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CANTO E MUSICA NEI FUNERALI

1. I problemi

Diversi aspetti problematici accomunano le celebrazioni esequiali con quelle nuziali, gi


trattate: una cultura che con difficolt accetta la realt della morte e che quindi prende distanza da
essa; il tipo di assemblea, spesso d'occasione e raccogliticcia; un repertorio che, se ricco in passato,
fa fatica a trovare una giusta espressione teologico-liturgica del nuovo rito; una tendenza, sempre
meno latente, che tende ad appiattire il repertorio di canti utilizzati, rendendo i funerali simili quasi
in tutto alle celebrazioni domenicali, stante una cattiva interpretazione del carattere pasquale delle
esequie.
Come ognuno pu arguire, diversi sono i problemi da affrontare e diversificate le riflessioni
pastorali che siamo chiamati a fare per rendere pi vere le nostre celebrazioni.
Una prima verifica la possiamo effettuare sul come ci si impegna a preparare la celebrazione
di un funerale: se tutto scade nella routine del pastone gi pronto oppure se c' effettivamente il
tentativo di adeguare ogni aspetto della celebrazione al diverso tipo di assemblea e alla
conseguente diversa partecipazione emotiva alla liturgia. Altro elemento di verifica riguarda il
nostro sforzo di trasformare i funerali in una celebrazione comunitaria, anche attraverso l'impegno
di lettori, cantori, ministri vari . Questo obbiettivo pi facilmente raggiungibile nei paesi, dove,
per fortuna, la morte ancora vista come fatto che coinvolge la comunit (ma ancora per quanto?);
nonostante ci anche in citt o nei grossi centri ci si dovr impegnare a fondo in questa direzione.
Uno dei rischi maggiori a cui sono esposte le celebrazioni dei funerali quello di risultare
spesso un po' asettiche, di avere, cio, poca incidenza nei partecipanti, a causa di una sorta di
estraneit tra una parte dell'assemblea e i riti che si vanno compiendo. Un buon numero dei
presenti, infatti, in chiesa solo per convenienze sociali, perch amici o conoscenti del defunto o
dei familiari. Spesso gente che pratica poco o nulla e quindi non inserita nell'insieme dei gesti,
dei simboli, dei linguaggi che strutturano la liturgia.
Per costoro sono forse le uniche occasioni per riaccostarsi alla Chiesa e alla fede.
Se la celebrazione vuota e spenta, ben difficilmente potr scoccare in essi il desiderio di riscoprire
le proprie radici religiose. Una comunit, invece, che celebra con propriet, che vive intensamente
la propria fede nella liturgia, che sa accogliere e far sentire inserite nell'assemblea liturgica anche
queste persone, potr aiutare molti a recuperare la dimensione liturgica della fede, se non
addirittura la fede stessa.
Un elemento fondamentale di coesione e di intensit celebrative il canto. Ecco perch
andr curato in ogni particolare, facilitando la partecipazione di tutti attraverso l'uso di un
repertorio conosciuto; attraverso luso del libro dei canti o un foglio con i testi dei canti collocati
sui banchi o, meglio, distribuiti da alcune persone dedite allaccoglienza; attraverso alcune
monizioni che sottolineino i passaggi pi salienti del rito e quelli meno vicini alla sensibilit
moderna come le aspersioni e lincensazione.
Tutto questo fa parte di quell'arte dell'accoglienza che non si avr mai imparato ed applicato
abbastanza anche nelle nostre celebrazioni, un elemento di cui non si pu fare a meno per
instaurare un rapporto di comunicazione all'interno di una assemblea eterogenea, come di solito
quella dei funerali. Oltre a ci, determinante per questo scopo, anche l'ambientazione sonora
delle celebrazione, cio il cosa, il come e, soprattutto, chi canta. Partiamo da quest'ultimo punto.

2. Chi canta?

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Sono da evitare alcune soluzioni estreme e soprattutto paradossali, purtroppo non cos
infrequenti come si potrebbe pensare. Non pi possibile, infatti, una esecuzione affidata
totalmente ed esclusivamente al coro, anche se il repertorio eseguito fosse ineccepibile da un punto
di vista musicale e liturgico; n si pu sostituire il canto del coro e dell'assemblea con quello di un
solista, che riempie la chiesa cantando al microfono ma inibisce la partecipazione al canto da parte
di tutti; n, tantomeno, ci si pu rifugiare nel canto meccanico e privo di vita eseguito da ci che
alcune ditte continuano a spacciare per animatore liturgico, ma altro non che un riproduttore a
cassette che non anima niente e nessuno, considerato inoltre che l'uso del registratore vietato
all'interno delle celebrazioni liturgiche, come anche recentemente stato ribadito da chi preposto
a legiferare in campo liturgico. Sostituire l'esecuzione diretta di un canto con quella registrata ,
infatti, talmente innaturale e contrario allo spirito della liturgia, che sarebbe preferibile il silenzio.
Neppure si pu giustificarne l'uso dietro il paravento del presunto effetto-guida del canto
assembleare, perch l'esperienza insegna che, di fatto, lassemblea non si lascia condurre n
stimolata al canto da una musica registrata, ma preferisce comodamente ascoltarla.
Preferibile, come sempre, quella giusta ed equilibrata distribuzione degli interventi musicali
che vedono partecipi realmente, tutti i vari attori musicali della liturgia.

3. Quale repertorio?

Dopo aver fatto il punto sulla necessit di una equilibrata distribuzione di interventi tra i vari
attori musicali nella liturgia, veniamo ora a suggerire alcuni spunti di riflessione circa il repertorio
dei canti da utilizzare all'interno della liturgia funebre.
Uno sguardo retrospettivo ci porta ad evidenziare come ogni celebrazione, quindi anche i
funerali, in passato fosse ben caratterizzata, sia dal punto di vista eucologico (antifone di ingresso,
d'offertorio, di comunione, altri canti rituali), sia per quanto riguarda i canti dell'Ordinario: il Kyrie,
il Sanctus, l'Agnus Dei della "Missa pro defunctis" erano propri, non sostituibili da altri brani e,
perci, chiari indicatori di una determinata celebrazione.
Se questa fissit pu essere ritenuta, oggi, un aspetto limitante, anche vero che, dopo la
riforma liturgica del Vaticano II, si caduti nell'errore opposto; se non nella teoria (dal momento
che i libri liturgici danno chiare indicazioni a questo proposito), certamente nella pratica, perch, ad
eccezione di uno o due canti, generalmente gli altri si prendono a prestito da repertori per
celebrazioni diverse, contribuendo in tal maniera a quell'appiattimento e a quella standardizzazione
pi volte lamentata e che non contribuisce affatto a veicolare messaggi mirati anche attraverso il
canto.
A tal riguardo possiamo effettuare una verifica analizzando il repertorio in uso nella nostra
comunit e conteggiare quanti canti vengono utilizzati esclusivamente per i funerali e quanti,
compresi i canti dell'ordinario, vengono eseguiti anche in altre celebrazioni e in altri tempi liturgici.
Se i conti non tornano ... bisogner porvi rimedio.
Oltre al pericolo ricorrente di cadere in canti dai testi troppo generici o comunque legati ad
altri contesti celebrativi, un'altra insidia costituita dall'utilizzo di brani scadenti dal punto di vista
del testo o della musica o di entrambi. Un esempio emblematico ci viene offerto dal canto Quando
busser di Marcello Giombini, che, nonostante i grossi limiti che presenta, lo si pu definire il canto
per eccellenza dei funerali, tanto esso viene eseguito.
Analizziamone la struttura musicale: innanzitutto anche ad un principiante balza subito all'occhio
che l'andamento ritmico voluto dall'autore non si concilia affatto con il "sentire" ritmico di una
comune assemblea, la quale con fatica accetta ed esegue sincopi, spostamenti d'accento e
quant'altro non segue ed evidenzia il ritmo naturale delle parole; tanto vero, che ciascuna
assemblea ha provveduto a "normalizzare" il ritmo del canto in questione. Per quanto riguarda il
testo, c' chi vi vede un esubero di immagini barocche (frutti da portare, ceste di dolore, grappoli
d'amore) che danno un taglio farraginoso alla seconda strofa. Non si capisce inoltre il senso
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letterario dello accostamento tanta strada/piedi stanchi e nudi/mani bianche e pure, che di fatto
una espressione antitetica.
Se poi vi cerchiamo una teologia della morte cristiana... basti come esempio il fatto che, dopo aver
bussato alla porta e aver ritrovato amici, troveremo pure nemici per cui pregare. L'inimicizia,
certo, non realt da paradiso, n pu riferirsi ad un sentimento provato nei confronti di alcune
persone rimaste sulla terra, perch ci presupporrebbe una mancanza di perdono che sarebbe di
ostacolo alla beatitudine.
Ma ci che pi sconvolge l'ignoranza con la quale viene trattata la simbiosi testo-melodia,
laddove l'accentazione del testo (italiano, si badi bene!) non coincide affatto con l'accentazione
musicale, per cui, a detta dell'autore, noi si dovrebbe cantare: quando bssero all tua porta...
A ciascuno trarne una debita conclusione e soprattutto applicare i criteri valutativi usati per questo
canto a diversi altri brani usati nei funerali.

4. La struttura del rito

Per cogliere alcuni principi che ci permettano di formulare le linee direttrici nella
formazione di un repertorio di canti adatto, analizziamo dapprima la struttura del rito delle esequie.
Il rituale prevede tre tipi di celebrazioni, da utilizzare a seconda delle esigenze pastorali:
il primo tipo si svolge tra la casa del defunto, la chiesa ed il cimitero;
il secondo si svolge interamente al cimitero;
il terzo, invece, interamente nella casa del defunto.
In tutti e tre i tipi di celebrazione riscontriamo alcuni elementi comuni fondamentali che
compongono la liturgia di una comunit cristiana chiamata ad accompagnare un defunto ed una
famiglia in lutto dalla morte alla sepoltura.
Possiamo distinguere quattro momenti:
1) la consolazione della fede rivolta ai parenti del defunto.
Similmente ad altri riti, anche le esequie hanno un rito di accoglienza, di contatto umano. Il
sacerdote che presiede deve apparire come "ministro del conforto cristiano" (Premesse al Rito,
n16) che porta la consolazione della fede;
2) la liturgia della Parola, che comprende le letture, l'omelia e la preghiera dei fedeli; ha come
scopo quello di illuminare i credenti sul mistero pasquale, la speranza di ritrovarsi nel Regno di
Dio, la piet verso i defunti, il valore di testimonianza della vita cristiana (cfr. n 11);
3) la liturgia eucaristica, che non solo un suffragio per il defunto, ma il mezzo per collegare la
morte del cristiano al mistero della Pasqua di Cristo. Questo legame espresso molto bene nelle
varie orazioni del messale;
4) la raccomandazione ed il commiato un rito che costituisce l'ultimo saluto rivolto dalla
comunit cristiana ad un suo membro, prima che il suo corpo sia portato alla sepoltura, nella
certezza che se c' una separazione nella morte in Cristo essa viene superata (cfr. n 10).

5. La teologia del rito

Presentata la struttura del rito delle esequie, ci dobbiamo ora preoccupare di evidenziarne la
visione teologica; l'analisi di entrambe ci permetter cosi di avere parametri sicuri di riferimento per
una giusta scelta del repertorio di canti.
Dobbiamo subito dire che i testi evidenziano aspetti teologici diversificati anche se
complementari che rispecchiano la stratificazione storica dell'eucologia funebre, che dall'VIII
secolo giunge al Vaticano II:
- un aspetto individuale: il giusto trova in cielo la propria ricompensa;
- un aspetto comunitario: la morte l'ingresso nella assemblea dei Santi, la Gerusalemme celeste;

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- un aspetto cristologico-pasquale: la morte del cristiano partecipazione al mistero pasquale di
Cristo;
- un aspetto sacramentale: Battesimo, Confermazione ed Eucaristia costituiscono per il cristiano la
preparazione alla nascita alla vita eterna;
- - un aspetto consolatorio: la speranza, per chi piange, che il defunto giunga alla casa di Dio, che lo
si possa ritrovare e che, quindi, la separazione non sia definitiva.
Tutti questi aspetti confluiscono, poi, in quello che gli esperti chiamano clima generale
della liturgia funebre che quello di una liturgia di accompagnamento. La Chiesa, cio,
accompagna il defunto nella sua pasqua, nel suo passaggio, in Cristo, da questo mondo al Padre.
Non per nulla la Chiesa ha sempre celebrato e pregato la morte dei suoi figli chiamando a raccolta
intorno ad essa gli angeli e i santi perch li accompagnino dalla terra al Paradiso e perch ne
preparino l'arrivo trionfale, l'ingresso come nuovi cittadini del cielo. Questo concetto lo troviamo
espresso in due stupende antifone Subvenite Sancti Dei e In paradisum, sicuramente le
composizioni liturgiche pi note di tutta la tradizione della morte cristiana, presenti in pi di cento
codici dell'alto medioevo e costantemente riportate dai libri liturgici dal VII al XX secolo.

6. Il repertorio adatto

L'analisi della struttura del rito delle esequie e del suo contenuto teologico,
ci d ora la possibilit concreta di scegliere i canti pi opportuni, seguendo innanzitutto i
suggerimenti che lo stesso rituale riporta, suggerimenti che si orientano soprattutto verso i salmi.
Nella liturgia dei defunti, infatti, la Chiesa ha sempre fatto uso dei salmi, e parecchi di quelli indicati
per il rito delle esequie, sono gi noti e comuni; ci faciliter il loro utilizzo.

- salmo 22: Il Signore il mio pastore (CC 52-53);


- salmo 24: A te signore innalzo l'anima mia (CC 55);
- salmo 26: Il Signore mia luce e mia salvezza (CC 56-57);
- salmo 41: L'anima mia ha sete del Dio vivente (CC 60);
- salmo 50: Piet di me, o Dio, nel tuo amore (CC 64-65-66);
- salmo 122: Sollevo i miei occhi al Signore (CC 98);
- salmo 129: Dal profondo a te grido o Signore (CC 103-104-105-106).

Diverse sono le antifone ai salmi sopraddetti riportate in Canta e Cammina: si sceglieranno le pi


opportune. Dei due salmi funebri per eccellenza, il 50 ed il 129, Miserere e De profundis, ho
indicato anche la versione latina, dal momento che in diverse parrocchie ( non raggiunte da una
insensata furia iconoclasta latinofobica) si cantano ancora, soprattutto durante il tragitto dalla casa
del defunto alla chiesa, anche in alternanza alla polifonia del coro.
Altri salmi, come il 113, il 114, il 115, vengono indicati dal rituale per la statio alla casa
del defunto e per la processione alla chiesa; anche se poco conosciuti, possono essere cantati
utilizzando per il testo un facile modulo salmodico, recitandone l'antifona o cantando un ritornello
appropriato.
Notiamo che il rito d veramente molta importanza ai salmi nella liturgia funebre sia durante
le preghiere alla casa del defunto, sia durante la processione alla chiesa, sia in alcuni particolari
momenti della Messa (salmo responsoriale, canto di comunione).
Le motivazioni di questo uso ce le ricordano le Premesse al rito delle esequie, al numero 12: Nel
compiere i suoi uffici materni verso i defunti, la Chiesa ricorre soprattutto alla preghiera dei
salmi: con essi esprime il suo dolore, e attesta insieme la sua fiducia. Procurino quindi i pastori
d'anime, non senza una opportuna e adatta catechesi, di portare a poco a poco le loro comunit
ad una comprensione sempre pi chiara ed approfondita di alcuni salmi, prendendo occasione
anche da quelli proposti per la liturgia dei defunti.

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Quanto agli altri canti, a cui il rito spesso si riferisce, data l'importanza pastorale della loro
esecuzione, si cerchino quelli che riecheggiano nel testo la vivezza del linguaggio biblico e la
spiritualit di quello liturgico.
Ci soffermiamo, ora, proprio su questi altri canti a cui il rito spesso si riferisce, cominciando
dall'antifona di ingresso della Messa.
Il n 58 del Rito delle Esequie cos recita a questo proposito: Allingresso in chiesa si fa
un canto, che viene a coincidere con quello previsto allinizio della Messa; normalmente, quindi,
si fa un solo canto. Se per, speciali motivi pastorali suggeriscono l'aggiunta di un altro canto,
si potr ricorrere ad uno dei responsori indicati ai nn. 75-76.
Se il canto unico, coincidente con quello di inizio della Messa, il primo testo da cantare senza
alcun dubbio Leterno riposo dona loro, Signore, che la pi importante ed universale invocazione
di suffragio della Chiesa. Questa antifona tratta dal IV Libro di Esdra, un libro ora apocrifo, ma
considerato canonico (cio appartenente ufficialmente alla Bibbia) fino a papa Gelasio, quindi fino
al V secolo. E' attestato il suo uso nella liturgia funeraria fin dal VI secolo, in alternanza a due
versetti del salmo 64.
Due le realizzazioni musicali pi soddisfacenti, utilizzabili dall'assemblea: quella magistrale
gregoriana Requiem aeternam e quella di Luigi Picchi, presenti rispettivamente in CC 412 e 323.
Abbiamo rilevato che, di norma, all'ingresso del corteo funebre in chiesa, si fa un solo
canto, che coincide in pratica con il canto di ingresso della Messa. Quando speciali motivi
pastorali suggeriscono l'aggiunta di un altro canto, le Premesse al Rito delle Esequie consigliano
di ricorrere ai responsori indicati ai nn. 75-76 (cfr. n 58). Sono quelli da utilizzarsi per l'ultima
raccomandazione ed il commiato:
- Venite Santi di Dio;
- Accogli, Signore, l'anima del tuo fedele;
- Tu da sempre, Signore, mi conosci;
- Io credo: il Signore risorto e vive;
- Lazzaro era morto: tu l'hai risuscitato:
- Vieni, Signore, vieni a liberarmi.
Di questi sei responsori solamente Venite o Santi di Dio e Io credo hanno, finora, trovato
un rivestimento musicale del testo italiano, pur con qualche variante testuale.
Rimane, comunque, la possibilit di scegliere un altro canto adatto e approvato, o almeno di
pregare tutti insieme per il defunto attraverso invocazioni adatte (cfr. n 76). Sono per dell'idea
che un canto esprimerebbe meglio il significato di accoglienza che questo momento liturgico ha;
canto che potrebbe essere eseguito anche solo dal coro o da un solista.
Il rituale precedente la riforma liturgica stabiliva, come testo unico, il responsorio Subvenite, uno
dei pi antichi, che presenta come caratteristica l'accenno alla funzione degli Angeli nei confronti
dell'anima del defunto. Proprio la vetust e, quindi, la venerabilit, dell'uso di questo testo, da
sempre presente nella liturgia funeraria, mi spingono a sceglierlo come canto di accoglienza del
defunto in chiesa.
Nella versione italiana esso presente in CC al numero 494. Nobile e appropriato il rivestimento
musicale di mons. G. Pedemonti.
Per quanto riguarda l'offertorio, valgono le osservazioni fatte circa le modalit di
esecuzione e i contenuti di questo canto. Dato il carattere di passaggio che questo rito riveste,
sarebbe preferibile, allorquando ci fosse la processione offertoriale, un intervento del coro con un
mottetto adatto. Il suono dell'organo in funzione solistica rimane per ora proibito all'interno della
celebrazione esequiale (cfr. Caer. Ep. n 41).
In mancanza del coro, rimane l'opzione tra il silenzio ed il canto dell'assemblea. Esso
potr avere o una generica tematica offertoriale, oppure, pi propriamente, richiamare alcuni temi
della liturgia funebre.
Il Graduale Romano ( il libro ufficiale di canto gregoriano), edito nel 1974 sulla base del
Messale nato dal Vaticano II, riporta come prima antifona d'offertorio l'antico canto Domine Jesu
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Christe. Alcune immagini di questo testo non sono forse vicine alla nostra sensibilit (libera... de
poenis inferni et de profundo lacu; ... de ore leonis...), ma si tratta di espressioni che ritroviamo
nella Sacra Scrittura e che sono state applicate sempre alla liturgia dei defunti perch le preghiere
dei vivi preservino i defunti dalla morte eterna.
La lunghezza di questo offertorio, rispetto agli altri del repertorio gregoriano, e la sua forma
responsoriale, testimoniano l'uso di una raccolta prolungata di offerte votive proprio durante la
celebrazione, uso che in altre messe era stato abbandonato.
Una buona versione italiana di questo testo stata musicata da Luigi Picchi e pubblicata dalle
Edizioni Carrara; presente in Canta e Cammina al n 443.
In sostituzione di questo canto potremo scegliere tra i salmi indicati precedentemente: ad esempio
A te, Signore, innalzo l'anima mia, CC 55; oppure Spero nel Signore CC 106.
Tra le varie antifone di comunione che il Messale riporta, quella pi conosciuta Splenda
ad essi la luce perpetua. Essa riprende il testo dell antifona di ingresso e lo inserisce in una
struttura responsoriale. La realizzazione musicale di Luigi Picchi, edita da Carrara e presente in
Canta e Cammina al numero 451, mi pare ancora la pi convincente.
Un altro canto che si potrebbe utilizzare Vive il mio Redentore CC 508. Il testo una
parafrasi dell'antifona di comunione Io so che il mio Redentore vivo, espressione tratta da Giobbe
19,25.26. Altre possibilit sono date dal canto di un salmo, scelto tra quelli gi citati a suo luogo.
Il canto di commiato, da eseguirsi durante l'aspersione e l'incensazione, deve prestarsi
per il testo e la melodia a essere eseguito da tutti, in modo che tutti lo sentano come momento
culminante del rito. (Premesse al rito delle Esequie n 10). Un canto che risponde molto bene a
questi requisiti e che anche suggerito dal Rituale Io credo risorger CC 303. Il testo di questa
composizione ingloba diversi elementi tratti da testi liturgici. Il ritornello , come si vede, preso dal
responsorio Credo quod redemptor meus vivit, et in novissimo die de terra surrecturus sum, et in
carne mea videbo Deum Salvatorem meum, a sua volta tratto da Giobbe 19,20-27. La prima
strofa presenta le immagini del salmo 89, recitato un tempo nel Mattutino dei defunti; nella seconda
c' il tema dell'accoglienza dell'anima, nello spirito del Nunc dimittis il cantico di Simeone. Le
altre strofe presentano la morte cristiana nel segno della Trinit: Padre che mi hai formato - Cristo,
mio redentore - Spirito della vita.
Della necessit strutturale di chiudere la celebrazione, mentre viene prelevato il corpo del
defunto per la sepoltura, con il canto In paradisum o con la versione in italiano del medesimo gi si
detto.
Vogliamo chiudere queste note di musicologia liturgica riguardante i funerali con un breve
accenno ai canti dell'ordinario.
Si detto pi volte della necessit di caratterizzare ciascuna celebrazione con elementi
propri e non interscambiabili; ci facilita l'immediata identificazione rituale, la quale rientra
nell'azione pedagogica dei segni liturgici che comprendono anche il canto e la musica.
Sarebbe doveroso, perci, scegliere un Signore, piet, un Santo, un Agnello di Dio da utilizzare
esclusivamente per le celebrazioni esequiali.
Lesempio che ci viene dal passato significativo a questo riguardo.
Il Sanctus e l'Agnus Dei della Missa pro Defunctis sono quasi certamente le composizioni
pi antiche dell'Ordinario; ci avvalorato dall'analisi della struttura modale e melodica, che
estremamente semplice, e dall'innesto di questi brani nel pi ampio canto della preghiera
eucaristica. Il canto di questo Sanctus, infatti, presenta la medesima conformazione melodica del
prefazio che lo precede.
Laddove sono rimasti in repertorio, non si abbandonino con superficialit, e dove sono caduti in
disuso, si pensi seriamente ad un loro recupero.
Altre realizzazioni musicali su testi italiani si trovano in diverse raccolte. Esemplare fra tutte
quella di Luigi Picchi, pubblicata presso Carrara.

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Don Gilberto Sessantini
Resp. Ufficio di Musica Sacra

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