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Estratto da “La Civetta della Liguria d’Occidente”

Anno XV – N. 5/2010 bimestrale glocal del


Circolo degli Inquieti (www.circoloinquieti.it)

Linda Finardi

Comunicazione e
relazione nel vivere
quotidiano
Paul Gauguin, “Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?”, 1897.

Fonte immagine: http://www.it.wikipedia.org

Settembre 2010
Comunicazione e relazione nel
vivere quotidiano
(Webbizzazione dell’articolo cartaceo “Comunicare l’inquietudine”)

Ogni giorno comunichiamo, comunichiamo,


comunichiamo… Facebook, twitter, mail, youtube, flickr,
etc., ma quanto il bisogno di comunicare è realmente
soddisfatto nella società contemporanea?

Contenuti

1. Le domande di Paul Gauguin


2. Comunicazione e relazione, quasi sinonimi
3. L’incomunicabilità insita nel paradosso
• Un muro invisibile
• Contrordine: la pandemia deve diventare
un’influenza
4. Perché comunicare l’inquietudine?

Note sull’Autore

Tag: inquieto, inquietudine, paradosso, incomunicabilità,


comunicazione, relazione, Watzlawick, Gauguin, pandemia.

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1. Le domande di Paul Gauguin

“Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?”, così


Paul Gauguin ha intitolato una sua importante opera del
1897 con cui ha inteso rappresentare la perpetua
inquietudine degli uomini.
Trovare risposte alle tre corpose domande che il
pittore riesce ad includere in un titolo è impresa ardua, ma
certo si può per lenirla, o perché no, per alimentarla tentare
di condividere le possibili e svariate risposte. In altre parole,
si può sempre provare a comunicarle agli altri, come
d’altronde ha fatto lo stesso Gauguin scegliendo l’arte come
massima espressione della sua inquietudine.
Perché certo è che per più o meno esperti navigatori
a vista quali siamo, almeno in questo destabilizzante
periodo storico, una sensata comunicazione permette di
conoscere e conoscersi, di comprende sé stessi e gli altri
favorendo, se non risposte esatte all’essere inquieto,
almeno migliori relazioni tra gli inquieti contemporanei.

2. Comunicazione e relazione, quasi sinonimi

La comunicazione implica una relazione tra le


persone ed è sinonimo di condivisione, reciprocità e
scambio.
La stessa parola “comunicare” affonda le radici nel
sanscrito “com”, traducibile con “mettere in comune”. Ne
deriva che l’atto di comunicare è di per sé un’azione che
crea una relazione, sia che abbia origine da gesti o
comportamenti sia che passi attraverso le parole.
Nel tempo si è registrata un’ulteriore evoluzione del
termine: con il latino “communis” il significato diventa

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prossimo all’essere legati da un motivo, che sia un impegno
assunto volontariamente, un dovere verso altri, morale o
economico, oppure un dono per provocare piacere.

Che cos'è la comunicazione

Comunicazione come relazione, mettere in comune,


comprensione:

Comunicazione, dal latino comunico, significa condivisione.

Non significa "mandare messaggi", ma va intesa come un atto


sociale e reciproco di partecipazione, atto mediato dall'uso di
simboli significativi tra individui e gruppi diversi.

Comunicare = interagire, mettere in comune, mettere in


relazione

Fonte: http://users.uniud.it/melchior/coselacomunicazione.htm
In una comunità la comunicazione funziona quindi
da collante sia che avvenga tramite la parola o che siano i
comportamenti, i simboli usati o anche il silenzio a
diventare il messaggio di sé stessi e delle proprie intenzioni.

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3. L’incomunicabilità
insita nel paradosso

L’attribuzione di
significato dato alla
comunicazione che inter-
corre tra due o più sog-
getti è anche conse-
guenza delle modalità in Fonte: http://www. istruzione.umbria.it
cui si sviluppa il processo
di ricezione, interpretazione e risposta non solo della
persona che dà il là alla relazione ma anche del ricevente.
Inoltre perché vi sia una relazione è necessario che il
ricevente comunichi a sua volta.
Questo però è solo il modello, uno stato ideale di cose
largamente dato per scontato. Bene illustra queste difficoltà
Watzlawick che in Pragmatica della comunicazione umana,
pubblicato in Italia nel 1971, riporta una copiosa lista di
situazioni paradossali dell’agire quotidiano.

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L’Autore sviluppa le sue osservazioni a livello micro,
all’interno dei rapporti famigliari, ma lo stesso meccanismo
è osservabile anche ad un livello macro nella società
attuale, anche perché accade che le modalità di interazione
famigliare diventano per un individuo modello di interazione
con tutta la comunità e viceversa.
Può succedere quindi che si frappongano degli
ostacoli nel processo di comunicazione, o se vogliamo di
condivisione e comprensione, dei punti di vista o dei
sentimenti. Alcuni di questi sono veri e propri paradossi.

Un muro invisibile

Si tratta del fenomeno della riflessività, di un


labirinto cognitivo interno alla mente di un individuo creato
attraverso l’interazione con gli altri.

Fonte immagine: http://www.rudybandiera.com

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Il problema principale è che questo fenomeno è
come un muro invisibile di cui non è facile averne
coscienza soprattutto quando si è immersi nella
situazione e i messaggi sono pregnanti per le persone. Se
poi in pericolo vi è la salute tutti sappiamo quanto può
renderci vulnerabili.
L’insidiosità di questi muri, difficili da abbattere sia
nel privato che nel pubblico, sta proprio nel fatto che non
vedendoli, cioè non potendoli percepire con i sensi, non si
riconoscono e sfuggono così alla consapevolezza o anche solo
all’intuizione che essi possano esistere. Proprio questi muri
diventano i limiti per eccellenza della comunicazione,
perché offrono esclusivamente una percezione distorta della
realtà e dell’Altro e su questa base non è possibile che
emettere una comunicazione altrettanto distorta.

Contrordine: la pandemia deve diventare un’influenza

Prendiamo come esempio l’allarme per il pericolo


della pandemia e la relazione tra organi di informazione e
informati.
Al tempo è stato diffuso il messaggio che sarebbe
arrivata una pandemia, pericolosa proprio per la larghissima
estensione e per i rischi di mortalità. Questo messaggio però
non è stato il solo ad essere lanciato dai media, forse perché
ad informazione emessa qualcuno si rese conto delle
possibili situazioni di panico che tale notizia poteva
suscitare. E così quasi immediatamente sono stati diffusi
comunicati che sembravano voler mitigare il messaggio di
allarme lanciato precedentemente.

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Influenza H1N1, Oms: attuale pandemia è meno grave di
altre
GINEVRA (Reuters) mercoledì 24
febbraio 2010 12:16

L'attuale pandemia di influenza


H1N1 è meno grave di altre. Lo
dice oggi l'Organizzazione
mondiale della sanità.
"Questa pandemia sembra meno grave rispetto ad altre che
abbiamo visto nel 20esimo secolo", ha detto in un briefing
Keiji Fukuda, massimo esperto di influenza dell'agenzia Onu.
Ieri il comitato d'emergenza dell'Oms ha deciso che è
prematuro dichiarare che l'attuale pandemia ha raggiunto il
livello massimo. Il comitato si riunirà nuovamente entro
alcune settimane.
Fonte: http://it.reuters.com/article/topNews/idITMIE61N0EB20100224

La questione paradossale creata è stata il frutto della


comunicazione in contemporanea di due asserzioni
incoerenti fra loro: l’una “è prevista una pandemia”, l’altra
“non c’è nessun motivo di allarmarsi”. Cosa avranno deciso
di fare i cittadini rispetto alla possibilità di vaccinarsi?
Se è una pandemia un cittadino può decidere di fare il
vaccino, ma se la situazione non è allarmante allora può
decidere di non farlo, ma siccome la situazione è definita sia
come allarmante che come non-allarmante il cittadino si
troverà in una situazione indecidibile e quindi insostenibile:
la domanda “sarà meglio che faccia il vaccino o che non lo
faccia?” diventa un dilemma.

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4. Perché comunicare l’inquietudine?

Gauguin usava la pittura per comunicare agli altri il


paradosso che leggeva fra le righe tra la vita e la sua fine:
“Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?”. Poco c’è da
fare di fronte al dilemma se non condividerlo con altri,
esponendo gli effetti della situazione insostenibile che si
vive, qualunque essa sia, senza rimanere rinchiusi nei propri
inquieti pensieri.
Condividere, scambiare, confrontare, spiegare,
chiarire, provocare sono sinonimi di comunicare e
comunicare le proprie inquietudini permette di sentirsi parte
della stessa comunità universale, di sentirsi intessuti come il
filo in una trama in quelle relazioni vitali, esistenti o
desiderabili, causa ed effetto della stessa inquietudine del
vivere, e allo stesso tempo permette di coltivare migliori
relazioni tra gli inquieti contemporanei. Sempre che lo si
faccia non come mero cerimoniale.

Linda Finardi, laureata nella magistrale in Scienze


della Comunicazione Sociale ed Istituzionale. Si
interessa principalmente di comunicazione mass-
mediatica con particolare attenzione ad internet sui
versanti della comunicazione di impresa, pubblica-
politica e culturale in genere.
linda.finardi@libero.it

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