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Universit della terza et Montebelluna

Anno accademico 2011-12

ITALIA COLONIALE

3. Il colonialismo di Giolitti
Gianpier Nicoletti
Il testo di questo lezioni disponibile sotto forma di registrazione vocale
presso la nostra Segreteria

Tripoli, bel suol damore

La Libia agli inizi del


900 era un territorio
vasto e povero
(800.000 abitanti);
provincia dellImpero
Ottomano.

Vi era uneconomia di
sussistenza
(allevamento) con
poche oasi.
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Si trattava dellunico territorio che si affacciava sul


Mediterraneo ancora libero da interessi occidentali.

Nel 1905 il Banco di Roma


(una banca legata al
Vaticano) inizi una
penetrazione economica che
diede scarsi frutti (anche
per le incapacit dei
banchieri italiani).

Loccupazione della Libia ebbe tantissimi sostenitori (a


differenza di quanto era accaduto 15 anni prima per il Corno
dAfrica).
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Le destre chiedevano una politica di potenza e di prestigio.


Ma anche una componente della sinistra riformista si
allineava a questa prospettiva.
Lindustria pesante e degli armamento contava di fare affari.
La Corte.
Lesercito e la marina.
La borghesia.
La stampa.
Molti intellettuali.

La stampa si mobilit in blocco a


favore dellimpresa.

La prospettiva era anche la


costituzione di un blocco sacro
in funzione antisocialista.

Il deputato De Marinis assicurava che la Tripolitania ha


importanti miniere di zolfo.
Gualtiero Castellini affermava:
La Cirenaica, lantica Pentapoli, la terra di Apollonia, di Tolemaide, di
Berenice [] tutta un florido altipiano, nominato in alcuni punti la
montagna verde [...] la Cirenaica un piccolo Eden. Risalendo agli
antichi mi caro ricordare che Erodoto avvertiva che ben tre stagioni
feconde allietassero annualmente quella terra [...]
La ricchezza della flora fantastica [...] Laltipiano della
Cirenaica, lantico orto delle Esperidi, un solo frutteto.
Lindustria mineraria non tenuta in conto; soltanto le saline, male
lavorate, fruttano al Governo quasi un milione di franchi. Eppure
miniere di zolfo, di fosfati, di minerali preziosi e perfino di
diamanti si potrebbero esplorare nellinterno della regione, e facile
sarebbe la raccolta della gomma ...
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Giuseppe Bevione scrive:

Loasi attorno a Tripoli vi ha creato ville


e giardini, e ne ha fatto un piccolo
paradiso. la Mescilia. Da dieci giorni io
la vado battendo a piedi, in carrozza, a
dorso dasino, a cavallo. La conosco ora
palmo a palmo, in tutte le piaghe verdi e
fonte del manto principesco che la
ricopre. La palma da datteri lalbero
padre della floridezza nordafricana. La
sua ombra copiosa permette al cereale di
nascere e fruttificare. Loasi di Tripoli,
dicono, possiede due milioni di palme.
Non so se la cifra sia esatta.
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Soltanto voci sporadiche


cercano di dare delle
informazioni veritiere.
Tra questi Giuseppe
Prezzolini che render
pubblica linchiesta della Jewish
Territorial Organisation, diretta
dal geologo inglese Gregory,
che giunger alla conclusione
che qualsiasi iniziativa
economica si sarebbe scontrata
con le scarse risorse del luogo.
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Gaetano Salvemini scriver:

Lo storico, il quale in avvenire vorr ricostruire questo torbido


periodo della nostra vita nazionale, dovr giudicare che la cultura
italiana nel primo decennio del secolo XX doveva essere caduta assai in
basso, se fu possibile ai grandi giornali quotidiani e ai giornalisti, che
pur andavano per la maggiore, far credere allintero Paese tutte le
grossolane sciocchezze con cui limpresa libica stata giustificata e
provocata. Non esistevano, dunque, in Italia studiosi seri e
coscienziosi? Cosa facevano gli insegnanti universitari di geografia, di
storia, di letterature straniere, di diritto internazionale, di cose
orientali? Credettero anchessi alle frottole dei giornali?
E se non ci credettero, perch lasciarono che il Paese fosse
ingannato? Oppure considerarono la faccenda come del tutto
indifferente per la loro olimpica serenit? La risposta a queste domande
non potr essere molto lusinghiera per la nostra generazione .
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Anche gli intellettuali si muovono


Matilde Serao scrive Evviva
la guerra (maggio 1912).
Giovanni Pascoli il 21novembre
del 1911 a Barga tiene un celebre
discorso: La grande proletaria si
mossa.
La grande Proletaria si mossa.
Prima ella mandava altrove i suoi lavoratori che in patria erano
troppi e dovevano lavorare per troppo poco. Li mandava oltre le Alpi e
oltre mare a tagliare istmi, a forare monti, ad alzar terrapieni, a gettar
moli, a scavar carbone, a scentar selve, a dissodare campi, a iniziare
culture, a erigere edifizi [], e a pulire scarpe al canto della strada...
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Ora l'Italia, la grande martire delle nazioni, dopo soli cinquant'anni


ch'ella rivive, si presentata al suo dovere di contribuire per la sua parte
all'aumento e incivilimento dei popoli; al suo diritto di non
essere soffocata e bloccata nei suoi mari; al suo materno ufficio di
provvedere ai suoi figli volonterosi quel che sol vogliono, lavoro; al suo
solenne impegno coi secoli augusti delle sue due Istorie, di non esser da
meno nella sua terza Era di quel che fosse nelle due prime [].
Tutto sembrato cos agevole, senza urto e senza attrito di sorta!
Una lunghissima costa era in pochi giorni, nei suoi punti principali,
saldamente occupata. Due eserciti vi campeggiano in armi.
Oh Tripoli, oh Berenike, oh Leptis Magna (non hanno diritto di

porre il nome quelli che hanno disertato o distrutta la


casa!), voi rivedete, dopo tanti secoli, i coloni dorici e le legioni romane!
Guardate in alto: vi sono anche le aquile!
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[] eccolo mettere per primo in azione tutte le moderne


invenzioni e scoperte, le immense navi, i mostruosi cannoni, le
mine e i siluri, la breve vanga delle trincee, e il tuo invisibile spirito,
o Guglielmo Marconi, che scrive coi guizzi del fulmine; tutti i portati
della nuova scienza e tutto il suo antico eroismo; e coi suoi soldatini
[]
Ma non sono le grandi strade, che fanno altrui: essi aprono la via
alla marcia trionfale e redentrice d'Italia. []
Che dico eroi?

Proletari, lavoratori, contadini.


Il popolo che l'Italia risorgente non trov sempre pronto al suo
appello, al suo invito, al suo comando, l.
Oh cinquant'anni del miracolo!
Quale e quanta trasformazione!
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[] Ebbene, in cinquant'anni l'Italia aveva rifoggiato saldamente,


duramente, il suo destino.
Chi vuol conoscere quale ora ella , guardi la sua armata e il suo
esercito. Li guardi ora in azione. Terra, mare, e cielo, alpi e pianure,
penisola e isole, settentrione e mezzogiorno, vi sono perfettamente
fusi. Il roseo e grave alpino combatte vicino al bruno e snello siciliano,

l'alto granatiere lombardo s'affratella col piccolo e


adusto fuciliere sardo; i bersaglieri (chi vorr assegnare ai
bersaglieri, fiore della giovent panitalica, una particolare origine?),
gli artiglieri della nostra madre terra piemontese dividono i rischi e le
guardie coi marinai di Genova e di Venezia, di Napoli e di Ancona, di
Livorno, di Viareggio, di Bari. Scorrete le liste dei morti gloriosi, dei
feriti felici della loro luminosa ferita: voi avrete agio di
ricordare e ripassare la geografia di questa che appunto era, tempo
fa, una espressione geografica.
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E vi sono le classi e le categorie anche l: ma la lotta non v', o


lotta a chi giunge prima allo stendardo nemico, a chi prima lo afferra,
a chi prima muore. A questo modo il popolo lotta con la nobilt e con la
borghesia. Cos l muore, in questa lotta, l'artigiano e il campagnolo
vicino al conte, al marchese, al duca.
Non si chiami questa retorica. Invero n l esistono classi n qua.
[] guerra non offensiva ma difensiva. Noi difendiamo gli
uomini e il loro diritto di alimentarsi e vestirsi coi prodotti della terra da
loro lavorata, contro esseri che parte della terra necessaria al genere
umano tutto, sequestrano per s e corrono per loro, senza coltivarla,
togliendo pane, cibi, vestiti, case, all'intera collettivit che ne
abbisogna. A questa terra, cos indegnamente sottratta al mondo [].
Ci torniamo. In faccia a noi questo un nostro diritto, in cospetto
a voi era ed un dovere nostro.
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Ci sono anche gli


oppositori, ma isolati e
privi di strumenti per
influenzare lopinione
pubblica.
Il muratore Augusto
Masetti, richiamato
nellottobre 1911, spara ad
un colonnello gridando
viva lanarchia.
Viene dichiarato pazzo e
internato in un manicomio.
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La conquista
Il 26 novembre 1911 il governo
Giolitti indirizz un ultimatum alla
Turchia.
Nei giorni seguenti le truppe italiane
(35.000 uomini, successivamente
aumentate a 100.000) sbarcarono a
Tripoli, Tobruk, Derna, Bengasi e
Homs.
La popolazione araba si schier
contro gli italiani, bloccando
lavanzata sulla costa.

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5 novembre 1911: annessione


unilaterale della Libia.
Occupazione del Dodecaneso e
blocco del commercio turco.
Accelerazione della crisi della
Turchia.
Autunno 1912: guerra balcanica.

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Le guerre
balcaniche
(1912-13)

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In Italia il clima
sinfiamma.
Gea Della Garisenda
canta A Tripoli (Tripoli
bel suol damore).

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A Tripoli
Testo di Giovanni Corvetto, musica di
Colombino Arona
Sai dove sannida pi florido il
suol ?
Sai dove sorride pi magico il sol ?
Sul mar che ci lega con lAfrica dor,
la stella dItalia ci addita un tesor.
Ci addita un tesor!

A te, marinaro, sia londa sentier.


Sia guida Fortuna per te,
bersaglier.
V e spera, soldato, vittoria col,
hai teco lItalia che gridati:V!

Tripoli, bel suol damore, ti giunga


dolce questa mia canzon!
Sventoli il tricolore sulle tue torri al
rombo del cannon!
Naviga, o corazzata:
benigno il vento e dolce la
stagion.
Tripoli, terra incantata,
sarai italiana al rombo del cannon!

Tripoli, bel suol damore,


ti giunga dolce questa mia canzon!
Sventoli il tricolore
sulle tue torri al rombo del
cannon!
Naviga, o corazzata:
benigno il vento e dolce la
stagion.
Tripoli, terra incantata,
sarai italiana al rombo del cannon!
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Al vento africano che Tripoli assal


gi squillan le trombe,
la marcia real.
A Tripoli i turchi non regnano pi:
gi il nostro vessillo issato lass
Tripoli, bel suol damore,
ti giunga dolce questa mia canzon!
Sventoli il tricolore
sulle tue torri al rombo del cannon!
Naviga, o corazzata:
benigno il vento e dolce la stagion.
Tripoli, terra incantata,
sarai italiana al rombo del
cannon!
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Il 18 ottobre 1912 si
firma della pace a Ouchy
(Svizzera). Ministro
plenipotenziario Pietro
Bertolini.

Fu creato un ministero delle colonie.


Il territorio fu suddiviso in due province (Tripolitania e
Cirenaica).
Ma la Libia interessava sempre meno allopinione pubblica
italiana
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A luglio 1915 loccupazione italiana si ridusse alla citt di


Tripoli e Homs. A presidiarle vi era 50.000 soldati.
Negli ultimi otto mesi gli occupanti avevano avuto 3.500 caduti
(2.500 italiani e 1.000 ascari), 1.500 prigionieri; avevano perso
37 cannoni e 9.000 fucili.
Le dimensioni del disastro furono tenuti nascosti alla
popolazione.
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Durante la Grande guerra


lesercito italiano rimase sulla
difensiva.
In Cirenaica si strinsero
accordi con la Senussia, un
movimento che propugnava il
risveglio religioso fondato nella
prima met dell800 da
Mohammed ben Al.
Nel 1916 la direzione del
movimento fu assunta da
Mohammad Idris (sovrano
dal 1951 al 1969).
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Nellaprile del 1917 Idris


sottoscrisse con lItalia
il patto di Acroma che
spartiva la Cirenaica in
zone dinfluenza.
Nel 1920 fu riconosciuto
a Idris il titolo di Emiro
dei Senussi e rango di
Sovrano lasciandogli
lamministrazione
dellinterno.

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In Tripolitania, pi ricca e popolata,


non vi fu la penetrazione della Senussia.
Le trib arabe era attraversate da
rivalit.
Nel giugno 1919 fu concesso uno statuto
relativamente liberale che concedeva
larghe autonomie.
Ma agli inizi del 1922 si ritorna ad una
politica di forza. Protagonista di questa
fase fu il conte Giuseppe Volpi
(governatore della Tripolitania dal 1921
al 25).
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Tra il 1922-23 fu attuata la


riconquista della
Tripolitania.
Furono utilizzate
prevalentemente battaglioni di
ascari libici ed eritrei.
Il processo di colonizzazione fu avviato in maniera pi decisa: 1)
eliminazione della classe dirigente araba; 2) colonizzazione
agraria, opere pubbliche.
Lavvento del fascismo diede continuit di mezzi e di uomini.
Tra il 1923 e il 25 fu esteso il controllo alla fascia predesertica.
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Le trib della Tripolitania


meridionale rimasero in armi.
La repressione fu condotta dal
generale Rodolfo Graziani
che organizz reparti mobili
motorizzati e gruppi di
sahariani dotati di cammelli
sostenuti dallaviazione.
Tra il 1928 e il 30 furono
conquistate la Sirtica, la
Ghibla, il Fezzan.

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In Cirenaica, a partire dal


1923, il regime fascista ripudi
la politica di compromesso con
la Senussia.
La guerriglia anticoloniale fu
guidata da Omar el Muktar in
modo efficace, valendosi delle
possibilit offerte dal territorio
e dallappoggio della
popolazione.
Dopo una serie di insuccessi,
nel 1930, il comando fu
affidato a Graziani.
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Per sconfiggere la resistenza fu


attuata una dura repressione.
Nellestate del 1930 tutta la
popolazione del Gebel fu
deportata per due anni in campi
di concentramento lungo la
costa.
Tutto il bestiame fu massacrato.
Per impedire il contrabbando con lEgitto fu costruito un
reticolato lungo il confine (270 km).
Laviazione mitragliava tutto quello che si muoveva nel deserto
del Gebel.
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Nel 1931 el
Muktar fu
catturato, processato
e condannato
allimpiccagione.
Nel 1932 Badoglio
poteva dichiarare che
la ribellione era
completamente e
definitivamente
stroncata.

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Abitanti della Cirenaica:


nel 1928 225.000;
Censimento del 1931:
142.000 compresi gli
italiani e i nuovi
immigrati.

Tenendo conto di quanti fuggirono verso l'Egitto (10-15.000


persone) e del tasso di incremento demografico, il genocidio
fascista dovuto alla repressione sarebbe di circa 45-50.000
persone (forse 70.000 secondo altri dati).
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Coloni sbarcati in Libia (1937)

Nel 1922 tutta la terra non cintata fu rivendicata dal demanio.


Tra il 1922 e il 1930 furono confiscati 200.000 ha di terreno.
Il terreno fu assegnato a grandi lotti (a prezzi simbolici) a
imprenditori.
Nel 1937 erano stati assegnati 188.000 ha (il 63% a sole 43
aziende di oltre mille ha).
Le aziende sotto i 20 ha erano 403 (avevano il 2% della terra
assegnata).
Furono impiegati 4.200 lavoratori italiani (solo in parte
contadini).

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Un film: Il leone del deserto


(1981)

Regia di Mustafa Akkad


Con Anthony Quinn, Oliver Reed, Rod
Steiger, Irene Papas, Raf Vallone,
Gastone Moschin.

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Un bilancio finale

Nel 1936 vi erano 115.000 italiani, 66.300


residenti (il resto erano militari).
Nel 1938 erano iscritti alle scuole elementari
12.100 italiani e 27.800 arabi; alle scuole
secondarie 2.937 italiani e 57 libici.
Nel 1947 cerano in Libia 16 laureati.

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