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Intelligence

Per aspera ad veritatem

Intelligence

e sicurezza nazionale

di Mario Mori

18 febbraio

Il presidente degli Stati Uniti affida all'ambasciatore in Iraq John Negroponte la nuova
carica di Director of national intelligence, creata su indicazione della Commissione
parlamentare d'indagine sugli attacchi dell'11 settembre. Negroponte coordinerà le 15
agenzie federali di sicurezza, comprese la CIA e l'FBI, contro la minaccia terroristica,
problema al centro dell'interesse di tutti i servizi segreti del mondo.

Una definizione

La funzione decisionale, quale che ne sia il livello o l'ambito, ha la necessità di disporre di


dati informativi idonei per operare le scelte volte a risolvere i problemi di sua
competenza. La gestione delle informazioni, quindi, che in una società globalizzata e
complessa qual è quella attuale è sempre più elaborata e richiede competenze sempre più
diversificate, costituisce una delle fasi più delicate e sensibili del processo che deve
portare a definire ogni scelta strategica. Non a caso essa è oggetto di numerosi e accesi
dibattiti nei fori nazionali e internazionali. Si moltiplicano, inoltre, organizzazioni
specializzate in attività di consulenza, analisi e supporto informativo. Ciò è dovuto al
fatto che il bisogno di conoscere va assumendo nel tempo un'inedita centralità,
fuoriuscendo dai canonici spazi politico-militari a cui sembrava indissolubilmente legato.
L'informazione diventa un bene primario e il suo mercato misura la competitività di
attori statuali, sovranazionali e globali. Su queste basi è possibile affermare che
l'intelligence è l'insieme delle attività informative volte ad acquisire le conoscenze
necessarie a sostenere ogni processo decisionale di natura complessa.

Gli ambiti dell'intelligence


Le prime applicazioni di quella funzione che poi si definirà intelligence si rintracciano
storicamente nel campo militare. Già nella guerra tra il regno del faraone Ramsete II e
quello ittita, nelle fasi precedenti la battaglia di Qadesh (1296 a.C.), si rilevano tracce di
attività di esplorazione che rappresentano in nuce le prime forme conosciute di ricerca
informativa.

Per molto tempo l'ambito connesso all'efficienza bellica ha costituito il settore


d'applicazione dello spionaggio. Quando, a partire dalla rivoluzione industriale, i
parametri per valutare le potenzialità di un paese si sono ampliati e differenziati, anche
gli organismi che svolgevano funzioni di ricerca si sono andati specializzando,
acquisendo conoscenze in un complesso di aspetti nuovi, relativi ai settori economico,
tecnologico, industriale, politico e terroristico-criminale che si sono aggiunti al contesto
specificatamente militare.

L'intelligence, nella fase attuale, è dunque praticata anche da soggetti e organizzazioni


private, ma quella degli Stati resta la più significativa. Si riferisce, infatti, direttamente alla
sicurezza nazionale che, globalmente intesa, riguarda trasversalmente ogni settore della
vita pubblica.

Essa, infatti, tende ad assicurare il regolare ed efficace funzionamento del 'sistema Stato',
sia all'interno, rispetto ai consociati, sia all'esterno, nei confronti di partner e competitori.

In questo ambito una definizione più mirata di intelligence può essere: raccolta e analisi
di informazioni comunque acquisite, necessarie al processo decisionale del potere
esecutivo in tema di sicurezza nazionale.

Al potere politico, infatti, è devoluta la competenza in materia di sicurezza nazionale e


spetta la facoltà decisionale per assicurare il perseguimento degli obiettivi strategici e
salvaguardare il paese dalle minacce che ne attentino le fondamenta e la competitività. Il
suo bisogno informativo è ampio e in parte è soddisfatto nell'ambito di ciascun settore
amministrativo dipendente. L'esecutivo, però, ha la prioritaria esigenza di disporre di un
completo quadro informativo circa le criticità che incidono sulla sicurezza intesa in senso
lato, raggiungibile solo attraverso strutture espressamente dedicate.

In quest'ottica, l'intelligence si pone come una distinta e autonoma attività operativa.


La necessità di un'azione a carattere preventivo in ambiti di minacce inedite, emergenti o
embrionali, e quella di avvalersi di strumenti e metodologie informali hanno indotto le
strutture di intelligence ad assumere canoni di segretezza e clandestinità oggetto sovente
di valutazioni negative.

L'attività segreta dei servizi, peraltro, attiene alla sensibilità delle informazioni trattate, ai
meccanismi di ricerca di conoscenze 'non altrimenti acquisibili' e alla necessaria tutela del
rapporto con le fonti delle notizie.

Si perfezionano in tal modo circuiti che sono orientati a perseguire una prevenzione
strategica tesa spesso a conseguire il 'non evento' (impedire che accadano fatti dannosi
per il paese), vincolata solo agli oneri di dipendenza/comunicazione verso l'autorità
politica, che ne traccia gli orizzonti generali.

Il meccanismo costituisce il valore aggiunto dell'intelligence di sicurezza, in termini di


competenze, più elastiche e aderenti all'emergenza della minaccia, e di modello
operativo, flessibile, autonomo e aperto a ogni utile tecnica di ricerca.

Il processo di intelligence

L'azione d'intelligence è organizzata in modo razionale e sistematico, perché possa


produrre qualificati livelli di efficacia. Infatti, la notizia, materia informativa grezza, deve
essere elaborata all'interno di un processo che la valorizzi quale informazione affidabile e
utilizzabile.

Tale processo consta normalmente delle seguenti fasi:

a) acquisizione delle notizie, attraverso la ricerca anche non convenzionale, la raccolta e


la valutazione dei dati. Nell'ultimo caso sono previsti criteri standardizzati che facilitano
la condivisione del giudizio di affidabilità sia della fonte sia dell'informazione. Invece, la
ricerca, nonostante l'esperienza abbia elaborato tecniche efficaci, è in continua
evoluzione e dispone di ogni strumento che risulti utile a soddisfare il bisogno
informativo. Essa si avvale di fonti umane (HUMINT, human intelligence),
elettromagnetiche (SIGINT, signal intelligence; ELINT, electronic intelligence; IMINT, imagery
intelligence) e aperte (OSINT, open sources intelligence), costituite da documenti, studi, stampa
e Internet; b) gestione delle informazioni, attraverso il loro confronto, l'integrazione,
l'interpretazione e l'analisi dei dati, perché dall'insieme delle tessere disponibili possa
essere composto un più ampio mosaico, al fine di apprezzare l'intero spettro della
minaccia;

c) comunicazioni all'ambito decisionale, sotto forma di informative e di analisi elaborate


su singoli aspetti di un rischio o sulla globalità delle minacce, così da prevedere indirizzi e
possibili fenomeni inediti, sostenere la politica di sicurezza e prevenire o intercettare le
crisi con mirati provvedimenti tecnici e normativi.

Il personale

I molteplici settori d'azione di un servizio d'intelligence impongono forme differenziate


di reclutamento e un inquadramento successivo del personale in ambiti articolati
secondo quelli che sono gli indirizzi operativi che l'organismo sceglie di privilegiare. La
prima e più generale suddivisione prevede tre comparti: amministrativo, operativo e
tecnico. Una piattaforma addestrativa mirata differenzierà competenze e impieghi
successivi.

Gli agenti provengono dal mondo privato, accademico, militare, investigativo o


amministrativo e possono essere contrattualmente legati da un rapporto definitivo o
temporaneo. Quest'ultima soluzione consente di aggiornare le risorse umane disponibili,
adeguandole a eventuali esigenze specialistiche congiunturali, affiancando le nuove
competenze all'esperienza radicata degli 'interni'.

In Italia, a coloro che provengano dalle forze di polizia, è sospesa la qualifica di


operatore di polizia giudiziaria, per evitare dipendenze estranee all'autorità politica. Ciò
conferma la natura dell'intelligence, profondamente diversa da quella investigativa, per
funzioni, vincoli e tecniche operative.

Diversità di modelli

L'intelligence è lo specchio del paese in cui opera.

Le strutture, l'organizzazione e i modelli di gestione si modulano differentemente


secondo le rispettive connotazioni istituzionali, la cultura e le esigenze della
committenza.
In ogni nazione ai vari organismi civili che operano nei vari settori si affiancano uno o
più servizi militari con compiti relativi alle attività di ciascuno specifico settore. Per
quanto concerne il supporto tecnologico, molti paesi optano per una struttura a sé
stante, altri lo inseriscono, quale branca specialistica, in uno dei servizi già esistenti.

In Gran Bretagna sono presenti due Servizi, l'MI5 (Security service) e l'MI6 (Secret
intelligence), rispettivamente con funzioni di sicurezza all'interno e di ricerca all'estero. I
due Servizi sono alle dirette dipendenze del primo ministro e, rispettivamente, del
ministro dell'Interno (l'MI5) e del ministro degli Esteri (l'MI6). Il controllo e il
coordinamento delle attività dei due Servizi sono affidati al Joint intelligence committee, che
ha il compito di definire le strategie e gli indirizzi generali dell'attività di intelligence e al
quale pervengono richieste di informazioni od offerte di cooperazione da parte di tutti
gli altri ministeri e gli apparati statali. Quindi, la politica informativa e di sicurezza
scaturisce da una pluralità di sollecitazioni, sia di tipo politico sia di carattere
amministrativo, tutte comunque rese coerenti e gestite unitariamente nella fase finale del
processo informativo.

Nella Repubblica federale tedesca l'intelligence e la sicurezza sono suddivise su base


geografica (interno/estero) e affidate a due servizi: il BFV (Bundesamt für
Verfassungsschutz), che ha il compito di tutelare la stabilità interna della Repubblica, e il
BND (Bundesnachrichtendienst) con il compito di raccolta all'estero di informazioni utili alla
sicurezza nazionale. Ambedue i servizi dipendono dal cancelliere federale che per la
gestione, il controllo, la direzione e il coordinamento dei due organismi si avvale del
segretario generale della Cancelleria, il più alto funzionario politico dell'Amministrazione
dello Stato, e dei ministri dell'Interno e degli Esteri, interlocutori istituzionali in materia
di sicurezza e d'intelligence.

Ancora più interessante il caso degli Stati Uniti. Infatti, la comunità dell'intelligence
statunitense (IC, Intelligence Community) è composta da 15 servizi segreti, di cui 8 militari.
Tra di essi emergono la CIA (Central intelligence agency) e l'FBI (Federal bureau of investigation):
la prima raccoglie informazioni all'estero, il secondo è, a tutti gli effetti, una forza di
polizia alle dipendenze del ministro della Giustizia, sebbene operi liberamente con la
configurazione di servizio di sicurezza nei settori della sfera d'azione tipica dei servizi
interni, compresi il controspionaggio, il terrorismo e la sovversione. Il direttore della
CIA dipendeva direttamente dal presidente, cui giornalmente riferiva sul livello della
minaccia.
A seguito dei risultati delle numerose commissioni d'inchiesta sull'inefficienza delle
strutture informative evidenziatasi in occasione dell'attentato alle Torri Gemelle di New
York dell'11 settembre 2001 è emersa l'urgenza di modificare l'assetto dell'IC.

Per tale motivo è stata istituita la figura del direttore nazionale dell'intelligence (DNI),
che assume il ruolo di consigliere principale del presidente in materia di intelligence,
riferisce quotidianamente sui livelli di minaccia, dispone la raccolta di nuove
informazioni, assicura il coordinamento delle diverse agenzie e ha ampi poteri sul
bilancio e il personale.

È una riforma importante che cerca di risolvere le annose difficoltà statunitensi di


raccordo tra le diverse articolazioni informative, erodendo la supremazia del direttore
della CIA.

In Francia vige un sistema binario interno-estero, che presenta però l'anomalia di due
servizi per le competenze interne. Infatti la DGSE (Direction générale de la surveillance
extérieure) svolge compiti esclusivi di ricerca all'estero, mentre gli RG (Renseignements
généraux) sono competenti per la sicurezza interna con funzioni di antiterrorismo interno
e internazionale e la DST (Direction surveillance du territoire) è anch'essa competente per la
sicurezza interna con compiti di controspionaggio.

In Russia dalle ceneri del KGB, che era un unico ed enorme servizio (con compiti di
spionaggio, controspionaggio, polizia politica, controllo delle frontiere), sono nati l'FSB
(Federal'naja sluzhba bezopasnosti), che ha competenza di sicurezza interna antiterrorismo,
anticriminalità organizzata e controspionaggio, e l'SVR (Sluzhba vnešhnej razvedki), che
svolge funzioni di ricerca e spionaggio all'estero.

In Spagna invece, è previsto un sistema di sicurezza unitario: il CNI (Centro nacional de


inteligencia), alle dipendenze del primo ministro.

Il CNI, che è di creazione molto recente (la legge istitutiva è entrata in vigore il 7 maggio
2002), nella sua parte operativa è diviso in tre settori: intelligence (ricerca all'estero),
controspionaggio e antiterrorismo. In realtà, il servizio aggrega tre autonome branche,
ciascuna delle quali ha un profilo operativo e una filosofia d'impiego specifici, alle
dipendenze di funzionari di grado molto elevato. Il direttore del CNI ha il rango di
ministroed è di nomina reale su proposta del ministro della Difesa, mentre il
vicedirettore (che ha il nome di segretario generale del Centro) ha il rango di
sottosegretario.

In Italia l'intelligence di sicurezza è regolata dalla legge nr. 801 del 24 ottobre 1977,
varata dopo un lungo dibattito innescato dalle vicende giudiziarie che videro coinvolti i
vertici del Servizio informazioni difesa (SID) e dall'emergere, sul finire degli anni
Settanta, di un fenomeno terroristico interno e internazionale portatore di una forte
potenzialità destabilizzante. Il legislatore ha attribuito al presidente del Consiglio, che
esercita la tutela del segreto di Stato, l'alta direzione, la responsabilità politica e il
coordinamento della politica informativa. Sono stati istituiti il SISMI (Servizio per le
informazioni e la sicurezza militare), cui è affidata la difesa dell'indipendenza e
dell'integrità dello Stato sul piano militare, carattere che lo ha progressivamente orientato
verso una generale competenza all'esterno e, tipicità tutta italiana, al controspionaggio, e
il SISDE (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica), che assicura la difesa
dello Stato democratico e delle istituzioni contro l'eversione e ogni altra forma di
minaccia riferita al territorio nazionale. Sono inoltre previsti: il CESIS (Comitato
esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza), con funzioni di coordinamento,
analisi degli elementi forniti dai servizi e gestione delle relazioni internazionali; il CIIS
(Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza, composto dai ministri
dell'Interno, degli Esteri, della Giustizia, della Difesa, dell'Economia e delle Finanze e
delle Attività produttive) con funzioni di consulenza e proposta al presidente del
Consiglio sugli indirizzi e gli obiettivi da perseguire; il CSIS, comunemente indicato
come COPACO (Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il
segreto di Stato), con funzione di controllo sull'applicazione dei principi della legge
istitutiva dei Servizi. L'intelligence italiana, quindi, è sostanzialmente caratterizzata da un
sistema binario interno/esterno, cui è connessa la differente natura civile/militare. Unica
eccezione al criterio territoriale è la competenza al controspionaggio del SISMI.

Modello unico e modello binario

Prima del 1977 l'Italia ha avuto un servizio di intelligence unico (il SIM fino al secondo
dopoguerra, il SIFAR fino al 1967, il SID fino al 1977). Si trattava di servizi militari che
dipendevano dallo Stato Maggiore della Difesa. A essi si affiancava l'Ufficio affari
riservati del Viminale fino al 1976, e l'SDS (Servizio di sicurezza) nel biennio 1976-78
quale forza di polizia con funzioni di sicurezza interna sul modello dell'FBI americano.
Un modello tipico di servizio unico è stato quello del KGB sovietico. Questo era diviso
in Direttorati principali con varie competenze (interno/estero/guardia di frontiera ecc.),
ciascuno dei quali per poteri e dimensioni equivaleva a un singolo servizio occidentale.

Oggi nel mondo occidentale la gran parte dei servizi è strutturata su una conformazione
binaria, con competenze, rispettivamente, interno/estero. Per non accentrare nelle mani
di un'unica personalità politica (che dovrebbe essere necessariamente il capo del
governo) le competenze e la gestione di tutta la sicurezza nazionale (nelle sue versioni di
security, o sicurezza difensiva, e intelligence, raccolta di informazioni all'estero) si è
preferito suddividerle tra ministri competenti (l'Interno per la security e gli Esteri o la
Difesa per l'intelligence).

Un'eccezione significativa è rappresentata, come già ricordato, dalla Spagna, in cui il


Centro nacional de inteligencia, competente per l'interno e per l'estero, ha assorbito i
precedenti servizi interni ed esteri, tutelandone le diverse capacità d'impiego ma
assicurando per contro una gestione di vertice unitaria, economica ed efficace.

L'eventuale impostazione unitaria non prescinde comunque dalla previsione di organismi


di intelligence che operino autonomamente nel settore militare e tecnologico. In Italia,
mentre il comparto tecnico è competenza del SISMI, nell'ambito specificatamente
militare opera il RIS (Reparto informazioni e sicurezza), che ha riunito i SIOS (Servizi
informazioni operative e situazione) delle Forze Armate. Per quel che attiene, invece, alla
competenza autonoma nei settori della tecnologia avanzata, si citano a titolo d'esempio la
NSA (National security agency) americana e i GCHQ (Government communications headquarters)
britannici, la cui importanza è sottolineata dalla cospicua parte del bilancio destinata alla
sicurezza che è a loro riservata.

In Italia si è ventilata recentemente la possibilità di riadottare un modello unico, nel


quale tutte le componenti sarebbero ricondotte sotto un'unica direzione che
risponderebbe al potere esecutivo. Ovviamente la struttura operativa, nelle sue
articolazioni dedite a ricerca, controspionaggio, controterrorismo interno e
internazionale, contrasto alle minacce economiche e alla criminalità organizzata,
vanterebbe personale distinto per formazione, professionalità e impiego, essendo troppo
marcate le differenze sul piano dell'attività pratica.

Tale soluzione consentirebbe sia una più incisiva specializzazione, attraverso


l'affinamento progressivo di esperienze professionali utili a fronteggiare le moderne
forme di minaccia asimmetriche, globale e transnazionali, sia una maggiore economicità,
in un settore dove i costi di gestione sono molto elevati e in costante aumento.

Le nuove strategie operative

Il crollo del Muro di Berlino ha rappresentato emblematicamente la fine di un'era,


iniziata quando volgeva al termine la Seconda guerra mondiale e già si confrontavano,
nonostante fossero alleati contro la minaccia nazista, da una parte l'Occidente liberale e
dall'altra l'Oriente europeo comunista. Da allora, gli USA e l'URSS hanno combattuto
una quarantennale guerra, seppure fredda, fondata sull'intimidazione preventiva, anche
in ambito nucleare, e sul tentativo di erodere l'influenza che i contendenti esercitavano
nello scenario internazionale. In tale contesto la ricerca informativa si rivelava lo
strumento necessario per comprendere non solo i disegni del diretto antagonista, ma
anche le criticità locali che potevano incidere sui rispettivi assetti di potere nello scenario
internazionale. Anche la sicurezza interna era concentrata sui possibili favoreggiatori del
nemico, in chiave di controspionaggio e antisabotaggio. L'intelligence si occupava anche
di propaganda e contropropaganda, in un quadro più ampio di manipolazione delle
informazioni che ciascun contendente perseguiva per sostenere la propria penetrazione
ideologica in campo avversario. In sintesi si trattava di un confronto che richiedeva uno
sforzo d'intelligence pressoché totalizzante.

Dal 1989 la situazione è radicalmente cambiata. Alcuni paesi, già satelliti dell'URSS,
fanno ora parte integrante o hanno chiesto di aderire alla NATO e all'UE. I servizi
segreti di conseguenza hanno dovuto convertire lo strumento della ricerca, adeguandosi
progressivamente alle emergenti minacce, soprattutto economiche, sociopolitiche e
religiose.

Infatti, la caduta dell'URSS e il mitigarsi del confronto Ovest-Est, che aveva funzionato
come un valido contenitore indirizzando bipolarmente le criticità, hanno prodotto la
liberazione incontrollata di tensioni locali, che si sono talvolta legate in una minaccia
reticolare di ancor maggiore pericolosità. La fine della guerra fredda ha dunque privato
l'intelligence di un riferimento certo, identitario e definito in una sorta di gioco delle
parti.

A essa si è sostituita una minaccia policentrica, non statuale e al di fuori di ogni opzione
fondata sulla tradizionale logica della dissuasione.
La globalizzazione, che connette mercati e popolazioni e sembra ormai superare il
concetto di frontiera, finisce per accelerare processi di disfacimento istituzionale,
aumenta la richiesta di separatismi e amplia il distacco tra le società che hanno accesso ai
benefici del nuovo modello mondiale di economia e quelle escluse, ancor più emarginate.
Fioriscono focolai locali di tensione che sfociano in sanguinosi confronti civili ed etnici.
Esemplari, a riguardo, i conflitti nella ex Iugoslavia e nelle Repubbliche musulmane della
dissolta Unione Sovietica.

Al terrorismo e alle variegate forme di eversione nazionali, che appaiono ciclicamente


negli scenari locali affinando anche legami transnazionali sempre più forti, si affiancano
movimenti antiglobalizzazione strutturati in sodalizi efficaci e interattivi mentre
emergono fermenti anarchici diffusi ed aggressivi. Inoltre, i contrasti etnici fanno da
sfondo e spesso da occasione per l'innesco di tensioni integraliste di estrazione islamica
che dall'area d'origine si trasferiscono sempre più in Occidente. La matrice religiosa veste
i tentativi di alcune organizzazioni, appoggiate da gruppi di potere interessati,
determinate ad assumere la referenza delle istanze fondamentaliste.

Il terrore diventa uno strumento di comunicazione globale. L'intelligence, di


conseguenza, è costretta a rimodularsi, stanti la non linearità e la polverizzazione della
minaccia nello scenario globale.

L'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001 ha rappresentato l'inizio di una
nuova fase storica per l'umanità, avendo definitivamente dimostrato che non vi sono più
santuari irraggiungibili per un certo tipo di terrorismo: un sentimento questo avvertito
soprattutto negli Stati Uniti, fino a quel momento fiduciosi nella loro strategica
'insularità' e nella carica dissuasiva dell''essere America'. I sistemi dell'intelligence
statunitense e occidentale in genere hanno dimostrato tutta la loro vulnerabilità rispetto a
una tipologia di offesa per la quale non erano attrezzati.

Il fondamentalismo islamico ha aggregato le sue risorse ma ha scelto un modello inedito:


una rete distribuita, silente, irregolare, in cui i nodi, connessi solo dalla possibilità di
riconoscersi nella guerra santa (jihad), sono spesso materialmente slegati da una centrale
direttiva. Tale situazione ha un effetto destabilizzante sia in Occidente, sottoposto a una
costante intimidazione, sia nello stesso Oriente islamico, in cui si attenta alla politica
moderata di molti leader per favorire l'ascesa dei gruppi fondamentalisti. La guerra in
Iraq, la questione palestinese e quella libanese, le tensioni nel Maghreb e sinanche la
difficile ricomposizione dello scenario balcanico sono l'occasione per avviare risorse
musulmane al terrorismo islamico. La forza dell'arma mediatica esaspera gli effetti
psicosociali della pressione terroristica. L'intervento dell'intelligence si estende
geograficamente ma diventa anche più puntiforme e selettivo, dovendo coniugare ricerca
e sicurezza, all'estero e all'interno. Soprattutto, deve rinnovare la conoscenza di un
mondo più complesso e non diviso da alcuna cortina.

L'emergenza nazionale

Accanto alla presenza di minacce globali, che intessono una fitta rete transnazionale,
permangono a livello nazionale alcune criticità che attentano seriamente alla sicurezza
interna. In Italia i servizi sono tuttora impegnati a fronteggiare minacce diversificate, da
una parte terroristiche, rappresentate dalle componenti marxista-leninista, eversiva e
antagonista, e dall'altra criminali, caratterizzate da organizzazioni di tipo mafioso, etniche
(albanesi, turche, nigeriane, cinesi, romene, maghrebine, russe e ucraine) e transnazionali
(dedite soprattutto al narcotraffico e alla tratta degli esseri umani).

Nel primo caso l'Italia è l'unico paese europeo dove una specifica forma di terrorismo,
quella rivoluzionaria marxista-leninista, si è sviluppata in una dimensione significativa,
sopravvivendo, con uno stacco temporale di una decina d'anni, sino ai nostri giorni. Tale
peculiarità non consente di distogliere l'attenzione sui diffusi potenziali epigoni del
fenomeno. La sicurezza è inoltre minata dal proliferare di gruppi eversivi e antagonisti
aggressivi, tra i quali emergono gli anarco-insurrezionalisti, responsabili di attentati
contro gli aspetti emblematici di una società non accettata.

Sul fronte della criminalità organizzata, infine, viviamo un complesso periodo di


transizione, in cui i modelli mafiosi evolvono spesso in modo conflittuale. Da una parte
resiste la mafia tradizionale (cosa nostra siciliana, 'ndrangheta calabrese, camorra
campana e criminalità organizzata pugliese) che cerca di controllare ogni espressione
sociale ed economica del territorio a cui è ancorata, dall'altra agisce un'altra componente
mafiosa che degenera e assorbe atteggiamenti tipici del banditismo. Sempre più rilevanti
appaiono le diversificate forme di criminalità transnazionale e la presenza di
organizzazioni straniere che trasferiscono sul nostro territorio costumi e mentalità delle
aree di origine, anche attraverso il veicolo dell'immigrazione clandestina.

Il futuro dell'intelligence
Il mondo globalizzato impone eccezionali velocità di sviluppo. Anche le minacce
evolvono rapidamente, cosicché l'intelligence per essere efficace deve saperne
individuare i diversi profili prima che diventino incontrollabili. Alle minacce conosciute
se ne aggiungono continuamente altre. Alcune attengono a più evolute modalità
offensive di rischi noti o alla loro saldatura, che può produrre mutazioni pericolose e
imprevedibili. Altre, invece, riguardano la crescita di tensioni etniche, che si
ripropongono con sempre maggiore violenza e attentano ai già precari equilibri di aree
critiche; l'infiltrazione e l'alterazione delle regole del mercato economico e finanziario,
attraverso l'acquisizione di una competitività viziata dallo sfruttamento del lavoro e dallo
spionaggio industriale, che depaupera l'originalità produttiva nazionale; l'inquinamento
dei sistemi di trasferimento di denaro; l'uso deviato della biotecnologia; il
cyberterrorismo e, soprattutto, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, ancor
più se in aree sensibili della geografia politica internazionale.

Tuttavia sempre più nei fori internazionali, come nella pratica operativa di ciascun
organismo di sicurezza, si afferma la piena consapevolezza che la nuova minaccia
consiste soprattutto nella logica che favorisce progressivamente forme integrate di
illegalità, pronte a recepire e trasferire obiettivi e interessi per conto terzi. Ciò spezza la
logica causale e specialistica tradizionale ampliando esponenzialmente le possibili
aggressioni allo Stato.

Alle nuove sfide l'intelligence si dedica da tempo, cercando di acquisire le professionalità


necessarie a valutare i rischi e a orientare il potere decisionale su priorità sostanziali. Non
si tratta più dello sforzo di una sola comunità dell'intelligence che, per quanto dotata,
comunque non riuscirebbe ad affrontare compiutamente il problema. Appare sempre
più evidente la tendenza dei servizi di Stati diversi ad aprirsi alla collaborazione
attraverso la condivisione di esperienze e di intese, per lo più bilaterali, su singoli aspetti
di natura operativa.

In tale ambito l'intelligence rappresenta anche uno dei mezzi con cui si possono avviare
rapporti e relazioni tra Stati che, a livello formale, potrebbero apparire prematuri o
addirittura inopportuni.

I servizi mirano quindi a livelli di efficienza sempre più avanzati, cercando di correggere
gli errori compiuti. Tra questi il più recente ed emblematico è stato quello della corsa a
dotazioni elettroniche sempre più complesse, nella convinzione che il dominio
informativo dipendesse esclusivamente dalla supremazia nel campo tecnologico. Questo
indirizzo ha prodotto criticità dagli effetti perversi. Infatti, da un lato, l'intelligence non è
riuscita ad analizzare l'eccesso di dati informativi ottenuti, escludendo importanti
acquisizioni dai processi decisionali politici e operativi; dall'altro, non si è potuto, in
assenza di fonti umane, comprendere realtà etniche distanti e poco condizionate
dall'aspetto tecnico.

La constatazione ha prodotto una progressiva rivalutazione, nella ricerca, del fattore


umano che meglio consente di cogliere le matrici socioculturali delle minacce emergenti.
Carenze di questo tipo nelle più recenti aree di crisi sono costate ai servizi occidentali un
prezzo elevato in termini di credibilità ed efficacia. Ormai viene universalmente accettata
la tesi che solo una giusta integrazione tra fattore tecnico e apporto umano può produrre
ricavi operativi soddisfacenti e proporzionali agli oneri economici sostenuti.

L'intelligence, infine, per evitare pericolosi distacchi dalla realtà deve aprirsi all'esterno,
confrontandosi e interagendo con le espressioni più significative della società. L'asserto
sembra in contraddizione con il carattere di riservatezza che ne dovrebbe circondare
l'attività, ma questo indirizzo, con i dovuti temperamenti, appare ormai ineludibile per
conseguire quella sensibilità che sola può permettere alla funzione informativa di
costituire il necessario valore aggiunto utilizzabile come significativo contributo alla
crescita di una moderna collettività.

Cenni di storia

L'antichità

Le prime notizie riguardanti la raccolta di informazioni a fini militari risalgono ai tempi


dell'antico Egitto. Le fonti riferiscono di attività di spionaggio militare e di depistaggio
applicate con maestria dagli Ittiti ai danni di Ramsete II all'inizio del 13° secolo a.C.
Circa un secolo più tardi, secondo il racconto biblico, Mosè prima di guidare l'esodo
degli Ebrei dall'Egitto manda 12 uomini, uno per ognuna delle tribù di Israele, a
esplorare la terra di Canaan per sapere "che popolo l'abita, se forte o debole, se poco o
numeroso, come siano le città, se siano accampamenti o luoghi fortificati". Uno degli
esploratori è Giosuè, il quale poi a sua volta, divenuto capo del popolo ebraico, ricorrerà
alla pratica dell'informazione preventiva, inviando prima di partire alla conquista di
Gerico due uomini a osservare il territorio.
Se ci si sposta in ben diverso ambito, la Cina, si trova che nel trattato Sull'arte della guerra,
attribuito dalla tradizione a un generale del 6° secolo a.C., Sun-tzu, allo spionaggio è
riservato un intero capitolo con affermazioni di questo tipo: "Non procurarsi
informazioni sul nemico, e combattere per anni per evitare di compensare agenti segreti
abili è un'azione che va contro il popolo, è indegna di un generale ... Ci sono cinque tipi
di agenti segreti: l'agente locale, l'agente infiltrato, l'agente doppio, l'agente sacrificato e
l'agente sopravvissuto. Quando questi cinque tipi di agenti lavorano in modo coordinato,
e nessuno riesce a scoprirne l'azione, costituiscono la 'rete divina' e formano il tesoro di
un sovrano. Gli agenti locali sono reclutati nel territorio del nemico. Gli agenti infiltrati
sono reclutati tra i funzionari del nemico. Gli agenti doppi sono spie nemiche reclutate
da noi. Gli agenti sacrificati sono nostre spie che diffondono false informazioni tra le
spie nemiche. Gli agenti sopravvissuti sono quelli che riescono a tornare indietro
recando informazioni a prezzo della vita, se scoperti dai loro stessi compagni". Quando i
precetti di Sun-tzu furono importati in Giappone, dal principe Sotoko nel 6° secolo d.C.,
a essi si ispirò la creazione dell'organizzazione professionistica dei Ninja, i cui membri
erano addestrati fin da bambini alle arti marziali e all'uso di tecniche raffinate di
spionaggio.

Tornando in Occidente, nella Grecia antica l'uso delle spie, sia contro nemici esterni sia
contro la minaccia di un sovvertimento interno, è attestato spesso nelle fonti. A
prescindere dagli episodi letterari che narrano per esempio di una robusta attività di
spionaggio ai margini della guerra di Troia, nella quale è coinvolto in prima persona
Ulisse, l'importante ruolo svolto da esploratori e informatori, che in molti casi agivano
sotto le mentite spoglie di mercanti e ambasciatori, emerge chiaramente nelle opere di
Erodoto e di Tucidide. Nel 4° secolo a.C. il generale della Lega arcadica Enea Tattico,
nel trattato La difesa di una città assediata, formalizza la regola per cui un generale deve
disporre di almeno tre esploratori in ciascun luogo, uomini addestrati alla guerra sì da
non emettere giudizi viziati da ignoranza e non allarmare una città con resoconti inesatti.
Enea Tattico è anche il primo a descrivere con precisione sistemi di trasmissione
crittografata di messaggi, basati sulla sostituzione delle vocali con speciali segni di
interpunzione o sull'utilizzo di un particolare disco, che presentava sul bordo 24 fori
corrispondenti alle lettere dell'alfabeto. Di un altro sistema di cifratura parla Plutarco
nelle Vite parallele: a Sparta gli efori per trasmettere messaggi ai propri generali li
scrivevano verticalmente su un striscia di cuoio arrotolata a spirale su un bastone, detto
scitala; una volta srotolata la striscia, il messaggio risultava incomprensibile a chi non
disponesse di una scitala gemella rispetto a quella posseduta dal governo spartano.
A Roma il compito di procurarsi informazioni sul numero e i movimenti dei nemici era
affidato agli speculatores, soldati inquadrati nell'ambito delle legioni che spesso avevano
anche il ruolo di guardie del corpo del comandante. In età imperiale un efficiente sistema
di raccolta e trasmissione di notizie sfruttava la rete del cursus publicus, servizio postale
istituito da Augusto e gestito dal prefetto del Pretorio, che si avvaleva del controllo di
ispettori, i cosiddetti curiosi. Alla fine del 1° secolo d.C. l'attività informativa fu affidata a
un corpo speciale dell'esercito, i frumentarii, in origine adibiti all'approvvigionamento di
grano delle truppe. I loro tre compiti principali divennero quelli di corrieri, agenti delle
tasse e poliziotti. Erano invisi alla popolazione perché - come osserva lo storico cristiano
Aurelio Vittore - "creati per esplorare e tenere i contatti al fine di cautelarsi contro
eventuali ribellioni provinciali, forgiavano accuse criminose, insinuavano ovunque il
terrore, soprattutto presso i popoli più lontani, e si davano a vergognose esazioni". Alla
fine del 3° secolo d.C, ai frumentarii subentrarono con le stesse mansioni gli agentes in
rebus (detti anche veredarii, cioè utilizzatori dei veredi, i veloci cavalli della posta pubblica).
Erano agenti civili ma organizzati militarmente in una rigida gerarchia, alle dipendenze
del magister officiorum, uno dei più alti funzionari della corte imperiale. Il corpo sopravvisse
alla caduta dell'Impero d'Occidente e continuò a svolgere le sue funzioni nell'Impero
bizantino fino all'inizio dell'8° secolo, quando fu sciolto e sostituito da una nuova
organizzazione, sottoposta al logoteta del dromos.

La nascita dei servizi segreti

Se per tutto il Medioevo non mancano notizie di imprese belliche rese possibili da
attività di spionaggio (fra gli esempi più curiosi quello di Alfredo il Grande, re degli
Anglosassoni, che nell'879 riuscì a sconfiggere i danesi grazie alle informazioni che aveva
raccolto infiltrandosi nel loro campo travestito da bardo), tuttavia è con gli Stati
nazionali che nacquero le prime vere e proprie organizzazioni di servizi segreti.

In Inghilterra ne fu promotore sir Francis Walsingham, segretario di Stato di Elisabetta I


a partire dal 1573: con la sua rete di spie riuscì a sventare una serie di congiure contro la
regina, fra cui quella capeggiata da Anthony Babington con lo scopo di liberare Maria
Stuarda. Walsingham aveva suoi emissari in tutte le corti e in moltissime comunità
mercantili d'Europa. Il sistema di spionaggio terrestre e marittimo messo in opera dagli
inglesi in quel periodo contribuì grandemente anche ad assicurare il successo degli
attacchi portati alle navi spagnole dai corsari di Francis Drake. Poco o niente poté il
controspionaggio della Spagna, impegnato su altro fronte a ricercare notizie su nuove
rotte militari e mercantili verso il Nuovo Mondo in antagonismo con il Portogallo. Alla
metà del Seicento notevoli furono anche i sistemi di raccolta di informazioni messi a
punto in Inghilterra da Oliver Cromwell, il quale ebbe come capo della polizia politica
John Thurloe.

In Francia l'intelligence di Stato si sviluppò con Richelieu. Il cardinale, con l'ausilio del
suo segretario particolare, l''eminenza grigia' Père Joseph, mise in piedi una rete capillare
di informatori che si estendeva oltre i confini nazionali, a tutta l'Europa e all'Africa
settentrionale. Ne continuarono l'opera il cardinal Mazzarino, suo successore, e poi Luigi
XV, che istituì un ufficio permanente di decrittazione della corrispondenza, il Cabinet
noir, e il primo vero e proprio servizio di intelligence, il Secret du Roi. I servizi segreti
francesi raggiunsero un altissimo grado di organizzazione e di efficienza in epoca
napoleonica, quando il capo della Polizia Joseph Fouché li articolò in sei diverse
branche. Negli stessi anni fiorì a Parigi la prima agenzia di spionaggio per conto terzi,
creata dal conte d'Antraigues, che vendette all'Austria, alla Russia e all'Inghilterra ottime
informazioni diplomatiche, politiche e militari.

In Italia, il servizio più avanzato era quello di Venezia, che già da secoli utilizzava le sedi
diplomatiche permanenti nelle capitali straniere per raccogliere informazioni. Gli agenti
veneziani furono maestri nel comporre lettere cifrate di difficile penetrazione e nel
decifrare i messaggi dei nemici. Un'apposita magistratura, i tre Inquisitori di Stato,
istituita nel 1539 come organo di sicurezza nel momento in cui Venezia era minacciata
dagli Asburgo, si avvaleva per lo spionaggio, il controspionaggio e la sorveglianza
interna, di una rete di informatori o 'confidenti'.

Grandi innovazioni ai sistemi di intelligence furono apportate in Prussia da Federico II il


Grande (1740-86), che li inquadrò nell'ambito dello Stato Maggiore dell'esercito, esempio
più tardi seguito dal cancelliere Otto von Bismarck con l'ausilio di Wilhelm Stieber.

In Russia, dove la storia dei servizi segreti aveva avuto inizio nel 1565, anno in cui Ivan il
Terribile fondò una polizia politica chiamata Opricnina (sciolta sette anni più tardi, dopo
che i suoi membri, rigorosamente vestiti di nero come i cavalli che montavano, si erano
resi protagonisti di stragi efferate), Alessandro III nel 1881 istituì
l'Ochrana ("protezione"). Dotata di ampi poteri, questa polizia segreta era mirata
soprattutto alla repressione della sovversione, attraverso il controllo totale esercitato dai
suoi agenti su scuole, università, stampa e giustizia.

Il 20° secolo
Le mire imperialistiche delle maggiori nazioni europee e i progressi nel campo delle
tecnologie militari e delle comunicazioni influenzarono fortemente lo sviluppo delle
strategie di intelligence nei primi anni del Novecento. Tutti i grandi paesi si dotarono di
servizi civili di spionaggio e controspionaggio, fra i quali spiccavano il Secret intelligence
service inglese, l'Abwehr tedesco e, per quanto ancora indebolito dall'affare Dreyfus, il
Deuxième bureau francese.

Facevano eccezione gli Stati Uniti dove fino al 1917 l'attività di intelligence fu svolta
ufficialmente solo dall'Office of naval intelligence, della Marina, e dall'Army's military
intelligence division, dell'Esercito. Solo dopo l'entrata in guerra il governo di Washington
istituirà un'agenzia permanente per l'intelligence nelle comunicazioni, primo seme della
National security agency. L'Espionage act, la prima legge federale in materia di spionaggio,
è del 1917. Da notare, peraltro, che la stessa entrata in guerra degli Stati Uniti fu
accelerata da un atto di spionaggio: l'intercettazione e la decifrazione da parte dei servizi
britannici di un dispaccio inviato il 16 gennaio 1917 dal Segretario agli Esteri dell'Impero
Germanico, Arthur Zimmermann, in cui si sollecitava l'ambasciatore tedesco in Messico
a proporre al governo di quel paese di formare un'alleanza contro gli Stati Uniti. La
Francia e la Germania degli anni del primo conflitto mondiale furono teatro delle gesta
di una delle più famose spie di tutti i tempi, Mata Hari, al secolo Margareth Zelle,
assoldata contemporaneamente dai servizi delle due nazioni e condannata nel 1917 alla
fucilazione per tradimento da un tribunale militare francese.

La consapevolezza di quanto l'efficienza dei servizi di intelligence fosse stata


determinante nello svolgimento delle azioni belliche spinse a un loro potenziamento già
negli anni immediatamente successivi alla firma del trattato di pace. In Italia, dove il
primo organismo adibito all'attività informativa era nato nel 1900 all'interno dello Stato
Maggiore dell'Esercito con il nome Ufficio I (Informazioni), nel 1927 un regio decreto
istituì, sempre nell'ambito dello Stato Maggiore dell'Esercito, il Servizio informazioni
militare (SIM), che era articolato in un ramo offensivo di ricerca informativa e uno
difensivo di controspionaggio. Il SIM disponeva sia di organi o uffici periferici dislocati
in prossimità degli Stati da sorvegliare, sia di centri di spionaggio in territorio straniero.
Servizi analoghi furono istituiti in Marina (SIS) e in Aeronautica (SIA).

Nel periodo fra le due guerre, in corrispondenza con l'affermarsi del concetto di guerra
totale, permeante tutte le forme della vita degli Stati, anche lo spionaggio vide crescere
enormemente l'area delle sue indagini, coinvolgendo il campo diplomatico, economico,
propagandistico, industriale, scientifico, dei trasporti ecc. Ne derivò la necessità di
organizzazioni più specialistiche e di forme di preparazione e addestramento molto più
intense e mirate, con la nascita di vere e proprie scuole, come quella creata
dall'Intelligence service inglese. Altro settore di grande sviluppo fu quello dei metodi di
cifratura e conseguente decrittazione dei messaggi. La più celebre macchina per
comunicare con un sistema cifrato fu l'Enigma, basata sull'impiego di tre rotori capaci di
disporre 150 trilioni di combinazioni diverse (nei modelli più evoluti i rotori divennero
cinque). Ideata da Arthur Scherbius a scopi commerciali, Enigma fu utilizzata durante la
Seconda guerra mondiale dalle Forze Armate tedesche e anche dalla Regia Marina
italiana. La decifrazione dei messaggi in codice Enigma, a cui i servizi inglesi, in
collaborazione con quelli francesi e polacchi, arrivarono dopo anni di tentativi grazie a
macchine decifranti ideate dal matematico Alain Turing, consentì l'intercettazione della
maggior parte degli ordini in partenza da Berlino segnando una svolta decisiva verso la
vittoria degli Alleati.

Durante gli anni della Guerra fredda all'interno delle maggiori potenze le agenzie segrete
si moltiplicarono, non di rado in contrasto fra loro, mentre la loro attività si estendeva
dalla raccolta di intelligence alla preparazione ed esecuzione di operazioni politiche e
paramilitari. La CIA americana, l'MI5 e MI6 britannici, il KGB sovietico, la STASI della
Germania Est e il Mossad israeliano divennero protagonisti assoluti della scena mondiale
e, grazie al successo delle spy stories nella letteratura e nel cinema, anche dell'immaginario
collettivo.

Per quanto riguarda l'Italia, nel 1949, con l'unificazione nel Ministero della Difesa dei tre
Ministeri della Guerra, della Marina e dell'Aeronautica, si provvide al riordino definitivo
dei tre servizi informativi e alla costituzione di un servizio centrale unico, che prese il
nome di Servizio informazioni Forze Armate (SIFAR), alle dirette dipendenze del capo
di Stato Maggiore della Difesa. Presso ciascuna forza armata, inoltre, fu costituita una
Sezione informazioni operativa e situazione (SIOS), con particolari compiti di
informazione tecnico-militare e di polizia militare. Il SIFAR fu gradualmente ampliato
negli organi e nelle funzioni fino al 1965 quando, in seguito alla ristrutturazione prevista
dal decreto presidenziale di riordinamento dello Stato Maggiore della Difesa e degli Stati
Maggiori dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica in tempo di pace, al servizio di
sicurezza fu dato nome di Servizio informazioni difesa (SID), con compiti informativi, di
tutela del segreto militare e di ogni altra attività di interesse nazionale per la sicurezza e la
difesa del paese, oltre che di prevenzione di azioni dannose al potenziale difensivo. Il
SID è rimasto in vita fino alla completa ristrutturazione del settore apportata dalla legge
nr. 801 del 24 ottobre 1977.
Lo scenario dell'intelligence è totalmente mutato dopo la caduta del Muro, sia per
l'impatto di nuove emergenze, il terrorismo islamico in primo luogo, sia per l'impiego
massivo di nuove e sofisticate tecnologie. Ormai la funzione dell'agente solitario,
infiltrato all'estero alla ricerca di informazioni, è sempre più spesso assolta dai satelliti
spia. In principio li utilizzarono USA, Unione Sovietica e Gran Bretagna, ora ne
dispongono molti altri paesi, anche europei, talvolta camuffandoli da satelliti per
comunicazione o meteorologici. Il sistema di sorveglianza globale più avanzato è
rappresentato da Echelon che, gestito da Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Canada e
Nuova Zelanda, intercetta le trasmissioni telefoniche e via Internet, con un sistema di
identificazione dei messaggi sospetti basato su determinate parole chiave e loro varianti.

Lo spionaggio nella letteratura e nel cinema

Se le imprese dei servizi segreti nella visione del grande pubblico sono accompagnate da
un'aura di appassionante avventura lo si deve alla fortuna che, soprattutto a partire dal
dopoguerra, hanno avuto i romanzi e i film di spionaggio. Le spy stories possono essere
considerate un filone autonomo del genere poliziesco: il perno della vicenda è in genere
non un omicidio ma un reato di tradimento ai danni di una nazione e il protagonista non
è il detective ma l'agente segreto, di norma un personaggio positivo, assolutamente
immune dai connotati deteriori del termine spia.

Il romanzo di spionaggio nasce all'inizio del 20° secolo, anche se già nel secolo
precedente se ne possono rintracciare alcuni precedenti come La spia (1821) di James
Fenimore Cooper o il racconto La lettera rubata (1844) di Edgar Allan Poe. Dopo i
romanzi L'agente segreto(1907) e Sotto gli occhi dell'Occidente (1911) di Joseph Conrad, un
pietra miliare nel genere è rappresentata da I trentanove scalini (1915) di John Buchan. Lo
scrittore inglese è il primo di una serie di agenti segreti-romanzieri inglesi che riversano
nella loro opera letteraria le esperienze del loro servizio. Nelle file dell'MI6 militava
Somerset Maugham, autore di Ashenden l'inglese (1928), apparteneva ai corpi speciali Eric
Ambler, di cui si possono citare Epitaffio per una spia (1938) e il
famosissimo Topkapi (1962), e fino al 1944 fu un agente del controspionaggio per conto
del Foreign office Graham Greene (Missione confidenziale, 1939; Quinta colonna, 1944; Il
terzo uomo, 1950; Il nostro agente all'Avana, 1958; Il fattore umano, 1978).

Aveva trascorsi nei servizi anche Ian Fleming, alla cui fantasia si deve James Bond,
protagonista di 12 romanzi e due raccolte di racconti (da Casino Royale, 1957, a Octopussy,
1966), personaggio così famoso che il suo nome in codice '007' è diventato sinonimo di
agente segreto. Infine prestò servizio nell'MI5 e nell'MI6 John Le Carré (pseudonimo di
David John Moore Cornwell), considerato uno dei maestri del genere anche per la
penetrazione psicologica con cui descrive i suoi personaggi, antieroi che vincono ma
sentono tutta l'amarezza del gioco pesante che hanno condotto (La spia che venne dal
freddo, 1963; La talpa, 1974; Tutti gli uomini di Smiley, 1980).

La casa Russia (1989) di Le Carré dà conto dello smarrimento determinato nel mondo dei
servizi dalla fine della Guerra fredda e della netta contrapposizione fra i due blocchi
occidentale e sovietico. Anche la narrativa spionistica si è dovuta adeguare alla nuova
situazione geopolitica, allargando gli scenari a più ampi orizzonti e alla tematica del
terrorismo internazionale, come avviene in Il ritorno dello sciacallo (1991) di Robert
Ludlum, uno dei primi autori americani ad assicurarsi il primato di vendite del genere spy
stories, a lungo detenuto dagli inglesi. Accanto a Ludlum va citato un altro autore di best-
seller: Tom Clancy, inventore del genere techno thrillers, dai contenuti molto verosimili e
con minuziose descrizioni di armi e strumenti (La grande fuga dell'Ottobre Rosso,
1984; Uragano rosso, 1986; Potere esecutivo, 1999; I denti della tigre, 2003; Op-Center. Stato
d'assedio, 2004).

Molti romanzi spionistici di successo sono approdati alla trasposizione cinematografica,


contribuendo al successo di un genere che può essere considerato una derivazione del
cinema giallo d'avventura e d'azione, ma che a seconda dei tempi, dei registi e degli
interpreti ha avuto in realtà declinazioni assai diverse, dalla ricerca dello spettacolare
(imbattibile su questo fronte la serie di James Bond) all'indagine psicologica, alla
denuncia politica dell'uno o dell'altro fronte e delle deviazioni dei servizi (I tre giorni del
Condor, 1975, di Sydney Pollack). In generale si può dire che sicuramente è stato il
cinema a far nascere il mito dell'agente segreto super-eroe scaltro ed elegante, dotato di
straordinarie capacità atletiche e di eccellenti conoscenze tecnologiche.

I primi titoli del cinema di spionaggio da citare sono Lo spione (1928) di Fritz Lang, Mata
Hari (1931) di George Fitzmaurice con l'interpretazione di Greta Garbo, Il club dei
39 (1935) e L'agente segreto (1936) di Alfred Hitchcock, il quale tornerà poi a frequentare il
genere con altri famosissimi film come Notorius (1946), L'uomo che sapeva
troppo (1956), Intrigo internazionale (1959) e Topaz (1969). Azioni di spionaggio reali o
immaginarie diedero spunto a un'innumerevole quantità di pellicole ambientate nel
periodo della Seconda guerra mondiale, e un'altra inesauribile riserva di storie fu offerta,
fino a tutti gli anni Ottanta, dalla Guerra fredda. Poi, dopo la caduta del Muro, il cinema
di spionaggio ha subito un indubbio calo d'interesse.
I s. di informazione e sicurezza, o servizi segreti, sono organismi militari o civili che
svolgono attività di spionaggio, controspionaggio e più in generale raccolta di
informazioni a fini di tutela della sicurezza dello Stato. 2.1 I s. segreti italiani. In Italia il
primo s. di sicurezza, denominato Ufficio I (Informazioni) fu istituito nel 1863. Sciolto
tre anni dopo, fu ricostituito nel 1900. Nel r.d. 60/6 febbr. 1927 era prevista l’esistenza
di un ufficio denominato SIM (Servizio Informazioni Militari). S. analoghi furono istituiti
in marina (SIS) e in aeronautica (SIA). Dopo la guerra il s. informazioni fu gradualmente
ricostituito e nel 1949 il ministro della Difesa provvide alla costituzione di un s. centrale
unico alle dirette dipendenze del capo di Stato Maggiore della Difesa (SIFAR, Servizio
Informazioni delle Forze Armate). In tale occasione fu prevista la costituzione, presso
ciascuna forza armata, di una Sezione Informazioni Operativa e Situazione (SIOS), alle
dirette dipendenze di ciascun capo di Stato Maggiore. Il s. fu gradualmente ampliato
negli organi e nelle funzioni, fino a quando, in seguito a un presunto golpe che sarebbe
stato pronto a scattare nell’estate del 1964, si procedette al suo riordinamento con il
d.p.r. 1477/18 nov. 1965 e al s. fu attribuita la denominazione di Servizio Informazioni
Difesa (SID).

Dopo un lungo iter parlamentare, la l. 801/24 ott. 1977 riordinò completamente i s. per
le informazioni e la sicurezza. La nuova normativa prevedeva la duplicità dei s. segreti:
furono creati il SISMI (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare) e il SISDE
(Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica). La legge demandava al
presidente del Consiglio l’alta direzione, la responsabilità politica generale e il
coordinamento della politica informativa e di sicurezza (art. 1). Alle dirette dipendenze
del presidente del Consiglio fu istituito il CESIS (Comitato Esecutivo per i Servizi di
Informazione e Sicurezza) con il compito, tra l’altro, di fornire al presidente del
Consiglio tutti gli elementi necessari per il coordinamento dell’attività dei s. segreti (art.
3). Fu inoltre istituito un Comitato Parlamentare per i Servizi di Informazione e
Sicurezza (COPASIS), composto da 4 deputati e 4 senatori, per il controllo
sull’applicazione dei principi stabiliti dalla stessa legge (art. 11). Successivamente (l.
25/1997) le 3 SIOS furono riunificate nel RIS-Difesa (Reparto Informazione e
Sicurezza).

Un’ulteriore riforma (l. 124/2007; modificata dal d.l. 85/2008, convertito con modifiche
dalla l. 121/2008, e dal d.l. 78/2009, convertito con modifiche dalla l. 102/2009) ha
ridefinito la struttura dei s. di informazione e sicurezza nazionali. A SISMI e SISDE si
sono sostituiti l’AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna) e l’AISI (Agenzia
Informazioni e Sicurezza Interna), competenti rispettivamente per le operazioni
all’estero e sul territorio nazionale. La direzione e la responsabilità ultima dei s. è rimasta
del presidente del Consiglio, mentre compiti di coordinamento sono stati demandati al
DIS (Dipartimento dell’Informazione per la Sicurezza), che ha sostituito il CESIS. Al
COPASIS è subentrato il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, i cui
componenti sono passati da 8 a 10. 2.2 Principali s. segreti esteri. In Gran Bretagna sono
presenti due Servizi, l’MI5 (Security service) e l’MI6 (Secret intelligence), rispettivamente
con funzioni di sicurezza all’interno e di ricerca all’estero. I due Servizi sono alle dirette
dipendenze del primo ministro e, rispettivamente, del ministro dell’Interno (l’MI5) e del
ministro degli Esteri (l’MI6). Il controllo e il coordinamento delle attività dei due Servizi
sono affidati al Joint intelligence committee che ha il compito di definire le strategie e gli
indirizzi generali dell’attività di intelligence e al quale pervengono richieste di
informazioni od offerte di cooperazione da parte di tutti gli altri ministeri e gli apparati
statali.

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