,
- l’essersi arruolato volontario in Spagna.

_ LA SCHEDA _
LA GUERRA DI SPAGNA
STRUMENTALIZZATA
DAGLI ANTISEMITI
’’
Bruno per avere la "discriminazione" è
andato volontario nella guerra di Spagna con
i fascisti, come sottotenente medico. Ottenne
la menzione per una medaglia d’argento. Si
sono “accorti” dopo che era ebreo, l’hanno
espulso dall’esercito e non gliel’hanno più
data

orse capendo la gravità della situazione, Bruno fa alcune mosse che avrebbero potuto

F (nei suoi calcoli) “metterlo al riparo” insieme ai suoi cari. In fondo a un documento
sulla valutazione della sua condotta si legge: “Da sei mesi ha abbracciato la religione
cattolica”. Quindi dall’ottobre del 1938, non molto tempo dopo le leggi razziali. In quegli anni
si sposerà anche con una “goj” (non ebrea), Armanda Martelli, un matrimonio molto
osteggiato in famiglia (infatti non ve n’è traccia) tanto che nessuno ne parlerà mai più.
Comunque Bruno ottiene la “discriminazione”. Può continuare ad esercitare la professione di
medico, ma questa “esenzione” non lo salverà dalle persecuzioni. Niente lo salverà.
Bice e Gino a sinistra, accanto Bruno e Franca alla fine degli anni ‘20

_LA SCHEDA _
LA “VIA ITALIANA ALLA
SHOAH”
’’
Dopo il 1938 abbiamo continuato a stare a
Genova e, anche se c’era gente che passando
non ci salutava più, per qualche tempo
abbiamo vissuto relativamente bene

Le bombe su Genova

assa qualche anno, inizia la guerra. Nell’autunno del 1942 uno dei più massicci

22 ottobre 1942 P bombardamenti aerei su Genova colpisce anche la casa dei De Benedetti. Decidono di
non rimanere in città. La porta di casa viene inchiodata e l’interno preservato per il
ritorno dal fidato portinaio.

’’
Avevamo l’ordine da papà che se c’era un
bombardamento ed eravamo fuori dovevamo
raggiungere il nostro rifugio, quello sotto
casa non un altro qualsiasi! Una volta ci ha
preso l’allarme a Brignole e ci siamo messi a
correre per strada. Siamo arrivati che
avevamo il sangue in bocca!

Da sinistra: Franca, Bruno, Bianca, Aldo nel 1920

celgono di raggiungere Levanto e di andare ad abitare nella villetta di zia Margherita,

S sorella della mamma. Con due valigie ciascuno, si dirigono a Brignole e prendono il
treno sotto le bombe. Alcuni di loro ogni giorno tornano a Genova per lavorare.
’’
Eravamo giovani, a Levanto ci eravamo fatti
una compagnia. Eravamo amici col capitano
tenente della Capitaneria di Porto

La villa di Levanto della sorella di Bice

Gli eventi precipitano

l giorno della caduta di Mussolini, il 25 luglio del 1943, i ragazzi fanno festa, ma il padre

25 luglio 1943 I dice loro: “Vedrete cosa succede adesso”. Aveva ragione. Dopo l’8 settembre arrivano i
nazisti. I De Benedetti sono benvoluti a Levanto, così dopo qualche tempo
dall’Armistizio, vengono avvertiti all’improvviso (e in tempo) dal capitano tenente della
Capitaneria di Porto.

Targa da medico di Bruno

25 settembre 1943
’’
Alle 7 di mattina viene il federale e ci dice:
“Scappate perché vengono a prendervi i
tedeschi. Ci hanno chiesto quanti ebrei ci
fossero in città e siete gli unici”. Non
avremmo mai e poi mai creduto che in Italia
potessero arrivare delle persecuzioni come
_ LA SCHEDA _
LA SITUAZIONE DEGLI
EBREI IN ITALIA: DALL’8
SETTEMBRE ALLE
c’erano state in Germania e Cecoslovacchia. DEPORTAZIONI DI
MASSA
Sapevamo cosa succedeva in quei Paesi
perché moltissimi erano arrivati qui

a famiglia decide di dividersi e scappare sui treni alla spicciolata. Per qualche giorno

L stanno a Santa Margherita o a Genova nascosti. Poi Bianca va da un’amica dove resta di
giorno dietro a un armadio. Bruno, ormai sposato, si rifugia nel reparto malattie
infettive all’ospedale San Martino di Genova. Aldo viene accolto in un convento sopra
Sanremo tra monaci di clausura. Padre, madre e le due sorelle minori (Franca e Lia) si recano
a San Salvatore Monferrato e vengono ospitati in una locanda.

’’
Stavamo in una trattoria di passaggio.
Avevamo un altro cognome ma il proprietario
sapeva di noi. Era un passaggio continuo di
disertori e truppe tedesche
_ LA SCHEDA _
I “GIUSTI” CHE LI
NASCOSERO, COSA
RISCHIAVANO

La fuga verso la Svizzera

ino chiede a tutti i conoscenti se qualcuno li può ospitare, ma nessuno si fa avanti.

29 novembre 1943 G Prende allora in considerazione l’idea di passare il confine con la Svizzera.
Inizialmente si pensa di far uscire solo gli uomini della famiglia (“tanto alle donne
non fanno niente”), poi il padre decide “o tutti o nessuno”.

’’
Un giorno papà stava tagliando un salamino.
Era sabato. Un avvocato di Alessandria che
veniva spesso entra in cucina e dice: “Ebrei di
shabbat che mangiano il salame… Dove
siamo finiti!”. Papà sbianca pensando di
essere stato denunciato ma il signore subito
sussurra: “Scappate! In Alessandria li hanno
già presi tutti. Lo sanno tutti che siete ebrei, Gino De Benedetti nel 1910
stanno arrivando!”

ncora una volta la famiglia si divide. Madre e padre sono diretti a Como con Lia. Il

A giorno dopo Bianca, Aldo e Franca si recano in treno a Milano. In piazza Duomo Aldo
propone: “Per l’ultima volta andiamo a mangiare bene, andiamo al Savini e poi sarà
qual che sarà”. Un pasto che si ricorderanno per mesi nei periodi di fame. Giunti a Como i
ragazzi ritrovano i genitori. Vanno in un bar a far colazione e incontrano uno zio che dice loro
che i cugini Di Capua, che avevano organizzato la fuga per loro stessi e Bruno, all’ultimo
momento hanno rinunciato, per paura. I “loro” contrabbandieri sono quindi liberi.
Lia, Bruno, Aldo e Franca nel 1925

’’
Incontriamo Bruno che ci dice: “Hanno avuto
paura e non siamo andati”
_ LA SCHEDA _
I “PASSATORI”: CHI
ERANO, COME
AGIVANO

rriva il consiglio di andare dal notaio per fare documenti che dicano espressamente

A “di razza ebraica”. Avviene tutto nel giro di poche ore. I documenti vengono fatti
subito. Gino incontra i contrabbandieri. Sono pronti, consigliano di portare
pochissime cose e si mettono d’accordo sul prezzo.

’’
Per fare la cernita delle valigie entriamo in un
albergo sulla piazza centrale di Como. Non
hanno una stanza da darci allora propongono
di farci cambiare in una hall. Il proprietario
si avvicina a papà e gli dice: “State per
passare la frontiera? Fate come volete. Tanti
auguri”
Bianca e Bruno nel 1916
’’
Quando è il momento il mezzo è pieno: ci
sono l’autista, i due contrabbandieri e la
famiglia De Benedetti con sei persone. Bruno
è fuori e piange: “Siete troppi, andate a
mettervi nelle mani dei tedeschi. E’ una
pazzia”. Decide di non venire ma promette:
“Domani vengo con gli zii in qualunque
Bruno in costume. Fu anche corrispondente sportivo modo”. E saluta. Non l’abbiamo più visto
per il Secolo XIX e il Messaggero

fari spenti a tutta velocità l’auto arriva a Mendrisio e fa una tappa. Sono le 19 del 30

A novembre 1943. Dopo una breve pausa si addentrano nel bosco e inizia il cammino a
piedi su per la montagna. Ogni rumore mette paura, la madre è da sorreggere perché
fa molta fatica.

’’
A un certo punto uno dei contrabbandieri
dice: “Fermatevi che vado a tagliare la rete”.
Dopo un po’ sentiamo “tac, tac, tac”: sono
rumori che non te li dimentichi mai più. Ci ha
fatto segno di avanzare e siamo passati. Poi
si sono dileguati. Ci troviamo al di là della
rete in un bosco scosceso. Non sapevamo
Gino nel 1943 cosa fare quando sentiamo gridare: “Chi va
là” e noi: “Ebrei italiani”. Erano i gendarmi
svizzeri

’’
Alla gendarmeria ci hanno accolto molto
bene. Ci hanno detto: “Ma chi vi ha fatti
passare qui? E’ il punto più pericoloso. C’è
una casamatta dei tedeschi con i cani”. Dopo
mezz’ora sono arrivate altre persone da
Torino. Sono passati con i nostri
contrabbandieri. Avevano detto loro:
“Abbiamo altri ebrei che fanno da cavie, se
passano loro, andate”

Gino, alla sua destra la moglie Bice. Sulle ginocchia di


Gino c’è Bruno. In basso Aldo e a destra Bianca nel
1919

’’
È stato proprio allora che dalla montagna
abbiamo visto il bombardamento su Milano.
Quel giorno è uscita la circolare Buffarini
Guidi che ordinava: "Tutti gli ebrei (...)
debbono essere inviati in appositi campi di
concentramento"
_ LA SCHEDA _
LA POLITICA DELLA
SVIZZERA VERSO GLI
EBREI
’’
In gendarmeria c’è stata una lunga
contrattazione per decidere se tenerci. Il
papà ha minacciato di impiccarsi con tutti
noi. I funzionari hanno telefonato a Lugano,
poi a Berna. A mezzogiorno del 1 dicembre
1943 hanno deciso che potevamo rimanere in
Svizzera

Vita da internati

nizia la vita da internati nei campi di raccolta. Gli spostamenti sono decisi da altri e

2 dicembre 1943
I all’ordine del giorno. In Svizzera Bianca e Franca dopo qualche tempo trovano
occupazione come personale di servizio a Berna. Lia lavora vicino a Zurigo in un campo.
Madre e padre continuano a stare tra gli internati a Lugano. La mamma, con il pensiero di
Bruno e della sua sorte, ha perso 30 chili. Aldo lavora per qualche tempo alle ferrovie, poi nel
1945 entra in Italia e si unisce ai partigiani come portalettere.

Il percorso fatto da Franca nei vari campi in Svizzera, registrato in un diario coevo
’’
Non siamo più persone con una propria
volontà, siamo degli internati che possono
essere sballottati da una parte e dall’altra
senza poter dire niente. Ma la vita è salva
anche se i cuori sono chiusi in una morsa,
l’ansia per i nostri cari ci tortura, la
comunanza dà fastidio, la sabbia ci punge, il
terreno è duro e la fame si fa sentire. Che
cosa grave era per noi dover lavare a casa un
giorno i piatti e qui sono centinaia e
centinaia che passano sotto le nostre mani!

a mattina del 25 aprile dopo aver saputo le notizie alla radio, Franca va alla polizia. C’è

25 aprile 1945 L un funzionario, il dottor Berlusconi, innamorato di lei, che promette di tenerli
informati sulla situazione ai confini e su quando avrebbero potuto ripartire. Il 4 maggio
1945 li informa che la frontiera di Bellinzona è aperta, l’unica. Si ritrovano con i genitori per
tornare in Italia.

’’
Siamo arrivati a Domodossola. A Milano in
piazzale Loreto abbiamo visto Mussolini e gli
altri appesi. Lì abbiamo saputo dagli zii che
Bruno era stato deportato

Bruno con suo padre Gino nel 1916

De Benedetti tornano a Genova il 10 maggio 1945. La loro casa è ancora in piedi. Il


10 maggio 1945
I portinaio ha impedito ad altri di entrare. Dentro c’è tutto, però l’edificio è pericolante.
Aldo trova posto per quella notte in una casa di appuntamenti. Ci rimarranno due mesi.
Bruno in divisa militare

_ LA SCHEDA _
I DELATORI: COSA CI
GUADAGNAVANO
’’
Ce lo hanno detto subito in Svizzera che
avevano preso degli italiani in procinto di
varcare la frontiera il giorno dopo di noi. Poi
poco alla volta sono arrivate più notizie. Non
glielo abbiamo mai detto a mamma e papà.
Ma lo sapevamo. Ci dissero più persone che
Bruno era stato tradito da un tassista

2 dicembre 1943 La sorte di Bruno

runo viene arrestato a Como il 2 dicembre del

B 1943. Internato a Fossoli vi resterà fino alla


chiusura del campo. In quel periodo la moglie
Armanda scrive (invano) diverse lettere per tentare di
farlo liberare.

l 2 agosto del 1944 il campo di Fossoli viene svuotato e i prigionieri partono per
2 agosto 1944
I destinazioni a loro ignote. Bruno si trova sul convoglio numero 14, quello diretto ad
Auschwitz. Vi arriverà il 6 agosto.

’’
Una volta tornati a Genova tutte le sante sere
alle 17 andavamo in stazione con la fotografia
di Bruno. Io e la mamma, per due mesi. Poi
ho detto “Mamma, basta! Sta vita non si può
più fare”. Il 26 marzo del 1949 arrivò una
lettera dalla Croce Rossa dove c’era scritto
che Bruno era morto a Dachau. Ci era
arrivato da Auschwitz il 27 ottobre 1944. Vi
morì il 31 dicembre 1944
Da sinistra Franca, Aldo, Bianca e Lia De Benedetti (con amica a destra), negli anni ‘90.

ranca ha raccontato queste vicende al nipote solo a partire dagli anni ’90. Filippo è

F stato il primo a cui ne ha parlato: “Tu sei il primo che vede queste carte perché non le
ha mai volute vedere nessuno”.

“In realtà tutti sapevano, ma in famiglia non se ne parlava, prima per vergogna, poi per un
senso di protezione dalle vicende dolorose del passato - ci dice il nipote - . Era una sorta di
patto tacito tra una generazione e l’altra per ricominciare”. Filippo ha raccolto il testimone: “La
zia mi aveva scelto e io mi ero fatto scegliere di buon grado perché la mia ammirazione per lei
era sconfinata e così pian piano ha iniziato a parlarmene”.

Da due anni Filippo ha deciso di andare nelle scuole a raccontare le vicende della sua famiglia,
che in gran parte sono rimaste ignote fino ad oggi.

Filippo e la zia Franca insieme nel 1978 Filippo Biolé in un recente incontro con gli studenti

Dedicato alla signora Maura, parente di Bruno De Benedetti, che ho avuto l’onore
di accompagnare nella sua prima visita al Museo di Auschwitz-Birkenau
avvenuta in uno dei viaggi organizzati dal Corriere della Sera.

Si ringraziano:

Filippo Biolé (nipote di Franca De Benedetti) che ha condiviso con noi la storia della sua
famiglia e le registrazioni audio della zia.

Il professor Andrea Bienati, docente di Storia e Didattica della Shoah e delle deportazioni,
per la consulenza storica e i testi dei box storici.

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