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Corso di Laurea: LETTERATURA, MUSICA E SPETTACOLO (D.M.

270/04)
Insegnamento: STORIA DELLA MUSICA
Lezione n°: 3
Titolo: Il Trecento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL TRECENTO

© 2007 Università degli studi e-Campus - Via Isimbardi 10 - 22060 Novedrate (CO) - C.F. 08549051004
Tel: 031/7942500-7942505 Fax: 031/7942501 - info@uniecampus.it
Corso di Laurea: LETTERATURA, MUSICA E SPETTACOLO (D.M. 270/04)
Insegnamento: STORIA DELLA MUSICA
Lezione n°: 3
Titolo: Il Trecento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

MUSICA E POESIA

I rapporti tra musica e letteratura nella cultura italiana sono sempre stati molteplici.
Spesso furono di natura biografica, nei casi di letterati musicisti per diletto (sappiamo
che Petrarca praticava il liuto, o che Metastasio conosceva i rudimenti della
composizione) e soprattutto di reciproco coinvolgimento di scrittori o musicisti in
iniziative artistiche comuni: si pensi alla creazione di un’opera in musica, dove il
letterato è impegnato a stenderne il testo poetico (il cosiddetto libretto) e il
compositore a metterlo in musica.
Quei rapporti, poi, sono ben più massicciamente operativi nel corpo stesso della
produzione letteraria e di quella musicale. Ad esempio, il compositore dà veste
sonora a versi nati già con fini musicali, ma in molti altri casi può appropriarsi di testi
che in origine non erano stati pensati per quella destinazione. Un libretto d’opera
viene concepito fin dall’origine per la scena melodrammatica. Ma il Coro di morti di
Goffredo Petrassi (1940), che utilizza la canzone posta in apertura del Dialogo di
Federigo Ruysch con le sue mummie di Leopardi (Operette morali), rappresenta bene
l’altra possibilità.

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Lezione n°: 3
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Attività n°: 1

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MUSICA E POESIA

Viceversa, la letteratura può evocare situazioni


musicali o avvalersi di metafore tratte dal mondo dei
suoni: o ancora presentarsi col rinforzo
dell’immagine. Nel far ciò, essa fornisce anche
preziose testimonianze sulla vita musicale del proprio
tempo.
Ad esempio, si veda qui accanto la vignetta tratta da
un’edizione primo-cinquecentesca di un volga-
rizzamento di Ovidio. Il dio Pan (a sinistra) suona il
suo tipico flauto a 7 canne (il traduttore lo chiama
“zampogna”), mentre il suo sfidante Apollo (a destra)
impugna la lira. Essa però non è lo strumento greco
antico, ma una cinquecentesca lira da braccio.

Ovidio, Metamorphoseon vulgare, Milano, Rocco e


Ambrogio Da Valle 1520.

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Lezione n°: 3/S1
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Attività n°: 1

Facoltà di Lettere
1. IL ‘300: TESTIMONIANZE LETTERARIE
Evocazioni e testimonianze musicali sono presenti fin dalle origini, nella nostra letteratura.
E’ possibile verificarlo, ad esempio, sfogliando senza troppa sistematicità le pagine della
Commedia dantesca e del Decameron.
Nel Paradiso sono numerose le occasioni in cui i beati pregano cantando, ma forse
nessuna più fastosa dell’attacco del canto XXVII: “’Al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo’ |
cominciò ‘gloria!’ tutto il paradiso, | sì che m’inebriava il dolce canto.”
Questa ed altre situazioni rimandano ad esperienze di cantus planus (gregoriano). Ma non
mancano evocazioni di immagini profane, come quella coreografica per la corona di beati
nel cielo del Sole (X, vv. 76-81): “Poi, sì cantando, quelli ardenti soli | si fuor girati intorno
a noi tre volte, | come stelle vicine a’ fermi poli, | donne mi parver non da ballo sciolte, |
ma che s’arrestin tacite, ascoltando | fin che le nove note hanno ricolte”.
Altrove la tensione esplicativa chiama in causa similitudini che si avvalgono di strumenti o
di situazioni musicali : “E come giga e arpa, in tempra tesa | di molte corde, fa dolce
tintinno […]” (XIV, vv. 118-119: la croce nel cielo di Marte). Oppure: “E come a buon
cantor buon citarista | fa seguitar lo guizzo della corda, | in che più di piacer lo canto
acquista” (XX, vv. 142-144) per spiegare il concetto di concorde simultaneità.

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1. IL ‘300: TESTIMONIANZE LETTERARIE

Nel Purgatorio è invece ben noto l’episodio dell’incontro di Dante con l’amico cantore
Casella (II, vv. 76 e sgg.), da lui sollecitato ancora una volta ad esibirsi: “E io: ‘Se nuova
legge non ti toglie | memoria o uso all’amoroso canto | che mi solea quetar tutte mie
voglie, | di ciò ti piaccia consolare alquanto | l’anima mia, che, con la mia persona |
venendo qui, è affannata tanto!’ | ‘Amor che ne la mente mi ragiona’ | cominciò elli allor sì
dolcemente, | che la dolcezza ancor dentro mi sona.” (vv. 106-114).
Di nuovo nel Paradiso, Dante fornisce però testimonianza anche di esperienze polifoniche
(a quell’epoca ancora sporadiche). Ci sono anzitutto strumenti in grado di emettere più
suoni contemporaneamente: “Da indi sì come viene ad orecchia | dolce armonia da
organo, mi vene | A vista il tempo che ti s’apparecchia” (XVII, vv. 43-45: dal discorso di
Cacciaguida).
Da qualche tempo a quella parte si potevano poi ascoltare anche canti a più voci, in chiesa
o in circostanze profane. “Diverse voci fanno dolci note; | così diversi scanni in nostra vita |
rendon dolce armonia tra queste rote” (VI, vv. 124-126: dal discorso di Giustiniano); “E
come in fiamma favilla si vede, | e come in voce voce si discerne, | quand’una è ferma e
l’altra va e riede […]” (VIII, vv. 16-20: lumi di beati nel cielo di Venere).

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Lezione n°: 3/S2
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2. IL ‘300: TESTIMONIANZE LETTERARIE

La musica profana è protagonista nel Decameron di Boccaccio. Dopo la tavola, cantano e


danzano i giovani della brigata, fin dal primo giorno:
“Ed appressandosi l’ora della cena, verso il palagio tornatesi, con diletto cenarono; dopo la
qual cena, fatti venire gli strumenti, comandò la reina che una danza fosse presa, e, quella
menando la Lauretta, Emilia cantasse una canzone, dal leuto di Dioneo aiutata. Per lo qual
comandamento Lauretta prestamente prese una danza e quella menò, cantando Emilia la
seguente canzone amorosamente: ‘Io son sì vaga della mia bellezza’ [cui seguono 3 strofe]
[…] ‘ Questa ballatetta finita, alla qual tutti lietamente avean risposto [dopo ogni strofe, col
ritornello citato], ancor che alcuni molto alle parole di quella pensar facesse, dopo alcune
altre carolette fatte, essendo già una particella della brieve notte passata, piacque alla
reina di dar fine alla prima giornata”.
A volte, invece di brevi componimenti lirici vengono intonati poemetti narrativi (cantari):
due giovani (ragazzo e ragazza) alternano una strofe per ciascuno cantando “di messer
Guiglielmo e della Dama del Vergiù” (fine della giornata III) oppure “di Troilo e Criseida”
(inizio della giornata VI, dopo pranzo).

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2. IL ‘300: TESTIMONIANZE LETTERARIE

Talvolta sono impegnati a far musica anche i protagonisti delle loro novelle: come
Calandrino, cui Bruno suggerisce di fare una serenata alla sua bella (“se tu ci rechi la
ribeba tua e canti un poco con essa di quelle tue canzoni innamorate, tu la farai gittare a
terra delle finestre per venire a te”: IX, 5), oppure Minuccio d’Arezzo “finissimo cantatore e
sonatore” (X, 7), chiamato a distrarre Lisa Puccini malata d’amore: “con una sua viuola
dolcemente sonò alcuna stampita e cantò appresso alcune canzone.” Ingaggiato per un
banchetto alla corte di Pietro d’Aragona, “gli fu detto che egli alcuna cosa cantasse con la
sua viuola. Laonde egli cominciò sì dolcemente sonando a cantar questo suono [una
“canzonetta” amorosa commissionata a un poeta, e da lui musicata], che quanti nella real
sala n’erano, parevano uomini adombrati, sì tutti stavano taciti e sospesi ad ascoltare”.
Canti sacri in volgare intona fra’ Cipolla dopo una predica (VI, 10: “E poi che così detto
ebbe, cantando una lauda di san Lorenzo, aperse la cassetta e mostrò i carboni”); e i frati
di S. Maria Novella ne insegnano a Gianni Lotteringhi “molto spesso fatto capitano de’
laudesi” presso la loro chiesa (“gl’insegnavano di buone orazioni e davangli il paternostro in
volgare e la canzone di santo Alesso ed il lamento di san Bernardo e la lauda di donna
Matelda” (VII, 1).

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Attività n°: 1

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Il Trecento
Glossario

Giga, Ribeba/Ribeca, Viola. Strumenti cordofoni


ad arco, di origini medievali, spesso utilizzati dai
trovatori. La viola, con manico tastato (suddiviso in
fasce), esisteva nella versione «da braccio»
(suonata sostenendola e appoggiandola al petto o
alla spalla) e «da gamba» (suonata reggendola e
appoggiandola sulla coscia o a terra).

Polifonia. Termine greco che indica il


procedimento compositivo nel quale più linee
melodiche indipendenti convivono simultaneamente
in un brano.
Lorenzo Costa, Concerto
(particolare di una ribeca), 1490
c., Londra, National Gallery.

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Il Trecento
Glossario

Organo. Strumento aerofono (in cui cioè il suono si


produce per vibrazione di colonne d’aria) a tastiera. Si
compone di: manticeria (l’insieme dei mantici che inviano
l’aria sotto pressione), somiere (una cassa che distribuisce
l’aria alle canne), canne (di legno o di metallo, di diversa
lunghezza e larghezza a seconda del suono che devono
produrre, con imboccatura dotata o meno di ancia) disposte
in serie parallele omogenee per timbro (registri). Tutto ciò
viene comandato da: una o più tastiere (negli organi italiani,
in genere una sola) che presiedono all’attivazione di questa
o quella canna; da leve, o tiranti, o manopole accanto alla
tastiera che attivano questo o quel registro, o anche più Michael Pretorius, Syntagma
d’uno contemporaneamente; una pedaliera, che nell’organo musicum, Wolfenbüttel,
italiano è piuttosto limitata. 1620, tav. II.

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Il Trecento
Glossario

Stampita/Estampida. Brano strumentale per la danza, in voga nella cultura


trovadorica dei secoli XIII e XIV.
Lauda. Composizione monodica/omofona sviluppatasi nell’Italia centro-settentrionale
a partire dal Duecento. Dalla seconda metà del Quattrocento si hanno sempre più
spesso casi di lauda anche polifonica, a 3 e 4 voci. Religiosa (ma non liturgica), ha
testo letterario strofico con refrain, come la frottola (cfr. la lezione 0511.2). La
melodia poteva essere del tutto nuova oppure ripresa da un canto noto preesistente –
anche profano – cui venivano cambiate le parole. Se polifonica, prevale una scrittura
semplice, di tipo omoritmico.

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