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La coltivazione

del castagno
da frutto nel
territorio della
Comunit Montana

Colline
Metallifere

La coltivazione del
castagno da frutto
nel territorio
della Comunit
Montana Colline
Metallifere
a cura di Damiano Nitti e
Cristiano Manni

Comunit Montana
Colline Metallifere
Associazione Valorizzazione
Castagna Alta Maremma
2005

1 Cenni storici
Appartenente alla famiglia
delle Fagaceae, assieme al faggio

e alle varie specie di querce, il castagno (Castanea sativa Miller)


coltivato da secoli nei territori
dellEuropa Meridionale e Centrale, e le sue origini si perdono
nella notte dei tempi. La maggior parte dei botanici lo ritiene
autoctono nei territori europei,
ma altre ipotesi lo vogliono originario dellAsia Minore, delle
antiche terre di Misia e Lidia,
nei pressi del Mar Nero. Secondo
alcune di queste ipotesi, il castagno raggiunse prima la Grecia
e solo nel II sec. a.C., lItalia; secondo altre, pervenne al seguito
delle popolazioni dellEt del
Bronzo che dallOriente si spostarono nel Mediterraneo. Risalirebbe dunque ai tempi narrati
nellIliade e nellOdissea, e potrebbe essere stato introdotto
dagli stessi Etruschi che, secondo le fonti antiche, provenivano
proprio dalle regioni orientali di
supposta origine della specie.
Il nome greco stesso, castanea,

che pass poi nel latino, sembra


venire da Castanis, antica citt
del Ponto, nellattuale Turchia.

Il castagno molto longevo, potendo superare i 500 anni di et,


ma se ne conoscevano esemplari che potrebbero essere stati
millenari. Tra questi ricordiamo
il castagno di Sancerre in Francia, e il cos detto Castagno dei
Cento Cavalli, che vegeta sulle
pendici dellEtna, cos chiamato
perch, secondo la leggenda,
sotto le sue fronde trovarono
rifugio, nel 500, Giovanna dAragona e la sua scorta di cento
cavalieri. Si dice che questo castagno abbia avuto pi di 3500
anni det, e che gi vecchio lo
avesse visto Platone quando fu
fatto prigioniero da Dionisio,
Tiranno di Siracusa.
Oltre a questo, il castagno fa parte del patrimonio antropologico
delle popolazioni che da secoli
lo coltivano, compresa la nostra.
Molte piante erano oggetto di
riti pagani nellEra Precristiana e nel Tardo Impero, e alcuni

di questi culti sono penetrati


anche nel cristianesimo. Dalla
Francia al Piemonte, ad esempio,
il consumo di castagne era rituale nella ricorrenza dei Morti,
il primo di novembre, in Toscana
per San Simone (28 ottobre) e
nel Veneto per San Martino (11
Novembre).

Limportanza di questa specie era,


nelle zone dove lo si poteva coltivare, assai grande. Forniva legna
da opera e frutti per il consumo
umano e animale. Foglie, ricci e
corteccia erano poi largamente
usate nella farmacopea contadina contro varie patologie e,
ancor oggi, si estrae dal legno il
tannino per conciare le pelli.
Nelle nostre zone e altrove, ha
occupato per decine di secoli
un posto centrale nellalimentazione e nella cultura delle
popolazioni montane, dove le
condizioni climatiche erano sfavorevoli alla coltura dei cereali.
Essendo infatti i carboidrati alla
base della nutrizione umana,
quali fonte primaria di energia,
era indispensabile, in tempi di

mercati chiusi e vie di comunicazione inadeguate, come durante


i secoli che vanno dallAlto Medioevo fino allEpoca Moderna
ed oltre, poter ricorrere a fonti
alimentari alternative nei pressi
degli insediamenti umani.

Dopo il crollo dellImpero Romano, il tessuto politico e territoriale dellEuropa Latina si


era disgregato, specialmente
in Toscana, terra di contesa
fra gli interessi ecclesiastici e
delle nuove dinastie imperiali
germaniche. I flussi economici
si erano interrotti, il territorio
era divenuto insicuro e le vie di
comunicazione, le antiche vie
romane, erano cadute in disuso.
Le popolazioni locali, arroccate
in castelli e borghi fortificati, attingevano quasi esclusivamente
alle risorse locali. Grassi e proteine provenivano prevalentemente da maiali, che pascolavano
nei boschi; alle vitamine e ai sali
minerali si provvedeva con lhortus, che forniva frutta, verdura e
piante officinali. Ai carboidrati
si accedeva essenzialmente in
tre modi: nei terreni di bassa

collina, pianeggianti o in lieve


pendio e non impaludati, si
coltivavano cereali; nei territori
di media collina a vegetazione
prevalentemente mediterranea
si ricavava la manna dallincisione dellorniello; nei territori
montani si coltivavano castagni.
La presenza di rocce povere in
calcio, elemento che condiziona
negativamente lo sviluppo del
castagno, era necessaria per
poter fondare un insediamento
umano. Questa ipotesi pu in
parte spiegare, assieme ad altri
fattori, (la strategicit del luogo o la presenza di minerali), la
struttura insediativa di alcuni
sistemi di paesaggio come la
Maremma Amiatina e le Colline
Metallifere.

Per quanto concerne lambito


territoriale della Maremma
Settentrionale, nei periodi di
espansione demografica (fino
agli anni 50 del XX Secolo), si ricorreva alla coltura del castagno
anche in situazioni ambientali
non ottimali, al limite dellareale sopramediterraneo, e spesso
estreme: pianure fresche, ter-

reni parzialmente argillosi o


calcarei, ma ubicati lungo i fossi,
suoli poveri di calcio ma troppo
vicini al mare, e cos via. La sapienza contadina era capace di
individuare anche piccole isole
di terreno adatto alla coltura in
mezzo a situazioni pedologiche
sfavorevoli. Con la decadenza
della coltivazione, questi siti
sono stati i primi a degradarsi,
ed in alcuni di essi il castagno
scomparso o quasi, ma si
conservato nella toponomastica
(Pian dei Castagni e Casteani nel
Comune di Gavorrano), in altri
casi sopravvivono, in mezzo al
bosco che ha occupato i vecchi
castagneti, anche grandi piante
di castagno, spesso in cattive o
pessime condizioni vegetative
(Montebamboli, nel comune di
Massa Marittima, eccetera).

La coltura del castagno letteralmente crollata nel Dopoguerra,


a causa della concomitanza
di un certo numero di fattori
sfavorevoli: lesodo della popolazione dalla campagna alla citt,
il miglioramento delle tecniche
agronomiche a favore dei cereali,

labbandono del pascolo brado e


lavvento dellallevamento intensivo, la sostituzione del legno con
materiali sintetici, lapertura dei
mercati, il benessere economico
e il cambiamento delle abitudini alimentari e, a dare il colpo di
grazia, la diffusione di due gravi
patologie: il cancro corticale ed
il mal dellinchiostro.

Cenni botanici
2 ed ecologici
La pianta del castagno tro-

va loptimum di vegetazione
in stazioni caratterizzate da
una temperatura media annua
compresa tra 10 e 15 C, specie
sensibile alle gelate primaverili,
che possono danneggiare i germogli. Nei riguardi dellumidit
il castagno mesofilo, vive in
stazioni in cui le precipitazioni medie annue raggiungono
almeno i 700 mm annui, ed
moderatamente eliofilo, cio
vuole luce, ma rifugge le zone
troppo soleggiate. Dal punto di
vista edafico, pur tollerando il
calcaree, predilige terreni sciolti,
profondi e freschi, ricchi di K e P,
a reazione acida o neutra, con
variazioni di pH da 4,5 a 7.

Il castagno un albero che pu


assumere portamento maestoso, con chioma espansa e rotondeggiante, alto anche fino a 25
metri. La corteccia inizialmente
liscia brillante di colore brunorossastro tende con let ad un
colore grigio-olivaceo. Le foglie
sono caduche, semplici, alterne,
brevemente picciolate ed ornate

di stipole lineari precocemente


caduche. La forma della foglia
normalmente ellittico lanceolata, con base arrotondata cuneata a bordo dentato crenato ed
apice brevemente acuminato.

Il castagno specie monoica, cio


sulla stessa pianta sono presenti
sia i fiori maschili sia i fiori femminili, i quali si evolvono solo a
fogliazione ultimata, la fioritura
avviene nella tarda primavera
con scalarit a secondo della
stazione di vegetazione e della
cultivar.

La fecondazione pu essere operata dal vento ed allora viene


definita anemofila, oppure dagli
insetti ed allora viene definita
entomofila. Il riccio, dapprima
verde, indi bruno-giallastro subsferico, spinescente e varia da
5-10 cm di diametro a seconda
delle variet, a maturit si apre
in due o quattro valve, lasciando
uscire in media tre frutti. I frutti
sono degli acheni, con pericarpo
liscio e coriaceo, bruno scuro,
omogeneo o striato, ornato alla

base da una cicatrice (ilo) ed


allapice dalla torcia. I cotiledoni, di colore bianco avorio sono
protetti da una sottile pellicola
membranacea.

Parti esterne del frutto


1 Torcia

2 Pelosit tipica

3 Striature del pericarpo


4 cicatrice ilare

La situazione attuale
e le problematiche
3 connesse
Dal 2000, nel territorio delle Colline Metallifere, su ini-

ziativa della Comunit Montana


Colline Metallifere, sono iniziate
alcune indagini volte alla conoscenza della situazione vegetativa e colturale dei castagneti
da frutto presenti nel territorio.
Sono stati esaminati gli aspetti
selvicolturali, fitosanitari e varietali.

Le indagini hanno interessato i comuni di Massa Marittima, Monterotondo Marittimo, Montieri e


Roccastrada con lobbiettivo di
quantificare, in una prima fase,
le superficie occupate da castagneti da frutto, individuando i
castagneti ancora produttivi e

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quelli abbandonati, ed in un secondo momento analizzando gli


aspetti relativi al mercato castanicolo locale ed al patrimonio
varietale presente.

Per la raccolta dei dati, durante i


rilievi, stata elaborata una apposita scheda tecnica dove sono
state annotate le caratteristiche
stazionali, lo stato colturale e la
situazione fitosanitaria.
In complesso sono stati visitati
circa 80 nuclei di castagneto da
frutto.

Dai rilievi eseguiti, si potuto


rilevare che rispetto ai dati catastali di partenza notevolmente diminuita la superficie dei
castagneti da frutto produttivi,

Comune

Castagneti da frutto

Montieri

1100 ettari

Massa Marittima

200 ettari

Monterotondo Marittimo

200 ettari

Roccastrada

600 ettari

Totale Comprensorio

2100 ettari

Tabella 1

Superfici a castagneto da frutto nel


comprensorio delle
Colline Metallifere
come risultato dai
dati catastali.

a vantaggio dei boschi misti di


latifoglie autoctone, sviluppatisi
in seguito allabbandono della
coltura e dei boschi cedui originatisi dopo il taglio delle piante
da frutto.
Alla conclusione dei rilievi sono
risultati ancora produttivi, coltivati o semicoltivati, circa 200 ettari, localizzati per la gran parte
vicino ai centri abitati od a case
poderali, e distribuiti in maniera
pi o meno uniforme nei comuni
oggetto dellindagine (Tabella 2).
Dal punto di vista colturale questi
castagneti hanno una densit
che varia da un minimo di 80
piante fino a circa 150 piante ad

ettaro e sono costituiti da piante


di castagno innestate.

Allinterno di ogni singolo castagneto sono presenti variet diverse, tra cui sempre presente
il marrone, con diversi ecotipi a
seconda della zona che si considera, nel comune di Massa
Marittima il Marrone di Monte
Gusciani, nel comune di Montieri il Marrone della Madonna
dei Castagni, nel comune di
Monterotondo Marittimo il
Marrone di Cagna, nel Comune di Roccastrada il Marrone
del Pagiano, insieme ad altre
cultivar di castagne che venivano utilizzate sia per il consumo
fresco sia per la farina. Tra di
Tabella 2

Castagneti da frutto
Comune

Coltivati

Montieri

54 ettari

Massa Marittima

Situazione attuale

dei castagneti da
Abbandonati Convertiti
in cedui frutto nel compren-

346 ettari

700 ettari

46 ettari

64 ettari

90 ettari

Monterotondo Marittimo

42 ettari

38 ettari

120 ettari

Roccastrada

46 ettari

150 ettari

404 ettari

TOTALE COMPRENSORIO

188 ettari

598 ettari

1314 ettari

sorio delle Colline


Metallifere come
risultato dallindagine conoscitiva.

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esse: la carpinese, la domestica,


la rossolina ed altre cultivar minori. Una ricerca bibliografica
stata compiuta sulle cultivar di
marroni presenti nella zona, ed
risultato che alcune erano gi
stati classificate nel passato in
questo comprensorio: ecotipi di
marrone derivanti dal gruppo
del marrone fiorentino, come
il marrone di Monte Gusciani,
localit sita nelle vicinanze della frazione di Prata, di cui sono
state individuate delle piante
madri ancora produttive, ed
stato prelevato materiale per
la propagazione ed il mantenimento.

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Riguardo al numero delle piante di


marroni presenti nei castagneti
da frutto, queste variano, da un
minimo del 10% fino al 100% in
impianti costituiti di recente. La
variet carpinese la pi diffusa
nella zona e frequentemente
arriva a rappresentare il 50% del
totale delle piante presenti, nel
passato era utilizzata sia per la
farina sia per il consumo fresco.
Il marrone, oggi diventato pro-

dotto ricercato di maggiori


dimensioni ma meno frequente
rispetto alla precedente, rappresenta in media il 15-20% delle
piante, come anche la rossolina
che era utilizzata prevalentemente per la farina, un 10% circa
rappresentato da altre cultivar,
meno importanti da un punto
di vista produttivo ma rilevanti
a fini storici e di mantenimento
del loro corredo genetico, indicate con i nomi di domestica, bionda, morella, lombarda etc.

Allinterno dei castagneti sono


sempre presenti anche alcuni
castagni selvatici che, venivano
sempre mantenuti per la funzione di impollinatori.
Attualmente uno dei principali
fattori di degrado dei castagneti da frutto la mancanza
di idonee cure colturali, in cui
si trovano la maggior parte dei
soprassuoli, infatti la maggioranza dei castagni carente di
potature come minimo da un
decennio e le piante hanno le
chiome appesantite da molte
branche secche. Tale mancanza

ha effetti immediati sulla produzione ottenibile dai castagni


sia in termini di qualit sia in
termini di quantit, dal momento che piante poco vigorose,
forniscono scarsa quantit di
prodotto e bassa qualit in termini di pezzatura.

La produzione media varia dai


20 ai 30 kg a pianta in funzione
della cultivar considerata, da ricordare che il marrone pianta
meno produttiva rispetto alle
altre cultivar, e tali valori sono
ben inferiori alle potenzialit di
produttivit delle piante di castagno, infatti per castagni ben

curati e produttivi, si riportano


in letteratura dati di produzione
per il marrone di circa 60 kg a
pianta e per le altre variet dei
quantitativi fino ad 80-90 kg.

Nel comprensorio, per piante


di marrone recuperate e regolarmente potate, la pezzatura
media arriva ad essere anche di
circa 65 pezzi al chilogrammo,
mentre piante non adeguatamente coltivate forniscono un
prodotto di circa 80 pezzi al
chilogrammo, mentre le altre
variet sono dellordine di circa
100 ed in alcuni casi anche oltre
100 pezzi al chilogrammo.

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Le principali avversit
4 del castagno
4-1 Malattie causate da funghi

Tra le principali avversit del


castagno nel territorio delle
Colline Metallifere, come in altri
parti dItalia, vanno sicuramente ricordate il mal dellinchiostro
ed il cancro della corteccia.

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Il mal dellinchiostro, causato un


fungo, il cui nome Phytophthora cambivora Petri (Buism.), la
cui prima segnalazione in Italia
risale al 1859 sui Monti Pisani, in
seguito nei primi anni anni del
secolo scorso gli attacchi di mal
dellinchiostro furono segnalati
in diverse zone dellItalia (Emilia
Romagna, Calabria, Liguria etc)
e la malattia divenne, anche in
considerazione delleconomia
del tempo nelle zone montane,
incentrata per buona parte
sulla coltivazione del castagno,
un vero e proprio flagello. Gli
attacchi del mal dellinchiostro
sono prevalentemente collegati
a condizioni di asfissia radicale e di eccesso di umidit del
terreno. Landamento spaziale
della malattia assai variabile

da stazione a stazione, in alcuni


casi partendo da posizioni di
fondovalle, in vicinanza di fossi,
tende a risalire, in altri casi si
manifesta a mezzacosta e d l
si diffonde a macchia dolio.

La sintomatologia comune a
vari agenti di marciume radicale e si manifesta con microfillia
(chiome rade e foglie pi piccole
del normale) del fogliame che
assume una colorazione verde
chiaro ad inizio malattia, per
tendere poi al giallo fino al disseccamento ed alla caduta delle
foglie. I ricci che non riescono
a maturare, sono di piccole dimensioni e sono disposti tutti
sulle branche pi alte restando
attaccati ai rami. Il deperimento
nel giro di due tre anni si estende a tutta la pianta portandola
a morte (decorso lento), ma i
castagni attaccati possono disseccare anche nellarco di un
anno (decorso fulminante). Per
il riconoscimento della malattia
necessario scortecciare la zona
del colletto, in quanto qui sono

Castagneto colpito dal mal dellinchiostro

facilmente individuabili le macchie a fiamma o a digramma,


caratteristiche della malattia.

Non esistono metodi certi per


la lotta al mal dellinchiostro e
fin dallinizio del secolo scorso
sono stati intrapresi studi su
come limitare la sua diffusione
e la sua azione devastante. Nel
tempo sono state indicate diverse tecniche di lotta indiretta,
dallo sconcamento delle radici,
allestirpazione della ceppaia

delle piante uccise. Soluzioni


valide anche se di difficile attuazione nei castagneti, considerando che la maggioranza degli
impianti non posizionata in
vicinanza di strade od in zone
pianeggianti dove poter lavorare con adeguati mezzi meccanici. Risultati incoraggianti contro
il mal dellinchiostro sono stati
ottenuti nel Mugello, dove dalla
fine degli anni 90 stata registrata una recrudescenza degli

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attacchi del mal dellinchiostro.


Sono stati attuati interventi
basati sulle concimazioni con
ammendanti (letame maturo,
pollina e concime biologico) per
favorire la vigoria della pianta
attaccata stimolando gli apparati radicali a generare nuove
radici capaci di sostituire quelle
distrutte dal fungo parassita. Tali
trattamenti hanno consentito
nel giro di pochi anni il recupero
dei castagneti e il ripristino della
produzione in piante attaccate e
destinate al disseccamento. Nel
territorio delle Colline Metallifere focolai della malattia sono
stati individuati nei castagneti
da frutto prevalentemente
abbandonati nel comune di
Montieri, in vicinanza dellabitato di Travale e nel comune di
Roccastrada, precisamente nella
zona del Sassoforte e in quella
del Belagaio.

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Altro pericoloso patogeno la


Cryphonectria (Endothia) parasitica (Murr), agente del cancro
della corteccia, che colpisce le
parti epigee legnose del casta-

gno. Tale fungo sembra provenire


dallAsia e la prima segnalazione
in Italia risale al 1938, quando
venne rinvenuto in Liguria: da
allora si diffuso in tutte le aree
castanicole italiane e pu ormai
essere considerata endemico nel
nostro paese.

Il fungo penetra allinterno dei


tessuti attraverso ferite di varia
natura, anche piccoli traumi, causati dallo strofinamento dei rami,
oppure dalla grandine. Linfezione si manifesta inizialmente con
una depressione di colore rossastro di pochi centimetri quadrati
nei tessuti attaccati, da cui poi il
micelio del fungo sviluppandosi
pu arrivare ad interessare tutta
la circonferenza del ramo o del
pollone fino a produrre un cancro. Linfezione, ostacolando la
risalita della linfa elaborata, porta alla morte la parte superiore
del ramo o del pollone attaccato.
Nella parte sottostante la zona
infetta, tipica lemissione di
rami epicormici. Da tali cancri,
si diffondono i conidi, riuniti in
cirri prodotti dai picnidi (piccole
pustole di color rosso aranciato)

2b

emergenti sulla corteccia infetta.


Vengono diffuse anche le ascospore (di derivazione sessuata)
prodotte dai periteci che si formano durante il periodo invernale. Tali cancri vengono definiti
tipici o virulenti (foto 1). Insieme
a questa tipologia di cancro se
ne riconosce unaltra definibile
come atipica per il fatto che il
micelio parassita si sviluppa superficialmente sulla corteccia
senza uccidere il cambio e senza
produrre disseccamenti n emissione di rami epicormici. Questi
cancri sono caratterizzati dalla
reazione dei tessuti attaccati che
reagiscono formando dei rigonfiamenti, il cancro non riesce a
circondare il pollone od il ramo
colpito, assume una colorazione
nerastra e resta localizzato senza potersi espandere. Tali cancri
vengono definiti cicatrizzanti e
cicatrizzati (foto 2) e sono prodotti dagli isolati ipovirulenti del
parassita

Alle due forme suddette si aggiunge un terza definita intermedia


caratterizzata dalla sintomatologia dei cancri normali, ma con

foto 1
foto 2

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comparsa di calli di cicatrizzazione e con la parte superiore alla


zona infetta che resta viva.

18

Infezioni del cancro della corteccia sono ormai presenti in tutti


i castagneti, sia con la forma
virulenta, mortale per i polloni
o rami attaccati, sia con la forma
cicatrizzante, incapace di uccidere i soggetti attaccati. Oltre al
riconoscimento dei diversi tipi di
cancri presenti nei castagneti,
importante la valutazione dello
stato fitosanitario dei castagneti.
La prevalenza rilevante di cancri cicatrizzanti e cicatrizzati
indice della diffusione naturale
dellipovirulenza e quindi una
evoluzione epidemiologica della
malattia verso il conseguimento
di un equilibrio con lospite. Altro
criterio di valutazione il riconoscimento dei danni recenti da
quelli vecchi. Gli attacchi vecchi
sono caratterizzati da branche
secche, prive di corteccia che conferiscono alle piante un aspetto
degradato, ma sono sintomatiche
della virulenza del parassita nel
passato, invece i danni recenti si
distinguono per i rami e rametti

secchi con ancora le foglie morte


attaccate. Si ritiene che una mortalit recente che interessi oltre il
20% della chioma e sia estesa a
tutto il castagneto da considerarsi ad alto rischio.

Fortunatamente negli impianti


visitati la diffusione dei cancri
cicatrizzanti e cicatrizzati decisamente superiore, mentre i
danni causati dai ceppi virulenti
sono limitati sulle piante adulte,
ma hanno unelevata incidenza
sugli innesti.

4-2 Malattie causate da insetti


Gli insetti che possono causare
danni al castagno sono molti, tra
questi per la gravit dei danni
che possono causare devono essere ricordati le Cidie, il Balanino
e in particolar modo il Cinipide
galligeno del castagno.

Cydia splendana o verme delle


castagne: un lepidottero tortricide di piccole dimensioni, con
addome rossastro ed ali a macchie grigio-nerastre e con linee
brune disposte in maniera non
regolare. La Larva nelle prime fasi

dello sviluppo bianca, con capo


e scudo toracico nero, da adulto
di colore giallo e lunghezza di circa 15 mm. Lattivit biologica del
lepidottero coincide con la fase di
maturazione dei frutti, gli adulti
sfarfallano in agosto e depongono le uova, di colore biancastro,
sui ricci in formazione, le larve
forano il riccio, in seguito il pericarpo e penetrano allinterno del
frutto.

Le larve durante al crescita mangiano il frutto, scavando delle


gallerie che riempiono con i propri escrementi di colore bruno. Lo
sviluppo della larva dura circa un
mese e quando la larva matura fora il pericarpo ed esce dalla
castagna, se questa si trova sul
terreno la larva penetra sottoterra, altrimenti cerca rifugio nelle
screpolature della corteccia.
I danni arrecati da questo insetto
sono ingenti, sia per la perdita di
una parte del prodotto, sia per il
deprezzamento subito dalla parte di prodotto ancora commerciabile, in alcuni casi sono stati
segnalati danni anche per il 60%

sul totale della produzione.

Lunico metodo di lotta contro


questo lepidottero la raccolta
di volta in volta di tutto il materiale che cade senza lasciarlo sul
terreno e la distruzione di quello
attaccato.

Simile alla precedente Cydia


amplana, o verme rosso delle castagne, perch ladulto di colore
rosso aranciato. La larva di colore rosso arancio vivo, con il capo e
lo scudo toracico bruno pallido, il
ciclo biologico ed i danni che pu
arrecare questa specie sono simili alla precedente, come anche il
tipo di lotta.
Curculio elephas o balanino delle
castagne: un coleottero curculionide delle dimensioni da adulto di 7-9 mm, senza considerare
il rostro, di colore grigio, forma
ovale allungata, con antenne e
zampe rossiccie. Si riconosce facilmente per il rostro che sottile
e lunghissimo, arcuato e lungo
quanto la met del corpo per il
maschio e lungo quanto tutto il
corpo della femmina. Gli adulti si possono trovare nei mesi

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estivi che volano sui castagni, e


utilizzando il rostro si nutrono
introducendolo alla base dei piccoli frutti. La femmina dalla fine
di agosto inizia a forare il riccio,
con il rostro, fino a raggiungere
il frutto, dopodich si gira ed
estroflettendo lovodepositore
depone le uova, in seguito le larve mangiano il seme la sciando
allinterno del frutto gli escrementi. In settembre-ottobre le
larve mature forano il pericarpo
e si imbozzolano nel terreno fino
ad una profondit di circa 15-30
cm, in una cella di terra dove passano linverno; in giungo-luglio
si trasformano in ninfe e dopo
un paio di settimane escono gli
adulti che ricominciano il ciclo.

20

Il danno che pu causare il balanino ingente in quanto gli adulti


pungendo le castagne immature
le fanno seccare e le larve rovinano pi o meno completamente
i frutti, li fanno cadere e ne causano lammuffimento. Il tipo di
lotta da attuare uguale a quello
per le Cydie e cio non bisogna
lasciare le castagne cadute nel
castagneto perch da queste

escono le larve che si affondano


nel terreno.
Dryocosmus Kuriphilus Yasumatsu
o cinipide galligeno del castagno
considerato ad oggi linsetto
pi nocivo per il castagno a livello mondiale. specie originaria
della Cina, introdotta accidentalmente dopo la seconda guerra
mondiale in altre zone dellAsia,
rinvenuta in America negli anni
70 ed in Europa segnalata per
la prima volta in provincia di
Cuneo nellanno 2002. Riesce ad
attaccare sia il castagno europeo
sia gli ibridi euro-giapponesi,
caratterizzato da una sola generazione allanno e la riproduzione
partenogenetica, cio i maschi
sono assenti.

I sintomi tipici, visibili solo al momento della ripresa vegetativa,


sono rappresentati dalla presenza delle galle, cio degli ingrossamenti di forma pi o meno
tondeggiante che si formano sui
germogli in primavera. La formazione delle galle determina larresto dello sviluppo dei germogli,
riducendo la crescita delle piante

e di conseguenza la produzione
e/o maturazione dei frutti. In casi
di forti infestazioni sono stati
registrati in America ed Asia cali
di produzione pari al 75-80%.
Le possibilit di diffusione del
cinipide sono essenzialmente
dovute al commercio di astoni
e di marze infestate, si consiglia
pertanto ai castanicoltori che si
servono di tale materiale di assicurarsi della provenienza e di
osservare attentamente i giovani
impianti per poter intervenire
eliminando le parti colpite dalle
galle alla ripresa vegetativa.

Le possibilit di lotta sono limitate


alla sola raccolta e distruzione
delle parti della pianta infestate
dalle galle, tale operazione deve
essere effettuata entro la prima
met di maggio, per cercare di
ritardare la sviluppo delle infestazioni.
Sono in atto programmi di ricerca finalizzati al miglioramento
genetico per selezionare variet
resistenti e per introdurre antagonismi naturali del cinipide
che sono al momento assenti nei
nostri castagneti.

21

Gli interventi per il recupero


e la valorizzazione del
5 castagneto da frutto
Le condizioni stazionali, let del
castagneto, la lunghezza del
periodo di abbandono e lentit
degli attacchi parassitari, creano
una generalit di casi per cui
impossibile dettare precise linee
di intervento, per il recupero e la
valorizzazione dei castagneti da
frutto.
In linea generale gli interventi di
recupero differiscono a seconda
se le piante da frutto nel castagneto sono ancora vitali o se
non lo sono.

1) Valorizzazione del castagneto


da frutto tramite il recupero
delle vecchie piante da frutto.

22

Nei castagneti da frutto abbandonati dove siano ancora vitali


le piante da frutto, prima di
intervenire su queste con interventi di potatura, necessario
effettuare la ripulitura del sottobosco, compreso leliminazione delle specie invadenti e dei
ricacci alla base delle piante da
frutto.

Durante tale intervento il castanicoltore dovr valutare se


rilasciare giovani selvatici di castagno da innestare in seguito
per ottenere la densit ottimale,
circa 100 piante ad ettaro.
Solo dopo aver effettuato la ripulitura del soprassuolo dovr
essere effettuata la valutazione
delle chiome per leffettuazione delle potature sulle vecchie
piante da frutto. La potatura
la principale cura colturale nella
coltivazione del castagneto da
frutto, tale operazione andrebbe effettuata ordinariamente
almeno ogni due o tre anni, ma
in realt in considerazioni del
costo elevato lintervento viene
effettuato nel migliore dei casi
straordinariamente ogni 5 anni.

Prima di intervenire con la potatura occorrere valutare le condizioni generali di vegetazione


della pianta, i danni su questa
arrecati dal cancro della corteccia, linteresse alla produzione
annuale del frutto e la capacit

Intervento di capitozzatura su un intero castagneto

della variet ad emettere nuove


ramificazioni.

Gli interventi possono essere fatti


con vari gradi dintensit, che
vanno dalla capitozzatura alla
potatura di rimonda.

La capitozzatura consiste nelleliminazione totale della chioma


per mezzo di un drastico taglio
di tutta la chioma poco sopra il
punto dellinnesto, oppure nel
caso questo non sia individuabile allinserzione delle branche di maggiori dimensioni. La
capitozzatura un intervento

molto drastico che ha lo scopo


di stimolare il ricaccio sia delle
parte aerea della chioma sia
della radice, la capitozzatura
per specialmente se attuata su
piante di notevole et, pu portare al disseccamento di queste
ed quindi da scongliare nella
generalit dei casi. Inoltre, la capitozzatura, attuando il taglio di
tutta la chioma crea unelevata
illuminazione del castagneto
favorendo il ricaccio dei polloni
alla base e la ripresa di vigore
delle specie del sottobosco.

23

In alcuni casi questo intervento


drastico viene anche realizzato
anche su soggetti giovani, in
particolar modo derivanti dallinnesto a corona, per fortificare
il punto dinnesto, ma anche in
questo caso da sconsigliare, in
quanto un intervento cos drastico crea uno stress troppo elevato
al giovane innesto, causandone
spesso il disseccamento.

La potatura di rimonda invece


un intervento di intensit pi
moderata, il cui scopo quello
di eliminare le parti della chioma attaccate dal cancro della
corteccia, leliminazione delle
parti secche, il ringiovanimento
ed alleggerimento della chioma.
Tra queste due modalit estreme
di intervento sulla chioma delle
piante di castagno esistono una
serie di vari gradi di intervento
per la potatura, determinati da
criteri soggettivi del proprietario
e dallesperienza del potatore.

24

Come indicazione generale


bene ricordare che lintervento
di potatura si pone lobiettivo
nella generalit dei casi dellot-

tenimento di una produzione


abbondante e di qualit oltre
alleliminazione delle parti disseccate od ancora vive attaccate
dal cancro della corteccia.

I criteri dintervento sono quindi


finalizzati alla piena irradiazione della chioma, infatti come
sopra detto il castagno specie
amante della luce e la radiazione
solare influenza positivamente
la produzione di fiori. Bisogner quindi cercare di creare le
migliori condizioni di illuminazione della chioma, eliminando
sulla pianta i rami interni o
quelli che si ombreggiano vicendevolmente e considerare anche
la concorrenza laterale degli altri
castagni, intervenendo quindi
per regolare la densit con il taglio dei castagni soprannumerari. Altro criterio da considerare
la difesa fitosanitaria; fondamentale che i potatori sappiano distinguere i diversi tipi
di cancro, effettuando il rilascio
delle infezioni cicatrizzate e/o
cicatrizzanti, eliminando invece
tutte le parti della chioma attaccate da cancri virulenti o cancri

intermedi. Il materiale legnoso


attaccato e disseccato da cancri
virulenti ed intermedi una volta
tagliato non dovr essere accatastato e lasciato allinterno del
castagneto, dal momento che
il fungo in tali condizioni pu
continuare a riprodursi ed a diffondersi, ma tale materiale deve
essere immediatamente allontanato dal castagneto o bruciato se le condizioni consentono
di effettuare tale operazione in
assoluta sicurezza.

Come sopra riportato lintervento di potatura dovrebbe essere


effettuato ogni due-tre anni,
intervenendo con semplici interventi di rimonda finalizzati al
ringiovanimento della chioma
ed alla sua corretta formazione,
mentre per quanto riguarda
leliminazione dei rami uccisi dal
cancro questa dovrebbe essere
effettuata annualmente per evitare la diffusione del parassita.

Potatura di rimonda

25

2) Recupero tramite il taglio del


vecchio soprassuolo ed esecuzione di nuovi innesti sui ricacci delle ceppaie.
Questo tipo di intervento pu
essere attuato sia nei castagneti
da frutto abbandonati e non pi
recuperabili sia nei soprassuoli
cedui di castagno.
Le operazioni consistono nel taglio raso di tutto il soprassuolo
e nel successivo innesto dei
polloni emessi dalle ceppaie. Ci
offre il vantaggio di procedere
allinnesto con materiale delle
variet di castagno da frutto pi
conveniente e di intervenire su
polloni giovanissimi dellet di
2-3 anni con tipologie di innesto
poco attaccabili dal cancro della
corteccia.

26

In questo caso assume fondamentale importanza il materiale di


propagazione che sar utilizzato
per effettuare i successivi innesti,
questo dovr essere raccolto nel
periodo invernale, a legno fermo prima che le piante entrino
in vegetazione. Il materiale pi
adatto quello dellultimo anno,

una volta raccolto il materiale


questo deve essere conservato
in sacchi di polietilene integri
e posto in celle frigorifero alla
temperatura di 3-4 C.

Questa metodologia di raccolta e di conservazione valida


per gli innesti definiti a marza,
mentre per gli innesti a gemma il momento della raccolta
contemporaneo al momento
dellesecuzione dellinnesto.
Nel comprensorio delle Colline
Metallifere la tipologia di innesto
pi utilizzata quella a corona,
un tipo dinnesto facilmente eseguibile ma con notevoli inconvenienti. Infatti la sua esecuzione
prevede delle ampie superfici di
taglio che facilmente vengono
colonizzate dallagente patogeno del cancro della corteccia che
un tipico parassita da ferita,
inoltre a causa del lungo tempo
necessario per la cicatrizzazione
della ferita, suscettibile di rotture nel punto dinnesto anche
a distanza di vari anni dalla sua
esecuzione.
Tra le tecniche di innesto da ese-

guirsi sul castagno, quella da


preferire sicuramente quella
a doppio spacco inglese. Questa
assicura scarsa suscettibilit al
cancro corticale, poich le superfici di taglio sono molto ridotte,
la completa cicatrizzazione dei
tessuti avviene dopo poche settimane dallesecuzione dellin-

nesto e non esiste il rischio di


rotture sul punto dinnesto.
Molto importante inoltre proteggere linnesto con mastici
cicatrizzanti e/o fungicidi per
assicurare una maggiore protezione contro il cancro della corteccia ed altri agenti patogeni.

Prelievo
marze

Dimensioni
portinnesto

Suscettibilit
cancro
corticale

Tecnica
dinnesto

Periodo
desecuzione

Spacco a
doppia marza

febbraio
marzo

fine inverno 1 1,5 cm medio-bassa sto pi frequente-

Doppio
spacco inglese

febbraio
marzo

fine inverno 1 1,5 cm

Corona

aprile
maggio

fine inverno

Zufolo

aprile
maggio

al momento
1,5 2 cm medio-alta
dellinnesto

Tabella 3

Tecniche di inne-

5 8 cm

bassa

mente usate sul


castagno

alta

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Innesto a spacco a doppia marza

A spacco radiale sul selvatico

B marze munite di due gemme sagomate a


forma di cuneo

C le due marze incastrate nella spaccatura.


B

Questo tipo di innesto viene praticato a fine inverno su selvatici di diametro di 4-5 cm. poco
consigliabile perch predispone la pianta al
cancro della corteccia.

Innesto a corona

A preparazione del selvatico (portinnesto) per


linnesto con lincisione verticale della corteccia

B marze, costituite da segmenti di rami di un


anno con due gemme, sagomate in diversi modi

C sistemazione delle marze sotto la corteccia.

Successivamente sar effettuata una legatura


molto stretta con rafia o materiale di plastica

B
C

Innesto a zufolo

B anelli di innesto con gemma

A ramo dove stato prelevato lanello di innesto


C portinnesto preparato a ricevere lanello
D inserimento dellanello di innesto

B
A

E raschiatura con il coltello del legno rimasto

scoperto per arrestare sopra il bordo dellanello


di corteccia la linfa ascendente

Innesto a doppio spacco inglese


B

A taglio diagonale di innesto e portinnesto con


la fessura per la linguetta

B portinnesto e marza con la linguetta sollevata


pronti per lincastro
28

C se i due bionti hanno lo stesso diametro lincaportinnesto selvatico

marza domestico

stro risulta perfetto

6 Schede varietali
Il patrimonio varietale costituito
da cultivar di marroni e castagne
selezionate dalluomo con il passare del tempo, privilegiando fin
dal passato le migliori, utilizzate

sia per il consumo fresco che per


la produzione della farina dolce.

Di seguito vengono riportate le


schede di alcune cultivar di marroni presenti nel territorio.

Marrone di Cagna
Localizzazione: Cagna, Monterotondo Marittimo
Tecnica colturale: innestato

Albero: di notevole grandezza, chioma regolare, espansa e fitta

Corteccia: di colore marrone chiaro fessurata longitudinalmente

Foglie: di forma ovale-lanceolata, con una lieve introflessione a contatto


con il picciolo. Margine dentato, dentatura fine e ravvicinata.
Ricci: sferoidali, si aprono a maturit in 3-4 valve contenenti da 2 a 3 frutti.

Frutti: di forma ellittica, con pericarpo resistente di colore marrone-rossiccio e striature rilevate di colore pi scuro. Pelosit diffusa in vicinanza
della torcia. Torcia con stili persistenti di varia lunghezza. Cicatrice ilare
di forma variabile da rettangolare a quadrata, di piccole dimensioni con
saggiatura stellare evidente. Episperma di colore avana, poco aderente, di
spessore limitato non penetra nei solchi. Seme di colore crema, di sapore
dolce.
Note: ecotipo di marrone che si differenzia per alcuni caratteri dagli altri
presenti nel comprensorio. In particolar modo per la cicatrice ilare di dimensioni piccole e spesse volte quadrata.

29

Marrone della Madonna dei castagni


Localizzazione: Madonna dei castagni, Montieri.
Tecnica colturale: innestato

Albero: di media grandezza, ramificato fin dal basso con chioma globosa
ed espansa.
Corteccia: di colore marrone chiaro, con screpolature longitudinali irregolari.
Foglie: ovato-lanceolate, lievemente introflesse nella parte terminale. Bordo seghettato, dentatura regolare ravvicinata.
Ricci: sferoidali, si aprono a maturit in 2-4 valve contenenti da 1 a 3 frutti.

Frutti: medio grosso, di forma ovale, ovale-ellittica, con pericarpo coriaceo


di colore marrone scuro con striature rilevate nere. Torcia persistente,
scarsa pelosit in vicinanza dellapice del frutto.
Cicatrice ilare ampia, di forma rettangolare o ellittica, con forma regolare.
Saggiatura stellare ben evidente e presenza di peluria attorno al contorno
dellilo. Episperma di colore marrone chiaro, sottile e facilmente staccabile. Seme di colore crema, sapore dolce.

30

Note: presenta caratteristiche simili al gruppo del marrone fiorentino. Sono


state individuate le piante madri produttive da cui poter prelevare le
marze per la propagazione e per la raccolta di eventuali campioni futuri.

Marrone di Monte Gusciani


Localizzazione: Monte Gusciani, Massa Marittima
Tecnica colturale: innestato

Albero: di media grandezza, chioma espansa e fitta

Corteccia: di colore grigio con screpolature longitudinali irregolari.

Foglie: ovato lanceolate, lievemente introflesse ed asimmetriche alla base,


a contatto con il picciolo. Margine finemente e regolarmente seghettato
e dentato.
Ricci: sferoidali, si aprono a maturit in 2-4 valve contenenti da 1 a 3 frutti.

Frutti: di forma ovale ellittica, apice arrotondato, e pelosit poco pronunciata in vicinanza della torcia. Torcia con stili persistenti. Cicatrice ilare
ampia e di forma rettangolare regolare, in alcuni casi con angoli arrotondati, raggiatura stellare ben evidente e rilevata. Pericarpo di colore marrone con striature nere, irregolari, rilevate ed evidenti. Episperma di colore
avana, sottile, poco aderente. Seme di colore giallo crema, dolce, di buona
resistenza alla cottura.
Note: ecotipo di marrone derivato dal gruppo del marrone fiorentino.

Piante madri individuate per la raccolta di materiale di propagazione.


31

Marrone del Pagiano


Localizzazione: Pagiano, Roccastrada
Tecnica colturale: innestato

Albero: di media grandezza, chioma regolare e densa.


Corteccia: marrone fessurata longitudinalmente

Foglie: di forma ovale-lanceolata, con apice acuminato ed un po ricurvo.


Base con una lieve introflessione a contatto con il picciolo. Margine finemente dentato.
Fiori: amenti astaminei

Ricci: grandi, sferoidali, aprentesi a maturit in 3-4 valve

Frutti: di forma ellittica, pezzatura medio-grossa. Pericarpo resistente di


colore marrone, striature rilevate di colore marrone scuro - nero. Apice non
pronunciato, pelosit persistente e diffusa in vicinanza della torcia. Torcia
normalmente con 6 stili persistenti. Cicatrice ilare medio-grande di forma
variabile da rettangolare a semicerchio, raggiatura stellare evidente e con
presenza di peluria persistente. Episperma di colore avana, di spessore
limitato, poco aderente. Frutti non settati.

32

Note: ecotipo di marrone che si differenzia notevolmente da quelli presenti


negli altri comprensori delle Colline Metallifere. In particolar modo per forma del pericarpo e per la folta peluria presente e persistente in vicinanza
della torcia e della cicatrice ilare. Piante madri individuate per la raccolta
di materiale di propagazione.

33

Indice
1. Cenni storici

2. Cenni botanici ed ecologici

3. La situazione attuale e le
problematiche connesse

10

4. Le principali avversit del


castagno

14

5. Gli interventi per il recupero e la


valorizzazione del castagneto da frutto

22

6. Schede varietali

29

Si ringraziano per i consigli e i suggerimenti il prof. Tullio Turchetti, (IPP- CNR


Firenze) ed il dott. Marco Pollini (Comunit Montana Colline Metallifere)
foto: Damiano Nitti

progetto grafico e impaginazione: PetriBros

34

Bibliografia
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AA.VV., Atti del Convegno Nazionale sul Castagno
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BASSI R., La coltivazione del castagno da frutto, I libri
di vita in campagna, Edizioni lInformatore Agrario,
Verona 1990
NITTI D., Indagine conoscitiva sui castagneti da frutto nel territorio della Comunit Montana Colline
Metallifere, Comunit Montana Colline Metallifere
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NITTI D., Indagine sulle cultivar e sugli ecotipi di castagno presenti nel territorio della Comunit Montana
Colline Metallifere e sui relativi aspetti commerciali,
Comunit Montana Colline Metallifere 2001
NITTI D., MANNI C., Indagine conoscitiva sui boschi di
castagno da frutto presenti nel territorio comunale di
Roccastrada, Comunit Montana Colline Metallifere
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PAGLIETTA R., BOUNOUS G., Il castagno da frutto, Edagricole, Bologna, 1979
TANI A., CANCIANI L., Il recupero produttivo dei castagneti da frutto. Azienda Regionale delle Foreste
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TURCHETTI T., MARESI G., NITTI D., GUIDOTTI A., MICCINESI G., Il mal dellinchiostro nel Mugello (Fi): danni ed approcci di difesa, Monti e Boschi, LIV, 1: 22-26,
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TURCHETTI T., GEMIGNANI P., CAPPELLETTI A., Le principali avversit del castagno e la difesa biologica
contro il cancro della corteccia. Comunit Montana
Monte Amiata Area Grossetana, Comunit Montana Area Senese, C.N.R. Centro di studio per la Patologia delle Specie Legnose Montane, Firenze 1995

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