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TITO LUCREZIO CARO (liberamente tratto da testi critici di Nunzio Castaldi e

Giancarlo Giuliani)
La Vita. Della vita di L. rimane poco o nulla: due righe di san Gerolamo ed un accenno (o forse
due) di Cicerone, entrambi ideologicamente avversi alla dottrina epicurea e, perci,
quantomeno da considerare con ponderatezza. Il silenzio su questo grande poeta, che dovette
provocare comunque un certo scalpore nella Roma di Cesare, tuttavia emblematico della
stigmatizzazione che dovette subire il "De rerum natura", lontano comera sia dagli allora in
voga poetae novi di ispirazione alessandrina, sia dallo stoicismo eclettico di Cicerone, sia
dallesaltazione della politica attiva o della guerra fatta da Catilina e Cesare.
Nato nei burrascosi tempi della guerra civile fra Silla e Mario, probabilmente proveniva da
Napoli o da Roma (dalla sua opera e dal modo in cui si rivolge all'aristocratico Memmio non si
riesce per ancora a capire se fosse anch'egli un aristocratico oppure un liberto) e altrettanto
probabilmente trascorse una vita tormentata da forti passioni, come si rileva in molti passi del
"De rerum natura". Va, tuttavia, respinta la teoria di San Girolamo riguardo la presunta follia di
L. causata da un filtro d'amore: si pensa infatti che l'accusa sia nata nel IV secolo al fine di
screditare la polemica antireligiosa del poeta.
L. E LEPICUREISMO A ROMA. A parte il rigore intollerante di Catone il Censore, la cultura e
il pensiero greco erano penetrati, attentamente filtrati, nel mondo romano. Naturalmente
venivano eliminati tutti i risvolti del pensiero greco pericolosi per la conservazione dello stato:
non a caso Cicerone trovava un elemento di forte contrasto nella dottrina di Epicuro:
l'epicureismo era visto come una dottrina che portava alla dissoluzione della morale
tradizionale soprattutto perch, predicando il piacere come sommo bene, distoglieva i cittadini
dall'impegno politico per la difesa delle istituzioni. Inoltre l'epicureismo, negando l'intervento
divino negli affari umani, portava molti svantaggi anche alla classe dirigente la quale non
poteva pi usare la religione come strumento di potere. Poco si conosce riguardo la
penetrazione dell'epicureismo nelle classi inferiori della societ romana; probabilmente
divulgazioni dell'epicureismo circolavano presso la plebe attratta dalla facilit di comprensione
di quei testi e dagli inviti al piacere in essi contenuti. Per divulgare a Roma la dottrina epicurea,
L. scelse la forma del poema epico didascalico. Vi , tuttavia, una contraddizione nell'agire di
L.: se da un lato condanna la poesia per la sua stretta connessione col mito e per il fatto che
pu arrecare infelicit agli uomini, dall'altro ne fa uso per divulgare i principi della dottrina
epicurea. Con la forma scelta da L., cos alta e grandiosa, per divulgare il suo messaggio si
pensato di dover spiegare anche l'atteggiamento di Cicerone nei suoi confronti: evidentemente
Cicerone non poteva accettare gli ideali filosofici epicurei, ma forse proprio l'eccezionalit
della forma poetica che ha spinto Cicerone a non tenere conto di L. nella sua polemica
all'epicureismo.
OPERE. La sua pi grande opera, il "De rerum natura", fu scritta in esametri e suddivisa in sei
libri: probabilmente non fu finita o, in qualsiasi caso, manca di una revisione. Il poema di L.
dedicato a Gaio Memmio, (identificabile con quel Gaio Memmio propretore che volle al suo
seguito il poeta Catullo) che fu amico e patrono di Catullo e Cinna. San Girolamo asserisce che
il "De rerum natura" fu rivisto e pubblicato da Cicerone pochi anni dopo la morte di L.. La data
di composizione non sicura: probabilmente fu composta nel periodo successivo al 58, anno in
cui fu pretore Memmio.
Il poema chiaramente articolato in tre gruppi di due libri (diadi):
Nel I libro, dopo l'inno a Venere, personificazione della forza della natura, sono spiegati i
principi generali della filosofia epicurea. Nel II libro viene illustrata la teoria del clinamen, la
caratteristica pi originale di Epicuro rispetto a Democrito e Leucippo. Il III e IV libro
costituiscono la seconda coppia che espone l'antropologia epicurea. La terza coppia di libri
prende in esame la cosmologia: il libro V espone la mortalit del mondo, mentre il VI discorre
di come la volont divina non influisca minimamente negli affari degli uomini.

Ogni coppia si chiude con un quadro impressionante di dissoluzione. Allattacco di ogni libro,
invece, c una celebrazione di Epicureo, del suo coraggio intellettuale e del suo ruolo storico (e
qui L. evidentemente intende il riferimento anche come rivolto a se stesso).
Il primo libro si apre con un lungo proemio che contiene lInno a Venere e lElogio di
Epicuro ,Il Sacrificio di Ifigenia ed altri temi cari a Lucrezio. Non facile spiegare perch
lautore nellInno a Venere, che pur intende demolire la religione tradizionale, abbia sentito il
bisogno di invocare una divinit tra le pi tipiche del patrimonio mitologico, la quale oltretutto,
simbolo di quellamore che la filosofia epicurea condanna in maniera inequivocabile. La
spiegazione va cercata nellampio ventaglio di significati allegorici che essa si prestava ad
assumere in s. Venere, infatti, pu significare sia la potenza creatrice della natura, sia il
piacere in movimento che produce la ricomposizione degli atomi, sia il piacere in riposo, sia la
forza dellamore che si contrappone a quella dellodio, impersonata nel poema da Marte.
NellElogio di Epicuro , Lucrezio critica la superstizione ed il timore per gli Dei perch vuole
dimostrare che essa ha spinto gli uomini a commettere in suo nome i delitti pi nefandi. Nei
passi successivi ,Lucrezio si addentra nella dottrina epicurea, descrivendo la teoria atomica
attraverso la dimostrazione che nulla nasce dal nulla n si trasforma in nulla. La realt
eterna, le cose si formano senza intervento divino, ma mediante un processo di aggregazione e
disgregazione degli atomi della materia.
Il terzo libro si apre con una solenne celebrazione di Epicuro. Lucrezio tratta poi dell'anima e
della sua natura mortale: Scopo del poeta liberare gli uomini dalla paura della morte, che
stende un'ombra funesta sulla loro vita. Lucrezio dimostra con una lunga serie di
argomentazioni, tipiche della dottrina Epicurea, la natura materiale e mortale sia dell'anima
(principio vitale diffuso in tutto il corpo) sia dell'animus (la mente, sede delle facolt razionali):
essi sono composti, come tutta la realt, di atomi, destinati a disperdersi, come quelli che
compongono il corpo, al momento della morte. Nel momento in cui l'organismo umano si
dissolve, cessa ogni forma di coscienza e sensibilit e non ci pu pi essere per l'individuo
sofferenza alcuna. Nel quarto libro, Lucrezio, svolge la teoria delle sensazioni, provocate,
secondo l'Epicureismo, da aggregazioni di atomi sottilissimi che si staccano dagli oggetti e dai
corpi e che vanno a colpire i sensi.
Il quinto libro dopo un nuovo elogio di Epicuro, tratta dell'universo, che non eterno: esso,
come l'uomo, ha avuto un principio e avr una fine; non stato creato dagli dei, ma si
formato in seguito alla casuale aggregazione degli atomi. Il poeta descrive poi la terra e il cielo,
tratta dei movimenti dei corpi celesti e trattaggia una sintesi grandiosa della storia
dell'umanit.
Anche l'ultimo libro si apre con un elogio:di Atene e di Epicuro. Sono descritti poi i fenomeni
metereologici e naturali come i terremoti, i vulcani, le piene del Nilo. L'ultima parte del libro
dedicata alle epidemie e alle loro cause; e il poema si chiude con un'ampia e particolareggiata
desrizione della terribile peste di Atene del 430 a.C.
Come detto, il "De rerum natura" probabilmente non ha ricevuto un'ultima revisione: il poema
avrebbe dovuto chiudersi con una nota serena, in corrispondenza con il gioioso inno a Venere,
e non con il terrificante quadro della peste di Atene.

Termini del linguaggio lucreziano.


*Religio. Il "De rerum natura" si apre con linvocazione a Venere, dea dellamore, unica a poter placare
la sete di sangue di Marte, dio della guerra: L. vive i turbolenti anni della rivolta si Spartaco, della guerra
di Gallia e forse anche delle ostilit fra Cesare e Pompeo, e vorrebbe un ritorno alla pace, ostacolata dalle
ambizioni e dalla brama di potere della classe politica romana.
La via che L. trova per affrontare i mali della vita la dottrina di Epicuro, cantato come simbolo della ratio
umana, che fuga i miasmi della religione e della superstizione e prende coscienza dello stato umano.
All'inizio del poema L. invita il lettore a non considerare subito empia la dottrina che egli si accinge ad
esporre, e a riflettere su quanto, al contrario, sia davvero crudele ed empia la religione tradizionale
(emblema ne il sacrificio di Ifigenia): la religione in grado di sopprimere e condizionare la vita di tutti
gli uomini immettendo nel loro cuore un seme di paura: ma se gli uomini sapessero che dopo la morte
non c' pi nulla, smetterebbero di essere succubi della superstizione religiosa e dei timori che essa

comporta. Si vede, quindi, gi dai primi versi come L. offra un nesso tra superstizione religiosa, timore
della morte e necessit di una speculazione scientifica per ovviare a questo timore: per lui, dunque,
questi timori nascono dall'ignoranza delle leggi meccaniche che governano il mondo.
Laccesa lotta alla religio certamente la parte pi eterodossa della filosofia di L.: Epicuro non aveva cos
marcate tendenze atee, auspicava piuttosto un ritorno ad un culto pi semplice.
*Natura. Per insegnare agli uomini come la dottrina epicurea possa servire da tetrafarmaco, e
combattere cio la paura per morte, malattia, dolore e dei, L. inizia la sua descrizione della natura. Tutto
ci che ci circonda formato da piccolissimi granelli indivisibili, gli atomi, i semina rerum o genitalia
corpora come li chiama il poeta per enfatizzare il loro originario ruolo di creazione. Ogni pianta, pietra,
uomo formato da atomi, e cos persino lanimo umano; ed ogni cosa destinata a nascere e disfarsi in
eterno; solo gli atomi sono immortali e non i loro aggregati. In questo mondo, regolato dalle leggi
meccaniche che governano le particelle elementari, c comunque spazio per la libert: allorigine
delluniverso c una deviazione del moto atomico, un clinamen, che ha dato il via alla formazione delle
cose ed al gioco infinito della natura.
*Morte. Dopo aver descritto la natura della materia lautore invita i suoi lettori (rappresentati da
Memmio) ad accettare la morte come qualcosa di ineluttabile e comunque esterna alluomo: quando noi
siamo non c morte, quando c la morte noi non siamo: invece di preoccuparsi della propria fine luomo
dovrebbe occuparsi della vita e non sprecarla poltrendo od inseguendo stupide ambizioni (E tu esiterai, e
per di pi tindignerai di dover morire? Tu cui morta la vita mentre ancora sei vivo e vedi e consumi nel
sonno la parte maggiore del tempo, e pure da sveglio dormi e non smetti di vedere sogni, e hai lanimo
tormentato da vane angosce, n riesci a scoprire qual sia cos spesso il tuo male, mentre ebbro e infelice
ti incalzano da ogni parte gli affanni e vaghi oscillando nellincerto errare della mente - III, vv. 10451052).
*Sensi e amore. Il IV quarto tratta dei sensi, della loro veridicit, di come possano essere turbati. I
sensi, per L., non fanno altro che captare dei flussi atomici particolari: sentiamo perch arrivano degli
atomi alle nostre orecchie e vediamo perch ne arrivano altri ai nostri occhi. dai sensi che hanno origine
ogni forma di conoscenza e la ragione umana, non crollerebbe soltanto tutta la ragione, ma anche la vita
stessa rovinerebbe di schianto, se tu non osassi fidare nei sensi (IV, vv. 507-8).
Anche stavolta, dopo aver cercato di trasmette latarassia epicurea, L. si allontana dalla calma del suo
maestro e descrive con profonda partecipazione quanto pi pu turbare i sensi, le passioni amorose e
carnali, a cui dedica i vv. 1026-1287, di cui diamo qualche saggio: Brucia lintima piaga (lamore) a
nutrirla e col tempo incarnisce, divampa nei giorni lardore, langoscia ti serra, se non confondi lantico
dolore con nuove ferite, e le recenti piaghe errabondo lenisca dinstabili amori, e ad altro tu possa
rivolgere i moti dellanimo (vv. 1068-1073); Infatti proprio nel momento del pieno possesso, fluttua in
incerti ondeggiamenti lardore degli amanti che non sanno di cosa prima godere con gli occhi o con le
mani. Premono stretta la creatura che desiderano, infliggono dolore al suo corpo, e spesso le mordono a
sangue le tenere labbra, la inchiodano coi baci, perch il piacere non puro, e vi sono oscuri impulsi che
spingono a straziare loggetto, qualunque sia, da cui sorgono i germi di quella furia (vv. 1076-1083).
Dopo aver condannato lamore come sofferenza (v.vv. 1068-1074), furore (vv. 1079-1083), amarezza (v.
1134), rimorso (v. 1135), gelosia (vv. 1139 e segg.), cecit (v. 1153), miseria (v. 1159) ed umiliazione
(vv. 1177-1179), L. cambia tono: " proprio lei che talvolta con lonesto suo agire, / lequilibrio dei modi,
la nitida eleganza della persona, / ti rende consueta la gioia duna vita comune. / Nel tempo avvenire
labitudine concilia lamore; / ci che subisce colpi, per quanto lievi ma incessanti, / a lungo andare cede,
e infine vacilla". Appare diverso, teneramente malinconico, pi paterno ("E spesso alcuni [...] trovarono
fuori [di casa] una natura affine, cos da poter adornare di prole la loro vecchiaia", vv. 1254-6).
Personalit contrastata fra ratio e furor, L., come scrisse Schwob, "conoscendo esattamente la tristezza e
lamore e la morte, continu a piangere e a desiderare lamore e a temere la morte".
*Civilt e peste. Nel libro seguente il poeta descrive dettagliatamente la formazione del mondo e la
nascita della civilt: I re cominciarono a fondare citt e a stabilire fortezze, per averne difesa e rifugio a
s stessi, e divisero i campi e il bestiame, assegnati a seconda della forza, dellingegno e della bellezza di
ognuno (V, vv. 1008-1111), senza per cadere in tentazioni positiviste: con la nascita della civilt
nascono anche lambizione e la cupidigia, contro cui L. si scaglia con forza: Lascia dunque che si affannino
invano e sudino sangue coloro che lottano sullangusto sentiero dellambizione, poich sanno per bocca
daltri e dirigono il loro desiderio ascoltando la fama piuttosto che il proprio sentire; n questo accade e
accadr pi di quanto accaduto in passato (vv. 1131-1135).

Insomma, L. pone molta attenzione sul progresso dell'uomo e ne delinea gli effetti positivi e quelli
negativi. Tra questi ultimi ha molto rilievo il fatto che il progresso ha portato con s una grave decadenza
morale e il sorgere di bisogni innaturali. Epicuro aveva infatti prescritto di evitare i desideri innaturali e
non necessari, e di badare solo al soddisfacimento di quelli necessari: gli unici requisiti essenziali per
essere un uomo veramente felice sono il non provare la fame, la sete e il freddo. Bisogna abbandonare gli
sprechi
inutili
per
indirizzarsi
verso
i
piaceri
naturali.
Anche nel discusso finale dellopera, la descrizione della tremenda peste di Atene, il poeta si distacca dalla
pretesa leggerezza dellepicureismo, per immergersi completamente nella malattia e nelle morti:
probabilmente lopera non doveva avere questo finale ( comunque appurato che dovesse essere il sesto
lultimo libro e non moltissimi versi alla chiusura del poema), mancando la descrizione delle sedi degli dei
e la spiegazione di come lepicureismo possa aiutare ad affrontare persino i mali pi oscuri come la peste;
il passo rimane comunque emblematico del tormentato animo lucreziano, che in questa descrizione pi
vicino al gusto dellorrido di stoici come Seneca o Lucano che non al calmo filosofo del Giardino.

CONSIDERAZIONI. Prima del "De rerum natura" la letteratura romana non aveva prodotto
opere di poesia didascalica di grande impegno; d'altra parte, L. si differenzia notevolmente
rispetto ai poeti ellenistici in quanto ha come unico scopo quello di descrivere e spiegare ogni
aspetto importante della vita dell'uomo e del mondo, di convincere il lettore della validit della
dottrina epicurea. La tradizione ellenistica ricerca invece la sua ispirazione negli argomenti
tecnici, quasi idealizzanti. La consapevolezza dell'importanza ella materia e delle informazioni
date determina un particolare tipo di rapporto tra L. e il lettore discepolo: questo viene
continuamente esortato e minacciato affinch segua con rettitudine i precetti e il percorso di
felicit imposti dall'epicureismo.
Unulteriore differenza tra la poesia didascalica ellenistica e quella di L. sta nel fatto che
quest'ultimo ricerca le cause dei fenomeni, e propone al lettore una verit, una ratio sulla
quale obbligato ad esprimere un giudizio, mentre la prima si limita a descrivere in maniera
empiristica tali fenomeni. Per L. non vi nulla di cui meravigliarsi nell'osservazione di questo o
quel fenomeno poich esso connesso necessariamente con una regola oggettiva: non pu
trarne stupore chi abbia capito il funzionamento di tale regola. Alla retorica del mirabile egli
sostituisce la retorica del necessario (necesse est una formula molto usata nel poema di L.).
I toni grandiosi e gli scenari sublimi del poema sono pensati per spronare il lettore a scegliere
anch'egli un modello di vita forte e alta: il lettore di L. chiamato a trasformarsi in eroe, a farsi
pronto e forte come la poesia che egli legge. Il destinatario ideale di L. colui che sa adeguarsi
alla forza sublime di un'esperienza sconvolgente: in questo modo la dottrina degli atomi
descritta non solo in s, ma anche nelle reazioni di vertigine che pu provocare nel lettore. Il
rapporto docente allievo diventa nel "De rerum natura" un centro di tensione e un tema
problematico; basta pensare per contrasto a quanto fosse pacifica la struttura didascalica dei
poemi ellenistici. Una delle caratteristiche principali del poema la rigorosa struttura
argomentativa. L. usa anche il sillogismo.
Il libro che testimonia la perizia argomentativa di L. il III, dedicato alla confutazione del
timore della morte. Pur avendo dimostrato scientificamente la mortalit dell'anima, L. si rende
conto che ci non basta per distogliere l'uomo dalla paura di lasciare la propria vita. Al fine di
convincerlo L., nella parte finale del libro, d la parola alla Natura stessa, che si rivolge
all'uomo: se la tua vita stata bella e piena di gioie ti puoi allontanare da lei come un
convitato sazio e felice dopo un banchetto; se invece stata triste, che senso ha continuare a
vivere un'esistenza infelice? In questo libro evidente il contatto di L. con la letteratura
diatribica (ossia l'accorgimento di far parlare dei personaggi fittizi di particolare interesse).
I critici sono molto confusi riguardo al binomio autore e narratore: bench siano la stessa
persona non devono essere sovrapposte meccanicamente. Come visto, un'attenta lettura
dell'opera induce a constatare che la tensione dell'autore sempre rivolta a conseguire il
convincimento razionale del lettore, a trasmettergli i precetti di una dottrina di liberazione
morale. L. fortemente contrario alle insensatezze della passione amorosa poich questa non
certamente un bisogno necessario e deve essere, di conseguenza, esclusa dai piaceri da

conseguire. Probabilmente avranno agito anche stimoli culturali diversi, quali la volont di
contrapporsi all'ideologia erotica dei neoteroi. La volont di L. allora, come gi detto, quella
di ricercare un indirizzo stilistico elevato che accolga nella sua forma sublime gli elementi della
satira e della diatriba.
STILE. Se le teorie epicuree vedevano nella poesia un passatempo per allietare lanimo, L. la
considera come il miele che, cosparso sullorlo del bicchiere, aiuta il bambino a prendere la
medicina (nam veluti pueris abstinthia taetra medentes / cum dare conantur, prius oras pocula
circum / contingunt mellis dulci flavoque liquore - lib V vv. 11-13): la sua poesia scientifica,
chiara (obscura de re tam lucida pango / carmina), in netta rottura coi vatum terriloquis dictis
di molti poeti che lhanno preceduto (anche se pu sembrare strano che la ricerca della
chiarezza si accompagni ad un frequente uso di arcaismi e grecismi).
Il commento di Cicerone riguardo il "De rerum natura" testimonia che egli ammirava in L. non
solo l'acutezza del pensatore, ma anche le grandi capacit di elaborazione artistica. Anche lo
stile, come l'organizzazione complessiva della materia da trattare, doveva piegarsi al fine di
persuadere il lettore. Si spiegano sotto questa luce le frequenti ripetizioni che, a una prima
vista, potevano sembrare delle semplici imperfezioni stilistiche. Anche l'invito all'attenzione del
lettore ripetuto spesse volte. Non bisogna trascurare inoltre che la lingua latina mancava di
alcuni vocaboli tecnici e non era quindi in grado di esprimere certi concetti della filosofia greca,
L. si trov costretto cos a dover inventare nuove perifrasi e nuovi vocaboli: il poeta sfrutta
molti vocaboli della poesia arcaica e molti altri ne crea ex novo. Vi inoltre un uso abbastanza
frequente di allitterazioni, assonanze, costrutti arcaici, infiniti passivi in -ier , il prevalere della
desinenza bisillabica -ai e l'uso dell'enjambement.
L. dimostra di avere una buona conoscenza della letteratura greca, come testimoniano le
riprese da Omero e Platone e la descrizione della peste di Atene. Il registro del poema quello
dell'entusiasmo poetico posto a servizio della didattica: ne scaturisce uno stile severo, capace
di durezze ed eleganze, pronto alla commozione ma anche all'invettiva profetica: comunque
sempre grandioso. (liberamente tratto da Nunzio Castaldi)

Lucrezio poeta della ragione


La lotta della ragione contro le tenebre dell'ignoranza per far prevalere la luce rasserenante
della verit lo scopo dell'immane fatica del poeta, sempre impegnato in una vigorosa
polemica contro gli errori dottrinari di chi ignora il messaggio di Epicuro.
Gli uomini si affannano perseguendo falsi scopi e non si accorgono che la natura non chiede
altro che l'assenza di dolore fisico e spirituale: condizione che si pu ottenere con la massima
felicit, appagando semplicemente i bisogni elementari.
Il piacere consiste infatti nell'assenza o nella cessazione del dolore e del desiderio, e la felicit
coincide con l'atarassia (= imperturbabilit, assenza di turbamenti), resa possibile
dall'eliminazione delle paure irrazionali e delle passioni perturbatrici (amore, odio, ira,
cupidigia, ambizione): contro tali paure e tali passioni il poeta conduce la sua battaglia in nome
della ragione, in piena coerenza con la dottrina del suo Maestro. Lucrezio afferma: "Agisci
sempre come se Epicuro ti vedesse"; linsegnamento di Epicuro una rivelazione a cui non si
vede cosa si possa aggiungere. Si pu notare nei 4 elogi di Epicuro una sorta di climax
ascendente che giunger a considerare "Il maestro" proprio come un Dio.
La portata anticonformistica del messaggio lucreziano rispetto alla mentalit romana
tradizionale nella condanna dell'ambizione politica e della lotta per il potere: la scelta migliore
vivere appartati, lasciando agli stolti gli affanni di una vita competitiva. Tra le passioni che
distruggno nell'uomo l'energia intellettuale e la lucidit razionale nesessarie a raggiungere
l'atarassia e la voluptas, una delle pi funeste la passione amorosa,desiderio tormentoso e
sempre insoddisfatto. Ma le forme di stoltezza pi gravi e pericolose, sono la paura della morte
e la paura degli di: la prima nasce dall'errata credenza che l'anima sia immortale e per
confutarla
il
poeta
adduce,
nel
terzo
libro,
molte
argomentazioni
razionali.
Quanto agli di, Lucrezio afferma che essi vivono beati nelle loro sedi, al di fuori del nostro
mondo, del tutto incuranti delle vicende umane: l'universo non stato creato dalla divinit, ma

frutto della meccanica e casuale aggregazione di atomi. A questo proposito il poeta rileva, in
un brano del V libro, l'assurdit dell'ipotesi che la rerum natura sia stata creata da una mente
razionale in funzione dell'umanit: l'esistenza di immense distese terrestri e marine
inaccessibili, il calore e il freddo intollerabili di vaste regioni della terra, e le enormi difficolt
che l'uomo incontra per riuscire a sopravvivere dimostrano che il mondo in cui viviamo non
stato fatto per l'uomo: ben giustamente, conclude il poeta, il neonato appena scito alla luce
"come un navigante sbattuto sulla riva dalla onde furiose", saluta la vita con il pianto, dato che
lo attendono tante sofferenze e dolori. Il poeta infatti vuole confutare non solo la fede in un dio
creatore del mondo, ma anche l'ottimismo naturalistico e l'antropocentrismo di altre scuole
filosofiche, e in particolare il finalismo degli Stoici.
Lucrezio, per non si pu dire pessimista perch afferma con accenti di profonda convinzione
che possibile per l'uomo, purch aderisca alla verit e alla sapienza epicuree, trasformare
positivamente una situazione esistenziale difficile e dolorosa, sconfiggendo la sofferenza e
conquistando la felicit.
APPROFONDIMENTO: EPICURO E LEPICUREISMO

Nato a Samo nel 341 a. C., apr la sua prima scuola a Mitilene, quindi nel 306 unaltra, chiamata il
giardino, ad Atene. Tale scuola divenne un centro di ricerca etica, frequentato da chiunque avesse
interesse a vivere da uomo, in rapporti di amicizia e accettando certe regole. Epicuro mor nel 270 a. C.
Delle opere di Epicuro, tra cui 37 libri Sulla natura, sono giunti solo frammenti ricavati da papiri. Alcune
notizie provengono da Diogene Laerzio (III secolo d.C.); altre informazioni si ricavano da alcune opere di
Cicerone, Plutarco e Seneca. Una delle pi originali esposizioni del pensiero di Epicuro quella data da
Lucrezio nel De Rerum Natura. Epicuro vede nella filosofia la via per raggiungere la felicit intesa come
liberazione dalle passioni: suo scopo quello di aiutare gli uomini a comprendere il mondo in cui vivono,
la propria natura, le proprie possibilit, e di liberarli dai timori di una realt soprannaturale.
Epicuro chiam canonica la logica, in quanto la consider diretta a dare il criterio (o canone) della
verit, quindi una regola per orientare luomo verso la felicit. Ci avviene per mezzo di tre criteri:
Sensazione ( prodotta nelluomo dal flusso di atomi che si staccano dalla superficie delle cose. Tale
flusso produce immagini (eidola) che sono in tutto simili alle cose da cui sono prodotte. Da queste
immagini derivano le sensazioni)
Anticipazione (dalle sensazioni ripetute e conservate nella memoria derivano le rappresentazioni
generiche (o concetti), che Epicuro chiam anticipazioni (le anticipazioni, derivando dalle sensazioni che
sono sempre vere, sono anchesse vere), in quanto servono ad anticipare le sensazioni future
Emozione (si basa sul piacere o il dolore che costituiscono la norma per la condotta pratica della vita).
Lerrore non pu dunque sussistere nelle sensazioni o nei concetti; pu sussistere invece nelle opinioni,
le quali non sono vere se sono confermate dalla testimonianza dei sensi, false nel caso contrario. Vero o
falso pertanto ci che attende di essere confermato o no da sensazioni future.
La fisica di Epicuro ha lo scopo di liberare gli uomini dal timore di essere alla merc di forze sconosciute
o di interventi misteriosi. Per ottenere tale scopo la fisica deve essere
materialistica (cio escludere la presenza nel mondo di unanima o principio spirituale)
meccanicistica (cio servirsi,per le sue spiegazioni, del movimento, escludendo qualsiasi finalismo).
Poich la fisica di Democrito rispondeva a queste due condizioni, Epicuro la adott. La sensazione, che
alla base di ogni conoscenza, attesta lesistenza di una realt corporea. Ci che corporeo, in quanto
divisibile, implica, affinch non si riduca al nulla, una infinita serie di elementi corporei indivisibili (atomi).
Accanto ai corpi esiste uno spazio in cui gli atomi si muovono, cio il vuoto. Atomi e vuoto sono pertanto
le due condizioni senza le quali impensabile la realt visibile.
Gli atomi si diversificano per forma, grandezza e peso e si muovono eternamente nello spazio infinito
secondo una direzione rettilinea e tutti con eguale velocit. Per spiegare lurto in virt del quale gli atomi
si aggregano e si dispongono nei vari mondi infiniti, Epicuro ammette una deviazione causale degli atomi
dalla loro traiettoria rettilinea (Lucrezio la chiama clinamen). In virt del movimento degli atomi nel vuoto
infinito, si formano infiniti mondi soggetti a nascita e a morte.
Epicuro ammette lesistenza della divinit e lo fa in virt del suo stesso empirismo, infatti gli uomini
hanno limmagine della divinit, la quale, come ogni altra immagine, pu essere stata prodotta solo dal
flusso di atomo emanato dalla divinit stessa.
Gli dei hanno forma umana, che la pi perfetta, intrattengono tra loro unamicizia analoga a quella
umana ed abitano gli intermundia (spazi vuoti tra i mondi, cio al di fuori degli scontri e degli urti degli
uomini).
Gli dei non si curano n del mondo, n degli uomini, in quanto ogni cura di questo genere sarebbe
contraria alla loro perfetta beatitudine.

Secondo letica epicurea, la felicit consiste nel piacere (il piacere il principio e la fine della vita
beata). La vita delluomo scandita dal dolore e dal piacere:
dolore (sensazione procurata dallignoranza della vera natura delle cose. Da tale ignoranza derivano
turbamenti e superstizioni)
piacere (sensazione procurata dalla comprensione della natura delle cose. Da tale comprensione derivano
tranquillit ed equilibrio).
Bene e male sono dunque sensazioni di piacere o di dolore. Lo stesso piacere, portato alla massima
intensit, turbamento. Il piacere dunque aponia (assenza di dolore, il non soffrire nel corpo)
atarassia (assenza di turbamento, il non soffrire nellanima).
Il piacere stabile (catastematico), che si contrappone ai piaceri fuggevoli, i quali provocano affanno, un
piacere che deriva da un interno equilibrio e si realizza attraverso lesame e il calcolo di quei piaceri che di
volta in volta devono preferirsi agli altri, godimento sereno del presente senza alcuna ansia per il
futuro. Spetta alla prudenza calcolare ed ordinare i desideri naturali, distinguendoli da quelli vani. Il
vero bene pertanto il piacere stabile dellaponia e dellatarassia.
RIASSUMENDO:
La dottrina epicurea ha, come scopo, la felicit dello Spirito. Essa si raggiunge con il quadrifarmaco.
Epicuro definisce cos le quattro massime fondamentali in cui si articola la sua concezione della filosofia
come "medicina dellanima". La formulazione pi concisa : "Il Dio non incute timore, n turbamento la
morte,
la
morte

facilmente
sostenibile,
il
male

facilmente
sopportabile".
Lepicureismo si articola in tre discipline:
- Logica: chiamata da Epicuro Canonica, la teoria della conoscenza, perch deve dare il criterio della
verit e quindi in canone (= regola) per spingere luomo verso la felicit. Questo criterio individuato
dalla
sensazione,
perch
solo
in
essa

presente
la
realt.
- Fisica: una teoria di atomi di atomismo che riprende in parte il modello democriteo. Epicuro ritiene
che gli atomi siano divisibili in frammenti di grandezza inferiore non ulteriormente divisibili e che
costituiscano tutto luniverso. Anche lanima un surrogato di atomi, anche se molto pi piccoli del
normale.
- Etica: il criterio di verit. Esso dato sempre dalla sensazione definita come piacere, che di due tipi:
stabile, che non dipende dal bisogno e dal desiderio, cio laponia (=assenza di dolore) e latarassia (=
assenza di turbamento). Solo in questa risiede la vera felicit.
cinetico, che consiste nella gioia e nella letizia, che sono felicit temporanee e brevi.

(liberamente tratto da Giancarlo Giuliani)

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