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"L'Eur pa
VASILE pARVAN
rientale tt
(J -
"
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15,00
Abbonament annuo
, ,
Sulle origlnl
della civilt Romena
Lire 2,50
ROMA
LIBRERIA DI CULTURA
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1922
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HIGINI m oLLA
IVII
IVJLT
patria dagli Impcratori romani, chc fino alla mct del III ccolo i intitolano ali
cora Dacici Maxni.
Oue to complcss ctnic, con s I11pr pill forte pn:polldcranza dacica "
toposto ad una potenti., iJ1la irradiazionc di civilta roll1ana. La Da ia, con ui tata
da Traiano in un tcmpo di mas ima lInit e 01110 J I1cita del R l11an imo, dallo
Atlantico alla foce ciel Danubio (I) mie c pcrtc nclla cizia Minor rh'clan nell'anno 100 d. Cr. una toponi\1lia romana 'ovrappo ta o gill tappo, ta alla toponimia
tracica di quella regione), addirittura inondata dalla civilta romana di tutto lo
impero in due modi: ol1ol11ico (sfruttamcnto delle yralH.li ricch zzc della Tl"al1silvania, specialmente di oro 'aIe)
militare (collccntraziol1 permal1cnt di trupp
roman oltre la guarnigionc ordinaria, per le <Tuerr inintcrrottc contro i G rman
ed i Daci liberi, cominciando dali) stcsso Antonino I io). i potrcbbe dir, on
un paradosso, ch la Dacia, 11011 mcno della .allia . . omata, ,ono stat romanizzatc
dai Germani. L gll'rrc sul r '110 c III Danubio hanno fatto di uo'u ta Trc
verortlm, Durocortnrul11 RCI11()rLIl11, l' poi di Lutdia Pari iOrtlm, 110n meno eh ~
di Sirmium, di Nais, li e di
nlica, delle nuov c'lpitali del monti) r man). I l'I'
il romanesim orientale, cioe ad Est deIl Alpi, il secondo e il terzo ,ceolo dopo
Cri to co tItllisc 110 l'api r della importanza t' d '110 villlppo: non solo quivi . i
e spostato il centro di Tavit ti I 111 Hldo romano, ma gli t ssi Il11p ratori 0110
dati a Roma dagli III iri e dai Tra i romanizzati.
Quando la Dacia di Traiano fu la ciata da Aureliano nelle mani cli oti, s a
era gi un paese I rofondamcntc r Imano. Dal punto di i ta politi 0, la fronti ra
romana si sposta aclcss 'lI1 ilnublo. Ma dal pUllto di vista della ivilt, tutti)
l'Illirico dato in prcda ai barbari. I Jermani 110n volevano terra da lavorare,
ma icurezza contr') gli altri barbari che piombavano loro addo o. E si invad~no
le terre a Sud dci anuhio, eome prima avevano inva a la Dacia. Aureliano COllimi e un errar f lH.lal1 cnhl quando tra port la frontiera sul Danubio. enza il
baluard di monti del quadrilatero dacic otransilvano (come aveva 1110 trato Traiano), n n era possibile difcndere la Iinca del fiume. E non fu Illai tenllta, se nOl1
teoricamente. In is o su questo stato di fatti, pel metter in luce l'unit di 'ifa,
cio di civilt, di tutto I Illirico c Ila Dacia di Traiano, anchc dop il 270.
Mcntre tutte le invasioni o-ermankhe non las iavano ncs una tra c ia nell aspetto etnico e culturale del Romanesimo danubiano, la grande migrazione slava
del quinto e est o secolo, esercito invece Ull influss decisivo ulla sorte del Romanesimo orientale. Di tutto il mondo romano ad Est delle Alpi, non rimane 11 l
X secolo dopo Cri to che il grande pa
unitario del Nord, la Dacia Traiana, e
un'altra isola, pi piccola, nel Pind , tra la Macedonia e la Tessalia. Il resto '.
spezzato in m iii ) frammenti senza una propria vita storica, nei Balcani, nel Rodope, in Dalmazia, in Albania, in erbia, etc. Il mondo latino d riente, fra lo
Adriatico e il Danubio, soffocato dalla nuova razza, che poi annienter fino alle
porte di Aquileia e di Salona tutto quanto era tato roman . Naturalmente, quc to
cataclisma esercit anche etnicamente un'azione decisiva sul Romanesimo dacic .
Un numero a sai rilevante di Slavi fu assimilato dai Dacoromalli (la stessa topoo
nimia del paese romeno serba ancora caratteristiche tracce di questo diluvio slavo).
Nel anguc, e non meno nlla struttura p ichica, i Romani dei Carpazi com; rva-
ROM NA
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MEN
ROMENA
,
La vita politica del passato romcno ha 1) sue fondamenta 11 1 pensiero il11p .
riale romano del monarca a soluto. Il DOl11l1 (Domlllls), come si hiama jn r meno il sovrano, " patriarcalment se si vuole, ma certo romanament , il padre
della nazione ed il proprietario teorico di tutto il paese. I nobili e i paesani liberi
lo riconoscono comc loro supremo giudice, comandant e cap moral (ma non
religioso: altro fatto di lafinit). a amministrazione, che veramente ~ ltanto fi scale, si fa in nomc dci Principe Sovrano e per u cont
per'onale. Il t soro
dello Stato il tesoro del Principe. La sua ort si chiama J roprio co ': Cflrf~,
con questo termine occidentale, Corle,Cour,Collrf, non col terll1in slavo Dvo,., e
i suoi nobili comp:lglli si ch1mano llrfeni e Il Il Dvoriallill. La sua elle di giu
stizia, Cllrtl!a dI! gilf1ecata, e di regno, i chiamer secondo le regi ni geografiche: c nosciamo la anlica Curfea de r.(}esl7 che certo ha avuto la sua il11portal17.a
anche nel duecento) ma che solo pcr il trec 11to ' riccamente docul11 ntata. 01 i
influssi bizantini ch' dalla met del trecent fin ver o la met del quattr ccoto
regolano, nel senso ellenistico romano, il Collegio dei Ministri del Principe, nel
senso di servizio e dipendenza personale dalla sa l'a persona del Monarca, crearono anche da 11 i una nu va aristocrazia di funzioni, accanto alla antica ari t crazia di propriet fondiaria e di attribuzioni giuridic -guerresche. Questo stato di
cose non si verifica anche nella Transilvania. I Magiari, conquistando il paese, lo
organizzarono feudalmente. La aristocrazia romena fu costretta, o a passare dalla
parte del vincitore o a rassegnarsi alla condizione di suddita dei nobili. Il popolo
romeno della Transilvania rimase senza rappresentanti autorevoli presso il sovrano
e cadde in un misel'ando stato sociale-economico, sfruttato dai nobili ungheresi,
dalle citt sassoni fondate appunto con la intenzione di valorizzare occid ntalmente questo territorio, e dal clero cattolico di tutte le nazioni, che perseguitavano la nostra nazione di confessione greca, cio, per gli stranieri, eretica.
Non sappiamo se il jus Va!aclzicll/ll del quale parlano i documenti polacchi dei
sec. XIII e XIV, contenesse anche disposizioni di diritto privato. Basti dire che gli
antichi simi capi di villaggi e di territori rurali unitari si chiamavan dall' anti
titolo romano, ben noto nella organizzazione del basso impero romano, Gilldici.
AncOt'a oggi i distretti della Romania si chiamano jlldete, cio giudicature E dun
que molto probabile che non solo i nomi, ma anche numerosi principi e pratiche
di diritto romano provinciale (civile, penale. e amministrativo), si siano conservati
nella procedura degli antichi giudici popolari romeni, nella stessa gui a che il
principe popolare, il Dotnll (dominll ), ha conservato nelle sue funzioni gli antichi
caratteri imperiali.
Di una codificazione propria non si pu parlare che nell'evo moderno, dopo il
1600. La ispirazione fu anche questa volta romana, ma naturalmente per il tramite dei Basilica bizantini.
.
Una vita cittadina, il popolo ramen dapprima non 'ebbe. La origine di tutte
le citt straniera, ci ungaro-sass ne, fino al quattrocento Invece le antiche
Illlndinae, i luoghi e giorni di mercato, fissi, per le singole regioni, si conservarono fino al tempo n stro. L'antico nome: forulIl o emporllfl'l sparito: per
questo concetto, venuta in uso, sotto l'influsso slav , la parola farg, da torg.
Questo mercato settimanale, mensile o annual , stabilito- indifferentemente in giorni
di f sta o di lavoro, 11011 dip nde per affatto dalle citt, e spesso neanche dai
villaggi: 111 Il di rado i ticne in Ull grande spazio lber , vicino o sulla strada
che conduc ad un villaggio () ad una citt. Ritroviamo \' antica organizzazione
'collomica I 11 provinc r l11al1 , in cui i ferriforia o regiollfs, senza alcuna
itt COlli
apoluogo, i radullavano p r i lor affari religiosi, ammmistrativi, o
p r il cambio dei pn dotti e manufatti, in Ull l!iCl! , o fJrcs o ulla villa di un
/Jtlgll ', d v per tradizione i l'a tabilito l' flllporifllll: il qllzqllenna/is terrflorii coi suoi curiale (pitt tardi abbiamo il jlldfX o' vecclli cl I villaggi
ro
lIIeno) aveva anzi l'occa ione di ten r tribunal di giustizia nell ste so Foram.
e le citt lib re, ap rte, si fondano per l'influsso magiaro germanico, occid 'I!lale ) fioris 110 dapprima c Il la collaborazione d i Sa 5,oni d Ila Transilvania, dei Polacchi
dei J no esi e V neziani trafficanti nel Mar Nero e sul Danllbio inferiore (gi dal princil i della vita romena politicamente organizzata nei
due r rincipati di Valachia e Moldavia), le citta-forti} le f rtezz , i a t Ili, paiono
avere lIna tradizion ininterr tta dai t I11pi romani. La parola civitas, che gi nel
IV ecolo 110n av va piu senso politic -amministrativo (v di I civitates OaLlicae
e le varie cil'ifa/es rurali di caratt re etnografico, dell' llIyricul11 e della Tracia),
111a senso militar - trat gico di fortezza, ha in romeno il solo significato di cittaforte. ' III ntre i (Jallor mani
an h gli. Italiani conservano s !tanto il sen o
civil~ della parola civifas, i Romeni denominano con la parola cefate tutte le
fortezze dell' antico territorio dacico, cio' tanto nella Transilvania che nei Principati. Ed molto int 're 'ante c Ilstatare che 111 ntre il nostro popolo chiamer
al l1Iodo slavo, le antiche rovine (dacich
romane) /{r adis te, (da gradist: luogo
dov fu un (Tra(!1.t, lilla citt), u r per soltanto celate per indicare una fort zz< in sen o cont 1l1poranc , cio' la citta-forte dove abita il Principe, o dove
alla fronti 'l'a, i vari capifallei del DomJtlll , v gliano alla sicurezta del Paese. E
dalla \1loldava eta Ifa Alba (il MOl1castro de' enovesi), alla Cefatfa de Floci
nella Valacllia, alla Cefatea de Balta nella TI"ansilvania, l'antica denominazione e
l'antic sen o n n lIlutano. A coloro che studiano la nostra toponimia slava non
fugga il doppione: celate, senso vivo, gradiste,
senso morto.
Se Cl questi pochi dettagli aggiungiamo che l'abitazione e il vestiario del contadino romen 50110 ancor oggi presso a poco gli stessi de' suoi primogenitori,
i Daci, quali li v diamo rappre entati sulla Colonna Trajana, si capir perch il
popolo r meno co tituisca n Il' Oriente qualcosa di specifico c che nOll pu paragonarsi con gli altri poroli che lo circondano.
Ma per c mpletare l'aspetto della cultura popolar, eternamente la stessa nel
SLIO perp tuo COllS rvativismo tnografico, bisoana ricordare anche i costumi, le
i miti, i racconti e le uperstiziolli paesane, antichissime, di questo popolo.
f ste
Il cult del fuoco (non meno romano che traco-dacico), le Rosalia italiche con le
c ril110nie ai s poI cri fati proprio com duemila anni fa, tutto il culto dei morti
col pervirrililllll che i pu leggere in Apuleio di Madaura come se fa se la descrizione di un pril'eghill popolare romeno, tutta la terminologia ed i concetti
della vita pa toral ed agricola, sono latini, cioe provinciali romani. E se per caso
i i Vll le valere dei motivi ornamentali dell'arte popolare rom na, per dimostrare
lilla id ntit di cultura,
quindi una dip nclenza nostra dagli Slavi e dai Magiari,
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ROMENA
si paragonino anche i tessuti e i ricami romeni, nella loro sinf Bia cr matica di
squisita distinzione: nero, bianco, or , con punti discreti di rosso, con la colorazione stridente di verde, giallo, rosso degli altri.
Ma la civilt etnografica non che la base della civilta clta, creatrice d'idee
nuove e forme univer'3almente valevoli.
Esaminiamo ora perch anche su questo terreno l'Oriente bizantino-slavo non
riusci ad impadronirsi della anima romena, e la sua oricntazi ne rimase sempre
occidentaJe o propria.
Gi alla fine del quarto secolo, quanclo le invasioni gotiche divengono insllperabili per l'esercito de' Cesari d'Oriente, si nota la incro tazione di Bi an'Zio in
se stesso, con sempre maggiori legami con l'Asia Minor , della qllale Bi anzio
comincia a divenire un semplice prolunO"amento nell' Eur pa, mentre la p nisola
balcanica col suo nuovo c(>ntro culturale in Salonicco, diviene un territorio sempli
cemente protetto di re barbari - con pretese imperiali - tipendiati da Costantinopoli, o di clienti (con o senza titoli bizantini) dei Ce ari rinchiusi 11 i loro palazzi del Corno d'Oro. Le grandi mura della Citt d'Ori nte divengono allora an che mura spirituali.
Cos si spiega perch anche il nostro Cri tianesimo non ' ia di origine bizantina,
cQl11e quello de' Goti di Ulfila, o con quello, molto pi tardo, slavo dei alcani,
ma di origine latina, trasmesso alla Dacia Traiana dai missionari d li' Illirico latino fra il 350 e il 450, e principalmente sotto l'influenza del grande ap tolo di
questa regione, il santo vescovo di Remesialla, Niceta, l'amico di Paolino di Nola,
il soave poeta dell'Italia cristiana. Non qui il caso di ripetere l'argomentazione
di questo problema, gi esposta dodici anni fa in un apposito libro: basti ricor
dare la nostra terminologia cristiana d'origine latina, ed anzi caratteristica provinciale-danubiaona; noi diciamo biserica, cio basilica, e 110n ecc/esia, come gli
Italiani, i Francesi e gli Spagnuoli, neppure I,yriakn come gli Slavi, i Tedeschi, gli
Inglesi, - e cos dicasi per gli altri termini es enziali del cristiane imo.
Bisanzio dunque si chiude nella sua conca di mistico razionalismo teo logi co,
di splendore d'arte, di tragico sogno imperiale romano, al di sopra di un mon do
che fino agli stessi Cesari divenuto barbaro. Gli Slavi prima, tUl11ultuariamente,
(perch la razza slava non ebbe mai il genio politico
e sono gli Avari, i Bulgari, i Magiari, i franchi, i Varegui, cio i Normanni, i Tedeschi, i Finni, i Tartari, che hanno dato loro la organizzazione di Stato), poi i Turani (Bulgari nei
Balcani, Magiari sul Danubio Pannollico) divengono i veri signori di questi paesi.
Le guerre e i ktismata (le fortezze) di Giustiniano, l'illiro romanizzato, non po
tcrono mutare il destino di queste contrad , come non lo poterono tutte le stragi
cruente fino a quella di Basilio Il, il Bulgardono. Tenaci e prolifici, gli Slavi
hanno resistito.
Naturalmente, la loro cultura nascente subir molto l'influsso, per le vie di
terra, di Bisanzio desiderata, aborrita, imitata. Ma i veri legami di Bisanzio col
mondo, saranno nell'~vvenire soltanto per la via del mare, come nell'antico tempo,
quando i Greci avevano tutto il litorale dell'Egeo, dell'Adriatico, dell'Eusino, ma
quasi niente dell'interno illiro-tracico. Lo stesso fenomeno si ripeter ora, in a ltro
senso, con altre conseguenze. Avremo la civilt bizantina in Sicilia, in Ravenna,
in Venezia c nella DalmaZia, a Te alonica c nel Mar Nero, ma l'interno serboIlltlgiaro subir l'illflus o di Carlol11a~l1o c dei suoi Franchi, e poi dell'Italia go
tica o del rina cimento, che metteranno un ricordo eterno clelia loro attivita in
qlle ta Marca orientale ort dos a dell'Occidente cattolico.
Il Romane"imo danui iano si sviluppato su di un territorio che fu sempre
di carattere cOl1tinentale e non marittimo. Dai pill antichi t mpi, i Traci ed i Daci,
come poi i no tri M Id -Valacchi ed i Bulgari lavo-turallici, n)t1 dominarono ul
litorale che era gr c . Il mare n Il li interessava, e percio es i nOI1 abitarono il
loro littorale, ma lo la eiar mo ad altre nazioni.
I Daci, e poi i Magiari cd i Serbi (ed anche i Bulgari), tendono \erso ovest,
verso l Adriatic . I Romani conqui tarono la Dacia venendo dall'Ovcst (gi Giulio
C are pensava alla conqui ta della Dacia che a quei t mpi, sotto Burebista, era
vicina imm liata d i Celti clelIa B el11ia e dell' Austria attuale). I S d-i ed i Bulgari
(questi al tempo cl Il' Impero romeno -bulgaro ) ebbero gli guardi rivolti vcr o
Roma. Perch Bisanzio non rappre entava che ulla preda, un vecchio eli cui si
a petta la eredita e ch non vuoI morire abhastanza presto: ognuno di qucsti barbari lavi voleva avere an he la ede dell' Impero d Oriente, non soltanto il titolo
ed il krritorio del a sar, Tsar, di tale Impero.
Ma nOI1 al!ontaniamoci dalla via diritta. Basti dire che i Serbi hanno ricevuto
clementi bizantini dall' vest e elal Sud piuttosto che dall' Est. I Romeni non potevano c()ltivare relazioni dirette con Bisanzio se 110n per mare (perch fra loro ci
era il de~Lrto barbaro): ma anche questa via era poco sicura, a causa dei pirati
del Mar Nero. e si eccettua il bizantini 1110 slavo che veniva loro attraverso i
Bulgari o i erbi (Illa stra1lamentc carnhiato: basti pensare al B gomiti 1110 - sono
gli Albi~esi d 1\' Ori I1tc - che dai Bulgari pa sato anche nel nostro paese), i
l leI i, neI loro
viluppo politico, economico, arti tico e letterario hanno suhto
I iuflu o dell Ungheria cattolica e latina, e della Polonia cattolica e latina. Cos,
quando la Iillgua slava ominci a prevalr ncll LISO ufficiale c1ello Stato e clelIa
chiesa romena, cio dopo il XIV secolo, e la ododos ia i separo definitivamente
da Roma (cio dopo la prllla met dci XV secolo), le tendenze e le correnti definitiv' dell anima romena erano gi da tempo' caratterizzate: le forme orientali della
110 tra civilt nOll rivestivano Pili un contenuto orientale, ma un contenuto spcciak, di carattere pilltto,;{() )ccidcntale. AIl' inizio del secolo XV, la lingua patria,
il romello, comincia a dar seguo di vita. Alla fine ciel ecolo XVI Michele il Bravo
scrive anche in romeno, la nostra letteratura nazionale . gi - dopo alcuni decenni
ricca e ])0 ':;elltc. Poco e durato lo lavislllo. E quanto all'altro elemento
oricntale, l' ellcllislll) dci Fanarioti - ne riparlcremo ancora -- si sa ggi che rappresentava, sia la collura antica, sia la coltura italiana e francese, contemporanea.
Perci la Valacchia del XVII secolo ha gi strette relazioni dirette con l' Italia, e
i due Principati con la Francia oia nel secolo XVIII, e poi, potentissime,. fino ad
oggi, dalla met del se 010 XIX. Quanto alla Trallsilvania, essa, per la unione di
una gran partc dei Romeni alla Chie a cattolica, passa addirittura nell' ambito delle
idee e degli influssi eia sici romani ti italiani.
erchiamo ora di esaminare le origini della civilt creatrice, arte, letteratura,
scienza, pensiero, nel paese romeno.
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lO
SULLE
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pitt lontanc dell' ccid nte, i manoscritti erano sempre lavoro nostro. Anche qui
l'art italiana, e specialmente i libri stampati a Venezia, avevano la loro parte di
i rirazioneo
i pii monaci non fanno solo belle trascrizioni di testi religiosi sulle
loro per amene, e miniature sfumati sime, ma, come nei monasteri moldavi di
Bistrita e li Putna, i dedicano anche alla storiografia nazionale, originale - naturalmente, dapprima nella lil1 cT ua della chie a, lo slavo. Le gesta cl' armi del nostro
quattr cent , s Il rac ontatc anno per anno, da questi monaci contemporanei,
dei quali la leg enda p polare dice ch siano stati anche i consiglieri senza paura
e passionati dei loro ovrani, tanto pii, e quindi anche rispettosi della vita di
quelli consacrati a Di .
Nella pianura val acca, il na<)" v, nOI1 lUllgi da Bucarest, si innalzava nella prima
111 t d I '4 O lIna l1U va chiesa la cui porta, del 1453, che oggi si trova nel nostro tnllse( Ilazi naIe di antichit, e scolpita in legno di qt\ercia, opera di qualche
arti ta che aveva P anima pi na dello spirito del Rinascimento: tanto sentimento
nelle forme, tanta nobilt e monumentalita di attitudini nelle sue figure. La
illscrizione e slava, ma l'arte latina.
quella sacra e non meno quella
E e i nel quattrocento, l'architettura
profana (si pensi ai palazzi ed alle fortezze dci sovrani e dei nobili) - la pittura,
la scultura, l'arte decorativa ed indll triale, l'arte dei manoscritti, erano a questo
livello, si pu facilmente pensare quale sviluppo dovesse avere la n stra vita spirituale nel cinquec nto, ed infine nel seicent , quando le condizioni materiali dei
r rincipati erano ancora piit fiorenti, e non solo i Principi e la aristocrazia, ma
anche i mestieri ed il negozi cominciavano, coi loro pil notevoli rappresentanti,
a fare opera edilizia nelle citt, sempre pi numerose e popolate. (E si noti che
non intend affatto di parlare d Ila Transilvania, perch non eravamo noi i signori,
e non voglio ammettere neppure )' ombra di un dubbio sull' origine romena dei
fenomeni culturali che stiamo ora studiando). L'opera di Matteo Basarab e poi del
Brancoveanu nella Valacchia, di Vasite Lupu e dei Cantemir nella Moldavia, di
importanza generale europea e non soltanto locale. Nelle tipografie di Brancoveanu si stampano tutti i libri per l'Oriente, anche coi caratteri georgiani o arabi.
Demetrio Cantemir uno scienziato dell'Europa sua contemporanea, e non solo
della Moldavia. Naturalmente, entrano in gioco elementi nuovi, idee e forme di
arte, di scienza, di attivit spirituale di ogni genere: dall' influsso italiano, cos
forte nel seicento valacco, all' influsso considerevole orientale, anche persiano e
armeno, nella M ldavia.
Per capire questa realt storica, della continua civilt superiore dei paesi romeni in mezzo alla barbarie creata dai Turchi e dai Tartari, ovunque giunsero,
nella Bulgaria, nella Serbia, nell' Ungheria, nella Russia, bis gna conoscere un
particolare che troppo spesso si dimentica, e che forse agli occidentali del tutto
ignoto: i tre territori romeni, la Valachia, la Moldavia, e, dopo il 1526, la Tran
silvania, non furono mai territorio turco o tartaro} cio dei pascialico A Budapest
- per non parlare del paese serbo e tanto meno del bulgaro - i Turchi stabili rono il loro comandante e alzarono lo stendardo lll11sull11ano molto dopo la catastrof di Mohacs, nel 1526. I Turchi spogliarono e derubarono il nostro paese,
non solo elei beni ma anche del territorio, cedendo parti vive della nostra patria
primi monumenti caratteristici come arte superiore appaiono in terra romena verso il 1200 (resti di una cattedrale gotica scoperti alcuni anni fa presso
l'antico PorolisslIm dei Dacoromani). I secoli XIII XV ompletano sotto tlltti
i punti di vista il materiale nec s ario per una analisi degli elementi di cultura
creatrice, la sola che dia diritto ad un popolo cii considerar i civile.
Ma prima, una visione della met del trecento. Ad Argesh, nei Carpazi mcridionali, sorge una nuova Corte dei Bassarabi, i Domni a toata tara roma
neasca ') , di tutta la terra romena fra i monti, il Danubio ed il mare. Si
chiam Curtea de Araesh, con quest antico nome lafinodacico. Una nuova cattedrale si innalza, di pura struttura bizantina, come a Costantinopoli, a Salollicc
nella Serbiao Pittori che forse avranno lavorat anche alla bella chiesa eh iamata
poi la Kahri - Djami nella Bisanzio turca, tanto sono plendidi i loro affreschi,
(scoperti due anni fa dai nostri artisti ed archeolo<Yi) che ornano le pareti coi
santi pieni di vita, di movimento, di luce, ed anche della bellezza delle umane
forme periture. I Principi, gi fin dal principio del secolo sovrani, non pilt sec
cati dai re ungheresi, sconfitti dai nostri nella battaglia decisiva del 1330, sono
- come oggi - suoceri desiderati: degli tsar serbi e bulgari, dei principi gerll1ani
o polacchi fino nella lontana Slesia. Gioiellieri, mercanti di velluti, di broccati,
di panni fini, di armi e suppellettili, Italiani, Sassoni del Reno, f!al11min hi, f r
niscono la Corte del Domn dei loro ricchi arredi. I nostri sovrani non sono cattolici, ma sono liberalmente cristiani (1' intolleranza e il settarismo non furono mai
]a nostra specialit, bens piuttosto lo scetticismo religioso): iscrizioni latine, cio
cattoliche, ornano gli anelli d'oro, incrostati di smalti, di stile gotico, portati dai
Principi. I loro abiti e le loro armature sono uguali a quelle dei Principi dell'Ovest:
in quale fulgido ornamento apparso l'antico nostro Bassarab nella sua tomba,
due anni fa, agli sguardi attoniti delF archeologo che faceva gli scavi - il Draghi
ceanu - col diadema d'oro sulla fronte, nell' abito tutto ricamato di oro e di
perle, col massiccio fermaglio della cintura di oro puro, rappresentante la veduta
di un castello gotico, nel pi puro stile del l' et, e apparentemente lontano, del
Reno o della fi andra. Si era fatto noi stessi un giudizio troppo mesthino del
nostro passato, in confronto a quello' che appariva ora come semplice realt! Da
allora, mai sparita la gloriosa tradizione di cultura artistica dalla Corte dei
nostri Principi. Basti pensare ai monasteri della Valacchia, che dal trecento, sempre
pi numerosi, hanno ininterrottamente popolato le nostra citt e i nostri viIlagO"i
montanari (pi tardi in pianura, ne] quattrocento, a causa delle invasioni turche
nella Vfilacchia, tartare neI1a Moldavia): Stefano il Grande, il beneamato figlio in
Cristo de] P apa, l'amico dei Veneziani, il compagno dei Re Ungheresi, pi fedele
anche di loro, nella lotta contro i Turchi, in pari tempo, uomo del quattrocento,
un grande costruttore.
Come nella Valacchia, cos nella Moldavia, alla architettura e alla pittura bizantina, si unisce la ornamentazione gotica, e poi; dopo il Rinascimento, quella
italiana. I sacri vasi, i sacri libri delle cattedrali, sono di una finezza di gusto che
tradisce la educazione scelta di coloro che ne facevano dono ai luoghi di pre
ghiera. Se le sacre suppellettili di oro e di argento non eran sempre lavorate
dai nostri, e provenivano spesso dai Sassoni di Transilvania, e da contrade anch
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I.LE
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all'Austria, nel 1775, alla Russia nel 1812 (quella Bessarabia che s !tanto i CIl1ICI
internazionali possono ancora contendere alla Romania, quasi che anche la Venezia
italiana dovesse ritornare all' Austria, perch per tanto temp appartenne a q ueIl'Impero), ma i Turchi furono sempre veri gentilu mini: il notro vaIor guerriero
incusse loro sempre rispetto, anche quando nOI1 era pi che Ull ricordo torico,
al tempo disgraziato dei Fanarioti, e cos la nostra vita spirituale n Il bbe bisogno
di ricominciare nel secolo XIX. E sa c ntinu, sulla traccia di tlntichis ime tradizioni. La nostra arte datava da sei ecoli, la 110 tra letteratura, in romeno (non
parlo di quella, molto importante, nella lingua liturgica - cOl11e il latino d i magiari turanici fino ali inizio del secolo XIX,
dei Polacchi slavi), la no tra letteratura in romeno aveva gi cinque secoli di vita, la no. tra orgunizzazion in tati
nazionali pi di sette secoli.
E un altro fatto e i te ancora, poco noto agli occidentali. La c scienza della
unit nazionale romena e la vita perfettamente unitaria, 110n
lo c n0111ica,
anzi politico-guerresca, ma anche int lIettuale, dei tre paesi romeni (Transilvania,
Valachia, Moldavia) antica come la stes a st i'iografia romena. l a n tra origin
romana forma naturalmente UI1 articolo di credo indiscutibil , 11 n 010 p r noi,
ma anche per gli stranieri, come espress quell'ulllallista italiano dell'Ungh ria, il
BOllfini. Si s oggi che etnograficamente siamo fra i popoli latini il pill omogeneo:
la medesima lingua si parla, senza nessuna cl ifficolt dialettale di compI' I1siolP, Sll
un'area grande come la Gran Bretagna o l'Italia. Ma nel campo della cultura superiore, l'origine della nostra unit contemporan a, unit di pirito e di t nclcllze
non meno antica; i nostri Principi sovrani della Valachia della Molclavia ebbero sempre cura anche della Transil ania. I monasteri fondati (la stessa 111 ~tro
polia (arcivescovado) della Transilvania ulla fond1zione ortodossa valacca), la
dipendenza religiosa della TransiIvania dalla metropolia valacca di Taro" viste, i
libri sacri inviati alle chiese di Transilvania, infine il dominio diretto territorialc
che culmina nella unione dei tre Principati nel 1600 sotto Michel il Bravo, la
storiografia dei nostri autori, vari come origin l cale, l11a sempre fatta dal punto
di vista generale romeno, lo scambio reciproco di notevoli rappresentanti ulturali,
fin dai pi antichi tel11pi, per culminare nel tempo del nostro rinascilllcnto, sotto
l'influs o di Roma cattolica, coi Romeni della TransiIvallia (a partire dal 1700),
la politica nazionale unitaria svoltasi nei tI' pae i ~)i fin dall' illizio dI. ccolo
XIX, quando per la prima volta comincia la grand politica cure pea sul principio
della nazionalit, - tutto ha c llcorso a questa unit di anil1la che oo"gi e un fenomeno unico nell'Ori nte dell'Europa.
Le idee e le forme della civilt l'Om na hanl10 insomma queste cinqu ongll1l:.
un antico fondo daco- romano, piutto to etno(Trafico ed inconsapevole, ma tanto
pi profondo appunto per ci; un notevole fondo bizantino, vel1uto generalmente
attraverso gli Slavi, perche vicini, pi di noi, ai Bizantini, ed in perpetuo conflitto
di interessi con loro, mentre i mas imi nostri conflitti ocl inter si comuni erano
o con gli Slavi o con l'Occidente; un fondo occidentale, cio~ latillo-germanicofiammingo, trasl11ssoci attraver o i Tedeschi, gli Ungheresi, i Sa soni di Transilvania, i Polacchi, e pi tarcli anche direttamente dal Belgio e da Vienna, da Praga,
da Lipsia e da Breslavia; un fondo italiano, pervenuto sia indirettamente, per l a
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ULI.
ROM NA
MENA
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Dall' prilll fortezze che sorgono 1lel '200 III nostro suolo, erette dai cavalieri
teutol1i i, poi . . Iai cavali ri di S. Giovanni (pi tardi di nuovo dai cavalieri teutonici),
canica, ed avendo dovuto cessare il buon avvial1l Ilto ael uno cambio ontilluo
di idee con Bisanzio stessa, iniziatosi Il Ila Valachia c anco~ pit caratteristico
nella Moldavia sotto Alessandro il Buono, nei primi tr decellni del '400, - i 110, tri
legami con la chiesa slava di crida diventarono 1l1olto str tti. . quc ta fu una
gran disgrazia. Perch , invece dello pirito u1Iiversale roma1lo bizantino li lVell11l1 )
un tel11p accont ntarci del ristretto spirit() slavo, di int re.,si lo . ali di mentalit
provinciale. Vero per ch gli Slavi tcssi Bulgari o erbi, caddero sotto i Tur hi
gi alla fine del trecento, e definitivamente nel '400, mentre I> Il ) trc lotte di indipendenza duravano ancora eroiche in pieno seicento, e noi ristabilim1l1o la l11el1talit europea nella nostra cultura, tanto per la via cl' riente, dir ttament col
mondo ellenico cristiano di tutto il Mediterraneo orientale, dal MOllte Ath s al
Monte Sinai, quanto per la via dell'Occidente cattolico, ben h noi stes i orto
do si. Se dunque una gran parte delle nostre prime forme di cultura llperior
sono bizantine, n011 bisogna contentarsi di questa gen ralit storica, ma e l1ire
la caratteristica evoluzione di que te forme in terra romena. fu gi notato da pa
recchi storici dell' arte che il bizantino romeno ha l1n uo viluPI o partic Jare,
come il bizantino italiano, o come il gotico italiano. ono forme nllove, he nOI]
solo nell'ornamentazione, ma anche nella struttura degli edifizi caratterizzano 1111
modo particolare di pensiero creator . Si paragoni, per e . la nuova attedrale di
Argesh, eretta nel cinquecento da Neagoe Basarab, e le chiese 111 Idave ciel '500
e del '600, con lo stile tradizionale bizantino, e si vedr facilmente che nOI1 si PlI
pi parlare, da noi, di un'arte semplicemcnte bizantina, ma di arte veram I\te romena.
Questo sviluppo molto naturale, perch gi dalI inizio, artisti romeni lav rallo
insieme con artisti stranieri. La grande fioritura artistica, sia sacra che profana,
del seicento valacco, crea una vera scuola di artisti romeni. I monasteri ed i palazzi dei Principi e dei nobili sorgono splelldic\issimi ovunque. Le corti (cllrtil{J)
de l Brancoveanu presso Bucarest, il suo monastero di Horez nella picco la Valachia ne sono indimenticabili testimoni.
Il carattere generale europeo dell' influsso greco sul no tro paese si afferm
un' altra volta nel '700, quando la ripresa dell' influsso bizantino, epigonico, per
mezzo dei Principi fanarioti inviati da Costantinopoli a rappresentare fedell11ent
l'Alta Porta nei due Principati romeni, sempre ribelli alla proteziol1 ottomana e
sempre cospiranti coi cristiani imperiali, sia Germani, sia, allora, Russi
dette
occasione alla cultura medio e neo-greca di impadronirsi di nuovo clelIa Corte.
Ebbene, tutti i nostri nobili, e tutti i discepoli delle scuole greche, fonelate nei
Principati, non studiavano materia esclusivamente greca. Tutte le PilI importanti
opere della letteratura italiana, francese, e in generc occidentale, tradotte in neogreco, erano oggetto di studio e di rif1e~sione per i 110 tri. Si pensi poi che i
Principi, i nobili, i preti, i monaci, i letterati, gli scienziati greci, venuti da noi
per vivere come nel seno di Abramo, avevano spesso una mentalit europea -.le idee francesi del '700 trovavano alle nostre corti principesche non di rado la
stessa buona accoglienza che in Occidente - la lingua e la letteratura greca
compiva dunque la stessa funzione che ebbero nel secolo XIX il francese, e poi
il tedesco o l'inglese.
Passiamo ora alla civilt oecidentale a 110rd e ad est delle Alpi.
contn.> la minaccia cUl11an tartara (poi turca), fino alle macchine cl' ogni specie
che nel 'ecoto XIX invasero anch la 110 tra campagna, penetrando ncll'uso dei
contadini, tutto quanto v niva lall' vest era ~ nemtesc , tedesco. Avemmo la
etatell Ne'lIlII/lllll; (la fortezza li 'I Tedesco) ol11e nome schiettamel1te popolare,
come og-gi abbiamo la Iwill(l nemtl'asca, il vestito tedesco, pcr chi vestito diverso dal contadino (che ve tito ancora comc al tempo dei Daci) cio vestito
cittadino, bor rhesc. l I11cstieri ed negozi chc dal tempo pitl antico fornivano i
ilO tri pae -i dci prodotti manufatti pi complessi, piil vari, pill fini, pill costo i,
ddla civilt materiale occid 'l1tale, empre piit avanzata della nostra, hanno impre o nella nostra lingua i lor t l'mini, nella nostra arte le loro forme, nella
nostra vita e civilt il loro 11l0dell . Bi ogna ricordarsi che le nostre prime lotte
pcr la libert avvenllcro Il 1 '200, Il l '300 e nel 400 contro i re ungheresi e polacch i che desideravano ad ogni costo fare dei nostri sovrani i loro vassalli. I
nostri Principi 11 r non riconobbero mai le pretese ungheresi o polacche, e
quando gli altri ebbero la el11plicit di spirito di assalirci Ilei nostri paesi, la
confitta mititare dcgli stranieri fu la soluzione decisiva cii questa controversia di
diritto feudale. Oli Angi ungheresi nella Valachia del '300, i Corvini (romeni
rinnegati divenuti r' ullgheresi) nella Moldavia del '400, ebbero ugualmente a
dolersi della perfidia valacca che pezzo, nei monti selvaggi clelia nostra frontiera
transilvana, le loro armi empr vittoriose su altri campi. Si capisce facilmente
quanto grande fu lo scambio di idee e eli forme fra l'Ungheria e la Polonia da
una parte, la Valachia e la Moldavia dall' altra. Non parleremo di cose tecniche
ilei campo militare (fortezze, armi, metodi di guerra), n in quello della industria
min rari a (specialmente del sale di rocca, esercitata da ungheresi colonizzati come
lavoratori specializzati da noi). Ci fermeremo un solo momento all'arte. I gioielli ri g li refici sassoni Iella Transitvania, Sibiu (Hermannstadt), Brasov (Kronstadt), Bistrita, lavoravano pei no tri princi pi e nobili cose sacre e profane, mod lIate secondo il nostro gusto. Naturalmente, lo stile ehe prevalse fu nei primi
tempi il gotico, poi quello del rinascimento, cos che nelle nostre chiese e nei
nostri palazzi si trovavano in grande misura rappresentati gli stili occidentali
come caratteristici per le arti minori. Ma 110n solo in questo campo, anche nella
architettura avemmo un grande influsso gotico. Lo stile moldavo dei primi secoli
l110sl a una sinte i cii elementi costruttivi romeno-bizantini e cl i elementi ornamentali gotici. Le incorniciature delle porte e delle finestre, lavorate sempre in
pietra, sono di linea pura gotica. Vi e, come nelle cattedre di Nicolo d'Apulia 11 Ile quali il gotico e il romano, classico, si univano senza transizione - qualche
cosa di aspro, di discordante, e che tuttavia impressiona piacevolmente, in questa
unione d l bizantino col gotico. I maestri dell' Ovest che portavano con loro lo
stile gotico ebbero poi l'occasione di creare anche lavori di forma pura, come
per s. nei palazzi principeschi eretti presso i Monasteri di Trei-Jerarehi e di
etatuia, n Ila capitale della Moldavia, a Jassy. Ma, come il gotico italiano, il
gotico romeno 11011 aveva molta propensione per la linea verticale, e preferiva
quella rizzontale, il ritmo sicuro, largo, pesante, che gli era familiare dalle cu-
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pole e dalle arcate bizantine e dalla linea massiccia delle fortezze romanich . Cc me
la moda nella vita dell aristocrazia, come gli stili nell'arte, cosi le forme letterarie
dell'Ovest procurarono motivi di ispirazione alla nostra nascente letteratura nazionale. Due sono le direzioni nelle quali, fin dal principio, l'Occidente ci fu di
grande utilit: la religiosa e la storica
la prima attraverso I Ungheria, la seconda per la stessa via, ma anche piil attraverso la P)I nia. L lotte terribili c
le persecuzioni che la riforma luterana, calvinista, hu sita, avevano provocate,
ebbero la loro eco fino nella Transilvania. La furibonda attivit di pr paganda
cominci, nelle lingue umili dei servi, cio dei Romeni e degli Slavi dell'Uno-h ria.
Gli apostoli della riforma traducevano tutti i libri santi e sistematizzavano il nuovo
credo anti-cattolico in opuscoli stampati anche in romeno. Noi, come qrfodossi,
non eravamo affatto entusiasti della riforma. Ma il servizio res dagli id alisti
combattenti stranieri ci fu molto utile. Cominciato il moviment , nella Transilvania, dagli altri, i nostri lo continuarono nei Principati liberi. Lo slavismo 1110riva. La nostra lingua risuonava adesso anchc nella chiesa. In quant alla 110 tra
letteratura storica, gi da lungo esistente in slavo, per h cOllcepita da monaci,
nei monasteri, essa pass allora nelle mani della nostra aristocrazia. l nobili moldavi, in stretti legami spirituali con la Polonia, dove molti, come giovani, facevano i loro studi in latino e in polacco, furono q uclJj che cominciarono la seric
delle cronache, secondo il modello della clzrollica latina del medio evo occiden
tale. La gloriosa serie moldava, che gia col suo primo rappr sentante, il vorni
(sarebbe il magister militum romano-bizantino) Gregorio Urechi, sale ad un livello artistico, paragonabile ai migliori modelli esteri, continua col geniale Miron
Costin, e col suo erudito figlio Nicola Costin, e passando per la apparizi ne dell'incantevole stile popolare del Niculcea si prosegue fino ai nostri giorni, cOllie
una tradizione specificamente moldava.
Mirone Costin, che scrive contemporaneamente in romeno, in latino e in polacco, anche una gloria della Polonia, come poi i nostri Demetrio ed Anti co
Cantemir lo saranno della Russia. Le nostre forze spirituali gi nel seicento 11101 davo sono tanto esuberanti che dalla famiglia regnante dei Movila, noi possiamo
far dono ai Russi, alla fine del secolo, del grande letterato al cvescov Pietro,
organizzatore della chiesa di Kiev, ed ai Polacchi di numerosi Principi che in perpetua
lotta coi Turchi restano per sempre nella Polonia e contribuiscono alla gloria del 600
polacco. La storiografia valacca meno brillante, ma non meno erudita, di quella
moldava, ha nel suo Costantino Cantacuzino un rappresentante non solo di larga
cultura (aveva studiato a Padova), ma anche di importanza europea. Il suo orientamento occidentale. Infatti, nella Valachia c' il sacro impero romano di nazione
germanica che man mano estendendosi (sopra l'Ungheria abbassata, e, dopo la
liberazione dal giogo turco, austriacizzata ) fino nella Transilvania, utilizza tutto
il nostro spirito di indipendenza per avere in noi un potente fattore nella guerra perpetua contro i Turchi. Tutti i nostri principi del '500 e del '600 ebbero strette relazioni,
oppure gravi conflitti coi Cesari di Vienna. Ma questi Cesari regnavano anche in
Italia. La cultura austriaca profondamente penetrata di elementi italiani. Sar
dunque straordinario se nella Valachia rrotetta dagli Imperatori romano-germanici
troveremo molta italianit nell'arte sacra e profana del seicento e del settecento?
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