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D. Jervolino, Introduzione, in P. Ricur, Della Interpretazione (ed.
2002), cit., p. XV.
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Paul Ricur, Vivant jusqu la mort, cit., p. 134.
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rappresenta una vera e propria ri-lettura ed una vera e propria reinterpretazione, e perci costituisce un nuovo tassello allinterno
della filosofia della psicoanalisi ricuriana considerata nel suo
insieme ma anche perch la ri-trattazione, ovvero il ritorno
su tematiche precedenti, il loro recupero a nuovi livelli, in nuovi
momenti (sullesempio delle agostiniane Retractationes109e,
aggiungiamo, anche dellhegeliana Phnomenologie des Geistes)
lo stile ed il metodo stesso della filosofia di Ricur una filosofia
in cui le tappe successive arricchiscono, non rendono vane le
precedenti110.
Molteplice estraneit
In apertura allarticolo Molteplice estraneit che il testo
della relazione inaugurale del Congresso europeo di ermeneutica tenuto ad Halle, dal 21 al 24 settembre del 1994 Ricur
spiega: Il tentativo che propongo derivato da una mediazione
sui rapporti fra ci che Platone chiama nei Dialoghi definiti metafisici i generi maggiori, fra cui i due ultimi generi dello stesso e
dellaltro, e luso che la fenomenologia ermeneutica fa delle nozioni
di alterit ed estraneit111. Il testo intende riprendere il discorso
di S come un altro dallangolatura tematica della dispersione
delle figure dalterit sul piano fenomenologico112 unangolatura
che, com facile intuire, porta quasi immediatamente la riflessione
a focalizzarsi su quei tre registri dalterit esplorati nella sezione
ontologica del saggio del 90, ovvero il corpo proprio o la carne,
lalterit dellaltro e la coscienza (ora, rispettivamente, la
carne, lestraneo, il foro interiore).
A differenza di S come un altro, per, dove lesplicito riferimento alla psicoanalisi era comparso nellultima di queste figure
con il Super-Io come voce altra dalla coscienza indirizzata a
me dal fondo di me stesso113 , qui si da subito con/nella figura
della carne. Si viene a ripristinare, cos, in maniera esplicita quella
connessione tra la dimensione dellinconscio e la dimensione del
corpo che, stabilita sin dai tempi de Le volontaire et linvolonD. Jervolino, Introduzione, cit. p. XV.
Ib.
111
P. Ricur, Molteplice estraneit, cit., p. 115.
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Ivi, p. 120.
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Ivi, p. 122.
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Ivi, p. 124.
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effettivamente che quali che siano le forze in gioco che impediscono di dire, come indica il concetto di rimozione, ci pertiene
allesperienza psicoanalitica e al suo discorso specifico, non alla
fenomenologia; il fenomenologo si limita a ricevere listruzione
della psicoanalisi nella dichiarazione del non-poter dire115.
Vediamo. Anzitutto, Ricur cerca di conferire alla parola
carne unampiezza maggiore di quella del corpo proprio o del
corpo vivente116, attraverso lanalogia del patire analogia
che richiama la correlativa analogia dellagire (senza la quale
essa non ha senso). Nonostante la correlazione, per, per Ricur
si d una disparit del patire rispetto allagire, uno scarto
che rende il s estraneo a se stesso nella propria carne117 e che
spinge la riflessione a ripartire dalla molteplicit delle domande
chi?: chi parla? chi fa? chi racconta? chi tenuto come moralmente
responsabile dellaltro?118. Queste interrogazioni, infatti, hanno
ora perso limmediatezza del loro riferimento. Il referente del chi
un s la cui dialettica interna sdoppia, dissimula e offusca la
trasparenza e limmediatezza della propria soggettivit. Perci, al
chi parla? non posso pi rispondere con certezza e semplicit
Io: Io costituisce problema.
Scrive Ricur:
Chi parla?, chiediamo in primo luogo. E tutte le nostre risposte a
questa domanda hanno ricondotto allo stesso centro, il fenomeno del
poter-dire. Io posso articolare i miei pensieri, indirizzare la mia parola
ad un altro, rifletterla in soliloquio privato, al punto da poter autodesignarmi come lautore delle mie parole, dei miei enunciati. Ma il soggetto
parlante possiede una padronanza di se stesso tale che questo poter dire
sia non solo completo, ma trasparente a se stesso?119.
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A questo punto, ci si attenderebbe unanalisi della coppia heimlich-unheimlich freudiana in relazione alla dialettica dellagire e
del non agire, dellagire e del patire. Ma una simile analisi non
viene svolta. Eppure, la nevrosi potrebbe senza alcuna difficolt
essere considerata azione vietata! Perch, allora, Ricur non segue questa via? Forse per il fatto che attraverso di essa lanalisi
fenomenologica si imbatterebbe nel patologico [e nel traumatico]
come fenomeno da spiegare nei termini di forza (nei termini di
forza che si oppone al potere di agire, alla volont di agire)? La
ragione sembrerebbe proprio questa. Ricur, infatti, compie la
mossa di collegare questanalisi al discorso precedente sul chi
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Ivi, p. 124.
Ivi, p. 126.
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parla?, evitando cos il pericolo di un nuovo scontro della fenomenologia con lenergetismo ed assicurando un secondo varco
linguistico alla psicoanalisi. Ma al prezzo di una fenomenologia
interrotta del chi agisce?.
Inutile dire che questo secondo varco linguistico aperto
dalla domanda chi racconta? con lanalisi della quale la fenomenologia pu terminare la quadratura ermeneutica della
psicoanalisi.
Esse [le avventure del poter raccontare, V. B.] concernono direttamente il problema dellidentit personale, in virt dello stretto legame tra coesione della vita, nel senso conferito a questo termine da
Dilthey, ed il racconto. Bisognerebbe innanzitutto parlare dellincapacit di raccontare nel luogo in cui la domanda chi parla? e la domanda
chi racconta? si sovrappongono. con questa incapacit che si scontra
da principio lesperienza dellanalisi, quale Freud la riporta nel saggio
intitolato Erinnern, Wiederholen und Durcharbeiten. Ne deriva che la
difficolt di ricordare, quindi di raccontare, si scontra con la pulsione a
ripetere che costringe il paziente a ripetere il trauma ed i suoi sintomi,
invece di ricordarsi124.
Ib. A proposito dellincapacit di raccontare, Ricur sottolinea che essa non riguarda solamente quelle forme patologiche raccolte da Freud sotto la denominazione di compulsione a ripetere
(Wiederholungszwang), ma si estende a tutte le modalit dellinadeguazione fra il tentativo di padroneggiamento del tempo attraverso il
racconto e la sottile dialettica di prossimit e distanza, di estraneit e
familiarit, che il gioco della memoria comporta (Ivi, p. 128). Giunti
a questo punto, resta per Ricur da mostrare in che cosa lestraneit
del mondo stesso in un modo o in un altro sempre mediatizzata da
quella della carne (Ib). A chiarire questa estraneit del mondo per la
mediazione della carne interviene ancora una volta il termine freudiano
unheimlich la cui dialettica [con lheimlich] , per, questa volta letta
attraverso lanalitica esistenziale del Dasein heideggeriano. Questo passaggio costituisce lultimo momento di incontro in Molteplice estraneit con la psicoanalisi; eccolo: trovarvicisi lo strano per eccellenza. Sarebbe forse in una fenomenologia della spazialit, troppo spesso
occultata da quella temporalit, che potrebbero venir riconosciute ed
espresse le modalit a loro volta multiple e disperse di una tale estraneit. Per restare fedele allidea direttrice del presente studio, secondo cui
la fenomenologia dispersa del patire rimane correlata alla fenomenologia raccolta dellagire, si potrebbe prendere per asse di riferimento latto
di abitare in cui si coniugano lagire ed il patire derivante da ci che con
Heidegger si definito Befindlichkeit. Questa scelta tanto pi legittima
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D. Jervolino, Introduzione, in P. Ricur, La traduzione. Una sfida
etica Brescia, Morcelliana 2001, 2002, p. 27. I testi raccolti sono i seguenti:
I) Dfi et bonheur de la traduction [Discours la remise du Prix de traduction pour la promotion des relations franco-allemandes (15 avril 1997)],
DVA Fondation, Stuttgart 1997, pp. 15-21; II., Le paradigme de la traduction
[Leon douverture la Facult de Thologie protestante de Paris, octobre
1998], in Esprit n. 253, juin 1999, pp. 8-19; III) Quel thos nouveau pour
lEurope? In P. Koslowski (ed.), Imaginer lEurope. Le march intrieur
europen, tche culturelle et conomique, Paris, Cerf 1992, pp. 107-116;
IV) Du Concile de Trente au Colloque de Trente, relazione per il Convegno
Lutero e i linguaggio dellOccidente, Trento, 29-31 Maggio 2000.
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Ivi, p. 26. Al riguardo, segnaliamo dello stesso autore il recente D. J.,
Ricur. Hermneutique et traduction, Paris, Ellipses 2007.
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Questo brano rende bene i riverberi tematici di S come un altro nel campo tematico della traduzione. Le analisi di questopera
possono infatti essere lette come uno sforzo incessante di traduzione fra approcci diversi al nodo enigmatico dellidentit130. E,
Ivi, pp. 27-28.
Ivi, p. 29.
129
Ivi, p. 34.
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Ib. Per esempio: non forse in atto nella dialettica fra identit-ipse
ed identit-idem un lavoro implicito di linguaggio? e lanalisi linguistica posta in apertura del saggio non forse avviata da un lavoro di traduzione? Si
pensi, ancora, alla polisemia della domanda chi? o al tentativo di far
comunicare culture filosofiche, come quella analitica e quella fenomenologica-ermeneutica [] (pp. 34-35). Ma precisa Jervolino la fecondit e il
carattere illuminante del paradigma della traduzione appaiono soprattutto
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Tradurre significa per Ricur, che riprende qui unaffermazione di F. Rosenzweig, servire due padroni: lo straniero nella
sua opera, il lettore nel suo desiderio di appropriazione133 (lettore
che non straniero poich abita la stessa lingua del traduttore).
Si tratta di una condizione paradossale, di una condizione problematica che in linea teorica non ha soluzione: il gesto di traduzione
resta bloccato, per cos dire, tra un desiderio di fedelt ed un
sospetto di tradimento.
Ed qui, nello spazio paradossale del movimento doppio del
portare il lettore allautore e del portare lautore al lettore,
come dice Schleiermacher, che sta lequivalente di quello che
se consideriamo la soluzione filosofica del problema dellidentit, che viene
cercato di fronte allopposizione teorica tra un cogito esaltato e un cogito
umiliato, tra filosofie del soggetto e filosofie dellantisoggetto sul terreno
eminentemente pratico dellattestazione di essere quello stesso che agisce e
che soffre (p. 35).
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Ivi, p. 34.
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Ivi, p. 41. Il corsivo nostro.
133
Ivi p. 42.
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Per descrive questo dinamismo della traduzione Ricur ricorre al termine psicoanalitico di resistenza: resistenza al lavoro di
traduzione, lo definisce. Una forza che il traduttore incontra in
diversi stadi del suo lavoro.
Lincontro gi prima di iniziare sotto forma di supposizione di
una non traducibilit, che linibisce ancor prima di affrontare lopera.
come se nellemozione iniziale, nellangoscia talvolta di cominciare, il testo straniero si ergesse come una massa inerte resistente alla
traduzione135.
Da una parte si tratta di una forma fantasmatica di resistenza, dovuta alla banalit che la copia tradotta non avr una
seconda originalit, dallaltra ancora una forma fantasmatica che si
esprime nel timore che la traduzione sia una cattiva traduzione.
Oltre a ci, si aggiunge una nuova resistenza una volta cominciato
il lavoro di traduzione: si tratta di una forma meno fantasmatica,
occasionata da zone dintraducibilit () disseminate nel testo
(nel testo poetico, come in quello filosofico), che rende drammatica la traduzione ed il desiderio di una buona traduzione una
scommessa136.
Il lavoro psicoanalitico di ricordo, dunque, trova il suo equivalente nel lavoro di traduzione, inteso come lavoro che si conquista
Ivi, pp. 42-43.
Ivi, p. 43.
136
Ivi, p. 44. In occasione di una recente intervista Ricur ritornato
sul tema dellintraducibilit, parlando dellintraducibilit di partenza di
un testo i n quanto estraneo, ed accostando questa intraducibilit alla intraducibilit prodotta e rivelata dalla psicoanalisi nellesperienza analitica
quando lanalista si trova di fronte alla doppia estraneit della sofferenza
dellaltro (lestraneit dei fatti e lestraneit dellesperienza della sofferenza)
o quando il paziente stesso a vivere come estraneit la propria sofferenza
(P. Ricur, Conversazione sulla psicoanalisi, in D. Jervolino e G. Martini (a
cura di), Paul Ricur e la psicoanalisi, cit.
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Lesperienza del riconoscimento si costituisce come un momento cruciale in cui le tre problematiche della memoria, della
storia e delloblio si rincontrano. Il riconoscimento da parte della memoria, infatti, non soltanto riconoscimento di una cosa
passata ma anche riconoscimento di se stessi149. Ecco emergere,
Ivi, p. 79.
Jervolino stabilisce una pi specifica analogia tra lastratezza della fenomenologia de Le volontaire et linvolontaire e della grammatica
dellidentit di Soi-mme comme un autre, da una parte, e la concretezza dellempirica della volont di Finitude et culpabilit e lantropologia
delluomo storico de La mmoire, lhistoire et loubli, dallaltra; tra laltro,
questantropologia delluomo storico richiamerebbe la giovanile Histoire et
vrit (Cfr., D. Jervolino, Introduzione a Ricur, cit., p. 78 e sgg).
148
P. Ricur, Il mio cammino filosofico, cit., p. 142.
149
Ib.
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dunque, nello spazio della memoria cio, ancora una volta tra il
tempo e la narrazione lidentit personale estesa a sua volta a
tutte le forme didentit comunitaria150.
Ritrovo cos sul percorso della memoria la nozione didentit narrativa elaborata a conclusione di Temps et rcit e che si trova ormai radicata nellesperienza mnemonica151.
Naturalmente, la fenomenologia della memoria sceglie di iniziare linvestigazione partendo dalloggetto della memoria, piuttosto
che dal soggetto; cos lapproccio egologico si trova in qualche
modo subordinato allapproccio oggettuale della fenomenologia
la quale sonda il campo della memoria disegnando una sorta di
Ib.
Ib. Inoltre aggiunge Ricur questa esperienza della rappresentazione del passato nel momento del riconoscimento pone in tutta la sua ampiezza e radicalit la problematica ben nota della traccia, nel senso dellimpronta lasciata da un evento sopraggiunto in un certo momento del tempo
su un supporto qualsiasi e cos offerta alla decifrazione e allinterpretazione
(pp. 142-143).
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P. Ricur, La mmoire, lhistoire, loubli, cit., p. I (tr. it., p. 7).
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Ivi, p. II (8).
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di manipolazione o di strumentalizzazione della memoria, che scaturiscono da una critica delle ideologie157.
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A questo punto entra in scena Trauer und Melancholie: il lavoro del ricordo pu, infatti, essere accostato al lavoro del lutto.
Scrive Ricur:
Se il lavoro della melanconia occupa, nel presente saggio, una posizione strategica parallela a quella che la coazione a ripetere occupa nel
precedente, si pu suggerire che sia dovuto al fatto che il lavoro del lutto
si rivela costosamente liberatorio in quanto lavoro della memoria, ma
anche reciprocamente. Il lavoro del lutto il prezzo del lavoro della memoria; ma il lavoro della memoria il vantaggio del lavoro del lutto167.
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