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Kant opera negli ultimi decenni del Settecento in Germania, in un'epoca per molt
i versi di transizione tra illuminismo e romanticismo. Risente di questa fase di
transizione e, pur collocandosi a pieno titolo nell'illuminismo (di cui l'ultim
o e il massimo esponente), molti aspetti del suo pensiero sono gi romantici. Rile
vante il fatto che egli operi in una realt come quella tedesca che, per la sua co
llocazione 'provinciale' dal punto di vista culturale e politico, vede il penetr
amento di un illuminismo diverso da quello degli altri Paesi, un illuminismo pi s
fumato, il cui aspetto rivoluzionario di netta rottura e di critica verso il pas
sato risulta smorzato. Che l'illuminismo in Germania sia pi sfumato che altrove,
lo si pu facilmente evincere dall'uso che i tedeschi continuano a fare del latino
, nella altre nazioni europeee ormai sostituito dalle lingue nazionali, atte a d
ivulgare il pi possibile la cultura e le scoperte filosofiche. Un altro aspetto c
he contraddistingue la realt tedesca dalle altre in Europa il fatto che, in ambit
o filosofico, in Germania non c' la rottura definitiva con la metafisica, n tantom
eno il distacco degli intellettuali dalle universit: Kant stesso sar per tutto il
corso della sua vita professore universitario. Si pu dire, in altri termini, che
la Germania di quegli anni di gran lunga meno rivoluzionaria di molti altri Paes
i, quali la Francia o l'Inghilterra; Kant per molti versi un pensatore rivoluzio
nario, tanto da essere talvolta paragonato a Robespierre; eppure, letto in trasp
arenza, molti sono in lui gli aspetti conservatori: egli si presenta, pi che come
pensatore radicalmente rivoluzionario, come pensatore che cerca di dare una sis
temazione definitiva alla culturta moderna . Kant accetta con entusiasmo le novi
t subentrate nella cultura moderna, cercando di dar loro una veste definitiva; qu
est'operazione egli la attuer soprattutto con la scienza newtoniana: la filosofia
di Kant , infatti, per molti aspetti un tentativo di fondare filosoficamente la
scienza di Newton e questo dimostra che egli non un conservatore, ma anche che m
eno rivoluzionario del previsto. La vita di Kant , interamente dedicata all'inse
gnamento universitario, diventata quasi proverbiale per i pochi avvenimenti che
la caratterizzano. Due per sono le tappe fondamentali che la segnano: la prima, r
isale a quando Kant rivendic apertamente la libert di pensiero, in opposizione con
la censura che aveva avuto da dire sul suo scritto sulla religione costruita ne
i limiti della sola ragione. In Kant la libert di pensiero un tema centrale , che
trova la sua massima trattazione nella Risposta alla domanda: che cosa l'illumi
nismo? (1784) . In questo trattatello (che il vero e proprio testamento spiritua
le dell'illuminismo), Kant definisce l'illuminismo come ' l'uscita dell' uomo da
llo stato di minorit che egli deve imputare a se stesso ' , quasi come se l'uomo
non fosse ancora del tutto divenuto maggiorenne sul piano intellettuale, cio capa
ce di usare la propria ragione. Kant, riprendendo le tematiche tipicamente illum
inistiche della lotta ai pregiudizi, spiega che gli uomini, fino a quel momento,
non hanno dovuto fare lo sforzo di pensare da soli perch c'era chi lo faceva per
loro: essi si sono dunque ridotti ad accettare le opinioni elaborate dagli altr
i senza vagliarle con la propria ragione. La minorit che ha caratterizzato fino a
d allora l'uomo interamente imputabile all'uomo stesso, che non ha avuto il cora
ggio n la voglia di sapere; l'illuminismo quindi un fatto di volont e il suo motto
' abbi il coraggio di servirti della tua propria ragione! '. A questo punto, pe
r, Kant (e qui si vede come egli sia per molti aspetti conservatore) distingue tr
a uso pubblico e uso privato della ragione : l'uso pubblico quello che io faccio
in qualit di libero cittadino, quello privato invece quello che faccio nell'eser
cizio specifico di determinate funzioni. Come soldato impegnato in guerra, ad es
empio, dovr limitarmi ad obbedire, senza esprimere la mia disapprovazione (uso pr
ivato della ragione); quando per non sono pi nelle vesti di soldato, ma in quelle
di cittadino, posso liberamente esprimere la mia disapprovazione e tutte le obie
zioni che desidero (uso pubblico della ragione); allo stesso modo, se un gruppo
religioso mi paga per tenere la messa, io devo limitarmi ad eseguire e non mi co
ncessa la libert di esprimere le mie riserve in merito a quella dottrina religios
a; come libero cittadino, invece, posso esprimere il mio disappunto e le mie per
plessit. Nei due casi appena esaminati, non vi alcuna violazione dell'obbedienza:
ho libert di parola, ma devo obbedire (anche se non approvo); e Kant tesse le lo
giovent, solo con la Critica della ragion pura (1781), composta quando aveva orm
ai circa sessant'anni, che Kant raggiunge la maturit del suo pensiero. Tutto ci ch
e aveva scritto prima non altro che una lunga e laboriosa preparazione a questo.
La sua filosofia, del resto, viene solitamente suddivisa in due periodi, facend
o riferimento alla stesura della Critica della ragion pura : il periodo che vien
e prima di quest'opera definito 'precritico'. A caratterizzare questo lungo peri
odo di maturazione filosofica, sono le continue oscillazioni dovute alle diverse
influenze filosofiche che agiscono su Kant. Di esse, due sono quelle che si fan
no pi sentire: si tratta dell'empirismo e dell'innatismo. Nella met del Settecento
, in Germania, l'influenza di Leibniz era ancora fortissima, grazie anche alla d
iffusione e alla sistematicizzazione del suo pensiero operata da Wolff: e propri
o queste due istanze, leibniziane e di sistematicizzazione, le ritroviamo in Kan
t; soprattutto l'idea di sistematicizzare fortissima nel pensatore tedesco, quas
i ossessiva, tanto che qualcuno ha detto che si tratta quasi di una gabbia che c
ristallizza il suo pensiero: s, perch se prendiamo la Critica della ragion pura no
teremo in essa una sistematicit esasperata, ricercata; addirittura alle altre due
grandi critiche (la Critica della ragion pratica e la Critica del giudizio ) eg
li tenter di conferire la stessa sistematicit. Detto questo, Kant deriva da Leibni
z parecchie concezioni, delle quali una resta fissa, assolutamente intoccabile:
si tratta di un'istanza innatista sul piano gnoseologico, un rifiuto a pensare c
he tutto possa derivare solo dall'esperienza; come diceva Leibniz stesso, non c'
nulla nel nostro intelletto che prima non sia passato dall'esperienza, fatta ecc
ezione per l'intelletto stesso. Naturalmente il materiale della conoscenza lo ri
ceviamo dal'esperienza, ma a rielaborarlo l'intelletto, che esula del tutto dall
'esperienza stessa. Leibniz aveva avuto il merito di riconoscere, almeno embrion
almente, che le strutture con le quali organizziamo le conoscenze sono innate; l
a soluzione all'annoso problema del conflitto tra empirismo e innatismo la dar Ka
nt, in modo definitivo: la materia della conoscenza deriva dall'esperienza, ma l
a forma della conoscenza a priori. Kant mutua quindi da Leibniz l'istanza innati
stica, pur depurandola: dal soggetto deriviamo le forme della conoscenza, dai se
nsi deriviamo invece i contenuti. Questo vuol dire che Kant (sostenendo che il m
ateriale dela conoscenza derivi dall'esperienza) non attinge solo dall'innatismo
leibniziano, ma anche dall'empirismo lockiano. Da Locke egli eredita anche il c
riticismo nei confronti degli strumenti conoscitivi a nostra disposizione, ponen
dosi il quesito: fin dove pu arrivare la mia ragione? Locke diceva che la ragione
l'unico lume di cui possiamo avvalerci per illuminare il mondo, ma si tratta co
munque di una luce limitata, che non pu gettar luce su ogni cosa: ma la limitatez
za di queso mezzo non autorizza a porre ad esso dei limiti esterni (quale la fed
e). Essendo l'unico strumento a disposizione, il lume della ragione l'unico che
abbia il diritto di indagare sui suoi stessi limiti, che non le sono comunque im
posti dall'esterno. La ragione non onnipotente, ma ha dei limiti intrinseci: que
sto distingue l'illuminismo dal razionalismo cartesiano, che, vedendo la ragione
come onnipotente, scivolava, paradossalmente, nell'irrazionalismo al pari della
religione: come la religione non ha fede nella ragione, cos il razionalismo ha f
ede in essa, senza per indagare sui limiti che essa presenta. La Critica della ra
gion pura proprio, come il Saggio sull'intelletto umano di Locke, un tentativo d
ella ragione umana di riflettere su se stessa, un tentativo che per molti versi
conclude il discorso avviato a suo tempo da Cartesio sul metodo da adottare: che
mezzi ha a disposizione la ragione per conoscere? E fin dove si possono spinger
e tali mezzi della ragione? Ad indagare sui limiti della ragione deve essere la
ragione stessa. Ma Kant, oltrech dell'influenza di Locke e di Leibniz, risente an
che di quella di Newton e di Hume: la filosofia di Kant (almeno nella sua parte
teoretica, ossia nella Critica della ragion pura ), come accennato, si configura
come tentativo di fondare filosoficamente la scienza moderna, la cui paternit ri
conducibile soprattutto a Newton. A quest'ultimo spetta il merito di aver unific
ato in una sola legge (legge di gravitazione universale) quelle che in Keplero e
Galileo erano leggi distinte: Keplero aveva elaborato le tre leggi sull'orbita
ellittica dei pianeti, Galileo, invece, aveva formulato la legge di caduta dei g
ravi. All'epoca di Kant la formulazione scientifica di Newton all'avanguardia pe
rch si configura come una formulazione pienamente matura del meccanicismo: ormai
ad accettare in maniera acritica alcuni punti fermi della metafisica e del comun
e modo di pensare: Hume aveva mostrato che la nozione di sostanza e di causa, da
tutti accettate come evidenti, in realt non erano poi cos ovvie: chi mi dice che
il mondo sia effettivamente un insieme di sostanze tra loro legate da rapporti c
ausali? Non posso dimostrarlo razionalmente, ma ne sono certo per via della cred
enza immediata dettata dalla mia stessa natura di uomo, la quale mi invita ad ac
cettare le nozioni di causa e sostanza, secondo Hume. Una volta svegliato da Hum
e, Kant ne prender poi le distanze perch convinto che sebbene infondate razionalme
nte, le nozioni di causa e sostanza, a differenza di quanto credeva il pensatore
scozzese, possano essere fondate dalla ragione. Certo, Hume ha perfettamente ra
gione a dire che le nozioni di causa e sostanza non sono ovvie, ma, detto questo
, bisogna spingersi oltre, provando, con un percorso originale, a fondarle. E a
proposito interessante ricordare uno scritto kantiano (di tutti forse il pi piace
vole alla lettura) risalente al 1766, intitolato I sogni di un visionario chiari
ti con i sogni della metafisica . Lo spunto per quest'opera sorge in occasione d
i un fatto contingente: una conoscente aveva chiesto a Kant il parere a riguardo
di un bislacco personaggio di allora, dalle idee strane e, a quanto sosteneva,
capace di entrare in contatto col mondo sovrasensibile e spirituale. Kant ne app
rofitta e scrive questo libercolo, effettuando un capovolgimento ironico (eviden
te a partire dal titolo), quasi a dire che quel personaggio un fanfarone che vuo
le andare al di l dell'esperienza sensibile allo stesso modo in cui spesso la met
afisica ha costruito castelli in aria, cercando illegittimamente di andare oltre
l'esperienza: i sogni della metafisica vengono dunque accostati a quelli del fa
nfarone e ritenuti dei puri vaneggiamenti. Questo testo costituisce l'apice dell
a polemica kantiana verso la metafisica, una polemica che trova appunto in Hume
il suo massimo eroe. Questa posizione di insofferenza verso la metafisica nel pe
riodo critico si attenuer e, sebbene Kant continuer a ritenere erronea la pretesa
della metafisica di spiegare ci che al di l del mondo fisico, tuttavia egli spiegh
er che si tratta di una pretesa innata nella natura dell'uomo stesso, il quale se
nte l'esigenza di porsi queste domande e di rispondere ad esse. Dir che alcune id
ee metafisiche (ad esempio Dio) hanno una certa funzione nella conoscenza (ad es
empio, non posso conoscere Dio, ma l'idea di Dio mi aiuta a capire molte altre c
ose), e che esse, sebbene inaccessibili alla conoscenza, per altri versi sono ac
cessibili al campo morale ed etico (ad esempio, Dio non lo posso conoscere, ma n
ell'etica, scegliendo come comportarmi, mi baso sul concetto di Dio). A quegli a
nni risale anche un'altra opera kantiana, che segna il distacco di matrice humea
na dalla metafisica: L'unico argomento possibile per una dimostrazione di Dio (1
763) . Qui Kant distrugge la classica argomentazione ontologica di Anselmo da Ao
sta: Anselmo aveva dimostrato l'esistenza di Dio partendo dal concetto stesso di
Dio, inteso come l'essere perfettissimo, e spiegando che Dio, la cosa pi perfett
a di ogni altra, per essere tale non pu mancare di esistenza; l'esistenza, in qua
nto perfezione, per Anselmo fa parte dell'essenza, e un concetto (pura essenza)
privo di esistenza, non pu essere perfetto. Ma Kant confuta quest'argomentazione,
sostenendo che l'esistenza non pu a nessun titolo far parte dell'essenza ; il co
ncetto di una cosa, sia che essa esista sia che non esista, non varia e l'esiste
nza come se si aggiungesse dall'esterno: il concetto di giraffa perfetto di per
s, anche se le giraffe non esistessero. Kant si avvaleva di un esempio: certo i 1
00 talleri che ho in tasca sono diversi dai 100 talleri che io penso, gi solo per
ch con quelli in tasca posso fare acquisti, ma non una differenza di essenza, non
, come credeva Anselmo, che i 100 talleri esistenti siano pi perfetti e abbiano p
i valore dei 100 talleri pensati; non vero che una cosa esistente pi grande della
medesima cosa pensata come se inesistente. L'esempio dei 100 talleri rende bene
l'idea perch, se come dice Anselmo ci che esiste vale di pi ed pi grande di ci che s
lo pensato, avendo 100 talleri in tasca, pensando quei talleri, dovrei averne in
mente meno, solo 90, ad esempio, perch una cosa solo pensata vale meno di una es
istente. Cos facendo, Kant smonta la prova anselmiana e mostra che i 100 talleri,
sia che esistano sia che non esistano, hanno la stessa essenza. L'esistenza inv
ece qualcosa che si aggiunge dall'esterno, la posizione (l'essere posto) di qual
cosa: esiste ci che dato o pu essere dato nell'esperienza di qualcuno: l'essenza d
i libro non cambia a seconda che il libro esista o meno, e posso dire che il lib