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La diagnosi di ipertensione arteriosa

L’elevata prevalenza dell'ipertensione e la sua rilevanza come fattore di rischio hanno reso
necessario elaborare linee guida diagnostico-terapeutiche. Le prime sono state formulate a partire
dalla metà degli anni '70, sono quindi state aggiornate periodicamente sino ad arrivare alle più
recenti del JNC VI statunitense (i) e della World Health Organization-International Society of
Hypertension (WHO-ISH) (ii). Le linee guida forniscono raccomandazioni per la gestione del
paziente iperteso, basate sulle evidenze scientifiche disponibili. Pur senza stabilire regole rigide,
esse indicano gli obiettivi del trattamento, le strategie di fondo e le modalità operative per
conseguire il successo terapeutico.

Nel valutare per la prima volta un paziente iperteso è necessario porsi alcune domande, alle quali si

Figura 1. Approccio clinico al paziente iperteso

1 Il paziente è realmente iperteso? e se si,


qual’è il reale livello pressoro?

2 Vi è una causa nota di ipertensione?

3 E’ presente danno d’organo? Vi sono altri


fattori di rischio associati? Qual’è il rischio
assoluto di avere un evento cardiovascolare?

4 Vi è indicazione al trattamento farmacolo-


gico? se si, qual’è la terapia più appropriata?
dovrà dare risposta nel corso dell’iter diagnostico (Figura 1). Queste domande definiscono
altrettante tappe sequenziali e ineludibili dell’approccio clinico: confermare la diagnosi
di ipertensione, definirne l’eziologia, cercare il danno d’organo e stimare la prognosi, e
infine impostare il trattamento.

La diagnosi di ipertensione arteriosa

Apparentemente, la diagnosi di ipertensione arteriosa è di estrema facilità e


potrebbe essere fatto da chiunque sappia usare un apparecchio per la misurazione
della pressione arteriosa. In realtà è necessario impiegare un'accurata metodologia di
misurazione e seguire criteri rigorosi prima di poter attribuire al paziente una
diagnosi impegnativa, che lo obbligherà ad effettuare indagini di laboratorio e
strumentali, a sottoporsi a controlli clinici periodici, a modificare lo stile di vita e a
seguire eventuali trattamenti farmacologici.

Misurazione clinica della pressione arteriosa

L
a pressione arteriosa deve essere misurata preferibilmente con il paziente seduto,
usando uno sfigmomanometro a mercurio. Possono essere usati anche manometri
aneroidi, purchè calibrati frequentemente, o strumenti elettronici validati (iii).

Prima di procedere alla misurazione della PA è bene che il paziente stia seduto per
alcuni minuti, in posizione comoda e in ambiente confortevole. Per gli adulti di normale
taglia si usa un bracciale di dimensioni standard (12-13 cm x 35), mentre si userà un
manicotto più largo negli obesi e di dimensioni più ridotte nei bambini. Nei pazienti
vasculopatici o con asimmetria dei polsi radiali, alla prima visita si dovrà misurare la
PA ad entrambe le braccia; in caso di valori differenti, la PA dovrà essere sempre
valutata a livello dell'arto con i valori più elevati. Per identificare la PA diastolica si
deve fare riferimento alla scomparsa dei toni (fase 5 di Korotkoff); l'attenuazione va
usata se la scomparsa non è apprezzabile. Nei diabetici, negli anziani e nei pazienti con
episodi di ipotensione ortostatica, è opportuno misurare la pressione sia in clino che in
ortostatismo.
Come stabilire la gravità dell'ipertensione

L’ipertensione viene classificata in tre gradi (Figura 3):

il grado I corrisponde all'ipertensione lieve, il grado II a quella moderata e il grado


III a quella grave. Nell'ambito degli ipertesi lievi, il range pressorio compreso tra
140-149 mmHg per la sistolica e tra 90-94 per la diastolica identifica il sottogruppo
di ipertesi borderline. Separatamente viene considerata l'ipertensione sistolica
isolata, che comprende anch’essa un sottogruppo borderline. Il termine borderline
viene mantenuto nelle linee guida soltanto per la sua popolarità, ma a tutti gli effetti
pratici gli ipertesi bordeline rientano nella categoria dell’ipertensione lieve. Quando i
livelli di pressione sistolica e diastolica di un paziente si collocano in differenti
categorie, la gravità dell'ipertensione va valutata in base alla categoria più alta.

Le linee guida distinguono anche tre differenti livelli di PA nell'ambito della normalità:
PA ottimale, normale o normale-alta. La decisione di suddividere i normotesi in questi
tre sottogruppi si basa sul dato osservazionale che il rischio cardiovascolare cresce
linearmente con l'aumentare della PA anche nell'ambito della normalità. Recentemente
il gruppo del Framingham ha definitivamente provato che il rischio a 10 anni di
malattia cardiovascolare è nettamente maggiore nei soggetti con PA normale-alta
rispetto a quelli con PA ottimale (rischio relativo di 2.5 nelle donne e 1,6 negli uomini)
(iv) (Figura 4)

Figura 4. Categoria di PA e eventi cardiovascolari

Incidenza di eventi cardiovascolari in donne (sinistra) e uomini (destra) normotesi, in


relazione alla categoria di PA

Dal punto di vista pratico, i soggetti con pressione normale-alta vanno invitati ad
effettuare controlli pressori almeno una volta all'anno. Inoltre sarebbe opportuno
suggerire loro già in questa fase di ridurre l'assunzione di sale, tenere sotto controllo
il peso corporeo e cercare di fare esercizio fisico regolare.

Differenti tipologie di misurazione della PA (Figura 5)

La disponibilità di apparecchi semi-automatici e automatici per la misurazione della PA


favorisce la pratica dell'automisurazione a domicilio (v). Questa ha il vantaggio di
poter essere ripetuta più volte, in differenti ore della giornata e in un ambiente
familiare, privo dello stress psicologico che può essere generato dal medico. I valori
ottenuti a domicilio sono di solito più bassi di quelli rilevati in ambulatorio. Il riscontro
di valori ambulatoriali elevati, a fronte di livelli costantemente normali a domicilio,
deve far sospettare una condizione di "ipertensione clinica isolata" , detta anche "da
camice bianco". Un'altra modalità di misurazione è il monitoraggio ambulatorio della
PA delle 24 ore (3).

Questa tecnica fornisce misurazioni della PA ripetute e frequenti, in condizioni


ambientali assai vicine a quelle quotidiane.

Figura 6. Condizioni nelle quali considerare il


monitoraggio ambulatorio della PA

• Spiccata variabilità pressoria durante la stessa


visita o in differenti visite

• Ipertensione in ambiente clinico e normotensione


nella misurazione a domicilio

• Sintomi suggestivi di episodi ipotensivi

• Ipertensione resistente alla terapia


farmacologica
I valori medi delle 24 ore correlano con il danno d'organo più strettamente delle
misurazioni cliniche. Anche la regressione dell'ipertrofia ventricolare sinistra correla
più strettamente con la riduzione della PA media delle 24 ore che della clinica. La
figura 6 riporta le condizioni in cui trova indicazione il monitoraggio delle 24 ore della
PA. Sia la misurazione domiciliare che il monitoraggio ore hanno dei limiti. Vi sono
pochi dati sul loro valore prognostico, poichè i maggiori studi sono stati eseguiti sulla
base dei valori pressori clinici. Inoltre non vi ancora è unanimità di vedute su quali
siano i limiti di normalità della PA misurata con queste metodiche. Infine, la precisione
degli strumenti impiegati deve essere verificata periodicamente.

Confermare la diagnosi

Le indagini diagnostiche e il trattamento non devono essere iniziate sinchè la diagnosi


non sia accertata, a meno che non sia presente uno stato ipertensivo grave o danno
d'organo ipertensivo. Per confermare la diagnosi di ipertensione la PA deve risultare
elevata almeno in due visite su tre, distanziate tra loro di almeno una settimana. I
pazienti che presentano ampie oscillazioni pressorie, con valori elevati che si alternano
a valori normali, necessitano di ulteriori misurazioni o di un monitoraggio ambulatorio,
al fine di verificare se essi siano veramente ipertesi.
Valutare la storia clinica del paziente (figura 7) e l'esame obiettivo (figura 8)
i
Joint National Committee on Detection, Evaluation and Treatment of High Blood
Pressure. The sixth report of the Joint National Committee on Prevention,
Detection and Treatment of High Blood Pressure (JNC VI). Arch Intern Med
1997; 157:2413-46.
ii
1999 World Health Organization-International Society of Hypertension
Guidelines for the Management of Hypertension. Guidelines Subcommittee. J
Hypertens 1999; 17:151-83.
iii
O'Brien ET, Beevers DG, Marshall H: ABC of Hypertension. BMJ Publishing Group.
London. 1995
iv
Vasan RS, Larson MG, Leip EP, Evans JC, O'Donnell CJ, Kannel WB, Levy D:
Impact of high-normal blood pressure on the risk of cardiovascular disease. N
Engl J Med 2001;345:1291-7.
v
Parati G: La misurazione della pressione arteriosa. In Ipertensione Arteriosa: il
contributo della ricerca italiana. Editrice Kurtis. Milano. 2000. Pagine259-88

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