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Gruppo di ricerca teologica sulla Custodia del creato

Ufficio Nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro - Servizio Nazionale per il Progetto Culturale della CEI
in collaborazione con
Associazione Teologica Italiana (ATI) e Associazione Teologica Italiana per lo Studio della Morale (ATISM)

SEMINARIO DI RICERCA
(Roma, 29.01.2010)
La fede nel Dio Trino per la custodia del creato

PER UNA TEOLOGIA TRINITARIA DELLA CREAZIONE


Prof. Piero Coda
PREMESSE
Inizio con due premesse al fine di chiarire la prospettiva epistemica e loggetto del contributo.
1. Circa la prima, basti dire che la teologia e le scienze della natura vengono da me intese
come due diverse interpretazioni del reale cui entrambe fanno riferimento 1. Esse sono autonome ed
epistemicamente fondate entro il loro specifico ambito di ricerca e, proprio per questo, nel rispetto delle
loro competenze e dei loro linguaggi, possono proficuamente dialogare, offrendo ciascuna, secondo la
propria originalit, un contributo alla conoscenza della realt. In questa sede si pu dare per acquisito il
significato dellautonomia e del fondamento epistemico dellimpresa scientifica. Pu forse invece essere
utile richiamare che anche la teologia gode di queste qualit, in quanto anchessa intenziona, a livello
riflesso e critico, una specifica dimensione della realt: la rivelazione di Dio in Cristo. La fede, come atto
che specifica la ragione/libert della persona a partire dallincontro gratuito con Dio che si rivela, per
s atto realistico, raggiunge cio, attraverso unesperienza originale, la realt. Scrive Tommaso
dAquino: actus fidei non terminatur ad enuntiabile sed ad rem2.
In virt di tale riferimento realistico che le accomuna, teologia e scienze della natura non solo
sono in grado con le dovute attenzioni di dialogare, incrementando ciascuna, dal proprio punto di
vista, la comprensione della realt, ma anche di sollecitarsi e stimolarsi reciprocamente, affinch,
restando rigorosamente entro il proprio ambito, ciascuna possa usufruire, al suo proprio livello
dindagine, di elementi conoscitivi che le sono offerti dal rispettivo partner di dialogo.
2. Vengo cos alla seconda premessa: loggetto specifico del presente contributo. Si tratta del
concetto di creazione, che risulta senzaltro centrale nella teologia cristiana, perch esprimente il
peculiare rapporto inteso dalla fede tra Dio e il mondo. Il concetto di creazione entrato oggi, dal punto
di vista della teologia, in una fase di profondo ripensamento. E ci per almeno due motivi: il primo, a
carattere teologico, in quanto la teologia si trova impegnata a rivedere tutti i suoi concetti, e dunque
anche quello di creazione, alla luce della realt stessa di Dio quale ci rivelata in Cristo: e cio come
Amore e, perch Amore, Trinit; il secondo, derivante invece dalla necessit avvertita dalla teologia
Mi permetto rinviare alle prospettive enucleate ed argomentate in P. Coda R. Presilla (a cura di), Interpretazioni
del reale. Teologia, filosofia e scienze in dialogo, (Quaderni Sefir, 1) Pontificia Universit Lateranense Mursia, Roma 2000;
e al mio Il sapere di Dio e i saperi dell'uomo. Per una teologia in dialogo, in "Sophia", n. 0 (2008), 35-46.
2
San Tommaso dAquino, Summa Theologiae, II-II, q. 1, a. 2.
1

darmonizzare, nel suo proprio linguaggio, la visione delluniverso accreditata dalle scienze con il
concetto classico di creazione che le specifico 3.
Il mio intento che sar realizzato sotto forma dun semplice schizzo quello di mostrare un
possibile, fecondo e persino necessario feedback tra concetto teologico di creazione e visione
scientifica delluniverso: nel senso che, se vero, da una parte, che la cosmologia contemporanea
provoca la teologia classica della creazione, propiziandone unulteriore precisazione e un deciso
approfondimento; altrettanto vero, dallaltra, che una rinnovata teologia trinitaria della creazione pu, a
sua volta, offrire degli stimoli e, perch no?, dischiudere dei possibili orizzonti interpretativi anche alla
cosmologia e alle ricerche scientifiche.
Articolo il contributo in due momenti: il primo, a carattere prevalentemente storico, volto a
ricostruire, in estrema sintesi, gli elementi strutturali del concetto teologico classico di creazione,
mostrandone al contempo qualche ricaduta a livello cosmologico; il secondo, a carattere pi sistematico
e prospettico, volto a presentare alcuni elementi di novit derivanti dallapprofondimento teologico
contemporaneo, mostrandone la possibile correlazione con le nuove idee maturate nel campo della
cosmologia scientifica.
I. SUL CONCETTO TEOLOGICO CLASSICO DI CREAZIONE
Non mi soffermo sul tema della genesi del concetto teologico di creazione 4. Basti dire che ci
troviamo di fronte a un concetto tipicamente teologico: nel senso ch nato e si strutturato
riflessivamente entro lorizzonte di pensiero dischiuso dalla rivelazione di Dio a Israele, compiutasi
secondo la fede cristiana in Ges Cristo. Tant che esso, formalmente, non rinvenibile nella
tradizione filosofica greca e anche nelle tradizioni speculative sorte sul terreno delle grandi sapienze
religiose dellOriente. Ci significativo perch mostra la fecondit conoscitiva della fede nel suo
approccio intenzionale alla realt.
Di fatto, nella sua precisa formalit, il concetto di creazione stato articolato a partire dalla
percezione pi generale e insieme da alcune esplicite affermazioni contenute nella testimonianza
scritturistica dai Padri della Chiesa, attraverso una dialettica coraggiosa e rigorosa nei confronti delle
posizioni dominanti nel contesto culturale e filosofico dellellenismo circa lorigine e la natura del cosmo.
Il credo niceno-costantinopolitano (325-381) contempla come specificazione del suo primo articolo
Credimus in unum Deum, Patrem omnipotentem la verit della creazione: omnium visibilium et
invisibilium factorem5. Con la Scolastica medioevale tale concetto giunge alla formulazione esplicativa
che rester classica6. La relazione tra Dio e il mondo espressa come creatio ex nihilo sui et subiecti.
Lex nihilo intende precisare in modo inequivocabile il concetto stesso di creatio: si tratta di un fare dal
nulla, di quellatto, cio, proprio di Dio e di Dio soltanto, mediante il quale da Dio vengono poste
nellessere quelle cose che per s non sono.
La sagacia metafisica degli Scolastici specifica ulteriormente lex nihilo negando, innanzi tutto,
che vi sia un altro principio, diverso da Dio, preesistente alla e condizionante la creazione, la quale, se
vi fosse un simile principio, non sarebbe pi creazione. La precisazione ex nihilo subiecti, infatti,
Mi permetto rinviare al mio Dio e la creazione, in Nuova Umanit, 20, n. 115 (1998), 67-88; al saggio di E.
McMullin, Natural Science and Belief in a Creator: Historical Notes, in R.J. Russel W.R. Stoeger G.V. Coyne (Edd.),
Physics, Philosophy and Theology: A Common Quest for Understanding, Vatican City State 1988, 47-79; ai qualificati
contributi raccolti in Cosmos ad Creation. Theology and Science in Consonance, ed. by T. Peters, Abingdon Press, Nashville
1989; allopera collettiva dellATI, Futuro del cosmo e futuro delluomo, a cura di S. Muratore, Ed. Messaggero, Padova 1995,
con ampia e accurata bibliografia, 425-459; I. Sanna, Fede, scienza e fine del mondo, Queriniana, Brescia 1996; e pi di
recente al volume curato da G. Prodi M. Malaguti, Memoria dellorigine, (Quaderni Sefir 2) Pontificia Universit
Lateranense Mursia, Roma 2001.
4
qui sufficiente rinviare, per laspetto biblico, alla voce cosmo di A. Bonora in Nuovo Dizionario di Teologia
biblica, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo 1988, 322-340; e, per laspetto teologico-sistematico, alla voce Creazione di G.
Colombo in Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, Alba 1977.
5
DH 125.150.
6
Si veda, per un esempio, S. Tommaso, S.Th., I, qq. 44-46.
3

significa che non v un subiectum, una materia primordiale e indipendente cui un dio-demiurgo imprima
forma e ordine, trionfando sul caos originario. In secondo luogo, lex nihilo sui nega che Dio crei
cedendo al creato qualcosa di s, perch se cos fosse il creato finirebbe col diventare una semplice
emanazione o un prolungamento di Dio: il che contraddirebbe lesser Dio di Dio. La creazione, detto in
positivo, atto di libert e di gratuit da parte di Dio, e il mondo che ne il risultato distinto da Dio in
quanto appunto da Lui creato.
Paradossalmente, il concetto teologico di creazione, nel mentre afferma nella forma pi decisa
e definitiva che il mondo deve il suo sorgere e il suo consistere tutto e solo a Dio, sottolinea proprio per
questo chesso altro da Dio e, grazie a Dio, gode dunidentit e di una consistenza propria. Da qui, in
particolare, due conseguenze che avranno un non piccolo peso nel favorire una ricerca scientifica
appassionata e libera da pregiudizi circa il significato e la struttura del creato.
I.1 La prima conseguenza lintensificazione del principio dintelligibilit interna, ai suoi diversi
livelli conoscitivi, del creato, principio che gi proprio, nella tradizione culturale dellOccidente, della
filosofia greca: nel senso del lgos immanente al ksmos e come tale decifrabile dallintelletto umano,
anche se con un fondo residuo e un limite dinintelligibilit, a motivo di quella materia prima (la chra
platonica, la prte hle aristotelica) che preesisterebbe a ogni organizzazione loghica e nomica da parte
del lgos universale e/o del demiurgo. La rivelazione ebraico-cristiana intensifica tale principio
dintelligibilit immanente, sia perch esclude una materia preesistente e resistente alla penetrazione
intellettuale; sia perch intuisce lopera della creazione come informata dallimpronta impressavi da Dio
attraverso il suo Lgos, e perci riflesso della sua verit, bont, bellezza e unit: si ricordi il noto
assioma scolastico a proposito dei trascendentali dellessere, secondo il quale ens, verum, bonum,
pulchrum et unum convertuntur.
I.2. La seconda conseguenza lautonomia del mondo creato: il godere cio, da parte di esso,
di proprie leggi in s immanenti, in quanto impressevi dal Creatore. Il che viene anche a giustificare,
dal punto di vista epistemologico, lautonomia dellimpresa conoscitiva volta a cogliere e formulare
appunto le leggi regolanti il mondo naturale. Tale principio, che ha senza dubbio favorito la nascita e lo
svilupparsi della scienza moderna, come noto fatic non poco ad affermarsi, emancipandosi da una
malintesa tutela presuntivamente teologica e metafisica.
Anche soltanto da questi cenni risulta la ricchezza e la fecondit del concetto teologico classico
di creazione che, come tale, resta irrinunciabile nella prospettiva della fede cristiana. Esso pu infatti
valere come criterio epistemologico per la corretta comprensione e definizione della relazione tra Dio e
il mondo.
Nei secoli della modernit, per, in parallelo allo straordinario svilupparsi e differenziarsi delle
scienze, assistiamo a un certo irrigidimento e impoverimento del concetto di creazione sul versante
teologico e metafisico, e a un suo oblio e persino a una sua contestazione sul versante scientifico ed
anche di alcune correnti filosofiche. Perch?
Le ragioni sono certo numerose e complesse, ma mi pare se ne possano evidenziare almeno
tre.
I.3. La prima connessa a unindebita inserzione del principio di creazione entro le coordinate
di un quadro cosmologico decisamente statico e chiuso. Il principio di creazione, da un lato, e
limmagine statica e definita una volta per tutte delluniverso, dallaltro, finirono col diventare presupposti
inderogabili di uninterpretazione religiosa della realt ritenuta conforme alla rivelazione cristiana, e
come tali necessari luno alla consistenza e coerenza dellaltro. Tutto ci non poteva non portare a un
conflitto mano mano che le scienze moderne contribuivano al formarsi di una visione dinamica, aperta
ed evolutiva delluniverso che, prendendo progressivamente il posto della precedente visione statica,
chiusa e fissista, era quasi necessariamente tentata di sostituire al proprio interno anche il principio di
creazione, in quanto interpretato come strutturale condizione di coerenza dellormai superata visione
cosmologico-religiosa premoderna.
3

I.4. Una seconda ragione connessa con la forma espressiva che la relazione di creazione tra
Dio e il mondo venne ad assumere nella Scolastica decadente e, pi ancora, nella vulgata metafisica
recepita, come termine di riferimento e di confronto, da molti uomini di scienza. La creazione, infatti, fu
spesso intesa come produzione delle cose da parte di Dio. Tale concetto strettamente collegato a
quello metafisico e, pi ancora, fisico (nel senso aristotelico della fisica come ambito specifico della
filosofia) di causalit. Dio Creatore si diceva nel senso che Causa prima omnium rerum.
Senza dubbio, questo concetto ha un significato filosofico ben preciso, che impedisce, se correttamente
inteso al suo proprio livello, un suo slittamento dal piano strettamente metafisico a quello delle scienze
empiriche7. Ma di fatto tale slittamento spesso avvenuto, finendo col gettare discredito e ingenerare
fraintendimento a proposito del concetto teologico di creazione. In questo fenomeno culturale si pu
ravvisare unespressione di quella deriva onto-teo-logica di una certa teologia e di una certa metafisica,
sulla quale forse in modo unilaterale, ma non senza motivi ha richiamato lattenzione Martin
Heidegger8. Seguendo tale deriva, Dio, in fin dei conti, semplicemente concepito come il summum
Ens che sta al vertice della piramide ordinata e gerarchica del reale, costituendone il fondamento e la
garanzia. Viene cos compromesso il principio della differenza ontologica tra Dio e il mondo che invece
garantito ed espresso proprio dal concetto teologico di creazione.
I.5. Una terza ragione di carattere pi teologico e se vogliamo anche spirituale, e riguarda un
certo oscuramento dei riflessi che sulla comprensione del concetto di creazione possono e debbono
venire da due delle verit centrali della fede cristiana: quella della Trinit di Dio e quella
dellincarnazione del suo Figlio/Verbo. Se, infatti, vero che, nella sua sostanza, il concetto di creazione
deriva al cristianesimo dalla sua permanente radice ebraica, e che tale sostanza espressa dalla
formula della creatio ex nihilo; altrettanto vero, dal punto di vista della fede cristiana, che con levento
di Ges Cristo questo stesso concetto entra, per cos dire, in un nuovo orizzonte dintelligibilit, che non
contraddice il precedente, ma lo sviscera ulteriormente. Tracce, e non piccole, della luce nuova che
viene gettata sul concetto di creazione dalla rivelazione di Dio come Uno e Trino Padre, Figlio e
Spirito Santo e dallevento dellincarnazione del Figlio sino al suo compimento nella pasqua di morte e
risurrezione, sono gi rinvenibili nel Nuovo Testamento. Nelle sue espressioni pi mature esso afferma,
ad esempio, che tutto stato creato per mezzo di Cristo e in vista di Cristo e che tutto sussiste in Lui
(cf Col 1,16-17). I Padri della Chiesa e i Dottori medioevali sono consapevoli di questa intrinseca
significazione cristologica e trinitaria del concetto di creazione. Basti richiamare due temi che ritroviamo
nelle magistrali sintesi di Tommaso dAquino e di Bonaventura da Bagnoregio 9.
La creazione affermano in primo luogo entrambi avviene sul prolungamento delle relazioni
intratrinitarie di generazione e di spirazione, essendo queste ultime ratio e causa della prima. Da questa
verit consegue non solo che tutta la Trinit impegnata in solido nellatto di creazione, ma anche
ecco il secondo tema che luniverso porta in s impressa, ai suoi vari livelli dessere, non tanto una
generica legge naturale, quanto piuttosto una precisa dinamica che analogicamente trinitaria. la
nota dottrina dei vestigia Trinitatis che, soprattutto a partire dal De Trinitate di Agostino, and
sviluppandosi nel Medioevo, grazie anche al grande apporto alla lettura cristiana del mondo creato
offerto dallispirazione del carisma francescano.
Ma ed ecco il punto linterpretazione trinitaria della creazione rest sostanzialmente
confinata nellambito della teologia e tuttal pi della metafisica: cos, ad esempio, nella comprensione
della struttura ontologica dellente creato secondo il ritmo trinitario di materia/legge/vita a mo del Padre,
Cf. le pertinenti osservazioni in proposito offerte da S. Muratore, con riferimento al De Potentia di San Tommaso:
Responsabilit per il creato: una lettura teologica, in Responsabilit per il creato, a cura di S. Biolo, Rosenberg e Sellier,
Torino 1998, 21-48, in particolare 29ss.
8
Cf. di M. Heidegger, in particolare, Identitt und Different, Pfullingen 1957, tr. it. in Aut Aut, n. 187-188 (1982), 238; si veda in proposito il n. di Filosofia e Teologia su La creazione e il nulla (1997/1), in particolare i contributi di B. Casper,
Il senso del discorso sulla creazione, 27-37, e A. Rizzi, Esegesi e teologia biblica della creatio ex nihilo, 38-48.
9
Tra le opere pi recenti: G. Marengo, Trinit e creazione. Indagine sulla teologia di Tommaso dAquino, Citt
Nuova, Roma 1990; G. Emery, La Trinit cratrice. Trinit et cration dans les commentaires aux Sentences de Thomas
dAquin et de ses prcurseurs Albert le Grand et Bonaventure, Vrin, Paris 1995.
7

del Verbo e dello Spirito Santo. E ci nel momento stesso in cui, con laffermarsi della modernit, in
conformit alle linee di tendenza gi ricordate, la relazione tra Dio e il mondo veniva tendenzialmente
sempre pi concepita, sul versante cosmologico, in direzione semplicemente teista o addirittura deista:
per cui Dio resta s il garante dellordine cosmico, in quanto ne il Creatore provvidente, ma senza quel
coinvolgimento impensato in esso ch manifestato dalla rivelazione cristologica e trinitaria.
Anche in ambito strettamente teologico, del resto, la verit trinitaria viene spesso relegata nella
trascendenza del mistero divino, mentre quella cristologica viene letta in chiave soprannaturalistica, e
come tale concernente soprattutto la redenzione dal peccato e il conseguimento della vita eterna: cos
che la dottrina dellimpronta trinitaria nel creato destinata fatalmente a un processo di progressiva
estenuazione.
Detto in estrema sintesi: la rivelazione cristologica e trinitaria, pur affermata e approfondita in
s, non riesce pi a diventare orizzonte dintelligibilit realmente significante, al loro specifico livello, per
la metafisica e anche per la cosmologia teologica nel suo irrinunciabile dialogo con la cosmologia
metafisica Il paesaggio, in verit, non cos del tutto desolato: come fanno notare autorevoli studiosi,
quali ad es. A. Ganoczy 10, nella mistica cristiana resta e anzi sapprofondisce la percezione dellintima
comunione trinitaria tra Dio e il creato: si pensi a Ildegarda di Bingen e Caterina da Siena, a Meister
Eckhart e Giovanni della Croce. Ma senza che ci abbia sostanziale e continuativo influsso sul piano
della riflessione scientifica. Bisogna giungere al 900 perch le cose, invertendo la direzione della
vicenda culturale dellOccidente, si rimettano decisamente in moto.
II. PER UNA TEOLOGIA TRINITARIA DELLA CREAZIONE IN DIALOGO CON LE NUOVE PROSPETTIVE DELLA
COSMOLOGIA SCIENTIFICA

In sede teologica, non difficile documentare la riscoperta di quello ch stato definito lo


specifico o il proprio cristiano (cos H.U von Balthasar, J. Ratzinger, K. Hemmerle, W. Kasper): la
rivelazione di Dio in Cristo come Amore trinitario. cos progressivamente avvenuto che il conflitto che
si era profilato, soprattutto a partire dall800, tra limmagine cosmologica disegnata dalla teologia
classica e i nuovi indirizzi e paradigmi interpretativi delle scienze, abbia ceduto il passo, grazie alla
messa in luce del principio trinitario, a uno stimolante e pluriforme esercizio di dialogo. Non possiamo
non menzionare, in questa linea, il tentativo pionieristico di Teilhard de Chardin 11. La sua cosmovisione
ricca di promesse e costituisce un indizio che i tempi dun rinnovato incontro tra scienze e teologia
stanno ormai maturando. La stessa convinzione si respira leggendo la costituzione pastorale del
Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Gaudium et Spes.
Lesempio di Teilhard non rimasto isolato. La teologia di tutte le grandi tradizioni cristiane,
soprattutto negli ultimi anni, ha espresso lavori di peso nello sforzo doffrire una reinterpretazione in
chiave trinitaria del principio di creazione, in meditato confronto con le pi accreditate acquisizioni
scientifiche. Penso ai saggi di J. Moltmann 12 e W. Pannenberg13 per la teologia della riforma, a quelli di

A. Ganoczy, Teologia della natura, tr. it., Queriniana, Brescia 1997, 193-280.
Nellimmensa bibliografia, mi paiono degni di particolare interesse, nella prospettiva che qui ci occupa, i recenti
saggi di F. Bisio, Cristogenesi, Croce e Trinit in Teilhard de Chardin, in P. Coda A. Tapken (edd.), La Trinit e il pensare,
Citt Nuova, Roma 1997, 229-258; e di S. Rondinara, Fedelt al cielo fedelt alla terra. Fede e scienza in Teilhard de
Chardin, in AA.VV., Dio e il suo avvento. Luoghi momenti figure, Citt Nuova, Roma 2003, 347-364.
12
Tra i numerosi saggi, J. Moltmann, Futuro della creazione, tr. it., Queriniana, Brescia 1980; Dio nella creazione.
Dottrina ecologica della creazione, tr. it., Queriniana, Brescia 1986.
13
Tra i numerosi saggi, W. Pannenberg, Teologia sistematica 2, tr. it. Queriniana, Brescia 1994, cap. 7: La
creazione del mondo, 11-202. Si veda anche, in dialogo col mondo scientifico, J. Darschner M. Heller W. Pannenberg,
Mensch und Universum. Naturwissenschaft und Schpfungsglaube im Dialog, Pustet, Regensburg 1995; Natur und Mensch
und die Zukunft der Schpfung (Beitrge zur Systematischen Theologie, Band 2), Vandenhoeck e Ruprecht, Gttingen 2000.
10
11

J. Polkinghorne per il mondo anglicano 14, a quelli di A. Ganoczy15, J.-M. Maldam16 e A. Gesch17 per
quella cattolica, a quelli di D. Staniloae 18 e, in anticipo sui tempi, di S. Bulgakov 19 per quella ortodossa.
Stimolanti anche le letture in chiave cosmologica proposte dalla cosiddetta Process Theology che si
richiama al pensiero di A. N. Whitehead 20.
Tenendo conto dei risultati, delle proposte e delle prospettive che si evincono da questi lavori,
mi limito a enucleare qui tre temi.
II.1. Il primo riguarda la forma di comprensione di quella specifica relazione tra Dio e il mondo
che viene espressa dal concetto di creazione. Nella visione classica sono centrali due elementi: quello
fondamentale dellex nihilo e quello, secondario e avventizio, della produzione causale. Ma che cosa
accade quando si assume come centro focale e chiave ermeneutica della relazione di creazione tra Dio
e il mondo levento Ges Cristo? Ne deriva che il paradigma espressivo di tale relazione non pu pi
esser quello della causa e delleffetto, ma piuttosto quello personalistico del rapporto tra il Padre e il
Figlio. Anche in questo secondo caso si tratta di metafore (sia pure teologicamente normative, perch
usate da Ges e testimoniate dalla Scrittura): ma ci che viene significato attraverso di esse una
forma di relazione in cui la provenienza e dipendenza dal Padre perde ogni connotazione causale e
deterministica; e in cui lalterit filiale dice, nella relazione al Padre, non solo identit propria ma anche
autonomia. In fin dei conti, viene suggerita una reciprocit, sia pure asimmetrica, tra i due. Occorrer
certo distinguere tra il livello della Trinit in s, dove si d una co-originariet del Padre e del FiglioVerbo (In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio, Gv 1,1), e il livello della
creazione, dove il Padre, mediante il Figlio/Verbo eterno, pone il mondo fuori di s, per usare
unimmagine spaziale che ci dice figurativamente la distinzione e insieme la relazione tra i due livelli.
Ma, una volta detto questo, bisogna pensare la relazione tra Dio e il mondo fuori di s non solo come
modellata su quella tra il Padre e il Figlio/Verbo, ma anche come preformata guardando ad essa, in
quanto chiamata a riprodurla a livello creaturale. Non dice proprio questo levento dellincarnazione del
Figlio/Verbo (cf. Gv 1,14)?
Secondo la rivelazione cristiana, il Figlio/Verbo divenuto uomo vive da creatura lo stesso
rapporto che da sempre sul livello dellessere divino vive col Padre. Con ci, egli rivela e realizza il
senso, la dinamica e la finalit intrinseca dellessere creato: diventare come dice la tradizione cristiana
figlio nel Figlio. Certo, questo fatto ha innanzitutto un significato antropologico: dice
lidentit/vocazione delluomo. Ma, attraverso luomo, dice lidentit/vocazione dellintero creato. Come
afferma lapostolo Paolo quando, nella Lettera ai Romani, scrive: La creazione stessa attende con
impazienza la rivelazione dei figli di Dio. (...) Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre
fino ad oggi nelle doglie del parto (8,19.22). Limmagine delle doglie del parto illustra, sul livello
sapienziale dellinterpretazione di fede della realt, il senso e il destino ultimi dellavventura della
creazione, offrendo una chiave dintelligibilit che non interferisce con lindagine scientifica ma che,
piuttosto, con essa pu interagire per unilluminazione distinta e convergente. Sottolineando, tra il resto,
la profonda reciprocit di destino che esiste tra luomo e il cosmo. Con tutte le conseguenze che ci pu
e deve comportare.
In definitiva, il principio trinitario duna relazione tra Dio e il mondo nei termini della filialit
viene a proporre un paradigma pi equilibrato nella comprensione del significato della trascendenza e/o
J. Polkinghorne, Credere in Dio nellet della scienza, tr. it., R. Cortina, Milano 2000.
A. Ganoczy, Teologia della natura, cit.; nonch il recentissimo trattato di cosmologia da lui edito in Germania.
16
J.-M. Maldam, Cristo e il cosmo. Influenza della cosmologia moderna sulla teologia, tr. it., San Paolo, Cinisello
Balsamo 1995; Le Christ pour lunivers. Pour une collaboration entre science et foi, Descle, Paris 1998.
17
A. Gesch, Dio per pensare 4. Il cosmo, tr. it., San Paolo, Cinisello Balsamo 1997.
18
Nella sua Teologia dogmatica ortodossa, in 3 voll., Bucarest 1978.
19
Soprattutto nel suo La Sposa dellAgnello, tr. it., Ed. Dehoniane, Bologna; cf. G. Lingua, Knosis di Dio e santit
della materia. La sofiologia di S. N. Bulgakov, ESI, Napoli 2000; e anche il mio Laltro di Dio. Rivelazione e chenosi in S.
Bulgakov, Citt Nuova, Roma 1997.
20
Penso, in particolare, a K. Ward, Religion and Creation, Clarendon Press, Oxford 1996, che non solo esamina la
nozione di creazione in relazione con le prospettive di diverse tradizioni religiose (il Primo e il Nuovo Testamento, il Corano e
le Upanishad), ma sviluppa anche una chiave trinitaria in relazione con la cosmologia moderna.
14
15

dellimmanenza di Dio rispetto al mondo stesso. Se esaminiamo i due grandi modelli che, di fatto,
hanno prevalso e tuttora finiscono col prevalere ancora nella definizione di questo rapporto, possiamo
facilmente costatare che essi, nella loro apparente plausibilit, in realt non soddisfano pienamente n
a una impregiudicata comprensione del mondo n al criterio epistemologico per linterpretazione della
realt costituito dal principio di creazione. Il primo modello, infatti, quello della trascendenza di Dio
rispetto al mondo, senza immanenza alcuna di Lui in esso: dove prevale uno schema desteriorit e
persino di separazione che non pu non ingenerare grossi problemi a livello dinterpretazione teologica,
metafisica e anche cosmologica. Il secondo modello invece quello dellimmanenza di Dio nel mondo:
che spesso finisce col negare la reale alterit di Dio per identificarlo, in forme diverse, col mondo
stesso, suscitando altrettanti problemi, anche se di segno opposto, sul piano teologico, metafisico e
cosmologico.
Il paradigma che ci suggerito dalla prospettiva trinitaria prima abbozzata ripensa la
contrapposizione astratta e tendenzialmente dualistica (e perci, in definitiva, escludente o identificante)
di trascendenza e/o immanenza tra Dio e il mondo, avanzando una comprensione della trascendenza
che non esclude una forma specifica dimmanenza, e di unimmanenza che presuppone e salvaguarda
la vera trascendenza. La trascendenza di Dio talmente trascendente se cos si pu dire da
esprimersi nella pi perfetta immanenza nel creato! Alcuni Autori, utilizzando un termine che conosce
una lunga storia in filosofia, in cosmologia e in teologia, parlano di pericoresi tra Dio e il mondo, e cio
di reciproca inabitazione delluno nellaltro che, per essere tale, esige ed esprime la loro reciproca
alterit e distinzione. Non a caso, questo termine, che ritroviamo per la prima volta, con un significato
tecnico, nel filosofo greco Anassagora 21, viene da lui e poi dalla cosmologia stoica impiegato per
esprimere la correlazione intrinseca dogni realt con ciascunaltra nellarmonia dellunico cosmo. In
ambito teologico, lo stesso termine viene assunto da Giovanni Damasceno (sul finire dellepoca
patristica) per esprimere la mutua interiorit, nella distinzione, tra la natura divina e la natura umana in
Ges Cristo senza confusione e senza separazione, come recita la formula di fede del Concilio di
Calcedonia del 451. Per passare infine a designare la relazione di mutua inabitazione tra il Padre, il
Figlio/Verbo e lo Spirito Santo in Dio Trinit. Tale linguaggio tornato di singolare attualit nel nostro
tempo per esprimere in modo pi soddisfacente la relazione tra Dio e il mondo alla luce dellevento
cristologico interpretato in un orizzonte trinitario.
II.2. allinterno di questampia e stimolante prospettiva che va collocato un secondo tema, la
cui formulazione tenta di dare risposta a una seconda questione, tipicamente teologica, ma non priva di
rilevanti riflessi sul piano della cosmologia e persino della concreta indagine scientifica. La questione
la seguente: in quale modo va compresa la dottrina teologica attestata dalla Scrittura secondo cui
Dio/Padre crea attraverso il Figlio/Verbo e lo Spirito Santo? Che cosa significa, in altre parole, per dirlo
con la semplice immagine di Ireneo di Lione (considerato il primo teologo cristiano, nel II secolo), che il
Figlio/Verbo e lo Spirito Santo sono come le due mani con le quali il Padre d forma e vita alla
creazione? e inoltre, questa verit teologica pu rivestire un qualche interesse e, se s, in quale
direzione, per linterpretazione scientifica della realt?
La Scrittura chiaramente afferma che il Figlio/Verbo incarnato lo dico con la precisa
terminologia scolastica insieme la causa esemplare e la causa finale della creazione, mentre lo
Spirito Santo ne , in qualche modo, la causa quasi-formale (cos K. Rahner). La definizione certo
incompleta e provvisoria, ma tuttavia esprime con sufficiente chiarezza che, come in Dio altro il
sussistere del Figlio/Verbo e altro il sussistere dello Spirito Santo, cos avviene per la presenza e per
lopera dentrambi nella creazione. In realt, nella teologia classica, a motivo della concezione
cosmologica piuttosto statica e predefinita di cui s detto, quasi tutto il discorso sesauriva nellillustrare
il ruolo del Verbo, conforme alla prospettiva prevalentemente cristologica dellOccidente cristiano,
mentre poco o nessun spazio veniva lasciato allo Spirito Santo: principio di vita, di dinamismo, di
relazione, di novit. In questa linea, mi pare si possa dire che la visione evolutiva e relazionale
Cf. Frammento 12 in H. Diels W. Kranz, Die Fragmente der Vorsokratiker, vol. II, Weidmannsche
Verlagsbuchhandlung, Zrich/Berlin 1964, vol. 2, p. 38; tr. it., I Presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di G. Reale,
Bompiani, Milano 2006.
21

delluniverso accreditata dalle scienze e confluente in una rinnovata teoria cosmologica generale, ha
senza dubbio stimolato a una riscoperta della dimensione pneumatologica del principio di creazione, in
parallelo con il deciso rinnovamento pneumatologico conosciuto, negli ultimi decenni, in tutti gli ambiti
della riflessione teologica22. Sono stati soprattutto J. Moltmann e W. Pannenberg a offrire consistenti e
innovativi contributi in tal senso.
Seguendo linterpretazione che si viene in tal modo delineando, la dottrina secondo cui la
creazione ad opera di Dio Padre avviene per mezzo del Verbo e nello Spirito Santo mostra non solo
davere delle conseguenze sul piano della comprensione della struttura metafisica della realt creata
data una volta per tutte, come si sosteneva nella visione classica; ma anche delle ripercussioni
descrivibili autonomamente, e secondo i loro specifici approcci e linguaggi, dalle scienze naturali sul
piano della struttura, della relazionalit e dello sviluppo delle realt fisiche. Faccio un esempio soltanto,
anche se di fondo e con implicazioni di carattere pi generale.
Nellessere/vita della Trinit, il Figlio/Verbo in quanto tale il principio sussistente dellalterit
rispetto a Dio Padre ed anche, essendo appunto la Parola del Padre, il principio sussistente della sua
espressione e, per cos dire, del suo prender figura. Mentre lo Spirito Santo , in Dio, il principio
sussistente che unisce nella distinzione e distingue nellunit il Padre e il Figlio/Verbo, e con ci stesso il
principio sussistente dellautotrascendenza infinita e sempre nuova del Padre verso il Figlio e del Figlio
verso il Padre. Tale autotrascendenza reciproca non termina a loro stessi, ma da loro per usare il
linguaggio consacrato dalla tradizione teologica procede in quel terzo eccedente e inesauribile ch
appunto lo Spirito Santo. Tali affermazioni rendono evidente che la verit trinitaria esprime una logica in
grado di cogliere il ritmo interiore della realt in una forma che assai pi aderente al dato, pi
convincente sotto il profilo razionale e pi integrale nellarmonizzare i diversi livelli dellesperienza, di
una logica semplicemente basata sul principio monadico dellidentit o anche su quello duale della
dialettica degli opposti. Lo ha saputo mostrare, nei primi decenni del 900, quel geniale logico,
matematico e teologo che Pavel Florenskij, con un modello di pensiero e di ricerca che, penso, vanno
ancora ripresi, valorizzati e sviluppati 23.
Non difficile intravedere come la grammatica della relazione trinitaria tra il Padre, il Verbo e lo
Spirito Santo possa offrire un contributo dilluminazione anche nella comprensione della genesi e della
struttura dinamica della realt creata. Questultima, infatti, testimonia innanzi tutto unorigine/inizio da
cui prende avvio (in senso metafisico e insieme temporale) e che certo, come tale, inattingibile con
qualsivoglia metodo scientifico, rendendo cos impossibile ogni forma dingenuo e pericoloso
concordismo tra il dato rivelato e il dato scientifico, che restano su due piani diversi. La realt creata si
struttura, poi, secondo un disegno e una dinamica che manifestano una loro intelligibilit, assumendo
di volta in volta distinta figura. Tale figura, daltra parte, non isolata n tantomeno statica, perch si
attua grazie a una molteplice relazionalit (a livello subnucleare, atomico, chimico, biologico e cosmico)
sia se cos si pu dire al suo interno, sia nel contesto pi ampio e in evoluzione ed espansione entro
il quale viene a trovarsi. In questo modo si realizza unautotrascendenza dinamica, che implica ogni
volta un abbandono della precedente figura e del precedente equilibrio, per accedere a nuove figure e
nuovi equilibri, sempre pi ricchi, la cui maggiore stabilit non contraddice, ma semmai prelude e rende
possibile a sua volta il passaggio a figure e livelli superiori 24.
II.3. Dalle precedenti riflessioni sevince un terzo tema meritevole dindagine: come intendere
una tale proiezione del ritmo trinitario dellessere di Dio nella creazione, se comprendiamo la relazione
Si veda, come significativo esempio, M. Bordoni, La cristologia nellorizzonte dello Spirito, Queriniana, Brescia
1995; mi permetto rinviare inoltre alla voce Spirito da me curata per il Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, 2 voll.,
a cura di G. Tanzella-Nitti e A. Strumia, Citt Nuova Urbaniana, University Press, Roma 2002.
23
Mi riferisco, in particolare, a quanto egli scrive in proposito nella sua fondamentale opera La colonna e il
fondamento della verit (pubblicata a Mosca nel 1914; tr. it. Adelphi, Milano 1974); per unintroduzione tematica e
bibliografica al suo pensiero, con particolare riferimento alla logica trinitaria sopra richiamata, si veda L. Zak, Verit come
ethos. La teodicea di P. Florenskij, Citt Nuova, Roma 1999.
24
Si veda su tutto ci S. Rondinara, Interpretazione del reale tra scienza e teologia, Citt Nuova, Roma 2007.
Sempre stimolanti le intuizioni di P. Pasolini, Le grandi idee che hanno rivoluzionato la scienza nellultimo secolo, Citt
Nuova, Roma 1976; Lavvenire migliore del passato evoluzione scienza e fede, Citt Nuova, Roma 1982.
22

tra Dio e il mondo nei termini di quella pericoresi di cui prima si detto? A. Ganoczy 25 ha fatto osservare
che le interpretazioni cosmologiche proposte da W. Pannenberg 26 e da J. Moltmann al fine desprimere
trinitariamente il principio di creazione corrono un rischio: quello doperare un cortocircuito tra il livello di
Dio e il livello della creazione, non riuscendo a esprimere in modo sufficientemente chiaro la presenza e
lazione del Verbo e dello Spirito Santo nel mondo creato, ma nella loro distinzione dallessere e
dalloperare proprio delle realt create. Daltra parte, la proposta di soluzione avanzata da Ganoczy col
ricorso alla nozione classica dellanalogia non soddisfa del tutto, perch i due livelli tra cui si gioca
lanalogia, quello della Trinit in s e quello della Trinit nella creazione, pur cos correlati in modo
corretto nella loro distinzione, non vengono ancora pensati mi si consenta il gioco di parole secondo
una logica sino in fondo, per quanto umanamente possibile, trinitaria.
Occorre dunque approfondire il discorso e affinare gli strumenti linguistici e concettuali. Si
potrebbe pensare, da un lato, a un modello secondo il quale Dio e la creazione vengono
simbolicamente concepiti come due parallele che corrono tra loro vicinissime, restando, in quanto
parallele, distinte: ma in una corrispondenza perfetta luna rispetto allaltra, al proprio livello dessere,
in ogni punto che le descrive. Daltro lato, occorrerebbe simultaneamente integrare questa metafora,
ricordando che la parallela del Divino non soltanto corrisponde perfettamente a quella del creato, ma,
in base al principio di creazione, la fonda e la sostiene, nella sua distinzione e autonomia, ad ogni
momento e in ogni sua espressione; e che, con lincarnazione del Figlio/Verbo e leffusione escatologica
dello Spirito Santo, in cui il Divino e lumano divengono pericoreticamente uno nella loro distinzione, la
parallela della creazione, restando tale, viene elevata al rango della parallela del Divino: perch in
essa diventa cos presente, e pienamente, il ritmo dellessere, della logica e della vita trinitaria.
Saprono a partire da qui numerose, e in gran parte ancora inesplorate, piste di ricerca. Mi
contento daccennare appena ad alcune fra esse.
a) Si pu parlare, e in quale senso, duna relazione kenotica 27 tra Dio e la creazione: e cio di
un far spazio (in senso metafisico) da parte di Dio allaltro da s, non solo conferendogli lessere, ma
anche rispettandone lautonomia?
b) Se Dio, infatti, per definizione lAbsolutus, in quanto svincolato da ogni relazione con
qualsivoglia altro da s, che per s non , che cosa significa che Egli liberamente si pone nella
condizione di relazionarsi con un altro da s che Egli stesso gratuitamente vuole che sia?
c) E come intendere la relazione che Dio, in quanto Creatore, intrattiene con il creato una volta
chesso posto e conservato nellessere, quando sappiamo che il creato conosce unevoluzione e
dunque dei salti qualitativi e non solo degli incrementi quantitativi di sviluppo e di complessificazione?
d) Il concetto di creazione continua, avanzato da alcuni teologi per rispondere a queste e simili
questioni, come va inteso? solo nel senso che Dio, creando, ha creato un processo con-creatore, al
suo proprio livello, che ha in s la virtualit da individuare e verificare con strumenti scientifici di
procedere al-di-l di s? o piuttosto nel senso che Dio concorre positivamente al raggiungimento dogni
soglia di differenza qualitativa, proprio in ci attualizzando la sua opera creatrice nella linea della
A. Ganoczy, Teologia della natura, cit., 431ss.
Cf. larticolo di W. Pannenberg contenuto nel presente fascicolo di Lateranum, in cui egli risponde con
puntualit e rigore anche ad alcune critiche che gli sono state mosse.
27
Come noto il termine kenosi, in forma verbale, utilizzato dallapostolo Paolo nellinno cristologico della lettera ai
Filippesi, al cap. 2, per indicare lo svuotamento di s operato dal Figlio/Verbo divenendo uomo (Cristo Ges, pur essendo di
natura divina, non consider tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogli eknosen s stesso, assumendo la
condizione di servo...). La teologia contemporanea ha riscoperto la ricchezza di verit di questa espressione, e ha
cominciato a parlare anche di una kenosi nel rapporto tra il Padre, il Figlio/Verbo e lo Spirito Santo (essendo la loro relazione
damore uno svuotarsi luno per e nellaltro) e di Dio nei confronti della creazione, come qui saccenna. Mi permetto rinviare,
in proposito, al mio gi citato Dio e la creazione.
25
26

relazione pericoretica, a suo tempo esposta? E infine: che ne , in questa visione trinitaria, della forza
inquietante e devastante del male, e del mistero della sofferenza 28?
UNA CONCLUSIONE APERTA
Spero dessere riuscito almeno un po a mostrare ci di cui sempre pi mi vado convincendo e
di cui sempre di nuovo sono affascinato, nello stupore della contemplazione e della lettura della realt
che ci offerta da una teologia e da una scienza che non intendono spartirsela o impadronirsene,
riducendola a mero oggetto di manipolazione concettuale o tecnicistica: ma accoglierla nel suo darsi e
nel suo farsi, per concrescere con essa secondo il disegno di sapienza e damore del Creatore.
G. Tanzella-Nitti ha pi volte e in modo perspicuo argomentato che il dialogo fra la teologia e le
scienze pu e deve confluire in ci che la teologia fondamentale chiamerebbe sviluppo omogeneo del
dogma29, diventando cos, esso stesso, una fonte preziosa, e culturalmente insostituibile,
darricchimento nella comprensione e nellespressione della verit rivelata in tutte le sue ricchezze e
implicazioni. Sono convinto che il dialogo tra la teologia, la filosofia, le scienze e le arti pu e deve
sempre pi costituire il luogo entro il quale e grazie al quale matura uninterpretazione e una gestione
delluniverso in cui viviamo, capaci di svelarne e coevolverne la verit, la bont e la bellezza. Nella
nostra cultura, e assai pi di quanto ne siamo consapevoli, la visione delluniverso che abbiamo
costruito ha in s assunto e armonizzato a livello implicito ed esplicito, mediato o immediato
elementi conoscitivi, chiavi di lettura e prospettive ermeneutiche che hanno le pi diverse origini: la
rivelazione, la filosofia, le scienze, lintuizione estetica... Ciascuna di queste fonti, per la sua parte,
anche se non sempre in modo coerente e pacifico, ha offerto e continua a offrire i suoi tasselli e le sue
linee progettuali al disegno dellunico mosaico, restando distinte le diverse metodologie e prospettive
dinterpretazione della realt.
Alla fine, la persona umana che conosce e agisce una, pur nella molteplicit delle vie che
scopre, inventa e percorre per attingere quella dimensione trinitaria dellessere che la sua dimora e la
sua stessa vita. Cos com una la famiglia umana, nello spazio e nel tempo, coinvolta in questa
straordinaria avventura di conoscenza, di libert e di fraternit. Ed una, nella molteplice ricchezza
delle sue espressioni, la Verit che la illumina e verso di s gratuitamente lindirizza.

Si veda il mio saggio Il Cristo crocifisso e abbandonato, redenzione della libert e nuova creazione, in ATI,
Futuro del cosmo futuro delluomo, cit., 191-237.
29
G. Tanzella-Nitti, La presenza delle scienze naturali nel lavoro teologico, in P. Coda R. Presilla (a cura di),
Interpretazioni del reale, cit., 171-184.
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