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Visitare la letteratura
Studi per Nicola Merola
a cura di
Estratto
Edizioni ETS
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www.edizioniets.com
In copertina:
Corrado Govoni, Il Palombaro, Poesia visiva, 1915
Copyright 2014
EDIZIONI ETS
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Cfr. Marino Freschi, Goethe. Linsidia della modernit, Roma, Donzelli, 1999, pp. 187-196.
Interessanti considerazioni sulle caratteristiche e sulle dimensioni del fenomeno, in Vittorio Coletti, Romanzo mondo. La letteratura nel villaggio globale, Bologna, Il Mulino, 2011.
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Cfr. Miguel de Cervantes, Don Chisciotte, a cura di C. Segre e D. Moro Pini, trad. it. di F. Carlesi, Milano, Mondadori, 1974, capp. I e VI, t. 1, pp. 21-26 e 54-63. Oltre che alla bella Introduzione di Segre, specialmente pp. XXV-XXXVIII, si rimanda a Renato Nistic, La biblioteca, Roma-Bari, Laterza, 1999, pp. 27 ss.
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conti fatti, lilluminato ed encomiabile zelo con cui Federigo Borromeo volle rifornire la sua veneranda biblioteca di libri e di manoscritti, spedendo otto uomini, de
pi colti ed esperti che pot avere, a farne incetta per le contrade di mezza Europa
e del vicino Oriente, se gli ha meritato, per via della destinazione pubblica di quei
volumi, lelogio di Manzoni nel XXII capitolo dei Promessi sposi4, non costituisce
per, quanto al metodo, un caso sporadico.
Insomma, tra le diverse letterature nazionali nel corso dei secoli gli scambi e gli
influssi reciproci hanno continuato ad essere fitti e proficui, per cui va da s che linsegnamento della letteratura italiana (come, sia chiaro, di qualsiasi altra letteratura)
non possa non tenere nel debito conto larticolarsi di un rapporto, mutevole ma sempre incisivo, con le letterature di altri Paesi, sia sotto il profilo del disegno storico, sia
sotto quello dei valori canonici. Daltronde, semmai ce ne fosse bisogno, anche le Indicazioni nazionali per i nuovi licei, varate nel 2010, hanno richiamato a pi riprese,
tanto dove dettano le competenze letterarie da sviluppare, quanto dove stabiliscono
gli obiettivi specifici di apprendimento, la necessit di non perdere mai di vista lorizzonte sovranazionale (e in particolari frangenti perfino extracontinentale) in cui si
collocano le vicende italiane, postulando ladozione di una prospettiva allargata, che
contempla, fra laltro, anche opportune letture di autori stranieri.
2. Carte didentit
Senonch, con buona pace del grande Curtius, che allindomani della seconda
guerra mondiale volle accreditare, in un libro memorabile5, unidea fortemente unitaria
dellEuropa, facendo leva sulle sue comuni radici culturali, prima il venir meno della
coesione linguistica garantita dal latino in area romanza, con la formazione e lemancipazione dei volgari, poi il progressivo affermarsi degli Stati nazionali nellEuropa moderna, hanno fatalmente determinato una almeno parziale differenziazione dei rispettivi sviluppi culturali, segnando di fatto la nascita di tradizioni letterarie geograficamente
pi circoscritte, su scala tendenzialmente nazionale. In conseguenza di questa differenziazione, non tutte le proposte letterarie hanno conquistato ugualmente i gusti delle varie platee nazionali. Cos, ad esempio, per richiamare almeno un paio di circostanze
emblematiche, familiari a chi abbia un po di pratica didattica, la commedia dellarte,
con le sue maschere e i suoi canovacci, resta un fenomeno tipicamente italiano, magari
anche gradito in altri Paesi (su tutti, la Francia), ma mai veramente imitato; mentre, viceversa, la pianta del Romanticismo, cresciuta spontanea ad alte latitudini, per attecchire anche da noi, ha dovuto essere potata di tutti i rami pi schiettamente nordici, difficili da innestare nel tronco dellimmaginario italiano6.
4
Alessandro Manzoni, I promessi sposi. Storia della colonna infame, a cura di A. Stella e C. Repossi, Torino, Einaudi-Gallimard, 1995, p. 319. A margine, cfr. Daniela Baroncini, Biblioteca, in Luoghi della letteratura
italiana, a cura di G.M. Anselmi, G. Ruozzi, Milano, Bruno Mondadori, 2003, pp. 58-71.
5
Cfr. Ernst Robert Curtius, Europische Literatur und lateinisches Mittelalter [1948], trad. it. Letteratura
europea e Medio Evo latino, Firenze, La Nuova Italia, 1992.
6
Della vastissima bibliografia critica sullargomento, mi limito a segnalare Mario Puppo, Romanticismo
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Ogni letteratura nazionale, quindi, pur collegata alle altre, presenta dei risvolti
peculiari, irriducibili a un parametro comune. Lapprofondimento di questi elementi
specifici si rivela operazione della massima importanza strategica nel percorso formativo dei giovani in et scolare, perch, lungi dal costituire delle frange senza rilievo
allinterno di un sistema condiviso, proprio in tali elementi, invece, che si annida e
si manifesta lidentit di una nazione. Non star a riprendere, in questa sede, la riflessione sui contenuti identitari delle opere letterarie, cui parecchi italianisti si sono
gi proficuamente dedicati nel recente passato7. Mi preme soltanto ribadire lassoluta
necessit, oggi pi che mai, di avvicinare i cittadini di domani alla letteratura del loro
Paese. Sballottati come siamo tra spinte centrifughe e globalizzanti, flussi migratori e
omologazione culturale, promuovere e tutelare la conoscenza e lesame critico del
nostro patrimonio letterario dovrebbe rappresentare, per tutta la comunit nazionale, un imperativo irrinunciabile e prioritario.
La conservazione della memoria decisiva per le sorti di un popolo. Tagliate a
una pianta le radici: la vedrete presto seccare. Cos di ogni civilt. Chi dimentica il
proprio passato, muore, o si lascia facilmente assoggettare e colonizzare. Il mondo
non nato con noi, n noi siamo nati ieri: siamo invece il frutto di un lungo processo
storico-culturale. Nelle opere letterarie scritto il nostro codice genetico. Questo vale
tanto pi per lItalia, che per secoli, prima dellunificazione politica, stata pressoch
unicamente, come ricordava Carducci, unespressione letteraria8. La nostra identit
stata fissata (e verrebbe da dire divinata, o senzaltro, con tutta lambivalenza del
termine, inventata9) da poeti e scrittori. Per questo, se si vuole riflettere su di essa,
bisogna ripercorrere le linee fondanti della nostra letteratura, consapevoli, da un lato, della sua evoluzione e, dallaltro, della continuit di certi valori. La letteratura, insomma, conservando la memoria di un popolo, ne delimita e ne fissa lidentit10.
Sarebbe legittimo chiedersi, peraltro, se esistano davvero dei tratti, insieme comuni e distintivi, che possano essere ricondotti a una riconoscibile nazionalit italiaitaliano e Romanticismo tedesco, Milano, Istituto Propaganda Libraria, 1985; Ezio Raimondi, Romanticismo italiano e romanticismo europeo, Milano, Bruno Mondadori, 1997; e Giuseppe Antonio Camerino, Profilo critico
del Romanticismo italiano, Novara, Interlinea, 2009.
7 Basti qui ricordare Alberto Asor Rosa, Genus Italicum. Saggi sulla identit letteraria italiana nel corso
del tempo, Torino, Einaudi, 1997; Ezio Raimondi, Letteratura e identit nazionale, Milano, Edizioni Bruno
Mondadori, 1998; Carlo Ossola, A che cosa serve la letteratura, in Lettere Italiane, L, 1998, 4, pp. 473-484;
Letteratura e identit nazionale nel Novecento, a cura di R. Luperini e D. Brogi, Manni, San Cesario di Lecce,
2004; Giulio Ferroni, Prima lezione di letteratura italiana, Roma-Bari, Laterza, 2009; Francesco Sberlati, Filologia e identit nazionale.Una tradizione per lItalia unita (1840-1940), Palermo, Sellerio, 2011; e gli Atti dei convegni Lidentit nazionale nella cultura letteraria italiana (Lecce-Otranto, 20-22 settembre 1999), a cura di G.
Rizzo, Galatina (Lecce), Congedo Editore, 2001; Identit nazionale. Miti e paradigmi storiografici ottocenteschi
(Cavallino di Lecce, 28 ottobre 2003), a cura di A. Quondam e G. Rizzo, Roma, Bulzoni, 2005; Identit e diversit nella lingua e nella letteratura italiana (Lovanio, Louvain-la-Neuve, Anversa, Bruxelles, 16-19 luglio 2003),
Firenze, Franco Cesati Editore, 2007.
8 Giosu Carducci, Presso la tomba di Francesco Petrarca, discorso tenuto in Arqu il 18 luglio 1874, in
Discorsi letterari e storici (Edizione Nazionale delle Opere, 7), Bologna, Zanichelli, 1935, pp. 329-355: 346. Cfr.,
a margine, Stefano Jossa, LItalia letteraria, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 20.
9 Cfr. Giulio Bollati, Litaliano. Il carattere nazionale come storia e come invenzione, Torino, Einaudi,
1983.
10 Ezio Raimondi, Letteratura e identit nazionale cit., p. XVIII.
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na, posto che, stando allormai classica interpretazione di Chabod11, nella messa in
moto del processo risorgimentale le motivazioni volontaristiche hanno contato assai
pi delle matrici etniche, e che i sei fattori identitari elencati da Manzoni nel famoso
distico di Marzo 1821 (una darme, di lingua, daltare, / di memorie, di sangue e di
cor), tolto quello religioso, si devono intendere, in buona sostanza, non come un retaggio acquisito ma come una meta da raggiungere12. Comunque, bench il fervore
patriottico lo abbia indotto a enfatizzare forse pi del dovuto le somiglianze interregionali, Nievo ha avuto buon gioco a tessere, nelle Confessioni, una fitta trama di curiose analogie caratteriali, delineando per sommatoria un denominatore psicologico
nazionale, quasi un identikit del tipo italiano:
[] dal sommo allimo di questa povera Italia non siamo poi tanto diversi gli uni dagli altri come vorrebbero darci a credere. Anzi delle somiglianze ve nhanno di cos strambe che non si riscontrano in veruna altra nazione. Per esempio un contadino del Friuli ha tutta lavarizia, tutta la
cocciutaggine dun mercante genovese, e un gondolier veneziano tutto latticismo dun bellimbusto
fiorentino, e un sensale veronese e un barone di Napoli si somigliano nelle spacconate, come un
birro modenese e un prete romano nella furberia. Ufficiali piemontesi e letterati di Milano hanno
leguale sussiego, lugual fare di padronanza: acquaioli di Caserta e dottori bolognesi gareggiano
nelleloquenza, briganti calabresi e bersaglieri dAosta nel valore, lazzaroni napoletani e pescatori
chiozzotti nella pazienza e nella superstizione13.
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3. Considerazioni polemiche
Favorire la presa di coscienza della nostra identit nazionale sarebbe, gi da solo,
motivo bastante per riservare alle vicende e agli autori della letteratura italiana uninsindacabile centralit nel pi vasto panorama delle letterature straniere. Nel far posto
alle quali, bisognerebbe guardarsi, perci, dagli eccessi, che sono sempre nemici del
giusto e del vero. Non sono in discussione, ovviamente, i classici della letteratura
universale (Shakespeare, Cervantes, Goethe, Tolstoj, Proust ecc.), ma la smodata
esterofilia una forma di provincialismo non meno aberrante della vecchia prospettiva patriottico-risorgimentale, la cui ristrettezza di vedute aveva se non altro lattenuante di una nobile finalit politica. Noi siamo per indole degli insuperabili scialacquatori. Uno dei nostri peggiori vizi capitali la prodigalit. Quante nazioni, se potessero vantare anche solo un decimo del nostro patrimonio culturale, si coprirebbero il petto di medaglie. Noi no: noi siamo pronti a gettare alle ortiche quanto dovrebbe invece riempirci di legittimo orgoglio, per correre dietro, gli occhi pieni di meraviglia, a ogni sirena o clacson che giunga doltralpe o doltremare, purch parli unaltra lingua ed esibisca targa estera. A dispetto della vetust che lanagrafe ci riconosce, per essere gli eredi, o almeno i nipoti, di una civilt millenaria, siamo rimasti (o
tornati) inguaribilmente infantili. Perch siamo fatti cos? Forse proprio perch siamo troppo saturi di storia, per pascerci del nostro passato, sicch non sappiamo fare
di meglio che appiccare il fuoco allintera tradizione, sullesempio di Marinetti17, o
promuovere linnesto rivitalizzante di sangue barbarico nei suoi lombi infrolliti: si
pensi al Campana letzten Germanen in Italien o al mito americano di Vittorini18.
Non escluderei, peraltro, che secoli di signorie, di dominazioni straniere e di malgo16
Ivi, p. 3.
Sulliconoclastia futurista cfr. Sandro Briosi, Marinetti e il futurismo, Lecce, Milella, 1986; e Giusi Baldissone, Filippo Tommaso Marinetti, Milano, Mursia, 20092.
18 Sul primo cfr. Silvio Ramat, Il germano e la sua notte, in Dino Campana, Opere e contributi, a cura di
E. Falqui, Firenze, Vallecchi, 1973, t. 1, pp. 95-101. Sul secondo cfr. invece Dominique Fernandez, Il mito dellAmerica negli intellettuali italiani dal 1930 al 1950, Caltanissetta-Roma, Sciascia, 1969; Claudio Antonelli, Pavese, Vittorini e gli americanisti: il mito dellAmerica, Bagno a Ripoli (Firenze), Edarc Edizioni, 2008; Edoardo
Esposito, Maestri cercando: il giovane Vittorini e le letterature straniere, Milano, Cuem, 2009.
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verno abbiano a tal segno inibito in noi ogni sentimento di appartenenza, da indurci
a buttar via il bambino con lacqua sporca.
Spero di non essere frainteso: non sto proponendo la restaurazione di un modello
storiografico autarchico, a chiusura ermetica, che avrebbe il torto imperdonabile, per
tacere daltro, di fornire una ricostruzione parziale, monca, angusta, delle vicende
letterarie. Non si tratta, insomma, di alzare le barricate contro le letterature straniere,
ma di trovare, nellesposizione dei fatti e nellofferta dei testi, un sano punto di equilibrio. Sarebbe infatti ben curioso che, a fronte del clima di celebrazione delle glorie
nazionali che si respira ad apertura di pagina nei manuali scolastici di tanti altri Paesi, noi italiani si dovesse svendere o minimizzare il peso e la portata di un lascito letterario dinestimabile valore, che ci ha meritato la fama di terza civilt classica, dopo
quella greca e latina. Avendo provato i proclami deliranti e lepilogo catastrofico dello sciovinismo razziale, stato saggio correre prudentemente ai ripari con una campagna di vaccinazioni che ci preservasse da eventuali ricadute, ma dagli effetti verificatisi verrebbe da dire che la medicina stata somministrata in dosi da cavallo
Non basta, poi, strapparsi le vesti e gridare allo scandalo, quando gli stranieri ci
snobbano: si ricorder quanto clamore e quale vespaio di polemiche abbia sollevato
la pubblicazione, nel 1996, del Canone occidentale di Harold Bloom, dove degli autori italiani veniva incluso, per gentile concessione del critico americano, il solo Dante,
mentre di parecchie altre nostre stelle di assoluto splendore, come Tasso o Leopardi,
non si faceva neppure il nome19. Ma perch mai dovremmo sdegnarci, quando siamo
proprio noi i primi a marginalizzare la letteratura italiana, neanche fosse la Cenerentola di tutte le letterature? Questa, almeno, limpressione che non di rado si ricava
sfogliando i libri di testo ad uso dei trienni delle superiori, per effetto anche della disposizione degli argomenti, che non affatto ininfluente nella trasmissione di una
scala di valori. Lo si voglia o meno, nellillustrazione di una sequenza omogenea di
fatti letterari lordine dimpaginazione inevitabilmente si traduce, per applicazione
spontanea del principio logico del post hoc, propter hoc, in ordine gerarchico, determinando una classifica tanto elementare quanto manichea: ci che viene prima pi
innovativo e pi importante di ci ci che viene dopo. Nel momento in cui, allora,
come succede abbastanza di frequente, le nostre vicende letterarie vengono sistematicamente retrocesse in coda alla presentazione delle letterature straniere, fatale che
si generi lequivoco di una letteratura italiana arretrata e periferica, a rimorchio delle
19 Cfr. Harold Bloom, The Western Canon. The Books of the Ages [1994], trad. it. Il canone occidentale,
Milano, Bompiani, 1996; il cap. sulla Singolarit di Dante: Ulisse e Beatrice, pp. 67-93. Del vivace dibattito innescato in Italia dalla traduzione di questo libro, segnalo in particolare la ricca sezione monografica dedicata, appunto, al canone, in Allegoria, X, 29-30, 1998, pp. 5-102, che raccoglie importanti contributi di Romano Luperini, Christian Rivoletti, Hans Robert Jauss, Andrea Battistini, Remo Ceserani, Giulio Ferroni, Guido Guglielmi, Nicol Pasero, Cesare Segre; e inoltre Fausto Curi, Canone e anticanone, Bologna, Pendragon, 1997;
Daniela Marcheschi, Tradizione e tradizioni. Dissentire da Harold Bloom, in Poetiche, 1997, 4-5, pp. 101-109,
ora in Il sogno della letteratura. Luoghi, maestri, tradizioni, Roma, Gaffi, 2012, pp. 245-256; nonch, negli Atti
del convegno sul Canone letterario del Novecento italiano (Arcavacata, 11-13 novembre 1999), a cura di N. Merola, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2000, la relazione di Roberto Deidier su Canone della poesia, poesia della
durata, pp. 219-247, e soprattutto i Paradossi del canone di Franco Brioschi, pp. 153-168. Per un proficuo bilancio di quella discussione, cfr. Massimo Onofri, Il canone letterario, Roma-Bari, Laterza, 2001.
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4. Valori in campo
A fare le spese maggiori di questo declassamento della letteratura italiana sono,
come prevedibile, gli ultimi secoli, quando la nostra civilt perde la funzione di traino stabilmente esercitata, in regime di monopolio, fin dagli albori dellUmanesimo,
cessando di esportare i propri modelli culturali allEuropa delle corti. innegabile,
infatti, che a partire dal Seicento gli assi dirradiazione dei nuovi paradigmi letterari
si spostano altrove; non senza tuttavia alcune vistose eccezioni, in cui la letteratura
italiana ricupera una certa, non trascurabile, egemonia. Intanto, per non liquidare
con un semplice colpo di spugna il Seicento, non si dimentichi che, oltre alla commedia dellarte, anche il cavalier Marino trionfa a Parigi, mentre, un secolo dopo, tocca
a Metastasio conquistare Vienna. Ma anche in epoca pi recente lItalia letteraria
pu legittimamente rivendicare qualche diritto di primogenitura: spetta a Svevo, ad
esempio, il merito di aver inaugurato la letteratura mitteleuropea21, staccando di parecchio la generazione di Mann, di Musil, di Zweig, di Kafka, di Roth. Daltronde, a
lui fa capo anche quel romanzo analitico che innumerevoli allori mieter nel corso
del Novecento: e non, si badi, a decorrere dalla gi tarda Coscienza di Zeno, ma fin
da Una vita e Senilit, dando prova di aver perfettamente compreso, prima ancora
che Freud rendesse noti i primi risultati della sua decisiva scoperta, i meccanismi di
difesa dellio, nonch lesistenza e il linguaggio dellinconscio22. Allo stesso modo,
nessuno vorr strappare a Pirandello, altro autore di altissima levatura e di successo
internazionale, la palma di geniale patriarca del teatro contemporaneo, senza il cui
apporto sarebbe francamente difficile immaginare alcune tra le pi significative esperienze drammaturgiche novecentesche, da Artaud a Brecht a Beckett e Ionesco. E
anche in materia di avanguardie storiche, contro il pigro luogo comune che ci vede
sempre cronicamente in ritardo sullorologio della cultura europea, non si pu ignorare, date alla mano, che, prima del Cubismo, del Dadaismo, del Surrealismo o del20
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lEspressionismo, movimenti fioriti tutti sopra le Alpi, venuto il Futurismo di Marinetti, nato a Milano, bench tenuto a battesimo da un giornale parigino, e disseminato poi, rapidamente, in diverse parti del vecchio e del nuovo continente, con esiti
ragguardevoli segnatamente nella Russia rivoluzionaria di Majakovskij.
Se solo provassimo, inoltre, a fare senza pregiudizi qualche confronto tra i grandi autori della modernit letteraria, delineando un western canon meno parziale di
quello stabilito da Bloom, ci accorgeremmo facilmente che, tra i poeti romantici, il
nostro Leopardi non in alcun modo inferiore a Hlderlin, a Coleridge o a Lamartine, e che Manzoni, il pi europeo dei nostri scrittori ottocenteschi23, non ha nulla da
invidiare, sul piano del romanzo, a Stendhal, a Tolstoj o a Balzac. E se lautore dei
Promessi sposi spinge il romanzo storico a un livello di definizione incomparabilmente pi serio e rigoroso di quanto non comportasse la formula pittoresca di Walter
Scott, il Verga pi sperimentale quello, per intenderci, di Rosso Malpelo o dei Malavoglia fa altrettanto coi suoi maestri Flaubert e Zola, trasformando quello che era
soltanto un atteggiamento, ovvero limpassibilit dello scienziato, in vera e propria
tecnica narrativa, ovvero limpersonalit dello scrittore. Affermare, perci, che il
Verismo italiano sarebbe soltanto un fenomeno daccatto, di retroguardia culturale,
di assorbimento passivo di una moda doltralpe, perch si limitato ad addomesticare il Naturalismo francese in una cifra arcaica e regionale, non rende giustizia alleccezionale forza espressiva di un autore come Verga, che per primo ha saputo fare a
meno del narratore onnisciente.
E si potrebbe continuare almeno fino al Montale modernista, al Gadda enciclopedico e al Calvino combinatorio, che, a dispetto dello spread sfavorevole nelle
borse estere, non hanno nulla da invidiare ai loro rispettivi colleghi stranieri. Laberrazione visiva per cui la letteratura italiana giocherebbe un ruolo del tutto marginale
sulla scena occidentale, specialmente nellet contemporanea, va insomma corretta.
tempo, credo, di guarire dal complesso dinferiorit da cui molti di noi, senza motivo, sembrano affetti.
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si riferimento territoriale. Peraltro, la trasformazione stata solo parziale, col risultato che questi testi scolastici, se non sono pi etichettabili, a rigor di logica, come manuali di letteratura italiana, non si possono propriamente considerare nemmeno delle
storie e antologie della letteratura europea, o mondiale, o comparata che dir si voglia.
A tale proposito, non si pu non sottoscrivere la raccomandazione di Andrea
Battistini, quando afferma che giusto inserire nel canone italiano i grandi scrittori
dellOccidente, ma solo quelli, e comunque in un disegno di storia letteraria che
mantiene il suo cardine nellItalia. [] Di l da ogni storicismo si deve insomma
conservare lidentit delle proprie origini, e costituire un canone che da una parte
non sia chiuso, ma che dallaltra sia costruito in prospettiva italiana25. Personalmente, vedo un solo modo per conciliare le due opposte esigenze, integrando i classici
delle letterature straniere nel canone italiano, senza snaturarlo e senza spostarne il
baricentro: introdurre gli autori del western canon allinterno delle vicende italiane,
trattandoli in correlazione con esse. Detto altrimenti, la quadratura del cerchio, o almeno lunica soluzione organica, didatticamente efficace e storicamente fondata, del
problema mi pare possa essere lassunzione dei grandi capolavori della Weltliteratur
nel panorama nazionale a partire dalla loro concreta ricezione26 e metabolizzazione
nella nostra letteratura, secondo i tempi, le circostanze e i limiti dellassimilazione, di
cui si discorreva allinizio. Lincidenza di una determinata opera o di un determinato
autore estero sulla letteratura italiana costituirebbe, oltre tutto, un eccellente criterio
di selezione dei candidati, perch obiettivamente possono essere reputati canonici
solo quei testi e quegli autori che vengono presi a modello, generando una tradizione
di testi e una scuola di imitatori. In questo modo, mentre verrebbe pienamente garantita la centralit della prospettiva italiana, si potrebbe dar conto dei suoi traguardi e dei suoi sviluppi anche in rapporto ai fecondi contatti stabiliti con opere ed
esperienze letterarie doltreconfine e ai riconoscibili influssi da queste esercitati;
avendo cos lopportunit, fra laltro, di restituire della storia letteraria unimmagine
pi mossa e veritiera, pi complessa, intrecciata, vitale.
La prospettiva italiana della ricezione comporta, naturalmente, che gli autori
stranieri vengano chiamati in causa a tempo debito, cio quando effettivamente penetrano in Italia e vi guadagnano un prestigio canonico, e in ordine alla chiave di
lettura secondo cui vengono recepiti ed elevati a paradigmi. Ci impone, in alcune
nella manualistica letteraria, nel vol. collettaneo Il Novecento a scuola, a cura di G. Langella, Pisa, Edizioni ETS,
2011, pp. 63-64.
25 Andrea Battistini, Il canone in Italia e fuori dItalia, in Allegoria, X, 29-30, 1998, p. 56. Analogamente, in un successivo intervento, pur guardando con relativo favore alla prospettiva comparatistica, ha ribadito il
pensiero: Deve per essere chiaro che la letteratura comparata va comunque centrata sulla lingua e sulla cultura del paese in cui la materia viene insegnata, in modo che non si perdano mai di vista la fisionomia e si direbbe
la personalit di una cultura nazionale, anche se questa non va pensata in funzione di chiusura ma di apertura
alla multiculturalit: Idem, Canoni e storie della letteratura nellet della globalizzazione, in Critica Letteraria, XXXIV, 133, 2006, p. 726.
26 Si usa il termine nellaccezione, in particolare, che gli ha dato Hans Robert Jauss in saggi quali Estetica
della ricezione, a cura di A. Giugliano, introduzione di A. Mattei, Napoli, Guida, 1988; o Estetica e interpretazione letteraria: il testo poetico nel mutamento dorizzonte della comprensione, a cura di C. Gentili, Genova, Marietti, 1990. Per un inquadramento complessivo delle questioni relative al rapporto tra opere e lettori si rimanda
ad Alberto Cadioli, La ricezione, Roma-Bari, Laterza, 1998.
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