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Decrescita felice

Il termine decrescita felice viene usato per la prima volta nel Breve trattato sulla
decrescita serena di Serge Latouche, filosofo ed economista, famoso per i suoi viaggi
intorno al globo. Ecco i concetti principali su cui si basa il libro e, di conseguenza,
lintera teoria della decrescita.

Critica al capitalismo. Il no al capitalismo qui giustificata non da elementi


ideologici o di rivendicazione classista, ma da evidenze logiche. Il capitalismo si basa
sul concetto che la ricchezza produce ricchezza, allinfinto. Ma la crescita illimitata
unutopia o in alternativa unidea che porta dritto a un muro. Latouche fa un esempio
estremamente convincente: Con un aumento del PIL pro capite del 3,5 per cento
annuo (che corrisponde alla media francese tra il 1949 e il 1959), si ha un fattore di
moltiplicazione 31 in un secolo e di 961 in due secoli! E con un tasso di crescita del 10
per cento, che quello attuale della Cina, si ottiene un fattore di moltiplicazione 736!
A un tasso di crescita del 3 per cento, si moltiplica il PIL di venti volte in un secolo, di
400 in due secoli, di 8000 in tre secoli.

Decremento selettivo del Pil. Decrescere vuol dire produrre e consumare di meno,
e questo vale sia per le merci che per i servizi. Recessione, dunque? No, perch la
decrescita prevede un taglio selettivo del Pil, la recessione invece discesa
incontrollata, dunque anche di quei parametri che sono indispensabili al
mantenimento di un tenore di vita decente (istruzione, sanit, occupazione). Dunque,
questo concetto va di pari passo con la riduzione degli sprechi. Tutto quello che non
necessario consumare, semplicemente non va prodotto.
Autonomia energetica e alimentare. Qui subentra il concetto di localit. Nella
visione della decrescita, le comunit sono autonome. Escluse le merci che realmente
non sono producibili in loco, niente va importato. Una citt consuma solo gli alimenti
che produce, consuma solo lenergia che produce e utilizza solo gli strumenti che crea.
Qui assume unimportanza essenziale la questione delle rinnovabili, in grado di
rendere autonomo anche un paese che non possiede giacimenti di carbone, di gas etc.
Assume unimportanza particolare anche il riciclo: se limport considerato una cosa
da evitare, allora indispensabile non sprecare gli strumenti, le merci, gli oggetti;
dunque indispensabile riciclare.

Senso di comunit. Se la comunit autosufficiente (per quanto possibile) allora


inevitabile che si instauri un rapporto pi intenso tra una popolazione e la propria
terra. Rapporto che va coltivato mantenendo, ed eventualmente recuperando, le
tradizioni tipiche del territorio. In questo senso la decrescita non solo una teoria
economica, ma anche filosofia e antropologica, quindi culturale.

Teoria del Downshifting ( teoria opposta a Latouche )


Downshifting: cosa vuol dire?
Che significa? Molte cose in una. Significa ad esempio prendersela con calma,
lentamente, non affannarsi, in primo luogo per le questioni di lavoro, i soldi, la
carriera. Significa fare meno ma anche fare meglio, con pi passione e pi senso e in
modo pi semplice ,a prescindere da quello che si fa. Significa avere pi tempo per s,
la propria famiglia, gli amici, gli hobby, perch no anche per le vacanze, a patto
ovviamente che non siano troppo costose. Perch il downshifting, moda, fenomeno
culturale o qualsiasi altra cosa sia o stia diventando, predica una riduzione un po in
tutti quegli aspetti che in una normale esistenza di una persona occidentale, o
comunque vivente in uneconomia, provocano stress, ansia, perdita di contatto con le
cose che hanno pi senso nella vita. E, alla fine, rischiano di far perdere il senso e il
gusto di vivere.
Breve storia del downshifting
Difficile porre un inizio preciso alla diffusione del downshifting. Lo si data, in genere,
intorno alla prima met degli anni 90, quando comincia ad essere chiaro a molti,
soprattutto professionisti affermati e manager in carriera o aspiranti tali, che vivere
per produrre, per guadagnare e poi consumare (secondo lo schema lavoro, produco,
guadagno, pago, pretendo, consumo), non che apra poi le porte a tutta questa
felicit.
Downshifting e decrescita (felice)
Se tutti facessimo downshifting, che cosa succederebbe? Nessuno pu dirlo,
ovviamente. E nonostante questa filosofia di vita stia facendo sostenitori (secondo
Datamonitor nel 2007 cerano nel mondo circa 16 milioni di lavoratori pronti a
downshiftare, oggi con ogni probabilit sono molti di pi), la larghissima
maggioranza di noi o ancora attratta fatalmente dallequazione lavoro di pi =
guadagno di pi, oppure non riesce a uscire dal meccanismo della vita-as-usual anche
se sente che gli ingranaggi lo stanno pian piano stritolando.

Va detto per che a livello macroeconomico il downshifting evidenzia profonde


interconnessioni con la filosofia slow, che poi quella del movimento slow food ma
anche, pi recentemente, del movimento slow money, altrimenti detto dei capitali
pazienti, che rigetta il modello dellinvestimento a breve, brevissimo termine e
preferisce gettare lo sguardo e laspettativa di un ritorno economico su orizzonti di
lungo periodo.

In particolare, il downshifting sembra avere una spontanea ed evidente affinit con gli
economisti che, contro la teoria della crescita-produzione-consumo infiniti, teorizzano
il modello della decrescita (felice) e hanno il loro maggiore esponente nelleconomista
e filosofo francese Serge Latouche, professore emerito di Scienze economiche
all'Universit di Parigi XI. Con tutte le conseguenze che si possono immaginare sul
consumo di energia, la produzione di rifiuti, la congestione dei trasporti e cos via.

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