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Per spiegare meglio quanto appena esposto voglio prendere ad esempio la fecondazione assistita, la quale viene
ridotta alla questione violenza perch l'animale non consenziente, facendo coincidere l'atto della fecondazione
con quello dello stupro. Se la monta fosse naturale, cosa ad esempio ancora obbligatoria per i cavalli purosangue
inglese, il comportamento umano, che comunque giostra gli animali, sarebbe pi giustificabile? Se l'esplorazione
rettale, che l'atto pi violento coercitivo della pratica di inseminazione, fosse eseguita per valutare la corretta
disposizione degli organi interni, procedura routinaria in caso di coliche nel cavallo, l'atto perderebbe di gravit
perch cambia lo scopo? Inoltre chi pu dire se quella singola bovina o cavalla oggetto dell'inseminazione si
comporterebbe in modo accondiscendente verso un toro o stallone che tentasse di fare lo stesso? In natura, specie
tra puledre e manze sono frequenti i rifiuti all'accoppiamento, che spesso avviene solo dopo insistenza del maschio
pi forte come, viceversa, la maggioranza degli animali di grossa taglia si f esplorare per via rettale ed inseminare
senza mostrare il minimo fastidio. Le femmine possono comunque opporsi all'accoppiamento del
maschio/inseminatore e sottrarsi ad esso ma, a differenza di ci che accade durante la vita libera, la femmina
allevata non si trova a gestire un maschio insistente ma crescenti metodi di contenimento finch all'allevatore non
conviene spedirla al macello. Durante la vita libera il ciclo mestruale definito dai normali ritmi circadiani, in
allevamento il ciclo diretto dalla mano dell'uomo che, tramite ormoni, decide come piegarlo al proprio volere. Nulla
vieta all'allevatore di sfruttare il cosiddetto calore da parto (per una coincidenza ormonale c' un'ovulazione pochi
giorni dopo il parto), non concedendo nemmeno i mesi di lattazione per lasciare gli organi riproduttivi a riposo,
facendo di quell'animale un soggetto in perenne gravidanza. Vorrei, quindi, porre l'accento non tanto sull'atto
dell'inseminazione fatta dall'uomo ai danni dell'animale, cosa che, nei fatti, mima il comportamento del maschio
dominante all'interno della specie presa in esame, ma sul fatto che l'uomo imponga il ciclo estrale alla femmina:
quando questa va in calore, quando questa recettiva al maschio, quando questa dovr fare figli,
indipendentemente dal fatto che l'inseminatore sia un animale o sia un umano.
La manipolazione della femmina, il controllo sui prodotti da essa nati, cosa che agli albori della societ patriarcale
umana ha avuto per oggetto la donna, da sempre stata alla base della cultura androcentrica patriarcale
pastorale. La donna, da madre che continuava la specie, fulcro della societ, diviene una propriet dell'uomo,
assieme agli animali che alleva e caccia e assieme ad aratri e terre. Ben prima dell'avvento dell'inseminazione
artificiale l'uomo ha iniziato a manipolare i corpi animali, scegliendo quali animali accoppiare e quali no, quali
rendere riproduttori e quali no, ottenendo, nel tempo gruppi dalle caratteristiche omogenee e con performance
riproduttive e produttive migliori, le razze. Le razze sono prodotte dall'uomo e si discostano dagli animali primigeni
perch pi produttivi ma meno rustici, pi adatti alle esigenze produttive capitaliste, meno adatti alla vita libera.
Se si lasciano da parte metafore forti e le immagini d'effetto e si va, invece, a cercare la radice del problema, si cade
inevitabilmente sulla necessit di controllare i corpi, animali ed umani, perch questi producano ci che la societ si
aspetta di avere: latte, uova, carne, performance sportive, bellezza, corretti comportamenti, miglioramento
genetico. Tutti gli animali sono femmine in mano all'uomo allevatore, tutti i corpi animali necessitano di essere
controllati per poter fruttare nel mercato capitalista e, migliore la tecnologia utilizzata per il loro controllo, migliore
sar la resa in moneta (e quindi potere) per lo sfruttatore allevatore.
La frase Cerca di non essere cos emotivo cerca di comportarti pi razionalmente. Nasconde un esplicito
messaggio: le emozioni sono di grado inferiore rispetto alla ragione: sono troppo carnali e vicine al nostro spirito
animale per essere considerate degne di venir prese in considerazione; e, ancor peggio, interferiscono con il filo del
ragionamento. Quella umana lunica specie capace di trasformare le nostre percezioni corporee in un linguaggio
che pu essere utilizzato per creare metafore, idee astratte e contrapposizioni, come le dicotomie umano-animale,
uomo-donna, natura-cultura, razionale-emotivo, bene-male. Lo sviluppo del pensiero astratto ci permette di
idealizzare e progettare un mondo basato sulla ragione e contrapposto a percezioni e sensazioni, colpevoli di
stimolare l'empatia e di legarci saldamente al mondo naturale ed animale. Gli animali, come le culture umane a
trasmissione orale hanno una coscienza sociale di gruppo, notevolmente pi sviluppata di quella individuale: la
percezione personale pi il sentirsi frammento del gruppo sociale in cui si vive piuttosto che quella di un individuo
che si interfaccia con individui altro da s6.
Gli umani, animali bipedi, osservano il mondo lontano dal terreno hanno perso l'uso dell'olfatto e notevolmente
ridotto l'importanza dell'udito a vantaggio di un potenziamento della vista, come successo per le aquile, che sono
in grado di vedere un coniglio a 1500 metri d'altezza. Un cane, il cui occhio vede praticamente solo il blu e il giallo,
al contrario, vive un mondo di odori e suoni, stando tutto il tempo con il naso a terra e con le orecchie dritte. Ogni
animale ha diversi modi di interfacciarsi al mondo, la percezione umana del mondo sicuramente diversa di quella
di un cane o di un'aquila perch sono le stesse appendici recettive, che leggono l'ambiente, che ci suggeriscono
quali azioni compiere e che, quindi, creano modi di analizzare l'ambiente e di instaurare rapporti differenti dai nostri.
Quando imponiamo ad un animale un ambiente non adatto alle sue interfacce sensoriali (si pensi ad un cane
allevato in un ambiente pulito con detergenti, ad un cavallo trattenuto in un box di 9 metri quadrati o a un maiale
allevato sul cemento), di fatto, impediamo a questi di interfacciarsi con il mondo, di analizzarlo e di utilizzare le
percezioni per crearsi un proprio ragionamento. Un bambino, allevato da un surrogato materno completamente
automatizzato e senza alcun contatto umano, non potrebbe sviluppare un linguaggio (che la forma di scambio
culturale tipica della nostra specie) in grado di farlo interagire con i propri conspecifici 7. Nel cane o nel cavallo,
animali che devono interagire in modo positivo con l'umano, i problemi comportamentali legati ad un cattivo periodo
di imprinting (nel cane dalla quarta alla settima settimana di vita) sono noti e possono portare a problemi di
socializzazione e di interazione sia intra che interspecifica. Nel puledro il periodo di imprinting addirittura sfruttato
per insegnare al cavallo ad accettare le varie manualit che poi serviranno alla sua gestione futura. Seguendo lo
stesso ragionamento dovremmo chiederci se i piccoli di animale separati precocemente dalle madri subiscano
qualsivoglia forma di impedimento culturale e di deficit cognitivo comportamentale, ma non ce lo chiediamo,
infondo non una delle tante gabbie che aiutano a tener sottomessi gli animali cosiddetti da reddito? Oltretutto,
questa, non una storia gi vissuta dal femminismo, che ha potuto mettere in discussione il s e il contesto
dell'epoca grazie alle prassi istituite nei gruppi di autocoscienza femminile, prima forma di riorganizzazione dopo
anni di privazione sociale dovuti al giogo della cultura patriarcale?
La cultura intesa come trasmissione non genetica di informazioni per mezzo di meccanismi sociali di
apprendimento che portano a una omogeneizzazione dei comportamenti allinterno di un gruppo presente in
molti animali non umani ma spesso necessita di imitazione per essere trasmessa, non essendo il linguaggio
abbastanza sviluppato per consentire la trasmissione orale di idee.
Certi tratti delle culture animali ricordano da vicino aspetti delle culture delle specie umane pi arcaiche. Da un
certo punto di vista le culture degli animali non umani sono ferme alla preistoria delle culture umane, ma
teoricamente anchesse potrebbero evolvere e diventare via via pi complesse. Lestinzione di una specie non
comporta soltanto la perdita di biodiversit, ma determina anche la scomparsa di comportamenti e degli eventuali
usi e costumi di carattere tradizionale. Le scoperte degli ultimi anni mostrano che ancora non conosciamo tutto il
repertorio comportamentale dei primati e degli altri animali. Pratiche comportamentali come luso degli strumenti,
lapprendimento sociale di informazioni, le tradizioni legate ai singoli gruppi sono state per lo pi scoperte soltanto
negli ultimi trentanni, e chiss quanti dati ancora non conosciamo 8. Gli animali che oggi alleviamo sono stati di fatto
eliminati dai loro habitat naturali, sono estinti in natura, ed stata creata un'etologia applicata agli ambienti
artificiali, antropocentrici, dove i ritmi circadiani sono i ritmi di produzione e dove le interazioni tra i conspecifici sono
ridotte al minimo, per i motivi sopra esposti.
Come le donne sono tuttora sottoposte ad un bombarbamento di cultura patriarcale fin dalla nascita, che nei fatti
crea gabbie di genere la cui messa in discussione determina esclusione sociale, gli animali sono rinchiusi in gabbie
fisiche che diventano anche gabbie sociali, dove la possibilit di trasmissione di cultura impossibilitata:
I Maiali: i riproduttori maschi vivono in box singoli. Le femmine in gruppo ma trasferite in gabbie al momento del
parto per evitare lo schiacciamento dei suinetti quando questi nascono (gli spazi ristretti non permettono alle madri
di sdraiarsi senza schiacciare uno dei loro piccoli). I giovani e gli animali destinati al macello vivono in gruppi. Ai
suinetti (svezzamento a 21 giorni) vengono tagliate coda e canini alla nascita, per evitare morsi e lesioni tra membri
dello stesso gruppo quando questi vivranno assieme.
Ruminanti: le vacche in lattazione vivono assieme e, assieme vanno in sala mungitura. Le manze solitamente sono
in recinti separati, i maschi vivono preferibilmente in box singoli, per evitare episodi di monta tra maschi e quindi il
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La coscienza mitologica, La civilt dell'empatia. La corsa verso la coscienza globale nel mondo in crisi di Rifkin Jeremy, Mondadori
La civilt dell'empatia. La corsa verso la coscienza globale nel mondo in crisi di Rifkin Jeremy, Mondadori
Le culture degli altri animali. Homo l'unico sapiens? di Bisconti Michelangelo, Zanichelli
loro, come le bovine, in gerarchia lineare l'una con l'altra. La gallina in deposizione si stacca dal gruppo e va a
deporre le uova in luogo sicuro. Solitamente il maschio che decide con chi accoppiarsi ma ci sono alcune eccezioni,
ad esempio Nel pavone, la femmina che sceglie il partner con il piumaggio pi bello e quindi pi sano con cui
accoppiarsi, anche se il maschio solito attorniarsi di 4 - 5 femmine.
Quasi tutte le specie di Anatidi sono monogame in libert, le coppie sono legate da grande affetto. Costruiscono i
nidi all'asciutto, nel fitto dei cespugli. Di solito la cova e la cura della prole sono a carico della femmina, anche se
spesso il maschio collabora. Si cibano di tutto ci che riescono a filtrare nell'acqua e nella melma, oltre che di erba e
di bacche acquatiche. In cattivit, per favorire la riproduzione, i gruppi sono formati da 1 maschio e 5-6 femmine per
le razze leggere e 1 maschio e 2-3 femmine per le razze pesanti. In natura sono frequenti le coppie di oche maschio
maschio o le triadi maschio maschio femmina.
In natura gli animali intersessuali non subiscono alcun allontanamento, semplicemente scelgono da che parte stare.
Sono normali e frequenti le monte di soggetti dello stesso sesso, sono riportati sodalizi tra animali che durano una
vita intera, ogni specie ha i suoi riti e le sue modalit di corteggiamento e di difesa. Gli animali vivono in societ
basate sull'empatia intesa come la partecipazione/condivisione del vissuto altrui -, e non tra gli ingranaggi del
capitalismo che fanno del pi produttivo il migliore. solo tramite l'empatia che possiamo comprendere lo stato
d'animo degli animali: se un cane si lecca una ferita e cammina lamentandosi capiamo cosa prova, se una vacca
muggisce continuamente quando le viene tolto un vitello capiamo cosa sta provando: il dolore forse uno dei pochi
sentimenti primordiali che non stato modificato durante la nostra vita evolutiva, ed forse per questo che siamo
ancora cos recettivi quando lo avvertiamo in altri animali e, automaticamente, siamo portati a pensare che un
mondo senza dolore (e quindi senza sfruttamento) renderebbe liberi gli altro da umani. La risposta a questo
imperativo la creazione di rifugi, che per mantengono il loro carattere paternalista io so cosa meglio per te
ma che difficilmente si pongono l'interrogativo di ascoltare le istanze degli altro da umani.
L'io so cosa meglio per te compare anche nell'ultima legge contro la violenza sulla donna, dove stata imposta la
presenza di un tutore che freni l'emotivit della vittima in caso questa desideri ritirare la denuncia. Si intende
proteggere la vittima, metterla in condizione di punire chi ha sbagliato ma non si va minimamente a colpire gli
ingranaggi della cultura patriarcale che induce l'uomo ad agire con violenza verso la donna. Non stato ancora
stanziato un centesimo per la prevenzione della violenza e per favorire una cultura che abbia alle basi il rispetto e la
parit. Analogamente, sottraiamo alcuni soggetti non umani alla macchina dello sfruttamento e li poniamo in
ambienti protetti dove dei tutori ne assumono la propriet e quindi possono schierarsi in difesa della loro vita
individuale. Lo stesso non vale per la loro vita riproduttiva, infatti, per la difficile gestione che imporrebbero animali
non sterili (sia maschi che sarebbero difficilmente gestibili, sia per gli accoppiamenti che genererebbero nuove vite
da accudire) gli animali vengono generalmente castrati.
I rifugi, al pari dei centri antiviolenza che ospitano donne maltrattate, non sono luoghi di crescita paritaria del
rapporto umano animale, dove la zoosemiotica viene messa alla base della comunicazione ma, nei fatti, sono
repliche del modello fattoria, depurato da quel sistema di sfruttamento che intuiamo essere mal voluto dagli animali
ma che ne mantiene la struttura paternalistica cui viene sommata una punta di pietismo. Gli animali rifugiati
acquistano un nome ed una serie di caratteristiche, sono antropomorfizzati perch il rifugio vuol essere luogo dove
gli animali non umani sono individui. Quale miglior modo pu esserci per farlo, se non quello di presentarli ai
visitatori come umani?
Le donne, con il femminismo, si sono unite contro la norma patriarcale. Non possiamo sapere, a tutt'oggi, come gli
altro da umani articolino i propri punti di vista e quali modi di resistenza possano organizzare per contrapporsi al loro
sfruttamento, specie quando cresciuti in cattivit da generazioni, per dovremmo iniziare a considerarli come
individui sovrani, dotati di una propria cultura e di una propria ecologia, individui da ascoltare e non solo da
proteggere. Gli animali possiedono un punto di vista che necessita di essere colto ed espresso da quegli esseri
umani che accettino di allacciare un dialogo con loro 9: occorre sforzarsi di leggere e interpretare il linguaggio degli
individui animali con i quali si in relazione, universalizzando poi quanto osservato agli altri individui della stessa
specie (o di specie affini), coinvolti in contesti analoghi. Se gli animali potessero parlare imputerebbero alla
macchina dello sfruttamento animale l'origine della loro oppressione, come le donne imputano la propria
oppressione alla macchina patriarcale. La lotta di liberazione dovrebbe passare per il sabotaggio di quegli ingranaggi
che permettono alla macchina di avanzare, sia con azioni dirette che con impedimenti legali, che rendano al sistema
capitalista sempre pi difficile sfruttare animali. un dato di fatto che non abbiamo abbastanza rifugi per contenere
tutti gli animali sotto schiavit e quindi, non potendo liberarli, cerchiamo di convincere altri umani ad unirsi alla
nostra lotta, o ad uno stile di vita il pi cruelty free possibile. Per ottenere questo scopo usiamo immagini forti,
rendiamo umani gli animali liberati e sviamo il focus dal dominio dell'oppressore (l'umano) alla sofferenza
dell'oppresso (l'animale non umano), per cui proviamo piet.
Liberare le donne abbattendo il patriarcato significherebbe sottrarre spazi di dominio all'uomo. Liberare animali
abbattendo la macchina di sfruttamento allevamento macello significa dover sottrarre spazi di dominio agli umani
per darne agli animali, significa anche, inevitabilmente, liberare spazi verdi ed evitare che gli spazi verdi esistenti
vengano antropomorfizzati. La liberazione della terra deve avvenire contestualmente a quella degli animali, perch
questa non pu contenerli con oltre 7 miliardi di padroni che rivendicano ogni centimetro del pianeta come proprio.
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Quando un animale non umano evade da un allevamento, macello o camion non sogna rifugi ma solo uno spazio
aperto, dove riconquistare indipendenza e liberi rapporti sociali. Cosa farebbero gli animali se li liberassimo in
ambienti aperti, dove loro stessi potrebbero riprodursi, ricreare e perpetuare una propria cultura, riorganizzarsi in
gruppi e ribellarsi uniti? Sicuramente rischierebbero la vita per la repressione perpetuata dagli umani ed per
questo che, ancora una volta, scatta il paternalismo - dobbiamo prenderci cura degli animali che liberiamo, come
fossero individui non in grado di provvedere a s stessi. Io invece mi chiedo, siamo disposti ad abbandonare
un'ottica ancora antropocentrica, seppur sicuramente pi etica di quella vigente, ma che comunque pone alla base il
controllo dei liberati, per evitare ad essi altri sopprusi, in favore di una liberazione pi ampia, che coinvolga
l'umanit e la terra e che preveda territori liberati ad uso degli animali sovrani?
Pu un movimento antispecista, che dimostra spesso non interesse verso le istanze femministe, abbracciare
modalit di lotta e relazione che il femminismo da anni propone? Quanto il movimento antispecista replica modalit
pastorali, patriarcali e paternalistiche e quanto avrebbe da imparare dai percorsi femministi e dalle donne? Pu il
movimento antispecista non riconoscere che anche la terra subisce lo stesso processo di femminilizzazione ed
oggettivazione comune a donne, lgbtqi ed animali, e che anche i movimenti per la liberazione della terra
combattono il sistema di dominio patriarcale, unico minimo comun denominatore dello sfruttamento di umani, non
umani e della terra? Il sistema patriarcale controlla i corpi umani, non umani e il corpo - pianeta terra,
determinandone sfruttamento e interferendo con i normali cicli riproduttivi: siamo, come movimento, consapevoli
che se non ci sar pi terra fertile non ci sar pi spazio dove far vivere animali liberi? Possiamo continuare a negare
che le istanze legate alla liberazione della terra non riguardino l'antispecismo? Siamo disposti ad affiancare alla
modalit care giver nuove strategie umano non umano che siano veramente orizzontali e paritarie, dove non
previsto un umano controllore, ma un umano in grado di ascoltare le istanze suggerite dagli animali e dalla terra, e
che si proponga di scrivere assieme a questi l'agenda politica di liberazione?