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Liberta' di culto e architettura a Venezia


Liberta' di culto e architettura nella Scuola Grande di S. Giovanni Evangelista: scontro fra poteri a Venezia alla fine del
Quattrocento[1]

Quando il patriarca di Venezia Maffeo Girardo viene convocato nel 1491 a giudicare una lite in atto tra la Scuola Grande di S.
Giovanni Evangelista e la nobile famiglia Badoer, patrona dellarea dove si situavano le propriet della confraternita, ha ormai 86
anni.
E da chiedersi dunque perch venga chiamato in causa proprio lanziano monaco camaldolese, per una vertenza che, al di l delle
ripercussioni individuali su ciascun protagonista, sembra fin da principio delinearsi come una querelle politico religiosa dalle
conseguenze pi ampie e complesse. Il 9 maggio 1491 ha inizio il processo.

La controversia ha come oggetto il diritto della Scuola, negato dal priore laico Giovanni Alvise Badoer[2], a celebrare messe ed altri
divina officia allinterno della propria sede. Il 28 maggio il patriarca sembra aver raggiunto una decisione, e avverte i confratelli
che sotto pena di escomunication non dobbiate far celebrar messa da basso in Schuola, ne far officii da morti, e similmente femo
tale commandamento ai pretti, che sotto pena descomunication non debbano celebrar ne officiar ut supra.[3] Due giorni dopo, il 30
maggio, il vicario e il guardian da matin della Scuola chiedono al patriarca la revoca della sentenza, dato che da sempre i confratelli
avevano avuto la potestatem di celebrare funzioni liturgiche allinterno della Scuola; di tale facolt, essi dichiarano inoltre di aver
usufruito soprattutto nellultimo periodo, dal momento in cui il priore aveva loro impedito di officiare nella chiesa di S. Giovanni
Evangelista contra antiquissimam consuetudinem. Sottolineano inoltre come la questione sia stata gi sottoposta allattenzione del
Consiglio dei Dieci, a dimostrare come a Venezia, non appena venga attaccato il diritto di culto di unistituzione laica da parte di
esponenti della gerarchia ecclesiastica, si ricorra immediatamente al potere politico.[4] La sentenza finale giunge il 31 maggio:
Maffeo Girardo, dopo aver sentito le ragioni del priore e dei confratelli, stabilisce che il Guardian Grande e i compagni della Scuola
di S. Giovanni Evangelista possano esercitare il culto nella propria sede, ma soltanto in parte superiori ipsius Scholae, et non in
parte inferiori aliquo modo.[5] Oggetto della lite sembra dunque essere la realizzazione, al piano terreno della sede della
confraternita, di una sorta di cappella o di oratorio, in cui officiare al pari di una chiesa parrocchiale.

Documentazione successiva, risalente allelezione del nuovo priore nel 1499[6], mette luce sugli eventi che avevano condotto al
processo. Giovanni Alvise Badoer, una volta eletto (si badi: questo il punto di vista proposto dalla Scuola) sembra aver impedito ai
confratelli luso della chiesa di S. Giovanni Evangelista costringendoli ad officiare le funzioni religiose allinterno della propria sede.
Questa scelta aveva a sua volta escluso la famiglia Badoer dalla fruizione delle offerte che era solita ottenere durante le messe e i
funerali, le cosiddette regalie. Viene dunque dichiarata per la prima volta in questi documenti la vera natura della controversia, che
appare essere di natura economica. Tentando di ricostruire una successione plausibile degli eventi, si pu presumere che siano due le
motivazioni reali alla base del contenzioso: innanzitutto il priore, in virt di una bolla Apostolica del 1472, che gli permetteva di fare
celebrare nella chiesa di S. Giovanni[7] messe per la propria famiglia e per le povere del vicino ospedale, del quale egli stesso
deteneva la gestione, sembra voler porre precisi limiti ai confratelli nellamministrazione della chiesa. Ci avrebbe potuto
comportare un parziale allontanamento della Scuola dalluso della chiesa, la cui portata potrebbe essere stata successivamente
esagerata, a fini puramente strumentali, dalla confraternita. Questi eventi conducono infine il capitolo generale della Scuola a
presentare, in una data non precisata ma presumibilmente prima del maggio 1491, una supplica ai Capi del Consiglio dei X, in cui
vengono suggerite due soluzioni alternative. Nel caso in cui fosse stato restituito ai confratelli luso della chiesa, governata dai propri
preti come era stato stabilito da un accordo del 1441[8], la Scuola avrebbe contribuito al priore le regalie come sempre era stato fatto;
se invece non fosse stata ristabilita questa intesa, avrebbe avviato la costruzione di una nuova chiesa dedicata a S. Giovanni dei
Battuti, libera da oneri verso il priorato, sia in relazione alle offerte, sia per le somme dovute per i di ordenadi come de i corpi per le
arche vale a dire nei giorni di festa e in occasione delle sepolture dei confratelli.[9] E manifesta la volont autorappresentativa nel
proposito di dedicare questa nuova chiesa al santo protettore dellintera area, ma essa assume un significato pi specifico e
connotativo grazie allinvocazione di S. Giovanni quale protettore dei Battuti, vale dire dei membri della Scuola. Il processo del
maggio 1491 sembra dunque essere la conseguenza di una decisione assunta dai confratelli a favore della seconda possibilit. Con
questultima nota emergono finalmente anche i protagonisti politici dellintera vicenda: i Capi del Consiglio dei Dieci, la suprema
magistratura veneziana. Si possono dunque gi identificare gli ambiti cui fanno riferimento gli attori di questa querelle: da un lato
Giovanni Alvise Badoer cerca lappoggio del patriarca, dallaltro la Scuola chiama in causa il potere laico. Sullo sfondo di quella che
sembrava essere una semplice lite tra vicini a proposito delle elemosine ricavabili dalla gestione di una piccola chiesa, inizia quindi a
delinearsi un contrasto istituzionale tra poteri opposti.

La reazione dei confratelli alla sentenza di Maffeo Girardo repentina, tanto che gi nel 1492 essi si dichiarano in possesso di una
bolla emessa da papa Alessandro VI, che autorizza la Scuola a poder dir la messa, senza ulteriori precisazioni circa modalit e
luoghi deputati alle azioni liturgiche.[10] Presumibilmente i capi della confraternita si erano immediatamente mossi per aggirare la
decisione del patriarca, la quale ad una pi attenta osservazione risulta comunque essere il frutto di uno sforzo di mediazione non
indifferente. Se infatti con la prima sentenza era stato inibito luso della Scuola a fini liturgici, Maffeo Girardo, dopo aver ascoltato le
parti in causa aveva concesso che si potessero celebrare messe al piano superiore delledificio. Questo atto conciliatorio doveva
essere stato influenzato da un intervento del 30 maggio, con il quale i confratelli avevano attaccato il patriarca ricordandogli che ogni
loro decisione era sottoposta prima al potere politico ed in secondo luogo a quello religioso: coram praefato Reverendissimo
Domino Patriarcha constituti Domini Vicarius et Guardianus matutinus Scholae Ioannis Evangelistae Venetiarum petierunt, non

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tamen propter hoc intendentes subiciere Scholam praedictam, nec iura sua iurisdictioni praefati Reverendissimi Domini Patriarchae,
quae est imediate subiecta iurisdictioni, potestati, Dominio excellentissimi consilii decem, quod sua Dominatio Reverendissima
revocare debeat de facto quodam assentum bulectinum ad Dominum Guardianum, et socios dictae Scholae, quod sub pena
excomunicationis non debeant celebrari facere missas in dicta Scola.[11] Il tono della richiesta chiarissimo: dato che la Scuola non
sottomessa al giudizio del patriarca, ma a quello del Consiglio dei Dieci, il patriarca stesso deve revocare la propria decisione. Il
giudizio di Maffeo Girardo considerato dunque illegittimo. Lultima parola, insomma, spetta ai Dieci.

A questo punto necessario analizzare pi nel profondo la scena ed i suoi protagonisti. E soprattutto, comprendere in che chiave pu
essere letto il comportamento di Maffeo Girardo. Come reagisce il patriarca al tentativo di delegittimare le sue decisioni? Anzich
inasprire il conflitto egli adatta la sua sentenza nel tentativo, apparentemente riuscito, di raggiungere un equilibrio tra le parti in
causa. E molto importante sottolineare questo atteggiamento, soprattutto in vista di quanto accadr in seguito, quando il potere
religioso e quello politico si scontreranno nuovamente, ma senza alcuna mediazione. Maffeo Girardo cala dunque sullo scenario che
si descritto stemperando quasi completamente lapertura di un contrasto istituzionale potenzialmente ampio. Si tratta di un
personaggio ben visto dal governo della Repubblica, e non altrettanto dalla chiesa di Roma. Eletto patriarca nel 1466 con il voto
unanime del Senato, la sua nomina fu subito contrastata dalla Santa Sede che propose in alternativa diverse candidature. Cos
facendo, papa Paolo II intendeva avocare a s pi diritti nellelezione delle autorit ecclesiastiche della citt. Nel 1467 il pontefice
tuttavia cedette e il Girardo pot assumere la carica di patriarca. Per quanto concerne lautonomia di culto delle istituzioni veneziane
rispetto al potere di Roma, la politica del neo eletto Girardo si mantiene fedele a quella dei suoi predecessori, rispettando una
consolidata prassi veneziana di intendere ogni singola parrocchia indipendente luna dallaltra. Sulla questione dellelezione dei
piovani il patriarca interviene direttamente nel 1474, quando impone che la loro nomina sia effettuata prima dai chierici titolari dei
capitoli e poi dai parrocchiani.[12]

La tensione fra Scuola e priorato si inasprisce nuovamente alla fine del 1493, quando la confraternita ha gi intrapreso nuove
campagne di lavori. Oltre a non dare esecuzione alla sentenza del patriarca, i confratelli avevano dato avvio in questi anni a diversi
lavori di abbellimento della propria sede, tesi per lo pi alla valorizzazione della sala capitolare e delladiacente Albergo dove veniva
conservata la reliquia della croce. E in questi stessi anni che viene inoltre commissionato il famoso ciclo dei Miracoli della Croce
affidato in seguito al gruppo guidato da Gentile Bellini.[13] Un nuovo processo, ben pi lungo e complesso del precedente, inizia il
20 febbraio ed il nuovo giudice il patriarca di Costantinopoli e arcivescovo di Candia Girolamo Lando, residente a Venezia. Si
tratta di un personaggio poco noto, bandito dalla citt per un anno nel 1480, con laccusa di aver riferito importanti segreti di stato a
Lorenzo de Medici. Si pu di conseguenza ipotizzare che non sia ben visto dalle magistrature veneziane, come in effetti emerger nei
suoi contrasti con il Consiglio dei Dieci.[14] La vicenda processuale piuttosto lunga, e si cercher quindi di riassumerne i punti
principali.[15] Il 22 febbraio la Scuola citata in giudizio dal Badoer: cardine della sua accusa laccordo stipulato dai suoi antenati
con i confratelli, in base al quale essi potevano godere di spazio pro suis ipsius confraternitatis negotis e per fabbricare in locco
ecclesiae et hospitalis nostri Prioratus, et iuris patronatus Sancti Ioannis Evangelistae memorati[16], con la precisa clausola, per,
che il diritto di celebrare messe o divini uffici attenesse esclusivamente alla chiesa di S. Giovanni. In questo modo i confratelli erano
stati anche in grado di officiare per mezzo di propri cappellani; ma recentemente essi non avevano pi mantenuto questa
observantiam, anzi ab ea se subtrahere, trasportando extra memoratam ecclesiam il diritto di celebrare in quel luogo dove ora
dicono che loro concesso: allinterno, cio, della loro sede. Ci stato possibile sostiene il Badoer avendo i confratelli estorto
una lettera apostolica[17], in virt della quale non soltanto celebrano al di fuori della chiesa, ma hanno anche eretto un oratorium
allinterno della Scuola. Ci ha provocato grandi danni al priorato e Giovanni Alvise Badoer invoca dunque una sentenza da parte di
Girolamo Lando, con la quale si dimostri come la lettera apostolica sia stata estorta con lastuzia e sia pertanto da considerarsi non
valida.[18] Il 20 marzo viene ascoltata la difesa della Scuola, esposta dal Guardian Grande e compagni. Innanzitutto, egli ricorda che
nei giorni precedenti era gi intervenuto il Consiglio dei Dieci a stabilire, nella forma di un avvertimento pi che di una sentenza, che
Girolamo Lando avrebbe dovuto occuparsi soltanto di verificare la validit della concessione apostolica: unaffermazione, ancora una
volta, sintomatica di una particolare attenzione dei Dieci nella definizione dei limiti del potere religioso.[19] Il patriarca, in sostanza,
non avrebbe dovuto interferire in una questione politica, cos come sembra ormai delinearsi la tensione tra Scuola e priorato. I
confratelli continuano affermando che ingiustamente il priore sosteneva il loro obbligo a celebrare esclusivamente in chiesa, negando
che fosse stato loro vietato di costruire un oratorio in locco dictae Scholae. E ribadiscono la falsit di quanto affermato dal priore,
cio che questi eventi abbiano recato gran danno al priorato. La Scuola ha s trasgredito alla sentenza di Maffeo Girardo,
giustificando lira di Giovanni Alvise Badoer, ma lo ha fatto con lavallo del Pontefice. Va letto in questo senso un passo della loro
difesa: de illa asserta sententia quomdam bonae memoriae Domini Maphei Ghirardi olim Patriarchae et Cardinalis Venetiarum, et
propter que Sanctissimus Dominus Noster fuit motus ad concedendum talem praesentum rescriptum.

Sabato 12 aprile il Badoer si presenta al cospetto del patriarca Lando per articolare la sua accusa attraverso lelencazione di ventisei
punti di contenzioso.[20] Se ne riassumono quelli di maggior rilievo. I primi articoli concernono lorigine dei diritti della
confraternita nel territorio ed il suo rapporto con lo iuspatronatus della famiglia Badoer; il riconoscimento nella figura del priore del
capo dellospedale e della chiesa; la possibilit di usare la chiesa ed il cimitero usufruendo dei servizi celebrati da tre cappellani eletti
dai confratelli.[21] Con il punto 13 la questione economica viene implicitamente sollevata quando il priore afferma che dicti
capellani erano soliti celebrare le messe in chiesa nelle occasioni solenni e la prima domenica di ogni mese ad maximum comodum
dicti hospitalis prioratus et ecclesiae, et ad augmentum non parum cultus Divini in ipsa ecclesia.[22] Probabilmente con comodum
si intendono anche i proventi delle elemosine, le regalie di cui si gi parlato.

Giovanni Alvise Badoer afferma inoltre che da quando la Scuola non celebra pi le proprie funzioni in chiesa, e soprattutto da
quando non porta pi la reliquia della Croce in processione, il priorato stato privato di tutti i benefici che ne conseguivano. Si rende

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quindi assolutamente esplicita la vera natura del problema, non soltanto politica e religiosa, ma soprattutto economica. Perfino il
Pontefice, conclude il Badoer, se fosse stato avvisato delle vere intenzioni dei confratelli non avrebbe permesso con la bolla del 1492
unum altare descoperiri (...), et aliud coperiret, n, daltro canto, avrebbe approvato il progetto delloratorio, a detrimento antiquae
ecclesiae cui est ius acquisitum.[23]

Dallaccusa sembra dunque emergere lesistenza un vero e proprio progetto per la realizzazione di un oratorio allinterno della
Scuola, dedicato a S. Giovanni dei Battuti, come appare dalla citata richiesta del 1491 indirizzata ai Capi del Consiglio dei Dieci. E
questo, infatti, che scatena lira del priore. Ricordando come a questa data la Scuola manchi ancora di una scala degna del suo
prestigio, va notato che essa priva di un accesso idoneo al piano superiore, cio alla sala capitolare, nella quale, come duso presso
le altre confraternite, si trovava un altare per la celebrazione delle messe per i morti e di altri divini uffici. Lipotesi pi plausibile, a
questo punto, che a S. Giovanni i confratelli officiassero nella sala terrena, piuttosto che nella sala capitolare, per motivi puramente
funzionali. Non potendo infatti garantire un accesso comodo al piano superiore, vista anche la presumibile tarda et di alcuni
membri, si era preferito trasformare il piano inferiore, privo di una precisa funzione, ad uso di oratorio.[24] Questa prassi, di cui si
ignora la data di inizio, potrebbe aver infastidito il neo eletto priore, al punto di scacciare i confratelli dalla chiesa di S. Giovanni,
adducendo il pretesto che erano stati loro stessi ad allontanarsi dallantica consuetudine di celebrarvi le loro messe. Il trasferimento
delle funzioni liturgiche private della Scuola dal piano superiore a quello inferiore avrebbe, probabilmente, attirato molti pi fedeli, e
di conseguenza sarebbero state raccolte molte pi offerte.[25]

Cinque giorni dopo l arringa del priore, il 17 aprile interviene finalmente il Consiglio dei Dieci. Un ufficiale inviato dai vertici della
suprema magistratura interrompe il processo dichiarando che i suoi superiori desiderano ascoltare le parti in causa. Girolamo Lando
deve quindi rinviare ludienza al sabato successivo.[26] E sintomatica questa interruzione, con la quale si ribadisce come lultima
parola spetti ai Capi dei Dieci, e lo altrettanto il fatto che essa sopraggiunga in un momento tanto delicato, allindomani della lunga
e convincente accusa formulata da Giovanni Alvise Badoer. Lo stesso giorno i Capi richiamano il priore a limitare le sue accuse alla
questione relativa allerezione delloratorio, e sottolineano inoltre che il patriarca Girolamo Lando pu habere iudicium soltanto
sulla opportunit dello stesso e in nessun altra cosa.[27] E perentorio lavvertimento del Consiglio dei Dieci, che per la seconda
volta ingiunge a un giudice ecclesiastico di occuparsi soltanto di quanto gli compete. Il giorno dopo Giovanni Alvise Badoer chiede
al Lando di concedere una proroga, per la propria audizione, sino al marted seguente, perch desiderava ripresentarsi davanti ai
Dieci a proposito della declarationem emanata. I confratelli si oppongono ma il patriarca decide ugualmente di rimandare la nuova
requisitoria del priore: una decisione, ancora una volta, sintomatica dellappoggio dato al Badoer.[28] Dopo alcuni rinvii e
aggiornamenti proposti da entrambe le parti in causa[29], il 24 maggio giunge finalmente la tanto attesa sentenza del giudice
Girolamo Lando: quod confratres praefati non possint, nec valeant in parochia praefata erigere, sive erigi facere, fabricare, aut
fabrichari facere aliquod oratorium, sive capellam aut cenobium; nec etiam in parte inferiori ipsius Scholae nec alicubi in loco
propinquo capellae hospitalis praefati Sancti Ioannis. Le motivazioni sono chiare: la costruzione di una nuova cappella priverebbe
laltra hospitalis praefati maiori, che le vicina passibus quinque, vel octo, della devozione dei fedeli, delle elemosine, e di altri
benefici. Non vi potr essere concordia tra le parti se i confratelli realizzeranno loratorio in depressione cappellae hospitalis.[30]
Ai confratelli resta soltanto la possibilit di celebrare in altaribus inferioribus i divini offici, per vivi, morti, e orazioni di ogni
genere, ma clausis tamen ianuis.[31] La sentenza patriarcale tenta quindi di limitare al massimo la portata pubblica delle iniziative
di culto promosse allinterno della Scuola, attribuendo alloratorio le funzioni di una cappella privata nella quale viene concesso di
officiare, ma a porte chiuse, per evitare lafflusso del popolo e le conseguenti elemosine. Naturalmente la Scuola si oppone e
promette di appellarsi a una decisione ritenuta indebita.[32] Ma soltanto quattro giorni dopo, il 28 maggio 1494, intervengono i Capi
del Consiglio dei Dieci a stabilire che tempore celebrationis missarum non debeatis ullo modo claudere, sive claudi, et clausas
teneri facere portas ipsius Scholae vestrae sed apertis ianuis dicta divina officia et missas celebrari facere ut unusquisque possit
venire ad faciendum devotiones suas sicut faciebatis ante sententiam novissime latam per eccellentissimum patriarcham
Costantinopolitanum[33]. Fanno cio valere, appoggiandolo apertamente, il diritto di culto proprio della Scuola, che intendeva
celebrare a porte aperte per attirare il maggior numero di fedeli. Un ulteriore elemento merita infine attenzione. Il testo della delibera
recita testualmente divinis officis quae celebrari facietis in illa scola in oratoris vestris super altaribus inferioribus, ma lo scrivano
che lha trascritta ha significativamente cassato con un tratto di penna le parole altaribus inferioribus: un gesto che sembra
sottolineare lirrilevanza (per i Dieci) della localizzazione dellaltare (al piano terreno o nella sala capitolare), e ribadire al tempo
stesso il senso generale della loro decisione, vale a dire lobbligo di tenere aperte le porte durante le funzioni di culto.[34] Lulteriore
indicazione della presenza di un altare nella sala inferiore avvalorerebbe inoltre lipotesi che davvero una sorta di oratorio fosse stato
realizzato nel salone terreno della Scuola.[35]

Una volta ottenuta la conferma, tutta politica, della loro libert di officiare dove ritengono pi opportuno (una netta presa di
posizione contro Girolamo Lando), i confratelli di S. Giovanni Evangelista sembrano avere finalmente pensato di sistemare la sala
capitolare, in modo da poterla allestire degnamente per le celebrazioni religiose, mantenendo nel contempo la medesima provvisoria
funzione nella sala terrena. Ci avrebbe evitato in futuro eventuali divergenze con il priorato, gravose anche per la Scuola, ed in
base a un tale programma che, nello scenario che s tentato di delineare, si alzer la sala capitolare, si realizzer il citato ciclo di
teleri, e si porr infine mano allerezione della scala, il cui progetto va anticipato, infatti, di tre anni. [36]

La controversia tra la Scuola e i Badoer, e il significativo intervento in essa del patriarca Lando e dei Dieci, possono essere ritenuti
un precedente importante per analoghe controversie che si verificheranno a Venezia, tra potere politico e potere religioso, in pieno
Cinquecento: si veda il contenzioso, del tutto analogo, che contrapporr nel 1530 e seguenti il patriarca Girolamo Querini alla Scuola
Grande della Misericordia, il quale come a S. Giovanni, avr ripercussioni di un certo rilievo sulle trasformazioni architettoniche
dellarea. La situazione molto simile: la famiglia Moro amministra lintera zona, dalla Scuola della Misericordia fino a S. Giobbe, e

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sussiste un suo iuspatronato sulla confraternita e sulla adiacente chiesa. Nel 1530 ha inizio una lite, portata avanti in nome della
Scuola da Marco Antonio Pasetto, prima in qualit di avvocato e poi di Guardian Grande. La questione concerne lobbligo, imposto
ai cappellani del priorato, di officiare una messa la prima domenica del mese nella sala capitolare della Scuola vecchia. I Moro si
oppongono, ancora una volta a causa della conseguente perdita dei proventi delle elemosine e delle offerte che in tali occasioni
sarebbero state ricevute dalla Scuola e non dal priorato. A questo punto entra in scena il patriarca Girolamo Querini, che minaccia la
Scuola di scomunica qualora avesse continuato a celebrare messe allinterno della sua sede e non nella vicina chiesa. Il Consiglio dei
Dieci, soprattutto per voce di uno dei suoi capi, il futuro cardinale riformista Gasparo Contarini, reagisce a questingerenza,
generando tensioni fra i vertici politici e religiosi della Repubblica.[37] Non reputando il patriarca abile a decidere sulla libert di
culto nelle Scuole, i confratelli della Misericordia continuano a celebrare la messa nella propria sala capitolare, riuscendo ad ottenere
un permesso papale nel 1531. E contemporaneamente a questi eventi, dopo due decenni di interruzione, riprende vigore il proposito
di dotare la Scuola di una nuova, splendida sede ( Pasetto a convocare a questo scopo per la prima volta Jacopo Sansovino),
adducendo a pretesto il fatto che il priore li avrebbe scacciati dalla Scuola vecchia. Non difficile riscontrare nelle espressioni di
questa lite una replica di quanto era successo nel secolo precedente a S. Giovanni Evangelista: gli stessi conflitti, le medesime parti
in causa, lo stesso uso strumentale degli eventi. Come infatti a S. Giovanni si accusava il priore di aver impedito ai confratelli luso
della chiesa, per poterne realizzare una allinterno della Scuola, alla Misericordia si sfrutta il contenzioso con il patriarca per portare
avanti il progetto per la nuova sede della confraternita, come dimostra la concomitante comparsa sulla scena di Sansovino. Come a S.
Giovanni dunque, le tensioni con il priorato diventano il pretesto per la realizzazione di lavori mirati ad accrescere lindipendenza e il
potere della Scuola nei confronti del sestiere e della citt: nel caso della Scuola della Misericordia, la costruzione di una nuova sede
sembra infatti essere intesa a indebolire il potere e il prestigio dei Moro a Cannaregio.[38]

Il caso della Misericordia evidenzia come fosse ormai radicato nei primi decenni del Cinquecento il contrasto tra potere istituzionale
e religioso sulla gestione dei benefici ecclesiastici, sulla scia tra laltro dei primi tentativi accentratori della chiesa di fronte ai pericoli
del luteranesimo. Ma la scoperta di un analogo contrasto negli anni novanta del Quattrocento consente di leggere questa vicenda
come unimportante anticipazione, della quale necessario tentare di comprendere le ragioni. Una possibile risposta pu emergere
dal confronto tra Girolamo Lando e il suo predecessore, come giudice della causa, Maffeo Girardo. Al contrario di questultimo, il
Lando appoggia radicalmente e senza alcun imbarazzo i Badoer, rappresenta in toto un potere ecclesiastico che cerca di imporsi su
consuetudini ormai assodate da tempo. E in questottica che deve andare intesa la sua indifferenza nei confronti delle istituzioni e il
repentino intervento dei Capi dei Dieci a limitare la portata della sua sentenza.

La differenza politica tra Maffeo Girardo e Girolamo Lando ha un suo equivalente nel rapporto di questi personaggi con la citt. I
due prelati si trovano ad operare in qualit di committenti darchitettura a pochi (ma significativi) anni di distanza: il primo come
priore del monastero di S. Michele in Isola prima ancora di diventare patriarca, il secondo come semplice cittadino. Fin dagli anni
cinquanta del Quattrocento infatti il Girardo si era reso artefice del restauro dellintero complesso camaldolese, favorendo il
completamento del chiostro e lerezione del campanile della chiesa. [39] Altri importanti lavori pubblici caratterizzeranno gli anni
del suo patriarcato.[40] Girolamo Lando invece non ricopre cariche pubbliche tali da consentirgli di proporre architetture di cos
grande impatto urbano, ma da committente privato si distingue tuttavia per un'operazione assai particolare: l'erezione del proprio
palazzo a Sant'Angelo (1485 - 1500 circa). [41] Ca' Lando Corner Spinelli, di incerta paternit[42], insieme a Ca' Loredan[43]
uno dei primi palazzi con una moderna facciata in parte all'antica, che patrizi di rilievo, non tuttavia dogi o aspiranti tali, si fanno
costruire sul Canal Grande, prassi che sintensificher nel Cinquecento con i grandi palazzi di famiglia di Sansovino e Sanmicheli.
La facciata di Ca' Lando impone il suo profilo quasi a volersi confrontare con la prospiciente Ca' Foscari, esibendo un anomalo
bugnato al primo livello, e due registri superiori molto simili. Pur con tutte le sue imperfezioni, evidenziate acutamente da Roberta
Martinis, si tratta di un'architettura coraggiosa, quasi sfacciata se si considerano alcune contemporanee esperienze veneziane sul
Canal Grande, quali la lombardesca Ca' Dario.

Liniziativa di committenza di Girolamo Lando quindi anchessa anticipatrice di un atteggiamento che si consolider pi tardi, di
dichiarato e spiccato individualismo. Nulla di pi distante dai progetti culturali e architettonici promossi da Maffeo Girardo, rivolti
ad unintera comunit.

[1] Questo saggio frutto della rielaborazione di un capitolo della mia tesi di laurea La Scuola Grande di S. Giovanni Evangelista a
Venezia (1340 1515), discussa presso lo IUAV, nellanno accademico 2002 2003, relatrice: prof. M. Morresi.

[2] Giovanni Alvise Badoer viene eletto alla carica di priore il 18 febbraio 1489. Cfr. ASVe, SGE, b. 162, fasc. D.

[3] Ivi, fasc. G, cc. 35r 37v.

[4] Ivi, cc. 38r 39r, 40r.

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[5] Ivi, fasc. F, cc. 54r 54v.

[6] Non appena eletto, il nuovo priore Alberto Badoer intende restituire ai confratelli, come atto di riconciliazione, le chiave della
giesia, lasciando intendere che durante il priorato del suo predecessore la Scuola ne fosse stata allontanata. Per lelezione del Badoer
cfr. Ivi, fasc. D. Per quanto concerne le vicende delle restituzione della chiesa cfr. il documento datato 30 novembre 1499 Ivi, b. 38,
cc. 127 128; b. 75, fasc. 1, cc. 45 46; b. 140, cc. 197r 197v; per le rivendicazioni della Scuola sulla stessa cfr. Ivi, b. 162, fasc.
G, cc. 11v 12v, 14r, 20r, 21r 21v.

[7] Ivi, b. 75, cc. 43 45; b. 162, fasc. G, cc. 57r 59r. Cfr. F. Corner, Ecclesiae Venetae, voll. I XIIII, Venezia 1749, vol. VI, pp.
333, 376 377, doc. E; Idem, Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia e di Torcello, Padova 1758, p. 371.

[8] Una serie di atti notarili e documenti, compresi tra il 1441 ed il 1443, attestano gli accordi in corso tra Scuola e priorato per
intervenire sul rifacimento della chiesa di S. Giovanni e per ottenerne laffidamento alla confraternita. Cfr. in particolare la
convenzione del 20 novembre 1441 in ASVe, SGE, b. 38 cc. 92 93 (ridotta e volgarizzata); b. 75, cc. 32 35; b. 140, cc. 260r
261v; b. 162, fasc. C, H e quella del 12 novembre 1443 in Ivi, b. 38, cc. 95 96 (ridotta e volgarizzata); b. 75, cc. 37 39; b. 140,
cc. 153v 155v, 262r 263r; b. 162, fasc. C, F, cc. 48r 53r, H.

[9] Ivi, b. 38, cc. 124 125, b. 140, cc. 194r 195v. La proposta viene approvata ma con una maggioranza relativa (30 a favore, 13
contrari), essendo quasi un terzo dei confratelli non favorevoli. Urbani de Gheltof ha citato la questione senza, per, attribuirle molta
importanza. Cfr. G. M. Urbani de Gheltof, Guida storico artistica della Scuola di S. Giovanni Evangelista in Venezia, Venezia
1895, p. 35.

[10] ASVe, SGE, b. 38, c. 126.

[11] Ivi, b. 162, fasc. G, cc. 38r 38v.

[12] A. Niero, I Patriarchi di Venezia, Venezia 1961, pp. 42 44.

[13] Per le opere intraprese in questi anni, cfr. S. M. Rinaldi, Contributo darchivio per la decorazione pittorica della Scuola di S.
Giovanni Evangelista, in Arte Veneta , XXXII, 1978, pp. 293 294 e J. G. Bernasconi, The dating of the cycle of the Miracles of
the Cross from the Scuola di S. Giovanni Evangelista, in Arte Veneta, XXXV, 1981, pp. 198 202; A. Spinazzi, La Scuola Grande
, cit., pp. 81 82, 86 88, 104 110.

[14] Il patriarca fratello dellumanista Vitale Lando, anchegli allontanato dalla citt nel 1478. Girolamo interviene
successivamente nella vita politica veneziana nel 1482, nel mentre dellassedio di Ferrara quando Venezia minacciata di interdetto
da papa Sisto IV, suggerendo in Collegio di appellarsi al Concilio. Il prestigio della famiglia aumenter nel secolo successivo: il
nipote di Girolamo, Pietro Lando, sar doge dal 1539 al 1545. Per notizie sullalbero genealogico della famiglia cfr. R. Martinis,
Palazzo Lando Corner Spinelli a SantAngelo. Nuovi documenti sulla datazione e la committenza, in Arte Veneta, n. 55, 1999,
p. 159. Per la figura di Vitale Lando cfr. Ibidem, p. 158, n. 20 e M. L. King, Umanesimo e patriziato a Venezia nel quattrocento,
voll. 1 - 2, Roma 1989, voll. 2, voce Lando Vitale, pp. 562 563.

[15] ASVe, SGE, b. 162, fasc. F, cc. 1r 2r.

[16] Cfr. n. 8.

[17] Si tratta di quella concessa nel 1492 concessa da papa Alessandro VI cui si accennava sopra. Cfr. n. 10.

[18] ASVe, SGE, b. 162, fasc. F, cc. 9r 12r.

[19] Superioribus diebus per eccelsum et illustrissimum Consilii X fuit eis in hoc solo articulo concessum et permissum () illo
casu etiam se, et in quantum Dominatio Vestra Reverentissima posset esse iudex et ei non obstet pro ut, in veritate obstat surreptio
orreptio nullitas quia in valeditas praesentae impetrationis apostolicae per prefactum dominum priorem. Per lintero resoconto della
giornata cfr. Ivi, cc. 12v, 13v 14r, 15r 16v, 18v 19v, 22r, 23r.

[20] Ivi, c. 26v.

[21] Cfr. artt. 1, 4, 8, 10 12, Ivi, cc. 29v, 30v 31r, 33r 33v, 34r 35r. Lo spazio adibito a cimitero, ora racchiuso da fabbriche
posteriori, faceva parte del portico della chiesa, come evidenziato nel telero di Lazzaro Bastiani La Donazione della Reliquia alla
Scuola di S. Giovanni, attualmente custodito alle Gallerie dellAccademia. Per il telero cfr. S. Moschini Marconi, Gallerie
dellAccademia, vol. I - III, Roma 1955, vol. I, pp. 56 - 58, scheda 56; G. Nepi Scir, I capolavori dellarte veneziana. Le Gallerie
dellAccademia, Venezia 1991, pp. 110 111, scheda 55.

[22] Art. 13, Ivi, c. 35r.

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[23] Cfr. Artt. 14 26, Ivi, cc. 35v 42r.

[24] Fino alla costruzione della scala di Codussi non si ha notizia di alcun tipo di accesso al piano superiore anche se Sohm sostiene
che lassenza di finestre sul lato nord del vestibolo potrebbe denotare la presenza di una vecchia scala in questo punto, simile in
pianta a quella della Misericordia. Cfr. P.L. Sohm, The Scuola Grande di S. Marco, 1437 1550: the architecture of a Venetian Lay
Confraternity, Ph. D. Dissertation, John Hopkins University, 1978, p. 75.

[25] Si noti al proposito la vicenda relativa alla cessione nel 1432 di un terreno da parte degli Eremitani di Santo Stefano al fine di
costruire una sede per una nuova scuola devozionale, composta da vari artigiani. I religiosi impongono che il nuovo edificio sia a due
livelli, al primo dei quali dovr essere realizzata una cappella e al secondo la sala del capitolo, aggiungendo un assoluto divieto ai
confratelli di far celebrare al piano terreno qualsivoglia funzione se non agli stessi membri del monastero. Verosimilmente la natura
di questo obbligo motivata da ragioni economiche simili a quelle sin qui evidenziate. Cfr. A. Gentili, Le storie di Carpaccio,
Venezia 1996, p. 141.

[26]ASVe, SGE, b. 162, fasc. F, cc. 42r 42v.

[27] Cum praefactus prior habeat prosequi solam actionem suam praedictam super oratorio praedicto sicut iam contentavit et
promisit in praesentia magnificorum illustrissimum Capitum, et sic notificati praefacto illustrissimo domino patriarchae, ut sciat non
habere iudicium nisi in dicta sola actione super oratorio infrascripto, et non in ulla alia re. Cfr. Ivi, cc. 45v 47r; cc. 60r 61r; Ivi,
Notatorio dei Capi del Consiglio dei Dieci, Reg. 2, c. 51r.

[28] Ivi, SGE, b. 162, fasc. F, cc. 42v 43v.

[29] Ivi, cc. 43v 45v.

[30] Ivi, b. 165, fasc. 2 C, cc. 49v 50r. Per lintero testo della sentenza cfr. Ivi, cc. 45r 53r.

[31] Ivi, c. 51r.

[32] Ivi, cc. 52v 53r.

[33] Ivi, Notatorio Capi del Consiglio dei Dieci, Reg. 2, c. 54v.Corsivi miei.

[34] Ibidem. Corsivi miei.

[35] Lipotesi pare confermata anche da un passo di documento pi tardo (14 agosto 1498), relativo alla cessione da parte della
famiglia Zane del terreno in cui sarebbe stato costruito lo scalone di Codussi. Nella descrizione della lunghezza e dellingombro
dellopera si legge infatti che: se estender la longezza di do rami et dei patti de ditta scala comenzando el muro a un segno arente la
fenestra de ditta Scola che son arente laltar et andar recto tramite per linea da laltra testa verso i neccesarij. Cfr. Ivi, SGE, b. 140, c.
303v. Considerato che le misure vengono sicuramente rilevate al piano terreno, evidente che la scala si sarebbe attestata tra un
altare da un lato, e i gabinetti dallaltro. Probabilmente questi ultimi erano dislocati a est della scala, cio verso lAlbergo, e in questo
caso laltare si sarebbe trovato a ovest nella sala terrena. Sembra quindi quasi certo che almeno sino al 1498, prima di
richiedere nuovamente luso della chiesa, i confratelli officiassero ancora nella sala inferiore.

[36] Spetta a Sohm e a Mason Rinaldi il merito di aver scoperto che il progetto della scala andava predatato sulla base di una
petizione del 21 agosto 1495 indirizzata al Consiglio dei Dieci. Cfr. P. L. Sohm, The Scuola Grande di S. Marco.., cit, pp. 199, 331 -
332, doc. 190; S. Mason Rinaldi, Contributo darchivio..., cit., pp. 293, 299, doc. 1. Mason Rinaldi segnala, inoltre, che il documento
era stato visto anche da Canuti, alla ricerca di materiale sullattivit del Perugino, autore del Salvataggio delle navi di Andrea
Vendramin purtroppo perduto, a Venezia. Lo studioso, per, aveva trascritto schola al posto di scala, fraintendendo il significato
del testo. Cfr. F. Canuti, Il Perugino, voll. I - II, Siena 1931, vol. I, p. 121, vol. II, p. 184, doc. 241.

[37] Il patriarcato del domenicano Girolamo Querini (1524 1554) si rivela fin da subito, dal punto di vista dei rapporti con il
governo, piuttosto problematico. Antonio Niero, I Patriarchi di Venezia, cit., d una dimensione significativa, sebbene talvolta di
parte, delle tensioni che il Querini ebbe a gestire durante il suo mandato, tali da indurlo nel 1541 a lasciare la citt, per trasferirsi
definitivamente nel convento domenicano di S. Sebastiano a Vicenza. Esemplare la vicenda relativa allelezione del vicario della
chiesa di S. Bartolomio, datata 1525. Il patriarca contrappone un proprio candidato a quello scelto dai parrocchiani. Una
commissione nominata dal Collegio conferma la legittimit delleletto dal popolo, mentre il Querini lo scomunica insieme ai
parrocchiani che lo avevano proposto. Questultimi accettano la sfida e, noncuranti della scomunica, consegnano le entrate
direttamente al vicario da loro eletto. Antiluterano convinto, il Querini combatter la sua battaglia per una nuova indipendenza del
clero veneziano dal governo della Repubblica (insiste fin da subito perch lelezione dei piovani sia deferita a lui). Per quel che
riguarda pi da vicino le questioni di cui si sta trattando si ricorda un decreto del 1529 che proibisce al clero la celebrazione nelle
cappelle private anche se ci sia indulto apostolico, perch in questo modo andava perduto il frutto delle elemosine, o forse meglio
perch la vita parrocchiale veniva a soffrire grave danno. Cfr. A. Niero, I patriarchi..., cit., pp. 72 87, in particolare pp. 74 79.

[38] Per lintero svolgimento della lite e per approfondimenti, cfr. M. Morresi, Jacopo Sansovino, Milano 2000, pp. 98 101. Sulla

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Scuola della Misericordia si vedano inoltre M. Tafuri, Jacopo Sansovino, Padova 1969, pp. 12 18; D. Howard, Jacopo Sansovino.
Architecture and Patronage in Renaissance Venice, New Haven e Londra 1986, pp. 96 112.

[39] Cfr. P. Paoletti, Larchitettura e la scultura del rinascimento a Venezia, Venezia 1893, vol. II, p. 59; L. Olivato, L. Puppi, Mauro
Codussi, Milano 1977, p. 23, scheda 1, pp. 177 178.

[40] Si veda ad esempio la ricostruzione del campanile di S. Pietro di Castello ad opera di Mauro Codussi. Cfr. L. Olivato, L. Puppi,
Mauro Codussi, cit. pp. 45 50, scheda 4, pp. 187 190; J. McAndrew, Larchitettura veneziana del primo Rinascimento, a cura di
M. Bulgarelli, Venezia 1995, pp. 227 229.

[41] Girolamo Lando patriarca di Constantinopoli, citt occupata dai Turchi nel 1453. La sua carica dunque solo onorifica, non
effettiva. Per cenni sulla datazione del palazzo cfr. R. Martinis, Palazzo Lando Corner Spinelli a SantAngelo , cit., pp. 155.

[42] R. Martinis, Palazzo Lando Corner Spinelli a SantAngelo , cit., pp. 155 157, mette fondatamente in dubbio la
tradizionale attribuzione del palazzo a Codussi, identificando il patriarca Lando quale committente dello stesso. Cfr. anche E. Bassi, I
palazzi di Venezia, Venezia 1976, pp. 386 - 395, scheda 7.8.

[43] Per Ca' Loredan, cfr. R. Martinis, ca' Loredan-Vendramin-Calergi a Venezia: Mauro Codussi e il palazzo di Andrea Loredan, in
"Annali di Architettura", nn. 10-11, 1998 - 99, pp. 43 - 64.

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