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Dallekfrasis alla figurativit.

Intersemioticit e rappresentazione del sensibi


sensibile
Paolo Bertetti

In queste note vogliamo soffermarci problematicamente sulla questione dellintersemioticit della


dimensione figurativa dei testi. Il riferimento allidea, propria della semiotica generativa, di un
livello figurativo inteso come emergenza del sensibile allinterno del discorso, relativo quindi a
quello che in altre concezioni teoriche sarebbe definito come lambito della referenzialit o anche
della rappresentazione o descrizione del mondo; secondo la teoria greimasiana, come noto,
tale livello posto sul piano del contenuto ed indipendente dalla sua realizzazione concreta nei
diversi sistemi semiotici. Tale impostazione, pur preziosa per le possibilit di ridefinire problema-
tiche come quella dellintertestualit o della traduzione, a nostro parere non tiene per sufficien-
temente conto delle differenze che pur esistono tra le realizzazioni figurative dei diversi sistemi
semiotici, non sempre rinviabili esclusivamente alla manifestazione nelle diverse materie
dellespressione. Tutto ci si inquadra, evidentemente, in un dibattito pi ampio, che vede, a se-
conda delle posizioni teoriche, da un lato privilegiare le strategie di senso comuni ai vari linguag-
gi, dallaltro sottolineare la specificit dei diversi sistemi semiotici.
Come abbiamo cercato di dimostrare in altra occasione (Bertetti 2013) la teoria greimasiana della
figurativit il risultato di unoperazione di sincretismo teorico che ha visto mettere insieme sug-
gestioni provenienti da ambiti spesso assai eterogenei, dalla linguistica strutturale alla fenomeno-
logia, agli studi etno-letterari ecc. Cos facendo (e questa ci sembra una delle acquisizioni pi inte-
ressanti) Greimas ha mostrato come una serie di problematiche tradizionalmente assai distanti tra
loro quali, ad esempio, quelle della metafora, della mimesis, del motivo folclorico e artistico,
della parabola, di certi fenomeni semantici ecc. potevano essere ricondotte ad ununica catego-
ria descrittiva, quella della figurativit appunto, intesa come lemergenza allinterno dei diversi
sistemi semiotici della realt sensibile o meglio, consistente nel rendere sensibile la realt sensibi-
le (Bertrand 2000, p. 99).
Grosso merito di Greimas, dunque, stato quello di rendersi conto che allinterno di qualsiasi
tipo di testi esiste un livello di senso comune a tutti i linguaggi, quello figurativo appunto, corri-
spondente alle figure del mondo naturale, vale a dire al risultato della percezione semiotica-
mente determinata da una griglia di lettura semiotica e culturale che noi abbiamo degli oggetti
del mondo.
Tale attenzione verso il momento percettivo rimanda come noto a unopzione fenomenologica
merleau-pontyana (cfr. Bertetti 2012). In questo senso il concetto di mondo naturale (cfr. Greimas
1970) ridefinisce il vecchio problema semiotico del riferimento, postulando non pi un referente
extra-semiotico, bens unentit gi organizzata come semiotica. In questo modo la relazione di
referenza non si instaura pi tra le parole e le cose, ma di natura inter-semiotica, delineandosi
come operazione traduttiva tra due sistemi semiotici diversi, quello del mondo naturale e quello
delle lingue naturali.
Ci possibile perch la percezione stessa non pre-linguistica (o meglio pre-semiotica) ma essa
stessa gi semiotizzata e insieme semiotizzante; in altre parole essa regolata da categorie culturali
che intervengono a selezionare e organizzare le qualit sensibili: il reale, insomma, non privo di
senso e la nostra conoscenza del mondo comunque sempre e in ogni caso segnica. Cos facendo
Greimas si pone sulla scia di Saussure e di Hielmslev (e prima ancora di loro di Humbolt) che
riconoscevano al linguaggio una natura classificatoria (modellizzante, come direbbe la scuola di
Tartu) rispetto al reale (alla massa amorfa delle sensazioni, come la chiamava Saussure), ma te-
nendo presente che, almeno idealmente, per Greimas la categorizzazione non soltanto linguisti-
ca, ma riguarda tutti i diversi sistemi di segni.
Un aspetto che ci sembra peculiare della concezione greimasiana di figurativit, e sul quale come
detto vogliamo soffermarci in questa sede, lidea che la figurativit non sia legata soltanto
allambito del visivo (alle cosiddette arti figurative), ma vada considerata una caratteristica co-
mune a tutti i sistemi semiotici, un sostrato intersemiotico che al pari di altre componenti
dellimmanenza testuale quali le strutture narrative o lorganizzazione spaziale costituisce una
delle condizioni di possibilit di qualsiasi traduzione tra i diversi sistemi segnici (ivi inclusa, come
abbiamo visto, la stessa relazione di referenza, stante che il mondo naturale anchesso per
Greimas una semiotica).
In altre parole, secondo Greimas, lintersemioticit garantita dallesistenza, allinterno dei diversi
tipi di testo, di un livello comune di senso (corrispondente alle strategie semio-narrative e discor-
sive) che pu venire espresso in sistemi semiotici differenti. Uno dei livelli sui quali si pone il con-
fronto intersemiotico proprio quello figurativo, il livello della rappresentazione o, meglio,
dellemergenza allinterno del discorso del mondo sensibile.
Tale intersemioticit della dimensione figurativa non priva di problemi. Tra laltro, se lidea di
figure che migrano da un testo allaltro, e da un sistema semiotico a un altro, dando origine a tra-
dizioni figurative che si basano parimenti su testi visivi, letterari ecc., non solo suggestiva, ma
apre nuove prospettive alla problematica del1intertestualit, resta il fatto (come osserva Lancioni
2001) che il modo di presenza delle figure del mondo in un testo verbale e in un testo visivo
assai diverso, e non appare riconducibile soltanto a una diversa gradazione della densit figurati-
va. In effetti, pi che sviluppare una riflessione sul figurativo propriamente visivo ci si per lo pi
limitati ad integrare osservazioni che provenivano dallo studio e dallanalisi di testi diversi, soprat-
tutto di natura verbale. Pi in generale, tra il livello figurativo e la manifestazione nelle diverse
sostanze c a nostro avviso un divario che la teoria generativa deve ancora colmare: la posta in
gioco quella di rendere conto allo stesso tempo dellintersemioticit figurativa, ma anche della
specificit con cui essa si realizza nei diversi sistemi semiotici.
Va detto che a riguardo le posizioni sono tuttaltro che univoche allinterno della semiotica con-
temporanea: solo per indicare qualche esempio, si pensi a come la specificit dei singoli sistemi
segnici sia stata affermata da Umberto Eco (1984), fautore accanto a una Semiotica generale di
una serie di Semiotiche specifiche il cui campo di indagine lo studio delle grammatiche dei sin-
goli sistemi di segni; oppure si pensi a Juri Lotman e alla Scuola di Tartu, che riconoscono a ogni
sistema semiotico una peculiare forma di modellizzazione del reale, pur se tutti trovano una loro
unit allinterno della sfera della cultura. Per riandare indietro nel tempo, gran parte della semio-
logia degli anni 60, insistendo sulla specificit dei diversi linguaggi artistici, sottolineava piuttosto
unautonomia dei singoli sistemi semiotici; si trattava di una posizione che, almeno in Italia, era
fortemente influenzata dallestetica neolessingiana e anticrociana di Della Volpe (1960), ponendosi
quindi come ultimo esito di una lunga tradizione estetica.
Cosa che del resto fa anche Greimas, che nel postulare una intersemioticit garantita da un piano
del contenuto almeno parzialmente comune ai diversi sistemi semiotici (a livello della forma del
contenuto, se non della sostanza) si colloca nella scia di coloro che negano la specificit delle arti
(o vi pongono dei limiti), in base a una costanza di struttura nella differenza dei diversi mezzi e-
spressivi (per citare solo uno degli ultimi, Praz 1972).

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Tali indagini non possono non richiamare in causa, se non riproporre, discussioni gi da tempo
affrontate nella storia del pensiero, seppur in modi e contesti diversi. Lidea di un contenuto co-
mune ai diversi sistemi di segni ben presente fin nellantichit: Aristotele nella Poetica accomu-
na il poeta e il pittore (ma il discorso vale anche per la musica e le altre forme letterarie) in quan-
to entrambi attuano nella loro opere una mimesis, precisando comunque subito che la mimesis
non soltanto la riproduzione, la rappresentazione del reale: si imitano le cose quali furono e so-
no, ma anche quelle che si dice e sembrano, oppure quelle che dovrebbero essere (1460 b t sgg.).
Le diverse arti per si differenziano perch imitano con mezzi diversi: ad esempio si pu imitare
le cose raffigurandole con i colori e le figure (schemata), oppure con la voce (gli altri due criteri di
differenziazione, relativi ai soggetti e ai modi (1447 a) sembrano riferirsi, negli esempi dello stagi-
rita, a distinzioni allinterno dei diversi sistemi semiotici, pi che tra essi).
Anche per i teorici greci e latini successivi ad Aristotele (da Dionigi di Alicarnasso a Quintiliano)
la descrizione poetica e la rappresentazione pittorica si inquadravano entrambe nella dottrina
mimetica: si deve a Plutarco laforisma secondo cui la pittura poesia muta, e la poesia pittura
parlante. Una tale concezione si rispecchia nella pratica dellEkfrasis, che per gli antichi era la de-
scrizione di opere darte reali o immaginarie (come il caso dello scudo di Achille nellIliade),
inserita come pezzo di bravura, dotato di un valore artistico autonomo, allinterno di opere let-
terarie, in genere sospendendone la continuit diegetica. Come osserva Hamon (1991), in quanto
momento di dispiegamento di un far vedere la descrizione , in questa concezione classica di
una rivalit con la pittura, associata indifferentemente alla poesia o alla prosa.
Lidea di una intersemioticit del contenuto figurativo si ripresenta nei repertori dellet medioe-
vale, periodo in cui, come ha osservato Maria Corti (1997), vi era una grande facilit nel collegare
descrizioni verbali e rappresentazioni iconiche. Secondo Garroni (1973) la stessa presenza nei vari
temi iconografici di poche variabili e di molte costanti iconiche favoriva non solo il loro ricono-
scimento, ma anche la loro trasposizione in sistemi semiotici diversi.
Ma in particolare il rinascimento che pone la dottrina mimetica come tronco comune della
teoria delle arti in generale e in particolare delle arti sorelle della letteratura e della poesia: il
tema dellut pictura poiesis, come incominci ad essere definito prendendo a prestito
unespressione dellArs Poetica (V, 361) di Orazio (il quale per altro si limitava a dire che certe
poesie, come certi quadri, piacciono una sola volta, mentre altri piacciono sempre). La teoria del-
la similarit tra le arti, come noto, rimase dominante fino al 700, nonostante gi Leonardo nel
Paragone tra le arti, prima parte del Trattato della Pittura, avesse operato un confronto tra le strut-
ture e le tecniche di realizzazione di musica, pittura e poesia, sottolineando i contrasti tra le ultime
due sia a livello di percezione (simultanea per la musica e la pittura, separata nel tempo per la
poesia), sia a livello del contenuto e del rapporto tra sistemi linguistici e mondo naturale (la poe-
sia pone le sue cose nella immaginazione di lettere, e la pittura le d realmente fuori dellocchio,
dal quale occhio riceve le similitudini, non altrimenti che selle fussero naturali; Trattato, 2, 17).
Sar per solo nel 700 che lopposizione tra la pittura, legata allo spazio, e la poesia, che si artico-
la nel tempo, verr teorizzata sistematicamente. Nei secoli che intercorrono, osserva Hamon
(1991), letteratura e pittura saranno spesso messi a confronto, in opposizione, in parallelo o in me-
tafora, ma bisogner aspettare il Laocoonte di Lessing perch la distinzione tra le arti sia posta
con chiarezza in base a un esame approfondito delle caratteristiche propriamente formali. Lessing
rifiuta lomologazione tra poesia e pittura, e lo fa in base a dei criteri non soltanto estetici, ma so-
prattutto semiotici (cfr. Parret 2000): pittura e poesia, infatti, si differenziano innanzitutto per i
mezzi o segni di cui ognuna si serve (figure e colori nello spazio la prima, suoni articolati nel tem-
po la seconda), in secondo luogo per gli oggetti che tali segni esprimono: oggetti nel caso della
pittura, azioni nel caso della poesia (Laocoonte, cap. xvi). La differenza posta, dunque, non solo
a livello dellespressione, ma cosa che pi ci interessa per il nostro discorso anche al livello
del contenuto.
Lopera di Lessing segna una svolta rispetto alle concezioni passate, inaugurando una tradizione di
pensiero che vedr per tutto lottocento un susseguirsi di tentativi di organizzare un sistema delle
arti, e che, dai formalisti russi al Della Volpe, si pone ancora oggi, in antinomia con la reazione

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crociana e con la tendenza unificatrice cos diffusa nella riflessione e nelle pratiche estetiche nove-
centesche, come uno dei poli di un dibattito che (come abbiamo gi osservato) costituisce uno
degli sfondi dello sviluppo della semiotica come disciplina.

pubblicato in rete il 30 ottobre 2013

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