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La primadonna Marianna Bulgarelli, detta La Romanina (per via della città di nascita), la quale interpretava

Venus nel dramma, non si dette pace sino a che non ebbe scoperto l'autore. La Romanina persuase il poeta a
rinunciare alla propria carriera legale e promise di assicurargli fama e autonomia, qualora avesse voluto
dedicare il proprio talento al dramma musicale. Presso la casa de La Romanina Metastasio iniziò a conoscere i
più grandi compositori del tempo, tra i quali Porpora, dal quale prese lezioni di musica, Johann Adolf Hasse,
Giovan Battista Pergolesi, Alessandro Scarlatti, Leonardo Vinci, Leonardo Leo, Francesco Durante e Benedetto
Marcello; tutti questi saranno destinati in futuro a mettere in musica i suoi lavori. Qui inoltre studiò l'arte del
cantare e imparò ad apprezzare lo stile di interpreti come Farinelli. Dotato di uno straordinario talento per la
composizione e di un senso per la poetica, non trovò nessuna difficoltà nello scrivere le sue opere.

Nel settembre del 1729 Metastasio ricevette e accettò l'offerta per il posto di poeta di corte al teatro di Vienna,
con uno stipendio di 3000 fiorini; successe così ad Apostolo Zeno, che in quell'anno tornò a Venezia. La
Romanina altruisticamente lo mandò per la via della gloria. Lei tenne comunque a suo carico la famiglia di
Pietro a Roma, in modo che egli potesse stabilirsi in Austria.

Tra gli anni 1730 e 1740 i suoi bei drammi Adriano, Demetrio, Issipile. Demofonte, L'Olimpiade, La clemenza
di Tito, Achille in Sciro, Temistocle e Attilio Regolo, vennero prodotti per il teatro imperiale. Alcuni di essi
furono composti per occasioni speciali e con incredibile rapidità: ad esempio l'Achille in diciotto giorni e
l'Ipermestra in nove. Oltre a ciò si dedicò nuovamente ai testi sacri: nel 1730 venne alla luce La Passione di
Nostro Signore Gesù Cristo, che divenne uno degli oratori più musicati del XVIII secolo. Metastasio
padroneggiava la tecnica della sua arte fino ai minimi dettagli. Le esperienze che acquisì a Napoli e a Roma,
così come l'entusiasmo viennese per i suoi lavori accelerarono la sua carriera.

A Vienna Metastasio non incontrò un forte successo sociale, giacché la sua nascita non nobile lo escludeva dai
circoli dell'aristocrazia. Per ovviare a questa mancanza intraprese una relazione intima con la contessa
Marianna Pignatelli di Althann, cognata della sua passata patrona, la principessa Belmonte Pignatelli, la
quale aveva perso il marito ed era stata a lungo la favorita dell'imperatore. Il rapporto tra lei e Metastasio fu
così intenso che si credeva che si fossero sposati segretamente. La Romanina, stanca della sua assenza, gli
domandò di ottenere un ingaggio al teatro di corte. Metastasio confuso e stanco di lei, le scrisse dissuadendola
nel progettare visite a Vienna. Il tono della lettera l'allarmò e irritò. Sembra che ella fosse partita da Roma,
ma morì improvvisamente lungo il tragitto. Dato che suo marito era già deceduto, Metastasio ereditò tutto il
suo patrimonio, ma a causa dell'affanno e del rimorso per la morte della Romanina rinunciò al lascito.

Con il passare del tempo, la vita che Metastasio teneva a Vienna, come anche il clima, si fece sentire sulla sua
salute e sul suo spirito. Dal 1745 in avanti egli scrisse poco, anche se le sue cantate risalgono a questo periodo,
così come la canzonetta Ecco quel fiero istante, che godette di larghissima fortuna.

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Nel 1755 morì la contessa Althann e Metastasio ridusse i suoi rapporti sociali ai soli visitatori che andavano a
trovarlo. Ormai afflitto dall'avanzare della sua vecchiaia e dalla perdita della sua vena poetica visse gli ultimi
anni della sua vita rimanendo pressoché inattivo. Durante questo periodo fu maestro dell'allora giovane
arciduchessa Maria Antonietta, futura regina di Francia, la quale pur non conoscendo bene né il tedesco né
il francese, parlava un ottimo ed elegante italiano, grazie al suo illustre insegnante. Il 3 settembre 1768 fu
eletto accademico della Crusca. Morì nel 1782.
L'opera seria
E’ significativo ricordare che su 26 melodrammi scritti da Metastasio nel corso di quasi 50 anni di attività
teatrale, solo 3 hanno finale autenticamente tragico (Didone abbandonata, Catone in Utica, Attilio Regolo) e, di
questi solo uno, il Catone in Utica, prevede la morte "in palese" (cioè in scena) del protagonista. Questo finale
lo esporrà a non poche critiche e ripensamenti, al punto che ne appronterà uno alternativo a quello originale in
cui la morte di Catone è narrata dalla figlia Marzia.

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- Carlo Goldoni (Venezia, 25 febbraio 1707 – Parigi, 6 febbraio 1793).
Lo spirito della riforma teatrale goldoniana si mostra anche nei libretti: coerenza nell’azione, personaggi
ben caratterizzati, passaggio dal recitativo all’aria e ai pezzi d’insieme fluido e senza scompensi

Nel 1738 Goldoni diede al teatro San Samuele la sua prima vera commedia, il Momolo cortesan, con la sola
parte del protagonista interamente scritta. A Venezia, dopo la stesura della sua prima commedia con tutte le
parti interamente scritte, La donna di garbo (1742-43), fu costretto a fuggire a causa dei debiti.

Nel 1750 realizza le famose sedici commedie in un solo anno (frutto di una scommessa): Il teatro comico
(primo importante esempio di teatro nel teatro e che si può considerare il manifesto della sua riforma teatrale),
Le femmine puntigliose, La bottega del caffè, Il bugiardo, L'adulatore, Il poeta fanatico, La Pamela (tratta dal
romanzo di Samuel Richardson), Il cavaliere di buon gusto, Il giuocatore, Il vero amico, La finta ammalata, La
dama prudente, L'incognita, L'avventuriere onorato, La donna volubile e I pettegolezzi delle donne.

Dopo aver rotto con il Medebach, Goldoni assume un nuovo impegno nel 1753, questa volta con il teatro San
Luca, di proprietà Vendramin. Comincia quindi un periodo travagliato in cui Goldoni scrive varie
tragicommedie e commedie. Deve adattare i propri testi innanzitutto per un edificio teatrale ed un palcoscenico
più grandi di quelli a cui era abituato, e per attori che non conoscevano il suo stile, lontano dai modelli della
commedia dell'arte: fra le tragicommedie ebbe un gran successo la Trilogia persiana; tra le commedie si
possono ricordare La cameriera brillante, Il filosofo inglese, Terenzio, Torquato Tasso ed il capolavoro Il
campiello. Nel 1761 Goldoni fu invitato a recarsi a Parigi per occuparsi della Comédie Italienne. Vitale fu
l'ultima stagione per il Teatro San Luca, prima della partenza, dove produsse La trilogia della villeggiatura,
Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte e Una delle ultime sere di carnovale.

Ci fu a più riprese un Théâtre italien de Paris (teatro italiano) a Parigi. A seconda delle epoche, il Théâtre-
Italien di Parigi proponeva delle pièce senza musica o delle opere. Si distinguono così la comédie italienne
ancienne, il théâtre lyrique italien (questo, sotto nomi differenti), e la comédie italienne moderne. La comédie
italienne storica, nei secoli XVII e XVIII, era sotto la protezione del re, e presentava al pubblico francofono
lavori teatrali con attori di professione italiani. Recitando in un primo tempo in spettacoli della commedia
dell'arte nella loro lingua materna, gli attori italiani lavorarono in seguito con i più grandi drammaturghi
francesi dell'epoca (da Molière a Marivaux). La Comédie-Italienne era ospitata a volte al Théâtre du Petit-
Bourbon o all'Hôtel de Bourgogne, fino al 1697. Quando vennero annunciate le rappresentazioni de La Fausse
prude (La Falsa pudibonda), una pièce che mirava direttamente a Madame de Maintenon, moglie segreta di
Luigi XIV, questi decise di cacciare gli attori impudenti: il 13 maggio 1697 fu chiuso l'Hôtel de Bourgogne e la
compagnia di Evaristo Gherardi, capocomico e maschera di Arlecchino, si disperse.

Le prime opere rappresentate a Parigi furono italiane, ma ben presto si impose la nuova opera francese, come
testimonia la creazione dell'Académie royale de musique. Nel corso del XVIII secolo, tuttavia, alcune
compagnie liriche italiane furono attive a Parigi. In particolare, nel 1752, le rappresentazioni de La serva
padrona diedero luogo alla Querelle des Bouffons. Nel 1787, una compagnia musicale italiana avendo
conosciuto un grande successo, ebbe l'idea di fondare un teatro permanente dove recitare l'opera buffa. Questa
iniziativa si concretizzò nel gennaio del 1789 con l'apertura di un teatro, che subito si pose sotto la protezione
del conte di Provenza, fratello del re, da cui il nome di Théâtre de Monsieur. In un primo tempo le
rappresentazioni si tennero nel teatro delle Tuileries, per passare in seguito al Théâtre Feydeau. Tuttavia nel
1792 questo teatro chiuse con la partenza della compagnia.

Giunto a Parigi nel 1762, Goldoni aderì subito alla politica francese, dovendo anche affrontare varie
difficoltà a causa dello scarso spazio concesso alla Commedia Italiana e per le richieste del pubblico
francese, che identificava il teatro italiano con quella commedia dell'arte da cui Goldoni si era tanto

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