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RAMO AZIENDALE
CORSO P18003
Scandicci, 22-24 gennaio 2018
Relatore
Angelina Maria PERRINO
Corte di Cassazione
Il subentro della cooperativa nel ramo ceduto e nell’appalto: la tutela
del lavoratore (socio e non) nella giurisprudenza di legittimità.
di Angelina-Maria Perrino
1.- Premessa.
L’elaborazione stratificatasi negli anni sulla distinzione tra subentro in
appalto e trasferimento d’azienda o di un suo ramo evoca la concezione
sociologica di Zygmunt Bauman, che considera l’esperienza individuale e le
relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno
decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto,
fluido e volatile.
Il che viepiù emerge se si abbia riguarda al coinvolgimento in queste
dinamiche della cooperativa di produzione e lavoro, sovente spuria o
fraudolenta, che determina commistioni ulteriori con gli altri due istituti.
Provocatorio è al riguardo il titolo assegnato a questa relazione, che
mostra di prescindere, sul piano delle tutele, dalla qualità di socio del
lavoratore della cooperativa.
Ciò perché la cessazione del rapporto associativo trascina con sé
ineluttabilmente quella del rapporto di lavoro. Sicché il socio, se può non
essere lavoratore, qualora perda la qualità di socio non può più essere
lavoratore.
Lo si legge nel 2° comma dell’art. 5 della l. n. 142/01, il quale esclude
che il rapporto di lavoro possa sopravvivere alla cessazione di quello
associativo.
Regola, questa, espressione di quella generale fissata in tema di
esclusione del socio di cooperativa dall’art. 2533 c.c., in virtù della quale
<<qualora l’atto costitutivo non preveda diversamente, lo scioglimento del
rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti mutualistici
pendenti>>.
Ad ogni modo, lo scenario evocato dal titolo è la frammentazione del
ciclo di produzione, determinata dalla «diluizione della funzione
imprenditoriale», considerata espressione di «capitalismo molecolare».
Le modalità di questa frammentazione sono ravvisate nella
«delocalizzazione, o nel decentramento produttivo di out-sourcing (ricorso a
fornitori esterni) e di downsizing (riduzione esasperata delle dimensioni
produttive interne)» , cui fa da riscontro l’internalizzazione.
In realtà, si ha l’impressione che si impieghino concetti contenitori dai
contorni sempre più sfumati, che marcano, sovente, processi d’involuzione
degli istituti tradizionali, a discapito delle ragioni di salvaguardia degli interessi
dei lavoratori che all’origine questi istituti intendevano tutelare.
Basti considerare la frammentazione del potere di comando
dell’imprenditore, la conseguente equivocità d’imputazione delle scelte
datoriali e dei connessi carichi di responsabilità, la dispersione dei lavoratori
nei diversi segmenti del ciclo produttivo, con le relative difficoltà di
aggregazione delle forze sindacali e di esercizio delle loro prerogative.
In questo contesto, dai confini incerti e slabbrati, si collocano più istituti
tra di essi comunicanti, a rischio di confusione: appunto l’appalto di servizi,
soprattutto quello interno, il trasferimento d’azienda o di un suo ramo, la
cooperativa spuria, la somministrazione di manodopera e anche la
subfornitura.
E la confusione si riverbera sulle tutele, mettendole a rischio: la
smaterializzazione degli istituti rischia di svuotare o, almeno, d’innestare
profili d’incertezza nello statuto di garanzie dei lavoratori.
Il compimento del processo di smaterializzazione emerge con forza
dall’art. 29, 1° comma, del d.lgs. 276/03, a norma del quale
Non solo: in caso di cessione di azienda, l’art. 2560, 2º comma, c.c. non
trova applicazione con riferimento ai debiti tributari, atteso che, data la loro
particolare natura, i medesimi non sono equiparabili a quelli di diritto comune;
ne discende che l’acquirente dell’azienda non può sottrarsi alla responsabilità
per i debiti inerenti all’azienda ceduta, deducendo che i medesimi non siano
stati iscritti nei registri contabili obbligatori.
Si tratta, tuttavia, di una responsabilità speciale, ma sussidiaria del
cessionario per i debiti tributari gravanti sul cedente (a norma dell’art. 14 del
d.lgs. n. 472/97), volta a evitare che, attraverso il trasferimento dell’azienda,
sia dispersa la garanzia patrimoniale del contribuente in pregiudizio
dell’interesse pubblico. ne consegue che, nell’ipotesi di cessione conforme a
legge (1º, 2º e 3º comma) ed in base ad un criterio incentivante volto a
premiare la diligenza nell’assumere, prima della conclusione del negozio
traslativo, informazioni sulla posizione debitoria del cedente, la responsabilità
ha carattere sussidiario, con beneficium excussionis, ed è limitata nel quantum
(entro il valore della cessione) e nell’oggetto, con riferimento alle imposte e
sanzioni relative a violazioni commesse dal cedente nel triennio prima del
contratto ovvero anche anteriormente, se già irrogate o contestate nel triennio,
ovvero entro i limiti del debito risultante, alla data del contratto, dagli atti degli
uffici finanziari e degli enti preposti all’accertamento dei tributi.
d.- Si prospetta, inoltre, la questione dell’applicabilità del divieto di
concorrenza fissato dall’art. 2557 c.c., il quale, tuttavia, non perseguendo un
interesse pubblico, è derogabile.
e. La novella comporta dubbi sull’applicabilità dell’indirizzo della
giurisprudenza di legittimità , secondo cui nell’ipotesi di cambio di gestione
dell’appalto con passaggio dei lavoratori all’impresa nuova aggiudicatrice, la
conseguente azione per l’accertamento e la dichiarazione del diritto di
assunzione del lavoratore presso l’azienda subentrante non è assoggettata al
termine di decadenza di cui all’art. 32 l. n. 183 del 2010, non rientrando nella
fattispecie di cui alla lett. c), riferita ai soli casi di trasferimento d’azienda, né
in quella di cui alla lett. d) medesimo articolo.
La norma presuppone, infatti, non il semplice avvicendamento nella
gestione, ma l’opposizione del lavoratore ad atti posti in essere dal datore di
lavoro dei quali si invochi l’illegittimità o l’invalidità con azioni dirette a
richiedere il ripristino del rapporto nei termini precedenti, anche in capo al
soggetto che si sostituisce al precedente datore, o ancora, la domanda di
accertamento del rapporto in capo al reale datore, fondata sulla natura
fraudolenta del contratto formale.
L’indirizzo parrebbe superato dalla volontà del legislatore volta alla
tendenziale qualificazione del subentro in appalto come trasferimento
d’azienda.
f.- Di là da quest’orientamento, si possono ricostruire alcuni nuclei
speciali di disciplina del cambio di appalto, derivante da una combinazione di
norme, la sopravvivenza dei quali è quantomeno dubbia, in esito alla novella
del 2017.
In base all’art. 2, 34° comma, l. n. 92/12,
<< 19. In via sperimentale per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015
il lavoratore avente diritto alla corresponsione dell'indennità di cui al
comma 1 può richiedere la liquidazione degli importi del relativo
trattamento pari al numero di mensilità non ancora percepite, al fine di
intraprendere un'attività di lavoro autonomo, ovvero per avviare
un'attività in forma di auto impresa o di micro impresa, o per
associarsi in cooperativa>>.