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GIOVANNI PASCOLI da La grande proletaria si e mossa

Il nazionalismo pascoliano
Il discorso (di cui riportiamo una buona parte) fu pronunciato nel teatro di Barga il 26 novembre 1911, per celebrare la guerra di conquista coloniale della Libia.

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La grande Proletaria1 si mossa.


Prima ella mandava altrove i suoi lavoratori che in Patria erano troppi e dovevano lavorare per
troppo poco. Li mandava oltre alpi e oltre mare a tagliare istmi, a forare monti, ad alzar terrapieni, a
gettar moli, a scavar carbone, a scentar2 selve, a dissodare campi, a iniziare culture, a erigere edifizi,
ad animare officine, a raccoglier sale, a scalpellar pietre; a fare tutto ci che pi difficile e faticoso, e
tutto ci che pi umile e perci pi difficile ancora: ad aprire vie nellinaccessibile, a costruire citt
dove era la selva vergine, a piantar pometi, agrumeti, vigneti dove era il deserto; e a pulire scarpe al
canto della strada.
Il mondo li aveva presi a opra3 i lavoratori dItalia; e pi ne aveva bisogno, meno mostrava di averne, e li pagava poco e li trattava male e li stranomava4. Diceva: Carcamanos! Gringos! Cincali!
Degos5!
Erano diventati un po come i negri, in America, questi connazionali di colui che la scopr; e come i
negri, ogni tanto erano messi fuori della legge e della umanit, e si linciavano.
Lontani o vicini alla loro Patria, alla Patria loro nobilissima su tutte le altre, che aveva dato i pi
potenti conquistatori, i pi sapienti civilizzatori, i pi profondi pensatori, i pi ispirati poeti, i pi meravigliosi artisti, i pi benefici indagatori, scopritori, inventori, del mondo, lontani o vicini che fossero, queste opre6 erano costrette a mutar patria, a rinnegare la nazione, a non essere pi dItalia.
Era una vergogna e un rischio farsi sentire a dir S, come Dante, a dir Terra, come Colombo, a dir
Avanti!, come Garibaldi.
Si diceva: Dante? Ma voi siete un popolo danalfabeti! Colombo? Ma la vostra lonorata societ
della camorra e della mano nera! Garibaldi? Ma il vostro esercito s fatto vincere e annientare da Africani scalzi! Viva Menelik7!
I miracoli del nostro Risorgimento non erano pi ricordati, o, appunto, ricordati come miracoli, di
fortuna e dastuzia. Non erano pi i vincitori di San Martino e di Calatafimi8, glItaliani: erano i vinti di Abba-Garima9. Non avevano essi mai impugnato il fucile, puntata la lancia, rotata la sciabola:
non sapevano maneggiare che il coltello.
Cos queste opre tornavano in Patria poveri come prima o peggio contenti di prima, o si perdevano
oscuramente nei gorghi delle altre nazionalit10.
Ma la grande Proletaria ha trovato luogo per loro: una vasta regione11 bagnata dal nostro mare,
verso la quale guardano, come sentinelle avanzate, piccole isole nostre; verso la quale si protende impaziente la nostra isola grande; una vasta regione che gi per opera dei nostri progenitori12 fu abbondevole dacque e di messi, e verdeggiante dalberi e giardini; e ora, da un pezzo, per linerzia di popolazioni nomadi13 e neghittose, per gran parte un deserto.
L i lavoratori saranno, non lopre, mal pagate mal pregiate mal nomate, degli stranieri, ma, nel
senso pi alto e forte delle parole, agricoltori sul suo, sul terreno della Patria; non dovranno, il nome
della Patria, a forza, abiurarlo, ma apriranno vie, colteranno terre, deriveranno acque, costruiranno

1. grande Proletaria: lItalia, nazione


proletaria di fronte alle altre nazioni pi ricche.
2. scentar: abbattere.
3. a opra: li aveva assunti a lavorare a giornata.
4. stranomava: affibbiava loro soprannomi
ingiuriosi.
5. Carcamanos ... Degos: sono gli epiteti
ingiuriosi con cui venivano chiamati gli immigrati italiani in Argentina o negli Stati Uniti.
6. opre: lavoratori a giornata.
7. Menelik: il negus dEtiopia che sconfisse

Giovanni Pascoli

gli italiani ad Adua, nel 1896, fermando la loro espansione coloniale in Africa.
8. San Martino ... Calatafimi: a San Martino, nel 1859, durante la seconda guerra di
indipendenza, lesercito sabaudo sconfisse gli
Austriaci; a Calatafimi Garibaldi vinse invece
le truppe borboniche durante limpresa dei
Mille (1860).
9. Abba-Garima: altura presso Adua, dove
lesercito italiano fu sconfitto dagli Etiopi.
10. si perdevano ... nazionalit: perdevano la loro identit nazionale, facendosi assimilare dagli altri popoli presso cui erano emi-

grati.
11. vasta regione: la Libia.
12. per opera ... progenitori: la Libia era
provincia romana (e prima ancora era stata colonia greca).
13. popolazioni nomadi: gli Arabi, nomadi del deserto. Si noti latteggiamento
sprezzante e velatamente razzista di Pascoli
verso la popolazione della Libia, ritenuta inferiore, e perci meritevole di essere spossessata dei propri territori dalla potenza coloniale
pi progredita.

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case, faranno porti, sempre vedendo in alto agitato dallimmenso palpito del mare nostro il nostro tricolore.
E non saranno rifiutati, come merce avariata, al primo approdo; e non saranno espulsi, come masnadieri, alla prima loro protesta; e non saranno, al primo fallo dun di loro, braccheggiati14 inseguiti
accoppati tutti, come bestie feroci.
Veglieranno su loro le leggi alle quali diedero il loro voto. Vivranno liberi e sereni su quella terra
che sar una continuazione della terra nativa, con frapposto la strada vicinale15 del mare. Troveranno, come in Patria, a ogni tratto le vestigia dei grandi antenati.
Anche l Roma.
E Rumi16 saranno chiamati. Il che sia augurio buono e promessa certa. S: Romani. S: fare e soffrire da forti17. E sopra tutto ai popoli che non usano se non la forza, imporre, come non si pu fare altrimenti, mediante la guerra, la pace.
Ma che? Il mondo guarda attonito o nasconde sotto il ghigno beffardo la sua meraviglia. La Nazione proletaria, la nostra fornitrice di braccia a prezzi ridotti, non aveva se non il piccone, la vanga e
la carriola. Queste le sue arti, queste le armi sue: le armi, per lo meno, che sole sa maneggiare, oltre
il coltello col quale partisce il pane e si fa ragione sulle risse. Si diceva bens che era una potenza; e in
vero aveva avuto un cotal risveglio che ella chiama Risorgimento. Qual Risorgimento? Dalla vittoria
dun benefico popolo alleato aveva ottenuto Milano; da quella dun altro, Venezia18. In un momento che
questi due alleati si battevano fieramente tra loro, ella aveva ghermito Roma19. Cos la nazione era
risorta. E risorta, volendo dar prova di s, era stata vinta da popoli neri e semineri. E ora...
Ecco quel che accaduto or ora e accade ora.
Ora lItalia, la grande martire delle nazioni, dopo soli cinquantanni chella rivive, si presentata
al suo dovere di contribuire per la sua parte allumanamento e incivilimento dei popoli; al suo diritto
di non essere soffocata e bloccata nei suoi mari; al suo materno ufficio di provvedere ai suoi figli volonterosi quel che sol vogliono, lavoro; al suo solenne impegno coi secoli augusti delle sue due Istorie20,
di non esser da meno nella sua terza ra di quel che fosse nelle due prime; si presentata possente e
serena, pronta e rapida, umana e forte, per mare, per terra e per cielo.
Nessunaltra nazione, delle pi ricche, delle pi grandi, mai riuscita a compiere un simile sforzo.
Che dico sforzo? Tutto sembrato cos agevole, senza urto e senza attrito di sorta! Una lunghissima
costa era in pochi giorni, nei suoi punti principali, saldamente occupata. Due eserciti vi campeggiano
in armi. O Tripoli, o Berenike, o Leptis Magna (non hanno il diritto di porre il nome quelli che hanno
disertato o distrutta la casa! 21), voi rivedete, dopo tanti secoli, i coloni dorici e le legioni romane!
Guardate in alto: vi sono anche le aquile!22 [...]
Quale e quanta trasformazione! Giova ripeterlo: cinquantanni fa lItalia non aveva scuole, non aveva vie, non aveva industrie, non aveva commerci, non aveva coscienza di s, non aveva ricordo del passato, non aveva, non dico speranza, ma desiderio dellavvenire. In cinquantanni parso che altro non
si facesse se non errori e anche delitti; non si cominciasse se non a far sempre male e non si finisse se
non col non far mai nulla. La critica era feroce e interminabile e insaziabile. Era forse un desiderio
impaziente che la animava.
Ebbene, in cinquantanni lItalia aveva rifoggiato saldamente, duramente, immortalmente, il suo
destino.
Chi vuol conoscere quale ora ella , guardi la sua armata e il suo esercito. Li guardi ora in azione.
Terra, mare e cielo, alpi e pianure, penisola e isole, settentrione e mezzogiorno, vi sono perfettamente fusi. Il roseo e grave alpino combatte vicino al bruno e snello siciliano, lalto granatiere lombardo
saffratella col piccolo e adusto23 fuciliere sardo; i bersaglieri (chi vorr assegnare ai bersaglieri, fiore

14. braccheggiati: braccati.


15. strada vicinale: il mare sar tra la madre patria e la colonia come la strada vicinale
che in campagna collega due poderi vicini.
16. Rumi: cio Romani.
17. fare ... forti: era uno dei princpi fondamentali della virtus romana: agire e subire
da forti.
18. Dalla vittoria ... Venezia: allude allaiuto dei Francesi durante la seconda guer-

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ra dindipendenza e allalleanza con la Prussia


durante la terza.
19. In un momento ... Roma: Roma era
stata conquistata nel 1870, approfittando della guerra franco-prussiana.
20. secoli ... Istorie: le due epoche di grandezza dellItalia, quella di Roma antica e quella dei Comuni.
21. O Tripoli ... casa!: chiama le citt libiche conquistate con gli antichi nomi greci e

romani, perch gli Arabi, che hanno distrutta


e resa desertica quella regione, non hanno secondo lui il diritto di imporre i loro nomi.
22. le aquile!: gli aeroplani, che dallItalia
furono impiegati per la prima volta a scopi bellici proprio nella guerra di Libia; ma vi unallusione anche alle aquile che erano le insegne
delle legioni romane.
23. adusto: bruciato dal sole.

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della giovent panitalica24, una particolare origine?), gli artiglieri della nostra madre terra piemontese dividono i rischi e le guardie coi marinai di Genova e di Venezia, di Napoli e dAncona, di Livorno di Viareggio di Bari. Scorrete le liste dei morti gloriosi, dei feriti felici della loro luminosa ferita: voi
avrete agio di ricordare e ripassare la geografia di questa che appunto era, tempo fa, una espressione
geografica25.
E vi sono le classi26 e le categorie anche l: ma la lotta non v, o lotta a chi giunge prima allo stendardo nemico, a chi prima lo afferra, a chi prima muore. A questo modo l il popolo lotta con la nobilt e la borghesia. Cos l muore, in questa lotta, lartigiano e il campagnolo vicino al conte, al marchese, al duca.
Non si chiami, questa, retorica. In vero n l esistono classi n qua. Ci che perennemente e continuamente si muta, non 27. La classe che non per un minuto solo composta dei medesimi elementi,
la classe in cui, con eterna vicenda, si pu entrare e se ne pu uscire, non mai sostanzialmente diversa da unaltra classe. Qual lotta dunque pu essere che non sia contro se stessa?
E lottiamo, dunque, bens; ma sia la nostra lotta come quella che si vede l, della nostra Patria, per
cos dire, scelta, della nostra Patria, che vorrei dire in piccolo28, se non dovessi aggiungere: no: in grande! Lotta demulazione tra fratelli, ufficiali o soldati, a chi pi ami la madre comune, che ne li rimerita con uguali gradi, premi, onori, e li avvolge morti nello stesso tricolore.
O voi che siete la pi grande, la pi bella, la pi benefica scuola che abbia avuta nel cinquantennio
lItalia, armata ed esercito nostri!
Dicono che in codesta scuola sinsegna a oziare! E no: sinsegna a vigilar sempre. Sinsegna a godere! E no: sinsegna a patire. Sinsegna a essere crudeli! A ogni incendio, a ogni inondazione, a ogni terremoto, a ogni peste, accorrono questi crudeli a fare da pompieri, da navicellai, da suore di carit, da
governanti, da infermieri, da becchini. Sinsegna a uccidere! Sinsegna a morire.
Questa la scuola che, oltre aver distribuito tanto alfabeto, ci ammaestra esemplarmente nellumano
esercizio del diritto e nelleroico adempimento del dovere. Essa risponde ora a quelli che confondono
laspirazione alla pace con la rassegnazione alla barbarie e alla servit.
Noi dicono quei nostri maestri che siamo lItalia in armi, lItalia al rischio, lItalia in guerra, combattiamo e spargiamo sangue, e in prima il nostro, non per disertare29 ma per coltivare, non per inselvatichire e corrompere ma per umanare e incivilire, non per asservire ma per liberare. Il fatto nostro non quello dei Turchi30. La nostra dunque, checch appaiano i nostri atti singoli di strategia e
di tattica, guerra non offensiva ma difensiva. Noi difendiamo gli uomini e il loro diritto di alimentarsi e vestirsi coi prodotti della terra da loro lavorata, contro esseri che parte della terra necessaria al
genere umano tutto, sequestrano per s e corrono per loro, senza coltivarla, togliendo pane, cibi, vesti,
case, allintera collettivit che ne abbisogna. A questa terra, cos indegnamente sottratta al mondo,
noi siamo vicini; ci fummo gi; vi lasciammo segni che nemmeno i Berberi, i Beduini e i Turchi riuscirono a cancellare; segni della nostra umanit e civilt, segni che noi appunto non siamo Berberi,
Beduini e Turchi. Ci torniamo. In faccia a noi questo un nostro diritto, in cospetto a voi era ed un
dovere nostro.
Cos risponde lItalia guerreggiante ai fautori dei pacifici Turchi e della loro benefica scimitarra;
degli umani31 Beduini-Arabi che non usano violare e mutilare soltanto cadaveri; degli industriosi razziatori di negri e mercanti di schiavi.
G. Pascoli, Prose, Mondadori, Milano 1946

24. panitalica: di tutta lItalia, non di una


particolare regione, come era proprio di altre
truppe.
25. espressione geografica: la famosa
definizione che Metternich diede dellItalia:
non una nazione ma unespressione geografica.
26. vi sono le classi: anche nellesercito vi

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sono le classi, vi sono nobili, borghesi e popolani, ma non sono in conflitto fra loro, cooperano tutte per lo stesso fine; vi pu essere
solo emulazione nel compiere eroicamente il
proprio dovere.
27. Ci che ... non : Pascoli afferma che
non si pu propriamente parlare di classi, l
dove vi continua possibilit di passaggio dal-

luna allaltra, dove non vi sono barriere fisse


e invalicabili.
28. della nostra ... piccolo: la Libia.
29. disertare: rendere desertico.
30. Turchi: la Libia era dominio dellImpero
ottomano.
31. pacifici ... benefica ... umani: sono
usati in senso sarcastico.

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ANALISI DEL TESTO

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Nazioni capitaliste
e proletarie

Pascoli, lemigrazione
e il nido

La giustificazione
della guerra colonialista

La propriet, base
della dignit individuale

Lonore della nazione

Giovanni Pascoli

Pascoli e lideologia nazionalista


Il discorso si incentra intorno ad un concetto che in quegli anni era caro ai nazionalisti: vi sono
nazioni potenti e ricche, che opprimono le altre, e nazioni proletarie e povere, che sono da esse
schiacciate e sfruttate. Queste nazioni proletarie hanno il diritto di lottare contro le grandi potenze, per ottenere soddisfazione ai loro legittimi bisogni. un concetto ricavato da quello marxista di lotta di classe, ma trasferito dalle classi sociali alle nazioni. I nazionalisti erano esacerbati
soprattutto dal fenomeno dellemigrazione dei lavoratori italiani verso nazioni pi avanzate e prospere, la Francia, gli Stati Uniti, lArgentina. Vi vedevano come un attentato allintergrit del popolo italiano e unumiliazione cocente inferta allonore nazionale, perch la massa degli operai italiani era allestero schiavizzata e disprezzata. Il problema particolarmente sentito da Pascoli,
poich viene a colpire una zona profonda della sua sensibilit: il poeta estende alla dimensione
della nazione il concetto di nido familiare chiuso e protettivo, da difendere gelosamente nella sua
integrit, perci il fenomeno dellemigrazione appare ai suoi occhi traumatico e lacerante come il
distacco dal nido, dai legami oscuri e viscerali del sangue. Era un problema gi toccato in termini poetici nel poemetto Italy; in questo discorso Pascoli lo sviluppa in forma direttamente concettuale, argomentativa.
Socialismo umanitario e nazionalismo
Un quesito che sorge spontaneo, nel leggere le pagine del discorso, questo: come poteva Pascoli, col suo socialismo umanitario, che aveva orrore per la violenza e sognava unumanit affratellata e non pi divisa da odi e rivalit ma unita da sentimenti di solidariet e concordia, esaltare una guerra, e per di pi imperialistica, di conquista coloniale? Tutto il discorso, in effetti, mira
proprio a cercare giustificazioni alla guerra. Il primo argomento che i lavoratori italiani, mentre
prima erano costretti dalla mancanza di lavoro ad emigrare, staccandosi dolorosamente dalla loro terra, ora, con la conquista della Libia, possono restare sul suolo della patria, perch le colonie
non sono che un prolungamento della terra natia; mentre prima, in paesi stranieri, erano sfruttati, disprezzati e umiliati come degli schiavi, ora invece potranno coltivare la loro propriet. Ricompare qui il mito, gi trovato nella Siepe, della piccola propriet agricola come base della dignit
dellindividuo, libero e sovrano sulla sua terra. Le radici del nazionalismo pascoliano affondano
nellideologia di una piccola borghesia di proprietari rurali, minacciata e a poco a poco annientata dallavanzare della concentrazione capitalistica, un ceto che idealizza la propria condizione e la
propone come supremo modello di vita, cercando disperatamente di evitarne la cancellazione dalla storia.
Cultura umanistica e razzismo
A costruire lideologia nazionalista e colonialista di Pascoli concorrono anche componenti culturali, e pi esattamente la cultura umanistica che bagaglio fondamentale dellintellettuale piccolo borghese: lemigrazione dei suoi figli una cocente umiliazione per una patria nobilissima,
che ha dato i natali ad una serie di grandi uomini, poeti, pensatori, artisti, scienziati, condottieri,
navigatori: questo onore nazionale che deve essere riscattato attraverso la guerra. Non solo, ma
la Libia era un tempo romana, e reca ancora le vestigia della grandezza del passato. Gli Italiani
hanno quindi il diritto di ritornare su una terra che un tempo era dei loro antenati, di ripristinare i bei nomi antichi, Tripoli, Berenice, Leptis Magna.
Un altro argomento forte proposto a giustificare la guerra di aggressione e di conquista che
le popolazioni arabe che occupano il territorio libico sono nomadi e neghittose, non hanno coltivato quella regione, ma lhanno distrutta, trasformandola in un deserto. Hanno cos sequestrato un
bene prezioso, la terra, sottraendo cibo, vesti e casa allumanit che ne ha bisogno. La guerra di Libia non dunque per il poeta una guerra offensiva, ma difensiva: lItalia difende con essa gli uomini e il loro diritto ad alimentarsi e a vestirsi con i prodotti della terra. La sua una missione
umanitaria e civilizzatrice, essa usa la guerra per portare la pace a popoli che non conoscono se
non la forza, per liberare, non per opprimere, per coltivare, per far progredire. Il nazionalismo colonialista, dietro la maschera umanitaria, si colora cos apertamente di razzismo: Arabi e Turchi,
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LItalia porta la civilt

La guerra cementa
lo spirito nazionale ...

... e fa cadere le barriere


di classe

Non esistono le classi

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per Pascoli, sono popoli barbari, crudeli, neghittosi, incivili, in una parola inferiori, ed una nazione di altissima e antica civilt come lItalia ha non solo il diritto ma il dovere di portare ad essi tale civilt, anche con la forza. Sono argomenti che erano divenuti un luogo comune nella coscienza delle nazioni colonialiste (ed oggi che ci sono ben chiari gli orrori del colonialismo non li possiamo sentire senza provare un brivido): ebbene, anche il mite, candido poeta fanciullino, che
sogna la bont e la fraternit umana, non riesce a sottrarsi al peso delle idee correnti della sua
epoca. Anche lintellettuale, che dovrebbe pensare, pensato dal meccanismo dei miti e dei luoghi comuni collettivi.
Guerra e spirito nazionale
Nel discorso pascoliano ricorre un altro caposaldo del pensiero nazionalista del primo Novecento. Attraverso la guerra coloniale si opera un riscatto delle plebi italiane, che erano state estranee agli ideali risorgimentali e alla nozione di patria, viene cementato finalmente lo spirito
nazionale: dalla guerra esce una vera nazione, unita dalla fede in comuni valori. Ne un segno
tangibile la macchina complessa dellesercito, che si vede allopera nella guerra di conquista, in cui
anche gli umili soldati sanno affrontare pericoli, privazioni, fatiche per un fine pi alto. un argomento che, di l a pochi anni, sar ripreso dai nazionalisti per esaltare la partecipazione dellItalia alla prima guerra mondiale. Combattendo fianco a fianco, giovani provenienti dalle pi
varie regioni dItalia stringono fra loro profondi legami e giungono cos a superare le barriere
regionali, che costituivano un ostacolo ad unautentica unit nazionale.
Ma per Pascoli cadono nella guerra anche le barriere tra le classi: nella battaglia lartigiano e
il contadino combattono e muoiono a fianco del borghese e del nobile; lunica lotta che sinstaura
fra loro lemulazione per compiere eroicamente il proprio dovere. Ricompare qui un concetto centrale dellideologia pascoliana, che gi abbiamo incontrato nel Fanciullino: la necessit di abolire
la lotta fra le classi. Lideale di Pascoli una societ senza conflitti, in cui permangano le divisioni tra i vari ceti sociali, ma in cui ciascuno resti al suo posto, contento di quello che ha, senza
contrapporsi a chi sta al di sopra di lui, per scalzarlo. Il concetto marxista di classe, quale era
propugnato allora dai socialisti, viene addirittura negato: non possono essere definite classi, per
Pascoli, quelle che non hanno confini rigidi, quelle in cui si pu entrare e da cui si pu uscire liberamente. Il poeta non si accorge cos che il suo pensiero si avvolge in una contraddizione: da un
lato esalta una societ dinamica, dove gli individui possono con facilit passare da un livello
sociale allaltro, ma al tempo stesso propone unimmagine statica di societ, in cui ciascuno realizza se stesso e la propria felicit restando pago del posto che occupa e non desiderando di pi.

PROPOSTE DI LAVORO
Esaminare lo stile del discorso, rintracciando le figure retoriche (ad esempio
metafore, parallelismi, antitesi, interrogazioni retoriche,
esclamazioni), riflettendo sulle conseguenze della costruzione per accumulo dei
termini, sul modo con cui
viene utilizzato un tipico lessico marxista (cfr. Proletaria, classe, lotta).

Giovanni Pascoli

Trovare tutti i punti del testo


in cui sono evidenti i richiami al socialismo sentimentale e umanitario, abbracciato da Pascoli in giovent.

Quale interpretazione del Risorgimento emerge dal discorso?

Riflettere sulle motivazioni


che giustificano il colonialismo delle nazioni povere come lItalia.

Trovare i punti del testo in cui


pi evidente il nazionalismo pascoliano.

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