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Sgurgola (FR), 19 giugno 2016

Con questa Dispensa presentiamo la trascrizione del secondo discorso del Maestro
Piero R. Verri al Ritiro residenziale di Meditazione svoltosi nella casa d’accoglienza
Oasi di San Leonardo, in Sgurgola (FR), dal 17 al 19 giugno 2016.

Cosa è il Seva?

Oggi andremo a parlare del Seva, del servizio disinteressato, dell’azione svolta per portare
sollievo a chi si trova in difficoltà; a chi soffre; a chi non riesce a completare un impegno; a chi necessita
di un qualsiasi aiuto o agevolazione fisica e/o mentale.

Prima di dissertare sul Seva è necessario parlare un attimo di Tāpas. In sanscrito Tāpas è "calore"
che nello yoga indica il fervore, il fuoco ascetico, mirato al conseguimento della purezza del corpo-
mente ai fini dell’elevazione spirituale. È uno dei niyama 1 (principi) descritti da Patanjali che lo yogin
segue. Attuare tāpas comporta una fermezza praticata con la volontà di dedicarsi attivamente al
conseguimento della propria libertà spirituale.

Tāpas include il servizio che nello Yoga è chiamato SEVA.

Se pensiamo al sociale, un servizio è qualcosa che ci agevola nella vita, basta pensare ai semafori
allestiti dai Comuni, ci evitano incidenti; a internet, ci fornisce notizie e possibilità di contatti; a giornali-
riviste-libri-televisioni, ci forniscono informazioni, intrattenimento e cultura.

Se pensiamo al mondo interiore, alla crescita spirituale, il servizio è un’alta forma di altruismo, di
carità svolta non propriamente col denaro o i beni materiali, ma di più con l’impegno del proprio corpo e
della propria mente. In India, ad esempio, ci sono persone che ogni giorno spazzano e lavano i pavimenti
dei templi, questo Seva è reso in forma di adorazione.

Certamente offrire ricovero, accoglienza o denaro è cosa altruistica e meritevole, ma Seva è


primariamente l’offerta disinteressata del proprio tempo, dei propri spazi, delle proprie capacità e della
propria intelligenza al fine di sollevare i nostri simili dalle loro difficoltà, grandi o piccole che siano.

Servire gli altri secondo lo yoga di Patanjali è Sattva, qualità di lucentezza e purezza; è Maitri,
amicizia; è Karuna, compassione; è Prema, amore puro; è Medha, sacrificio; è Karma-yoga, agire senza
aspettativa, tornaconto materiale o emotivo; è Ahimsa, assenza di violenza poiché quando si offre in
modo disinteressato è assente nella nostra mente ogni forma di attrito o reazione e diventiamo esseri
sattvici, puri.

Viene ovviamente facile parlare del Seva genitoriale, di quel sacrificio colmo di tutte le qualità
poc’anzi dette poiché i buoni genitori agiscono e si sacrificano con spontaneità e naturalezza, lo fanno
per puro amore e pertanto non è sacrificio, ma semplice espressione del cuore.

1
Osservanze, 5 principi da seguire per lo crescita spirituale. Leggere più ampia trattazione nelle Dispense Brahmananda:
Cosa è lo Yoga? e Antarayah.
2

Ora, per chi segue lo yoga, è importante portare il cuore ad agire in continuo Seva nei confronti
di ogni essere vivente. Indipendentemente dallo yoga o da qualunque altra filosofia, religione o
disciplina spirituale, l’essere umano è incompleto se non sviluppa la potenzialità di servire gli altri.
È utile dire questo perché a volte chi segue lo yoga reputa importante dedicarsi intensamente alla
pratica fisica o alla concentrazione-meditazione tralasciando però gli aspetti umani dello yoga, quegli
yama2 e niyama che sono la base degli Yoga-sutra di Patanjali 3. Penso sia più importante svolgere azioni
verso la vita piuttosto che praticare bene un’asana o coltivare la meditazione credendo di essere dei
provetti yogin; come detto in altre sedi, la spiritualità non si raggiunge se si mantengono dentro di sé
tracce d’ego.

Al riguardo un passo4 illuminante della Brhad-aranyaka-upanisad5 recita:


“La triplice progenie di Prajapati, i Deva, gli uomini e gli Asura, compivano il loro noviziato presso
Prajapati, loro padre. Finito il tirocinio i Deva gli chiesero: ‘Signore parlaci.’ Allora egli disse loro la sillaba ‘da’,
aggiungendo: ‘Avete compreso?’ Essi risposero: ‘L’abbiamo compresa, tu ci hai detto: ‘domatevi’ [damyata].’
‘Proprio così’, egli disse: ‘l’avete compresa.’
Gli uomini allora gli dissero: ‘Parlaci, o Signore.’ Ed egli disse loro la medesima sillaba ‘da’,
aggiungendo: ‘Mi avete compreso?’ Essi risposero: ‘Ti abbiamo compreso. Tu ci hai detto ‘date’ [d atta].’ ‘Proprio
così, egli disse: ‘voi mi avete compreso.’
Gli Asura allora gli dissero: ‘Parlaci, o Signore.’ A loro egli disse la medesima sillaba ‘da’, aggiungendo:
‘Avete compreso?’ ‘Noi abbiamo compreso’, risposero; ‘tu ci hai detto: ‘siate compassionevoli’ [dayadhvam].’
‘Proprio così’ disse egli ‘voi avete compreso.’ È proprio questo ciò che il tuono, la voce divina [daivi vag], ripete:
‘da, da, da’, cioè: ‘dominatevi, date, siate compassionevoli.’ Questi sono i tre precetti che bisogna insegnare: il
dominio di sé [dama], il donare [dana], la compassione [daya].” (V:2;1-3).

Da tale lettura viene naturale pensare ai tanti maestri e saggi che hanno svolto la loro opera
spirituale nell’osservanza della conoscenza di sé6 - dama, dell’offerta - dana e dell’amore
compassionevole - daya. Molti di loro sono stati esempi viventi di Seva. Swami Sivananda 7 fece del
Servizio disinteressato una bandiera del suo insegnamento yoga. Altri famosi maestri8, tra cui ricordo
Ramakrishna, Madre P. Krishnabai, Ramana Maharshi, J. Krishnamurti, Nisargadatta ecc., continuarono
ad insegnare, a svolgere il loro Seva, seppur colpiti da malattie incurabili, fino al momento della morte.

Anche la Bhagavad-Gita9 ci ricorda che la pace, intesa come liberazione è conseguenza dell’agire
disinteressato:
(…) “Perché la conoscenza vale più della pratica assidua;
il raccoglimento supera la conoscenza,
l’abbandono dei frutti dell’atto supera il raccoglimento.
La pace consegue immediatamente a tale abbandono.” (XII.12).

Questo passo è una decisa conferma di ciò che abbiamo letto prima nella Brahadaranyaka-
upanisad. Infatti spiega decisamente che conoscersi è più del praticare, che meditare ha più valore del
conoscere e che il Seva supera la meditazione portando immediatamente alla pace-liberazione.

2
Astinenze, 5 cose da evitare nel sociale. Vedere Dispense Brahmananda: Cosa è lo Yoga? e Antarayah.
3
Scrisse lo Yoga-sutra e codificò lo Yoga. È collocato tra il 600 a.C. e il 200 d.C.
4
Upanisad, Roma 1985, pgg. 153,154.
5
Fa parte delle Upanisad antiche risalenti al 900-800 a.C. circa.
6
Inerente a Dama, tradotto con ‘dominio di sé’, è utile dire che si intende un’autodominio (nel senso di conoscere tutte le
proprie dinamiche mentali e fisiche) che porta ad uno spontaneo equilibrio tra la vita sociale e la vita interiore. Chiarito ciò è
da evitare qualunque intendimento inerente la forza di volontà, il potere, il controllo o l’idea di un ‘super’ essere umano.
7
Vedere Dispensa Brahmananda del giugno 2016.
8
Vedere le varie Dispense Brahmananda dell’agosto 1994.
9
Poema del 500-200 a.C. circa.
©, Brahmananda, 2017.
Gli articoli contenuti nelle “Dispense del Brahmananda” possono essere
liberamente riprodotti alla sola condizione di citarne la fonte e l’autore.
3

Il Seva è un dare gratuito nel semplice desiderio di confortare. Nel dare poniamo in secondo
piano le nostre priorità, necessità, comodità e, a volte, anche la sicurezza della nostra vita. Pensiamo a
quanti si sono offerti, sacrificati per salvare altre vite umane; esempi elevati ed estremi di un’agire
scevro da interessi.
L’azione in spirito di Seva è come un prezioso diamante che riflette luce nell’anima di chi la
svolge. Con l’animo aperto nel Seva si schiude il cuore verso sempre nuove speranze. L’atto di aiutare
moltiplica le braccia aperte del nostro cuore e ciò renderà sempre più fluido il nostro amore per la vita,
per la realtà delle cose, per l’empatia con il tutto.
Forse non ci abbiamo mai pensato, ma praticare yoga, meditare ogni giorno, è un Seva che si
svolge anche per se stessi, e in ciò la ricerca del Sé riceve buoni impulsi arricchendo quella
consapevolezza che fa procedere verso la comprensione della sofferenza. Comprensione necessaria per
riuscire a entrare nella serenità del Samtosat 10, vale a dire quel modo di essere che il saggio Patanjali
spiega come un gioioso appagamento nella contentezza di ciò che siamo e di ciò che abbiamo.

A questo punto possiamo chiederci: come attuare il Seva al fine di educare la mente all’apertura?
Intanto capiamo che esso è diviso in esteriore e interiore, entrambi aiutano il cammino spirituale
dell’essere umano.

Nel Seva esteriore, si lavora per difendere la natura (animali, piante, acque, terre) evitandole
violenza.
Si va a proteggere gli indifesi, i deboli, i bimbi orfani, i poveri e i malati.
Si offre servizio ai defunti occupandosi dei riti con abluzioni e recita di Mantra.
Un tipo di Seva va a soddisfare i bisogni primari - dando vestiti, cibo, medicinali, un tetto, un
lavoro.
C’è il Seva rivolto ai bisogni mentali, intellettivi ed emotivi, che si svolge insegnando, scrivendo,
informando, donando cultura e ispirazione spirituale.

Il Seva interiore persegue la realizzazione spirituale tramite Sadhana e Bhakti.


La Sadhana è l'insieme di tutte le pratiche yoga, rituali, studio e austerità (Tāpas) che sono
eseguite con regolarità, e concentrazione, al fine di arrivare alla conoscenza ultima, al kaivalya,
l’affrancamento dell’anima dalle leggi della materia, la liberazione.
La Bhakti è la devozione al Divino, dove ogni azione è svolta in sua offerta.
La bhatki include il Seva al maestro dando attenzione e cura alle sue necessità quotidiane. Questo
Seva è bhakti, pura devozione, ed è offerto alla Divinità che il maestro, nella tradizione yoga,
rappresenta.
Mi soffermo un’attimo su quest’ultimo punto poiché so che per noi occidentali è un po’ difficile
da comprendere. Nel novembre 1982, a Rishikesh11, ebbi la mia prima conoscenza del Seva di cui, fino a
quel momento, non sapevo nulla. Su indicazione di alcuni yogin12 mi recai a conoscere Keval Giri, un
saggio maestro che viveva da eremita in riva al Gange, poco fuori Rishikesh. Quando giunsi alla sua
dimora, una povera capanna composta da una incannucciata, dei teli e qualche robusto paletto di
sostegno, mi venne incontro uno yogin sui 30-35 anni, barba nera e fare gentile. Pensai che il maestro
fosse lui e lo seguii nella capanna, ma con mia sorpresa all’interno vi era un vecchio Swami 13, seduto a
terra, barba e capelli bianchi. Mi sedetti di fronte a lui e cominciammo a dialogare, gli feci molte
domande e poi meditammo insieme. In tutto quel tempo il giovane yogin, lo accudiva; ricordo che gli
sistemò un sostegno morbido sotto un ginocchio, gli diede dell’acqua, gli mise uno scialletto sulle spalle
e preparò del té per tutti; ecco quello era Seva, provvedere alle necessità del Guru14.

10
Uno dei 5 niyama, osservanze.
11
Cittadina del nord India nella regione dell’Uttar-Pradesh.
12
Cultori, studiosi, praticanti Yoga.
13
Maestro, guida spirituale.
14
Maestro.
©, Brahmananda, 2017.
Gli articoli contenuti nelle “Dispense del Brahmananda” possono essere
liberamente riprodotti alla sola condizione di citarne la fonte e l’autore.
4

Tutto il Seva rivolto al bisogno spirituale conduce a conoscere, indagare la mente e l’animo
umano, sollevando da sofferenze psicologiche.

Il Seva è caratterizzato da un distacco (vairagya) ai frutti che inevitabilmente l'azione porta con
sé. L'atto quindi va – come dice Krishna nella Bhagavad-gita – sempre compiuto ma, nel contempo,
deve essere inteso come un’azione sacrificale avente unica meta il benessere di ogni creatura. Tale
sacrificio va idealmente "deposto" come un'offerta ai piedi della vita.

Nello yoga accade sovente che, mentre si procede nella pratica, si senta la spinta al servizio
dedicandosi ad aiutare chi abbia necessità, condividendo con chiunque i benefici che lo yoga ci ha
donato. Si parla dello yoga a chi ci è vicino per dare un aiuto e si impara ad ascoltare gli altri. In tal
modo il Seva diventa condivisione benefica di corpo, mente e spirito.

Un Seva tradizionale offerto dai maestri yoga è il Satsang, l’incontro con i sadhaka (allievi). Il
satsang si svolge nelle lezioni, nei seminari di meditazione o nei Ritiri (come questo che stiamo vivendo)
ascoltando insegnamenti, recitando mantra, cantando insieme e dialogando - nella fase finale - con
domande e risposte; in tal senso la condivisione diventa un atto totale, una vera apertura.

Chi entra nel nucleo compassionevole del servizio disinteressato diventa a mano a mano un
riferimento, una luce discreta ma visibile, per chiunque sappia vedere con il cuore. Pertanto, che lo si
voglia o no, chi vive nel Seva diventa esempio di umanità. Credo che tutti, in cuor nostro, siamo
consapevoli che una persona che aiuta e si prodiga per gli altri, faccia la differenza in un qualsiasi
contesto sociale poiché l’egoismo non aiuta mai nessuno, neanche se stessi, mentre il Seva aiuta tutti.
L’egoismo chiude, l’altruismo apre. L’ego è misero mentre il Seva è di qualità nobile e aiuta a far
emergere in tutti noi le qualità amorevoli dell’umanità.

Shanti15

Bibliografia:

P. Filippani-Ronconi (a cura di), Upanisad, Roma 1985, Boringhieri


Anne-Marie Esnoul (a cura di), Bhagavad-gita, Milano 2003, gli Adelphi
Rajinder Singh, La pace attraverso la meditazione, Spigno Saturnia (LT), 2003, Crisalide
Gruppo Kevala (a cura di), Dizionario Sanscrito, Roma 2008, Ashram Vidya

Glossario:
Asura – Esseri malvagi.
Deva – Esseri divini.
Krishna – Divinità del Vishnuismo.
Prajapati – Divinità vedica con funzioni legate alla creazione.

15
Pace, augurio di serenità e pace interiore.
©, Brahmananda, 2017.
Gli articoli contenuti nelle “Dispense del Brahmananda” possono essere
liberamente riprodotti alla sola condizione di citarne la fonte e l’autore.

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