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domenica 10 aprile 2016

Il Sole Domenica 10.4.16


Sviluppo umano
Cos nato il timor di Dio
Nuove ricerche fanno luce sui rapporti tra crescita economica e comparsa delle divinit
morali
di Vittorio Girotto e Giorgio Vallortigara
Chi non sa cos il timor di Dio? Dio, chiunque esso sia, vede tutto, giudica tutto e punisce ogni
male. La grande maggioranza delle religioni professate ai nostri giorni si basa proprio su questidea.
Eppure non sempre stato cos. Per molto tempo i nostri progenitori hanno creduto in divinit che
non si occupavano direttamente delle vicende umane n, tantomeno, le giudicavano e sanzionavano.
Secondo la testimonianza di Plinio il giovane, ad esempio, al momento delleruzione del Vesuvio i
pompeiani credevano che gli Dei avessero lasciato il mondo, abbandonandoli al loro tragico
destino. solo in tempi relativamente recenti che si sono sviluppate le credenze in quelli che lo
psicologo canadese Ara Narenzayan definisce Grandi Dei (Grandi dei. Come la religione ha
trasformato la nostra vita di gruppo, Cortina, 2014), cio divinit che sorvegliano la nostra vita
quotidiana e la regolano con promesse e minacce che si concretizzeranno nella vita ultraterrena.
Da dove vengono queste divinit che sembrano oggi coincidere con lidea stessa che abbiamo di
religione? Secondo molti antropologi e psicologi, le dottrine e religioni morali si sono sviluppate in
una fase recente dello sviluppo culturale umano, svolgendo unimportante funzione sociale: favorire
la cooperazione e la coesione allinterno dei gruppi. Nelle piccole trib dei nostri antenati
cacciatori-raccoglitori i legami di parentela e la conoscenza diretta tra gli individui erano
probabilmente sufficienti a mantenere la cooperazione. Ma con lavvento dellagricoltura gli esseri
umani si organizzarono in vaste e anonime societ in cui era pi facile comportarsi in modo non
cooperativo. proprio in queste societ che le divinit morali avrebbero fatto la loro comparsa, per
una evidente funzione sociale: gli individui che credono in divinit che sorvegliano e puniscono il
male tenderanno a non danneggiare gli altri, anche quando non c nessun sorvegliante umano che li
osserva. Questa tesi stata recentemente confermata da una ricerca cui ha partecipato lo stesso
Narenzayan pubblicata qualche settimana fa sulla rivista Nature.
Gli autori hanno intervistato e sottoposto a dei semplici giochi di tipo economico 591 persone di
otto differenti comunit di varie regioni del mondo (dalla Siberia alla Tanzania) che appartenevano
a differenti religioni, tra le quali linduismo, il buddismo e il cristianesimo, e che si riconoscevano
in credenze locali quali lanimismo e il culto dei morti. I giochi economici richiedevano ai
partecipanti di allocare delle risorse (delle monete) a se stessi oppure ad altri individui credenti che
potevano appartenere alla loro stessa comunit locale oppure a estranei che appartenevano a una
comunit molto distante. I partecipanti al gioco dovevano, almeno in teoria, distribuire le risorse in
modo casuale, sulla base del lancio di un dado. Tuttavia, poich ciascun giocatore operava la sua
scelta in privato aveva la possibilit di ignorare lesito del lancio del dado e destinare pi risorse
sulla base delle sue preferenze. I partecipanti erano pi propensi a giocare secondo le regole, e

concedere quindi pi monete ad altri individui credenti ma estranei, appartenenti a comunit pi


lontane, quando gli dei in cui credevano erano capaci di conoscere i pensieri e i comportamenti
delle persone e di punirli per i loro comportamenti illeciti. Insomma, quanto pi i partecipanti al
gioco credevano in dei che si occupano direttamente dei comportamenti umani, in modo moralistico
e punitivo, tanto pi erano disposti a destinare risorse a estranei che condividevano la loro stessa
fede religiosa. A determinare il comportamento altruistico sembra essere la paura di una punizione,
piuttosto che la fiducia in una ricompensa di origine divina.
Questi risultati sembrano quindi confermare lidea che lo sviluppo sociale umano legato a quello
delle religioni morali. La direzione della freccia causale per potrebbe andare in un senso opposto a
quello sostenuto da Narenzayan e colleghi. Si potrebbe in effetti pensare che allorigine delle
religioni morali vi sia lo sviluppo umano e non il contrario. Le divinit morali non sono infatti
comparse subito dopo il costituirsi di societ umane complesse, per esempio le religioni degli
antichi imperi mesopotamici ed egizi ne erano prive. Esse fanno apparizione, quasi
contemporaneamente, in tre diverse aree dellEurasia in un periodo relativamente breve e recente,
compreso tra il V e il III secolo prima della nostra era. In tale periodo emergono dottrine, anche
secolari, come il confucianesimo (Cina), lo stoicismo (Mediterraneo orientale) e linduismo (India).
Malgrado le differenze, queste dottrine hanno in comune un principio di base, quello secondo il
quale lo scopo della vita umana non accumulare beni materiali ma vivere allinsegna della
moderazione e dellaiuto agli altri. Lo storico di Stanford Ian Morris ha di recente scoperto che
nelle aree geografiche e nel periodo sopra menzionati si manifest un significativo aumento di
indicatori di sviluppo economico come, in particolare, la quantit denergia ricavata dallambiente.
Per esempio, a differenza dei gruppi di cacciatori-raccoglitori che estraevano dallambiente 4.000
kcal al giorno per persona, e delle societ arcaiche come lantico Egitto che ne estraevano 15.000, le
societ che hanno dato la luce alle dottrine e divinit morali ne estraevano pi di 25.000.
Sotto la guida del giovane psicologo francese Nicolas Baumard, un gruppo di ricerca francoamericano, di cui fa parte lo stesso Morris, qualche mese fa ha ulteriormente corroborato lipotesi
che lemergere delle divinit morali sia legato allo sviluppo economico. Baumard e colleghi hanno
messo a confronto vari modelli formali e hanno scoperto che quelli basati su indici di avanzamento
economico come la quantit di energia estratta dallambiente predicono la comparsa e la diffusione
delle divinit morali meglio dei modelli basati su indici di complessit socio-demografica.
A questo punto sorge una domanda: stabilito che la crescita economica ha favorito la comparsa delle
religioni morali, quali sono i meccanismi attraverso cui la prosperit economica ha permesso il
diffondersi dellascetismo religioso e secolare? Tra le varie risposte considerate da Baumard e
colleghi, la pi convincente sembra essere la seguente: vivere in ambienti poveri e ostili porta le
persone a focalizzarsi sul presente e le incoraggia a mettere in atto strategie a breve termine
nellinterazione con gli altri (ad esempio, applicare la regola occhio per occhio, dente per dente).
Viceversa, vivere in ambienti prosperi e sicuri porta le persone a focalizzarsi sul futuro e a mettere
in atto strategie pi a lungo termine nei confronti degli altri (ad esempio, seguire la regola non fare
agli altri ci che non vorresti fosse fatto a te). Insomma, le credenze e le pratiche legate ai principi
delle religioni e delle dottrine ascetico-morali sarebbero il riflesso dei cambiamenti nelle
motivazioni e negli stili di vita indotti dalla prosperit economica.
Quattrocento anni fa, Galileo accettava lopinione di un eminentissimo prelato secondo la quale
lintenzione delle Spirito Santo essere dinsegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il
cielo. Oggi possiamo constatare che per la scienza non valgono i vincoli saggiamente imposti, sin

dai tempi di Galileo, dai pi illuminati membri della Chiesa al loro stesso magistero. La ricerca
scientifica lunico strumento che abbiamo per capire come va il cielo, ma anche lunico
strumento che ci permette di capire i modi in cui, nel corso della loro storia, gli esseri umani hanno
pensato di poter andare in cielo.
Purzycki, B.G, Apicella, C., Atkinson, Q., Cohen, E., McNamara, R.A., Willard, A.K. Norenzayan,
A., Henrich, J. (2016), Moralistic Gods, Supernatural Punishment and the Expansion of Human
Sociality , Nature, 530: 327-330.
Baumard, N., Hyafil, A., Morris, I., Boyer, P. (2015), Increased Affluence Explains the Emergence
of Ascetic Wisdoms and Moralizing Religions , Current Biology, 25: 10-15
Il Sole Domenica 10.4.16
Abitare le parole / Eros
Lera della sessualit liquida
Ma veramente si domanda il papa emerito - Il cristianesimo ha distrutto leros?
di Nunzio Galantino
La cultura greca non ama distinguere tra la spinta/passione ad amare e il dio che incarna e
simboleggia questa spinta/passione: entrambi sono Eros. I dizionari sembrano orientati
preferibilmente a ricondurre leros allamore sessuale, probabilmente per la carica passionale che
laccompagna. Per venire ai nostri giorni, condivido quanto scrive Ferraris presentando il libretto di
Bauman, Gli usi postmoderni del sesso. Egli cita Foucault (La volont di sapere) che vedeva nella
grande attenzione al sesso sviluppatasi nel Novecento un movimento di asservimento volontario
piuttosto che un movimento di liberazione. Per Bauman il sesso, lerotismo e lamore sono
sottilmente collegati e non possono esistere luno senza laltro. La societ liquida ha purtroppo
indebolito questi legami contribuendo a creare dei collezionisti di attimi, che generalmente sono
anche i loro pi efficaci consumatori: la separazione odierna delle relazioni interumane
dallerotismo osserva Bauman - consente a questultimo di sottomettersi senza condizioni ai
criteri estetici dellintensit dellesperienza e della gratificazione dei sensi. Ma questo guadagno
viene pagato a caro prezzo. Chi non ricorda slogan semplificatori del tipo: libert degli istinti
piuttosto che libert dagli istinti? lo stesso Bauman a mettere in guardia dalla pericolosa deriva
rappresentata dalla cultura liquida della sessualit, che sta a supporto di questa concezione. I
collezionisti di attimi restano legati a rapporti da rinegoziare sempre, sempre in bilico nel loro
status. Interessante m parso, a questo proposito, il dialogo a distanza intessuto da Benedetto XVI
con Nietzsche nellEnciclica Deus caritas est. Il filosofo tedesco accusa la Chiesa di aver dato da
bere del veleno alleros; il cristianesimo sarebbe nichilista perch, mentre avvelena i valori della
terra - tra i quali annovera leros, la carne, la bellezza, la potenza e la terra - trasferisce la verit
dellessere e dellesistere in quellal di l che in realt senza consistenza e senza riscontri. Ma
veramente cos? si domanda il papa emerito - Il cristianesimo ha davvero distrutto leros?. Agli
analfabeti di ritorno dellamore, Benedetto rivolge linvito a riprendere il dibattito di chiaro sapore
antropologico sul rapporto tra amore e desiderio, con lobiettivo di liberare un amore
pericolosamente schiacciato sul desiderio e sulle pulsioni e di recuperare il legame tra eros e
trascendenza. Facendosi lucidamente strada nella giungla semantica ed in quella non meno
complessa e distorta della prassi, Benedetto colloca lintera riflessione sulleros nellunico orizzonte
ragionevole: quello difficile e delicato dellantropologia. Solo cos possibile identificare gli amari

frutti appesi allalbero di un eros spesso trasformato in fragile bussola di sentimenti autoreferenziali.
Il Sole Domenica 10.4.16
Il matrimonio cristiano
Sposalizi senza vizi
Un tema affrontato da santi, teologi e mistiche: da Paolo a Tertulliano, da Ildegarde di Bingen
a Gertrude di Helfta
di Gianfranco Ravasi
Saggio considerato colui che alla domanda quando un uomo debba sposarsi rispose: Un uomo
giovane non ancora, un uomo maturo assolutamente mai. Questa battuta ironica dei Saggi di
Bacone si allinea alla sterminata letteratura sarcastica e persino minatoria elaborata nei secoli
attorno a una realt che rimane pur sempre uno dei nodi germinali del tessuto sociale. Una
esperienza umana che il cristianesimo ha sacralizzato introducendo la presenza del Dio amore tanto
da vedere nelle nozze non solo uno dei simboli teologici capitali ma anche, nel cattolicesimo e
nellortodossia, un vero e proprio sacramento, cio una consacrazione con un suggello efficace
divino.
A questo tema stata, quindi, dedicata unenorme bibliografia teologica fin dalle origini del
cristianesimo: lo stesso san Paolo a pi riprese affronta sia pure non in maniera sistematica ma
sporadica la questione matrimoniale, in particolare nel cap. 5 della Lettera agli Efesini e nel cap. 7
della Prima Lettera ai Corinzi. A questultimo passo rimanda una delle figure pi alte della
letteratura cristiana del II-III secolo, il cartaginese Tertulliano, un convertito che sfoder la spada di
ghiaccio della sua straordinaria intelligenza per scavare in profondit e per difendere il messaggio
cristiano. Un ardore che alla fine lo fece deviare verso le frontiere estreme della stessa fede
ecclesiale, facendolo piombare in territori remoti esterni, cio, fuor di metafora, nel radicalismo di
uneresia di stampo apocalittico, rigorista e integralista, il cosiddetto montanismo, dal nome di un
profeta della Frigia che si dichiarava incarnazione e portavoce dello Spirito Santo.
Prima di questa deriva, ma gi col fremito del difensore severo della morale cristiana, Tertulliano
aveva composto un trattato lapidariamente intitolato Ad uxorem, cio dedicato allamata moglie,
una sorta di testamento spirituale destinato ad essere un ricordo postumo del suo amore, pi forte
della morte, nei confronti di colei che egli desiderava gli sopravvivesse dopo la sua scomparsa.
Abbiamo la possibilit di seguire queste pagine teologico-personali, col testo latino a fronte,
attraverso ledizione curata da Attilio Carpin in una collana intitolata I talenti che vede il
succedersi di testi patristici meno noti. Basandosi talora con adattamenti liberi sul citato testo
paolino indirizzato ai Corinti, lautore sostanzialmente proclama tre tesi riguardanti la realt
matrimoniale.
La prima respinge la possibilit di nuove nozze da parte delle vedove, offrendo una serie di
riflessioni teologico-spirituali sul valore spirituale della continenza da vivere in forma di donazione.
Naturalmente alla radice di questa concezione c' unesaltazione delle nozze viste come un segno
umano e religioso centrale nel progetto divino: Adamo stato lunico marito di Eva ed Eva lunica
sua moglie: un'unica moglie, ununica costola. Consequenziale la seconda tesi: il ripudio,
considerato legittimo in caso di adulterio, non concede per la possibilit di un ulteriore
matrimonio. Il divorzio, perci, non ammette seconde nozze ma solo la continenza, un tema
questultimo caro a Tertulliano nello spirito paolino della consacrazione a Dio e al prossimo, oltre

che segno escatologico perch, come aveva detto Ges, nelleternit non si prender n moglie n
marito, ma si sar come angeli nel cielo (Matteo 22,30).
Infine, lo scrittore cartaginese sostiene lilliceit dei matrimoni misti, cio delle nozze con partner
pagani che, invece, la Chiesa ammetteva. Qui si intuiscono i primi sintomi del successivo
radicalismo tertullianeo: queste unioni sono ai suoi occhi un pericolo per la fede e conducono a una
contaminazione del corpo, sono cio un rischio religioso e morale. La concezione generale
matrimoniale che lautore approfondir in altre due opere dal titolo emblematico, il De
exhortatione castitatis e il De monogamia, saggi composti quando Tertulliano veleggiava gi nei lidi
montanisti, a cui si deve aggiungere un perduto ma altrettanto lampante nel titolo stesso Ad amicum
philosophum de angustiis nuptiarum risulta quindi piuttosto restrittiva. Eppure questo non
impedisce un finale appassionato che esalta il fascino dellamore nuziale forse con lautoritratto
della sua coppia felice che condivide un'unica speranza, un unico desiderio, un unico genere di
vita... senza alcuna separazione dello spirito e della carne.
Alla voce maschile di Tertulliano vogliamo accostare uno straordinario coro di voci femminili che
svelano in modo ben pi positivo e gioioso la loro verginit. Esse, per, adottano il linguaggio
amoroso, anche corporeo, trasformandolo secondo i canoni di una grammatica teologica perfetta. Si
tratta di 23 scrittrici mistiche europee vissute nei secoli XII-XIII che vengono convocate, in
unantologia, con tutta la loro originalit, la freschezza e la libert del loro approccio alla
trascendenza ma anche alla storia. Tra esse brillano personalit di prima grandezza come la
poliedrica Ildegarde di Bingen (1098-1179), teologa, poetessa, scienziata, musicista e pittrice, pur
essendo priva di formazione scolastica, dato che laccademia ufficiale chiudeva alle donne i battenti
delle aule. Oppure c Hadewijch di Anversa, la cui biografia collocata agli inizi del XIII secolo
evanescente, ma che sa modulare la poesia cortese amorosa sul registro spirituale per celebrare la
minne, lAmore (si ricordino i Minnesnger dei trobadori) totale mistico ove sintrecciano eros e
anima.
Pensiamo ancora a Gertrude di Helfta (1256-1301/2), copista e cantante del coro monastico, che
raccorda la sua opera letteraria a un evento preciso: era la sera del 27 gennaio 1281 e nel dormitorio
aveva visto davanti a s un giovane bellissimo le cui mani lasciavano intravedere gli splendidi
gioielli di quelle ferite attraverso le quali sono stati annullati i debiti di tutti. Ma anche figure meno
note come lusignolo di Dio, cos soprannominata a causa della sua bellissima voce, Matilde di
Hackeborn (1241-1299), unaristocratica autrice di pagine emozionanti ove ancora una volta si
smentisce lo stereotipo secondo il quale la mistica unesperienza intima fluida e alienante che fa
decollare dalla polvere della terra verso le stelle opalescenti del mistero. Confessa infatti Matilde:
Una volta il Signore mi disse: Cercami con i tuoi cinque sensi, come fa un ospite che, aspettando
larrivo di un amico molto caro, guarda dalle porte e dalle finestre per vedere se lamico aspettato
infine non arrivi. Si tentati di continuare a lungo descrivendo questa sorta di galleria di ritratti
ove, per, le donne scendono dalle icone e si presentano col loro fascino, la loro genialit,
loriginalit del loro timbro di voce e del loro sguardo.
Coloro che hanno curato questa antologia che si annuncia come la prima e che collegata alla
Fondazione Ezio Franceschini voluta da quellindimenticabile maestro che fu Claudio Leonardi
riescono coi loro apparati storico-critici ed ermeneutico-letterari a condurre il lettore moderno in un
orizzonte inatteso, incastonando nel testo le voci delle protagoniste e svelandone tutte le sfumature
di verit e di bellezza. Un testo ove il rigore analitico non gela lardore di quelle anime che si
aprono a un Dio spesso sofferente che cerca riposo, dolcezza e amore nel cuore femminile. Come

scrive il prefatore Francesco Santi, il Dio sofferente e pellegrino, il Dio straniero e sconosciuto, ha
bisogno di una compagna e la cerca nella persona del credente.
Tertulliano, Alla sposa , a cura di Attilio Carpin, Edizioni San Clemente Studio Domenicano,
Bologna, pagg. 275, 28.
Alessandra Bartolomei Romagnoli, Antonella DeglInnocenti e Francesco Santi (a cura di),
Scrittrici mistiche europee. Secoli XII-XIII , vol. I, Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio
Franceschini, Firenze, pagg. 584, s.i.p.
Il Sole Domenica 10.4.16
Vladimir Lossky
Teologo del cosa non Dio
di Armando Torno
Vladimir Lossky fu espulso dalla Russia sovietica nel 1923, quando aveva ventanni. Teologo
ortodosso e profondo conoscitore della filosofia medievale, allievo del grande Gilson, dal 1945
insegn dogmatica e storia della Chiesa nellIstituto Saint-Denis di Parigi; nella capitale francese
morir nel 1958. Al suo nome sono legate opere che non tramontano, come Teologia mistica della
Chiesa dOriente del 1944 (tradotta da Il Mulino nel 1967, ora ristampata dalle Edb) o un libro
uscito postumo nel 1960, Teologia negativa e conoscenza di Dio in Meister Eckhart. Questopera
vede la luce per la prima volta in italiano presso La Vita Felice nella traduzione di Giovanni Rossi e
a cura di Sonia Cosio.
Nella prefazione di Gilson si legge: Ecco finalmente davanti a me questo libro tanto atteso, di cui
ho visto nascere la prima idea e che talvolta ho disperato di veder portare a termine. Una volta o due
allanno, lautore veniva a parlarmi dei progressi della sua opera, poich lui almeno sapeva
esattamente a che punto fosse Largomento non si prestava alla conversazione. Dobbiamo
immaginare un Lossky di poche parole e con notevoli problemi di ricerca, che nella teologia
negativa (cercare Dio ponendo in evidenza ci che non ) indagava le questioni con un sapere
inseparabile da una spiritualit profonda.
Maria Bettetini ha scritto lintroduzione di questa prima italiana del saggio su Meister Eckhart e
ricorda che una figura difficilmente classificabile, a dispetto delletichetta di mistico sulla quale
stato tradizionalmente appiattito. Non nemmeno un cattivo tomista, come qualcuno ha
sbrigativamente concluso; piuttosto e qui entra in gioco Lossky la sua cifra, sottolinea Bettetini,
la costruzione di una dialettica, di una filosofia, di una metafisica che si differenzia da quella di
San Tommaso dAquino, ma non per minore coerenza intellettuale.
Da parte sua Lossky conduce il lettore allinterno del sistema di Eckhart, il quale non soltanto
una dottrina della predicazione dellessere e delle perfezioni attribuite a Dio e alle creature, ma si
portati alla presenza di un atteggiamento dello spirito davanti al divino e al creato, atteggiamento
di fondo che regge tutti gli sviluppi dottrinali (pag. 529). E qui si potrebbero fare ulteriori citazioni
sul concetto di analogia utilizzato dal grande domenicano tedesco, ma forse conviene ricordare che
stiamo presentando lo studio di un fine teologo russo, a suo agio quando occorre entrare nella
trascendenza immanente, nel Fondo della non conoscenza di Dio e di se stesso (pagg. 79).
Libro ben curato, nel quale si ricordano le traduzioni italiane (in gran parte di Marco Vannini), le
edizioni delle opere di Stoccarda a cui attende Loris Sturlese (ultimo volume uscito, il sesto, nel
2015), gli studi per approfondire eccetera. Unopera che restituisce al lettore pi degli sforzi che

dovr compiere per leggerla e per capire che superare lessere, superare Dio cercarlo nelloceano
senza fondo della sua infinit, dove Egli non pi oggetto di conoscenza, ma una regione di
dissomiglianza infinita rispetto a quanto e pu essere conosciuto.
Vladimir Lossky, Teologia negativa e conoscenza di Dio in Meister Eckhart , a cura di Sonia Cosio,
introduzione di Maria Bettetini,
La Vita Felice, Milano 2016, pagg 600, 24,50
Il Sole Domenica 10.4.16
Credere e non credere
Tutte le specie di ateismo
di Giovanni Filoramo
Quando oggi si parla di ateismo, che cosa esattamente dobbiamo intendere? Il lettore non ce ne
voglia se ci vediamo costretti, prima di entrare nel merito della questione, a qualche inevitabile
precisazione terminologica. E questo, a cominciare da qualche riflessione sul significato del termine
e, pi precisamente, sulla sua etimologia.
Il termine viene dal latino atheismus, a sua volta resa del greco atheotes. Lalpha (a-) privativo del
greco indica unassenza di theotes divinit, theos dio: unassenza, si badi bene, non
unopposizione, cos come anarchia (a-arche) indica assenza di una guida, di una legge, non il
rifiuto di ogni legge (come lhanno poi intesa gli anarchici). Precisazione importante perch
dovrebbe ricordarci che, dal punto di vista etimologico, il termine non contiene quel significato
polemico (lateo come colui che, novello Prometeo, lotta contro Dio e gli di), che invece
normalmente tende ad avere nel linguaggio comune e che ha contribuito, nei secoli, a dargli
quellombra negativa che continua ad accompagnarlo.
Quanto a theos e a theotes, si tratta di termini il cui significato soggetto a una grande variabilit
storica e sfugge, di conseguenza, a una definizione essenzialistica. Entro queste coordinate,
ateismo pu, dunque, essere inteso come un termine che indica lassenza di credenza in un Dio
(personale), in di o, in genere, nel divino.
In realt, in conseguenza della sua millenaria storia, esso diventato una sorta di termine ombrello,
che, sotto la superficie, contiene vari strati e sedimentazioni che possono di volta in volta, a seconda
del variare dei contesti storico-culturali, riemergere o rimanere impliciti, contribuendo a creare
equivoci. Questa complessit spiega, da un lato, la variegata tipologia che si creata, dallaltro, la
contiguit con altri termini con cui storicamente ha intrecciato il suo destino, come agnosticismo,
indifferentismo, scetticismo e cos via, a formare una comune aria di famiglia, ma da cui, per evitare
confusioni devianti, va per quanto possibile accuratamente distinto.
Per incominciare con qualche considerazione sul primo punto, la tassonomia dellateismo, si pu
distinguere tra ateismo negativo, a indicare qualcuno che oggettivamente privo di una credenza in
Dio, e ateismo positivo o affermativo, a indicare qualcuno che soggettivamente crede che Dio non
esista e normalmente vuole affermarlo (ateismo postulatorio).
(...) Mentre lateismo negativo pu comprendere posizioni come l'agnosticismo o l'indifferentismo,
lateismo positivo implica un suo mondo di credenza, se non una sua vera e propria visione del
mondo alternativa e in concorrenza con quella teistica. Ne consegue che lateismo positivo implica
quello negativo, ma non vero il contrario. A loro volta, queste due specie possono essere divise,
come una famiglia zoologica, in sottospecie.
Cos, allinterno dell'ateismo negativo, si pu distinguere tra uno largo (assenza di una credenza in

qualunque Dio) e stretto (si crede che il Dio teistico non esista). Parallelamente, quello positivo pu
essere diviso in varie specie, che ne riflettono la complessa storia moderna: prometeico,
esistenziale, politico (tipico del marxismo-leninismo), fino al nuovo ateismo. Nella misura, poi, in
cui lateismo si definisce in funzione del concetto di Dio che rifiuta o ignora, c chi ha proposto
una tassonomia del tipo ateismo molto stretto (focalizzato sui monoteismi), stretto (focalizzato su
ogni forma di teismo o aperto soprannaturalismo), largo (focalizzato sulle religioni in generale,
credenze, pratiche, istituzioni) o molto largo (focalizzato su concezioni che presentano un
approfondito naturalismo filosofico o materialismo e scetticismo empirico). N va dimenticata, in
conclusione di queste riflessioni sulla tassonomia dellateismo, una distinzione importante, anche se
poi non facilmente verificabile sul piano empirico: quella tra ateismo teorico o speculativo e
ateismo pratico o vissuto, ognuno con varie sottospecie al proprio interno.
(...) La prima impressione che offre lincredulit contemporanea non tanto quella di un sistema
diretto contro la fede quanto quella di una possibilit positiva di esistenza che faccia del tutto a
meno della fede, a cominciare da quella ateistica, che un tempo, in societ premoderne e moderne in
cui lincredulo era leccezione, era un bene consapevole che poteva costar caro e richiedeva,
dunque, coraggio pratico e riflessione teorica per giustificarlo e proteggerlo.
Questo testo tratto dal libro di Giovanni Filoramo, Ipotesi Dio. Il divino come idea necessaria , il
Mulino, Bologna, pagg. 270, 20, dal 14 aprile in libreria
Il Fatto 10.4.16
I magistrati schierano lartiglieria: Davigo allAnm
La prima dichiarazione da leader: Bavagli? Il reato di diffamazione esiste gi
di Antonella Mascali
qui
il manifesto 10.4.16
Referendum, undici firme per ricostruire la democrazia
I quesiti contro le norme dellItalicum, Buona Scuola, Sblocca Italia e Jobs Act. La raccolta
delle firme continua oggi e durer fino a luglio. E' il rilancio di una nuova stagione
referendaria nel 2017
di Roberto Ciccarelli
ROMA Undici quesiti referendari per una nuova stagione della democrazia. Frutto di percorsi
eterogenei destinati a incontrarsi come affluenti nello stesso fiume, ieri iniziata la raccolta firme
per abrogare le principali leggi del governo Renzi nella primavera del 2017. Ci sono due quesiti
sullItalicum; tre sul Jobs Act; quattro sulla Buona Scuola e due sullo Sblocca Italia. A una
settimana dal referendum NoTriv del 17 aprile e a sei mesi da quello costituzionale, movimenti
sindacati e associazioni gi rilanciano la battaglia a tutto campo contro Renzi e il Pd.
Italicum da abolire
Abolire il voto bloccato ai capolista, le candidature plurime, insieme al premio di maggioranza e al
ballottaggio senza soglia. Questi i contenuti dei due quesiti sulla legge elettorale, il cosiddetto
Italicum. Due meccanismi sostiene il comitato promotore presieduto da Stefano Rodot e
Massimo Villone che stravolgono i principi costituzionali del voto libero e uguale e della
rappresentanza democratica, il cui carattere fondante per la democrazia la Corte costituzionale

aveva gi sottolineato nella dichiarazione di illegittimit del Porcellum, con la sentenza n. 1/2014.
La raccolta delle firme partita ieri in tutta Italia. Tra gli altri, ieri hanno firmato il sindaco di
Napoli De Magistris e il segretario Fiom Landini (a Venezia).
Alleanza sociale duratura
Cinquecentomila firme entro il prossimo 9 luglio. Lobiettivo del comitato promotore dei
referendum sociali abrogare nella primavera 2017 alcune norme decisive delle altre leggi
promulgate dal governo Renzi: Buona Scuola e Sblocca Italia, su tutte. La raccolta delle firme
iniziata ieri nelle principali citt e proseguir oggi. Sulla scuola, comitati, sindacati e studenti hanno
presentato quattro quesiti contro i poteri del preside-manager di scegliere i docenti da premiare; il
comitato di valutazione del merito; i finanziamenti privati alle singole scuole (school bonus) e
lalternanza scuola-lavoro.
Poi ci sono i due quesiti ambientalisti: il primo intende impedire il ricorso a future trivellazioni
petrolifere sia in terra che in mare (anche oltre le 12 miglia), il secondo contro larticolo 35 dello
Sblocca Italia che porter a costruire 15 inceneritori e altre discariche per un giro di affari pari a
oltre 4 miliardi di euro afferma Massimo Piras portavoce del comitato S Blocca Inceneritori che
sostiene la campagna insieme a Stop devastazioni.
Accanto ai moduli per i referendum, fino a giugno ci sar la petizione ai presidenti delle camere
presentata dal Forum dei movimenti per lacqua contro la legge delega sulla riforma della pubblica
amministrazione Madia. Il testo tra laltro rilancia la privatizzazione dei servizi pubblici e delle
partecipate. La petizione, ricorda Paolo Carsetti del Forum dellAcqua, chiede il ripristino della
versione originale della legge per la ripubblicizzazione del servizio idrico e di inserire il diritto
allacqua nella Carta costituzionale
Lampiezza delle questioni sociali, costituzionali e lavorative affrontata dai quesiti di questa nuova
stagione referendaria attesta la gravit dellattacco portato dal governo Renzi alla democrazia
afferma Marina Boscaino dei comitati Lip scuola I referendum sono loccasione per un popolo di
risvegliarsi, maturare un interesse collettivo e ricostruiremo la democrazia. Dovremo portare a
votare il 51% degli italiani e costruire una duratura alleanza sociale sostiene Piero Bernocchi dei
Cobas Quello tra sindacati, movimenti e politica un rapporto complicato e contraddittorio. Nel
prossimo anno e mezzo dovremo intrecciare le lotte e imparare a convivere. Trovare un equilibrio
fondamentale, procedere separati significa perdere.
Per Eugenio Ghignoni (Flc-Cgil) il comitato promotore agir come una rete di solidariet
organizzativa. Ci permetter di votare distintamente i quesiti, rispettando le diversit di opinione
su alcuni temi (ad esempio, le trivelle e gli inceneritori), non perdendo di vista lobiettivo finale: la
raccolta delle firme e il quorum.
Anna Fedeli, segretaria nazionale Flc-Cgil, sottolinea il nesso tra il referendum contro la Buona
scuola e i quesiti abrogativi del Jobs Act presentati separatamente dalla Cgil: Il nesso tra lavoro e
conoscenza il risultato delle battaglie civili del Dopoguerra. Riprenderlo significa ridare fiducia
alla scuola e garantire ai docenti la libert di insegnamento e agli studenti quella di apprendimento.
Ieri inoltre partita in 50 citt la raccolta delle firme per la legge diniziativa popolare per il diritto
allo studio universitario, sostenuta dalla campagna All In. La battaglia ambientale aperta dal
referendum del 17 aprile contro le trivelle centrale per la nuova stagione referendaria che ci
aspetta sostiene Danilo Lampis (studenti Uds).
Al centro il lavoro
Oltre mille le iniziative organizzare ieri dalla Cgil a sostegno dei tre quesiti referendari contro la

cancellazione dellarticolo 18 e per il reintegro dei lavoratori, labolizione dei voucher e le norme
che limitano la responsabilit solidale negli appalti. Corso Italia ha organizzato centinaia di
banchetti da Nord a Sud per raccogliere le firme per la proposta di legge di iniziativa popolare sulla
carta dei diritti universali del lavoro. una stagione molto importante per noi ha precisato il
segretario generale Susanna Camusso a piazza San Babila a Milano Sono importanti le firme ma
anche aprire una nuova stagione di discussione su cos oggi il lavoro. Vogliamo che il paese torni a
mettere al centro il lavoro, la politica economica e linclusione sociale, le uniche ricette per uscire
dalla stagnazione in cui ci troviamo
Il Sole 10.4.16
Primarie democratiche: Sanders vince in Wyoming
di Mario Platero
NEW YORK - Un futuro in cui credere: questo il cartello che dominava ieri notte a Laramie in
Wyoming mentre Bernie Sanders dichiarava la sua ottava vittoria nelle ultime nove corse elettorali
americane e la settima vittoria consecutiva.
Non sappiamo se Bernie Sanders ha davvero i numeri - o il realismo - per poter realizzare la sua
promessa elettorale, un futuro diverso, con pi tasse, pi redistribuzione del reddito, ma sappiamo
che per ora sta accumulando vittoria dopo vittoria, creando lo scompiglio nel campo di Hillary.
Quest'ultima vittoria importante per confermare la sua solidit politica in queste elezioni,
conferma il suo sprint in questa fase finale, che porta a New York il 19 di aprile e subito dopo in
Pennsylvania e poi in California per il gran finale.
Diciamo subito che vincere a New York dove Bernie cresciuto (a Brooklyn) sar molto difficile:
ancora oggi Hillary guida nei sondaggi con il 54% delle preferenze contro il 41% di Sanders,
mentre siamo su cifre simili in Pennsylvania e poi in California.
Ma Sanders il maestro delle sorprese, dunque teniamoci forte perch gi una volta la campagna
pi scontata d'America diventata la pi imprevedibile.
il manifesto 10.4.16
Bernie fa la strada giusta
Verso la Casa bianca. Primarie democratiche combattute oltre ogni pronostico. Sanders torna
a New York sui luoghi dell'infanzia, per aprire la campagna di Brooklyn. E sfidare cos
Hillary Clinton nella sua roccaforte. Con lappoggio di Spike Lee
di Luca Celada
NEW YORK Nel giorno in cui rimbalzata la notizia del suo invito in Vaticano, Bernie Sanders
tornato a casa. Con la campagna per le primarie di New York ormai nel vivo, il socialista del
Vermont venerd ha tenuto due comizi a Brooklyn, il primo a Flatbush il quartiere dove nel 1941
nato e per diciotto anni cresciuto giocando a lippa e a football come ha detto in apertura alla folla
proprio su questa strada. Subito dopo, nello sferzante pomeriggio newyorchese Sanders,
introdotto da Susan Sarandon, ha parlato a qualche migliaio di persone a Transmitter Park, un
approdo di Greenpoint sull East River con alle spalle lemblematico skyline di Manhattan.
Si aperta cos la campagna di Brooklyn in vista della prossima battaglia in una primaria
democratica combattuta oltre ogni pronostico grazie alla sfida insospettatamente vitale di Sanders.

Venerd nella Greenpoint gentrificata il senatore ha ripetuto al pubblico molto giovane e molto
bianco il suo discorso su giustizia economica, diritti civili e rete sociale: il messaggio di idealismo
riformista con cui ha galvanizzato giovani, intellettuali, e ampi settori di quella che stata la Obama
coalition. Un successo che ha preso in contropiede lo schieramento di Hillary Clinton.
La narrazione cambia
La classifica dei delegati continua a favorire Hillary grazie alle schiaccianti vittorie iniziali negli
stati, soprattutto del sud, dove ha potuto contare sul consolidato sostegno di quadri di partito e
minoranze come quella afro americana. Di contro Sanders, cui difficilmente un anno fa si sarebbe
potuto pronosticare una sola vittoria, ha preso ad inanellare vittorie (6 negli ultimi 7 stati)
nellovest, nordest e midwest. Successi di misura in scrutini proporzionali, che non bastano per ora
a rimontare nella conta dei delegati (per ottenere la nomination dovrebbe ora prevalere con una
media del 59% nei rimanenti stati) ma che hanno cambiato la narrazione elettorale, smentendo
definitivamente quella dellinvestitura plebiscitaria di Hillary Clinton.
In questo quadro il voto del 19 aprile di New York assume uno smodato peso simbolico. Se Sanders
dovesse prevalere nello stato che per otto anni Hillary ha rappresentato in senato sarebbe uno
smacco forse irreparabile al momentum clintoniano. E una Hillary che giungesse zoppicante
alleventuale nomination dovrebbe forzatamente accogliere le istanze della corrente liberal a cui
Sanders ha dato voce cos efficacemente.
In un normale ciclo elettorale, ora di aprile, i giochi delle primarie presidenziali sono fatti, pilotati
in gran parte dai partiti negli stati minori. A due terzi del cammino di solito le primarie di New York
e della manciata di stati importanti che restano (Pennsylvania, New Jersey, California)
rappresentano poco pi che formalit per sancire scelte gi compiute. Questanno invece i grandi
centri di popolazione avranno modo di incidere sul risultato finale. Per la prossima settimana New
York sar dunque nellocchio di un ciclone politico e culturale che coinvolge iconici protagonisti
della citt.
Susan Sarandon vs. Woody Allen
Incontrato gioved sul set della Upper East Side dove sta girando una serie televisiva per Amazon
Studios, ad esempio, Woody Allen ci ha detto categorico: Sono un sostenitore totale di Hillary.
Non importa chi sar il candidato repubblicano, Trump, Cruz, Rubio o Bush. lanno di Hillary e
lei sar un ottimo presidente. Ma se Woody non accenna nemmeno al concorrente delle primarie,
sono molti, come la Sarandon, gli illustri concittadini che si adoperano invece per una vittoria di
Sanders e molti, forse non caso, come lui, nativi di Brooklyn vedi Rosario Dawson e soprattutto
Spike Lee. Venerd il regista ha postato sul sito di Hollywood Reporter un incontro di venti minuti
col senatore tutto centrato sulle comuni radici nelliconico borough cos simbolico del melting pot
popolare.
In uno stato con 5,8 milioni di elettori iscritti alle liste democratiche, 945,600 un sesto del totale
sono residenti di Brooklyn. Il che spiega perch sia Sanders che Hillary abbiano aperto qui i propri
principali uffici elettorali. E malgrado le proprie radici nel quartiere che Sanders fa di tutto per
sottolineare, forse proprio la Clinton ad avere alleanze politiche pi solide in comunit come
quella caraibica e lebrea ortodossa. Paradossalmente in questa ultima ricorre il sospetto verso
lagnosticismo di Sanders, figlio di immigrati ebrei polacchi, mentre desta fiducia la ferrea
posizione filo israeliana di Hillary Clinton, che sulla questione mediorientale si colloca ben a destra
di Barack Obama.
Un partito, due anime

Gioved prossimo sempre a Brooklyn si svolger un ennesimo dibattito televisivo fra i due candidati
che su questa piazza simbolica, quasi a sorpresa hanno proiettato i democratici in un vero dibattito
sulle due anime del partito. Nei suoi comizi newyorchesi Sanders ha riepilogato unagenda
apertamente progressista che rimanda alla sinistra storica di Eugene McCarthy, Robert Kennedy,
George McGovern e prima di loro a Franklin Roosevelt. Ha denunciato linvoluzione reazionaria
seguita alla Great Society di Lyndon Johnson e culminata nel reaganismo per riconsolidare il potere
dell oligarchie. E ai molti giovanissimi che lo ascoltavano ha tenuto a delineare la storia del
cambiamento sociale in America ricordando il ruolo dei movimenti di protesta popolari, del
sindacalismo negli anni 30, dei diritti civili e delle donne negli anni 60 fino ad Occupy e Black
Lives Matter. Riferimenti politici e morali cui si aggiunge ora esplicitamente la convergenza con
Francesco contro lidolatria del capitale.
un discorso dinnanzi al quale Hillary si definisce sempre pi nettamente come candidata di
sistema dato che come Sanders ha ripetuto al New York Daily News: Non si ottengono a caso 15
milioni di dollari di finanziamenti da Wall street. Non se si fautori di reale cambiamento. Al di l
dellesito finale aggiunge Sanders, che invece interamente finanziato da piccoli contributi
individuali (sei milioni ad oggi), la rivoluzione politica di cui parliamo gi una realt per come la
nostra campagna ha rivitalizzato il processo democratico di questo paese.
il manifesto 10.4.16
Murales, giornali-evento e volontari: Sanders alla Battaglia di New York
Comunicazione. La campagna dal basso del candidato che sfida Hillary Clinton tra i
democratici. Al suo servizio le strategie utilizzate dagli occupiers per aggirare lostracismo
dei media tradizionali
di Marina Catucci
NEW YORK La campagna delle primarie ora tutta su New York: entrambi i candidati democratici
hanno radici (naturali o elettive) in questo stato.
E qui le campagne di Sanders e Clinton stanno mostrando tutta la loro differenza, e mentre Hillary
passa da una raccolta fondi allaltra, Bernie sta battendo la citt palmo palmo, con comizi nei parchi
quartiere dopo quartiere, dal Bronx a Brooklyn. I suoi volontari non si limitano ai contatti telefonici
ma fanno il porta a porta, hanno banchetti per strada e la differenza di un movimento dal basso e
una macchina politica istituzionale visibile tramite la lente della strategia di comunicazione.
I canali social, ormai, sono il mezzo di comunicazione pi usato da tutti: dei vari eventi si viene a
sapere tramite Facebook, vengono poi raccontati live su Twitter ed Instagram, resi visibili con
Periscope e i dietro le quinte calibrati e svelati con Snapchat. La mailing list rimasta uno
strumento per chiedere donazioni e per riassumere, per anziani non social, cosa accaduto nei
giorni precedenti.
Sin dallinizio la campagna social di Sanders stata curata da attivisti d Occupy Wall Street: a loro
si deve lo slogan con hashtag #FeelTheBern, e il simbolo degli occhialini sormontati da un
cespuglio di capelli bianchi il pi che riconoscibile simbolo del candidato socialista del Vermont.
In questi giorni, a Brooklyn, nella zona di Greenpoint ormai non pi polacca ma colonizzata dagli
hipster, poche ore prima del comizio i comitati della zona han fatto comparire un murales di
benvenuto: Bentornato a casa Bernie, vi si legge e si invita ad andare a votare per lui, il 19 Aprile.
Un altro murales comparso nel Bronx realizzato in 9 ore da 87 artisti volontari.

Questi murales per New York valgono pi di qualsiasi spot elettorale, ne han parlato i giornali
locali, non li si possono ignorare, e il costo stato quello delle bombolette. Questo come esempio di
una campagna comunque organizzata, ma anche i singoli si attrezzano e cos, le lavagne esposte per
strada che solitamente illustrano i menu o fanno pubblicit al bar che li mette su la porzione di
marciapiede antistante il locale, ora servono come cartellone pubblicitario con messaggi pro
Sanders.
Questo tipo di comunicazione si affianca ad altri media, pi tradizionali. In questi giorni partita
una campagna di raccolta fondi su Indiegogo, internazionale di crowdfunding, che si chiama The
battle of New York, la battaglia di New York. Il fine di questa campagna quello di raccogliere 80
mila dollari necessari a The Indypendent, giornale gratuito di ultra sinistra, e allOccupy Wall Street
Journal, per la produzione e stampa di 500 mila copie di unedizione in inglese e spagnolo dedicata
a Sanders con cui invadere le strade di New York.
I media ufficiali in effetti non stanno dando a Sanders lo spazio che ha Clinton (i quasi 20 mila
accorsi al suo primo comizio newyorchese non hanno avuto nemmeno un minuto di diretta tv, per
dire) e lidea di Indypendent e OWS quella di avere un effetto catalizzatore, amplificando e
proiettando un movimento in movimento, rendendo luscita del numero speciale una notizia in s.
E in questa dichiarazione di intenti c tutta la strategia comunicativa degli occupiers che dal 2011
ha cambiato le tecniche di utilizzo dellinformazione da parte del movimento e che ora viene messa
al servizio di Sanders.
Il Sole 10.4.16
Le elezioni americane e la caduta dei valori
di Guido Rossi
qui
Il Sole Domenica 10.4.16
Neuroscienze
Parole e musica nel cervello
di Arnaldo Benini
La musica e il linguaggio parlato sono, allorigine, come tutti i suoni, vibrazioni daria. La sequenza
di processi nervosi che dalla coclea, stimolata dalle vibrazioni nellorecchio, arriva alla corteccia
uditiva primaria del giro superiore dei lobi temporali, trasforma le vibrazioni in informazioni
nervose fisico-chimiche complesse, che diventano gli eventi acustici di cui siamo coscienti. Laria
che vibra diventa musica (anche se non piace), linguaggio (non sempre comprensibile) o rumore.
Musica, linguaggio parlato e suoni, cosi come la coscienza li percepisce, sono prodotti dal cervello
secondo le vibrazioni che lo stimolano.
Le neuroscienze cognitive ricercano i meccanismi nervosi che, dalla vibrazione dellaria, creano i
contenuti coscienti dellesperienza acustica. Scienziati del dipartimento di scienze cognitive del
MIT si sono chiesti se gli stimoli acustici esterni entrino in unarea corticale comune per poi
dividersi, oppure se ogni tipo di suono ha un ingresso suo proprio allarea acustica primaria, a
seconda delle caratteristiche fisiche. Una prima risposta che richiede conferme e approfondimenti
ma che gi ora del massimo interesse stata data con una metodologia relativamente semplice e
nondimeno rigorosa e sofisticata. 165 spezzoni di suoni i pi diversi, e ben identificabili (musica

dogni tipo, linguaggi, fischi, canti duccelli, sospiri, pianti, risate, rumori metallici, acqua che
scorre, traffico stradale, squilli del telefono, fuoco scoppiettante nel camino, bandiere al vento, cani
che abbaiano, e molti altri) furono fatti ascoltare per due secondi a dieci volontari durante la
risonanza magnetica funzionale del cervello.
Lindagine ha mostrato che nella corteccia acustica primaria dei lobi temporali ci sono sei aree, con
intensi e fitti collegamenti nervosi, che reagiscono selettivamente ai suoni. Quattro riflettono le
caratteristiche fisiche di ogni suono (frequenza, tono, eccetera), la quinta struttura sattiva solo al
linguaggio parlato, la sesta, nella profondit di un solco della corteccia acustica, solo alla musica,
non importa se melodica, dodecafonica, pop, rap, jazz, Chopin, Ravel, Noto, eccetera. La struttura
per la musica reagisce a ci che ha un ritmo (come un fischio modulato), anche se ci che sascolta
non piace. La struttura specifica per la musica non reagisce a nessun altro suono.
Lo stesso vale per la struttura che reagisce al linguaggio parlato: essa sattiva per tutti i linguaggi,
anche se incomprensibili, e a nessun altro stimolo. Se ascoltiamo qualcuno che parla una lingua a
noi ignota, capiamo di regola se sta parlando o emettendo suoni senza significato. Solo nel primo
caso attiva la nostra area specifica del linguaggio. Lattivazione delle aree della musica e del
linguaggio non dipende dal significato o dal piacere estetico, ma dalla sintassi, cio dalla sequenza
temporale dei suoni propria di musica e dei linguaggi. Musica e linguaggio parlato avrebbero un
organo daccesso selettivo ai lobi temporali, intensamente connesso con le aree della memoria, del
linguaggio nellemisfero dominante e con quelle della valutazione e del piacere estetico nel sistema
limbico e nellemisfero cerebrale destro. I meccanismi del linguaggio e dellascolto musicale
coinvolgono processi e aree nervosi estesi (corteccia prefrontale e frontobasale, giri temporali,
insula, aree acustiche del tronco encefalico, aree premotorie, cervelletto, eccetera).
Lo studio sembra aver scoperto il primo stadio dei meccanismi nervosi della differenziazione
acustica, anche se non fornisce indizi di come essi funzionino. La controversia se il senso musicale
sia acquisito o congenito sembra essere risolta con lacquisizione che la musica, come il linguaggio,
una categoria fondamentale dellesistenza dovuta a strutture nervose congenite. La prime reazioni
alla musica, diverse se melodica o atonale, si registrano gi nei primi giorni di vita. (Cfr. Music in
the first days of life http://hdl.handle.net/10101/npre.2008.2114.1). Si spiegano cos luniversalit
della musica, che secondo alcuni avrebbe preceduto e modulato il linguaggio, e il suo valore nella
comunicazione. Fin dalla remota antichit esistono testimonianze sul valore sociale della musica.
Esso, verosimilmente, ha selezionato la musica fissandola nel patrimonio genetico.
S. Norman-Haignere, N.G.Kanswisher, J. H. McDermott, Distinct Cortical Pathways for Music und
Speech Revealed by Hypothesis-Free Voxel Decomposition , Neuron 88, 1281-1296, 2015
Il Sole Domenica 10.4.16
Natura vs natura umana
La realt non come appare
di Paolo Legrenzi
L11 agosto 1508, a Venezia, nella chiesa di San Bartolomeo di Rialto, una folla ascolta il
commento di Luca Pacioli al quinto libro degli Elementi di Euclide. Pacioli illustra le proporzioni
invisibili come uno strumento per lastronomia, larchitettura e le arti meccaniche. Nasce allora la
modernit. La scienza avr sempre pi successo nel mostrare che c una realt non visibile a
occhio nudo, dietro apparenze che svaniscono quando interroghiamo il mondo con gli

esperimenti.
Nella documentata e ricca raccolta curata da Andrea Lavazza e Massimo Marraffa, vari esperti
analizzano il problema dei rapporti tra scienze e senso comune, una questione, oggi, non pi
soltanto filosofica (e teologica). Trovo azzeccato il titolo La guerra dei mondi, perch l11 agosto
del 1508 segna linizio di una guerra, anche se le persone accalcate nella chiesa di San Bartolomeo
non se ne rendono conto. E non se ne rendono conto perch vivono a Venezia, una repubblica aperta
alla modernit. Altrove linerzia del senso comune, che aveva permeato le sacre scritture, vuole che
la terra sia al centro delluniverso. Galileo Galilei e Giordano Bruno proveranno sulla loro pelle
quanto fosse pericoloso sostenere che la realt non quella che ci appare, che la terra non al
centro del creato, che i mondi sono forse innumerevoli, infiniti. Con uneroica caparbiet, alcuni
studiosi si battono per andare oltre lo specchio del senso comune, verso realt sconosciute alle
esperienze quotidiane. La verit scientifica speciale perch non mai definitiva, ma proprio la
sua ricerca che alimenta il fascino del fossato oggi incolmabile tra senso comune e progresso delle
scienze della natura.
Landare oltre le apparenze caratterizzer anche le nuove scienze, quelle che si interessano
delluomo. La prima, leconomia, con Adamo Smith, mostra come legocentrismo degli interessi
individuali si trasformi invisibilmente in un equilibrato benessere collettivo. La biologia, con
Darwin, esalta la potenza del caso, grazie alla capacit dei cangianti ambienti di vita di selezionare i
varianti di una specie. I varianti premiati modificano, con un cambiamento impercettibile, ci che
appare eterno e immutabile. Infine la psicologia, con Helmholtz e Freud, introduce costrutti teorici
che sempre pi ci allontanano dalle intuizioni condivise sul funzionamento della mente dei nostri
simili.
Il successo nello studio degli invisibili induce i cultori delle scienze umane a previlegiare un
modello di divulgazione che scardina le intuizioni del senso comune. Keynes soleva dire che gli
uomini daffari pratici ritengono sufficiente il loro buonsenso, ma ignorano che questo erede
delle teorie del passato. Il senso comune una sorta di scienza ritardata e non condiviso in
ugual modo da tutti. I sensi comuni non ci accomunano perch persone e culture sono
diversamente ritardate rispetto alle frontiere della scienza. Tutto cos semplice? Per esempio, nel
contributo di Carlo Cellucci si sostiene che lastronomia copernicana non una violazione del senso
comune (come pare ai pi, tra cui Kuhn), ma uninterpretazione della nostra esperienza diretta pi
plausibile di quella dellastronomia tolemaica. Purtroppo tale approccio, tra lilluministico e il
conciliatorio, spiega le modificazioni del senso comune ma non la persistenza di un nucleo di
intuizioni in palese contrasto con le scoperte delle scienze.
La psicologia ingenua poggia su tali intuizioni quando le persone continuano ad accettare il libero
arbitrio nelle decisioni, la responsabilit delle scelte, lintenzionalit nelle azioni delle persone, le
emozioni nei movimenti degli oggetti, la simultaneit nelle nostre esperienze dirette. In un
contributo, Mauro Dorato analizza la percezione di un tramonto qui e ora, anche se la luce che
rende commovente il paesaggio partita dal sole ben otto minuti fa. Queste intuizioni sono annidate
nel cervello di tutti gli umani. La storia della modernit inizia quando Aldo Manuzio, il primo
grande editore, riesce a divulgare con i suoi tascabili stampati a Venezia non solo le proporzioni
invisibili ma tutti gli scritti di Aristotele. Tra essi assumer rilevanza educativa la logica, da
diffondere come strumento sommo del pensare bene.
La storia della modernit finisce quando scopriamo modi di ragionare fuorvianti e persistenti. Si
tratta di una cattiva logica che frena lapprendimento della buona logica, vittima di

sistematiche elaborazioni erronee delle informazioni. La guerra dei mondi ha cos raggiunto il cuore
della razionalit, dentro di noi. Levoluzione darwiniana ha ficcato nel nostro cervello meccanismi
mentali oggi controproducenti. Come dice il profeta Quelo (Corrado Guzzanti): La risposta
dentro di te epper sbagliata.
Andrea Lavazza, Massimo Marraffa, La guerra dei mondi. Scienza e senso comune , Codice
Edizioni, Torino,pagg. 104, 18
Il Sole Domenica 10.4.16
Ludwig Feuerbach (1804-1872)
Lantropologo materialista
La sua grande fortuna grazie a Karl Marx ha messo in ombra il tema fondamentale del
ritorno alluomo e ai suoi bisogni di fondo
di Giuseppe Bedeschi
Feuerbach ha goduto di una grande fortuna, che per stata per lui anche una grande maledizione:
in una delle sue opere pi celebri, Lideologia tedesca, Karl Marx gli ha reso un importante
omaggio, e al tempo stesso gli ha rivolto una severa critica: luno e laltra hanno assicurato larga
fama a Feuerbach presso i posteri nei paesi europei nei quali il marxismo ha avuto una presenza
massiccia. Ma legittimo chiedersi se il giudizio del grande rivoluzionario tedesco abbia reso piena
giustizia a Feuerbach.
Questi diceva Marx aveva avuto s il merito di concepire luomo essenzialmente come un ente
naturale (contro Hegel che lo concepiva come autocoscienza, cio come pura spiritualit), e dunque
di sottolineare il rapporto uomo-natura (ignorato dallidealismo), ma non aveva visto che quel
rapporto uomo-natura non era solo un rapporto interno alla natura, bens era al tempo stesso un
rapporto delluomo con gli altri uomini nella produzione della vita: un rapporto materiale-sociale,
che modifica profondamente e produce la natura (nel senso che la lavora e la trasforma
continuamente). Sicch, affermava Marx, fin tanto che Feuerbach materialista, per lui la storia
non appare, e fin tanto che prende in considerazione la storia, non materialista. Materialismo e
storia per lui sono del tutto divergenti.
Il giudizio di Marx su Feuerbach era certamente acuto, ma, come dicevamo, legittimo chiedersi se
esso non perdesse di vista alcuni aspetti fondamentali della filosofia feuerbachiana. E che sia cos ce
lo conferma un grande saggio del filosofo tedesco, i Princpi della filosofia dellavvenire (1844),
che viene ora riproposto da Orthotes a cura di Piergiorgio Bianchi.
Gi Norberto Bobbio, curatore della prima edizione italiana dei Princpi (presso Einaudi, nel 1946,
allindomani dellatroce guerra mondiale), riteneva che in essi si trovasse appagata una esigenza
fondamentale, dopo tante ubriacature speculative: quella di un ritorno alluomo nella complessit
e nella concretezza della sua natura, dei suoi bisogni e delle sue ideologie.
In effetti, nei Princpi maturano e trovano una splendida espressione i motivi fondamentali del
pensiero di Feuerbach, il quale giudica la filosofia di Hegel come un idealismo teologico, in
quanto Hegel ha concepito Dio o lAssoluto come il complesso dei concetti (da lui esposti
dialetticamente nella logica) che costituiscono la trama metafisic a della realt. Inoltre, nellopera di
Hegel, luomo scompare come ente finito, dotato di bisogni materiali, e diventa pura autocoscienza,
cos come la natura diventa alienazione dellidea. Perci Hegel svaluta irrimediabilmente le scienze
naturali, in quanto scienze del finito e dellempirico: di quellempirico che in realt non , in quanto

si contraddice in se stesso e si annulla: per Hegel, dunque, le scienze naturali sono pseudoscienze, e
a esse va contrapposta la filosofia della natura.
Per Feuerbach, invece, luomo un ente naturale finito, un essere sensibile. Infatti egli dice
accade soltanto a un essere sensibile di aver bisogno per esistere di cose che stanno al di fuori di lui.
Io ho bisogno di aria per respirare, di acqua per bere, di luce per vedere, di sostanze vegetali e
animali per mangiare... Il mondo naturale ha quindi una importanza vitale per gli uomini, e la
conoscenza per eccellenza la conoscenza di quel mondo, data dalle scienze empiriche o naturali.
Daltro canto, solo se si concepisce luomo come ente naturale finito si possono cogliere in tutte le
loro multiformi espressioni i suoi rapporti con i suoi simili: che sono rapporti di continuo scambio e
arricchimento intellettuale (dunque luomo un ente naturale finito sociale) e di ricerca di amore (il
sentimento pi nobile ed elevato della specie umana).
Feuerbach ha proposto una filosofia che fosse essenzialmente una antropologia, la quale doveva
basarsi su un processo di umanizzazione. Umanizzazione di Dio, in primo luogo. Poich nella
religione luomo distacca da s le proprie qualit pi alte (intelligenza, spiritualit, creativit) e le
attribuisce a Dio. Questa alienazione delle qualit essenziali della specie umana in Dio comporta un
vero e proprio rovesciamento dei rapporti fra uomo e Dio. Il soggetto vero, luomo, viene
trasformato in un predicato di Dio, mentre Dio, che creazione delluomo, diventa il soggetto,
lelemento creatore. Tutto ci avviene perch luomo, non trovando appagamento nella realt, crea
al di fuori di essa, al di fuori del mondo concreto, una realt sovrannaturale. Questo rovesciamento
dei rapporti fra Dio e uomo che da soggetto attivo diventa oggetto passivo ha per effetto di
diminuire e umiliare luomo, onde, dice Feuerbach, per arricchire Dio luomo deve impoverirsi;
affinch Dio sia tutto, luomo deve essere nulla.
Come si vede, il programma di Feuerbach mirava a una grande rivoluzione filosofica, che
inquadrasse nella natura e nella realt empirica gli uomini, coi loro pensieri e coi loro sentimenti.
Ludwig Feuerbach, Princpi della filosofia dellavvenire, a cura di Piergiorgio Bianchi, Orthotes
Editrice, Nocera Inferiore (SA), pagg. 86, 14
Il Sole Domenica 10.4.16
23 aprile 1616: vite nella tempesta
In quella data, 400 anni fa morivano Shakespeare, Cervantes e Garcilaso de la Vega el Inca, il
narratore della conquista di Florida e Per
di Piero Boitani
Tra il 23 aprile 1564 e il 23 aprile 1616 si compiva la vita di William Shakespeare. Sono due date
convenzionali, la prima dedotta dal giorno del battesimo, il 26, ed entrambe basate sul calendario
giuliano, al quale lInghilterra riformata ancora si teneva. Ma sono universalmente accettate e
trasportate nel calendario gregoriano, il nostro. Il 23 aprile del 1616 scomparvero anche Miguel de
Cervantes, linventore del Chisciotte, e lo straordinario narratore della conquista della Florida e del
Per, Garcilaso de la Vega el Inca. Insieme, i tre aprirono il mondo nuovo della cultura e della
letteratura moderne. Vissero nella tempesta del loro tempo. Fuggiasco in Italia, Cervantes combatt
e fu ferito a Lepanto, pass cinque anni da prigioniero e schiavo ad Algeri, chiese di poter andare in
America (la domanda fu respinta). Garcilaso, figlio di una principessa Inca e di un conquistador
spagnolo, visse in Per i primi venti anni della sua vita, poi si spost in Spagna: la sua tempesta fu il
racconto della fine di una civilt. Shakespeare seppe mettere in scena tutte le tempeste della vita:

del potere, del conoscere, dellamare. Lirico di vaglia, Cervantes invent trame e personaggi tra i
pi avvincenti di tutti i tempi: non soltanto Don Chisciotte della Mancia e il suo scudiero Sancio
Panza, ma anche quelli delle novelle, delle commedie, e del romance di Persiles e Sigismunda.
Shakespeare cre dozzine di personaggi e di intrecci, tra i quali forse un Cardenio ripreso dal
Chisciotte invent, come sostiene Harold Bloom, luomo e la donna: Giulietta e Romeo, Giulio
Cesare e Bruto, Antonio e Cleopatra, Shylock e Jessica, e Viola, Marina, Ermione, Imogene
Verso la fine della sua vita, pubblic una raccolta sublime di Sonetti (per un bel giovane e una
dama scura, forse nera) e si diede a mettere in scena trame romanzesche dove la tempesta, quella
fisica del fortunale, sulla terra e soprattutto in mare, domina con la forza delluragano ma produce
poi riconciliazione e rinascita: dalla brughiera dove Lear impazzisce alloceano di Pericle, dal mare
di Boemia (!) nel Racconto dinverno alla Tempesta, lultima opera che compose da solo.
Cosa vogliano dire La Tempesta, e il vivere nella tempesta, ce lo spiega il libro del tutto speciale di
Nadia Fusini, Vivere nella tempesta. La copertina dice gi (quasi) tutto: nel celebre quadro di John
William Waterhouse che vi figura una Miranda dai capelli rossi, seduta su uno scoglio, guarda
(mira) una nave che affonda nella tempesta. Cos fa anche Nadia Fusini: fissa lopera di
Shakespeare, la scandaglia a fondo, e contempla il vivere, limmaginare, il pensare, che essa suscita.
Raccontando tante storie. Innanzitutto, riscrivendola, quella della Tempesta, la sua trama stregata e
intrigante. Nella quale campeggia unisola misteriosa in mezzo al Mediterraneo (e forse anche da
qualche parte tra le Bermude e la Patagonia) dove naufraga una nave con a bordo il re di Napoli
Alonso, suo figlio Ferdinando e suo fratello Sebastiano, il duca di Milano Antonio, e vari cortigiani.
Sullisola vivono il gran mago Prospero, gi duca spodestato di Milano, sua figlia Miranda, lo
spirito Ariele e lo schiavo, il mostro umano Calibano (il cui nome anagramma di cannibale).
La tempesta stata inscenata da Prospero, e nel naufragio non perito nessuno. I naufraghi
approdano in punti diversi, Ferdinando opportunamente vicino a dove si trovano Prospero e la
figlia, perch i due giovani si innamorino perdutamente luno dellaltra. Il re di Napoli e il duca di
Milano devono invece compiere un lungo cammino attraverso lisola, mentre Calibano si mette al
servizio di Stefano e Trinculo, due marinai, per organizzare un colpo di stato contro il padrone. Pi
tardi, Antonio e Sebastiano complottano per strappare il regno di Napoli ad Alonso (ah la tempesta
della lotta per il potere). Falliscono miseramente, e alla fine Prospero perdona tutti, anche chi non si
pente (come il fratello Antonio che aveva portato via a lui il ducato milanese), prepara le nozze di
Ferdinando e Miranda con affascinanti spettacoli, e abbandona la magia.
Nadia Fusini segue questa trama, e le sue complicazioni, scena dopo scena: compie una lettura
piana, come fosse quella del New Criticism. Ma vi inserisce anche episodi della Storia, quasi fosse
adepta del New Historicism: la regina Elisabetta e il suo successore, Giacomo VI di Scozia e I
dInghilterra, la Sea-Adventure che naufrag (ma tutti scamparono) alle Bermude, lInvincibile
Armata spagnola, lesploratore-corsaro-spia-scrittore Sir Walter Raleigh, lindiana Pocahontas, lo
svizzero Thomas Platter in visita a Londra. Tutti servono a gettare luce trasversale sulla Tempesta,
nella quale, per dirne una, Shakespeare menziona le Bermude: incrociano la Storia con la finzione.
Dispiega davanti ai nostri occhi, Nadia Fusini, quadri famosi, che sono come specchi del dramma: il
Dittico Wilton, La Tempesta di Giorgione e quella di Turner. Convoca Faust e Robinson, Macb

th e Amleto, Lear e Cordelia, Riccardo II e Clarence che sogna nel Riccardo III. Cita Platone e
Aristotele, Virgilio e Ovidio, Ficino e Montaigne: sulla meraviglia, il mito, la poesia, la magia, i
cannibali. Ci ricorda i libri che per lei ruotano attorno alla Tempesta: Keats, Moby Dick, T.S. Eliot,
Virginia Woolf, Anna Maria Ortese. E commette due peccati che al critico, quando ancora
studente, i professori dicono di evitare a ogni costo: mette infiniti puntini di sospensione, talora tre o
quattro volte in uno stesso periodo, per suggerire che ci sarebbero moltissime altre cose da dire e
che La Tempesta inesauribile e inafferrabile; e racconta storie della propria vita, soprattutto
della sua infanzia: la nonna e il padre, il mare e lisola.
Felices culpae, per: non solo perch appartengono a quello che oggi si chiama personal
criticism, critica personale, ma anche perch ci dicono cosa significhi vivere nella tempesta
cio, tout court, vivere. La tempesta, diceva Agostino Lombardo, una grande conchiglia, di
quelle ritorte: dentro, sembra si senta il mare, sebbene non sia che illusione. Ma anche La tempesta
unillusione, una magia della scrittura, una meraviglia piena di meraviglie, unisola dincanti,
voci, musiche, di nuvole che si spalancano per far piovere ricchezze: qui, Ariele volteggia nellaria
e canta e vola alle Bermude per cogliere rugiada; qui, persino Calibano diventa poeta. Ma tutto, alla
fine, svanisce: ledificio senza fondamenta / di questa visionequesto stesso vasto globo, s, / e
quello che contiene, tutto si dissolver...Noi siamo della materia / di cui son fatti i sogni / e la nostra
piccola vita / circondata da un sonno.
Vivere nella tempesta: vivere accettando la vita, che una serie di tempeste, ma anche una
meraviglia e una grazia; stupire, e far proprie anche le cose delloscurit, come Prospero fa con
Calibano; ascoltare gli altri e ascoltare poesia; pentirsi e perdonare, come Ariele spinge Prospero a
fare; avere una seconda chance, riacquistare la libert: salvarsi, rinascere. Chiedere misericordia,
come allinizio fanno i marinai sul punto di esser travolti dal fortunale e come nellepilogo fa
lattore in veste di Prospero, coniugando in rima disperazione (despair) e preghiera (prayer).
Il Sole Domenica 10.4.16
La suspense
Leggere il ritmo della mente
di Anna Li Vigni
Nella celebre intervista con Truffaut, Hitchcock spiega il meccanismo di costruzione della suspense
cinematografica, di cui maestro indiscusso. Leffetto ansiogeno provocato ad arte dal regista, che
fornisce allo spettatore una quantit maggiore o minore - a seconda dei casi - di informazioni
rispetto ai protagonisti del film: pertanto lo spettatore, sulla base di tali informazioni, indotto a
operare delle predizioni, la sua immaginazione spinta a compiere salti in avanti nel futuro della
trama ed proprio ci a produrre la suspense. In un certo senso, ogni narrazione letteraria o
cinematografica che alteri la costruzione temporale del racconto pu produrre un livello di
suspense. Stefano Calabrese, nel suo bel saggio dedicato a questa fondamentale strategia narrativa,
fa notare come gi Quintiliano (I sec. d. C.) parli di tenere animos suspensos sottolineando cio
limportanza, nella scrittura, di tenere avvinto linteresse del lettore con digressioni artificiose e
intrecci originali. Ma solo nel XIX secolo che la suspense assume assoluta centralit in letteratura,
con il diffondersi di detective stories e noir, il cui successo fu decretato dalla pubblicazione sui
feulleton francesi e inglesi.
Il genere detective novel figlio delle societ metropolitane europee dell800: nella

rappresentazione della morte efferata e nellutopistica messa in scena di una verit che si riesce a far
venire sempre a galla grazie allastuzia di un indagatore, la societ borghese ottocentesca dissipava
catarticamente le proprie paure e confermava le proprie aspettative di certezza. Il primo detective in
assoluto fu Auguste Dupin, personaggio dandy nato dalla penna di Edgar Allan Poe, protagonista di
una trilogia di romanzi: non era ancora un professionista, ma solo un amante della buona logica,
esattamente come il suo collega inglese Sherlock Holmes, questa volta s un professionista, creato
da Arthur Conan Doyle in una serie di romanzi e racconti editi tra il 1887 e il 1927. Ci che
accomuna Dupin e Holmes lestetica dellindizio, ovvero la comune fiducia incrollabile nella
razionalit quale strumento perfetto per risalire alla logica del delitto e del suo autore.
Per comprendere la mente criminale, infatti cos spiega lo stesso Holmes bisogna
immedesimarsi nei percorsi mentali che lassassino ha compiuto per giungere allomicidio. Si tratta
di quello che in psicologia cognitiva viene definito mind reading, la capacit di leggere nella mente
altrui, e che cos sapientemente viene messo in atto da Dupin, da Holmes e dallo stesso Maigret di
Simenon.
La cosa davvero interessante, per, che la lettura o la visione di un noir pu diventare un esercizio
di mind reading anche per il fruitore dellopera: il quale, a seconda di quante informazioni possieda
circa la storia, pu operare inferenze di vario tipo, sicch la lettura del genere detective diviene una
vera e propria palestra cognitiva. Sia che si tratti di suspensediretta - che prevede che il lettorespettatore sia alloscuro di qualsiasi informazione e preda di ansia totale -, sia che si tratti di
suspense condivisa che prevede che il lettore-spettatore possieda le medesime informazioni del
protagonista col quale si identifica completamente seguendone lazione di pari passo -, in entrambi i
casi si produce nel lettore un attivazione importante di tipo cognitivo ed emotivo. Il
neuroscienziato Jonah Lehrer spiega come lattivit predittiva in genere provochi nel cervello il
rilascio di dopamina, suscitandoci un senso di benessere ogniqualvolta le previsioni da noi
immaginate si rivelano veridiche: la fruizione di narrazioni a struttura sospesa come i noir, nelle
quali la nostra attivit predittiva chiamata in azione, fungerebbe dunque da utile esercizio
simulativo di altrettante situazioni reali. Ora ci spieghiamo limmenso successo del genere thriller
nella letteratura e nel cinema di oggi: Se lesperienza della suspense nella realt non fornisce
alcuna garanzia che raggiungeremo una risposta completa a una domanda che ci causa perplessit,
la suspense della detective story ci offre uno spazio per uscire dal dubbio, uno scenario sicuro in cui
alleviare le nostre ansie riguardo alle incertezze e agli inganni della vita reale.
Stefano Calabrese, La suspense, Carocci, Roma, pagg. 122, 12
Il Sole Domenica 10.4.16
Edoardo Albinati
Il cuore di tenebra della borghesia
Indagine sul delitto del Circeo (e molto altro), La scuola cattolica un romanzo-zibaldone.
Lautore usa la bravura per proteggersi dal caos
di Filippo La Porta
Edoardo Albinati , forse, il pi bravo di tutti. E lo stilisticamente, narrativamente,
drammaturgicamente, lo come ritrattista, etnologo urbano, mitografo di idee. Ora, in questa
luccicante bravura dispiegata in ogni pagina, in ogni singola frase della Scuola cattolica (Rizzoli,
22 euro, pp. 1294) - potrebbe per nascondersi un problema, come dir tra poco.

Con questo libro la migliore prosa darte (si veda di Albinati la perfetta Serenata al rettilario nella
sua raccolta di racconti Guerra alla tristezza), devota agli ideali di elegante precisione, ritmo
musicale ed essenzialit, incontra la forma liquida del romanzo-contenitore (oggi quasi lo stile del
mondo), dello zibaldone digressivo e dissipatorio, e cos implode. La scrittura insegue
meticolosamente la instancabile flnerie mentale e fisica dellautore, le sue passeggiate per il
QT(Quartiere Trieste), gli innumerevoli personaggi del suo romanzo di formazione(amici,
compagni di classe al San Leone Magno, sorelle dei compagni di classe, fratelli dei compagni di
classe, insegnanti, amori), e poi incontri, letture, pensieri svagati, interrogativi, esitazioni,
tradimenti, successi, disfatte Delle tre grandi aree - o tipi della interrogazione - in cui Calvino
aveva suddiviso il suo Palomar c qui molta Descrizione (memorabile quella delle abitazioni
borghesi, oscillanti tra il nascondere e lesibire), molta Riflessione, per quasi sempre esemplificata
in qualche concreto personaggio (nel testo sono come incastonati tanti microsaggi sulla scuola,
sullamicizia, sul fascismo - che tiene insieme legge e trasgressione - sul femminismo, sul
masochismo, sui sogni ad occhi aperti degli adolescenti, sulleros e la volubilit del pene) e un
po di Racconto, quel tanto che viene ispirato da fatti realmente accaduti (Albinati probabilmente
condivide la diffidenza di Garboli verso i vapori della finzione e il conseguente pregiudizio positivo
nei confronti della realt, sempre pi misteriosa, inafferrabile e imprevedibile di qualsiasi nostra
storia immaginata: pi facile scrivere quando si scrive la verit). La stessa rappresentazione del
DdC (Delitto del Circeo) - non solo prodotto di tempi ma produttore di tempi e di costume centro magnetico del libro, e suo primo movente, alla fine solo uno dei molti temi, sullo sfondo di
un potente affresco sulla Classe Media, incerta se sopraffare o sottomettersi, dotata di un buon senso
che viene meno quando si sente pi sicura. E probabilmente una meditazione sul male quella che
ispira ogni pagina, con una intuizione fondamentale - direi di ispirazione dantesca - a proposito
delle logiche elucubrazioni degli assassini: il male non ha a che fare tanto con la bestialit
quanto con il calcolo e con una ragione interamente ridotta ai suoi piani e progetti.
C poi una pagina decisiva che involontariamente ci offre una chiave di lettura della Scuola
cattolica, quando lautore confessa che s, lui poteva anche credersi il pi intelligente (beninteso
dopo linarrivabile Arbus), ma sempre come potenzialit piuttosto che per effettive realizzazioni,
e aggiunge di sentirsi sempre magnificare per il libro che potrei scrivere, non per quelli che ha
scritto. In genere sempre al di qua di ci che vorrebbe o potrebbe essere, lievemente spostato: in
chiesa pensa a tutto tranne che alla religione, negli anni 70 si dichiarava comunista senza
minimamente esserlo E anche La scuola cattolica, nonostante la mole intimidatoria delle 1300
pagine (avvertenza: a pagina 520 lautore stesso autorizza a saltare qualche capitolo), si potrebbe
leggere come un faraonico abbozzo, la prova generale di un romanzo che non c, che avrebbe
potuto essere, ma che verosimilmente non sar mai scritto.
Accennavo alla presenza di un problema. Non c pagina del libro in cui Albinati non ci mostri la
sua inesauribile verve intellettuale, il gusto del paradosso e della battuta arguta, il calembour,
laforisma (lamore la tomba del matrimonio, il cattolicesimo antesignano del surrealismo),
la istantanea fulminante (lora di nuoto, con quei corpi pallidi e malfatti, come un livido quadro
manierista), leggende metropolitane ed elenchi (di film, frasi fatte, etc, un po la Veronesi), il
commento al tic linguistico (emb la formula cui impossibile replicare), la evocazione lirica
(ad ogni mese estivo vengono associati colori e suoni: Agosto: Bruciato Bianco Polvere e Vuoto),
il rovesciamento spiazzante del clich, con risultati spesso virtuosistici (anche se lanalogia tra le
due povere vittime del Circeo chiuse nel baule e il gatto di Schrdinger, morto e vivo al tempo

stesso, un po fuori controllo). Mai una osservazione di senso condiviso, appena un po banale,
ordinaria. Come se lo scintillio della prosa e dellingegno fosse una specie di ipnotica coazione, o
perfino uno schermo che protegge dal caos del mondo. Lio narrante in ci potrebbe somigliare
allUlrich dellUomo senza qualit: uno spirito iper-analitico, vivisettore, alla giusta distanza dal
male che racconta, trituratore di libri, attratto dal senso della possibilit, in genere incline a fare
pi esperimenti che vere esperienze, dunque sempre aggressivamente sulla difensiva, con un
proprio nucleo statico e inviolabile. Ci che qui si riconosce alla Borghesia come sua mentalit
specifica distacco e distanza, formalismo, dare del lei anche alla morte e alla malattia viene
fatto proprio, quasi omeopaticamente, dallautore stesso per mostrare il cuore di tenebra della
Borghesia, per darle del lei. La scrittura diventa lesercizio continuo, affilato, spettacolare - non
c mai un attimo di noia - di un io accogliente ma anche sorvegliato, dispotico, che aspira a
evadere da se stesso e mutarsi finalmente in cosa, che tuttavia non intende mollare la presa
intellettuale, che trasforma anche lo svenimento in mito letterario (in un libro precedente), che ama
il rischio solo potenziale, che ci offre una variopinta galleria di personaggi - una commedia umana
su cui si piange e si ride - , che incarnano tante possibili figure del destino, ma nei quali lui non si
dimentica mai, come invece farebbe un romanziere. Allinizio si dichiara, con onest, felicemente
infelice, perch non pu che trasmetterci la nostalgia di una felicit perduta, di una pienezza che
si gode solo in un secondo momento. E probabilmente solo nella scrittura quella felicit, allora
appena sfiorata, volatile come labbraccio di una donna, ritrova la unica sua dimensione tangibile,
meno effimera.
Edoardo Albinati, La scuola cattolica , Rizzoli, Milano, pagg. 1294, 22
Il Sole Domenica 10.4.16
Il Bardo scritto e riscritto
Analisi, ripubblicazioni e nuove traduzioni
di Antonio Audino
naturale che in clima di anniversario, gli scaffali delle librerie si affollino dei testi del grande
drammaturgo o di opere a lui dedicate, con traduzioni di ogni tipo e qualit, innumerevoli edizioni
per bambini, saggi che ci dimostrano come il diritto e la finanza di oggi fossero gi state comprese
da quellautore, e le immancabili rinnovate congetture sulla sua identit, col riapparire del profilo
dellumanista di origine italiana, quel John Florio che avrebbe usato un giovane attore come
prestanome.
Tra queste novit appare qualcosa di interessante, come la riedizione da parte di Sellerio di un
saggio che ha sempre suscitato clamori, dedicato a I personaggi del teatro di Shakespeare e scritto
da William Hazlitt nel 1817 come una sorta di lunga arringa in difesa delle opere del suo
conterraneo, espressa proprio nel momento in cui quelluomo di teatro inizia ad essere il caposaldo
della battaglia contro il classicismo, in nome di una visione pi libera e moderna dellarte, non
regolata da rigidi canoni espressivi e formali. Questo salta agli occhi ripercorrendo i vari capitoli del
volume, dedicati ognuno a un protagonista dei drammi e delle commedie, attraverso i quali il
filosofo e critico individua uno Shakespeare in cui i personaggi sono la natura stessa, concreti e
splendidamente modellati in forme che ne fanno calchi di vita, nonostante siano ambientati in
periodi diversi, appartengano a classi sociali differenti e si collochino a disparate latitudini. Fa un
po sorridere oggi sia questa linea di analisi cos realistico-psicologizzante che quellaccanito tono

di opposizione radicale e puntuale a tutti gli attacchi che tacciavano Shakespeare di


approssimazione, grossolanit di disegno, insistenza su dettagli troppo truculenti o estremi, e
attraverso i quali i classicisti si opponevano al sempre pi vasto dilagare delle opere, diffusione che
prendeva forza con il parallelo radicarsi dello spirito romantico.
Non a caso dalla parte di Hazlitt si schier quello Stendhal che qualche anno dopo con il suo Racine
e Shakespeare porr una pietra tombale sui formalismi del teatro di matrice seicentesca francese
indicando nellautore di Amleto il nuovo corso di una scrittura scenica pi aderente al suo (e al
nostro) tempo. Ma sorprende scoprire attraverso il dettagliatissimo saggio in appendice di Alfonso
Geraci quanto quel testo abbia scatenato da allora ad oggi aspre oggi battaglie politiche, a partire da
quei tory vicini alla monarchia inglese che non vedevano di buon occhio chi lo aveva composto,
considerato un giacobino e sicuramente schierato dalla parte di Napoleone anche dopo la disfatta di
Waterloo, cosa evidente nella fitta rete di idee anti monarchiche e anti oligarchiche esposte nel
tagliente saggio su Coriolano. In quelle pagine, infatti, Hazlitt ammette che persino il suo adorato
drammaturg o, nel raccontare le vicende del tiranno romano, si pone dalla parte di quella poesia che
sembra avere un debole per il versante dispotico della contesa, forse perch si vergognava delle
sue umili origini, allineandosi cos alla scrittura che ha sempre trovato poco interessante dare spazio
o ragione alle classi umili, finendo per diventare specchio di poteri e ceti dominanti. Polemiche che
si rinnoveranno, intorno a quel saggio, in epoca di guerra fredda o negli anni del tatcherismo.
Ulteriore dimostrazione, se non altro, di quanto le opere di Shakespeare contengano tante di quelle
riflessioni e angolature prospettiche che ogni momento storico ci si possa specchiare direttamente,
trovando infiniti riflessi e dando anche vita a opposti schieramenti ideologici. Cos, levidente e
continuo desiderio di misurare quei testi sui propri tempi, mette in gioco un immediato bisogno di
avvicinarli alla propria realt , interpretandoli in vario modo sulla pagina e sul palcoscenico,
smontandoli e rimontandoli, e soprattutto ritraducendoli. Interessante da questo punto di vista la
nuova versione di Giulietta e Romeo realizzata da Sergio Perosa per Cierre Edizioni nel tentativo di
ripristinare le rime, che certo sono la spina dorsale di unopera abitualmente restituita in italiano
attraverso la prosa, e per mezzo delle quali Shakespeare escogita soluzioni sorprendenti, come nel
primo incontro in cui i due giovani si parlano, guarda caso, in rima baciata, prima di unire
carnalmente le loro labbra, come dimostrava in un acuto saggio, pubblicato da Bulzoni diversi anni
fa, Guido Bulla. Proprio di Bulla la traduzione riedita da Newton Compton di Macbeth
attualizzata dalla copertina con i volti di Fassbender e della Cotillard nellultima pellicola di Kurzel,
in parallelo alla nuova traduzione Einaudi curata da Paolo Bertinetti che, finalmente, cerca di non
tenere docchio soltanto la filologia ma anche la forza necessaria a una parola che va detta davanti a
un pubblico. Sempre su questo fronte e fra i recuperi depoca di Newton Compton la versione del
Mercante di Venezia di uno dei padri della regia italiana, Luigi Squarzina, del quale lo stesso editore
aveva gi proposto la versione dell Amleto, portato in scena per la prima volta in versione integrale
col giovane Gassman nel 52.
E per chi volesse attraversare in maniera orizzontale la potente produzione del drammaturgo c,
fresco di stampa, Non chiedere ragione del mio amore curato da Eusebio Trabucchi per LOrma,
antologia delle lettere che si indirizzano i personaggi di alcune opere, secondo un abusato artificio
scenico, rivitalizzato con grande finezza dal genio di Stratford.
Il Sole Domenica 10.4.16
Tra le due guerre mondiali

I prestiti Usa allo Stato fascista


di Mauro Campus
Il contributo della storiografia italiana alla comprensione della collocazione internazionale del
fascismo marginale se paragonato allimpegno dedicato allo studio della strutturazione interna del
regime e allorganizzazione che esso diede al consenso. I temi su cui maggiormente si sono affollati
i contributi pi innovativi ruotano intorno alla dimensione nazionale del regime interrogandone
instauratio e renovatio di forme politiche e ideologiche, mentre pi esigui sono stati gli spazi
riservati alle trasformazioni strutturali e ai mutamenti di equilibri tra gruppi dominanti. Un discorso
analogo possibile svolgere per la politica estera del Ventennio, sulla quale una sintesi complessiva
manca da quarantanni: i pochi studi recenti hanno indugiato pi su nodi diplomatici che sulla
genesi e sulla resistenza dei vincoli esterni. Da ci scaturisce un dibattito riluttante a inserirsi con
larghezza di orizzonti nella rifiorita storiografia internazionale sugli anni venti e trenta. Anche per
ci la pubblicazione di The United States and Fascist Italy rappresenta soprattutto per il mondo
anglosassone un contributo di non poco conto.
Quando trentacinque anni fa questo libro fu pubblicato per la prima volta, gli studi sulla politica
estera del fascismo erano dominati dallopus magnum defeliciano. Esistevano, certo, alcuni
importanti lavori sulla politica estera fascista, ma il panorama editoriale era per lo pi sbriciolato in
una serie di saggi che esaminavano molecolarmente un singolo negoziato, lo spirito di taluni
accordi internazionali, o le attitudini revisionistiche mussoliniane. Lessere fortemente innovativo
rispetto a questo scenario, per, solo uno dei motivi che rendono la traduzione e laggiornamento
di questo volume un fatto degno di nota: esso, infatti, oltre a rappresentare un auspicabile punto di
ri-partenza verso unanalisi del fascismo non solo come fenomeno interno, inserisce le fondamentali
conclusioni di un lavoro prezioso nel diluvio torrenziale della storiografia anglosassone che ignora
a volte completamente gli apporti di studiosi scritti in lingue diverse dallinglese.
Peraltro questo libro affronta lusura degli anni con brillantezza temperata solo dal successivo
sovrapporsi di interpretazioni laterali al tema che affronta: il modo e i tempi con cui gli Stati Uniti
ufficialmente isolazionisti dei Twenty Years Crisis stesero la loro rete di protezione intorno al
regime (e alle lite che ne avevano sostenuto lascesa) legittimandolo e in parte determinandone
la tenuta. Il sistema internazionale nel quale lanalisi di Migone cade quello dominato
dallinstabilit delle clausole cartaginesi del Trattato di Versailles, nel quale la massiccia richiesta
europea di assistenza finanziaria degli Stati Uniti era la norma. In Italia i prestiti esteri divennero
indispensabili per sovvenzionare le importazioni di beni alimentari e materie prime, e per il
completamento di alcuni impianti industriali. La condizione che Washington riteneva fondamentale
affinch i Paesi usciti dalla guerra riacquistassero la fiducia dei mercati e rientrassero nel circuito
dei trasferimenti internazionali di capitali, era la stabilit del regime politico che li governava. Non
un caso che i prestiti concessi allItalia dalla finanza americana negli anni Venti, avvennero dietro
la garanzia di stabilit riconosciuta al fascismo. E, infatti, fino al 1928 una serie di prestiti
obbligazionari in dollari che Wall Street concesse allo Stato o ad imprese per le quali lo Stato aveva
garantito, inondarono lItalia.
Il punto di forza del libro la ricostruzione precisa ed equilibrata della logica attraverso la quale
quei prestiti furono garantiti ed erogati. Sono davvero pochi i passaggi e i meccanismi che Migone
non chiarisce con precisione attingendo a una ricerca archivistica esemplare. Il passare degli anni
non ha incrinato la definizione di egemonia attorno alla quale il libro sinterroga illustrandone gli

aggiornamenti che gli Stati Uniti seppero imprimere a unaggiornata forma di dollar diplomacy. Ne
ha semmai confermato il valore che, giustamente, il suo autore non rinnega nel bilancio che
introduce il volume intitolato: je ne regrette rien, del resto perfettamente coerente con la biografia
intellettuale di Migone.
Gian Giacomo Migone, The United States and Fascist Italy. The Rise of American Finance in
Europe , Cambridge University Press, New York-London, pagg. XLVIII-405, $ 110
Il Sole Domenica 10.4.16
Medio oriente
Auto-denuncia israeliana
Ex soldati e riservisti di Tsahal hanno raccontato brutalit e umiliazioni inferte ai palestinesi
tra il 2000 e il 2010
di Sergio Luzzatto
gente malata, completamente pazza, odiano gli arabi, sono disposti a rischiare la galera pur di
fare qualcosa agli arabi. Nellaccusa di un ufficiale della Brigata Nahal, operativa a Ramallah in
Cisgiordania durante lanno 2002, i plotoni dellesercito israeliano composti dagli studenti delle
scuole rabbiniche ortodosse sono di gran lunga i peggiori. Il fatto che portino la kippah sotto il
casco della divisa non li rende pi capaci di religiosa piet. Al contrario. Sono senza Dio,
indossano uno yarmulke , ma quando sono nellesercito sono gente senza Dio.
La citazione tratta da una delle 145 interviste raccolte in un volume, La nostra cruda logica.
Testimonianze di soldati israeliani dai Territori occupati, la cui versione italiana viene pubblicata
ora dalleditore Donzelli. Autore collettivo, unassociazione di ex militari e riservisti di Tsahal,
Breaking the Silence, determinati appunto a rompere il silenzio: a raccontare quanto compiuto
dallesercito israeliano nei Territori dal 2000 al 2010, durante il primo decennio seguto alla seconda
Intifada. Perch lopinione pubblica internazionale e quanto resta di una coscienza ebraica, in
Israele come nella Diaspora non possa pi trincerarsi dietro spiegazioni di comodo. Perch non ci
si accontenti pi della favola stando alla quale lazione di Tsahal si limiterebbe a unopera di
prevenzione del terrore.
In Cisgiordania come a Gaza, prevenzione significa intimidazione. Muovendo dal presupposto
secondo cui ogni singolo palestinese, uomo o donna, rappresenta per Israele una minaccia
potenziale, la ragionevole necessit di prevenire azioni terroristiche si traduce in un codificato
sistema di pratiche intimidatorie. Essenzialmente, tre generi di pratiche. I cosiddetti omicidi mirati,
che non di rado vengono compiuti dallesercito israeliano quando sarebbe possibile limitarsi
allarresto dei sospetti terroristi, e che talvolta si configurano come mere vendette. Gli arresti di
massa, con retate diurne o notturne dei maschi adulti di interi quartieri o interi villaggi. La
distruzione delle propriet e delle infrastrutture palestinesi: a cominciare dalle case dabitazione, per
continuare con le cisterne dacqua, le strade poderali, i mezzi di trasporto.
Ci che pi colpisce, nella successione di testimonianze radunate in questo libro (tutte riferite a un
preciso contesto spaziotemporale, e nessuna formalmente smentita da Tsahal), la brutalit del
modo in cui lesercito dello Stato ebraico interpreta il potere assoluto che i suoi effettivi detengono
sulla popolazione palestinese. Al limite, le pagine pi indigeste del volume non sono quelle che
evocano i dettagli delle operazioni pi cruente, n sono quelle da cui il numero delle X in gergo, il
numero di palestinesi uccisi emerge come criterio di merito per far carriera dentro Tsahal. Ci che

pi colpisce lelenco dei soprusi ordinari, quotidiani. I gesti che non uccidono, ma che umiliano.
Brigata Kfir, distretto di Nablus, 2009: una casa palestinese distrutta nottetempo, la madre
osservava e piangeva, i bambini erano seduti assieme a lei e la accarezzavano. Battaglione
Nachshon, localit Tulkarem, 2002: le cisterne dacqua sui tetti rovesciate apposta, si doveva
controllare ogni casa come se fosse un comando di Hamas. Artiglieria della riserva, valle del
Giordano, 2002: le cisterne lasciate a secco, loro non hanno acqua corrente, li lasciano
semplicemente senzacqua, loro e e le loro greggi, le capre muoiono di sete. Corpo dei
paracadutisti, Nablus, 2003: Per due settimane i soldati sembravano dei pazzi. Sparavano alle
gomme, prendevano un coltello e squarciavano gli pneumatici dei camion... Stai l a inseguire gente
innocente. Vogliono solo andare a lavorare.
Trecentocinquanta pagine di racconti cos. O peggio di cos. Le pisciate dei soldati israeliani sulle
galline dei contadini palestinesi. Le cacate degli occupanti sui divani degli occupati. E un minuscolo
episodio che meriterebbe da solo una pagina di Primo Levi (il Levi antropologo del dettaglio,
memore del kap del Kommando chimico di Auschwitz, Alex, e giudice della sua mano nera,
viscida di grasso, pulita sulla spalla del miserevole internato). Brigata Givati, striscia di Gaza, 2008.
Uscimmo di pattuglia a Nahal Oz. Cerano dei ragazzini, quattordici o quindici anni, penso.
Ricordo che ce nera uno bendato, a sedere, e poi arriv uno, noto a tutti come un cretino, e lo colp,
qui. Sulle gambe. Poi gli vers dellolio addosso, quella roba che usiamo per pulire le armi.
Oltrech prevenzione, la parola chiave della cruda logica israeliana nei Territori separazione.
Non solo separazione dei palestinesi dai coloni, anche separazione dei palestinesi tra loro: divide et
impera. Non solo, quindi, la barriera lungo la Linea verde e a protezione degli insediamenti. Anche
un sistema di strade riservate ai coloni e, soprattutto, la rete tanto studiata quanto arbitraria dei
checkpoint. Il checkpoint come sciupavite (noi eravamo soliti chiamarlo cos, io e un altro
ufficiale). Per frenare le attivit economiche dei palestinesi. Per distanziare i villaggi, e spaccare le
famiglie. Parlo di donne e bambini che ci passano ogni giorno. Quei passaggi li usano i bambini
che non vogliono fare tardi a scuola, donne che vanno dal dottore. La rete dei checkpoint non per
bloccare i terroristi, ma per deprimere i civili.
Pi che un libro sulla degradazione della Palestina, La nostra cruda logica un libro sulla
degradazione di Israele: sulla deriva politica e morale che va trasformando lo Stato ebraico lunica
democrazia del Medio Oriente in un indicibile Stato-canaglia. Al tempo stesso, il libro costituisce
la miglior prova dellonest intellettuale di cui certe componenti della societ israeliana sono tuttora
capaci. Onest come quella del soldato della Brigata Nahal che dopo avere evocato una retata
compiuta a Hebron nel 2008 o nel 2009, con il suo sguito di maltrattamenti sui civili, si sente in
dovere di aggiungere: a quel punto che gli standard di ci che bene e ci che male
cominciano ad alterarsi, penso che il fatto pi difficile sia che a Hebron la distinzione era assoluta,
c il bianco e il nero, il buono e il cattivo, mentre la quotidianit proprio grigia. Per ogni persona
che arresti, c il suo bambino che non ha fatto niente, e hai la sensazione di averlo distrutto, quel
bambino. In quei posti il problema riguarda soprattutto quale sia il limite della tua dignit. Non
affatto chiaro cosa significhi essere umano.
Nella prefazione alledizione italiana del libro, giustamente Alessandro Portelli sottolinea come il
contributo dei veterani di Breaking the Silence corrisponda a tuttaltro che a una forma di
tradimento: come sia piuttosto un atto di patriottismo. Affinch il Benjamin Netanyahu di turno
non possa pi dichiarare impunemente (lo ha fatto nel 2009) che non c alcun silenzio da
rompere. E affinch nessun ufficiale o soldato di Tsahal debba pi domandarsi, come un istruttore

dei paracadutisti in servizio nel 2004 presso Qalqilya, quale parola valga a definire la condizione
dei civili palestinesi che la barriera circonda da ogni lato, chiusi da un muro e da un recinto: di
quel che vuoi, cos se non un ghetto?.
S, bisognava rompere il silenzio. Ma ora che il silenzio rotto, qualcuno in Israele e nella
Diaspora decider finalmente di ascoltare?
Breaking the Silence, La nostra cruda logica. Testimonianze di soldati israeliani dai Territori
occupati, prefazione di Alessandro Portelli, Donzelli, Roma, pagg. 364, 30
Il Sole Domenica 10.4.16
Mare nostrum
Una convivenza di culti e culture
di David Bidussa
Il fine di Storie intrecciate (una raccolta di studi documentati, di grande qualit filologica coordinati
da Serena di Nepi) dimostrare, con successo, va detto a lettura conclusa, che il Mediterraneo in et
moderna tra 500 e 800, pi che un lago salato rigidamente diviso da una barriera verticale tra
occidente e oriente, tra area della cristianit e area dellIslam e disseminato sia qui sia l di comunit
ebraiche sempre di minoranza, stato luogo di lenta costruzione, di scambio, comunque di voglia di
conoscere laltro pi che sconfiggerlo.
Da mare diviso, il Mediterraneo in un percorso lungo tre secoli diventa un luogo della mediazione,
della conoscenza e anche della costruzione di una possibile convivenza. Un luogo attraversato da
molte storie individuali, molto curiose alcune, perfino divertenti.
Le conversioni, per esempio, tema su cui si sofferma Felicita Tramontana (pagg. 111-130). Indagine
che ha per tema i missionari e che soprattutto un viaggio nel mondo umano con cui vengono a
contatto e in cui si immergono e che coinvolge reciprocamente tutte e tre le fedi abramitiche: ebrei,
musulmani, cristiani.
Un mondo fatto non solo di uscite e di rientri - come ci hanno raccontato le ricerche di Y. H.
Yerushalmi (Dalla corte al ghetto, Garzanti) e poi di Nathan Wachtel (La fede del ricordo, Einaudi)
- ma di continui passaggi in cui la conversione non mai una pratica only one way e for ever, ma
fatta di ritorni e di nuovi abbandoni, di rinnegamenti ripetuti molte volte. Un movimento continuo
mosso, pi che dalla sopravvivenza fisica o dal pentimento, dallansia di ritrovarsi con un gruppo
e dove convertirsi significa non essere soli.
Altro tema: quanto vera la paura del turco?
et vinca poi chi vuole, o Franzesi o Svizzeri; e se non basta questo, venga il Turco con tutta
lAsia, e colminsi per un tratto tutte le profetie, ch, a dirvi il vero, io vorrei che quello che ha
essere fosse presto, et oltre a quello ho visto, vedrei volentieri pi l.
Cos Francesco Vettori scrive a Niccol Machiavelli. il 27 giugno 1513. Dalla caduta di
Costantinopoli (1453) alla difesa vittoriosa di Vienna da parte dei cristiani guidati da Giovanni III
Sobieski (1683), la questione turca stata uno tra gli argomenti pi sentiti e discussi dalla societ
europea.
Ossessione, tuttavia, che non sempre indica fobia. Come dimostra nel suo saggio Massimo
Moretti (pp. 131-168) la paura del turco non sollecita mai, n in quel secolo, n successivamente, la
voglia di una crociata (anzi quelle che qualcuno propone sono destinate a fallire prima ancora di
iniziare).

Lo stesso vale per il confronto a distanza tra cristianesimo e Islam. Tema su cui lavorano a partire
da oggetti culturali diversi Andrea Trentini (pagg. 17-41) e Valentina Colonna (pagg. 43-70): il
primo analizzando i testi di controversistica, la seconda la formazione delle collezioni private che a
partire dal XVI secolo iniziano a includere oggetti provenienti dal mondo islamico.
Quel confronto nel corso del XVII secolo si trasforma rispetto alle pratiche proprie del tardo Medio
Evo.
Iniziato nel 1.500 come dimostrazione della inconsistenza, se non della falsit, dellopinione
dellavversario perch finalizzato a promuovere e sollecitare labbandono della sua fede (del resto
in continuit con tutta la struttura argomentativa che ha avuto la sua forma di scrittura, ma anche di
sceneggiatura pubblica dal vivo nel confronto e nelle dispute teologiche tra XIII e XIV secolo nella
Spagna della reconquista) il testo di controversia nel corso del Seicento inizia a cambiare pelle.
Antitheses Fdei, saggio di controversia composto nel 1638 da Domenico Germano, nativo della
Slesia e gi missionario in Persia e in Terra Santa, un testo che marca quel passaggio culturale,
sottolinea Trentini. Libro volto a convincere pi che a prevalere e che nasce dalla percezione
che il Corano pi che distrutto, vada studiato. Processo che con lentezza, conclude lautore (pagg.
40-41), segna linizio della parabola discendente della controversistica e lavvio di una pratica di
studio che connota la moderna islamologia.
Processo che parallelamente segnato dalla crescita nelle collezioni private di oggetti darte
islamica. Colonna si sofferma sulla realt romana - una per tutti la raccolta costituita dal cardinale
Stefano Borgia (1731-1804) in cui la visione orientalistica delloggetto esotico si accompagna alla
percezione, come ci ha spiegato Ernesto De Martino nel suo La fine del mondo,(Einaudi 2002, p.
396) che esso sia la testimonianza di un mondo che c, parte di un codice percepito come altro,
lontano e, tuttavia,oggetto carico di valore.
Una lettura della collezione che riprende linterpretazione proposta quaranta anni fa dallo storico
Krzysztof Pomian (si veda la voce Collezione in Enciclopedia Einaudi, vol. III, pp. 330-364).
Collezionare, infatti, pi che raccogliere oggetti, significa riconoscere loro un valore culturale.
Storie intrecciate propone percorsi dindagine inconsueti e significativi. Contemporaneamente
intende contribuire a indebolire lidea che non si pu dare convivenza, ma solo guerra tra mondi
culturali e anche umani. Mondi che si sono a lungo combattuti e guardati con diffidenza, ma che
anche hanno provato a coabitare, a stabilire una tregua , infine, a trovare forme di coabitazione, di
compromesso.
Un programma di ricerca, ma si potrebbe dire anche di educazione al pensare, che ha un precedente
nel libro dal titolo Pour en finir avec la croisade (Puf 2004) dello storico Graud Poumerde. Un
manifesto culturale che nella traduzione italiana (Il Mediterraneo oltre le crociate, Utet) d un
suono sordo e che, forse, aveva bisogno di un sostegno. Anche per questo, Storie intrecciate ha un
merito.
Storie intrecciate. Cristiani, ebrei e musulmani tra scritture, oggetti e narrazioni (Mediterraneo,
secc. XVI-XIX) , a cura di Serena Di Nepi,
Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, XX -220, 32

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