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Corso di laurea in Matematica

SAPIENZA Universit di Roma


Note del corso di Sistemi Dinamici
PAOLO BUTT & PIERO NEGRINI
Dipartimento di Matematica
Guido Castelnuovo
SAPIENZA Universit di Roma
Indice
Capitolo 1. Aspetti generali 1
1.1. Processi evolutori e sistemi dinamici 1
1.2. Campi vettoriali ed equazioni differenziali ordinarie 4
1.3. Campi vettoriali sulla retta e separazione delle variabili 6
1.4. Teoremi generali 8
1.5. Equazioni differenziali autonome 12
1.6. Integrali primi 18
1.7. Soluzione degli esercizi 20
1.8. Nota bibiliograca 22
Capitolo 2. Sistemi lineari 23
2.1. Linearizzazione 23
2.2. Propriet generali 25
2.3. Il teorema di Liouville 31
2.4. Equazioni lineari omogenee a coefcienti costanti 32
2.5. Sistemi lineari bidimensionali 41
2.6. Flussi iperbolici 43
2.7. Soluzione degli esercizi 48
2.8. Nota bibiliograca 50
Capitolo 3. Flussi hamiltoniani 53
3.1. Sistemi lagrangiani e sistemi hamiltoniani 53
3.2. Leggi di conservazione e parentesi di Poisson 59
3.3. Teorema di Liouville e misure invarianti 64
3.4. Il teorema del ritorno di Poincar 65
3.5. Misura microcanonica ed ipotesi ergodica 67
3.6. Moto condizionatamente periodico 71
3.7. Nota bibiliograca 78
Capitolo 4. Trasformazioni canoniche ed integrabilit 79
4.1. Trasformazioni simplettiche 79
4.2. Conservazione della 1-forma di Liouville e funzioni generatrici 87
4.3. Lequazione di Hamilton-Jacobi 92
4.4. Il Teorema di Liouville-Arnold 97
4.5. Nota bibiliograca 99
Capitolo 5. Dinamica iperbolica 101
i
II INDICE
5.1. Teorema delle variet stabile ed instabile 101
5.2. Punti ssi iperbolici 109
5.3. Sistemi periodicamente perturbati 113
5.4. Punti omoclini ed insiemi iperbolici 115
5.5. Lemma dellorbita ombra e sue conseguenze 121
5.6. Applicazione alla dinamica del pendolo forzato 126
5.7. Esistenza di intersezioni omocline trasverse in R
2
e formula di
Melnikov 127
5.8. Nota bibiliograca 131
Capitolo 6. Stabilit degli equilibri 133
6.1. Nozione di stabilit 133
6.2. Stabilit riconosciuta dalla parte lineare 136
6.3. Il metodo diretto di Liapunov 140
6.4. Insiemi limite e bacini di attrazione 144
6.5. Soluzione degli esercizi 151
6.6. Nota bibiliograca 153
Capitolo 7. Soluzioni periodiche ed applicazioni di Poincar 155
7.1. Equazioni lineari a coefcienti periodici 155
7.2. Criteri di asintotica stabilit per sistemi dinamici discreti 158
7.3. Cicli e loro stabilit 159
7.4. Cicli limite e teorema di Poincar-Bendixson 162
7.5. Applicazione alla teoria dei circuiti non lineari 167
7.6. Soluzione degli esercizi 174
7.7. Nota bibiliograca 174
Appendice A. Teoremi fondamentali sulle equazioni differenziali ordinarie177
A.1. Stime preliminari e condizione di Lipschitz 177
A.2. Il teorema di esistenza ed unicit 180
A.3. Dipendenza dai dati iniziali e dai parametri 182
A.4. Nota bibiliograca 185

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
CAPITOLO 1
Aspetti generali
1.1. Processi evolutori e sistemi dinamici
Si denisce genericamente sistema dinamico un qualsiasi processo evoluto-
rio, ovvero una struttura caratterizzata da
uno spazio degli stati S,
il tempo t , un parametro che assume valori in R, Z, R
+
o Z
+
,
una legge di evoluzione, ovvero una applicazione (t , x)
t
(x) S, x
S, tale che
0
(x) x per ogni x S.
Un sistema dinamico in particolare qualsiasi modello matematico che descri-
ve levoluzione nel tempo di un sistema sico, chimico, biologico, sociale, etc...
La struttura dellinsieme S in tal caso legata alla natura del sistema reale che si
vuole descrivere, dovendo gli elementi di S rappresentare univocamente i pos-
sibili stati del sistema reale. Ad esempio, ad ogni istante di tempo, lo stato di
un sistema sico costituito da N particelle puntiformi che obbediscono alle leg-
gi della meccanica classica determinato univocamente dalle posizioni e dalle
velocit di queste ultime, dunque S R
6N
. Osserviamo che in questo caso il si-
stema evolve con tempo continuo. Daltra parte esistono processi evolutori de-
scrivibili inmaniera naturale contempo discreto (che senza perdita di generalit
possiamo identicare conlinsieme degli interi). Ad esempio, nel lancio ripetuto
di una moneta, il tempo naturale rappresentato dal numero di lanci effettuati.
In altri casi, sebbene il processo sia inizialmente denito con tempo continuo,
pu essere utile associare ad esso un sistema dinamico con tempo discreto, ot-
tenuto osservando il processo originario solo ad istanti di tempo prestabiliti, es-
sendo tale descrizione ridotta sufciente a dedurre propriet signicative del
processo originario.
La classe di processi evolutori di cui ci occuperemo possiedono le seguenti
propriet:
Determinismo: il presente determina univocamente passato e futuro
del sistema; in particolare t R (o t Z).
Dimensione nita: lo spazio degli stati, detto anche spazio delle fa-
si, ha dimensione nita, ovvero ciascuno stato del sistema pu essere
individuato da un numero nito di parametri.
Differenziabilit: lo spazio degli stati possiede la struttura di una varie-
t differenziabile che conservata dalla legge di evoluzione.
1
2 ASPETTI GENERALI

t+s
(x) ) ( (x)
s
=
t
(x)
s
x
s t
FIGURA 1.1. Propriet di gruppo.
Il determinismo implica che
t
(
s
(x))
t +s
(x) per ogni coppia di tempi
t , s ed ogni x S. Poich inoltre
0
(x) x, la famiglia {
t
} di endomorsmi
di S costituisce allora un gruppo ad un parametro di trasformazioni di S. In
particolare:
i)
t

t
(commutativit);
ii) esiste linversa (
t
)
1

t
(
t
biunivoca).
Nel caso discreto, dalla propriet di gruppo applicata ricorsivamente segue
che
t
(
1
)
t
, cosicch assegnare un processo deterministico equivale ad as-
segnare una coppia (S, g), con g applicazione biunivoca di S in s, la legge di
evoluzione essendo denita dalle iterazioni della mappa g:
g
0
(x) x, g
1
(x) g(x), g
2
(x) g(g(x)), . . . , g
k
(x) g(g
k1
(x)).
Da ora innanzi, se non specicato altrimenti, considereremo processi evo-
lutori a tempo continuo (t R). Assegnare un processo deterministico signica
quindi assegnare la coppia (S, {
t
}), detta usso di fase. La funzione t
t
(x)
viene detta moto o legge oraria di x, mentre la sua immagine in S, ovvero lin-
sieme (x)
.
{
t
(x); t R} detto curva di fase o orbita di x. Il punto x S
detto punto sso o posizione di equilibrio se
t
(x
0
) x
0
per ogni t R, ovvero
(x
0
) {x
0
}: il sistema rimane nello stato x
0
per tutti i tempi.
Analizziamo ora le conseguenze delle ipotesi di differenziabilit e dimen-
sione nita del processo evolutorio. Queste consistono nel supporre che lo spa-
zio delle fasi sia una variet differenziabile di dimensione nita e che la mappa
: RS S denita da (t , x)
t
(x) sia differenziabile. Ne segue che {
t
}
un gruppo ad un parametro reale di diffeomorsmi di S (essendo anche linversa
(
t
)
1

t
differenziabile).
Ricordiamo che variet differenziabili sono lo spazio euclideo R
n
, i domini
(insiemi aperti) di tali spazio, e tutti gli insiemi che ammettonosistemi di coordi-
nate locali, quali la circonferenza, la sfera, il toro. Senza ricorrere alla denizione
pi generale, intenderemo nel seguito variet di dimensione n un sottoinsieme
M di uno spazio euclideo R
N
, con N >n, tale che
M {z R
N
:
k
(z) 0 k 1, . . . N n}, (1.1)
essendo
k
: R
N
R una collezione di N n funzioni differenziabili e funzio-
nalmente indipendenti, ovvero tali che
rango
_

k
z
i
(z)
_
N n z M.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
1.1 PROCESSI EVOLUTORI E SISTEMI DINAMICI 3
In effetti, sotto queste ipotesi, il teorema della funzione implicita garantisce che
nellintorno di ciascun punto di M possibile introdurre coordinate locali. Pi
precisamente, per ciascun z M esistono un intorno W di z, un aperto U R
n
ed unapplicazione differenziabile f : U W, iniettiva e di rango massimo, tale
che MW f (U) {z R
N
: z f (x), x U}. In altri termini, nellintorno W di
z la supercie M ha equazione parametrica z f (x), ovvero
_

_
z
1
f
1
(x
1
, . . . , x
n
)
z
2
f
2
(x
1
, . . . , x
n
)
. . .
z
N
f
N
(x
1
, . . . , x
n
)
(1.2)
Viceversa, la mappa inversa f
1
: MW U fornisce le coordinate locali x
(x
1
, . . . , x
n
) come funzioni x
i
x
i
(z) di MW in R.
Tranne che in pochi casi particolari, gli argomenti trattati in queste note non
sono legati a strutture geometriche e topologiche particolari dello spazio delle
fasi. Per tale motivo ci limiteremo quasi sempre al caso di ussi di fase in domini
di R
n
.
DEFINIZIONE 1.1. Sia (D, {
t
}) il usso di fase denito da un gruppo ad un
parametro di diffeomorsmi {
t
} di un dominio D di R
n
. Deniamo velocit di
fase del usso
t
nel punto x D il vettore:
v(x)
.

d
dt

t
(x)

t 0
.
Per la propriet di gruppo del usso di fase notiamo che, per ogni t R,
d
dt

t
(x) lim
h0

t +h
(x)
t
(x)
h
lim
h0

h
(
t
(x))
t
(x)
h
v(
t
(x)).
Inaltri termini ogni moto una soluzione dellequazione differenziale ordinaria:
x v(x), x D. (1.3)
LEq. (1.3) autonoma, ovvero il campo vettoriale non dipende esplicita-
mente dal tempo, poich abbiamo tacitamente assunto che la legge di evolu-
zione non dipende dallistante iniziale. Pi in generale, una legge di evolu-
zione deterministica assegnata da una famiglia di applicazioni differenziabili

t ,t
0
: S S, al variare di t , t
0
R, tali che:
i)
t
0
,t
0
(x) x per ogni x S e t
0
R;
ii)
t ,t
0

t ,s

s,t
0
per ogni t , t
0
, s R.
In particolare
t ,t
0
un diffeomorsmo essendo (
t ,t
0
)
1

t
0
,t
.
Denendo:
v(t , x)
d
ds

s,t
(x)

st
,
si verica analogamente che i moti sono ora soluzioni dellequazione differen-
ziale:
x v(t , x). (1.4)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
4 ASPETTI GENERALI
R
n
(t)
= R D x
t

x
v(x)
I
D
R
t
I
D
x =
curva di fase
V(x)=(1,v(x))
V(x)
curva integrale
FIGURA 1.2. Curva di fase e curva integrale di x v(x).
Usualmente il processo evolutorio assegnato mediante una legge locale di
evoluzione (1.3) (o pi in generale (1.4)). Infatti lanalisi sperimentale di un si-
stema reale permette (nella migliore delle ipotesi) di dedurne le leggi del moto.
La buona posizione del modello matematico si fonda sulla possibilit (almeno
in linea di principio) di ricostruire il passato e predire il futuro sulla base della
legge locale assegnata. In altri termini occorre risolvere il problema fondamen-
tale delle equazioni differenziali ordinarie o problema di Cauchy: assegnata la
legge locale di evoluzione ricostruire il moto del sistema dai dati iniziali.
1.2. Campi vettoriali ed equazioni differenziali ordinarie
Sia D un dominio aperto di R
n
. Indichiamo con C
0
(D; R
n
) [risp. C
k
(D; R
n
)]
linsieme dei campi vettoriali continui [risp. k volte differenziabili con continui-
t], ovvero delle funzioni v : D R
n
le cui componenti v
i
: D R sono funzioni
continue [risp. k volte differenziabili con continuit]. Linsieme D detto spa-
zio delle fasi del campo vettoriale mentre il prodotto diretto RD detto spazio
delle fasi ampliato.
Assegnato v C
0
(D; R
n
), una soluzione dellequazione differenziale autono-
ma (1.3) una applicazione differenziabile C
1
(I ; D), I un intervallo aperto di
R, tale che la relazione

(t ) v((t )) vericata per ogni t I .
Una curva integrale dellequazione differenziale (1.4) il graco di una sua
soluzione; una curva di fase la proiezione di una curva integrale sul piano delle
fasi D (vedi Figura 1.2).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
1.2 CAMPI VETTORIALI ED EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE 5
R
n
(t)
R
t
I
V(t,x)
V(t,x) = (1,v(t,x))

x =
FIGURA 1.3. Curva integrale di x v(t , x).
Sia ora un dominio aperto dello spazio R
n+1
RR
n
delle coordinate
(t , x), t R, x R
n
. Indichiamo con C
0
(; R
n
) [risp. C
k
(; R
n
)] linsieme dei
campi vettoriali continui [risp. k volte differenziabili con continuit], ovvero
delle funzioni v : R
n
continue [risp. k volte differenziabili con continuit].
Linsieme detto spazio delle fasi ampliato del campo vettoriale.
Assegnato v C
0
(; R
n
), una soluzione dellequazione differenziale non au-
tonoma (1.4) una applicazione differenziabile C
1
(I ; R
n
), I un intervallo
aperto di R, tale che il graco di giace in e la relazione

(t ) v(t , (t )) sia
vericata per ogni t I . Analogamente al caso autonomo, deniamo curva inte-
grale dellequazione differenziale (1.4) il graco di una sua soluzione (vedi Figura
1.3).
Una soluzione C
1
(I ; R
n
) dellequazione differenziale (1.4) detta so-
luzione del relativo problema di Cauchy di dati iniziali (t
0
, x
0
) se t
0
I e
(t
0
) x
0
.
Chiaramente lEq. (1.3) un caso particolare dellEq. (1.4), in cui RD
e v(t , x) v(x) per ogni t R. In effetti vero anche il viceversa. Pi preci-
samente, lEq. (1.4) equivalente allequazione autonoma y V (y), essendo
V C
0
(; R
n+1
) il campo vettoriale tale che V (y) (1, v(t , x)) per y (t , x) .
Prima di discutere i teoremi generali della teoria delle equazioni differen-
ziali ci soffermiamo su un caso particolare. Precisamente considereremo equa-
zioni differenziali autonome unidimensionali, per le quali possibile fornire un
metodo di integrazione esplicita (separazione di variabili), riconducendo cos la
determinazione della soluzione del problema ai valori iniziali ad unoperazione
di quadratura.

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6 ASPETTI GENERALI
1.3. Campi vettoriali sulla retta e separazione delle variabili
Sia v : U R un campo continuo sullintervallo aperto U (a, b), dove
a <b +. Consideriamo il problema di Cauchy:
_
x v(x),
x(t
0
) x
0
.
(1.5)
Distinguiamo due casi:
i ) Se v(x
0
) 0, ovvero x
0
un punto singolare del campo v, allora x(t ) x
0
soluzione di (1.5) per ogni t
0
R. Tale soluzione detta stazionaria (ovvero
indipendente dal tempo). Rimandiamo a dopo la discussione sulla eventuale
esistenza di altre soluzioni con questi dati iniziali.
i i ) Supponiamo ora che v(x
0
) /0. Sia V (x

, x
+
) dove
x

.
inf{x U (, x
0
] : v(y) /0 y (x, x
0
]},
x
+
.
sup{x U [x
0
, +) : v(y) /0 y [x
0
, x)}.
Poich il campo v continuo, si ha x

<x
+
e la funzione 1/v(x) continua in V .
Rimane quindi denita la funzione differenziabile con continuit G : RV R:
G(t , x)
.
t t
0

_
x
x
0
dy
1
v(y)
.
Supponiamo ora che t (t ), t J, sia una soluzione di (1.5). Per continuit, in
un intorno J
0
di t
0
sufcientemente piccolo, tale soluzione assume valori in V .
quindi ben denita la funzione t G(t , (t )), t J
0
, ed inoltre:
d
dt
G(t , (t )) 1

(t )
v((t ))
0,
avendo utilizzato, nellultima uguaglianza, che

(t ) v((t )). Quindi la funzio-
ne G(t , x) rimane costante lungo le soluzioni di (1.5). Osservando che G(t
0
, x
0
)
0, concludiamo che ogni eventuale soluzione (t ) di (1.5), ristretta adunintorno
sufcientemente piccolo di t
0
, deve soddisfare G(t , (t )) 0. Ma essendo
G(t , x)
_
1,
1
v(x)
_
/(0, 0) (t , x) RV,
il teorema della funzione implicita garantisce che rimane univocamente deter-
minata la soluzione t x(t ) dellequazione G(t , x(t )) 0, essendo in particolare
la funzione inversa di
t (x) t
0
+
_
x
x
0
dy
1
v(y)
, x V. (1.6)
Chiaramente x(t ) soluzione di (1.5) poich x(t
0
) x(t (x
0
)) x
0
e
x(t )
1
t
t
(x)

xx(t )
v(x(t )).
Quindi la soluzione del problema di Cauchy (1.5) esiste ed unica nellintorno
J
0
V del punto (t
0
, x
0
); inoltre, a meno della integrazione in (1.6), la si pu
calcolare esplicitamente come funzione inversa di x t (x).

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1.3 CAMPI VETTORIALI SULLA RETTA E SEPARAZIONE DELLE VARIABILI 7
La funzione x t (x) rappresenta il tempo necessario alla soluzione che par-
te da x
0
al tempo t
0
per raggiungere la posizione x V . Ciascuno degli estre-
mi x

pu essere un punto singolare del campo oppure un punto di frontiera


del dominio U (nel qual caso potrebbe coincidere con se U illimitato). Il
tempo che la soluzione impiega per raggiungere questi punti (nel futuro o nel
passato) dato dai limiti:
lim
xx

t (x) t
0
+
_
x

x
0
dy
1
v(y)
, (1.7)
che esistono essendo la funzione t (x) monotona sul suo dominio V . Lintegrale
a secondo membro va interpretato come integrale (eventualmente) improprio:
di prima specie nel caso in cui x

un punto singolare (la funzione integran-


da 1/v(x) diverge in x

), di seconda specie se x

. La convergenza di ta-
le integrale nel caso di punti di frontiera non singolari implica la non globalit
(nel tempo) della soluzione; viceversa, se una soluzione impiega un tempo ni-
to per raggiungere un punto singolare, si ha perdita di unicit della soluzione.
Illustriamo tali situazioni con una serie di esempi.
ESEMPIO 1.1. Sia v(x) 3x
2/3
, U R. Lunico punto singolare x 0. Fissa-
to x
0
> 0 [risp. x
0
< 0] calcoliamo la funzione x t (x) su (0, +) [risp. (, 0)]
denita da
t t
0
+
_
x
x
0
dy
1
3y
2/3
t
0
+x
1/3
x
1/3
0
,
da cui x(t ) (x
1/3
0
t
0
+t )
3
. Osserviamo che ciascuna soluzione impiega un
tempo innito per raggiungere (ovvero la frontiera di U R) cosicch essa
denita globalmente. Daltra parte impiega un tempo nito per raggiungere
il punto singolare x 0; infatti x(t

) 0 se t

t
0
x
1/3
0
. Ne segue una perdita
di unicit per il problema di Cauchy con x
0
0: oltre alla soluzione stazionaria
x(t ) 0, anche x(t ) (t t
0
)
3
soluzione con condizione iniziale x(t
0
) 0. In
effetti ciascuna funzione
x
t
1
,t
2
(t )
_
_
_
(t t
1
)
3
se t <t
1
0 se t
1
t t
2
(t t
2
)
3
se t >t
2
al variare di t
1
, t
2
R con t
1
t
0
t
2
, soddisfa la condizione x
t
1
,t
2
(t
0
) 0, ed
soluzione dellequazione differenziale (vericarlo!).
ESEMPIO 1.2. Sia v(x) kx, U R. Assumiamo k /0; abbiamo solo il punto
singolare x 0. Fissato x
0
> 0 [risp. x
0
< 0] calcoliamo la funzione x t (x) su
(0, +) [risp. (, 0)] denita da
t t
0
+
_
x
x
0
dy
1
ky
t
0
+
1
k
log
x
x
0
,
da cui x(t ) x
0
exp[k(t t
0
)], che fornisce la soluzione del problema di Cau-
chy con x(t
0
) x
0
. Nuovamente ciascuna soluzione impiega un tempo innito
per raggiungere la frontiera di U R, ovvero denita globalmente. Inol-
tre, essendo exp[kt ] >0 per ogni t R, in questo caso una soluzione che parte da

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8 ASPETTI GENERALI
x
0
/0 impiega un tempo innito per raggiungere lorigine. Abbiamo quindi uni-
cit anche nel punto singolare x 0. Inoltre lespressione x(t ) x
0
exp[k(t t
0
)],
(che abbiamo determinato per x
0
/0), rimane valida anche per x
0
0, fornendo
in tal caso la soluzione stazionaria x(t ) 0.
ESEMPIO 1.3. Consideriamo il sistema
_
x x
2
,
x(t
0
) x
0
.
(1.8)
Si integra per separazione delle variabili e si trova la soluzione:
x(t )
x
0
1x
0
(t t
0
)
.
Gli intervalli di esistenza sono sempre sottoinsiemi propri dellasse reale, tranne
che per x
0
0. Per esempio, se x
0
> 0 allora la soluzione esiste nellintervallo
J
0
(, t
0
+1/x
0
). Quando t t
0
+1/x
0
la soluzione fugge allinnito (che la
frontiera di R, dominio su cui denito il campo vettoriale).
ESEMPIO 1.4. Consideriamo il sistema
_
x
1
x
,
x(t
0
) x
0
.
(1.9)
Il campo denito su {x R : x / 0}. Si integra per separazione delle variabili e
si trova la soluzione:
x(t )
x
0
[x
0
[
_
2(t t
0
) +x
2
0
.
Gli intervalli di esistenza sono limitati nel passato: quando t t
0
x
2
0
/2 la so-
luzione tende a portarsi sulla frontiera {x 0} del dominio di denizione del
campo.
ESERCIZIO 1.1. Dimostrare che se v : RR differenziabile concontinuit ed
inoltre esiste K >0 tale che [v(x)[ K(1+[x[) per ogni x R, allora ogni soluzione
del problema di Cauchy (1.5) esiste per tutti i tempi.
ESERCIZIO 1.2. Mostrare che il problema di Cauchy per il campo v(x) 1+
_
[x[ ammette ununica soluzione globale di dati iniziali (t
0
, x
0
) (0, 0) e calco-
larla.
ESERCIZIO 1.3. Calcolare la soluzione del problema di Cauchy per il campo
v(x) x x
2
, discutendone il comportamento al variare del dato iniziale (t
0
, x
0
).
1.4. Teoremi generali
Passiamo ora a discutere i teoremi fondamentali della teoria delle equazioni
differenziali ordinarie.
TEOREMA 1.2. Sia il membro di destra dellEq. (1.4) un campo vettoriale dif-
ferenziabile v C
1
(; R
n
). Allora ogni punto (t
0
, x
0
) dello spazio delle fasi am-
pliato ammette un intorno I U tale che per ogni x U esiste un unica

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
1.4 TEOREMI GENERALI 9
soluzione C
1
(I ; R
n
) per cui (t
0
) x. Inoltre tale soluzione una funzione
differenziabile con continuit delle variabili (t , x).
La richiesta di differenziabilit del campo vettoriale non necessaria per le-
sistenza ed unicit di una soluzione locale. In Appendice A dimostrato che se
il campo vettoriale continuo e localmente lipschitziano rispetto alla variabile
x, allora esiste ununica soluzione locale che dipende con continuit dal dato
iniziale. Ricordiamo inoltre che si pu dimostrare che la sola richiesta di conti-
nuit garantisce lesistenza della soluzione, ma ovviamente non sufciente a
garantire lunicit, come mostra lEsempio 1.1.
Pi in generale vale il seguente risultato di esistenza e regolarit.
TEOREMA 1.3. Sia
x v(t , x, ), (t , x) , (1.10)
una famiglia di equazioni differenziali che dipendono da un parametro reale
. Se v C
k
(; R
n
) allora per ogni (t
0
, x
0
,
0
) la soluzione locale (t ) dellEq.
(1.10) di dati iniziali (t
0
) x una funzione differenziabile (di classe C
k
) delle
variabili (t , x, ) per [t t
0
[, [x x
0
[, [
0
[ sufcientemente piccoli.
Il Teorema 1.2 ci ha consentito di costruire una soluzione locale (intorno a
(t
0
, x
0
)). Possiamo estendere tale soluzione? In particolare, se il sistema auto-
nomo, possibile estendere la soluzione a tutto lasse dei tempi R? Gli Esempi
1.8 e 1.9 mostrano che la risposta in generale negativa. In entrambi questi
esempi abbiamo la manifestazione della stessa patologia che fa da ostruzione
ad una esistenza globale: laccumularsi alla frontiera del dominio spaziale in
tempi niti. In effetti vale il seguente teorema generale.
TEOREMA 1.4. Sia v C
1
(; R
n
). La soluzione dellEq. (1.4) di dati iniziali
(t
0
) x
0
pu essere prolungata in avanti ed indietro nel tempo no ad un inter-
vallo massimale (, ). La distanza del punto (t , (t )) dalla frontiera di tende
a zero per t
+
e t

. Inoltre tale prolungamento unico.


DIMOSTRAZIONE. Dimostriamo innanzitutto che il prolungamento unico,
ovvero che che se
1
(t ), t I
1
, e
2
(t ), t I
2
, sono due soluzioni dellEq. (1.4) che
vericano una stessa condizione iniziale, allora esse coincidono su tutta linter-
sezione I
.
I
1
I
2
. Sia quindi
1
(t
0
)
2
(t
0
) per qualche t
0
I . Supponiamo che
T
.
sup{t t
0
:
1
(s)
2
(s) s [t
0
, t ]} sia un punto interno di I . Per continuit
si ha
1
(T)
2
(T) da cui, per il Teorema 1.2 di esistenza ed unicit locali, le due
soluzioni coincidono in tutto un intorno di T, contraddicendo la denizione di
T. Dunque
1
(t )
2
(t ) per ogni t [t
0
, +)I . Analogamente si conclude per
t t
0
.
Dimostriamo ora lesistenza del prolungamento in avanti (il caso del pro-
lungamento indietro si tratta analogamente). Sia K un insieme compatto tale
che (t
0
, x
0
) K ed indichiamo con T lestremo superiore di tutti i tempi
t t
0
per i quali esiste una soluzione dellEq. (1.4) che verica le condizioni
(t
0
) x
0
e (s, (s)) K per ogni s [t
0
, t ]. Mostriamo che allora la soluzione

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
10 ASPETTI GENERALI
t
0
x
0
(
,
)
(+,(+))
(,())
(,())
K

FIGURA 1.4. Il prolungamento della soluzione raggiunge la


frontiera del compatto K .
si prolunga no al tempo T con (T, (T)) K, essendo K la frontiera di K. In
effetti, essendo K un compatto, dal Teorema 1.2 segue che possiamo determi-
nare un numero >0 tale che per ogni (, x) K esiste una soluzione
,x
(t ) di
dati iniziali
,x
() x e denita per [t [ < 2. Essendo (T , (T )) K,
esiste la soluzione
T,(T)
(t ) denita per [t T +[ < 2, mediante la quale
possiamo prolungare (t ) su tutto lintervallo [t
0
, T +). In particolare (T)
denita e, per continuit, (T, (T)) K. Dalla denizione di T segue inoltre che
ogni semintorno destro di T contiene tempi t per i quali (t , (t )) K. Dunque
(t , (T)) K.
Scegliamo ora una successioneV
k
, k N, di aperti limitati tale che
k
V
k
,
(t
0
, x
0
) V
1
,

V
k
V
k+1
per ogni k N. Per quanto sopra dimostrato, esiste una
successione monotona crescente di tempi T
k
, k N, tale che (t ) denita su
(t
0
, T
k
] e (T
k
, (T
k
))

V
k
. Posto sup{T
k
; k N}, la soluzione si prolunga
in tal modo su [t
0
, ) e non ulteriormente prolungabile poich la successione
(T
k
, (T
k
)) tende alla frontiera di .
Rimane da dimostrare che la distanza del punto (t , (t )) dalla frontiera di
tende a zero per t

. Se + evidente. Supponiamo < +ed assu-


miamo per assurdo che tale distanza non tenda a zero. Possiamo quindi estrarre
una successione crescente di tempi {t
k
; k N} tale che (t
k
, (t
k
)) (, y) .
Essendo
(t ) (t
k
) +
_
t
t
k
ds v(s, (s)),
nel limite k +troviamo:
(t ) y +
_
t

ds v(s, (s)).
Quindi (t , (t )) converge a (, y) per t

e dunque, per il Teorema 1.2, la


soluzione si pu prolungare oltre , giungendo in tal modo ad una contraddi-
zione.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
1.4 TEOREMI GENERALI 11
Indichiamo ora con
(t , t
0
, x
0
), t J
t
0
,x
0
,
la funzione che fornisce la soluzione massimale (cio non ulteriormente pro-
lungabile) del problema di Cauchy di dati iniziali (t
0
, x
0
) (si osservi che J
t
0
,x
0

un intervallo aperto, come segue dal precedente teorema).
PROPOSIZIONE 1.5. Sia v C
k
(; R
n
). Allora per ogni (t
0
, x
0
) e t J
t
0
,x
0
esiste unintornoU di x
0
tale che t J
t
0
,x
e (t , t
0
, x) una funzione differenziabile
(di classe C
k
) delle variabili (t , x).
DIMOSTRAZIONE. Supponiamo t > t
0
(il caso t < t
0
si tratta analogamen-
te). Essendo la curva C {(s, (s, t
0
, x
0
)); s [t
0
, t ]} chiusa e limitata in , per il
Teorema 1.2 esistono , >0 tali che, posto
U
j
{y R
n
: [y (t
j
, t
0
, x)[ <}, t
j
t
0
+j , j 0, . . . , N
.

_
t t
0

_
,
le soluzioni (s, y) (s, t
j
, y), j 0, . . . , N, sono denite e differenziabili per [s
t
j
[ <2, y U
j
.
Per la continuit di y (t
1
, t
0
, y) possiamo determinare un intorno U
01

U
0
tale che (t
1
, t
0
, y) U
1
per ogni y U
01
. Ne segue che per y U
01
la soluzio-
ne locale (s, t
0
, y), [s t
0
[ <2, prolungabile a tutto lintervallo (t
0
2, t
1
+2).
Inoltre:
(s, t
0
, y) (s, t
1
, (t
1
, t
0
, y)), (s, y) (t
1
2, t
1
+2) U
01
,
cosicch anche il prolungamento differenziabile essendocomposizione di fun-
zioni differenziabili. Possiamo ora ripetere il ragionamento e determinare un
intorno U
02
U
01
tale che la soluzione si prolunga ulteriormente sullintervallo
(t
0
2, t
2
+2). Nuovamente, essendo
(s, t
0
, y) (s, t
2
, (t
2
, t
0
, y)), (s, y) (t
2
2, t
2
+2) U
01
,
otteniamo una funzione differenziabile. Dopo N passi determiniamo in tal mo-
do un intorno U U
0,N
tale che per y U la soluzione (s, t
0
, y) si prolunga su
tutto lintervallo (t
0
2, t
N
+2) (contenente t ) ed una funzione differenziabile
di (s, y).
Concludiamo la sezione con il seguente corollario del Teorema 1.4, che for-
nisce un criterio sufciente per lesistenza di soluzioni globali nel tempo.
COROLLARIO 1.6. Sia v C
1
(RR
n
; R) ed esista inoltre una funzione nita
B

, >0, tale che:


max
[t [
[v(t , x)[ B

(1+[x[) x R.
Allora ogni soluzione dellEq. (1.4) denita globalmente.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
12 ASPETTI GENERALI
R
n
t
0
t
1


R
K
|x| =2A
|x| = A
FIGURA 1.5. Il prolungamento della soluzione nonpu tocca-
re la supercie laterale del compatto K poich stimiamo a priori
che [(t )[ A
.
([(t
0
)[ +2B

)e
2B

.
DIMOSTRAZIONE. Sia (t ), t [t
0
, t
1
], una soluzione dellEq. (2.6) ed [, ]
un qualsiasi intervallo compatto che contiene [t
0
, t
1
]. Scrivendo lequazione dif-
ferenziale in forma integrale ed utilizzando la disuguaglianza (A.3) (vedi Appen-
dice A) si ha, per ogni t [t
0
, t
1
],
[(t )[ [(t
0
)[ +
_
t
t
0
ds [v(s, (s))[ [(t
0
)[ +2B

+B

_
t
t
0
ds [(s)[,
e quindi, per il Lemma di Gronwall (vedi Lemma A.3 in Appendice A),
[(t )[ ([(t
0
)[ +2B

)e
2B

.
Dunque la soluzione (t ), t [t
0
, t
1
], connata nel compatto dello spazio delle
fasi ampliato K {(t , x) : [t [ , [x[ 2([(t
0
)[ +2B

)e
2B

}. Per il Teorema
1.4 essa pu essere prolungata no alla frontiera di tale compatto, ma per la
stima precedente non esiste un tempo t

[, ] tale che [(t

)[ 2([(t
0
)[ +
2B

)e
2B

. Quindi la soluzione pu essere prolungata avanti e indietro su tutto


[, ] (vedi Figura 1.5). Per larbitrariet di concludiamo che (t ) si prolunga
sullintero asse dei tempi R.
1.5. Equazioni differenziali autonome
Consideriamo ora pi in dettaglio il caso delle equazioni autonome, quan-
do il campo vettoriale non dipende esplicitamente dal tempo. Sia quindi v

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
1.5 EQUAZIONI DIFFERENZIALI AUTONOME 13
C
1
(D, R
n
) con D un dominio di R
n
. Indichiamo con
t
(x
0
), t J
x
0
, la soluzione
massimale del problema di Cauchy di dati iniziali
0
(x
0
) x
0
; allora
(t , t
0
, x
0
)
t t
0
(x
0
) t J
t
0
,x
0
t
0
+J
x
0
. (1.11)
In effetti si verica immediatamente che
t t
0
(x
0
) soluzione del problema di
Cauchy di dati iniziali (t
0
, x
0
). altres evidente che lintervallo massimale di
denizione J
t
0
,x
0
della soluzione deve necessariamente coincidere con linsieme
t
0
+J
x
0
{t +t
0
: t J
x
0
}.
1.5.1. Struttura delle curve di fase. Immediate conseguenze del teorema
di esistenza ed unicit e di (1.11) sono le seguenti proposizioni.
PROPOSIZIONE 1.7. Sia v C
1
(D, R
n
). Allora per ogni punto dello spazio delle
fasi D passa una ed una sola curva di fase (massimale).
DIMOSTRAZIONE. In effetti per ogni x
0
D si ha:
{(t , t
0
, x
0
) : t J
t
0
,x
0
} {
t
(x
0
) : t J
x
0
} t
0
R.

PROPOSIZIONE 1.8. Sia v C


1
(D, R
n
), x D. Supponiamo che esista t
1
/ 0
tale che
t
1
(x) x. Allora J
x
R e la soluzione t
t
(x) periodica di periodo
T [t
1
[.
DIMOSTRAZIONE. Supponiamo t
1
T > 0 (il caso t
1
< 0 analogo). Sia
C
1
(R; D) il prolungamento T-periodico della funzione t
t
(x), t [0, T],
ovvero (t )
t kT
(x) con k k(t ) lintero tale che t kT [0, T). immediato
vericare che soluzione dellequazione.
Si verica ora facilmente che: i) linsieme di tutti i periodi di una funzione
continua : RD un sottogruppo chiuso del gruppo dei numeri reali; ii) ogni
sottogruppo chiuso del gruppo dei numeri reali costituito da tutto R, dal sin-
golo elemento {0}, oppure dallinsieme {kT; k Z} per qualche T >0 (dimostrare
queste affermazioni!). Di conseguenza, una curva di fase (massimale) che inter-
seca se stessa un punto singolare del campo oppure una curva chiusa che
completa il primo giro in un tempo T.
In particolare, se un campo vettoriale denito su tutto lo spazio eucli-
deo (i.e. v C
1
(R
n
; R
n
)) la struttura geometrica intrinseca delle curve di fase
molto semplice: un punto, una curva chiusa diffeomorfa ad una circonferenza,
oppure una curva aperta diffeomorfa ad una retta. Pu viceversa essere molto
complicata la loro disposizione nello spazio delle fasi.
1.5.2. Esistenza di ussi di fase. naturale ora chiedersi se un campo vet-
toriale v C
k
(D; R
n
) genera un usso di fase sul dominio D, ovvero se v il cam-
po delle velocit di un usso di fase. La risposta una conseguenza dei risultati
della sezione precedente:

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
14 ASPETTI GENERALI
f v(y)
*
v( x)
x
~
D
y=f(x)
f
D
FIGURA 1.6. Azione di un diffeomorsmo f sul campo
vettoriale v.
PROPOSIZIONE 1.9. Sia v C
k
(D; R
n
). Supponiamo che lEq. (1.3) possa esse-
re prolungata indenitavamente in avanti ed indietro nel tempo. Allora (D, {
t
})
un usso di fase (di classe C
k
) di cui v il campo delle velocit di fase.
DIMOSTRAZIONE. Lesistenza ed unicit globali della soluzione implicano
che (t +s, 0, x) (t +s, s, (s, 0, x)) per ogni s, t R ed x D, da cui
t +s

t

s
. Essendo
0
la mappa identit, concludiamo che {
t
} un gruppo ad
un parametro di trasformazioni di D. La differenziabilit di tali trasformazioni
segue dalla Proposizione 1.5.
Si osservi che nel caso in cui la soluzione non esiste globalmente lappli-
cazione
t
(x) non denisce (in generale) un diffeomorsmo per nessun tempo
t / 0. Si consideri ad esempio lequazione x x
2
, x R (risolta nellEsempio
1.3). In questo caso
t
(x) x(1xt )
1
che non un diffeomorsmo per t / 0
poich non denita in x 1/t .
1.5.3. Azione di un diffeomorsmo su un campo vettoriale. Supponiamo
che f : D

D sia un diffeomorsmo di D nel dominio

D. Sia t (t ) una curva
in D soluzione dellEq. (1.3). Posto (t )
.
f ((t )) si ha:
(t ) Df ((t ))v((t )) Df ( f
1
((t ))) v( f
1
((t ))).
Deniamo allora immagine del campo vettoriale v : D R
n
, sotto lazione del
diffeomorsmo f , il campo vettoriale f

v :

D R
n
tale che:
f

v(y)
.
Df (x)v(x)

xf
1
(y)
.
Inparticolare, se (D, {
t
}) il usso di fase la cui velocit di fase data dal campo
vettoriale v C
1
(D; R
n
), allora il usso immagine tramite f , ovvero il usso di
fase (

D, { f
t
f
1
}), generato dal campo vettoriale v
.
f

v.
Il diffeomorsmo f pu essere interpretato come un cambiamento di coor-
dinate in D. Se x
i
: D R, i 1, . . . , n, sono le coordinate assegnate in D, le

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
1.5 EQUAZIONI DIFFERENZIALI AUTONOME 15
funzioni
y
i
: D R : y
i
f
i
(x
1
, . . . , x
n
), i 1, . . . , n,
deniscono un nuovo sistema di coordinate ammissibile (ovvero che conser-
va la struttura differenziabile) in D. Una curva (t ) soluzione dellEq. (1.3) ha
componenti x
i
(t ) x
i
((t )), i 1, . . . , n, soluzioni del sistema:
x
i
(t ) v
i
(x
1
(t ), . . . , x
n
(t )), i 1, . . . , n,
e componenti y
i
(t ) f
i
((x
1
(t ), . . . , x
n
(t )), i 1, . . . , n, soluzioni del sistema:
y
i
(t ) ( f

v)
i
(y
1
(t ), . . . , y
n
(t )), i 1, . . . , n.
Quindi v f

v la legge di trasformazione del campo vettoriale v sotto il cam-


biamento di coordinate y f (x).
1.5.4. Il teorema della scatola di usso. Sia v C
1
(D; R
n
). Un punto x
0
D
detto singolare se v(x
0
) 0. Il seguente teorema mostra che la struttura delle
curve di fase in prossimit di un punto non singolare estremamente semplice.
TEOREMA 1.10. In un intorno sufcientemente piccolo di un punto non sin-
golare un campo vettoriale differenziabile diffeomorfo al campo costante e
1

(1, 0, . . . , 0). In altri termini in un intorno di un punto non singolare esiste un
diffeomorsmo che trasforma il campo originale in e
1
.
DIMOSTRAZIONE. Sia v C
k
(D; R
n
) ed x D unpunto nonsingolare (ovvero
v( x) /0). Dobbiamo determinare un intorno V D di x ed un C
k
-diffeomor-
smo f : V W dellintorno V su un dominio W di R
n
tale che f

v(y) e
1
per
ogni x V . Sia H un iperpiano (dim(H) n1) passante per x e non contenente
v( x). Quindi H {x R
n
: h(x x) 0} per un opportuno funzionale lineare h
tale che h(v( x)) /0. Possiamo assumere il sistema di coordinate x
i
: D R tale
che:
x 0, v(0) [v(0)[e
1
, H {x R
n
: x
1
0}
(ci si pu infatti ricondurre a tale caso mediante una trasformazione afne di
coordinate). In tal modo ogni elemento H rimane individuato attraverso le
n 1 coordinate (
2
, . . . ,
n
) R
n1
.
Per il teorema di esistenza ed unicit locali esistono un intorno I di t 0 e
U di x 0 tali che la soluzione
t
(x) esiste di classe C
k
per ogni (t , x) I U. In
particolare, posto S U H, denita lapplicazione di classe C
k
,
: I S D : (y)
t
(), y (t , ),
che fornisce levoluzione al tempo t del punto sulla sezione S. Mostriamo
che un diffeomorsmo locale (intorno lorigine delle coordinate). A tal sco-
po sufciente applicare il teorema della funzione inversa: essendo la matrice
jacobiana
D(0)
_
[v(0)[ 0
0 1I
_

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
16 ASPETTI GENERALI
x f( )
x
x=0
V
W
f
H
D

v(0)

t
()
FIGURA 1.7. Diffeomorsmo di retticazione
(1I la matrice identit su R
n1
) non singolare, esiste un intorno W I S dello-
rigine tale che, posto V (W), lapplicazione : W V un C
k
-diffeomor-
smo. Inoltre, per ogni x V , se x (y)
t
(),

e
1
(x) D(y)e
1


y
1
(y)

t

t
() v(
t
()) v(x),
ovvero
1

v(y) e
1
(infatti D
1
(D)
1
). Dunque f
.

1
il C
k
-diffeo-
morsmo cercato.
Si osservi che il teorema ora dimostrato afferma equivalentemente che, in
un intorno V di un punto non singolare del campo v, lequazione x v(x)
equivalente alla semplice equazione y e
1
, y W, la cui soluzione y
1
(t )
y
1
(0) +t , y
j
(t ) y
j
(0), j 2, . . . , n.
1.5.5. Equazioni differenziali su variet. La Denizione 1.1 si estende al
caso di unusso (M, {
t
}) suuna variet differenziabile M denita come in(1.1).
Fissato z M, il moto t
t
( z) una curva differenziabile su M, passante per z

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
1.5 EQUAZIONI DIFFERENZIALI AUTONOME 17
z
T M
M W
z
.
C(0)
C(t)
.
R
n
x
c(t)
U
R
N
f
M
FIGURA 1.8. Spazio tangente alla supercie M R
N
nel punto z
al tempo t 0. Deniamo allora velocit di fase del usso in z il vettore
v( z)
d
dt

t
( z)

t 0
.
Poich la curva giace in M, tale vettore tangente ad M nel punto z, ovvero
appartiene allo spazio (o iperpiano) tangente ad M in z, che indichiamo con
T
z
M. Per descrivere tale spazio introduciamo un sistema di coordinate locali
x (x
1
, . . . , x
n
) U R
n
in un intorno W di z, denito mediante le equazioni
parametriche z f (x), vedi lequazione (1.2).
Chiaramente ogni curva t C(t ) in MW tale che C(0) z si ottiene come
immagine C(t ) f (c(t )) di unopportuna curva t c(t ) nel dominio U tale che
c(0) x : f
1
( z). Allora il vettore tangente a C(t ) in t 0 si scrive:

C(0)
d
dt
f (c(t ))

t 0
Df ( x) c(0)
n

i 1
c
i
(0)
x
i
f ( x),
ovvero una combinazione lineare degli n vettori
x
i
f ( x), i 1, . . . , n. Daltra par-
te, poich f ha rango massimo, il rango di Df ( x)
_

x
i
f
j
( x)
_
pari ad n, cosic-
ch i vettori
x
i
f (x), i 1, . . . , n, sono linearmente indipendenti. Ne segue che
linsieme T
z
M dei vettori tangenti ad M in z uno spazio lineare di dimensione
n, in cui le coordinate locali inducono una base naturale. In particolare il vettore
velocit di fase v( z) il vettore tangente ad M in z le cui componenti
1
, . . . ,
n
(nel suddetto sistema di coordinate) sono:

i

d
dt
x
i
(
t
( z))

t 0

d
dt
( f
1
)
i
(
t
( z))

t 0
.
Dunque i moti sono soluzioni dellequazione differenziale ordinaria z v(z)
sulla variet M. Tutti i risultati di natura locale sulle equazioni differenziali su
domini di R
n
si estendono immediatamente al caso di equazioni su variet, poi-
ch questultimo caso si riduce al primo dopo avere introdotto le coordinate

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
18 ASPETTI GENERALI
locali. La struttura topologica della variet si evidenzia viceversa in risultati ri-
guardanti il comportamento globale delle soluzioni. Ricordiamo qui un primo
semplice risultato: ogni campo vettoriale differenziabile suuna variet compatta
M il campo delle velocit di fase di un usso (M, {
t
}). In effetti abbiamo visto
che lostruzione allesistenza di un gruppo di diffeomorsmi si manifesta sem-
pre nella fuga allinnito (in generale verso la frontiera del dominio del campo)
delle soluzioni. quindi evidente che ogni soluzione di unequazione su una
variet compatta (si pensi ad esempio ad un toro, una supercie sferica etc.) si
possa prolungare indenitivamente nel tempo.
1.6. Integrali primi
Si dice derivata di Lie della funzione F : D R rispetto al campo vettoriale
v : D R
n
la nuova funzione L
v
F : D R tale che
L
v
F(x) :
d
dt
F(
t
(x))

t 0

i 1
F
x
i
(x)v
i
(x) F(x), v(x), (1.12)
dove , il prodotto scalare canonico di R
n
. Indicando con
t
(x), t J
x
, la
soluzione massimale del problema di Cauchy associato al campo v, si verica
immediatamente che:
d
dt
F(
t
(x)) L
v
F(
t
(x)) t J
x
.
Dal segno di L
v
F si pu cos determinare se la funzione F cresce, decresce o
rimane costante lungo le soluzioni. In particolare la funzione F detta integrale
primo (indipendente dal tempo) per il sistema (1.3) se L
v
F 0. Ne segue in tal
caso che F costante lungo ogni soluzione di (1.3) e che ogni curva di fase giace
interamente su uno ed un solo insieme di livello di F.
La conoscenza di integrali primi fornisce informazioni sul comportamento
delle soluzioni. In particolare, se sono noti n 1 integrali primi F
k
, k 1, . . . , n
1, funzionalmente indipendenti, il problema di Cauchy completamente in-
tegrabile. Infatti, per ogni dato iniziale x
0
, lorbita rimane ssata dallinterse-
zione delle n 1 superci di equazione F
k
(x) F
k
(x
0
), dopodich la legge ora-
ria lungo lorbita, che un problema unidimensionale autonomo, si integra per
separazione delle variabili.
In generale, un campo vettoriale pu non ammettere alcun integrale pri-
mo non costante. Infatti, a causa della struttura topologica delle orbite, queste
possono non essere interamente contenute nella supercie di livello di nessuna
funzione non banale, denita globalmente sul dominio D. Viceversa, localmen-
te esistono sempre integrali primi non banali. Pi precisamente, nellintorno di
un punto non singolare del campo vettoriale, esistono addirittura n1 integrali
primi funzionalmente indipendenti. In effetti, per il sistema standard y e
1
,
evidente che le coordinate y
2
, . . . , y
n
sono n 1 integrali primi funzionalmente
indipendenti. Daltra parte, per il teorema della scatola di usso, nellintorno
di un punto non singolare ogni sistema differenziale ammette coordinate in cui

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
1.6 INTEGRALI PRIMI 19
assume la forma standard (si osservi inne che lindipendenza funzionale non
dipende dal sistema di coordinate).
ESEMPIO 1.5. Consideriamo un sistema di N particelle di masse m
i
>0, i
1, . . . , N, interagenti mediante forze conservative. Quindi esiste una funzione
delle coordinate delle particelle, U U(x
1
, . . . , x
N
), x
i
R
3
, i 1, . . . , N, detta
energia potenziale, tale che le equazioni del moto sono assegnate dal sistema
del secondo ordine:
m
i
x
i

U
x
i
, i 1, . . . , N.
Si verica immediatamente che lenergia meccanica totale
E(x
1
, . . . , x
N
, x
1
, . . . , x
N
)
N

i 1
m
i
2
x
2
i
+U(x
1
, . . . , x
N
)
un integrale primo del moto.
ESERCIZIO 1.4. Con riferimento allEsempio 1.5, dimostrare che le soluzioni
delle equazioni di Newton sono prolungabili su tutto lasse dei tempi nel caso in
cui lenergia potenziale una funzione non negativa e due volte differenziabile su
R
3N
.
ESERCIZIO 1.5. Supponiamo che il sistema (1.3) ammette un orbita densa in
D. Dimostrare che allora non esistono integrali primi non banali.
ESERCIZIO 1.6. Sia C

(D) linsieme delle funzioni reali innitamente diffe-


renziabili su D, dotato della struttura naturale di anello. La derivata di Lie ri-
spetto ad un campo vettoriale v : D R
n
innitamente differenziabile denisce
unapplicazione L
v
: C

(D) C

(D). Dimostrare le seguenti propriet


1) L
v
una derivazione sullanelloC

(D), ovvero L
v
unoperatore lineare
tale che L
v
(FG) FL
v
G +GL
v
F;
2) L
v+u
L
v
+L
u
;
3) L
Fv
FL
v
;
4) loperatore differenziale [L
v
, L
u
]
.
L
v
L
u
L
u
L
v
un operatore del primo
ordine. In particolare [L
v
, L
u
] L
[v,u]
, dove il campo vettoriale [v, u],
detto commutatore o parentesi di Lie dei campi v, u, ha componenti
[v, u]
i

n

j 1
v
j
u
i
x
j
u
j
v
i
x
j
;
5) [[a, b], c] +[[b, c], a] +[[c, a], b] 0 (identit di Jacobi).
Caso non autonomo. Sia v C
1
(, R
n
), un dominio di R
n+1
. Ricordiamo che
leq. (1.4) equivalente allequazione autonoma y V (y), con V C
0
(; R
n+1
)
il campo vettoriale tale che V (y) (1, v(t , x)) per y (t , x) . Una funzione
F C
1
(; R) detta integrale primo dipendente dal tempo per lequazione (1.4)
se un integrale primo del sistema autonomo y V (y), dunque se
L
V
F(y) F(y), V (y)
F
t
(t , x) +
n

i 1
F
x
i
(t , x)v
i
(t , x) 0 (t , x) . (1.13)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
20 ASPETTI GENERALI
Analogamente al caso autonomo, ogni curva integrale del sistema interamente
contenuta in uno ed un solo insieme di livello di F.
ESEMPIO 1.6. Consideriamo le equazioni non autonome sulla retta a varia-
bili separabili, ovvero il problema di Cauchy:
_
x p(t )v(x),
x(t
0
) x
0
.
(1.14)
dove v : U R, p : I R sono funzioni continue sugli intervalli aperti U, I ri-
spettivamente. Si osservi che il sistema autonomo (1.5) il caso particolare di
(1.14) in cui si ponga p(t ) 1, I R.
Chiaramente se v(x
0
) 0 esiste la soluzione stazionaria x(t ) x
0
del pro-
blema. Se invece v(x
0
) / 0 possiamo integrare localmente lequazione ragio-
nando analogamente al caso autonomo. Sia quindi V (x

, x
+
) denito come
in Sezione 1.3 e poniamo ora:
G(t , x)
.

_
t
t
0
ds p(s)
_
x
x
0
dy
1
v(y)
.
Chiaramente G : I V R differenziabile con continuit e si verica immedia-
tamente che G(t , (t )) 0 lungo ogni soluzione t (t ) di (1.14), ovvero G un
integrale primo dipendente dal tempo. Daltra parte
G
x
(t , x)
1
v(x)
/0 (t , x) I V,
cosicch, per il teorema della funzione implicita, esiste ununica esplicitazione
t x(t ) dellequazione G(t , x(t )) 0, che fornisce quindi anche lunica soluzio-
ne locale del problema (1.14).
Si osservi che inquesto caso non garantita lesplicitazione locale del tempo
t (x). In effetti, se p(t
0
) 0 la soluzione x(t ) pu essere non monotona in ogni in-
torno di t
0
; daltra parte la condizione p(t
0
) /0 non necessaria per lesistenza
ed unicit locale della soluzione stessa.
1.7. Soluzione degli esercizi
SOLUZIONE ES. 1.1. sufciente osservare che sotto le ipotesi date, se x

un punto singolare oppure x

allora lintegrale improprio che appare


nel membro di destra dellEq. (1.7) divergente (nel caso i cui x

un punto
singolare si utilizzi il fatto che la differenziabilit del campo implica che esistono
un intorno V di x

ed una costante C tali che [v(x)[ C[x x


0
[ per ogni x V ).
SOLUZIONE ES. 1.2. Per separazione delle variabili si verica facilmente che
lunica soluzione del problema di Cauchy la funzione inversa di t t (x) cos
denita:
t
_
_
_
2
__
x log(1+
_
x)
_
se x (0, +)
0 se x 0
2
_

_
x +log(1+
_
x)
_
se x (, 0)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
1.7 SOLUZIONE DEGLI ESERCIZI 21
SOLUZIONE ES. 1.3. I punti singolari del campo sono x 0 ed x 1, cosicch
le funzioni x
1
(t ) 0 ed x
2
(t ) 1 sono soluzioni stazionarie. Sia ora x
0
/ 0, 1 e
quindi v(x
0
) / 0. Determiniamo la soluzione con condizione iniziale x(t
0
) x
0
come funzione inversa di t t (x) denita da
t t
0
+
_
x
x
0
dy
1
y(1y)
t
0
+log
x(1x
0
)
x
0
(1x)
,
da cui
x(t )
x
0
x
0
+(1x
0
)e
(t t
0
)
.
Distinguiamo quindi tre casi:
i ) x
0
< 0. La soluzione x(t ) monotona decrescente ed denita solo per
tempi t <T, dove T denito da:
x
0
+(1x
0
)e
(Tt
0
)
0 T t
0
+log
[x
0
[ +1
[x
0
[
>t
0
.
In particolare:
lim
t
x(t ) 0, lim
t T

x(t ) .
i i ) 0 <x
0
<1. La soluzione x(t ) monotona crescente ed denita per ogni
t R. In particolare:
lim
t
x(t ) 0, lim
t +
x(t ) 1.
i i i ) x
0
>1. La soluzione x(t ) monotona decrescente ed denita solo per
tempi t >

T, dove

T denito da:
x
0
+(1x
0
)e
(

Tt
0
)
0

T t
0
+log
x
0
1
x
0
<t
0
.
In particolare:
lim
t

T
+
x(t ) +, lim
t +
x(t ) 1.
Troviamo che per certi dati iniziali (x
0
< 0 o x
0
> 1) la soluzione non esiste
globalmente ma fugge allinnito (che la frontiera di R, dominio del campo
vettoriale) in un tempo nito. Viceversa, qualunque sia il dato iniziale x
0
/0, 1,
il tempo necessario a raggiungere le posizioni di equilibrio x 0, 1 innito,
cosicch non si ha perdita di unicit.
SOLUZIONE ES. 1.5. Se F un integrale primo, allora F una funzione
continua e costante su un insieme denso in D; dunque F costante su tutto
D.
SOLUZIONE ES. 1.4. Le equazioni del moto sono equivalenti al seguente
sistema del primo ordine autonomo in R
6N
:
_
_
_
x
i
y
i
m
i
y
i

U
x
i
(x
i
, y
i
) R
3
R
3
, i 1, . . . , N.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
22 ASPETTI GENERALI
La regolarit di U garantisce lesistenza ed unicit locali delle soluzioni. Sia t
{(x
i
(t ), y
i
(t )); i 1, . . . , N} una soluzione. Essendo lenergia potenziale positiva,
si ha:
m
i
2
y
i
(t )
2
E(x
1
(t ), . . . , x
N
(t ), y
1
(t ), . . . , y
N
(t ))
E(x
1
(0), . . . , x
N
(0), y
1
(0), . . . , y
N
(0))
E
0
i 1, . . . , N.
Quindi, poich inoltre y
i
(t ) x
i
(t ), si hanno le stime:
[y
i
(t )[
_
2E
0
/m
i
, [x
i
(t ) x
i
(0)[
_
2E
0
/m
i
[t [ i 1, . . . , N,
che valgono per tutti i tempi t per i quali la soluzione denita. Fissato T > 0,
consideriamo ora il compatto K
T
[T, T] Q
T
dello spazio delle fasi ampliato
RR
6N
, dove
Q
T
{(x, y) R
6N
: [x
i
x
i
(0)[ 2T
_
E
0
/m
i
, [y
i
[ 2
_
E
0
/m
i
, i 1, . . . , N}.
Per il Teorema 1.4 la soluzione di prolunga no alla frontiera di K
T
, ma per le
stime precedenti essa pu raggiungere solo le facce di K
T
per cui [t [ T. La
soluzione si prolunga in tal modo su lintero intervallo di tempi [T, T] e quindi,
essendo T arbitrario, su tutto R.
SOLUZIONE ES. 1.41. Dimostriamo lidentita di Jacobi, gli altri punti sono
banali. Dobbiamo dimostrare che
[[L
a
, L
b
], L
c
] +[[L
b
, L
c
], L
a
] +[[L
c
, L
a
], L
b
] 0.
Si ha
[[L
a
, L
b
], L
c
] L
a
L
b
L
c
L
a
L
c
L
b
L
b
L
c
L
a
+L
c
L
b
L
a
ed analogamente gli altri due termini. La somma di queste espressioni uguale
a zero.
1.8. Nota bibiliograca
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) V.I. Arnold. Metodi matematici della meccanica classica. Roma: Editori
Riuniti, 1979.
3) J. Guckenheimer, P. Holmes. Nonlinear oscillations, dynamical systems,
and bifurcations of vector elds. (Applied Mathematical Sciences 42).
Berlin: Springer, 1993.
4) A. Katok, B. Hasselblatt. Introduction to the modern theory of dyna-
mical systems. (Encyclopedia of mathematics and its applications 54).
Cambridge: Cambridge U.P., 1995.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
CAPITOLO 2
Sistemi lineari
2.1. Linearizzazione
Consideriamo lequazione differenziale:
x v(t , x) (t , x) I D, (2.1)
dove v C
0
(I D; R
n
), Dv v/x C
0
(I D; R
n
2
) e sia (t ) una soluzione.
Posto x (t ) +y, lequazione differenziale nella variabile y si scrive:
y A(t )y + f (t , y), (2.2)
dove A(t )
.
Dv(t , (t )) ed f (t , y) un innitesimo di ordine superiore: f (t , 0)
0, Df (t , 0) 0. Linearizzare lEq. (2.1) intorno alla soluzione (t ) signica tra-
scurare i termini di ordine superiore nello sviluppo del campo intorno a (t ) e
considerare lequazione differenziale lineare:
y A(t )y, (t , y) I R
n
. (2.3)
naturale chiedersi quale connessione esista tra le soluzioni del sistema linea-
re (2.3) e quelle dellequazione originale (2.1). In particolare si pu sperare che
almeno localmente (ovvero in un intorno della soluzione (t )) ogni soluzione
y(t ) x(t ) (t ) dellEq. (2.2) sia ben approssimata dal corrispondente proble-
ma di Cauchy per il sistema (2.3). Lo studio della relazione tra le soluzioni del
problema originario e quelle del problema linearizzato si basano su uncontrollo
particolareggiato di queste ultime.
La situazione pi semplice che possiamo considerare quella della linea-
rizzazione intorno ad una posizione di equilibrio di un sistema autonomo. Sia
quindi x
0
un punto singolare del campo vettoriale v C
1
(D; R
n
). Dunque x(t )
x
0
una soluzione stazionaria dellequazione differenziale x v(x). In tal caso
lequazione linearizzata :
y Ay, (t , y) RR
n
, (2.4)
essendo A
.
Dv(x
0
).
Entrambe le equazioni (2.3) e (2.4) sono lineari ed omogenee, ovvero il cam-
po vettoriale che le denisce una funzione lineare della variabile y ed assente
un termine di ordine 0 nella stessa y. Osserviamo che lEq. (2.4) inoltre auto-
noma: la matrice A una funzione costante, ovvero non dipende dalla variabile
temporale t . Vedremo che in questo caso il calcolo delle soluzioni dellequazio-
ne differenziale si riduce al problema algebrico della riduzione dellla matrice A
in forma opportuna.
23
24 SISTEMI LINEARI

g
FIGURA 2.1. Il pendolo matematico piano.
Un altro esempio importante di equazione differenziale lineare costituito
dalla equazione delle variazioni (A.18) che descrive levoluzione della matrice
jacobiana (rispetto ai dati iniziali) della soluzione di un problema di Cauchy.
ESEMPIO 2.1. Consideriamo lequazione del pendolo matematico piano,


2
sin,
.

_
g

,
dove R langolo (crescente in senso antiorario) che il pendolo forma con
la verticale discendente, g laccelerazione di gravit ed la lunghezza del pen-
dolo. Nello spazio delle fasi x (x
1
, x
2
) (,

) R
2
lequazione si riscrive come
sistema del primo ordine:
_
x
1
x
2
,
x
2

2
sinx
1
.
ovvero x v(x) con
v(x)
_
v
1
(x)
v
2
(x)
_

_
x
2

2
sinx
1
_
.
Chiaramente z
j
( j , 0) un punto singolare del campo per ogni j Z, ovvero
v(z
j
) 0. Si ha:
A
j
.
Dv(z
j
)
_
_
_
_
_
_
v
1
x
1
( j , 0)
v
1
x
2
( j , 0)
v
2
x
2
( j , 0)
v
2
x
2
( j , 0)
_
_
_
_
_
_

_
0 1
(1)
j +1

2
0
_
.
Lequazione linearizzata intorno al punto singolare z
j
allora y A
j
y, ovvero:
_
y
1
y
2
,
y
2
(1)
j +1

2
y
1
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.2 PROPRIET GENERALI 25
In particolare, per j pari, troviamo la ben nota equazione delloscillatore armo-
nico, y
1
+
2
y
1
0, che descrive le piccole oscillazioni intorno alla posizione di
equilibrio stabile x 0 (mod 2).
Pi in generale, sia q q
0
una posizione di equilibrio del sistema meccanico
descritto dallequazione:
q F(q), q D R
n
,
Il corrispondente campo vettoriale nello spazio delle fasi x (q, q) DR
n
pos-
siede un punto singolare in x
0
(q
0
, 0). Lequazione linearizzata intorno a tale
punto :
y Ay, y R
2n
,
dove
A
_
0 1I
DF(q
0
) 0
_
,
essendo i blocchi a destra matrici n n. Pi esplicitamente:
_

_
y
i
y
n+i
,
y
n+i

n

j 1
F
i
q
j
(q
0
) y
j
,
i 1, . . . , n.
ESERCIZIO 2.1. Linearizzare le equazioni del pendolo con attrito,


2
sin

, >0,
intorno alla posizione di equilibrio (,

) (0, 0).
ESERCIZIO 2.2. Si consideri un pendolo matematico piano in cui il punto
di sospensione oscilla verticalmente secondo la legge acos(t ), essendo a,
due parametri positivi. Siano rispettivamente g, , m laccelerazione di gravit,
la lunghezza ed il peso del pendolo. Utilizzando langolo (crescente in senso
antiorario) che il pendolo forma con la verticale discendente, scrivere la lagran-
giana del sistema e le relative equazioni del moto. Vericare che (,

) (0, 0)
una posizione di equilibrio e linearizzare le equazioni del moto intorno a tale
posizione.
ESERCIZIO 2.3. Si consideri il seguente sistema differenziale su R
2
:
_
x
1
x
1
(1x
2
1
x
2
2
) x
2
(1+x
2
1
+x
2
2
),
x
2
x
1
(1+x
2
1
+x
2
2
) +x
2
(1x
2
1
x
2
2
).
Utilizzando le coordinate polari (r, ), determinare una soluzione periodica del
sistema e scrivere il sistema linearizzato intorno ad essa.
2.2. Propriet generali
2.2.1. Preliminari. Sia {e
i
}
i 1,...,n
la base canonica di R
n
:
x
_
_
x
1
. . .
x
n
_
_

i 1
x
i
e
i
x R
n
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
26 SISTEMI LINEARI
Assumeremo nel seguito ssato in R
n
il prodotto scalare canonico , ,
x, y
.

i 1
x
i
y
i
x, y R
n
,
Altrimenti detto, , il prodotto scalare rispetto al quale la base canonica
{e
i
}
i 1,...,n
di R
n
ortonormale. Tramite il prodotto scalare deniamo la norma
euclidea:
[x[
.

_
x, x
_
n

i 1
x
2
i
x R
n
,
e quindi la distanza tra vettori d(, ):
d(x, y)
.
[x y[ x, y R
n
,
dotato della quale R
n
uno spazio metrico completo.
Sia ora M
n
lo spazio delle matrici n n, che assumiamo dotato della strut-
tura naturale di spazio lineare di R
n
2
e del prodotto riga per colonna. Fissata
una base in R
n
, ad esempio quella canonica {e
i
}
i 1,...,n
, ogni operatore linea-
re A : R
n
R
n
univocamente determinato dalla matrice {A
i , j
}
i , j 1,...,n
i cui
elementi forniscono lazione delloperatore sui vettori di base:
Ae
i

n

j 1
A
j ,i
e
j
,
ovvero sulle coordinate:
(Ax)
i

n

j 1
A
i , j
x
j
.
Questa corrispondenza unisomorsmolineare tra M
n
e lospaziolineare L(R
n
)
degli operatori lineari su R
n
, che fornisce una identicazione canonica di L(R
n
)
con M
n
. Inoltre, denendo il prodotto di due operatori A, B L(R
n
) come la
composizione degli stessi, ovvero ponendo (AB)x
.
A(Bx) x R
n
, la matri-
ce rappresentativa delloperatore AB data dal prodotto riga per colonna delle
matrici A e B:
(AB)
i , j

n

k1
A
i ,k
B
k, j
.
Introduciamo in L(R
n
) (e quindi in M
n
) la norma uniforme:
|A|
.
sup
x/0
[Ax[
[x[
sup
[x[1
[Ax[, (2.5)
rispetto alla quale L(R
n
) uno spazio normato completo. Essendo L(R
n
) di di-
mensione nita, tutte le norme sono equivalenti. Pi specicatamente facile
dimostrare che:
max
j
n

i 1
A
2
i , j
|A|
2

i , j 1
A
2
i , j
A L(R
n
),

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.2 PROPRIET GENERALI 27
che mostra in particolare come una successione di operatori {A
(k)
; k 1, . . .} di
Cauchy [risp. convergente alloperatore A] se e solo se le successioni di nume-
ri reali {A
(k)
i , j
; k 1, . . .}, i , j 1, . . . , n, sono di Cauchy [risp. convergono ad A
i , j
,
i , j 1, . . . , n].
2.2.2. Equazioni lineari omogenee. Consideriamolequazione differenzia-
le lineare omogenea:
x A(t )x, (t , x) I R
n
, (2.6)
dove I R un intervallo e t A(t ) M
n
una funzione continua, ovvero A(t )
{A
i , j
(t )}
i , j 1,...,n
con t A
i , j
(t ) funzioni reali continue. Per il teorema di esisten-
za ed unicit il problema di Cauchy per lequazione (2.6) ben posto.
LEMMA 2.1. Ogni soluzione dellEq. (2.6) prolungabile sullintero intervallo
I .
DIMOSTRAZIONE. Sia (t ), t [t
0
, t
1
], una soluzione dellEq. (2.6) ed [a, b]
un qualsiasi intervallo compatto di I che contiene [t
0
, t
1
]. Poniamo:
C
a,b
max
t [a,b]
|A(t )|,
dove |A(t )| la norma uniforme delloperatore lineare A(t ). ChiaramenteC
a,b
<
+essendo t A(t ) continua ed [a, b] compatto. Scrivendo lequazione (2.6)
in forma integrale ed utilizzando (A.3) si ha, per ogni t [t
0
, t
1
],
[(t )[ [(t
0
)[ +
_
t
t
0
ds [A(s)(s)[ [(t
0
)[ +C
a,b
_
t
t
0
ds [(s)[,
e quindi, per il Lemma di Gronwall (vedi Lemma A.3),
[(t )[ [(t
0
)[e
C
a,b
(ba)
.
Dunque la soluzione (t ), t [t
0
, t
1
] connata nel compatto dello spazio del-
le fasi ampliato {(t , x) : t [a, b], [x[ 2[(t
0
)[e
C
a,b
(ba)
}. Possiamo ora ripe-
tere il medesimo ragionamento fatto nella dimostrazione del Corollario 1.6 e
concludere la prova.
Ricordiamo che ciascun insieme C
k
(I ; R
n
), k 0, delle funzioni k volte dif-
ferenziabili con continuit dotato di una struttura naturale di spazio lineare.
Infatti se
1
,
2
C
k
(I ; R
n
) e , R allora
1
+
2
C
k
(I ; R
n
). Ovviamente il
vettore nullo di tale spazio dato dalla funzione identicamente nulla: (t ) 0
t I . Si pu facilmente mostrare che tutti questi spazi hanno dimensione
innita.
TEOREMA 2.2. Linsieme di tutte le soluzioni dellEq. (2.6) un sottospazio
lineare di C
1
(I ; R
n
) isomorfo allo spazio delle fasi R
n
.
DIMOSTRAZIONE. Indichiamo con S linsieme di tutte le soluzioni dellEq.
(2.6). Siano
1
,
2
S e si ponga
.

1
+
2
, essendo , R. Si ha, per ogni
t I ,
(t )
1
(t ) +
2
(t ) A(t )
1
(t ) +A(t )
2
(t ) A(t )(t ),

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
28 SISTEMI LINEARI
ovvero S . Quindi S un sottospazio lineare di C
1
(I ; R
n
). Deniamo ora
mappa di valutazione al tempo t I lapplicazione lineare:

t
: C
0
(I ; R
n
) R
n
,
t

.
(t ). (2.7)
Mostriamo che
t
isomorsmo di S su R
n
. In effetti, per il teorema di esisten-
za ed unicit esiste ununica S tale che (t ) x, ovvero
t
x. Dunque

t
applicazione biunivoca di S in R
n
.
Assegnato un generico sistema di n funzioni
i
C
0
(I ; R
n
), i 1, . . . , n, indi-
chiamo con
i , j
, j 1, . . . , n, le componenti di
i
, ovvero

i
(t )
n

j 1

i , j
(t )e
j
,
e deniamo wronskiano del suddetto sistema la funzione numerica t W(t )
tale che:
W(t ) det
_
_

1,1
(t ) . . .
n,1
(t )
. . . . . . . . .

1,n
(t ) . . .
n,n
(t )
_
_
. (2.8)
Quando sar necessario esplicitare la dipendenza dalle n funzioni utilizzeremo
la notazione estesa W[
1
, . . . ,
n
](t ) per indicare il wronskiano.
Deniamo ora sistema fondamentale di soluzioni dellEq. (2.6) ogni base di
S , ovvero ogni collezione di n soluzioni linearmente indipendenti. Il seguente
lemma fornisce un criterio per stabilire la indipendenza lineare di un sistema di
soluzioni.
LEMMA 2.3. Sia W il wronskiano di un sistema di n soluzioni dellEq. (2.6).
Allora W(t ) / 0 per ogni t I oppure W(t ) 0 per ogni t I . Nel primo caso il
sistema fondamentale.
DIMOSTRAZIONE. Essendo la mappa
t
denita in (2.7) un isomorsmo di
S in R
n
, n soluzioni {
i
}
i 1,...,n
sono linearmente indipendenti se e solo se lo
sono gli n vettori {
i
(t )}
i 1,...,n
di R
n
(per ogni t I ). Daltra parte questi ultimi
sono linearmente indipendenti se e solo se W(t ) /0.
OSSERVAZIONE 2.1. Il wronskiano di n funzioni generiche (non soluzioni
di (2.6)) pu annullarsi in qualche punto senza che queste siano linearmente
dipendenti. Consideriamo ad esempio le funzioni:

1
(t )
_
1
t
_
,
2
(t )
_
1
t
2
_
W(t ) det
_
1 1
t t
2
_
t (t 1).
Osserviamo che W(0) W(1) 0 e W(t ) / 0 se t / 0, 1. In particolare
1
(0)

2
(0) ed
1
(1)
2
(1), mentre
1
(t ) indipendente da
2
(t ) per ogni t / 0, 1.
Daltra parte le funzioni
1
e
2
sono tra loro linearmente indipendenti poich
non esistono costanti c
1
e c
2
non nulle tali che c
1

1
(t ) +c
2

2
(t ) 0 per ogni
t R. possibile anche che il wronskiano si annulli identicamente senza che le

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.2 PROPRIET GENERALI 29
funzioni siano linearmente dipendenti. Si consideri il seguente esempio:

1
(t )
_
1
t
_
,
2
(t )
_
t
t
2
_
W(t ) det
_
1 t
t t
2
_
0
In questo caso
2
(t ) t
1
(t ), per cui i vettori
1
(t ) e
2
(t ) sono linearmente
dipendenti per ogni t R. Daltra parte le funzioni
1
e
2
sono tra loro linear-
mente indipendenti poich il fattore di proporzionalit tra i vettori
1
(t ) e
2
(t )
non costante.
Dal Lemma 2.6, se
i
C
0
(I ; R
n
), i 1, . . . , n, un sistema fondamentale
di soluzioni, la matrice (t ) di elementi
i , j
(t )
j ,i
(t ), i , j 1, . . . , n, non
singolare, ovvero det (t ) / 0, per ogni t I . Inoltre, essendo le
i
soluzioni di
(2.6), la funzione t (t ) soddisfa lequazione:

A(t )

i , j

n

k1
A
i ,k
(t )
k, j
i , j 1, . . . , n. (2.9)
Chiamiamo allora matrice fondamentale dellEq. (2.6) ciascuna funzione
C
1
(I ; M
n
) che soddisfa lequazione (2.9) e tale che det (t ) /0 per ogni t I . Ov-
viamente gli n vettori colonna di una matrice fondamentale formano unsistema
fondamentale di soluzioni.
Dalle denizioni precedenti segue che ogni soluzione dellEq. (2.6) si pu
cercare nella forma (t ) (t )y con una matrice fondamentale ed il vetto-
re y R
n
da determinare mediante le condizioni iniziali. In effetti essendo
soluzione dellEq. (2.9) segue immediatamente che soluzione dellEq. (2.6),
qualsiasi sia il vettore costante y. La soluzione di condizioni iniziali (t
0
) x
0
si
ottiene per y
1
(t
0
)x
0
.
Chiamiamo inne matrice principale al tempo t
0
I dellEq. (2.6) la matri-
ce fondamentale t P
t ,t
0
tale che P
t
0
,t
0
1I, ovvero lunica soluzione continua
dellequazione:
P
t ,t
0
1I +
_
t
t
0
ds A(s)P
s,t
0
, t I .
Ne segue che per ogni S si ha (t ) P
t ,t
0
(t
0
), motivo per il quale P
t ,t
0

anche detta funzione di avanzamento da t
0
a t . In particolare, (t ) P
t ,t
0
x
0
for-
nisce la soluzione del problema di Cauchy per lEq. (2.6) con condizione iniziale
(t
0
) x
0
. La matrice principale soddisfa le seguenti propriet:
1) P
t
0
,t
0
1I t
0
I ,
2) P
t ,s
P
s,t
0
P
t ,t
0
t
0
, s, t I ,
3) P
1
t ,t
0
P
t
0
,t
t
0
, t I .
(2.10)
Osserviamo che la 1) vera per denizione, la 2) per lunicit del prolungamento
delle soluzioni e la 3) conseguenza delle prime due.
2.2.3. Equazioni lineari non omogenee. Variazioni delle costanti. Consi-
deriamo ora lequazione lineare non omogenea:
x A(t )x +b(t ), (t , x) I R
n
, (2.11)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
30 SISTEMI LINEARI
dove I R un intervallo e t A(t ) M
n
, t b(t ) R
n
sono funzioni continue.
Analogamente al caso omogeneo ogni soluzione si estende a tutto lintervallo I .
Se b(t ) non identicamente nullo linsieme delle soluzioni dellEq. (2.11) non
forma uno spazio lineare. Osserviamo per che se
1
,
2
C
1
(I ; R
n
) sono due
qualsiasi soluzioni dellequazione non omogenea allora la funzione
1

2
soluzione dellequazione omogenea associata x A(t )x. In effetti, nota una
soluzione particolare

dellEq. (2.9) ed un sistema fondamentale {


i
}
i 1,...,n
di
soluzioni dellequazione omogenea associata, possibile determinare ogni altra
soluzione dellEq. (2.9) nella forma
(t )

(t ) +
n

i 1
C
i

i
(t ),
dove le costanti C
i
vengono determinate imponendo i dati iniziali (t
0
) x
0
.
Infatti, indicando con la matrice fondamentale associata al sistema di solu-
zioni {
i
}
i 1,...,n
e con C R
n
il vettore di componenti C
i
, possiamo riscrivere la
precedente espressione nella forma:
(t )

(t ) +(t )C,
da cui segue che la soluzione cercata si ottiene per C
1
(t
0
)
_
x
0

(t
0
)
_
. In
denitiva si ha:
(t )

(t ) +(t )
1
(t
0
)[x
0

(t
0
)]. (2.12)
In realt, la conoscenza di un sistema fondamentale di soluzioni (ovvero di
una matrice fondamentale) dellequazione omogenea associata, consente di de-
terminare, mediante quadrature, una soluzione particolare dellequazione non
omogenea. Ci si realizza applicando il metodo della variazione delle costan-
ti, che consiste nel cercare una soluzione dellEq. (2.11) nella forma

(t )
(t )C(t ) essendo (t ) una matrice fondamentale dellequazione omogenea as-
sociata e t C(t ) una funzione incognita. Derivando rispetto al tempo si ha:

(t )

C(t ) +

C(t ) A(t )(t )C(t ) +(t )



C(t ) A(t )

(t ) +(t )

C(t ).
Afnch

sia soluzione dellEq. (2.11) la funzione incognita C(t ) deve soddi-


sfare lequazione differenziale (t )

C(t ) b(t ), ovvero:
C(t ) C(t
0
) +
_
t
t
0
ds
1
(s)b(s).
Scegliendo C(t
0
) 0 abbiamo la soluzione particolare:

(t )
_
t
t
0
ds (t )
1
(s)b(s),
tale che

(t
0
) 0. Sostituendo in (2.12) otteniamo la soluzione del problema
di Cauchy di dati iniziali (t
0
) x
0
:
(t ) (t )
1
(t
0
)x
0
+
_
t
t
0
ds (t )
1
(s)b(s). (2.13)
Osservando inne che per ogni matrice fondamentale si ha sempre:
P
t
1
,t
2
(t
1
)
1
(t
2
) t
1
, t
2
I ,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.3 IL TEOREMA DI LIOUVILLE 31
possiamo riscrivere la soluzione (2.13) nella forma:
(t ) P
t ,t
0
x
0
+
_
t
t
0
ds P
t ,s
b(s). (2.14)
2.3. Il teorema di Liouville
Abbiamo visto nel Lemma 2.3 che il wronskiano di un sistema di soluzioni
dellEq. (2.6) non mai nullo oppure identicamente nullo. Ci rafforzato dal
seguente teorema.
TEOREMA 2.4 (Teorema di Liouville). Sia W il wronskiano di n soluzioni
dellEq. (2.6). Allora, per ogni t
0
, t I ,
W(t ) W(t
0
) exp
__
t
t
0
ds Tr A(s)
_
W(t
0
) det P
t ,t
0
. (2.15)
DIMOSTRAZIONE. Assegnata una matrice B indichiamo con il suo deter-
minante e con
i , j
il complemento algebrico dellelemento B
i , j
. Come noto
dallalgebra lineare (regola di Laplace):

n

k1
B
i ,k

i ,k
i 1, . . . , n, (2.16)
cosicch, visto che lelemento B
i , j
non appare nei complementi algebrici
i ,k
qualsiasi sia k 1, . . . , n,

B
i , j

i , j
i , j 1, . . . , n.
Siano ora
i
C
0
(I ; R
n
), i 1, . . . , n, soluzioni dellEq. (2.6). Indichiamo
con (t ) la matrice di elementi
i , j
(t )
j ,i
(t ), cosicch

A(t ) e W(t )
det (t ). Sia W
i , j
(t ) il complemento algebrico di
i , j
(t ). Considerando il wron-
skiano W(t ) W[
1
, . . . ,
n
](t ) come funzione composta, derivando si ha:

W(t )
n

i , j 1
W

i , j

i , j
(t )
n

i , j 1
W
i , j
(t )

i , j
(t )

i , j 1
W
i , j
(t )
n

k1
A
i ,k
(t )
k, j
(t )

i ,k1
A
i ,k
(t )
_
n

j 1
W
i , j
(t )
k, j
(t )
_
.
Utilizzando lEq. (2.16) vediamo che se k i il termine tra parentesi quadre
uguale a W(t ), mentre se k /i esso nullo essendo il determinante di una ma-
trice condue righe uguali (precisamente la i -esima e la k-esima). Inconclusione
il wronskiano soddisfa lequazione differenziale:

W Tr A(t )W,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
32 SISTEMI LINEARI
che risolta per separazione delle variabili fornisce la prima identit in (2.15). La
seconda identit segue banalmente applicando la prima al wronskiano det P
t ,t
0
,
cosicch:
det P
t ,t
0
exp
__
t
t
0
ds Tr A(s)
_
,
essendo det P
t
0
,t
0
1.
ESERCIZIO 2.4. Si consideri lequazione lineare omogenea di ordine n:
d
n

dt
n
+a
1
(t )
d
n1

dt
n1
+. . . +a
n
(t ) 0, (2.17)
dove a
i
C
0
(I ; R), i 1, . . . , n, ed I un intervallo di R. Utilizzando lapplicazione:

_
(t ),
d
dt
(t ), . . . ,
d
n

dt
n
(t )
_
, t I ,
dimostrare che linsieme delle soluzioni un sottospazio lineare di C
1
(I ; R) iso-
morfo allo spazio delle fasi R
n
. Denito quindi il wronskiano delle n soluzioni

i
C
1
(I ; R), i 1, . . . , n,
W(t ) det
_
_
_
_
_
_
_
_

1
(t ) . . .
n
(t )
d
1
dt
(t ) . . .
d
n
dt
(t )
. . . . . . . . .
d
n

1
dt
n
(t ) . . .
d
n

n
dt
n
(t )
_
_
_
_
_
_
_
_
,
dimostrare che:
W(t ) W(t
0
) exp
_

_
t
t
0
ds a
1
(s)
_
t
0
, t I .
2.4. Equazioni lineari omogenee a coefcienti costanti
2.4.1. Mappa esponenziale. Consideriamo lequazione differenziale linea-
re omogenea:
x Ax, (t , x) RR
n
. (2.18)
Poniamo P
t
.
P
t ,0
, la matrice principale al tempo t
0
0. Essendo il sistema au-
tonomo si ha P
t ,t
0
P
t t
0
,0
. In altri termini, (t ) P
t t
0
x
0
fornisce la soluzione
del problema di Cauchy di dati iniziali (t
0
) x
0
. Quindi lintegrazione dellEq.
(2.18) si riduce alla determinazione della funzione differenziabile t P
t
L(R
n
)
soluzione dellequazione:
_

P
t
AP
t
P
0
1I
Osserviamo che le relazioni (2.10) diventano in questo caso: 1) P
0
1I, 2) P
t +s

P
t
P
s
, 3) P
1
t
P
t
, ovvero la mappa t P
t
L(R
n
) forma un gruppo ad un
parametro di trasformazioni (lineari) di R
n
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.4 EQUAZIONI LINEARI OMOGENEE A COEFFICIENTI COSTANTI 33
Per analogia con in caso scalare n 1, deniamo la mappa esponenziale
exp : L(R
n
) L(R
n
) in modo tale che P
t
exp(At ). A tal scopo ricordiamo che
la mappa esponenziale su R rimane denita dalla sua serie di Taylor:
e
a

k0
a
k
k!
.
lim
N+
N

k0
a
k
k!
,
che converge assolutamente ed uniformemente sui compatti di R. Deniamo
allora esponenziale delloperatore (ovvero della matrice) A loperatore
expA
.

k0
A
k
k!
lim
N+
N

k0
A
k
k!
, (2.19)
dove il limite va inteso nella metrica indotta da una norma di L(R
n
). Ricordia-
mo in proposito che tutte le norme di L(R
n
) sono equivalenti, per cui la nozione
di convergenza non dipende dalla norma utilizzata per denire la metrica. Mo-
striamoche la denizione (2.19) benposta. EssendoL(R
n
) unospazionormato
completo occorre dimostrare che:
S
N
.

k0
A
k
k!
, N N,
una successione di Cauchy in L(R
n
). Per far ci osserviamo che dalla denizio-
ne di norma uniforme si dimostra facilmente che |AB| |A||B| A, B L(R
n
).
Allora, qualunque sia M >N,
|S
M
S
N
|
_
_
_
_
_
M

kN+1
A
k
k!
_
_
_
_
_

kN+1
|A
k
|
k!

k>N
|A|
k
k!
0 per N +,
ovvero la successione di Cauchy. La serie in (2.19) converge inoltre assoluta-
mente ed uniformemente sui compatti. Infatti, ssato un qualunque a >0, per
ogni A L(R
n
) tale che |A| a, si ha:
_
_
_
_
_
expA
N

k0
A
k
k!
_
_
_
_
_

k>N
a
k
k!
.
Inoltre:
|expA|
+

k0
a
k
k!
e
a
.
La mappa esponenziale gode delle seguenti propriet:
1) exp0 1I,
2) exp(A+B) expA expB se [A, B] 0,
3) (expA)
1
exp(A),
4) [expA, B] 0 se [A, B] 0.
La 1) e la 4) sono immediate conseguenze della denizione (2.19), mentre la 3)
segue dalle 1) e 2). Rimane da dimostrare la 2): se A e B commutano possiamo

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
34 SISTEMI LINEARI
scrivere:
exp(A+B)
+

N0
(A+B)
N
N!

+

N0
1
N!
N

k0
_
N
k
_
A
k
B
Nk

k0
+

Nk
A
k
B
Nk
k!(N k)!

+

k0
+

h0
A
k
B
h
k!h!

_
+

k1
A
k
k!
__
+

h1
B
h
h!
_
expA expB,
dove la penultima uguaglianza corretta, ovvero si possono moltiplicare termi-
ne a termine le due serie, essendo queste assolutamente convergenti.
Dimostriamo ora che P
t
exp(At ), cio che:
d
dt
exp(At ) Aexp(At ) exp(At )A,
ovvero che la serie
exp(At )
+

k0
t
k
A
k
k!
pu essere derivata termine a termine. In effetti:
_
_
_
_
exp[A(t +)] exp(At )

Aexp(At )
_
_
_
_

_
_
_
_
exp(At )
_
exp(A) 1I A

__
_
_
_

_
_
_
_
_
exp(At )
+

k2

k1
A
k
k!
_
_
_
_
_
e
|A|t
+

k2
[[
k1
|A|
k
k!
|A|
2
e
|A|(t +)
[[ 0 per 0.
evidente che iterando il ragionamento si dimostra che exp(At ) in realt una
funzione innitamente derivabile e che tutte le sue derivate si ottengono deri-
vando la serie termine a termine.
ESEMPIO 2.2. Calcoliamo lesponenziale delle seguenti matrici in dimensio-
ne n 2:
i )
_
a 0
0 b
_
, i i )
_
a b
b a
_
, i i i )
_
a 0
b a
_
,
dove a, b R.
i ) Sia ha:
exp
_
a 0
0 b
_

k0
1
k!
_
a 0
0 b
_
k

k0
1
k!
_
a
k
0
0 b
k
_

_
e
a
0
0 e
b
_
.
i i ) Decomponiamo:
_
a b
b a
_
a1I +bJ con J
_
0 1
1 0
_
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.4 EQUAZIONI LINEARI OMOGENEE A COEFFICIENTI COSTANTI 35
Osservando che J
2
1I e che [1I, J] 0, otteniamo:
exp
_
a b
b a
_
exp(a1I +bJ ) exp(a1I) exp(bJ ) e
a
+

k0
(bJ )
k
k!
e
a
+

k0
(b
2
1I)
k
(2k)!
+e
a
+

k0
(b
2
1I)
k
bJ
(2k +1)!
e
a
(cosb1I +sinbJ )
e
a
R[b]. (2.20)
avendo posto:
R[b]
.

_
cosb sinb
sinb cosb
_
. (2.21)
Quindi lazione di exp
_
a b
b a
_
sui vettori di R
2
la composizione di una dilata-
zione di un fattore e
a
con una rotazione di un angolo b.
i i i ) Decomponiamo:
_
a 0
b a
_
a1I +bN con N
_
0 0
1 0
_
.
Osservando che N
2
0 e che [1I, N] 0, otteniamo:
exp
_
a 0
b a
_
exp(a1I+bN) exp(a1I) exp(bN) e
a
(1I+bN) e
a
_
1 0
b 1
_
. (2.22)
Chiaramente il caso trasposto a1I +bN
T
analogo.
OSSERVAZIONE 2.2. Sia L
.
{A M
2
: A a1I +bJ }. Si verica facilmente
che L un sottospazio bidimensionale di M
2
, chiuso rispetto al prodotto di
matrici e che tale prodotto commutativo su L. Inoltre |A|
_
a
2
+b
2
se A
a1I+bJ (dimostrarlo!). Si denisca quindi la mappa : L C ponendo (A)
a +i b se A a1I +bJ . Si pu vericare che lapplicazione un isomorsmo
lineare che conserva la norma ed il prodotto (assumendo C dotato del prodotto
e della norma usuali). Deniamo allora esponenziale di z a +i b il numero
complesso (expA), ove A a1I +bJ , ovvero:
e
z
e
a+i b
.
e
a
(cosb +i sinb),
nota come formula di Eulero per e
z
. Inoltre, poich una isometria lineare
che conserva il prodotto, si ha anche:
e
z

k0
(A
k
)
k!

+

k0
z
k
k!
.
Questultima uguaglianza si pu assumere come denizione di esponenziale di
un numero complesso (da cui si ricava analogamente la formula di Eulero).
ESERCIZIO 2.5. Osserviamo che la mappa t P
t
L(R
n
) soluzione conti-
nua dellequazione:
P
t
1I +
_
t
0
ds AP
s
. (2.23)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
36 SISTEMI LINEARI
Utilizzare il metodo delle approssimazioni successive di Picard per dimostrare le-
sistenza ed unicit della soluzione in C
0
(R; L(R
n
)), riottendendo in particolare
lespressione di P
t
in serie di potenze di At .
ESERCIZIO 2.6. Dimostrare che per ogni operatore A L(R
n
) si ha:
det(exp A) exp(Tr A).
ESERCIZIO 2.7. La matrice A M
n
abbia la seguente forma a blocchi:
A
_
A
1
0
0 A
2
_
,
essendo A
1
M
n
1
, A
2
M
n
2
, n
1
+n
2
n. Dimostrare che allora:
expA
_
expA
1
0
0 exp A
2
_
.
2.4.2. Matrici simili, cambiamenti di base, calcolo della soluzione. Deter-
minare le soluzioni dellEq. (2.18) equivale a calcolare la matrice exp(At ). Dalla
denizione (2.19) immediato vericare che
S
1
(expA)S exp(S
1
AS) A M
n
S : det S /0.
Quindi se sappiamo calcolare exp(A
S
t ) con A
S
S
1
AS per qualche matrice
non singolare S, riusciamo a calcolare anche exp(At ). (Ricordiamo che ogni
matrice del tipo A
S
S
1
AS detta simile ad A).
Equivalentemente, sia { f
i
}
i 1,...,n
una nuova base di R
n
ed S M
n
la matrice
non singolare tale che
f
i

n

j 1
S
j ,i
e
j
.
Il cambiamento di base denisce nuove coordinate y in R
n
, identicando:
n

i 1
x
i
e
i

n

i 1
y
i
f
i
.
Si verica facilmente che x Sy e che la matrice rappresentativa delloperatore
A nella nuova base A
S
S
1
AS. Quindi:
Af
i

n

j 1
(A
S
)
j ,i
f
j
exp(At ) f
i

n

j 1
[exp(A
S
t )]
j ,i
f
j
.
Altrimenti detto, il sistema differenziale (2.18) nelle nuove coordinate y diventa
S y ASy ovvero y A
S
y. La soluzione del problema di Cauchy (2.18) di dato
iniziale x(0) x
0
allora x(t ) Sy(t ) essendo y(t ) exp(A
S
t )y
0
ed y
0
S
1
x
0
.
Chiamiamo spettro della matrice A linsieme degli autovalori di A, ovvero
linsieme:
(A)
.

_
C : det(A1I) 0
_
.
Se un autovalore reale di A allora il sottospazio (di R
n
) Ker(A1I) contiene
vettori nonnulli, detti autovettori di A associati allautovalore . Osserviamo che
ha anche senso denire (A) lo spettro delloperatore lineare identicato dalla

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.4 EQUAZIONI LINEARI OMOGENEE A COEFFICIENTI COSTANTI 37
matrice A nella base considerata. Infatti si verica facilmente che (A
S
) (A)
per ogni matrice non singolare S. Supponiamo ora che sia un autovettore di
A, quindi A . Allora si calcola immediatamente exp(At ) e
t
. Pi in
generale, se la matrice A ammette una base di autovettori ed S la matrice del
cambiamento di base, allora:
A
S

_
_
_
_
_
_
_
_
_

1
0 . . . . . . . . . 0
0
2
0 . . . . . . 0
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
0 . . . . . . 0
n1
0
0 . . . . . . . . . 0
n
_
_
_
_
_
_
_
_
_
e quindi:
exp(A
S
t )
_
_
_
_
_
_
_
_
_
e

1
t
0 . . . . . . . . . 0
0 e

2
t
0 . . . . . . 0
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
0 . . . . . . 0 e

n1
t
0
0 . . . . . . . . . 0 e

n
t
_
_
_
_
_
_
_
_
_
.
Lesistenza di una base di autovettori garantita solo incasi particolari, adesem-
pio se la matrice A possiede n autovalori reali e distinti, oppure se essa sim-
metrica. Nel caso generale sussiste il seguente risultato.
TEOREMA 2.5. Sia A M
n
. Allora:
i) Se un autovalore reale di molteplicit algebrica d, esiste una matrice
non singolare S tale che
A
S

_
D 0
0 B
_
,
dove B M
nd
e D M
d
una matrice triangolare inferiore con tutti gli elementi
diagonali uguali allautovalore :
D
_
_
_
_
_
_
_
_
_
0 . . . . . . . . . 0
D
2,1
0 . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . D
d,d2
0
D
d,1
. . . . . . . . . D
d,d1

_
_
_
_
_
_
_
_
_
(2.24)
ii) Se i sono due autovalori complessi e coniugati di molteplicit alge-
brica r , esiste una matrice non singolare S tale che
A
S

_
T 0
0 B
_
,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
38 SISTEMI LINEARI
dove B M
n2r
e T M
2r
una matrice triangolare inferiore della forma:
T
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0
0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
T
3,1
T
3,2
0 . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . 0 . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . 0 . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . 0 . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . T
2r 1,2r 2

T
2r,1
. . . . . . . . . . . . . . . . . . T
2r,2r 2

_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
. (2.25)
DIMOSTRAZIONE. Iniziamo con il dimostrare il punto i). Sia f
1
un autovet-
tore unitario di A
T
corrispondente allautovalore reale e si consideri liperpia-
no
1
{ R
n
: , f
1
0} dei vettori ortonormali ad f
1
. Essendo A, f
1

, A
T
f
1
, f
1
0 per ogni
1
, tale iperpiano invariante rispetto ad
A e quindi esiste la restrizione di A a
1
che indichiamo con A
1
. Se d > 1 allo-
ra (A
1
) cosicch esiste un autovettore unitario di A
T
1
corrispondente a .
Esiste quindi la restrizione di A
1
alliperpiano
2
{
1
: , f
2
0}. Ite-
rando largomento otteniamo d vettori ortonormali { f
i
}
i 1,...,d
, che possiamo
completare per costruire una base ortonormale. Otteniamo in tal modo una
trasformazione unitaria U tale che:
A
U
.
U
1
AU
_
D 0
K B
_
.
Cerchiamo ora una trasformazione non singolare

S della forma:

S
_
1I 0
G 1I
_
,
con G matrice (n d) d, in modo tale che:

S
1
A
U

S
_
D 0
0 B
_
Chiaramente se troviamo una tale trasformazione allora il punto i) dimostrato
con S U

S. Si ha:

S
1
A
U

S
_
1I 0
G 1I
__
D 0
K B
__
1I 0
G 1I
_

_
D 0
K GD+BG B
_
.
La matrice G deve quindi risolvere lequazione lineare K GD +BG 0, che
un sistema lineare non omogeneo nelle d(n d) incognite G
i , j
. Afnch esi-
sta ununica soluzione per ogni termine noto K necessario e sufciente che
il sistema lineare omogeneo associato BG GD 0 ammetta la sola soluzione
nulla G 0. Per dimostrare ci utilizziamo la forma particolare di D ed il fat-
to che (B). Sia {e
i
}
i 1,...,d
la base canonica di R
d
ed assumiamo G tale che
BG GD. In particolare, essendo De
d
e
d
, deve aversi BGe
d
Ge
d
. Poich
(B) ne segue che Ge
d
0. Essendo ora De
d1
D
d,d1
e
d
+e
d1
, troviamo

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.4 EQUAZIONI LINEARI OMOGENEE A COEFFICIENTI COSTANTI 39
BGe
d1
Ge
d1
e quindi analogamente deve aversi Ge
d1
0. Iterando il ra-
gionamento concludiamo che Ge
i
0 per ogni i 1, . . . , d, ovvero G la matrice
nulla.
Dimostriamo ora il punto i). Estendiamo A ad un operatore su C
n
, la com-
plessicazione di R
n
ottenuta prendendo i vettori z z
1
e
1
+. . . +z
n
e
n
con z
i
C
ed {e
i
}
i 1,...,n
la base canonica di R
n
. Siano ora

autovettori unitari di A
T
as-
sociati agli autovalori i , dunque A
T

(i )

. Essendo la matrice A
reale i vettori

sono complessi coniugati:

+
, cosicch i vettori:
f
1


+
+

2
, f
2

2i
sono reali. Inoltre:
A
T
f
1
f
1
f
2
, A
T
f
2
f
1
+f
2
.
Consideriamoliperpiano
1
{ R
n
: , f
i
0 per i 1, 2}. EssendoA, f
i

, A
T
f
i
0 per ogni
1
ed i 1, 2, tale iperpiano invariante rispetto ad
A, quindi esiste la restrizione di A a
1
che indichiamo con A
1
. Iterando lar-
gomento se r > 1 otteniamo 2r vettori { f
i
}
i 1,...,2r
, che possiamo completare
per costruire una nuova base. Otteniamo in tal modo una trasformazione non
singolare U tale che
A
U
U
1
AU
_
T 0
K B
_
(precisamente U la trasposta dellinversa della matrice le cui colonne sono
formate dai vettori { f
i
}
i 1,...,2r
). Possiamo ora procedere come nel caso pre-
cedente. Occorre solo vericare che il sistema lineare omogeneo BG GT
0, nelle 2r (n 2r ) incognite G
i , j
ammette la sola soluzione nulla G 0. Sia
{e
i
}
i 1,...,2r
la base canonica di R
2r
ed assumiamo G tale che BG GT. In parti-
colare, essendo Te
2r
e
2r
e
2r 1
, Te
2r 1
e
2r
+e
2r 1
, deve aversi BGe
2r

Ge
2r
Ge
2r 1
, BGe
2r 1
Ge
2r
+Ge
2r 1
. Allora, posto

Ge
2r
iGe
2r 1
,
si ha B

(i )

. Poich i (B) deve aversi

0, ovvero Ge
2r

Ge
2r 1
0. Ragionando ora sulla coppia {e
2r 4
; e
2r 3
} dimostriamo analoga-
mente che Te
2r 4
Te
2r 3
0. Iterando il ragionamento concludiamo che
Ge
i
0 per ogni i 1, . . . , 2r , ovvero G la matrice nulla.
COROLLARIO 2.6. Lo spettro della matrice A M
n
sia costituito da p auto-
valori reali
1
, . . . ,
p
di molteplicit algebrica d
1
, . . . , d
p
e da q autovalori com-
plessi coniugati
1
i
1
, . . . ,
q
i
q
, di molteplicit algebrica r
1
, . . . , r
q
. Allora
esiste una trasformazione non singolare S tale che A
S
ha la seguente struttura

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
40 SISTEMI LINEARI
diagonale a blocchi:
A
S

_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
D
1
0 . . . . . . . . . . . . . . . 0
0 D
2
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . D
p
0 . . . . . . . . .
. . . . . . . . . 0 T
1
. . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . T
q
0
0 . . . . . . . . . . . . . . . 0 T
q
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
, (2.26)
essendo D
j
M
d
j
, j 1, . . . , q [risp. T
j
M
2r
j
, j 1, . . . , 2r
j
] una matrice del tipo
(2.24) relativa allautovalore reale
j
[risp. del tipo (2.25) relativa agli autovalori
complessi coniugati
j
i
j
].
Come conseguenza del Corollario 2.6 e dellEsercizio 2.7, il calcolo delle-
sponenziale exp(At ) si riduce a quello di exp(Dt ) ed exp(Tt ) essendo D e T
matrici del tipo (2.24) e (2.25) rispettivamente. Equivalentemente dobbiamo
determinare la soluzione dei problemi di Cauchy:
1)
_
x Dx, x R
d
,
x(0) c, c R
d
.
, 2)
_
x Tx, x R
2r
,
x(0) c, c R
2r
.
(scegliendo il dato iniziale c
i

i , j
si ottiene lesponenziale). Tali sistemi si inte-
grano facilmente mediante la formula di variazione delle costanti ripetutamente
applicata. Pi precisamente, per il sistema 1) abbiamo:
x
1
(t ) c
1
e
t
,
x
2
(t ) c
2
e
t
+
_
t
0
ds e
(t s)
D
2,1
x
1
(s) e
t
[c
2
+D
2,1
c
1
t ],
x
3
(t ) c
3
e
t
+
_
t
0
ds e
(t s)
[D
3,2
x
2
(s) +D
3,1
x
1
(s)]
e
t
_
c
3
+(D
3,2
c
2
+D
3,1
c
1
)t +D
3,2
D
2,1
c
1
t
2
2
_
,
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Quindi ciascun elemento della matrice exp(Dt ) uguale al prodotto di e
t
per
un polinomio in t di grado massimo al pi d1. Notiamo che a tale conclusione
potevamo giungere anche osservando che D 1I +

D con

D
.
D1I matrice
nilpotente tale che

D
k
0 se k d, cosicch:
exp(Dt ) exp(1I +

D) exp(1I) exp(

Dt ) e
t
d1

k0

D
k
t
k
k!
,
dove abbiamo usato che [1I,

D] 0.
Per risolvere il sistema 2) osserviamo preliminarmente che dallEq. (2.20)
segue:
exp
__


_
t
_
e
t
R[t ], (2.27)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.5 SISTEMI LINEARI BIDIMENSIONALI 41
dove la matrice di rotazione R[] stata denita in (2.21). Allora la soluzione di
2) :
_
x
1
(t )
x
2
(t )
_
e
t
R[t ]
_
c
1
c
2
_
,
_
x
3
(t )
x
4
(t )
_
e
t
R[t ]
_
c
3
c
4
_
+
_
t
0
ds e
(t s)
R[(t s)]
_
T
3,1
T
3,2
T
4,1
T
4,2
__
x
1
(s)
x
2
(s)
_
e
t
R[t ]
_
c
3
c
4
_
+e
t
_
t
0
ds R[(t s)]
_
T
3,1
T
3,2
T
4,1
T
4,2
_
R[s]
_
c
1
c
2
_
,
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Utilizzando la formula di integrazione per parti facile dimostrare induttiva-
mente che, per ogni intero k 0, 1, 2, . . ., gli integrali del tipo
_
t
0
ds cos[(t s)] sin(s) s
k
,
_
t
0
ds sin[(t s)] cos(s) s
k
,
_
t
0
ds cos[(t s)] cos(s) s
k
,
_
t
0
ds sin[(t s)] sin(s) s
k
,
sono funzioni della forma P(t ) cos(t ) +Q(t ) sin(t ), essendo P(t ) e Q(t ) po-
linomi di grado k +1. In tal modo x
3
(t ) ed x
4
(t ) sono funzioni della forma
e
t
[P
1
(t ) cos(t ) +Q
1
(t ) sin(t )], con P
1
(t ) e Q
1
(t ) polinomi di grado 1, x
5
(t ) ed
x
6
(t ) sono funzioni del tipo e
t
[P
2
(t ) cos(t ) +Q
2
(t ) sin(t )], con P
2
(t ) e Q
2
(t )
polinomi di grado 2, e via di seguito. Si comprende allora che ciascun elemento
della matrice exp(Tt ) una funzione del tipo e
t
[cos(t )P
r
(t ) +sin(t )Q
r
(t )],
con P
r
(t ) e Q
r
(t ) polinomi di grado massimo al pi r 1. In conclusione, dal
Corollario 2.6 abbiamo il seguente risultato:
TEOREMA 2.7. Lo spettro della matrice A M
n
sia costituito da p autovalori
reali
1
, . . . ,
p
di molteplicit algebrica d
1
, . . . , d
p
e da q autovalori complessi co-
niugati
1
i
1
, . . . ,
q
i
q
, di molteplicit algebrica r
1
, . . . , r
q
. Allora ogni ele-
mento della matrice exp(At ) e quindi ogni componente della soluzione dellEq.
(2.18) sono dati da somme di funzioni del tipo:
e

j
t
P
j
(t ), e

k
t
cos(
k
t )Q
k
(t ), e

k
t
sin(
k
t )R
k
(t ), j 1, . . . , p, k 1, . . . , q,
essendo P
j
e Q
k
, R
k
polinomi di grado inferiore a d
j
ed r
k
rispettivamente.
2.5. Sistemi lineari bidimensionali
Studiamo piindettaglio le soluzioni dellEq. (2.18) nel caso bidimensionale
n 2. Consideriamo quindi il problema di Cauchy:
_
x Ax,
x(0) K,
x
_
x
1
x
2
_
K
_
K
1
K
2
_
, A
_
A
1,1
A
1,2
A
2,1
A
2,2
_
. (2.28)
Il polinomio caratteristico di A
p() det(A1I) det
_
A
1,1
A
1,2
A
2,1
A
2,2

2
(Tr A) +det A,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
42 SISTEMI LINEARI
per cui lo spettro di A fornito dalle soluzioni dellequazione p() 0, ovvero:

1
2
_
Tr A
_
(Tr A)
2
4det A
_
.
Dobbiamo considerare tre casi differenti.
Caso 1. Supponiamo che (Tr A)
2
> 4det A cosicch esistono due autovalori
reali e distinti
1
<
2
. Possiamo allora determinare due autovettori indipen-
denti f
1
, f
2
. Quindi siano:
f
1

_
S
1,1
S
2,1
_
, f
2

_
S
1,2
S
2,2
_
, S
.

_
S
1,1
S
1,2
S
2,1
S
2,2
_
, (2.29)
la matrice S essendo non singolare cosicch ben denita la sua inversa:
S
1

1
det S
_
S
1,1
S
1,2
S
2,1
S
2,2
_
.
Si ha:
A
S

1
0
0
2
_
e
A
S
t

_
e

1
t
0
0 e

2
t
_
.
Nelle nuove coordinate y S
1
x il sistema si scrive y A
S
y, la cui soluzione di
dati iniziali y(0) c :
y(t ) e
A
S
t
c
_
e

1
t
c
1
e

2
t
c
2
_
. (2.30)
La soluzione del problema di Cauchy (2.28) (nelle coordinate originarie) allora
x(t ) Sy(t ) essendo y(t ) la soluzione (2.30) di dati iniziali c S
1
K. Dunque
x(t ) Se
A
S
t
S
1
K. Equivalentemente, essendo e
A
S
t
f
i
e

i
t
f
i
, i 1, 2, possiamo
scrivere direttamente la soluzione nella forma:
x(t ) c
1
e

1
t
f
1
+c
2
e

2
t
f
2
e determinare le costanti c
1
e c
2
imponendo la condizione iniziale c
1
f
1
+c
2
f
2
K
(che esattamente lequazione Sc K di soluzione c S
1
K).
Caso 2. Supponiamo che (Tr A)
2
< 4det A cosicch esistono due autovalori
complessi e coniugati i . Esistono quindi due vettori linearmente indipen-
denti f
1
, f
2
tali che:
Af
1
f
1
+f
2
, Af
2
f
1
+f
2
.
Utilizzando la notazione come in (2.29) e ricordando (2.27) si ha allora:
A
S

_


_
e
A
S
t
e
t
R[t ].
Nelle nuove coordinate y S
1
x il sistema si scrive y A
S
y, la cui soluzione di
dati iniziali y(0) c :
y(t ) e
A
S
t
c e
t
_
c
1
cos(t ) c
2
sin(t )
c
1
sin(t ) +c
2
cos(t )
_
. (2.31)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.6 FLUSSI IPERBOLICI 43
Come nel caso precedente la soluzione nelle variabili originarie x(t ) Sy(t )
Se
A
S
t
S
1
K. Equivalentemente, essendo
e
At
f
1
e
t
_
cos(t ) f
1
+sin(t ) f
2
_
, e
At
f
2
e
t
_
sin(t ) f
1
+cos(t ) f
2
_
,
possiamo scrivere direttamente la soluzione nella forma:
x(t ) e
t
[c
1
cos(t ) c
2
sin(t )] f
1
+e
t
[c
1
sin(t ) +c
2
cos(t )] f
2
e determinare le costanti c
1
e c
2
imponendo la condizione iniziale c
1
f
1
+c
2
f
2

K.
Caso 3. Supponiamo che (Tr A)
2
4det A cosicch esiste un unico autova-
lore reale di molteplicit algebrica 2. Se esistono due autovettori linearmente
indipendenti allora A 1I e la soluzione dellEq. (2.28) x(t ) e
t
K. Suppo-
niamo invece che non sia questo il caso. Determiniamo allora un autovettore f
1
della matrice trasposta A
T
associato allautovalore . Fissiamo quindi un vet-
tore f
2
ortogonale ad f
1
. Utilizzando la notazione come in (2.29) e ricordando
(2.22) si ha allora:
A
S

_
0

_
e
A
S
t
e
t
_
1 0
t 1
_
.
Nelle nuove coordinate il sistema si scrive y A
S
y, la cui soluzione di dati ini-
ziali y(0) c :
y(t ) e
A
S
t
c e
t
_
c
1
c
2
+t c
1
_
, (2.32)
mentre la soluzione del problema di Cauchy (2.28) x(t ) Se
A
S
t
S
1
K. Equiva-
lentemente, essendo
e
At
f
1
e
t
_
f
1
+t f
2
_
, e
At
f
2
e
t
f
2
,
possiamo scrivere direttamente la soluzione nella forma:
x(t ) c
1
e
t
f
1
+(c
2
+t c
1
)e
t
f
2
e determinare le costanti c
1
e c
2
imponendo la condizione iniziale c
1
f
1
+c
2
f
2

K.
Le curve di fase dellEq. (2.28) sono quindi limmagine afne (ovvero attra-
verso una trasformazione lineare non singolare) delle curve di fase di uno tra i
ussi (2.30), (2.31) o (2.32).
2.6. Flussi iperbolici
I risultati della precedente Sezione 2.4 permettono in linea di principio il
calcolo esplicito (o numerico) delle soluzioni dellEq. (2.18). Daltra parte spes-
so si solo interessati ad una analisi qualitativa sul comportamento nel tempo
delle soluzioni. In questa sezione studiamo il caso importante in cui gli auto-
valori delloperatore A hanno tutti parte reale non nulla, mostrando come in tal
caso il comportamento qualitativo del corrispondente usso di fase e
At
molto
semplice.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
44 SISTEMI LINEARI
DEFINIZIONE 2.8. Se tutti gli autovalori della matrice A hanno parte reale
non nulla il usso di fase lineare e
At
detto un usso iperbolico. In particolare,
esso detto contrazione [risp. espansione] se tutti gli autovalori della matrice A
hanno parte reale negativa [risp. positiva]. Corrispondentemente, il punto singo-
lare x 0 dellEq. (2.18) viene detto punto iperbolico. In particolare esso detto
pozzo [risp. sorgente] se il usso di fase una contrazione [risp. espansione].
TEOREMA 2.9. Sia A L(R
n
) e siano , R tali che < < per ogni
(A). Allora esiste un prodotto scalare ,

su R
n
tale che:
[x[
2

x, Ax

[x[
2

x R
n
, (2.33)
dove [x[

_
x, x

. Inoltre:
e
t
[x[

[e
At
x[

e
t
[x[

. (2.34)
DIMOSTRAZIONE. Dimostriamo dapprima le stime (2.33). Sia S la trasfor-
mazione che appare in (2.26) e siano d
1
, . . . , d
p
, r
1
, . . . , r
q
come nel Teorema 2.6.
Per ogni >0 sia
I

_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
I
(1)

0 . . . . . . . . . . . . . . . 0
0 I
(2)

. . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . I
(p)

0 . . . . . . . . .
. . . . . . . . . 0 I
(p+1)

. . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . I
(p+q1)

0
0 . . . . . . . . . . . . . . . 0 I
(p+q)

_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
, (2.35)
dove se k 1, . . . , p allora I
(k)

M
d
k
la matrice diagonale di elementi
(I
(k)

)
i , j

1i

i , j
,
mentre se k p+1, . . . , p+q allora I
(k)

M
2r
k
la matrice diagonale di elementi
(I
(k)

)
i , j

_
_
_

(1i )/2

i , j
se i 1, 3, . . . , 2r
k
1

(2i )/2

i , j
se i 2, 4, . . . , 2r
k
Poniamo quindi A

.
S
1

AS

, ove S

.
SI

. Consideriamo ora la trasformazione


di coordinate x S

y e sia ,

il prodotto scalare da essa indotto: x, x


t

y, y
t
S
1

x, S
1

x
t
. Osserviamo che:
x, Ax

y, A

y y, A
sim

y
dove, per ogni B M
n
, B
sim
denota la parte simmetrica di B, ovvero B
sim
.

(B +B
T
)/2 (la parte antisimmetrica di una matrice non contribuisce alla forma
quadratica associata). Ricordando la forma (2.26) di A
S
e la denizione di I


facile vericare che:
(A
sim

)
i , j

(i , j )
(A
sim
S
)
i , j
i j ,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.6 FLUSSI IPERBOLICI 45
dove (i , j ) un intero positivo se i > j e nullo se i j . Quindi:
y, A
sim

y
n

k1
(
k
)y
2
k
+

i >j

(i , j )
(A
sim
S
)
i , j
y
i
y
j
,
cosicch:
lim
0
y, A
sim

y
y, y

1
y, y
n

k1
(
k
)y
2
k
.
Ne segue che, ssando sufcientemente piccolo, y, y y, A
sim

y y, y,
ovvero x, x

x, Ax

x, x

, da cui le stime (2.33) con ,

.
Le disuguaglianze (2.34) sono conseguenza delle (2.33). Chiaramente se x
0 esse sono banalmente vericate. Calcoliamo invece la derivata di [x[
2

lungo
una soluzione x(t ) e
At
x con x / 0. Si ha (omettendo la dipendenza esplicita
dal tempo della soluzione):
d
dt
[x[
2

d
dt
x, x

2x, Ax

,
da cui, per la (2.33),
2[x[
2

d
dt
[x[
2

2[x[
2

,
e dunque:

d
dt
log[x[

.
Integrando si ha:
t log
[x(t )[

[x(0)[

t ,
da cui, essendo x(t ) e
At
x, seguono le (2.34).
TEOREMA 2.10. Sia A L(R
n
) ed indichiamo con [ [

la norma che appare


nel Teorema 2.9.
1) Se e
At
una contrazione allora esistono costanti b >0 e K 1 tali che:
_
_
_
[e
At
x[

e
bt
[x[

[e
At
x[

e
bt
[x[

t 0 x R
n
(2.36)
e
_
_
_
[e
At
x[ Ke
bt
[x[
[e
At
x[ K
1
e
bt
[x[
t 0 x R
n
. (2.37)
2) Se e
At
una espansione allora esistono costanti a >0 ed K 1 tali che:
_
_
_
[e
At
x[

e
at
[x[

[e
At
x[

e
at
[x[

t 0 x R
n
(2.38)
e
_
_
_
[e
At
x[ K
1
e
at
[x[
[e
At
x[ Ke
at
[x[
t 0 x R
n
. (2.39)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
46 SISTEMI LINEARI
DIMOSTRAZIONE. Le disuguaglianze (2.37) e (2.39) seguono rispettivamente
dalle (2.36) e (2.38) per lequivalenza delle norme in R
n
. Dimostriamo quindi le
disuguaglianze (2.36) e (2.38).
Se A genera una contrazione esiste b >0 tale che <b per ogni (A),
cosicch la prima disuguaglianza in (2.36) segue dalla seconda disuguaglianza
in (2.34) con b. Daltra parte si ha inoltre che > b per ogni (A),
cosicch la seconda disuguaglianza in (2.36) segue dalla prima disuguaglianza
in (2.34) applicata alloperatore A con b.
Se A genera una espansione, allora A genera una contrazione e le disugua-
glianze (2.38) non sono altro che le (2.36) relative alloperatore A (con a > 0
tale che >a per ogni (A)).
Quindi tutte le soluzioni non nulle di una contrazione vengono attratte es-
ponenzialmente dal pozzo x 0. Viceversa, tutte le soluzioni non nulle di una
espansione crescono esponenzialmente allontanandosi dalla sorgente x 0. Si
osservi inoltre il signicato geometrico del prodotto scalare ,

costruito nel
Teorema 2.9. Nel caso della contrazione [risp. espansione], esso fornisce una
struttura euclidea su R
n
tale che il vettore velocit di fase Ax forma con il raggio
vettore x un angolo ottuso [risp. acuto]. Altrimenti detto, se S

r
{x R
n
: [x[

r } la sfera di raggio r rispetto alla norma adattata [ [

, tutte le traiettorie del


usso di fase si muovono verso linterno [risp. lesterno] di questa nel caso di
una contrazione [risp. espansione], qualunque sia il valore di r .
TEOREMA 2.11. Sia x 0 un punto iperbolico dellEq. (2.18). Allora esiste una
decomposizione dello spazio delle fasi:
R
n
E
+
E

, E

R
n
,
dove

sono operatori di proiezione,


+
+

1I, E

sono sottospazi invarianti


rispetto ad A, tali che il usso di fase indotto su E
+
una contrazione ed il usso
di fase indotto su E

una espansione. In particolare esistono costanti C > 0,

+
>0 e

>0 tali che:


_
_
_
[e
At

+
x[ Ce

+
t
[
+
x[
[e
At

x[ Ce

t
[

x[
t 0 x R
n
. (2.40)
DIMOSTRAZIONE. Sia S come in (2.26). Sia quindi P la trasformazione linea-
re non singolare che consiste nel riordinare i blocchi della matrice A
S
per valori
crescenti di al variare di (A). Indichiamo con n
+
[risp. n

] il numero
di autovalori con parte reale negativa [risp. positiva], ciascuno contato con la
propria molteplicit algebrica. PostoU SP si ha:
U
1
AU
_
A
+
0
0 A

_
,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.6 FLUSSI IPERBOLICI 47
dove A
+
M
n
+
[risp. A

M
n

] tale che < 0 (A


+
) [risp. > 0
(A

)]. Deniamo quindi:


E
+
.

_
x R
n
: x Uy con y
_
u
0
_
, u R
n
+
_
,
E

_
x R
n
: x Uy con y
_
0
v
_
, v R
n

_
.
Chiaramente E

sono sottospazi invarianti rispetto ad A. Essendo U non sin-


golare si ha la decomposizione in somma diretta R
n
E
+
E

, rimanendo cos
deniti gli operatori di proiezione

: R
n
E

+
x U
_
u
0
_
,

x U
_
0
v
_
, dove
_
u
v
_
U
1
x.
Abbiamo ora:
e
At

+
x U
_
e
A
+
t
u
0
_
, e
At

x U
_
0
e
A

t
v
_
, dove
_
u
v
_
U
1
x.
La stima (2.40) segue facilmente dal Teorema 2.10, ad esempio applicando la
prima disuguaglianza in (2.37) alle matrici A
+
e A

. Indicando con K

e b

le
relative costanti, si ha:
[e
At

+
x[ |U|[e
A
+
t
u[ K
+
e
b
+
t
|U|[u[ K
+
e
b
+
t
|U||U
1
|[
+
x[,
[e
At

x[ |U|[e
A

t
v[ K

e
b

t
|U|[v[ K

e
b

t
|U||U
1
|[

x[,
da cui la (2.40) segue con

e C max{K
+
, K

}|U||U
1
|.
I sottospazi E
+
ed E

sono detti rispettivamente sottospazio stabile e sot-


tospazio instabile del usso iperbolico x Ax. Eccetto lorigine x 0, tutte le
orbite delle soluzioni dellEq. (2.18) giacenti sullo spazio stabile [risp. instabile]
sono aperte e tendono a 0 per t +[risp. t ]. Tali sottospazi possono
essere caratterizzati nella seguente maniera:
E
+

_
x R
n
: sup
t 0
[e
At
x[ <+
_
, E

_
x R
n
: sup
t 0
[e
At
x[ <+
_
. (2.41)
In effetti dalle disuguaglianze (2.40) abbiamo:
[

x[ [e
At
e
At

x[ Ce

t
[e
At

x[ t 0 x R
n
,
cosicch:
_
_
_
[e
At

+
x[ C
1
e

+
t
[
+
x[
[e
At

x[ C
1
e

t
[

x[
t 0 x R
n
. (2.42)
Essendoora e
At
x e
At

+
x+e
At

x, dalle disuguaglianze (2.40) e (2.42) ottenia-


mo le identit (2.41). Segue inoltre che la decomposizione in sottospazi stabile
ed instabile unica.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
48 SISTEMI LINEARI
2.7. Soluzione degli esercizi
SOLUZIONE ES. 2.1. Il sistema linearizzato x Ax, x R
2
, dove:
A
_
0 1

_
SOLUZIONE ES. 2.2. A meno di termini dipendenti soltanto dal tempo ed
eliminando una derivata totale rispetto al tempo si verica che la lagrangiana
del sistema :
L(,

, t )
m
2
2

2
+m
_
g +a
2
cos(t )
_
cos,
da cui ricaviamo le equazioni del moto:


2
(t ) sin, (t )
.

_
g +a
2
cos(t )

,
ovvero, nello spazio delle fasi x (x
1
, x
2
) (,

) R
2
,
_
x
1
x
2
,
x
2

2
(t ) sinx
1
.
Essendo x 0 un punto singolare del campo vettoriale (v(0, t ) 0 t ) allora
x(t ) 0 soluzione di equilibrio del sistema. Linearizzando si ottiene il sistema
non autonomo y A(t )y, y R
2
, dove:
A(t )
_
0 1

2
(t ) 0
_
.
La corrispondente equazione del secondo ordine :
y +
2
(t )y 0,
nota con il nome di equazione di Mathieu.
SOLUZIONE ES. 2.3. Le coordinate polari sono denite dalla trasformazione:
_
x
1
r cos
x
2
r sin
r >0, [0, 2].
Osserviamo preliminarmente che tale trasformazione ben denita solo sul-
laperto R
2
\ {0}. Daltra parte lorigine delle coordinate un punto singolare
del campo vettoriale. Quindi esso costituisce da solo unorbita chiusa (corri-
spondente alla soluzione stazionaria x(t ) 0) e tutte le altre soluzioni hanno
orbite giacenti sullaperto R
2
\ {0}. La matrice jacobiana della trasformazione di
coordinate :
(x
1
, x
2
)
(r, )

_
cos r sin
sin r cos
_
,
cosicch la legge di trasformazione dei vettori tangenti :
_
x
1
x
2
_

_
cos r sin
sin r cos
__
r

_
,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.7 SOLUZIONE DEGLI ESERCIZI 49
Quindi il sistema nelle coordinate polari si scrive:
_
r

_
v
r
(r, )
v

(r, )
_
essendo
_
v
r
(r, )
v

(r, )
_

_
cos r sin
sin r cos
_
1
_
v
1
(x
1
(r, ), x
2
(r, ))
v
2
(x
1
(r, ), x
2
(r, ))
_

_
cos r sin
sin r cos
_
1
_
r (1r
2
) cosr (1+r
2
) sin
r (1+r
2
) cosr (1r
2
) sin
_
Sviluppando i calcoli si trova:
_
r r (1r
2
),

1+r
2
.
immediato vericare che la funzione t (r (t ), (t )) (1,
0
+2t ) soluzio-
ne del sistema. Essa corrisponde ad un moto circolare uniforme la cui orbi-
ta la circonferenza unitaria di centro lorigine. La linearizzazione del sistema
differenziale intorno alla soluzione periodica allora y Ay, essendo:
A
(v
r
, v

)
(r, )

r 1

0
+2t

_
2 0
2 0
_
.
La soluzione periodica in coordinate cartesiane :
x(t )
_
x
1
(t )
x
2
(t )
_

_
cos(
0
+2t )
sin(
0
+2t )
_
.
SOLUZIONE ES. 2.4. Tutte le affermazioni sono semplici conseguenze del
fatto che lequazione (2.17) equivalente al sistema (2.6) ove si ponga:
x
_
_
_
_
_
_
_
_

d
dt
. . .
d
n1

dt
n1
_
_
_
_
_
_
_
_
, A(t )
_
_
_
_
_
_
0 1 0 . . . 0
0 0 1 . . . 0
. . . . . . . . . . . . . . .
0 0 0 . . . 1
a
n
(t ) a
n1
(t ) a
n3
(t ) . . . a
1
(t )
_
_
_
_
_
_
.
SOLUZIONE ES. 2.5. Le approssimazioni di Picard per lEq. (2.23) sono:
P
(0)
t
1I,
. . . . . . ,
P
(k)
t
1I +
_
t
0
ds AP
(k1)
s
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
50 SISTEMI LINEARI
Sostituendo si ottiene:
P
(k)
t
1I +At +
_
t
0
ds
_
s
0
d A
2
P
(k2)

1I +At +
_
t
0
d(t )A
2
P
(k2)

1I +At +
A
2
t
2
2
+
_
t
0
ds
_
s
0
d(s )A
3
P
(k3)
s
1I +At +
A
2
t
2
2
+
_
t
0
d
A
2
(t )
2
2
AP
(k3)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

h0
A
h
t
h
h!
.
Chiaramente |P
(k)
t
P
(k1)
t
| (t |A|)
k
/k!, cosicch la successione di matrici P
(k)
t
,
k N, converge assolutamente ed uniformemente sui compatti di R, ed il suo
limite fornisce la soluzione dellEq. (2.23).
SOLUZIONE ES. 2.6. banale conseguenza del teorema di Liouville applica-
to alla matrice principale dellequazione x Ax:
det(expA) det P
1
exp
__
1
0
ds Tr A
_
exp(Tr A).
SOLUZIONE ES. 2.7. Per induzione sullindice k si verica immediatamente
che:
A
k

_
A
1
0
0 A
2
_
k

_
A
k
1
0
0 A
k
2
_
k N,
e quindi:
expA lim
N+
N

k0
A
k
k!

_
_
_
_
_
_
lim
N+
N

k0
A
k
1
k!
0
0 lim
N+
N

k0
A
k
2
k!
_
_
_
_
_
_

_
expA
1
0
0 expA
2
_
.
2.8. Nota bibiliograca
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) V.I. Arnold. Metodi matematici della meccanica classica. Roma: Editori
Riuniti, 1979.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
2.8 NOTA BIBILIOGRAFICA 51
3) E.A. Coddington, N. Levinson. Theory of ordinary differential equa-
tions. (International series in pure and applied mathematics). New
York: McGraw-Hill, 1955.
4) J.K. Hale. Ordinary differential equations. (Pure and applied mathema-
tics 21). New York: Wiley-Interscience, 1969.
5) M.W. Hirsch, S. Smale. Differential equations, dynamical systems and
linear algebra. (Pure and applied mathematics. Aseries of Monographs
and Textbooks). San Diego: Academic Press, 1974.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
CAPITOLO 3
Flussi hamiltoniani
3.1. Sistemi lagrangiani e sistemi hamiltoniani
In questa sezione mostriamo che una dinamica lagrangiana (non necessa-
riamente di natura meccanica) pu essere riformulata in termini di un differen-
te formalismo, detto formalismo hamiltoniano o canonico. Sarebbe per ridut-
tivo ritenere la dinamica hamiltoniana una semplice riformulazione di quella
lagrangiana. Infatti, sebbene molti sistemi sici siano descrivibili con entram-
be le formulazioni, quello canonico estremamente ricco, rivelandosi spesso
pi idoneo a trattare alcuni problemi. In particolare la dinamica hamiltoniana
fornisce una notazione compatta in cui il concetto di integrabilit si esprime in
maniera molto semplice. Inoltre lo studio di sistemi vicini a sistemi integrabi-
li, ovvero la teoria delle perturbazioni, si sviluppa molto pi agevolmente in tale
formalismo.
Un sistema lagrangiano assegnato tramite una funzione scalare L(q, , t ),
per (q, , t ) R
n
R, con R
n
. Assumiamo L regolare ed uniformemente
convessa nelle variabili , ovvero esiste una costante C
0
> 0 tale che, per ogni
(q, , t ) R
n
R, sia
n

i , j 1

2
L

j
(q, , t )
i

j
C
0
n

i 1

2
i
R
n
.
In notazione pi compatta, indicando con D

L(q, , t ) la matrice hessiana di L


rispetto alle variabili ,
, D

L(q, , t ) C
0
[[
2
R
n
. (3.1)
I moti t q(t ) del sistema sono allora le soluzioni delle equazioni di Eulero-
Lagrange
d
dt
L

(q(t ), q(t ), t )
L
q
(q(t ), q(t ), t ), (3.2)
ovvero, nellospaziodelle fasi, le soluzioni t (q(t ), (t )) del problema del primo
ordine
_

_
q(t ) (t ),
d
dt
L

(q(t ), (t ), t )
L
q
(q(t ), (t ), t ).
(3.3)
53
54 FLUSSI HAMILTONIANI
Lipotesi di convessit (3.1) implica in particolare che la matrice D

L inverti-
bile, cosicch le equazioni (3.3) possono essere poste in forma normale
_
q

G(q, , t )
(q, ) R
d
,
essendo
G(q, , t )
_
D

L(q, , t )
_
1
_
D
q
L(q, , t ) +
2
t
L(q, , t )
q
L(q, , t )
_
.
Come noto le equazioni di Eulero-Lagrange sono invarianti in forma sotto tra-
sformazioni di coordinate (anche dipendenti dal tempo) in . Precisamente,
sia q f ( q, t ) la legge che fornisce le vecchie coordinate q rispetto alle nuove
coordinate q, che induce la trasformazione di coordinate dello spazio delle fasi
(q, ) ( q,

) tale che
q f ( q, t ), D
q
f ( q, t )

+
t
f ( q, t ).
Allora limmagine t ( q(t ),

(t )) di una soluzione t (q(t ), (t )) del sistema
(3.3) soluzione delle equazioni di Eulero-Lagrange di lagrangiana

L( q,

, t ) L
_
f ( q, t ), D
q
f ( q, t )

+
t
f ( q, t ), t
_
.
Chiaramente, se consideriamo trasformazioni pi generali dello spazio delle fa-
si, le equazioni (3.3) perdono questa propriet di invarianza. Introduciamo ora
un sistema di coordinate su tale spazio, dette canoniche, in cui le equazioni del
moto assumono una forma particolarmente simmetrica. Lidea di sostituire le
velocit generalizzate con i momenti cinetici ad esse associati, ovvero di uti-
lizzare come coordinate dello spazio delle fasi la coppia (q, p) dove le variabili p
sono legate alle (q, ) dalle relazioni
p
L

(q, , t ). (3.4)
Queste variabili giocano un ruolo speciale nel formalismo lagrangiano. Ricor-
diamo in particolare che il momento associato ad una coordinata ciclica (ovvero
che nonappare esplicitamente nella lagrangiana) unintegrale primo del moto.
In effetti molte leggi di conservazione dei sistemi lagrangiani si scrivono come
conservazione di momenti.
Per derivare le equazioni del moto nelle nuove variabili utilizziamo un risul-
tato generale, detto trasformazione di Legendre.
TEOREMA 3.1. Sia f : R
n
R una funzione regolare e convessa (ovvero la
matrice D

f () denita positiva). Allora la trasformazione


p ()
.

f ()
denisce un diffeomorsmo di R
n
sul dominio immagine e la sua inversa
(p)
p
f

(p),
con f

: R
n
(, +] cos denita:
f

(p) sup
R
n
_
p, f ()
_
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
3.1 SISTEMI LAGRANGIANI E SISTEMI HAMILTONIANI 55
DIMOSTRAZIONE. Essendo la matrice jacobiana D() D

f () invertibi-
le, per il teorema della funzione inversa lapplicazione denisce un diffeomor-
smo locale nellintorno di ciascun punto. Per vericare linvertibilit globale,
ssiamo
0
,
1
R
n
tali che
0
/
1
. Ponendo

1
+(1)
0
, si ha
(
1
) (
0
)
_
1
0
d
d
d
(

)
_
1
0
dD(

)(
1

0
).
Moltiplicando scalarmente per
1

0
ed utilizzando la convessit di f , ottenia-
mo

0
, (
1
) (
0
)
_
1
0
d(
1

0
), D

f (

)(
1

0
) >0,
da cui (
1
) /(
0
) necessariamente.
Fissato un qualsiasi punto p nel dominio immagine di , consideriamo ora
la funzione f
p
()
.
p, f (). Essendo

f
p
() p

f (), per liniettivit


di ora dimostrata la funzione f
p
() possiede un unico punto critico in (p)
.

1
(p). Inoltre f
p
una funzione concava poich D

f
p
() D

f () una
matrice denita negativa. Concludiamo che f
p
assume il suo valore massimo in
(p), ovvero
f

(p) p, (p) f ((p)).
In particolare, essendo p

f ((p)),
d f

(p) (p), dp +p, d(p)

f ((p)), d(p) (p), dp,


da cui (p)
p
f

(p).
OSSERVAZIONE 3.1. La funzione f

viene detta la trasformata di Legendre di
f . una funzione convessa poich
D
pp
f

(p) D(p) D
1
(p) [D((p))]
1
[D

f ((p))]
1
.
Si osservi che la trasformazione di Legendre involutiva, ovvero il suo quadrato
la trasformazione identica: f

f (si dimostri questultima affermazione).
OSSERVAZIONE 3.2. Supponiamo che la funzione f dipenda inoltre da un
insieme di parametri reali U R
m
, dunque f f (, ). Allora anche
(, ), (p, ), f

f

(p, ) ed inoltre

f

(p, )

f ((p, ), ). (3.5)
In effetti, analogamente a sopra, si ha
f

(p, ) p, (p, ) f ((p, ), ),
da cui
d f

(p, ) (p, ), dp +p, d(p, )

f ((p, )), d(p, )

f ((p, )), d
(p, ), dp

f ((p, )), d.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
56 FLUSSI HAMILTONIANI
ESEMPIO 3.1. Nel caso di una funzione convessa f () di una variabile rea-
le, la trasformata di Legendre f

(p) p(p) f ((p)) con (p) lunico pun-
to (quando esiste) in cui la distanza con segno lungo la verticale tra la retta di
equazione y p e la curva y f () massima. Ad esempio, se f ()
2
allora
(p) p/2 e f

(p) p
2
/4. Invece se f () e

la trasformata f

(p) nita solo
per p <0, precisamente:
f

(p)
_
+ se p >0,
p log(p
1
) +p se p 0.
ESEMPIO 3.2. Calcoliamo f

(p) nel caso in cui f una funzione quadrati-
ca denita positiva su R
n
. Dunque, per qualche matrice simmetrica e denita
positiva A si ha:
f ()
1
2
, A
1
2
n

i , j 1
A
i , j

j
.
Lequazione

f p diventa A p da cui A
1
p. Quindi per ogni p R
n
si
ha
f

(p) p, A
1
p f (A
1
p) p, A
1
p
1
2
A
1
p, AA
1
p
1
2
p, A
1
p.
Dunque f

(p) anchessa una forma quadratica. Inoltre f ed f

assumono lo
stesso valore sui punti corrispondenti, ovvero:
f (A
1
p) f

(p), f

(A) f ().
Torniamo ora al problema lagrangiano (3.3). Per lipotesi di convessit (3.1)
possiamo applicare i risultati precedenti alla trasformazione (3.4). Deniamo
funzione di Hamilton, o hamiltoniana, del sistema la trasformata di Legendre
H(q, p, t ) della lagrangiana L(q, , t ). Quindi, se (q, p, t ) lesplicitazione di
dalla (3.4), allora
H(q, p, t ) p, (q, p, t ) L(q, (q, p, t ), t )

_
L

(q, , t ),
_
L(q, , t )

(q,p,t )
. (3.6)
Altrimenti detto, la funzione hamiltoniana uguale allenergia generalizzata in
funzione delle coordinate canoniche.
TEOREMA 3.2. Il sistema delle equazioni di Lagrange (3.3) equivalente al
sistema di equazioni
_

_
q
H
p
(q, p, t )
p
H
q
(q, p, t )
(3.7)
dette equazioni di Hamilton, con H(q, p, t ) come in (3.6).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
3.1 SISTEMI LAGRANGIANI E SISTEMI HAMILTONIANI 57
DIMOSTRAZIONE. Dal Teorema 3.1 e dalle (3.5), si ha (per , p tali che p

L(q, , t ))

H
p
(q, p, t ), p
L

(q, , t ),
L
q
(q, , t )
H
q
(q, p, t ).
Ne segue immediatamente che il moto t (q(t ), (t )) soluzione delle equa-
zioni (3.3) se e solo se, posto p(t )

L(q(t ), p(t ), t ), il moto t (q(t ), p(t ))


soluzione delle equazioni (3.7).
OSSERVAZIONE 3.3. Se rinunciamo alla propriet di convessit di L e richie-
diamo unicamente che la matrice jacobiana D

L(q, , t ) sia invertibile per ogni


, ancora possibile il passaggio da un formalismo allaltro almeno localmente.
Infatti, sotto queste ipotesi, la relazione (3.4) denisce comunque un diffeomor-
smo locale di unintorno di (q, , t ) inunintorno dellimmagine (q, p, t ); rimane
denita quindi, almeno localmente, lhamiltoniana H(q, p, t ) come in (3.6).
Vediamo ora alcuni esempi di sistemi hamiltoniani.
ESEMPIO 3.3. Un punto materiale P di massa m soggetto ad un potenziale
posizionaleU. Indicando con q R
3
la posizione di P, la lagrangiana del sistema

L(q, )
m
2
2
U(q).
Quindi il momento cinetico p m coincide con lusuale quantit di moto della
particella. Lhamiltoniana allora
H(q, p) p, p/m L(q, p/m)
p
2
2m
+U(q).
Dunque lhamiltoniana coincide con lenergia meccanica totale del punto ma-
teriale espressa in funzione delle variabili canoniche, e le equazioni di Hamilton
sono
_
q p/m
p U(q)
ESEMPIO 3.4. Consideriamo un sistema meccanico conservativo soggetto a
vincoli olonomi ideali indipendenti dal tempo. Nelle coordinate generalizzate
q R
n
, la lagrangiana assume la forma
L(q, )
1
2
, A(q) U(q)
con A(q) la matrice denita positiva dellenergia cinetica ed U(q) lenergia po-
tenziale. Dunque i momenti cinetici sono p A(q), da cui
H(q, p)
1
2
p, A(q)
1
p +U(q),
Nuovamente lhamiltoniana coincide conlenergia meccanica totale del sistema
espressa in funzione delle variabili canoniche, e le equazioni di Hamilton sono
_
q A(q)
1
p
p U(q)
1
2
p, A(q)
1
p

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
58 FLUSSI HAMILTONIANI
ESEMPIO 3.5. Vediamo alcuni casi particolari dellesempio precedente:
i) Il pendolo matematico. Indicando con la coordinata angolare, m la
massa del pendolo, la lunghezza del pendolo e g laccelerazione di gravit,
si ha
L(,

)
1
2
m
2

2
+mgcos, H(, p)
p
2
2m
2
mgcos,
essendo p m
2

il momento cinetico associato alla variabile .


ii) Il moto centrale piano. Nelle coordinate polari piane (r, ), indicando con
m la massa del punto e conU(r ) lenergia potenziale, si ha:
L(r, , r ,

)
1
2
m( r
2
+r
2

2
) U(r ), H(r, , p
r
, p

)
p
2
r
2m
+
p
2

2mr
2
+U(r ),
essendo p
r
m r e p

mr
2

i momenti cinetici associati alle variabili r e


rispettivamente.
iii) Un sistema di N punti materiali P
i
di masse m
i
, i 1, . . . , N, non soggetti
a vincoli. Indichiamo con q
i
R
3
la posizione del punto P
i
e sia U(q
1
, . . . , q
N
)
lenergia potenziale del sistema. Le leggi del moto sono
_
m
i
q
i
p
i
p
i

q
i
U,
i 1, . . . , N,
ovvero le equazioni di Hamilton di hamiltoniana
H(q, p)
N

i 1
[p
i
[
2
2m
i
+U(q
1
, . . . , q
N
)
nelle variabili canoniche (q, p), con q (q
1
, . . . , q
N
) R
3N
le coordinate car-
tesiane dei punti e p (m
1
q
1
, . . . , m
N
q
N
) R
3N
le corrispondenti quantit di
moto.
ESEMPIO 3.6. Consideriamo ora il caso pi generale di un sistema lagran-
giano naturale, ovvero quando la lagrangiana una funzione quadratica nelle
velocit:
L(q, , t ) L
2
(q, , t ) +L
1
(q, , t ) +L
0
(q, t ), (q, ) R
n
, (3.8)
essendo
L
2
(q, , t )
1
2
, A(q, t ), L
1
(q, , t ) , b(q, t ),
con A(q, t ) una matrice n n denita positiva e b(q, t ) una funzione a valori in
R
n
. In tal caso le variabili canoniche (q, p) sono legate a quelle lagrangiane (q, )
dalle relazioni
p A(q, t )+b(q, t ) A(q, t )
1
_
p b(q, t )
_
.
Poich lenergia generalizzata in tal caso
_
L

(q, , t ),
_
L(q, , t ) L
2
(q, , t ) L
0
(q, t ),

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
3.2 LEGGI DI CONSERVAZIONE E PARENTESI DI POISSON 59
ne segue che
H(q, p, t )
1
2

_
p b(q, t )
_
, A(q, t )
1
_
p b(q, t )
_
L
0
(q, t ).
Un sistema meccanico conservativo con vincoli olonomi che dipendono dal
tempo un esempio di sistema lagrangiano naturale. Precisamente, in tal caso
lenergia cinetica del sistema una forma quadratica nelle velocit, T(q, , t )
T
2
(q, , t ) +T
1
(q, , t ) +T
0
(q, t ). Indicando con U(q, t ) lenergia potenziale, la
lagrangiana L T U si scrive allora nella forma (3.8) con
L
2
(q, , t ) T
2
(q, , t ), L
1
(q, , t ) T
1
(q, , t ), L
0
(q, t ) T
0
(q, t ) U(q, t ).
Si osservi che nel caso in cui sono presenti i termini T
0
e T
1
, lenergia generaliz-
zata L
2
L
0
T
2
T
0
+U, e quindi lhamiltoniana, non coincidono con lenergia
meccanica totale del sistema T +U T
2
+T
1
+T
0
+U.
ESEMPIO 3.7. Un classico esempio di sistema hamiltoniano di origine non
meccanica fornito dal modello predatore-preda di Volterra-Lotka. Si tratta di
un sistema descrivente due specie in simbiosi, luna, x, le prede, laltra, y, i
predatori. Le equazioni del sistema sono:
_
x (ABy)x
y (Cx D)y
con A, B,C, D > 0. Si suppone quindi che in assenza di predatori le prede cre-
scono con un tasso costante A mentre in assenza di prede i predatori muoiono
conuntasso costante D. Quando sono presenti entrambi, il tasso di crescita del-
le prede diminuito ad ogni incontro con un predatore (per un termine By),
mentre quello dei predatori aumentato adogni incontro conuna preda (per un
termine Cx). Introducendo le variabili p logx, q log y nel dominio x, y > 0,
si ha il sistema equivalente
_
q Ce
p
D
p ABe
q
che sono le equazioni di Hamilton di hamiltoniana H(q, p) Ce
p
+Be
q
Aq
Dp.
ESEMPIO 3.8. Consideriamo inne un esempio di sistema hamiltoniano che
non associato ad alcun sistema lagrangiano. Precisamente, nel dominio q, p >
0, sia H(q, p) log
_
q
2
+p
2
. Poich
2
p
H(q, p) (q
2
p
2
)(q
2
+p
2
)
2
si annul-
la lungo le semiretta p q, lesplicitazione di p in funzione di (q, ) attraverso
lequazione
p
H(q, p) p(q
2
+p
2
)
1
non univocamente determinata.
3.2. Leggi di conservazione e parentesi di Poisson
Iniziamo a studiare le propriet dei sistemi hamiltoniani. Sia U un dominio
di R
2n
munito delle coordinate
(q, p) (q
1
, . . . , q
n
, p
1
, . . . , p
n
)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
60 FLUSSI HAMILTONIANI
ed H : U R R una funzione regolare. Le equazioni di Hamilton di hamilto-
niana H sono dunque date dal sistema del primo ordine
_

_
q
H
p
(q, p, t )
p
H
q
(q, p, t )
(3.9)
Motivati dalla derivazione lagrangiana esposta nella sezione precedente, le va-
riabili p sono dette momenti coniugati alle coordinate q, n detto il numero
di gradi di libert del sistema (da non confondere con la dimensione 2n dello
spazio delle fasi U). Quando non altrimenti specicato, assumeremo nel segui-
to che il sistema completo, ovvero che la soluzione
t ,t
0
H
(q, p) del sistema (3.9)
esiste globale nel tempo per ogni dato iniziale (q, p, t
0
) U R. In particola-
re, se lhamiltoniana non dipende esplicitamente dal tempo, si ha
t ,t
0
H
(q, p)

t t
0
,0
H
(q, p)
.

t t
0
H
(q, p), con (U, {
t
H
}) un usso di fase, detto usso hamilto-
niano associato alla hamiltoniana H.
Una scrittura pi compatta che si rivela spesso utile la seguente. Poniamo
x (x
1
, . . . , x
2n
) (q
1
, . . . , q
n
, p
1
, . . . , p
n
),
ovvero x
i
q
i
, x
i +n
p
i
per i 1, . . . , n, ed introduciamo la matrice simplettica
fondamentale
J
_
0 1I
1I 0
_
,
essendo 1I la matrice identit n n. Posto H(x, t ) H(q, p, t ) vediamo subito
che il sistema di Hamilton (3.9) nelle variabili x assume la forma
x J
x
H(x, t ). (3.10)
La funzione di Hamilton H(q, p, t ) viene anche detta energia generalizzata
del sistema. Dalle equazioni (3.10) segue che per ogni soluzione (t ) si ha:
d
dt
H((t ), t )
x
H((t ), t ),

(t ) +
H
t
((t ), t )

x
H((t ), t ), J
x
H((t ), t ) +
H
t
((t ), t )

H
t
((t ), t ), (3.11)
dove nellultima uguaglianza si utilizzato il fatto che la matrice J antisimme-
trica.
Un sistema hamiltoniano detto conservativo se lhamiltoniana non dipen-
de esplicitamente dal tempo. Essendo in tal caso H/t 0, dalla (3.11) segue
che
d
dt
H(
t
H
(q, p)) 0.
In altri termini, nel caso conservativo lenergia generalizzata H(q, p) un inte-
grale primo del sistema.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
3.2 LEGGI DI CONSERVAZIONE E PARENTESI DI POISSON 61
Piingenerale, assegnata una qualsiasi funzione regolare F(x, t ) F(q, p, t ),
la sua variazione nel tempo lungo ogni soluzione (t ) del sistema (3.10) si scrive:
d
dt
F((t ), t )
x
F((t ), t ), J
x
H((t ), t ) +
F
t
((t ), t ). (3.12)
utile ora introdurre la nozione di parentesi di Poisson {F,G} tra due funzioni
regolari F,G : U R. Precisamente {F,G} la nuova funzione
{F,G} L
J
x
G
F
x
F, J
x
G
n

i 1
_
F
q
i
G
p
i

F
p
i
G
q
i
_
, (3.13)
dove L
J
x
G
la derivata di Lie rispetto al campo vettoriale J
x
G. Utilizzando
questa denizione lequazione (3.12) si scrive:
d
dt
F((t ), t ) {F, H}((t ), t ) +
F
t
((t ), t ). (3.14)
In particolare, la funzione F(q, p, t ) integrale primo se e solo, identicamente su
U R,
{F, H} +
F
t
0. (3.15)
Le parentesi di Poisson godono delle seguenti propriet:
1) {F,G} {G, F};
2) {F +G, H} {F, H} +{G, H}, , R;
3) {FG, H} F{G, H} +G{F, H};
4)
t
{F,G} {
t
F,G} +{F,
t
G};
5) {{F,G}, H} +{{G, H}, F} +{{H, F},G} 0.
Le prime quattro propriet seguono immediatamente dalla denizione di
parentesi di Poisson. La quinta propriet, detta identit di Jacobi, si dimostra
nel seguente modo. Osserviamo che lespressione a sinistra una combinazione
lineare di derivate seconde delle funzioni F,G, H. Consideriamo ora i termini
dove appaiono le derivate seconde di F. Questi sono:
{{F,G}, H} +{{H, F},G} {{F,G}, H} {{F, H},G}
L
J
x
H
L
J
x
G
F L
J
x
G
L
J
x
H
F

_
L
J
x
H
, L
J
x
G
_
F.
Poich il commutatore di due derivate di Lie ancora un operatore differenziale
del primo ordine, precisamente
_
L
J
x
H
, L
J
x
G
_
L
[J
x
H,J
x
G]
, concludiamo che
sono assenti termini con derivate seconde di F. Ma lo stesso argomento si ripete
per le funzioni G ed H, da cui lidentit richiesta. Osserviamo inoltre che il conto
precedente ci permette di riscrivere lidentit di Jacobi nella forma
L
[J
x
H,J
x
G]
F {F, {H,G}} L
J{H,G}
F,
da cui, vista larbitrariet di F,
[J
x
H, J
x
G] J
x
{H,G}.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
62 FLUSSI HAMILTONIANI
In altri termini: Il commutatore di due campi hamiltoniani con funzioni di Ha-
milton H,G ancora un campo hamiltoniano, precisamente quello la cui fun-
zione di Hamilton {G, H}. Dunque, se dotiamo lo spazio lineare dei campi vet-
toriali innitamente derivabili su U della struttura di algebra di Lie mediante
loperazione di commutazione, linsieme dei campi hamiltoniani suU ne una
sottoalgebra.
Unimportante conseguenza dellidentit di Jacobi il seguente risultato.
TEOREMA 3.3. Se F
1
ed F
2
sono integrali primi di un campo hamiltoniano
di hamiltoniana H, allora anche la parentesi di Poisson {F
1
, F
2
} possiede tale
propriet.
DIMOSTRAZIONE. Per ipotesi le funzioni F
1
ed F
2
soddisfano lequazione
(3.14), ovvero
{F
1
, H} +
t
F
1
0, {F
2
, H} +
t
F
2
0. (3.16)
Dobbiamo da questo dedurne che la stessa equazione rimane soddisfatta da
{F
1
, F
2
}, ovvero che
{{F
1
, F
2
}, H} +
t
{F
1
, F
2
} 0.
In effetti, utilizzando la propriet 4) delle parentesi di Poisson, le relazioni (3.16)
ed inne lidentit di Jacobi si ha:

t
{F
1
, F
2
} {
t
F
1
, F
2
} +{F
1
,
t
F
2
} {{F
1
, H}, F
2
} {F
1
, {F
2
, H}}
{{H, F
1
}, F
2
} +{{F
2
, H}, F
1
} {{F
1
, F
2
}, H},
dunque lidentit cercata.
Questo teorema fornisce un metodo per costruire nuovi integrali del moto a
partire da due integrali noti attraverso unoperazione di differenziazione (cio il
calcolo della parentesi di Poisson). Infatti se F
1
ed F
2
sono due integrali primi,
allora lo F
3
{F
1
, F
2
} e quindi F
4
{F
1
, F
3
}, F
5
{F
2
, F
3
}, etc. In generale i nuovi
integrali possono essere non indipendenti dai precedenti, ad esempio F
3
(x, t )
f (F
1
(x, t ), F
2
(x, t )) per qualche funzione f : R
2
R, o addirittura essere delle
costanti. In effetti un sistema ammette al pi 2n integrali primi indipendenti. In
questultimo caso, cio quando il sistema integrabile, solo particolari scelte di
m<2n integrali primi indipendenti permette di ottenere, attraverso le parentesi
di Poisson, i rimanenti 2n m integrali indipendenti .
ESEMPIO 3.9. Consideriamo una particella di massa m. Siano q (x, y, z)
R
3
la posizione e p (p
x
, p
y
, p
z
) (m x, m y, m z) R
3
la quantit di moto del
punto. Sia inne q p il momento della quantit di moto della particella,
dunque (
x
,
y
,
z
) con

x
yp
z
zp
y
,
y
zp
x
xp
z
,
z
xp
y
yp
x
.
Si ha allora, dalla denizione (3.13),
{p
x
, p
y
} 0, {p
x
,
y
}
p
x
p
x

y
x
p
z
, {
x
,
y
}

x
z

y
p
z

x
p
z

y
z

z
,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
3.2 LEGGI DI CONSERVAZIONE E PARENTESI DI POISSON 63
da cui, per permutazione ciclica di x, y, z,
_
_
_
{p
x
, p
y
} 0, {p
y
, p
z
} 0, {p
z
, p
x
} 0,
{p
x
,
y
} p
z
, {p
y
,
z
} p
x
, {p
z
,
x
} p
y
,
{
x
,
y
}
z
, {
y
,
z
}
x
, {
z
,
x
}
y
.
(3.17)
Prendiamo ora in esame un sistema di N punti materiali identici, di massa m,
non soggetti a forze esterne ma unicamente a forze di interazione che soddisfa-
no il terzo principio della dinamica. Quindi, se indichiamo con q (q
1
, . . . , q
N
)
R
3N
le coordinate cartesiane dei punti e p (m q
1
, . . . , m q
N
) R
3N
le corrispon-
denti quantit di moto, lhamiltoniana del sistema
H(q, p)
N

i 1
[p
i
[
2
2m
+

i /j
U([q
i
q
j
[),
dove U : R
+
R lenergia potenziale della forza di interazione tra i punti ma-
teriali. Le equazioni cardinali della meccanica forniscono in questo caso sei in-
tegrali primi, precisamente le componenti delle quantit di moto e momento
angolare totali del sistema, ovvero
P (P
x
, P
y
, P
z
)
N

i 1
p
i
, L (L
x
, L
y
, L
z
)
N

i 1
q
i
p
i
.
Poich la parentesi di Poisson tra impulsi o momenti angolari di particelle diffe-
renti nulla, dalle relazioni (3.17), valide per ciascuna particella, otteniamo:
_
_
_
{P
x
, P
y
} 0, {P
y
, P
z
} 0, {P
z
, P
x
} 0,
{P
x
, L
y
} P
z
, {P
y
, L
z
} P
x
, {P
z
, L
x
} P
y
,
{L
x
, L
y
} L
z
, {L
y
, L
z
} L
x
, {L
z
, L
x
} L
y
.
Quindi le sei leggi di conservazione della quantit di moto e del momento della
quantit di moto non sono indipendenti. Ad esempio, noti P
x
, L
x
e L
y
, i restanti
tre si ottengono come parentesi di Poisson dei precedenti.
Una variabile q
k
viene detta ciclica o ignorabile se essa non appare esplici-
tamente nellhamiltoniana. Si osservi che se H la trasformata di Legendre di
una lagrangiana L, essendo
q
k
H(q, p, t )
q
k
L(q, , t ), la variabile q
k
ciclica
per H se e solo se q
k
ciclica per L.
Supponiamo che q
n
ciclica, cosicch, per le equazioni di Hamilton,
q
n

H
p
n
(q, p, t ), p
n

H
q
n
(q, p, t ) 0.
Dalla seconda equazione discende che il momento associato un integrale pri-
mo del sistema, dunque p
n
(t ) p
n
(t
0
). Se consideriamo ora le rimanenti 2n
2 equazioni, in esse la coordinata q
n
non appare (essendo ciclica), mentre il
momento p
n
interviene come un parametro (essendo conservato). In altri ter-
mini, esse sono le equazioni di Hamilton per un sistema con n 1 coordinate
(q
1
, . . . , q
n1
) di hamiltoniana
H(q
1
, . . . , q
n1
, p
1
. . . , p
n1
, c
n
, t ),

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
64 FLUSSI HAMILTONIANI
dove c
n
p
n
(t
0
) un parametro da ssare mediante i dati iniziali. Inne, risolto
tale sistema, il moto di q
n
si determina per integrazione:
q
n
(t ) q
n
(t
0
) +
_
t
t
0
ds
H
c
n
(q
1
(s), . . . , q
n1
(s), p
1
(s) . . . , p
n1
(s), c
n
, s).
3.3. Teorema di Liouville e misure invarianti
In questa sezione dimostriamo una propriet geometrica notevole comune
a tutti i campi hamiltoniani. In effetti si tratta una propriet comune a tutti i
campi vettoriali la cui divergenza nulla, tra i quali vi sono i campi hamiltoniani
poich, essendo J antisimmetrica, qualunque sia la funzione di Hamilton H si
ha:
div J
x
H(x, t )
2n

i 1
(J
x
H)
i
x
i
(x, t )
2n

i , j 1
J
i , j

2
H
x
i
x
j
(x, t ) 0.
Affrontiamo il problema nel caso di un sistema differenziale qualsiasi x
v(t , x), denito per (t , x) RD, con D un dominio di R
n
. Indichiamo con

t ,t
0
(x
0
) la soluzione del problema di Cauchy di dati iniziali
t
0
,t
0
(x
0
) x
0
, che
assumiamo denita globalmente nel tempo per ogni dato iniziale (t
0
, x
0
). Dun-
que per ogni coppia di tempi t , t
0
R lapplicazione
t ,t
0
: D D denisce un
diffeomorsmo di D. Fissata una regione limitata e misurabile BD, indichia-
mo con B(t ), t R, levoluta di Bal tempo t :
B(t ) {x R
n
: x
t ,t
0
(x
0
), x
0
B},
Vogliamo ora dimostrare la seguente formula (dovuta a Liouville):
d
dt
(B(t ))
_
B(t )
dx divv(t , x), divv(t , x)
n

i 1
v
i
x
i
(t , x). (3.18)
dove (B(t )) [B(t )[ il volume (o misura di Liouville) della regione B(t ). Si
ha:
d
dt
(B(t ))
d
dt
_
B(t )
dx
d
dt
_
B
dx
0
det D
t ,t
0
(x
0
)
_
B
dx
0
d
dt
det D
t ,t
0
(x
0
)

_
B
dx
0
d
d
det D
t +,t
0
(x
0
)

_
B
dx
0
d
d
det D
_

t +,t

t ,t
0
_
(x
0
)

_
B
dx
0
d
d
det
_
D
t +,t
(
t ,t
0
(x
0
))D
t ,t
0
(x
0
)
_

_
B
dx
0
det D
t ,t
0
(x
0
)
d
d
det D
t +,t
(
t ,t
0
(x
0
))

_
B(t )
dx
d
d
det D
t +,t
(x)

0
(3.19)
dove nella seconda [risp. ultima] uguaglianza si fatto il cambiamento di varia-
bili di integrazione x x
0
[risp. x
0
x]. Si osservi che det D
t ,t
0
(x
0
) > 0 per
ogni t R. Infatti la funzione t det D
t ,t
0
(x
0
) continua, positiva in t t
0

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
3.4 IL TEOREMA DEL RITORNO DI POINCAR 65
(D
t
0
,t
0
(x
0
) 1), e non pu annullarsi essendo
t ,t
0
un diffeomorsmo e dun-
que D
t ,t
0
(x
0
) una matrice invertibile. Per calcolare la derivata nellultimo inte-
grale osserviamo che, supponendo come sempre che il campo vettoriale una
funzione regolare, si ha:

t +,t
(x) x +v(t , x) +R(t , x, ),
con R(t , x, ),
x
R(t , x, ) funzioni regolari ed innitesime di ordine superiore al
primo per 0. Quindi
D
t +,t
(x) 1I +Dv(t , x) +O(
2
).
Ricordando la denizione di determinante ora facile convincersi del fatto che,
se A un matrice assegnata,
det
_
1I +A
_
1+Tr A+O(
2
),
da cui
d
d
det
_
1I +A
_

0
Tr A.
Applicando tale risultato nella (3.19) ed osservando che TrDv(t , x) divv(t , x)
luguaglianza (3.18) dimostrata.
OSSERVAZIONE 3.4. Si osservi che abbiamo dimostrato in maniera legger-
mente diversa il Teorema di Liouville (Teorema 2.4) per il wronskiano di un si-
stema lineare. Infatti la matrice jacobiana del diffeomorsmo
t ,t
0
soddisfa le-
quazione delle variazioni (A.18), ovvero la matrice principale dellEq. (2.9) con
A(t ) Dv(t ,
t ,t
0
(x
0
)).
Dalla formula (3.18) discende immediatamente il seguente teorema.
TEOREMA 3.4. Il usso di fase associato ad un campo vettoriale a divergenza
nulla conserva il volume nello spazio delle fasi. In particolare il usso hamilto-
niano conserva il volume nello spazio delle fasi.
3.4. Il teorema del ritorno di Poincar
Il risultato della precedente sezione permette di applicare ai sistemi mecca-
nici idee e tecniche della teoria ergodica. Presentiamo qui uno tra i pi semplici
risultati, detto teorema del ritorno (o della ricorrenza) di Poincar.
Iniziamo con una osservazione di carattere generale che utilizzeremo anche
inseguito. Nello studio del comportamento asintotico di unusso di fase
t
pu
essere sufciente osservare levoluzione del sistema solo lungo una determinata
successione di tempi. Pi precisamente, ssiamo un tempo T > 0 e deniamo
il diffeomorsmo g
.

T
. Consideriamo la legge di evoluzione a tempo discreto
{g
k
; k Z} denita dalle iterazioni della mappa g:
g
0
(x) x, g
1
(x) g(x), g
2
(x) g(g(x)), . . . , g
k
(x) g(g
k1
(x)),
g
k
(x) (g
1
)
k
(x),

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
66 FLUSSI HAMILTONIANI
dove linversa g
1
ben denita essendo g un diffeomorsmo. Per la propriet
di gruppo del usso di fase si ha:

kT+s
(x)
s
(g
k
(x)) k Z s [0, T).
Quindi in particolare
kT
(x) g
k
(x), ovvero levoluzione del sistema discreto al
tempo k coincide con quella del usso di fase al tempo kT. Inoltre possiamo
sperare di controllare levoluzione del sistema anche durante il tempo [kT, (k +
1)T] scegliendo T sufcientemente piccolo. In effetti, per t [kT, (k +1)T],
[
t
(x) g
kT
(x)[ max
s[0,T]
[
s
(g
k
(x)) g
k
(x)[,
ed il membro di destra innitesimo per T 0. Chiaramente la convergenza di
tale innitesimo dipende da g
k
(x), ma in taluni casi essa pu essere controllata.
Ad esempio, se v(x) il campo vettoriale associato al usso di fase e si possiede
una stima su [v(g
k
(x))[ uniforme in k, allora per ogni >0 possibile scegliere
un T tale che [
t
(x) g
k
(x)[ per ogni k Z e t [kT, (k +1)T] (dimostrarlo!).
TEOREMA 3.5 (Teorema del ritorno di Poincar). Sia g unapplicazione biu-
nivoca e misurabile che conserva il volume e che lascia invariata una regione li-
mitata D di R
n
: g(D) D. Allora per ogni insieme misurabile A in D quasi tutti i
punti di A tornano innite volte in A. In altri termini, posto
B
.

_
x A : esiste una success. diverg. {k
j
}
j N
tale che g
k
j
(x) A j N
_
,
si ha (B) (A).
DIMOSTRAZIONE. Il punto x A detto ricorrente in A se g
k
(x) A per al-
meno un intero k >0. Indichiamo con N linsieme dei punti non ricorrenti di A,
ovvero N {x A : g
k
(x) A k 1}. In particolare g
k
(x) N per ogni x N e
k 1, cosicch N g
k
(N) per ogni k 1. Allora, ssati due qualsiasi interi
k
2
>k
1
1 si ha
g
k
1
(N) g
k
2
(N) g
k
1
_
N g
k
2
k
1
(N)
_
.
Quindi gli insiemi g
k
(N), k N, sono disgiunti e, poich g conserva la misura,
tutti di volume uguale a (N). Essendo inoltre tutti contenuti in D ne segue che,
per ogni intero k >0,
(D)
k1

_
g

(N)
_
k (N).
Essendo (D) <+, deve essere (N) 0.
Consideriamo ora linsieme dei punti non ricorrenti innite volte, ovvero
linsieme
N

_
x A : esiste k >0 per cui g

(x) A per ogni k


_
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
3.5 MISURA MICROCANONICA ED IPOTESI ERGODICA 67
Chiaramente
N


_
x A : esiste k >0 per cui g
k j
(x) A per ogni j 1
_

k1
_
x A : (g
k
)
j
(x) A per ogni j 1
_

k1
N
k
,
essendo N
k
linsieme dei punti non ricorrenti di A per lapplicazione g
k
. Poich
g
k
anchessa unapplicazione biunivoca e misurabile che conserva il volume
e che lascia invariata la regione limitata D, per quanto sopra dimostrato si ha
(N
k
) 0 per ogni k 1. Ne segue, per la subadditivit della misura, che anche
(N

) 0. Poich B A\ N

, concludiamo che (B) (A).


OSSERVAZIONE 3.5. Per chi ha conoscenza della teoria astratta della misura,
evidente che il teorema di Poincar si generalizza al contesto di spazi di misura
qualsiasi. Precisamente, sia (, A, ) uno spazio di misura nita, ovvero
una misura -additiva denita sulla -algebra A tale che () < ; sia inoltre
g : una trasformazione biunivoca e misurabile che conserva la misura,
i.e. (g(A)) (A) per ogni A A. Allora, per ogni A A, linsieme dei punti di
A non innitamente ricorrenti in A ha misura nulla.
COROLLARIO 3.6. Sia data lequazione differenziale x v(x) in un domi-
nio D R
n
limitato ed invariante tale che il usso di fase
t
conservi il volume.
Allora:
1) Per ogni insieme misurabile A in D linsieme dei punti vaganti di A,
V
A
.

_
x A : esiste T >0 per cui
t
(x) A per ogni t T
_
ha misura nulla.
2) Per ogni > 0, linsieme B

D dei dati iniziali x tali che


t
(x) ritorna
innite volte a distanza non superiore ad da x ha misura piena, ovvero (B

)
(D).
DIMOSTRAZIONE. 1) Linsieme V
A
contenuto nellinsieme

V
A
.

_
x A : esiste un intero k >0 per cui
j
(x) A per ogni intero j k
_
,
che linsieme dei punti non ricorrenti innite volte in A per lapplicazione g

1
. Poich g soddisfa le ipotesi del Teorema 3.5, ne segue che (

V
A
) 0 e dunque
(V
A
) 0.
2) Poich D limitato pu essere ricoperto con un numero nito di palle di
raggio /2. ora sufciente applicare il punto 1) a ciascuna di esse.
3.5. Misura microcanonica ed ipotesi ergodica
Possiamo applicare i risultati della sezione precedente al usso di fase
t
H
di un sistema hamiltoniano x J H(x) di hamiltoniana H(x) indipendente dal
tempo e tale che i sottolivelli di energia D
E
{x R
2n
: H(x) E} siano degli
insiemi limitati. Infatti la conservazione dellenergia implica in particolare che
D
E
sono insiemi invarianti sotto il usso
t
H
, ed il teorema del ritorno si applica

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
68 FLUSSI HAMILTONIANI
in questo caso. Un classico esempio costituito da un sistema meccanico di
energia potenziale U(q), q R
n
, che cresce allinnito per [q[ +. Per le
ipotesi suU(q) la regione D
E
un insieme limitato.
In verit, se assegnata lenergia totale E del sistema, linsieme dei moti
possibili si svolge sullinsieme di livello E dellenergia,

E

_
x R
2n
: H(x) E
_
,
detta anche supercie isoenergetica. Ingenerale,
E
una supercie di codimen-
sione uno, per cui ha misura di Liouville nulla. allora naturale chiedersi se esi-
ste una misura invariante denita sulla supercie isoenergetica. Effettivamente
tale misura esiste.
TEOREMA 3.7. Fissato E R, sia
E
una supercie compatta di R
2n
tale che
H() / 0 per ogni
E
. Indichiamo con d() lelemento di supercie su
E
.
Allora la misura di supercie
(A)
_
A
d()
1
[H()[
, (3.20)
dove A
E
un insieme misurabile, lasciata invariante dal usso hamiltonia-
no: (
t
H
(A)) (A) per ogni t R.
DIMOSTRAZIONE. Poich
E
compatta ed ivi il gradiente di H non nullo,
se E sufcientemente piccolo possiamo retticare linsieme {x R
2n
: E
H(x) E +E}, ovvero introdurre il cambiamento di coordinate x f (, ),

E
, [0,

], tale che f (, ) la soluzione del problema di Cauchy


f

(, )
H
[H[
( f (, )), f (, 0) , f (,

)
E+E
.
Se A un insieme misurabile in
E
, poniamo AE
.
{ f (, ) : A, [0,

]}.
La misura microcanonica di A, denita in (3.20), pu allora ottenersi mediante
il seguente limite:
(A) lim
E0
1
E
(AE). (3.21)
In effetti si ha:
(AE)
_
AE
dx
_
A
d()
_

0
dJ (, )

_
A
d()
_
E+E
E
d
1
[H(,

())[
J (,

())

_
E+E
E
d
_
A
d()
1
[H(,

())[
J (,

()),
dove J(, ) il determinante jacobiano del cambiamento di coordinate x
f (, ), mentre

() il valore di tale che f (, )

; inoltre, nel cambiamento


della variabile di integrazione H( f (, )) si utilizzato il fatto che

(, )
_
H( f (, )),
f

(, )
_
[H( f (, ))[.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
3.5 MISURA MICROCANONICA ED IPOTESI ERGODICA 69
Poich J (, ) 1 se 0 e

() 0 se E, il limite (3.21) segue immediata-


mente. Osserviamo ora che, per il teorema di Liouville,
(
t
H
(AE)) (AE) t R.
Linvarianza di (A) segue allora dal fatto che

t
H
(AE)
_

t
H
(A) E
_
+O(E
2
),
la cui prova lasciata al lettore.
ESEMPIO 3.10. Calcoliamo la misura microcanonica nel caso di un oscilla-
tore armonico di massa m e costante elastica k. Lhamiltoniana
H(q, p)
p
2
2m
+
k
2
q
2
,
per cui, per ogni E >0,
E
lellisse di assi a
_
2k
1
E e b
_
2mE:

E

_
(q, p) :
q
2
a
2
+
p
2
b
2
1
_
.
Se utilizziamo la coordinata angolare per parametrizzare il punto su
E
,

E
() (acos, bsin),
lelemento di supercie si scrive
d() d()
_
a
2
sin
2
+b
2
cos
2
d
cosicch, essendo [H(q, p)[ 2E
_
q
2
/a
4
+p
2
/b
4
, la misura microcanonica su

E

d() d()
d()
[H(())[

ab
2E
d
d

,
dove
_
k/m la pulsazione del moto armonico.
Il teorema del ritorno di Poincar pu portare a paradossi apparenti in mec-
canica statistica (Paradosso di Zermelo): se si apre un setto che divide una pri-
ma camera piena di gas da una seconda camera vuota, dopo un certo tempo
il sistema ritorna in uno stato vicino a quello iniziale, ovvero con quasi tutto il
gas nella prima camera. In realt il tempo necessario per osservare questo fe-
nomeno enorme (si pu stimare essere molto maggiore dellet del sistema
solare), per cui non vi alcuna contraddizione con le leggi della termodinamica
che descrivono fenomeni su scale di tempi molto pi piccole.
Il punto cruciale risiede nel fatto che il numero di molecole (e quindi il nu-
mero di gradi di libert del sistema) estremamente elevato (dellordine del nu-
mero di Avogrado N 10
23
). Per spiegare almeno euristicamente il meccanismo
in atto, seguiamo il punto di vista di L. Boltzmann (tra i padri fondatori della
meccanica statistica), ed introduciamo unipotesi fondamentale sulla dinamica,
detta ipotesi ergodica: nella sua evoluzione temporale, il sistema spende in ogni
regione W della supercie isoenergetica un tempo mediamente proporzionale
alla misura (W) della regione medesima. Se accettiamo tale ipotesi, possiamo
stimare il tempo di ricorrenza in una regione W con linverso del rapporto tra la

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
70 FLUSSI HAMILTONIANI
misura (W) di W e quella totale (
E
). Si osservi che tale rapporto rappresenta
comunque una stima dallalto del tempo di ritorno, come segue facilmente dalla
dimostrazione del teorema di ricorrenza.
Nel caso del paradosso sopra descritto, rappresentiamo le camere dove sono
racchiuse le particelle con i parallelepipedi
Q

{(x, y, z) : L x 0, [y[ L, [z[ L},


Q
+
{(x, y, z) : 0 x L, [y[ L, [z[ L},
e sia quindi Q Q

Q
+
[L, L]
3
. Consideriamo per semplicit il caso in cui
sia trascurabile linterazione tra le particelle. Assumiamo inoltre che il poten-
ziale connante le particelle nel cubo Q assuma valore nullo in Q tranne che al
bordo dove praticamente innito (cio la parete rigida, impenetrabile). Sotto
queste approssimazioni lo spazio accessibile al sistema

E
{(q, p) R
6N
: q Q
N
, p
2
2mE} Q
N
S
E
,
dove S
E
la supercie sferica in R
3N
centrata nellorigine e di raggio
_
2mE. Poi-
ch il gradiente di H(q, p) p
2
/(2m) costante su S
E
, la misura microcanonica
in questo caso proporzionale al prodotto del volume in Q
N
per la misura di
supercie in S
E
. Valutiamo allora il volume della regione
k

E
corrispon-
dente a tutte le congurazioni in cui k particelle si trovano in Q

e le rimanenti
N k in Q
+
. Se indichiamo con q
i
le coordinate delle particelle, poich non
distinguiamo quali particelle si trovano a sinistra e quali a destra, si ha:
[
k
[ [S
E
[
_
N
k
__
Q

dq
1

_
Q

dq
k
_
Q
+
dq
k+1

_
Q
+
dq
N
[S
E
[
N!
k!(N k)!
(2L)
3N
2
N
.
Daltra parte il volume totale dello spazio delle fasi corrispondente alle particelle
connate in Q [S
E
[(2L)
3N
, cosicch la frazione di volume
R(k)
N!
k!(N k)!
1
2
N
.
Se scegliamo k una frazione di N, diciamo k N con [0, 1], utilizzando la
formula di Stirling n! n
n
e
n
, otteniamo:
lim
N
1
N
logR(N) lim
N
1
N
log
N
N
e
N
(N)
N
((1)N)
(1)N
2
N
log2log(1) log(1).
Quindi R(N) e
NI ()
con la funzione I ()
.
log2+log+(1) log(1)
positiva per ogni / 1/2 e nulla in 1/2. In particolare, essendo I (0)
I (1) log2, lo stato iniziale in cui tutte le particelle sono in Q

occupa una fra-


zione dello spazio delle fasi dellordine di 2
N
. Dunque il tempo di ricorrenza
corrispondente per una mole di gas dellordine di 2
10
23
!
In realt il calcolo precedente ci dice qualcosa di pi: solo una frazione di
volume esponenzialmente piccolo in N di
E
corrisponde a regioni ove /1/2.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
3.6 MOTO CONDIZIONATAMENTE PERIODICO 71
Quindi, qualsiasi siano i dati iniziali, ragionevole aspettarsi (sotto un minimo
di propriet di ergodicit della dinamica) che il sistema spenda quasi tutto il suo
tempo in regioni ove 1/2. Nella stessa maniera si pu mostrare che espo-
nenzialmente piccolo in N il volume relativo delle congurazioni per cui in una
qualunque sottoregione

Q di Q il numero di particelle devia dal valore medio
N[

Q[/[Q[. Altrimenti detto, la possibilit che il sistema raggiunga congurazio-
ni microscopiche a cui corrispondono disomogeneit macroscopiche di densit
estremamente rara; inoltre, quando anche questo avvenisse, il tempo di per-
manenza in tali stati sarebbe estremamente breve. In denitiva, tali uttuazio-
ni non sono di fatto osservabili, ed il sistema appare (macroscopicamente) in
equilibrio termodinamico.
Come gi accennato, la misura microcanonica appare nelle lezioni di Bol-
tzmann sulla teoria cinetica dei gas (1871), dove egli formula lipotesi ergodi-
ca, secondo la quale ogni moto
t
H
(x) su
E
visita tutti i punti di
E
con una
frequenza statistica tale che
lim
T
1
T
_
T
0
dt f (
t
H
(x))
1
Z
_

E
d()
1
[H()[
f (), (3.22)
dove
Z
_

E
d()
1
[H()[
una costante di normalizzazione, in modo tale che le medie temporali del-
losservabile f possano essere calcolate senza dover integrare le equazioni del
moto. Si dimostrato che tale ipotesi in generale falsa se il numero di gradi di
libert maggiore di uno. In particolare, se il sistema ammette altri integrali pri-
mi indipendenti oltre lenergia, evidente che la relazione (3.22) non pu essere
soddisfatta per qualsiasi funzione integrabile f . Infatti ciascuna orbita non visi-
ta i punti che non giacciono sugli insiemi di livello degli ulteriori integrali primi.
Possiamo per, analogamente a quanto fatto nel caso della misura microcano-
nica, costruire una misura invariante per il usso ristretto allintersezione delle
superci di livello di tutti gli integrali primi ed affrontare il problema dellergo-
dicit per tale moto ristretto. Nella prossima sezione studiamo una classe par-
ticolare di sistemi in cui questo programma si porta a termine completamente.
Sebbene possa sembrare un caso molto particolare, nel prossimo capitolo ve-
dremo che una vasta classe di sistemi hamiltoniani, detti completamente inte-
grabili, possono ricondursi a tale caso mediante unopportuna trasformazione
di coordinate nello spazio delle fasi.
3.6. Moto condizionatamente periodico
Consideriamo un sistema hamiltoniano x JH(x) tale che x (, I ) T
n

U, con U un aperto di R
n
e T
n
il toro n-dimensionale, ovvero le variabili
(
1
, . . . ,
n
) sono degli angoli:
T
n
.
{ (
1
, . . . ,
n
) mod 2} R
n
/(2Z)
n
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
72 FLUSSI HAMILTONIANI
Possiamo anche identicare T
n
con il prodotto cartesiano di n cerchi, ovvero
con la supercie
S
1
. . . S
1
{z C
n
: [z
i
[ 1 i 1, . . . , n}
dello spazio euclideo complesso C
n
. Tale identicazione si ottiene mediante
lapplicazione
_
e
i
1
, . . . , e
i
n
_
(
1
, . . . ,
n
) mod 2.
Supponiamo ora che le variabili siano tutte cicliche, ovvero che la funzione
di Hamilton dipenda unicamente dalle variabili I , dunque H(x) H(I ). Le va-
riabili I sono dette variabili di azione e la coppia (, I ) variabili azione-angolo.
Ovviamente il sistema di Hamilton
_


H
I
(I ),

I 0,
(3.23)
la cui soluzione di dati iniziali (0)
0
, I (0) I
0

(t )
0
+
H
I
(I
0
) t , I (t ) I
0
.
Quindi le variabili I
1
, . . . , I
n
sonointegrali primi, mentre le variabili angolari evol-
vono linearmente. Come gi accennato, mostreremo in seguito che una classe
importante di sistemi hamiltoniani pu ridursi alla forma (3.23).
La descrizione del moto si riduce allo studio della semplice equazione


sul toro. Il usso ad essa associato,

() +t ,
viene detto moto condizionatamente periodico (o moto quasi periodico). I nu-
meri (
1
, . . . ,
n
) sono detti frequenze del moto (pi correttamente si do-
vrebbe indicare con il nome di frequenze le grandezze
i

i
/2). Nel caso del
sistema (3.23) il moto degli angoli su ciascun insieme di livello delle azioni I ha
frequenze
(I )
H
I
(I ),
dipendenti, in generale, dal livello considerato.
Il usso
t

conserva ovviamente i volumi in T


n
(la divergenza del campo
costante v() nulla), cosicch possiamo chiederci se esso possiede pro-
priet ergodiche rispetto a tale misura. Nel seguito indichiamo con la misura
normalizzata in modo tale che il volume del toro T
n
sia uguale ad uno:
d()
1
(2)
n
d
1
(2)
n
d
1
d
2
d
n
.
Se f una funzione integrabile, indichiamo con ( f ) la sua media rispetto a ,
( f )
.

_
T
n
d() f ()
1
(2)
n
_
T
n
d f ().

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
3.6 MOTO CONDIZIONATAMENTE PERIODICO 73
Inne, se A un insieme misurabile in T
n
, indichiamo con 1I
A
la funzione indi-
catrice di A,
1I
A
()
.

_
1 se A,
0 se A,
cosicch (A) (1I
A
) la misura dellinsieme A, ovvero la frazione di volume
occupata da A rispetto al volume totale del toro:
(A)
_
T
n
d() 1I
A
()
1
(2)
n
_
A
d
_
A
d
_
T
n d
.
Il risultato principale sul moto quasi periodico il contenuto del seguente teo-
rema, noto come teorema della media.
TEOREMA 3.8. Supponiamo che le frequenze (
1
, . . . ,
n
) siano razional-
mente indipendenti, ovvero che
k, /0 k Z
n
: k /0. (3.24)
(Altrimenti detto, la combinazione lineare k
1

1
+. . . +k
n

n
delle frequenze a
coefcienti interi k
1
, . . . , k
n
nulla se e solo se k
1
k
2
. . . k
n
0).
Allora, per ogni funzione f : T
n
R integrabile secondo Riemann e per ogni
dato iniziale T
n
,
lim
T
1
T
_
T
0
dt f
_

()
_
( f ). (3.25)
DIMOSTRAZIONE. Dimostriamo dapprima il risultato per i polinomi trigo-
nometrici, ovvero per funzioni del tipo
P
N
()

kZ
n
:[k[N
_
a
k
cosk, +b
k
sink,
_
, (3.26)
dove a
k
, b
k
sono coefcienti reali arbitrari. Consideriamo a tal scopo la funzione
e
i k,
cosk, +i sink, .
Chiaramente
_
T
n
d() e
i k,

1
(2)
n
n

j 1
_
2
0
d
j
e
i k
j

_
1 se k 0,
0 se k /0.
Quindi, separatamente per le parti reale ed immaginaria,
_
T
n
d() sink, 0,
_
T
n
d() cosk,
_
1 se k 0,
0 se k /0.
Essendo la media spaziale unoperazione lineare sulle funzioni, concludiamo
che, se P
N
denito come in (3.26),
(P
N
) a
0
. (3.27)
Sappiamo ora per ipotesi che se k /0 allora k, /0. Quindi, per ogni T
n
e
k /0,
1
T
_
T
0
dt e
i k,
t

()

e
i k,
T
_
T
0
dt e
i k,t

e
i k,
i k,
e
i k,T
1
T
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
74 FLUSSI HAMILTONIANI
Poich [e
i k,T
1[ 2, ne segue che
lim
T
1
T
_
T
0
dt e
i k,
t

()
0 T
n
k /0.
Questo signica che, separatamente le parti reale ed immaginaria della media
temporale sono nulle:
lim
T
1
T
_
T
0
dt cosk,
t

() lim
T
1
T
_
T
0
dt sink,
t

() 0 T
n
k /0.
Analogamente a sopra, per la linearit della media temporale, concludiamo che
se P
N
denito come in (3.26),
lim
T
1
T
_
T
0
dt P
N
_

()
_
a
0
. (3.28)
Dalle (3.27), (3.28), vista larbitrariet nella scelta di P
N
(ed N), concludiamo che
il limite (3.25) dimostrata per linsieme dei polinomi trigonometrici.
Per estendere il risultato allinsieme delle funzioni continue sul toro, utiliz-
ziamo unteorema classico dellanalisi, il teorema di Stone-Weierstrass, di cui non
daremo la dimostrazione. Nel presente contesto esso stabilisce che linsieme dei
polinomi trigonometrici denso nello spazio lineare C(T
n
) delle funzioni reali
continue sul toro, dotato della struttura di spazio di Banach rispetto alla norma
uniforme:
|f |

.
sup
T
n
[ f ()[, f C(T
n
).
Questo signica che, ssata una qualsiasi funzione f C(T
n
), per ogni > 0
esiste un polinomio P
N
(per un qualche N) tale che |f P
N
|

<.
Dimostriamo dunque il limite (3.25) per una funzione f C(T
n
). Fissato >
0, esiste un polinomio trigonometrico P
N
tale che |f P
N
|

< /3. Stimiamo


allora:

1
T
_
T
0
dt f
_

()
_
( f )


1
T
_
T
0
dt [ f
_

()
_
P
N
_

()
_
[
+

1
T
_
T
0
dt P
N
_

()
_
(P
N
)

+[(P
N
) ( f )[.
Ovviamente, per ogni T
n
e T >0,
1
T
_
T
0
dt [ f
_

()
_
P
N
_

()
_
[ |f P
N
|

<

3
,
e, analogamente,
[(P
N
) ( f )[
_
T
n
d() [ f () P
N
()[ |f P
N
|

<

3
.
Daltra parte, avendo dimostrato la (3.25) per i polinomi trigonometrici, sappia-
mo esistere T

>0 tale che

1
T
_
T
0
dt P
N
_

()
_
(P
N
)

<

3
T >T

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
3.6 MOTO CONDIZIONATAMENTE PERIODICO 75
Quindi, in denitiva,

1
T
_
T
0
dt f
_

()
_
( f )

< T >T

,
che, vista larbitrariet di , dimostra il limite (3.25) per f continua.
Consideriamo inne il caso in cui f integrabile secondo Riemann. noto
che in tal caso f approssimabile con funzioni continue nel seguente senso. Per
ogni ssato >0, esistono due funzioni continue f
1
ed f
2
tali che
f
1
< f < f
2
, ( f
2
f
1
) <.
Possiamo allora stimare, per ogni T >0 e T
n
,
1
T
_
T
0
dt f
1
_

()
_
( f
2
)
1
T
_
T
0
dt f
_

()
_
( f )

1
T
_
T
0
dt f
2
_

()
_
( f
1
).
Applicando la (3.25) alle funzioni continue f
1
ed f
2
, nel limite T troviamo
( f
2
f
1
) liminf
T
1
T
_
T
0
dt f
_

()
_
( f )
limsup
T
1
T
_
T
0
dt f
_

()
_
( f )
( f
2
f
1
),
da cui
( f ) < liminf
T
1
T
_
T
0
dt f
_

()
_
limsup
T
1
T
_
T
0
dt f
_

()
_
< ( f ) +
che, vista larbitrariet di , dimostra la (3.25) per f integrabile secondo Rie-
mann.
OSSERVAZIONE 3.6. evidente che il teorema della media si pu enunciare
in modo simmetrico rispetto allevoluzione nel futuro e nel passato, ovvero:
lim
T
1
2T
_
T
T
dt f
_

()
_
( f ). (3.29)
Per dimostrare la (3.29) infatti sufciente osservare che
1
2T
_
T
T
dt f
_

()
_

1
2
_
1
T
_
T
0
dt f
_

()
_
+
1
T
_
T
0
dt f
_

()
_
_
ed applicare separatamente la (3.25) ai ussi
t

.
COROLLARIO 3.9. Se le frequenze sono razionalmente indipendenti ogni tra-
iettoria del usso
t

uniformemente distribuita sul toro T


n
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
76 FLUSSI HAMILTONIANI
DIMOSTRAZIONE. Consideriamo un insieme A T
n
che sia misurabile se-
condo Jordan. Indichiamo con
A
(, T) il tempo che la traiettoria
t

() spende
in A nel tempo [0, T]. Per denizione si ha

A
(, T)
_
T
0
dt 1I
A
(
t

()),
da cui, per il teorema della media,
lim
T

A
(, T)
T
(A).
Quindi il tempo medio di soggiorno nellinsieme A della traiettoria
t

() pari
alla misura (A) di A, il che dimostra lasserto.
COROLLARIO 3.10. Se le frequenze sono razionalmente indipendenti ogni or-
bita del usso
t

densa nel toro T


n
.
DIMOSTRAZIONE. Supponiamo per assurdo che lorbita () {
t

() : t
R} non sia densa. Quindi esistono
1
T
n
ed > 0 tali che [
t

()
1
[ >
per ogni t R. Indicando con B la palla di raggio /2 e centro
1
, si ha ov-
viamente
B
(, T) 0 per ogni T > 0, cosicch nullo il tempo medio di sog-
giorno: lim
T

B
(, T)/T 0. Daltra parte (B) > 0, in contraddizione con il
corollario precedente.
Consideriamo ora il caso in cui le frequenze non sono razionalmente indi-
pendenti. Esistono allora vettori non nulli k Z
n
tali che k, 0. La relazio-
ne k, 0 detta relazione di risonanza per ed il corrispondente vettore
k detto vettore risonante per . In questo caso le orbite non possono essere
distribuite uniformemente sul toro, anzi nemmeno densamente. Esistono in-
fatti integrali primi del moto non costanti su T
n
, precisamente ogni funzione
F : T
n
R della forma F() f (k, ) con f : RR e k Z
n
risonante con . In
effetti, essendo in tal caso k, 0,
F
_

()
_
f
_
k, +t
_
f
_
k, +k, t
_
f
_
k,
_
F().
Studiamo pi in dettaglio il caso del toro bidimensionale. Se le frequenze
sono razionalmente dipendenti, esistono due interi k
1
, k
2
nonentrambi nulli tali
che k
1

1
+k
2

2
0. Senza perdita di generalit assumiamo che k
2
/0, cosicch

2
k
1

1
/k
2
. Vi sono ora due possibilit. Se
1
0 allora necessariamente

2
0 e quindi ogni punto sul toro una posizione di equilibrio. Se invece

1
/0, sia 2k
2
/
1
. Allora, per ogni T
2
e t R,

t +

()
t

() +
t

() +
2k
2

1
_

1
,
k
1

1
k
2
_

t

() +2(k
2
, k
1
)

t

() mod 2,
ovvero ogni orbita chiusa e corrisponde ad un moto periodico sul toro.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
3.6 MOTO CONDIZIONATAMENTE PERIODICO 77
Nel caso generale del toro T
n
con n >2 la situazione la seguente. Linsieme
dei vettori risonanti per , detto reticolo risonante, che indichiamo con R

, for-
ma un sottogruppo di Z
n
. Essendo un sottogruppo discreto di R
n
, esso ammette
r vettori linearmente indipendenti (per qualche r n), tali che R

costituito
dallinsieme di tutte le combinazioni lineari a coefcienti interi di tali vettori. Si
dice in tal caso che possiede r risonanze indipendenti, ed il numero r det-
to molteplicit della risonanza. Sussiste allora il seguente risultato, di cui non
diamo la dimostrazione.
TEOREMA 3.11. Se le frequenze possiedono r vettori risonanti indipendenti,
la chiusura delle traiettorie del usso
t

su T
n
una supercie di dimensione
(n r ), diffeomorfa al toro T
nr
.
Lidea della prova consiste nel costruire una matrice intera D (quindi D
i , j

Z) con det D 1, tale che

.
D(0, . . . , 0,
r +1
, . . .
n
) con (
r +1
, . . .
n
) razionalmente indipendenti.
La matrice D denisce allora un diffeomorsmo sul toro. Infatti sia D che D
1
sono matrici intere, per cui se x, y R
n
sono tali che x y mod 2 (ovvero de-
niscono lo stesso punto del toro T
n
R
n
/(2Z)
n
), allora si ha anche Dx Dy
mod 2, D
1
x D
1
y mod 2.
Ora, nelle coordinate

D, il moto

(t )

(0)+ t si svolge sulla supercie
{

T
n
:

i
(0) i 1, . . . , r }, isomorfa al toro T
nr
, con distribuzione unifor-
me per il teorema della media ivi applicato alle frequenze (
r +1
, . . .
n
). Il toro
T
n
risulta quindi foliato in superci invarianti (i tori T
nr
ottenuti variando i
dati iniziali

1
(0), . . . ,

r
(0)), dove il moto ergodico.
OSSERVAZIONE 3.7. Il teorema della media vale anche nel caso delle trasla-
zioni sul toro. Precisamente, assegnato (
1
, . . . ,
n
) T
n
, consideriamo la
mappa
g

: T
n
T
n
: g() + mod 2.
Supponiamo che i numeri (
1
, . . . ,
n
, 2) siano razionalmente indipendenti, ov-
vero che
k, /2q (k, q) Z
n
Z : k /0. (3.30)
Allora, per ogni funzione f integrabile secondo Riemann e per ogni T
n
, si ha:
lim
N
1
N
N

s0
f
_
g
s

()
_
( f ). (3.31)
Osserviamo infatti che, per lipotesi di indipendenza, e
i k,
/1 per ogni vettore
non nullo k Z
n
. Allora, se k /0,
1
N
N

s0
e
i k,g
s

()

e
i k,
N
N

s0
e
i k,s

e
i k,
N
1e
i k,(N+1)
1e
i k,
,
da cui
lim
N
1
N
N

s0
e
i k,g
s

()
0 T
n
k /0.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
78 FLUSSI HAMILTONIANI
Ne segue la validit del limite (3.31) per i polinomi trigonometrici, da cui, ra-
gionando per approssimazioni come nella dimostrazione del Teorema 3.8, si
ottiene il risultato per ogni f integrabile.
ESEMPIO 3.11. Il seguente problema, che si trova proposto in vari libri di Ar-
nold, un esempio di una applicazione del teorema della media in un contesto
non hamiltoniano. Consideriamo la successione dei numeri 2
n
,
1, 2, 4, 8, 16, 32, 64, 128, 256, . . .
e costruiamo quella delle prime cifre di tali numeri,
1, 2, 4, 8, 1, 3, 6, 1, 2, . . .
Ci chiediamo quali sono le cifre che appaiono pi frequentemente. In effetti
possiamo fornire una risposta molto precisa. Indicando con (k, N), k 1, . . . , 9,
il numero di volte che la cifra k appare nei primi N termini, dimostriamo che
esiste il limite
p
k
lim
N
(k, N)
N
log
10
_
1+
1
k
_
.
Osserviamo a tal scopo che un intero n per il quale il numero 2
n
ha come prima
cifra k deve soddisfare la condizione
r N tale che k 10
r
2
n
<(k +1) 10
r
,
ovvero
r N tale che 2log
10
k +2r n2log
10
2 <2log
10
(k +1) +2r,
che, posto
k
2log
10
k, possiamo riscrivere nella forma
n2log
10
2 [
k
,
k+1
) mod 2.
In altri termini, considerata la traslazione g

: T
1
T
1
con 2log
10
2, deve
aversi g
n

(0) [
k
,
k+1
). Quindi (k, N) il numero di volte che la traiettoria
g
j

(0) j visita lintervallo [


k
,
k+1
) nei primi N passi. Dallequazione (3.31)
applicata alla funzione indicatrice dellintervallo [
k
,
k+1
) segue allora che
lim
N
(k, N)
N

_
[
k
,
k+1
)
_


k+1

k
2
log
10
_
1+
1
k
_
.
3.7. Nota bibiliograca
Per gli argomenti trattati inquesto capitolo si pu fare riferimento al seguen-
te testo.
1) V.I. Arnold. Metodi matematici della meccanica classica. Roma: Editori
Riuniti, 1979.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
CAPITOLO 4
Trasformazioni canoniche ed integrabilit
4.1. Trasformazioni simplettiche
Consideriamo un cambiamento di coordinate nello spazio delle fasi. Indi-
chiamo con x le vecchie coordinate, denite in un dominio U R
2n
e con y le
nuove, denite in un dominio W R
2n
. Sia quindi : W U la legge di trasfor-
mazione che fornisce le vecchie coordinate in funzione delle nuove, x (y).
La struttura delle equazioni di Hamilton non intrinseca, ovvero esse non sono
invarianti in forma rispetto ad una qualsiasi trasformazione . Si pone quindi il
problema di caratterizzare le trasformazioni con tale propriet. In altri termini,
se
t ,t
0
H
il gruppo a due parametri associato al campo J
x
H(x, t ), quali sono le
trasformazioni di coordinate per le quali
1

t ,t
0
H
ancora una dinamica
hamiltoniana in W? Pi in particolare, cerchiamo le trasformazioni tali che

1

t ,t
0
H

t ,t
0

H
con

H(y, t ) H((y), t ), ovvero la nuova hamiltoniana

H
coincide con la vecchia hamiltoniana espressa nelle nuove coordinate.
DEFINIZIONE 4.1. La trasformazione : W U detta simplettica o stret-
tamente canonica se per ogni funzione di Hamilton H : U R R le equazioni
x J
x
H(x, t ), x U, sono equivalenti alle equazioni y J
y

H(y, t ), y W,
dove

H(y, t ) H((y), t ), ovvero
t ,t
0
H

t ,t
0

H
.
Pi in generale, una trasformazione viene detta canonica se per ogni ha-
miltoniana H si ha
t ,t
0
H

t ,t
0
K
con K non necessariamente uguale ad

H H . Un risultato notevole, di cui non daremo la dimostrazione, che per


ogni trasformazione canonica esiste un numero reale c, detto valenza di e
dipendente unicamente da , tale che K c

H per ogni hamiltoniana H. Le tra-
sformazioni simplettiche rappresentano quindi la sottoclasse delle trasforma-
zioni canoniche di valenza c 1 (per tale motivo esse sono anche dette trasfor-
mazioni univalenti). Il risultato sopra citato mostra che considerare unicamente
queste ultime non muta in modo profondo la nozione di trasformazione cano-
nica. In particolare, si osservi che se H non dipende esplicitamente dal tempo,
la sua moltiplicazione per una fattore costante c si compensa con un semplice
riscalamento dei tempi:
t
cH

ct
H
.
Cerchiamo ora una prima condizione equivalente di simpletticit. Ricor-
dando la legge di trasformazione dei campi vettoriali, perch sia simplettica
necessario e sufciente che
D(y)J
y

H(y, t ) J
x
H((y), t ) H y W,
79
80 TRASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT
dove
x
H((y), t ) signica che il gradiente
x
H(x, t ) calcolato in x (y).
Poich

H(y, t ) H((y), t ) si ha


H
y
i
(y, t )
2n

k1
H
x
k
((y), t )

k
y
i
(y)
_
D(y)
T

x
H((y), t )
_
i
,
per cui occorre richiedere
D(y)J D(y)
T

x
H((y), t ) J
x
H((y), t ) H y W.
Vista larbitrariet di H concludiamo che condizione necessaria e sufciente per-
ch la trasformazione sia simplettica che si abbia
D(y)J D(y)
T
J y W. (4.1)
Osserviamo che la (4.1) una condizione algebrica che deve essere sod-
disfatta dalla matrice jacobiana della trasformazione . In generale, diciamo
che A, matrice di ordine 2n, simplettica se AJ A
T
J . Chiaramente, essen-
do det J 1, se A simplettica allora (det A)
2
1 e quindi A non singolare.
Inoltre anche A
1
simplettica essendo A
1
J A
T
A
1
AJ A
T
A
T
J . Analo-
gamente si dimostra che il prodotto di matrici simplettiche una matrice sim-
plettica, cosicch linsieme Sp(2n) delle matrici simplettiche forma un sotto-
gruppo del gruppo GL(2n) delle matrici 2n 2n non singolari. Osserviamo in-
ne che, essendo J
2
1I e J
T
J J
1
, invertendo la relazione A
1
J A
T
J
otteniamo A
T
J A J. Dunque anche la trasposta di una matrice simplettica
simplettica. In particolare, la condizione di simpletticit per la matrice A pu
equivalentemente scriversi nella forma A
T
J A J .
Dunque condizione necessaria e sufciente perch la trasformazione sia
simplettica che D(y) sia una matrice simplettica per ogni y W. Unindagine
pi accurata mostra che in realt det A 1 per ogni A Sp(2n). In particolare le
trasformazioni simplettiche conservano il volume e lorientamento dello spazio
delle fasi.
Se n 1 si verica immediatamente che
AJ A
T

_
0 det A
det A 0
_
,
cosicch la condizione di simpletticit in tal caso equivalente a richiedere che
det A 1. Ne segue che nello spazio delle fasi U R
2
, la conservazione dellarea
e dellorientamento condizione necessaria e sufciente perch una trasforma-
zione sia simplettica.
Cambiamo ora punto di vista e vediamo cosa signica la condizione di sim-
pletticit in termini di parentesi di Poisson. Nel seguito indichiamo con x
(q, p) le coordinate nello spazio delle fasi U e scriviamo y (Q, P) per le nuove
coordinate inW. Per non appesantire la notazione non introduciamo nuove let-
tere per indicare la dipendenza delle (q, p) dalle (Q, P) (e viceversa), scrivendo

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
4.1 TRASFORMAZIONI SIMPLETTICHE 81
semplicemente:
(q, p) (Q, P)
_
q q(Q, P)
p p(Q, P)
(Q, P)
1
(q, p)
_
Q Q(q, p)
P P(q, p)
Per ogni F : U R sia

F F la sua espressione nelle nuove coordinate,
dunque

F(y)

F(Q, P) F((y)) F(q(Q, P), p(Q, P)).
Assegnate due funzioni F,G : U R ed una trasformazione , rimangono
denite le parentesi di Poisson
{F,G} {F,G}
q,p

n

i 1
_
F
q
i
G
p
i

F
p
i
G
q
i
_
,
e le corrispondenti nelle nuove coordinate
{

F,

G} {

F,

G}
Q,P

n

i 1
_

F
Q
i


G
P
i

F
P
i


G
Q
i
_
,
(utilizzeremo talvolta la notazione {, }
q,p
per mettere in evidenza il sistema di
coordinate rispetto al quale si calcolano le derivate).
Mostriamo ora che condizione necessaria e sufciente perch la trasforma-
zione sia simplettica che le parentesi di Poisson siano conservate:
{

F,

G} {F,G} F,G, (4.2)
ovvero {

F,

G}(Q, P) {F,G}((Q, P)).
Per dimostrare tale affermazione osserviamo che
{

F,

G}(y) L
J
y

G

F(y)
y

F(y), J
y

G(y)
D(y)
T

x
F((y)), J D(y)
T

x
G((y))

x
F((y)), D(y)J D(y)
T

x
G((y)).
Daltra parte {F,G} (y)
x
F((y)), J
x
G((y)), cosicch, vista larbitrarie-
t nella scelta delle funzioni F,G, lidentit (4.2) equivalente alla (4.1).
In particolare sono conservate le parentesi di Poisson fondamentali, ovvero
le relazioni
{q
i
, q
j
} 0, {p
i
, p
j
} 0, {q
i
, p
j
}
i , j
i , j 1, . . . , n. (4.3)
La validit di tali relazioni evidente qualora le parentesi di Poisson siano cal-
colate rispetto alle coordinate (q, p) medesime, ovvero se {, } {, }
q,p
. La sim-
pletticit della trasformazione (q, p) (q(Q, P), p(Q, P)) implica invece che tali
relazioni sussistono anche se {, } {, }
Q,P
(ovvero calcolando {q
i
, q
j
}, {p
i
, p
j
},
{q
i
, p
j
} con q
i
q
i
(Q, P), p
i
p
i
(Q, P)).
In effetti la conservazione delle parentesi di Poisson fondamentali condi-
zione anche sufciente per la simpletticit di una trasformazione. Osserviamo a
tal scopo che, per ogni F,G ed ogni trasformazione di coordinate (Q, P) (q, p)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
82 TRASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT
si ha:
{

F,

G}(Q, P)
n

i , j 1
_
F
q
i
G
q
j
_
(Q,P)
{q
i
, q
j
}
Q,P
+
_
F
q
i
G
p
j
_
(Q,P)
{q
i
, p
j
}
Q,P
+
n

i , j 1
_
F
p
i
G
q
j
_
(Q,P)
{p
i
, q
j
}
Q,P
+
_
F
p
i
G
p
j
_
(Q,P)
{p
i
, p
j
}
Q,P
.
Ne segue che se la trasformazione conserva le parentesi di Poisson fondamen-
tali allora {

F,

G}(Q, P) {F,G}((Q, P)) per ogni F,G, dunque simplettica.
Equivalentemente, essendo
D(y)
_
_
_
_
q
Q
q
P
p
Q
p
P
_
_
_
_
,
sviluppando la condizione di simpletticit (4.1) si verica che essa equivale alle
condizioni (4.3).
Vediamo ora alcuni esempi.
ESEMPIO 4.1. Consideriamo una trasformazione afne (y) y +a con
a R
2n
e matrice di ordine 2n che assumiamo a blocchi di ordine n della
forma

_
A 0
C A
T
_
.
Essendo D(y) , la condizione di simpletticit diventa
_
A 0
C A
T
__
0 1I
1I 0
__
A
T
C
T
0 A
1
_

_
0 1I
1I 0
_
,
ovvero
_
0 1I
1I CA
1
A
T
C
T
_

_
0 1I
1I 0
_
,
da cui segue che simplettica se la matrice CA
1
simmetrica (ad esempio
se C 0).
Un caso particolare delle precedenti trasformazioni dato dal riscalamento
delle variabili q
i

i
Q
i
, p
i

1
i
P
i
con
i
/0 per ogni i 1, . . . , n.
ESEMPIO 4.2. Vogliamo estendere le trasformazioni di coordinate puntuali
q f (Q) (nello spazio delle congurazioni) a trasformazioni simplettiche nel-
lo spazio delle fasi. Una possibile estensione canonica si ottiene ponendo p
Df (Q)
T
P. Dunque (Q, P) ( f (Q), Df (Q)
T
P), da cui
D(Q, P)
_
Df (Q) 0

Q
[Df (Q)
T
P] Df (Q)
T
_
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
4.1 TRASFORMAZIONI SIMPLETTICHE 83
DallEsempio 4.1 la simpletticit di rimane vericata se dimostriamo che la
matrice
Q
[Df (Q)
T
P]Df (Q)
1
simmetrica. A tal scopo osserviamo che
_

Q
[Df (Q)
T
P]
_
i , j


Q
j
[Df
1
( f (Q))
T
P]
i


Q
j
n

k1
f
1
k
q
i
( f (Q))P
k

k,h1

2
f
1
k
q
i
q
h
( f (Q)) P
k
f
h
Q
j
(Q)

_
D
qq
f
1
(q), P

qf (Q)
Df (Q)
_
i , j
,
dove D
qq
f
1
(q), P la matrice hessiana della funzione f
1
(q), P. Ne segue
che
Q
[Df (Q)
T
P]Df (Q)
1
D
qq
f
1
(q), P

qf (Q)
, matrice simmetrica.
Questa estensione canonica delle trasformazioni puntuali coerente con la
denizione dei momenti cinetici in meccanica lagrangiana. Infatti, per la pro-
priet di invarianza in forma delle equazioni di Lagrange, le equazioni del mo-
to corrispondenti ad una lagrangiana L(q, q) scritte nelle nuove variabili Q
f
1
(q) sono le equazioni di Lagrange corrispondenti alla lagrangiana

L(Q,

Q)
L( f (Q), Df (Q)

Q). Dunque i corrispondenti momenti cinetici sono legati dalla
relazione
P


Q
(Q,

Q) Df (Q)
T
L
q
( f (Q), Df (Q)

Q) Df (Q)
T
p
ovvero p Df (Q)
T
P.
Daltra parte questonon lunicopossibile completamento. Si puadesem-
pio vericare che la trasformazione
_
q f (Q)
p Df (Q)
T
[P +v(Q)]
con v(Q) tale che
v
i
Q
j

v
j
Q
i
i , j 1, . . . , n
simplettica.
ESEMPIO 4.3. Un esempio di traformazione canonica che sicuramente non
estende alcuna trasformazione puntuale (Q, P) (P, Q), che simplettica
poich D(Q, P) J e J simplettica (J J J
T
J
3
J).
ESEMPIO 4.4. Fissato > 0 consideriamo la trasformazione (q, p) (, I )
tale che
: S
1
(0, ) R
2
\{(0, 0)} :
_
q
_
2I /cos
p
_
2I sin
Per vericarne la simpletticit calcoliamo le parentesi di Poisson fondamentali.
Dobbiamo vericare che
{q, q}
,I
0, {p, p}
,I
0, {q, p}
,I
1.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
84 TRASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT
Le prime due sono ovvie per lantisimmetria delle parentesi di Poisson. Inne
{q, p}
,I

q

p
I

q
I
p

_
2I

sin
_

2I
sin
+
_
1
2I
cos
_
2I cos 1.
Le variabili (, I ) sono dette variabili angolo-azione per loscillatore armonico di
frequenza . In effetti, se
H(q, p)
p
2
2m
+
k
2
q
2
,
_
k
m
,
riscalando canonicamente (q, p) (Q/
_
m,
_
mP) si ottiene

H(Q, P)
P
2
2
+

2
2
Q
2
,
da cui, ponendo (Q, P)
__
2I /cos,
_
2I sin
_
, si ottiene inne lhamilto-
niana

H(, I ) I
cui associata levoluzione
_

I 0

_
(t )
0
+t
I (t ) I
0
La variabile di azione I ha un signicato geometrico preciso. Osserviamo infatti
che, detta A(E) larea della regione limitata del piano delle fasi (q, p) racchiusa
dallellisse di equazione H(q, p) E, si ha A(E) 2E/, cosicch I E/
A(E)/2 (vedi pi avanti lEsempio 4.6).
ESEMPIO 4.5. Consideriamo ora un sistema di n oscillatori armonici accop-
piati, ovvero una sistema lagrangiano di lagrangiana
L(q, q)
1
2
q, A q
1
2
q, Bq,
con q, q R
n
ed A, B matrici simmetriche denite positive. I momenti cinetici
associati sono p A q da cui ricaviamo lhamiltoniana
H(q, p)
1
2
p, A
1
p +
1
2
q, Bq.
Come noto la coppia di forme quadratiche pu essere posta in forma diagonale
simultaneamente. Brevemente: sia U la matrice ortogonale che diagonalizza la
matrice simmetrica A
1/2
BA
1/2
. Gli autovalori di , radici dellequazione
det(B A) 0, sono positivi e li denotiamo con
2
i
, i 1, . . . , n. Dunque
U
T
DU con D
i , j

2
i

i , j
. Introduciamo ora le nuove coordinate (Q, P) tali che:
_
q
_
UA
1/2
_
1
Q A
1/2
U
T
Q
p
_
UA
1/2
_
T
P A
1/2
U
T
P

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
4.1 TRASFORMAZIONI SIMPLETTICHE 85
La traformazione (q, p) (Q, P) simplettica (vedi Esempio 4.1) e lhamiltonia-
na nelle nuove variabili diventa

H(Q, P) H(A
1/2
U
T
Q, A
1/2
U
T
P)
n

i 1
_
P
2
i
2
+

2
i
2
Q
2
i
_
.
Introduciamo inne le variabili angolo-azione attraverso la trasformazione sim-
plettica (Q, P) (, I ) con
: T
n
(0, )
n
W :
_
Q
i

_
2I
i
/
i
cos
i
P
i

_
2
i
I
i
sin
i
i 1, . . . , n,
conW {(Q, P) R
2n
: P
2
i
+Q
2
i
>0 i 1, . . . , n}. In tali variabili lhamiltoniana
assume la forma

H(, I ) , I
n

i 1

i
I
i
.
Quindi su ciascun insieme di livello delle azioni I il moto degli angoli qua-
si periodico con frequenze (
1
, . . . ,
n
) indipendenti dal livello (oscillazioni
isocrone).
ESEMPIO 4.6. Costruiamo inne le variabili angolo-azione per un sistema
unidimensionale conservativo di energia potenziale U(q) che, senza perdere di
generalit, assumiamo denita su tutto lasse reale. Dunque:
H(q, p)
p
2
2
+U(q), (q, p) R
2
.
Supponiamo che q
0
R sia un punto di minimo dellenergia potenziale con
U
tt
(q
0
) > 0. In particolare q
0
un punto critico isolato di U, cosicch, posto
E
0
U(q
0
), esistono un intorno K di q
0
ed un valore E
1
>0 dellenergia tali che
le curve

E
{(q, p) : q K, H(q, p) E}, E
0
<E <E
1
,
sono chiuse, diffeomorfe a circonferenze e simmetriche rispetto allasse p 0.
Inoltre la regione dello spazio delle fasi
D {(q, p) : q K, E
0
< H(q, p) <E
1
}

E
0
<E<E
1

E
undominio invariante rispetto alla dinamica, dove hanno luogo moti periodici
attorno a q
0
, le cui orbite sono esattamente le curve
E
.
Analogamente a quanto fatto per loscillatore armonico, vogliamo ora de-
terminare delle variabili angolo-azione (, I ) per descrivere i moti periodici in
D. Siano q

(E) < q
0
< q
+
(E), E
0
< E < E
1
, le intersezioni di
E
con lasse p 0,
quindi U(q

(E)) E. Indichiamo con T(E) il periodo del moto sulla curva


E
,
T(E) 2
_
q
+
(E)
q

(E)
d
_
2(E U())
.
Consideriamo la semiretta S {(q
0
, p) : p > 0} che interseca
E
nel punto x
E

_
q
0
,
_
2(E E
0
)
_
. Sia quindi : D R la variabile cos denita: se H(q, p) E

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
86 TRASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT
allora
(q, p)
_

_
_
q
q
0
d
_
2(E U())
se p 0, q q
0
,
_
q
+
(E)
q
0
d
_
2(E U())
+
_
q
+
(E)
q
d
_
2(E U())
se p <0,
T(E)
_
q
0
q
d
_
2(E U())
se p 0, q <q
0
.
In altri termini (q, p) il minor tempo positivo necessario per spostarsi dal
punto x
E
sulla semiretta S al punto (q, p); in particolare 0 (q, p) <T(H(q, p)).
Rimane in tal modo denita la trasformazione di coordinate
(q, p) (, E) :
_
(q, p)
E H(q, p)
del dominio D su{(, E) : 0 <T(E), E
0
<E <E
1
}. Sia (q, p) (, E) la trasfor-
mazione inversa. Ovviamente (T(E), E) (0, E), cosicch possibile prolun-
gare la trasformazione per periodicit (di periodo T(E)) a tutti i valori R. Cor-
rispondentemente il tempo diventa una funzione multivoca di (q, p), denita
a meno di multipli del periodo T(E). La trasformazione simplettica. Per mo-
strarlo conviene vericare equivalentemente che
1
simplettica, calcolando
le parentesi di Poisson fondamentali. Le uguaglianze {E, E}
q,p
{, }
q,p
0 so-
no evidenti. Daltra parte {, E}
q,p
{, H}
q,p
per la denizione stessa di pa-
rentesi di Poisson; ma 1 essendo (q, p) il tempo di percorrenza sullorbita
passante per (q, p).
Nelle variabili (, E) lhamiltoniana assume la forma semplicissima

H(, E)
E, ma non sono ancora le variabili angolo-azione cercate poich non un
angolo ed il suo periodo dipende da E. Per ottenere un angolo deniamo
(, E) 2

T(E)
.
Dobbiamo ora determinare una variabile I I (E) in modo tale che la trasforma-
zione (, E) (, I ) sia canonica. Infatti in tal caso la trasformazione composta
(q, p) (, E) (, I ) canonica e lhamiltoniana diventa

H(, I ) h(I ) con


h(I ) la funzione inversa di I (E): h(I (E)) E. Ne segue che il sistema hamiltonia-
no nelle variabili (, I ) si scrive
_

(I ),

I 0,
(I ) h
t
(I ),
dunque (, I ) sono le variabili angolo-azione cercate. Per determinare I dobbia-
mo richiedere che {, I }
,E
1. Poich richiediamo I indipendente da , questa
condizione diventa
{, I }
,E

I
t
(E)
2
T(E)
I
t
(E) 1 I
t
(E)
T(E)
2
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
4.2 CONSERVAZIONE DELLA 1-FORMA DI LIOUVILLE E FUNZIONI GENERATRICI 87
ora facile vericare che T(E) A
t
(E) essendo A(E) larea della regione limitata
del piano delle fasi (q, p) racchiusa dalla curva
E
. Dunque possiamo scegliere
I (E)
A(E)
2

1
2
_

E
p dq
1

_
q
+
(E)
q

(E)
dq
_
2(E U(q)).
La funzione I (E) monotona crescente con I (0) 0. In denitiva, la trasforma-
zione cercata (q, p) (, I )
(q, p) 2
(q, p)
T(H(q, p))
, I (q, p)
1
2
_

H(q,p)
p d q.
4.2. Conservazione della 1-forma di Liouville e funzioni generatrici
Esiste unulteriore caratterizzazione delle trasformazioni simplettiche, ba-
sata sul comportamento, sotto lazione di questultime, di una particolare forma
differenziale. Precisamente, consideriamo la forma
p dq
n

i 1
p
i
dq
i
,
detta 1-forma di Liouville.
TEOREMA 4.2. Condizione necessaria e sufciente perch la trasformazione
di coordinate (q, p)
_
q(Q, P), p(Q, P)
_
sia simplettica che la 1-forma di Liou-
ville sia preservata a meno di un differenziale totale, ovvero che esista, almeno
localmente, una funzione F(Q, P) tale the
p dq P dQ dF (4.4)
ovvero, pi esplicitamente,
n

k1
q
k
Q
i
p
k
P
i

F
Q
i
,
n

k1
q
k
P
i
p
k

F
P
i
i 1, . . . , n. (4.5)
DIMOSTRAZIONE. Utilizziamo nel seguito la notazione x (q, p), y (Q, P)
per le vecchie e nuove coordinate e
A(z), dz
2n

i 1
A
i
(z) dz
i
, z x, y,
per le forme differenziali. Sia inne x (y) la trasformazione di coordinate.
Osserviamo ora che
J x, dx J y, dy p dq q dp P dQ+QdP
2
_
p dq P dQ
_
d
_ n

k1
_
q
k
p
k
Q
k
P
k
_
_
,
da cui
p dq P dQ
1
2
_
J x, dx J y, dy
_
+
1
2
d
_ n

k1
_
q
k
p
k
Q
k
P
k
_
_
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
88 TRASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT
Ne segue che la forma p dq P dQ esatta se e soltanto se la forma J x, dx
J y, dy esatta. Daltra parte
J x, dx J y, dy J (y), D(y)dy J y, dy D(y)
T
J (y) J y, dy.
Dunque J x, dx J y, dy v(y), dy con v(y) D(y)
T
J(y) J y. Come
noto, condizione necessaria e sufciente perch v(y), dy sia localmente esatta
che il campo vettoriale v(y) abbia rotore nullo:
rot v(y) 0
v
i
y
j
(y)
v
j
y
i
(y),
ovvero che la matrice jacobiana di v sia simmetrica, Dv(y) Dv(y)
T
. Si ha ora
Dv(y) D
_
D(y)
T
_
J (y) +D(y)
T
J D(y) J
con
_
D
_
D(y)
T
_
J(y)
_
i , j

2n

k,h1

k
y
i
y
j
(y) J
k,h

h
(y)
matrice simmetrica. Viceversa la matrice D(y)
T
J D(y) J antisimmetrica
poich, essendo J
T
J,
_
D(y)
T
J D(y) J
_
T
D(y)
T
J
T
D(y) J
T

_
D(y)
T
J D(y) J
_
.
Concludiamo che condizione necessaria e sufciente perch la forma J x, dx
J y, dy sia esatta che D(y)
T
J D(y)J 0, ovvero che sia simplettica.
Abbiamo quindi dimostrato che la simpletticit della trasformazione equi-
vale alla condizione (4.4), detta condizione di Lie. La funzione F che vi appare
dipende dalla trasformazione ed denita localmente. Ovviamente, se ci re-
stringiamo a domini semplicemente connessi, allora F rimane denita global-
mente.
Il Teorema 4.2 permette di sviluppare un metodo, detto delle funzioni gene-
ratrici, per produrre trasformazioni canoniche. Il punto di partenza la sempli-
ce osservazione che la condizione (4.4), essendo unidentit differenziale, non
dipende dalla particolare scelta delle 2n variabili indipendenti. Quindi, accanto
alle (4.5), possiamo potenzialmente sviluppare la (4.4) rispetto a variabili mi-
ste, ovvero parte delle vecchie e parte delle nuove, purch la trasformazione in
esame ammetta la scelta di tali variabili come coordinate indipendenti.
Iniziamo con il considerare la classe delle trasformazioni simplettiche tali
che
det
q
P
(Q, P) /0,
dette trasformazioni libere o di prima specie. La condizione di non singolarit
richiesta permette di esplicitare, almeno localmente, la variabile P nella relazio-
ne q q(Q, P), ottenendo P

P(q,Q) e quindi p p(Q,

P(q,Q)) p(q,Q). In
denitiva possiamo utilizzare localmente come variabili indipendenti la coppia
(q,Q). Posto ora S
1
(q,Q) F(Q,

P(q,Q)), la relazione (4.4) diventa
p(q,Q) dq

P(q,Q) dQ dS
1
(q,Q)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
4.2 CONSERVAZIONE DELLA 1-FORMA DI LIOUVILLE E FUNZIONI GENERATRICI 89
e dunque
S
1
q
(q,Q) p(q,Q),
S
1
Q
(q,Q)

P(q,Q).
Questo suggerisce che possiamo generare trasformazioni libere mediante op-
portune funzioni reali di 2n variabili:
PROPOSIZIONE 4.3. Sia S
1
S
1
(q,Q) una funzione reale regolare delle 2n
variabili (q,Q) tale che
det

2
S
1
qQ
(q,Q) /0.
Allora le posizioni
p
S
1
q
(q,Q), P
S
1
Q
(q,Q),
generano localmente una trasformazione libera che verica la condizione di Lie
(4.4) con F(Q, P) S
1
(q(Q, P),Q).
DIMOSTRAZIONE. Lipotesi di non singolarit permette di esplicitare local-
mente q q(Q, P) dalla relazione che denisce le variabili P. Sostituendo nel-
la denizione delle variabili p troviamo inoltre p p(Q, P). La trasformazione
(q, p) (Q, P) cos ottenuta ha le propriet asserite essendo, per costruzione,
p(Q, P) dq(Q, P) P dQ dS
1
(q(Q, P),Q) dF(Q, P).

Le trasformazioni libere non includono trasformazioni importanti, quali le


trasformazioni puntuali estese ai momenti discusse nellEsempio 4.2. Infatti in
tal caso q q(Q, P) f (Q), cosicch lesplicitazione P

P(q,Q) impossibile.
Introduciamo allora una diversa classe di trasformazioni simplettiche, dette di
seconda specie, denite dalla condizione
det
q
Q
(Q, P) /0.
Questo permette di esplicitare la variabile Q nella relazione q q(Q, P), otte-
nendo Q

Q(q, P) e quindi p p(

Q(q,Q), P) p(q, P). Possiamo ora utiliz-
zare localmente come variabili indipendenti la coppia (q, P). Riscrivendo la
condizione (4.4) nella forma
p dq +QdP d
_
F +
n

k1
Q
k
P
k
_
e ponendo
S
2
(q, P) F(

Q(q, P), P) +
n

k1

Q
k
(q, P)P
k
,
otteniamo
p(q, P) dq +

Q(q, P) dP dS
2
(q, P)
e dunque
S
2
q
(q, P) p(q, P),
S
2
P
(q, P)

Q(q, P).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
90 TRASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT
In analogia al caso delle trasformazioni libere abbiamo ora il seguente risultato.
PROPOSIZIONE 4.4. Sia S
2
S
2
(q, P) una funzione reale regolare delle 2n
variabili (q, P) tale che
det

2
S
2
qP
(q, P) /0.
Allora le posizioni
p
S
2
q
(q, P), Q
S
2
P
(q, P),
generano localmente una trasformazione di seconda specie che verica la condi-
zione di Lie (4.4) con F(Q, P) S
2
(q(Q, P), P)

n
k1
Q
k
P
k
.
DIMOSTRAZIONE. Per le ipotesi suS
2
le posizioni che deniscono p eQ de-
niscono una trasformazione (q, p) (Q, P) che ha le propriet asserite, essendo,
per costruzione,
p(Q, P) dq P dQ d
_
S
2
(q(Q, P), P)
n

k1
Q
k
P
k
_
dF(Q, P).

ESEMPIO 4.7. Le trasformazioni puntuali estese ai momenti sono generate


dalla funzione
S
2
(q, P)
n

k1
f
1
k
(q) P
k
.
Infatti si ottiene in tal caso
p
S
2
q
(q, P) Df
1
(q)
T
P, Q
S
2
P
(q, P) f
1
(q),
che sono proprio le trasformazioni discusse nellEsempio 4.2. In questo caso
la condizione di Lie rimane soddisfatta con F(Q, P) 0, ovvero assume la for-
ma p dq P dQ 0. Si osservi inne che S
2
(q, P)

n
k1
q
k
P
k
la funzione
generatrice della trasformazione identica (q, p) (Q, P).
OSSERVAZIONE 4.1. Per i nostri scopi non introdurremo ulteriori trasforma-
zioni. Daltra parte esistono trasformazioni che non sono n di prima n di se-
conda specie. Ricordiamo, senza dimostrazione, il seguente risultato generale.
Assegnata una qualsiasi trasformazioni simplettica sempre possibile determi-
nare (localmente) una partizione (i
1
, . . . , i
k
), ( j
1
, . . . , j
nk
) di (1, . . . , n) tale che la
collezione di 2n variabili
_
q
1
, . . . , q
n
,Q
i
1
, . . . ,Q
i
k
, P
j
1
, . . . , P
j
nk
_
forniscano un sistema di coordinate indipendente. La trasformazione quindi
ricavata da unopportuna funzione generatrice
S S
_
q
1
, . . . , q
n
,Q
i
1
, . . . ,Q
i
k
, P
j
1
, . . . , P
j
nk
_
ponendo
p
S
q
, Q
j

S
P
j

( 1, . . . , n k) P
i
s

S
Q
i
s
(s 1, . . . , k).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
4.2 CONSERVAZIONE DELLA 1-FORMA DI LIOUVILLE E FUNZIONI GENERATRICI 91
Per ulteriori dettagli si pu consultare il libro di Arnold citato nella nota biblio-
graca al capitolo.
OSSERVAZIONE 4.2. Concludiamo la sezione con una osservazione impor-
tante. Supponiamo che lhamiltoniana H : U R, U R
2n
, determina un usso
hamiltoniano
t
H
. Dunque {
t
H
}
t R
un gruppo ad un parametro di trasforma-
zioni dello spazio delle fasi U. Asseriamo che per ogni t R la trasformazione

t
H
: U U simplettica. A tal scopo mostriamo che la matrice D
t
H
(x)
T
sim-
plettica, ovvero che D
t
H
(x)
T
J D
t
H
(x) J . Poich
0
H
1I, tale condizione
vera per t 0, dunque sufciente dimostrare che
d
dt
D
t
H
(x)
T
J D
t
H
(x) 0 x U, t R.
Per la propriet di gruppo si ha
d
dt
D
t
H
(x)
T
J D
t
H
(x)
d
d
D
t +
H
(x)
T
J D
t +
H
(x)

0
D
t
H
(x)
T
d
d
D

H
(
t
H
(x))
T
J D

H
(
t
H
(x))

0
D
t
H
(x),
dunque sufciente dimostrare che
d
d
D

H
(x)
T
J D

H
(x)

0
0 x U.
Essendo D
t
H
(x) soluzione dellequazione alle variazioni, sviluppando intorno
a 0 si ha
D

H
(x) 1I +DJH(x) +O(
2
) 1I +J D
2
H(x) +O(
2
)
con D
2
H(x) la matrice hessiana (dunque simmetrica) di H. Ricordando ora che
J
T
J e J
2
1I otteniamo inne
d
d
D

H
(x)
T
J D

H
(x)

d
d
_
1I D
2
H(x)J
_
J
_
1I +J D
2
H(x)
_

0
D
2
H(x) D
2
H(x) 0.
In effetti si pu dimostrare anche il viceversa, ovvero un gruppo ad un para-
metro di trasformazioni simplettiche {
t
}
t R
soluzione di un opportuno siste-
ma di equazioni di Hamilton. Infatti esso il usso di fase generato dal campo
vettoriale
v

(y)
d
d

(y)

0
.
Daltra parte, per piccolo

una trasformazione simplettica vicina alliden-


tit, dunque
(q, p)

(Q, P)
_
q Q+f (Q, P, )
p P +g(Q, P, )
con f , g funzioni regolari di (Q, P, ). Per il teorema della funzione implicita, per
piccolo possibile esplicitare Q Q(q, P, ) dallequazione q Q+f (Q, P, ).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
92 TRASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT
Esiste quindi una funzione generatrice di seconda specie S(q, P, ) per cui
S(q, P, )
n

k1
q
k
P
k
+A(q, P, ), p P +
A
q
(q, P, ), Q q +
A
P
(q, P, ),
con A funzione regolare di (q, P, ). Si ha allora:

(Q, P)
_

_
q(Q, P, ) Q
A
P
_
q(Q, P, ), P,
_
p(Q, P, ) P +
A
q
_
q(Q, P, ), P,
_
Derivando rispetto ad e valutando in 0 si ricava che v

(y) J
y
H(y) con
H(y) H(Q, P) A(Q, P, 0).
4.3. Lequazione di Hamilton-Jacobi
Consideriamo un sistema hamiltoniano
_

_
q
H
p
(q, p)
p
H
q
(q, p)
(q, p) U R
2n
, H : U R.
Se determiniamouna trasformazione canonica (q, p) (Q, P) tale che

H(Q, P)
H(q(Q, P), p(Q, P)) K(P) per qualche funzione K, allora le equazioni del mo-
to sono integrabili, essendo la soluzione generale nelle nuove coordinate della
forma
Q(t ) Q
0
+
K
P
(P
0
) t , P(t ) P
0
.
Supponiamo ora che la suddetta trasformazione sia di seconda specie, e dunque
generata da una funzione S(q, P) attraverso le posizioni
p
S
q
(q, P), Q
S
P
(q, P).
Si ha allora
H
_
q(Q, P),
S
q
(q(Q, P), P)
_
K(P).
Scrivendo questa relazione nelle variabili indipendenti (q, P), concludiamo che
la funzione generatrice S soddisfa la relazione
H
_
q,
S
q
(q, P)
_
K(P).
Questo ci porta alla seguente denizione
DEFINIZIONE 4.5. Assegnata una funzione hamiltoniana H : U R, lequa-
zione alle derivate parziali del primo ordine
H
_
q,
W
q
_
h,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
4.3 LEQUAZIONE DI HAMILTON-JACOBI 93
nella quale sia la funzione W(q) che la costante h sono incognite, detta equa-
zione ridotta di Hamilton-Jacobi associata ad H.
Cos ad esempio, se
H(q, p)
n

i 1
p
2
i
2
+V (q
1
, . . . , q
n
),
allora lequazione di Hamilton-Jacobi associata si scrive
n

i 1
1
2
_
W
q
i
_
2
+V (q
1
, . . . , q
n
) h.
DEFINIZIONE 4.6. Viene denita integrale completo dellequazione ridotta
di Hamilton-Jacobi ogni famiglia di soluzioni {W(q, ), h()} dipendente da n
parametri reali (
1
, . . . ,
n
), tale che
det

2
W
q
/0. (4.6)
La nozione di integrale completo sopra data nondeve confondersi conquel-
la di integrale generale, che fornisce linsieme di tutte le possibili soluzione. Que-
stultimo dipende in generale, nel caso di unequazione del primo ordine, da
una funzione arbitraria. Ad esempio lequazione
x
W
y
W 0, (x, y) R
2
, ha
soluzione W(x, y) f (x +y) con f : RR una funzione regolare qualsiasi.
La conoscenza di un integrale completo dellequazione di Hamilton-Jacobi
permette di integrare le equazioni del moto. Precisamente abbiamo il seguente
risultato.
PROPOSIZIONE 4.7. Sia {W(q, ), h()} un integrale completo dellequazio-
ne di Hamilton-Jacobi di hamiltoniana H. Allora la funzione S(q, P) W(q, P)
genera una trasformazione canonica di seconda specie (q, p) (Q, P) tale che

H(Q, P) h(P).
DIMOSTRAZIONE. La condizione (4.6) garantisce che S(q, P) W(q, P) pu
utilizzarsi come funzione generatrice di una trasformazione canonica di secon-
da specie. Inoltre

H(Q, P) H(q(Q, P), p(Q, P)) H


_
q,
S
q
_

qq(Q,P)
h(P),
dove, nellultimo passaggio, si utilizzato che S W soddisfa lequazione di
Hamilton-Jacobi
H
_
q,
W
q
(q, )
_
h().

ESEMPIO 4.8. Nel caso di un sistema unidimensionale la cui hamiltoniana


sia H(q, p)
1
2
p
2
+U(q), (q, p) R
2
, lequazione di Hamilton-Jacobi prende la
forma
1
2
_
dW
dq
_
2
+U(q) h.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
94 TRASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT
Scegliendo h lequazione pu essere risolta localmente, ottenendo
W

(q, )
_
q
q
0
d
_
2(U()),
dove q
0
un punto ssato (tale ovviamente che U(q
0
) < per i valori di con-
siderati). Per ssare le idee scegliamo la determinazione positiva ed indichia-
mo con (, h) le nuove coordinate. Dunque la trasformazione generata da
S(q, h) W
+
(q, h), cosicch
p
S
q

_
2(U(q)),
S
h

_
q
q
0
d
_
2(U())
.
Chiaramente

H(, h) h e le equazioni del moto diventano 1,

h 0. Ab-
biamo riottenuto le variabili tempo-energia precedentemente introdotte nellE-
sempio 4.6, qui corrispondenti alle fasi di moto progressivo (per descrivere i mo-
ti nel semipiano p <0 occorre utilizzare W

(q, h) quale funzione generatrice).


Anche le coordinate angolo-azione possono essere ricavate in modo diretto
dallequazione di Hamilton-Jacobi. Supponiamo che lenergia potenziale U(q)
possieda un minimo isolato in un punto q
0
, cosicch nellintorno della posizio-
ne di equilibrio (q
0
, 0) lo spazio delle fasi riempito da orbite periodiche
h
, es-
sendo h il livello di energia. Se A(h) larea della regione limitata racchiusa dalla
curva
h
, la variabile dazione I A(h)/2 (vedi lEsempio 4.6). Sia inne h(I )
lesplicitazione dellenergia in funzione di I , in particolare h
t
(I ) 2/T(h(I ))
con T(h) periodo del moto su
h
. Per generare la trasformazione (q, p) (, I )
ssiamo I come parametro nellintegrale completo ed integriamo dal punto
di inversione del moto q

(h), ottenendo
S

(q, I )
_
q
q

(h(I ))
d
_
2(h(I ) U()).
EssendoU(q

(h)) h, la dipendenza da I nellestremo di integrazione non con-


tribuisce alla derivata cosicch:
p
S

q

_
2(h(I ) U(q)),

I

2
T(h(I ))
_
q
q

(h(I ))
d
_
2(h(I ) U())
.
Le variabili

sono denite solo localmente; precisamente la coppia (


+
, I ) [ri-
sp. (

, I )] denisce una trasformazione di coordinate nel semipiano superiore


p >0 [risp. inferiore p <0] del piano delle fasi. Daltra parte la variabile angolare

_

+
mod(2) se p 0

mod(2) se p <0
denita globalmente e la coppia (, I ) fornisce le variabili angolo-azione cer-
cate.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
4.3 LEQUAZIONE DI HAMILTON-JACOBI 95
La maggior parte dei problemi integrabili della meccanica si basa sul me-
todo della separazione delle variabili, che permette di determinare un integrale
completo dellequazione di Hamilton-Jacobi. Illustriamo brevemente tale me-
todo.
Assegnata lhamiltoniana H(q, p) H(q
1
, . . . , q
n
, p
1
, . . . , p
n
), la variabile q
1

detta separabile per lequazione di Hamilton-Jacobi associata se H ha la forma
H(q
1
, . . . , q
n
, p
1
, . . . , p
n
) H
1
(
1
(q
1
, p
1
), q
2
, . . . , q
n
, p
2
, . . . , p
n
),
per opportune funzioni
1
e H
1
di, rispettivamente, 2 e 2n 1 variabili. Cer-
chiamo in tal caso la soluzione W nella forma W(q) W
1
(q
1
) +

W(q
2
, . . . , q
n
).
Sostituendo otteniamo
H
1
_

1
_
q
1
,
dW
1
dq
1
_
, q
2
, . . . , q
n
,


W
q
2
, . . . ,


W
q
n
_
h.
Poniamo ora

1
_
q
1
,
dW
1
dq
1
_

1
,
da cui, per separazione delle variabili, determiniamo W
1
(q
1
,
1
). La funzione

W
allora soluzione di
H
1
_

1
, q
2
, . . . , q
n
,


W
q
2
, . . . ,


W
q
n
_
h,
che ancora unequazione di Hamilton-Jacobi (dove appare il parametro reale

1
), incui si ridottodi ununit il numerodi variabili da cui dipende la funzione
incognita. Chiaramente se, nuovamente,
H
1
(
1
, q
2
, . . . , q
n
, p
2
, . . . , p
n
) H
2
(
2
(q
2
, p
2
), q
3
, . . . , q
n
, p
3
, . . . , p
n
),
per opportune funzioni
2
e H
2
(dipendenti ingenerale entrambe dal parametro

1
), possiamoripetere largomentocercandola funzione incognita

W(q
2
, . . . , q
n
)
nella forma W
2
(q
2
) +

W(q
3
, . . . , q
n
). Se tale situazione si ripete per tutte le n
variabili otteniamo inne un integrale completo della forma
W(q, )
n

k1
W
k
(q
k
,
1
, . . . ,
k
).
Vediamo alcuni esempi.
ESEMPIO 4.9. Nel caso particolare in cui lhamiltoniana assume la forma
H(q, p) f
_
H
1
(q
1
, p
1
), . . . , H
n
(q
n
, p
n
)
_
possiamo cercare lintegrale completo nella forma S(q)

k
S
k
(q
k
), da cui, so-
stituendo nellequazione di Hamilton-Jacobi, si ottiene
H
k
_
q
k
,
dS
k
dq
k
_

k
, h() f (
1
, . . . ,
n
)
e quindi S(q, )

k
S
k
(q
k
,
k
).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
96 TRASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT
ESEMPIO 4.10. Consideriamo il moto di un punto materiale di massa unita-
ria che si muove su un piano ed soggetto ad una forza centrale. Nelle coordi-
nate polari (r, ), indicando conU(r ) lenergia potenziale, si ha:
L(r, , r ,

)
1
2
( r
2
+r
2

2
) U(r ), H(r, , p
r
, p

)
p
2
r
2
+
p
2

2r
2
+U(r ),
essendo p
r
r e p

r
2

i momenti cinetici associati alle variabili r e rispet-


tivamente. Lequazione di Hamilton-Jacobi diventa in questo caso:
1
2
_
S
r
_
2
+
1
2r
2
_
S

_
2
+U(r ) h.
La coordinata ciclica e quindi, inparticolare, separabile. Cerchiamo pertanto
S nella forma S(r, ) S
1
() +S
2
(r ). Sostituendo si ha
1
2
_
dS
2
dr
_
2
+
1
2r
2
_
dS
1
d
_
2
+U(r ) h.
Ponendo
1
2
_
dS
1
d
_
2

1
2

2
,
otteniamo S
1
(, ) e
1
2
_
dS
2
dr
_
2
+

2
2r
2
+U(r ) h.
Nel seguito supponiamo /0. Sia quindi
r
min
(, h) min
_
r >0 :

2
2r
2
+U(r ) <h
_
.
Una possibile scelta per S
2
allora:
S
2
(r )
_
r
r
min
(,h)
dx
_
2
_
h U(x)

2
2x
2
_
.
Per ssare le idee scegliamo la determinazione positiva. Otteniamo in tal modo
la funzione generatrice
S(r, , h, ) +
_
r
r
min
(,h)
dx
_
2
_
h U(x)

2
2x
2
_
che da luogo alla trasformazione canonica (r, , p
r
, p

) (, , h, ) denita dal-
le relazioni
p
r

S
r

_
2
_
h U(r )

2
2r
2
_
, p

,

S
h

_
r
r
min
(,h)
dx
_
2
_
h U(x)

2
2x
2
__
1/2
,

_
r
r
min
(,h)
dx

x
2
_
2
_
h U(x)

2
2x
2
__
1/2
.
Chiaramente

H(, , h, ) h cosicch le equazioni del moto sono 1,
0,

h 0, 0. Le variabili h ed sono, rispettivamente, lenergia ed il momento

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
4.4 IL TEOREMA DI LIOUVILLE-ARNOLD 97
angolare del punto, dunque sono correttamente conservate. Anche la conserva-
zione della variabile non deve sorprendere. In effetti, se indichiamo con
0
il
valore dellangolo quando r r
min
(, h), nella successiva fase di moto progres-
sivo t r (t ) della variabile radiale, la corrispondente variazione della variabile
angolare :
(t )
0

_
r (t )
r
min
(,h)
dr (s)

(s)
r (s)

_
r (t )
r
min
(,h)
dx

x
2
_
2
_
h U(x)

2
2x
2
__
1/2
,
poich

p

/r
2

2
/r
2
ed r p
r
. Quindi (
0
)
0
, costante del
moto.
Osserviamo inne che il caso p

0, non coperto dalla precedente trat-


tazione, corrisponde ai moti unidimensionali di caduta nel centro e va analizza-
to separatamente.
4.4. Il Teorema di Liouville-Arnold
Consideriamo un sistema integrabile nel senso di Hamilton-Jacobi, dunque
esiste una trasformazione canonica (q, p) (Q, P) tale che

H(Q, P) K(P) per
qualche funzione K. In particolare le funzioni P
j
P
j
(q, p), j 1, . . . , n, co-
stituiscono un sistema di n integrali primi del moto. Inoltre, per la conserva-
zione delle parentesi di Poisson fondamentali, essi sono in involuzione tra loro,
ovvero:
{P
i
, P
j
}
q,p
0 i , j 1, . . . n.
Quindi tutti i sistemi integrabili nel senso sopra descritto possiedono almeno n
integrali primi indipendenti in involuzione. Ad esempio:
Il moto unidimensionale (n 1): lenergia H.
Il moto centrale piano (n 2): lenergia H ed il momento p

.
Il moto centrale nello spazio (n 3): lenergia H, il quadrato del mo-
mento angolare M
2
, la terza componente del momento angolare M
z
.
Il sistema di n oscillatori armonici accoppiati: Le energie H
j
(Q
j
, P
j
)
1
2
P
2
j
+
1
2

2
j
Q
2
j
dei modi normali.
Il moto di Eulero-Poinsot, ovvero il moto di un corpo rigido con un
punto sso in assenza di forze (n 3): lenergia cinetica T, il qua-
drato del momento angolare M
2
, la terza componente del momento
angolare M
z
.
(vericare per esercizio che in ciascun esempio gli integrali primi citati sono
effettivamente in involuzione).
Un risultato notevole della teoria dei sistemi hamiltoniani asserisce che le-
sistenza di n integrali primi indipendenti ed in involuzione condizione anche
sufciente per la completa integrabilit di un sistema. In altri termini, possi-
bile in tal caso integrare le equazioni del moto a meno di operazioni elementa-
ri (inversione di funzioni e quadrature). Inoltre, analogamente a quanto visto

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
98 TRASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT
nel caso di forze elastiche (vedi Esempio 4.5), possibile introdurre coordina-
te angolo-azione per descrivere i moti limitati sui livelli non critici degli inte-
grali primi. Pi precisamente vale il seguente teorema, di cui non daremo la
dimostrazione.
TEOREMA 4.8 (Liouville-Arnold). Consideriamo un sistema hamiltoniano
_

_
q
H
p
(q, p)
p
H
q
(q, p)
(q, p) U R
2n
, H : U R.
Supponiamo che esistano n integrali primi del moto, F
1
H, F
2
, . . . , F
n
: U R
tali che {F
i
, F
j
} 0 per ogni i , j 1, . . . , n. Per ogni f ( f
1
, . . . , f
n
) R
n
sia M
f

{(q, p) U : F
i
(q, p) f
i
i 1, . . . , n}. Supponiamo che per un certo f
0
R
n
linsieme M
f
0
compatto, connesso ed inoltre
rango
(F
1
, . . . , F
n
)
(q
1
, . . . , q
n
, p
1
, . . . , p
n
)
n su M
f
0
.
Allora
(1) M
f
0
una supercie regolare, diffeomorfa al toro T
n
R
n
/(2Z)
n
, ed
invariante sotto il usso
t
H
.
(2) Il usso di fase su M
f
0
quasi periodico, ovvero se sono coordinate
angolari sul M
f
0
allora

( f
0
).
(3) Le equazioni del moto si integrano per quadratura.
(4) In un intorno F di f
0
linsieme
M
F

f F
M
f
diffeomorfo al prodotto cartesiano F M
f
0
. Inoltre esiste una trasfor-
mazione canonica,
M
F
F M
f
0
(q, p) (, I ) T
n
B, BR
n
,
tale che le variabili I sono funzioni invertibili delle f , I I ( f ), per cui

F
j
(, I ) f
j
(I ). In particolare

H(, I ) f
1
(I ) h(I ), cosicch le equazio-
ni del moto nelle nuove coordinate si scrivono


h
I
(I ) ( f (I )),

I 0.
Lidea della dimostrazione quella di utilizzare come coordinate su M
f
0
i
tempi associati ai ussi hamiltoniani
t
F
j
. A tal scopo osserviamo che si pu di-
mostrare che la condizione {F
i
, F
j
} 0 implica la commutativit dei corrispon-
denti ussi hamiltoniani:
t
F
i

s
F
j

s
F
j

t
F
i
per ogni s, t R. Questo per-
mette di denire lazione del gruppo commutativo di R
n
sullo spazio delle fasi
ponendo

F
: U U,

1
F
1

n
F
n
, (
1
, . . . ,
n
) R
n

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
4.5 NOTA BIBILIOGRAFICA 99
(essendo, per la commutativit dei ussi,

1
+
2
F

1
F

2
F
per ogni
1
,
2
R
n
).
La supercie M
f
0
invariante sotto lazione di

F
e le variabili deniscono
delle coordinate su M
f
0
. Apartire da queste si costruiscono quindi delle variabili
angolari su M
f
0
che danno luogo ad un moto quasi periodico.
4.5. Nota bibiliograca
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento al testo di
Arnold sotto riportato.
1) V.I. Arnold. Metodi matematici della meccanica classica. Roma: Editori
Riuniti, 1979.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
CAPITOLO 5
Dinamica iperbolica
5.1. Teorema delle variet stabile ed instabile
Consideriamo unequazione differenziale autonoma,
x v(x), x D R
n
, v C

(D; R
n
), 1.
Supponiamo che il campo vettoriale abbia un punto singolare iperbolico x
0
D.
Senza perdere di generalit possiamo assumere x
0
0. Dunque:
v(x) Lx + v(x), (5.1)
dove L
.
Dv(0) non possiede autovalori immaginari puri. Il resto v un inni-
tesimo di ordine superiore: v(0) 0 e D v(0) 0. Indichiamo con E
+
[risp. E

]
il sottospazio stabile [risp. instabile] del usso iperbolico lineare x Lx, vedi
Sezione 2.6. Assumiamo che le coordinate siano adattate alla decomposizione
R
n
E
+
E

in modo tale che:


E
+

_
x R
n
: x
_
x
+
0
_
, x
+
R
n
+
_
,
E

_
x R
n
: x
_
0
x

_
, x

R
n

_
,
essendo n

dimE

(mediante una trasformazione lineare possiamo sempre


ridurci a tale situazione, vedi Sezione 2.6). Inparticolare, la matrice L ha la forma
a blocchi:
L
_
A 0
0 B
_
, (5.2)
con A M
n
+
una contrazione in E
+
e B M
n

una espansione in E

. Deniti i
proiettori:

: R
n
E

:
+
x
_
x
+
0
_
,

x
_
0
x

_
x
_
x
+
x

_
R
n
,
si ha perci:
Lx
+
Lx +

Lx L
+
x +L

x
_
Ax
+
Bx

_
,
e
Lt
x
+
e
Lt
x +

e
Lt
x e
Lt

+
x +e
Lt

x
_
e
At
x
+
e
Bt
x

_
.
101
102 DINAMICA IPERBOLICA
W
+
(0)
W
+
(Q)
W (Q)
W (0)
E
E
+
0
Q
FIGURA 5.1. Variet stabile ed instabile.
Assumiamo inoltre che le coordinate siano adattate, quando ristrette al sotto-
spazio E
+
[risp. E

], alla contrazione A [risp. allespansione B]. In altri termini,


per opportune costanti , >0,
_

+
x, L
+
x x
+
, Ax
+
[x
+
[
2
[
+
x[
2
,

x, L

x x

, Bx

[x

[
2
[

x[
2
,
(5.3)
(vedi Teorema 2.9). In particolare, vedi Teorema 2.10, per ogni t 0,
_
[e
Lt

+
x[ [e
At
x
+
[ e
t
[x
+
[ e
t
[
+
x[,
[e
Lt

x[ [e
Bt
x

[ e
t
[x

[ e
t
[

x[.
(5.4)
Vogliamo ora mostrare che in un intorno di x 0 il usso non lineare pos-
siede una struttura simile. Fissiamo >0 piccolo abbastanza in modo tale che,
posto
Q
.
{x R
n
: [
+
x[ <, [

x[ <}, (5.5)
sia Q D. Deniamo variet stabile locale del punto iperbolico x 0 linsieme:
W
+
(Q)
.

_
x Q :
t
(x) Q t 0, lim
t +

t
(x) 0
_
e, analogamente, variet instabile locale del punto iperbolico x 0 linsieme:
W

(Q)
.

_
x Q :
t
(x) Q t 0, lim
t +

t
(x) 0
_
.
TEOREMA 5.1. Se sufcientemente piccolo le variet W

(Q) sono non


vuote. Inoltre:
W
+
(Q)
_
x
_
x
+
x

_
Q : x

h(x
+
)
_
,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.1 TEOREMA DELLE VARIET STABILE ED INSTABILE 103
con h di classe C

tale che h(0) 0 e Dh(0) 0. Analogamente per W

(Q).
Quindi W

(Q) sono effettivamente delle variet differenziabili (in particola-


re graci di funzioni), il cui spazio tangente nellorigine coincide coni sottospazi
E

: T
0
W

(Q) E

. Qualora
t
un usso di fase su D (ovvero tutte le soluzioni
di x v(x) esistono globali), deniamo le variet stabile ed instabile globali del
punto iperbolico x 0 gli insiemi:
W
+
(0)
.

_
x D : lim
t +

t
(x) 0
_

t 0

t
(W
+
(Q)), (5.6)
W

(0)
.

_
x D : lim
t +

t
(x) 0
_

t 0

t
(W

(Q)). (5.7)
Si osservi che le variet W

(0) sono insiemi invarianti per il usso


t
, men-
tre W
+
(Q) [risp. W

(Q)] positivamente [risp. negativamente] invariante.


DIMOSTRAZIONE. Sia : R
+
[0, 1] una funzione innitamente derivabile,
a supporto compatto e tale che (s) 1 se s 1, (s) 0 se s 2 e [
t
(s)[ 2 per
ogni s R
+
. Poniamo:
g(x)
.
v(x)(
1
[x[),
con v(x) come in (5.1) ed >0 un parametro da ssare in seguito. Chiaramente:
|g|

sup
[x[2
[ v(x)[.
Inoltre, poich Dg(x) (
1
[x[)D v(x) +([x[)
1

t
(
1
[x[)x v(x),
|Dg|

sup
[x[2
|D v(x)|+2
1
sup
[x[2
[ v(x)[.
Essendo v(0) 0 e D v(0) 0 concludiamo che:
|g|

+|Dg|

<,
con 0 per 0. Daltra parte evidente che nella palla B

(0) le soluzioni
di x v(x) e x Lx +g(x) coincidono (essendo g(x) v(x) in tale regione). Il
Teorema 5.1 allora un corollario immediato della proposizione seguente.
PROPOSIZIONE 5.2. Sia t
t
() il usso di fase generato dalla legge:
x Lx +g(x), (5.8)
con L come in (5.2) e g C

(R
n
; R
n
), 1, tale che g(0) 0, Dg(0) 0, |g|

+
|Dg|

<. Siano inne , >0 come nellEq. (5.4). Fissato


0
(0, ) esiste >0
tale che, per ogni [0,
0
],
W
+
(0)
.

_
x R
n
: sup
t 0
[
t
(x)[ <+
_

_
x R
n
:

x h(
+
x)
_

_
x R
n
: [

t
(x)[ e
t
[

x[ t 0
_

_
x R
n
: lim
t +

t
(x) 0
_
, (5.9)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
104 DINAMICA IPERBOLICA
con h C

(E
+
; E

) tale che h(0) 0, Dh(0) 0 e [h(a)[ [a[ per ogni a E


+
. In
particolare, per ogni >0 e Q come in (5.5), la variet stabile locale :
W
+
(Q)
_
x W
+
(0) : [
+
x[ <
_
.
Analoghe affermazioni sono valide per
t
() con
0
(0, ).
DIMOSTRAZIONE. Sia t x(t ) una soluzione dellEq. (5.8) che rimane limi-
tata nel futuro. Allora essa soluzione della seguente equazione integrale:
x(t ) e
Lt

+
x(0) +
_
t
0
ds e
L(t s)

+
g(x(s))
_
+
t
ds e
L(t s)

g(x(s)). (5.10)
In effetti, se t x(t ) risolve (5.8) allora:
x(t ) e
Lt
x(0) +
_
t
0
ds e
L(t s)
g(x(s)),
da cui, proiettando,

+
x(t ) e
Lt

+
x(0) +
_
t
0
ds e
L(t s)

+
g(x(s)), (5.11)

x(t ) e
Lt

x(0) +
_
t
0
ds e
L(t s)

g(x(s)). (5.12)
Moltiplicando ambo i membri della (5.12) per e
Lt
si ha:

x(0) e
Lt

x(t )
_
t
0
ds e
Ls

g(x(s)). (5.13)
Ma, per le stime (5.4),
[e
Lt

x(t )[ e
t
[

x(t )[ e
t
sup
s0
[x(s)[,
cosicch, se x(t ) limitata nel futuro, nel limite t + luguaglianza (5.13)
diventa:

x(0)
_
+
0
ds e
Ls

g(x(s)). (5.14)
Essendo x(t )
+
x(t ) +

x(t ), dalle uguaglianze (5.11), (5.12) e (5.14) ottenia-


mo lidentit (5.10).
Viceversa, ogni soluzione continua t x(t ) dellEq. (5.10) una soluzione
limitata nel futuro dellEq. (5.8). Infatti si verica facilmente che x(t ) una fun-
zione differenziabile tale che x(t ) Lx(t ) +g(x(t )). Inoltre, per le stime (5.4) ed
essendo |g|

<,
[x(t )[ e
t
[
+
x(0)[ +
_
t
0
ds e
(t s)
+
_
+
t
ds e
(t s)
[x(0)[ +
_
1

+
1

_
t 0. (5.15)
In conclusione, linsieme delle soluzioni limitate nel futuro dellEq. (5.8) coinci-
de con linsieme delle soluzioni continue dellEq. (5.10).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.1 TEOREMA DELLE VARIET STABILE ED INSTABILE 105
Sia C
0
lo spazio delle funzioni continue e limitate di R
+
a valori in R
n
, dotato
della norma uniforme:
C
0
.
{x C(R
+
; R
n
) : |x|

<+}.
Deniamo F : E
+
C
0
C
0
, (a, x) F(a, x) F
a
(x), come segue:
F
a
(x)(t )
.
e
Lt
a +
_
t
0
ds e
L(t s)

+
g(x(s))
_
+
t
ds e
L(t s)

g(x(s)).
Osserviamo che la denizione ben posta, ovvero F
a
(x) C
0
per x C
0
. Infatti,
analogamente a (5.15), stimiamo [F
a
(x)(t )[ [a[ +(
1
+
1
) per ogni t 0.
Chiaramente una soluzione dellEq. (5.10) un punto sso della mappa x
F
a
(x) con a
+
x(0). Viceversa, se t x(t ) punto sso di x F
a
(x) allora:
x(0) a
_
+
0
ds e
Ls

g(x(s)),
da cui, proiettando,

+
x(0) a,

x(0)
_
+
0
ds e
Ls

g(x(s)),
cosicch t x(t ) soluzione dellEq. (5.10) con
+
x(0) a.
Si ha ora, nuovamente per le disuguaglianze (5.4),
[F
a
(x) F
b
(y)[(t ) [e
Lt
(a b)[ +
_
t
0
ds [e
L(t s)

+
[g(x(s)) g(y(s))][
+
_
+
t
ds [e
L(t s)

[g(x(s)) g(y(s))][
e
t
[a b[ +
_
t
0
ds e
(t s)
[g(x(s)) g(y(s))[
+
_
+
t
ds e
(t s)
[g(x(s)) g(y(s))[
e
t
[a b[ +
_
t
0
ds e
(t s)
[x(s) y(s)[
+
_
+
t
ds e
(t s)
[x(s) y(s)[
(nellultima stima si utilizzato |Dg|

<). Daltra parte:


_
t
0
ds e
(t s)
[x(s) y(s)[ |x y|

_
t
0
ds e
(t s)

|x y|

,
e, analogamente,
_
+
t
ds e
(t s)
[x(s) y(s)[
1

|x y|

.
In denitiva:
|F
a
(x) F
b
(y)|

[a b[ +
_
1

+
1

_
|x y|

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
106 DINAMICA IPERBOLICA
Fissiamo tale che:

_
1

+
1

1
2
, (5.16)
cosicch:
|F
a
(x) F
b
(y)|

[a b[ +
1
2
|x y|

. (5.17)
Ponendo b a segue in particolare che F
a
: C
0
C
0
una contrazione per ogni
a E
+
, per cui esiste ununica funzione t x
a
(t ) tale che x
a
F
a
(x
a
). Quindi
x
a
lunica soluzione limitata nel futuro dellEq. (5.8) tale che
+
x
a
(0) a, ed al
variare di a E
+
otteniamo tutte tali soluzioni: W
+
(0) {x
a
(0) : a E
+
}. Inoltre,
dalla stima (5.17) si ricava che |x
a
x
b
|

2[a b[. Ma x
a
0 se a 0 poich
g(0) 0, per cui:
|x
a
|

2[a[. (5.18)
La prima identit dellEq. (5.9) si ottiene denendo h : E
+
E

tale che h(a)


.

x
a
(0). Occorre dimostrare che h di classe C

, che Dh(0) 0 e che [h(a)[


[a[. Ci limitiamo qui al caso 1, la generalizzazione non difcile. Ricordando
la (5.14),
h(a)
_
+
0
ds e
Ls

g(x
a
(s)),
da cui:
Dh(a)
_
+
0
ds e
Ls

Dg(x
a
(s))
x
a
a
(s), (5.19)
provvisto che a x
a
una mappa differenziabile di E
+
in C
0
. Per dimostra-
re questultima affermazione utilizziamo il teorema della funzione implicita su
spazi di Banach. Sia G : E
+
C
0
C
0
tale che G(a, x)
.
F(a, x) x. Sappiamo
che la funzione a x
a
fornisce lunica esplicitazione dellequazione G(a, x) 0,
ovvero G(a, x
a
) 0 per ogni a E
+
. Per il teorema della funzione implicita, se
esistono continue le funzioni
(a, x) D
x
G L(C
0
; C
0
), (a, x) D
a
G L(E
+
; C
0
),
e loperatore D
x
G invertibile, allora la mappa a x
a
di E
+
in C
0
differenzia-
bile ed inoltre:
D
a
x
a

x
a
a
() [D
x
G(a, x
a
)]
1
D
a
G(a, x
a
).
Ma le derivate di G le calcoliamo esplicitamente:
i) Si ha:
F(a, x +) F(a, x)
_
t
0
ds e
L(t s)

+
Dg(x(s))(s)

_
+
t
ds e
L(t s)

Dg(x(s))(s) +O(||
2

),
per cui
D
x
F(a, x) (t )
_
t
0
ds e
L(t s)

+
Dg(x(s))(s)
_
+
t
ds e
L(t s)

Dg(x(s))(s).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.1 TEOREMA DELLE VARIET STABILE ED INSTABILE 107
Inoltre, procedendo come nella dimostrazione della stima (5.17), otteniamo che
|D
x
F
a
(x)|

||

/2. Ne segue che D


x
G(a, x) D
x
F(a, x) 1I invertibile:
D
x
G(a, x)
1
[1I D
x
F(a, x)]
1

k0
[D
x
F(a, x)]
k
,
la serie essendo assolutamente convergente nella norma forte di L(C
0
; C
0
).
ii) Poich G(a +b, x) G(a, x) e
Lt
b, si ha D
a
G(a, x) e
Lt
, nel senso che ad
ogni b E
+
associamo la funzione t [D
a
G(a, x)b](t ) e
Lt
b.
Concludiamo che la funzione jacobiana a Dh(a) esiste continua ed for-
nita dallespressione (5.19). In particolare Dh(0) 0. Inne, utilizzando |g|

<
e la stime (5.16),
[h(a)[
_
+
0
ds 2[a[e
s
2[a[

[a[.
Rimane da dimostrare la seconda identit dellEq. (5.9) (dopodich lultima
conseguenza delle precedenti). Fissato
0
(0, ) assumiamo tale che, oltre
alla (5.16), sia (
0
)/2. Posto y(t )
.

+
x
a
(t ), si ha allora, per ogni [0,
0
],
d
dt
[y(t )[
2
2y(t ), Ly(t ) +2y(t ),
+
g(y(t ) +h(y(t )))
2[y(t )[
2
+2[y(t )[([y(t )[ +[h(y(t ))[)
2(2)[y(t )[
2
2[y(t )[
2
,
avendo utilizzato la stima (5.3), |Dg|

< e [h(y)[ [y[. Integrando la pre-


cedente disequazione differenziale troviamo, per ogni t 0, [y(t )[ e
t
[y(0)[,
ovvero [
+
x
a
(t )[ e
t
[a[; inne [

x
a
(t )[ [h(
+
x
a
(t ))[ [
+
x
a
(t )[ e
t
[a[.

Le variet stabile ed instabile globali denite in (5.6) e (5.7) non sono, in


generale, graci di funzioni h

: E

, e possono avere una struttura molto


complicata.
ESEMPIO 5.1. Consideriamo il sistema meccanico:
x x x
3

_
x v
v x x
3
Il punto singolare (x, v) (0, 0) iperbolico, essendo:
L
( x, v)
(x, v)
(0, 0)
_
0 1
1 0
_
(L) {1; 1}.
Dal calcolo degli autovettori associati si ricava che E

{(x, v) : v x}. Le
curve di fase del sistema giacciono sulle linee di livello dellenergia E(x, v)
v
2
/2 +x
4
/4 x
2
/2. In particolare le variet stabile ed instabile globali coinci-
dono: W
+
(0) W

(0) {(x, v) : E(x, v) 0}. In effetti, il livello critico di ener-


gia E(x, v) 0 costituito dallunione dellorbita stazionaria del punto singolare
(0, 0) con le orbite dei due moti a meta asintotica verso questultimo.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
108 DINAMICA IPERBOLICA
E
W
+
(0) W (0) =
E
+
y
x
0
FIGURA 5.2. Variet stabile ed instabile dellEsempio 5.1.
W (0)
E
W
+
(0) E
+
=
0
x
y
C>0 C<0
C>0 C<0
FIGURA 5.3. Variet stabile ed instabile dellEsempio 5.2.
ESEMPIO 5.2. Consideriamo il sistema piano:
_
x x
y y +x
2

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.2 PUNTI FISSI IPERBOLICI 109
Il punto singolare (x, y) (0, 0) iperbolico, essendo:
L
( x, y)
(x, y)
(0, 0)
_
1 0
0 1
_
(L) {1; 1}.
Ovviamente E
+
{(x, y) : x 0}, E

{(x, y) : y 0}. Cerchiamo le curve di fase


del sistema. Notiamo che se x(0) 0 allora x(t ) 0 ed y(t ) y(0)e
t
, cosicch
E
+
invariante anche per la dinamica non lineare. Sullinsieme invariante R
2
\
E
+
le curve di fase sono tutte e sole le soluzioni dellequazione differenziale:
dy
dx

y
x
x
y
x
.
Questa si pu risolvere esplicitamente ponendo y(x) x
2
(x) e determinando
(x) per separazione delle variabili. Si trova in tal modo lintegrale generale:
y(x)
x
2
3
+
C
x
, C R.
Concludiamo che:
W
+
(0) E
+

_
(x, y) : x 0
_
, W

(0)
_
(x, y) : y
x
2
3
_
.
5.2. Punti ssi iperbolici
Invece di ussi di fase consideriamo ora evoluzioni con tempi discreti, pi
precisamente iterazione di un diffeomorsmo:
x
k+1
(x
k
), : R
n
R
n
C

-diffeomorsmo, k Z.
Supponiamo che x 0 sia un punto sso di , quindi (0) 0. Analogamente
al caso del usso di fase, scriviamo:
x
k+1
Lx
k
+ (x
k
), L
.
D(0),
cosicch (0) 0 e D (0) 0. Si osservi che, essendo un diffeomorsmo,
loperatore L invertibile, dunque 0 (L), ed L
1
D
1
(0). Il punto sso x
0 detto iperbolico se loperatore L non possiede autovalori sulla circonferenza
unitaria del piano complesso: (L) S
1
, dove S
1
.
{z C: [z[ 1}.
Al pari dei ussi lineari iperbolici, il comportamento delle iterazioni di una
mappa lineare iperbolica piuttosto semplice. Caratterizziamo dapprima il ca-
so incui tutti gli autovalori hanno modulo minore di uno. Diciamo che la mappa
lineare B una contrazione lineare se
lim
k+
B
k
x 0 x R
n
.
Vale allora il seguente risultato.
TEOREMA 5.3. Sono equivalenti le seguenti affermazioni:
a) B una contrazione lineare;
b) [[ <1 per ogni (B);
c) Esistono (0, 1) ed una norma [ [

su R
n
tali che [Bx[

[x[

x R
n
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
110 DINAMICA IPERBOLICA
DIMOSTRAZIONE. Si ha:
c) a): Ovvio.
a) b): Supponiamo per assurdo che esista (B) tale che [[ 1. Se
Resiste v R
n
, v /0, tale che Bv v, cosicch [B
k
v[ [[
k
[v[ [v[ per ogni
k N, contraddicendo a). Se invece +i C esistono f
1
, f
2
R
n
tali che il
sottospazio bidimensionale E da essi generato invariante e la restrizione di B
ad E nella base { f
1
; f
2
} rappresentata dalla matrice
_


_
. Nella norma di
E, [ [
E
, canonica rispetto alla base { f
1
; f
2
}, si ha:
[Bv[
2
E
v, B
T
Bv
E
(
2
+
2
)[v[
2
E
[[
2
[v[
2
E
v E,
cosicch, se v E, v / 0, allora [B
k
v[
E
[v[
E
per ogni k N, nuovamente con-
traddicendo a).
b) c): Siano
1
, . . . ,
p
gli autovalori reali e
1
i
1
, . . . ,
r
i
r
gli au-
tovalori complessi di B, ciascuno contato con la propria molteplicit algebrica,
cosicch n p+2r . Ragionando come nella dimostrazione del Teorema 2.9, per
ogni >0 esiste una trasformazione non singolare S

tale che
B

.
S
1

BS

B
0
+R

, |R

| O(), B
0

_
D 0
0 T
_
,
dove
D
_
_
_
_
_
_
_
_
_

1
0 . . . . . . . . . 0
0
2
0 . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . 0
p1
0
0 . . . . . . . . . 0
p
_
_
_
_
_
_
_
_
_
e
T
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_

1

1
0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0

1

1
0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
0 0
2

2
0 . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . .
2

2
0 . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
r 1

r 1
0 . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
r 1

r 1
0 . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0
r

r
0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0
r

r
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.2 PUNTI FISSI IPERBOLICI 111
Nel prodotto scalare indotto dalla trasformazione x S

y, x, x
t

.
y, y
t
, si ha:
[Bx[
2

Bx, Bx

y, B

y y, B
T

i 1

2
i
y
2
i
+
r

j 1
(
2
j
+
2
j
)(y
2
p+2j 1
+y
2
p+2j
)
+y, (B
T
0
R

+R
T

B
0
+R
T

)y

_
max
(B)
[[
2
+C
_
[y[
2

_
max
(B)
[[
2
+C
_
[x[
2

,
con C una costante opportuna. Se > 0 sufcientemente piccolo allora
_
max
(B)
[[
2
+C <1, cosicch il punto c) segue con [ [

[ [

.
Consideriamo ora il caso generale di una mappa lineare iperbolica.
TEOREMA 5.4. Sia L M
n
tale che (L) S
1
. Allora esiste una decompo-
sizione dello spazio delle fasi:
R
n
E
+
E

, E

R
n
,
dove

sono operatori di proiezione,


+
+

1I, E

sono sottospazi invarianti


rispetto ad L, tali che esistono costanti C >0,
+
(0, 1) e

(0, 1) per cui:


_
_
_
[L
k

+
x[ C
k
+
[
+
x[
[L
k

x[ C
k

x[
k N x R
n
. (5.20)
Inoltre C 1 per una scelta opportuna della norma su R
n
.
DIMOSTRAZIONE. Procedendo come nella dimostrazione del Teoorema 2.11
possiamo determinare due sottospazi invarianti E

tali che, detta L


+
[risp. L

]
la restrizione L ad E
+
[risp. ad E

], si ha (L
+
) {z C : [z[ < 1} [risp. (L

)
{z C: [z[ >1}]. Inoltre, essendo allora L
+
[risp. L
1

] contrazioni lineari, le stime


(5.20) sono conseguenza del Teorema 5.3 e dellequivalenza delle norme.
Affrontiamonalmente il casononlineare introdottoalliniziodella sezione.
Analogamente al caso dei ussi di fase si dimostra lesistenza delle variet sta-
bile ed instabile locali del punto sso iperbolico x 0: utilizzando la norma per
cui C 1 nel Teorema 5.4 e denendo Q come in (5.5), per sufcientemente
piccolo si ha:
W
+
(Q)
.

_
x Q :
k
(x) Q k 0, lim
k+

k
(x) 0
_

_
x Q :

x h
+
(
+
x)
_
,
W

(Q)
.

_
x Q :
k
(x) Q k 0, lim
k+

k
(x) 0
_

_
x Q :
+
x h

x)
_
,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
112 DINAMICA IPERBOLICA
dove h

sono funzioni di classeC

tali che h

(0) 0 e Dh

(0) 0, per cui W

(Q)
sono variet differenziabili (in particolare graci di funzioni) tali che T
0
W

(Q)
E

. Si deniscono quindi le variet stabile ed instabile globali di x 0:


W
+
(0)
.

_
x R
n
: lim
k+

k
(x) 0
_

k0

k
(W
+
(Q)),
W

(0)
.

_
x R
n
: lim
k+

k
(x) 0
_

k0

k
(W

(Q)).
La dimostrazione del teorema delle variet stabile ed instabile nel caso di
diffeomorsmi identica a quella svolta nel caso di ussi. Per completezza
forniamo la traccia dei passaggi principali:
1) Si modica la non linearit e si studia il problema x
k+1
Lx
k
+g(x
k
) con
g(0) 0, Dg(0) 0 e |g|

+|Dg|

<.
2) Si mostra che ogni orbita {x
k
; k Z} limitata nel futuro, ovvero tale che
sup
k0
[x
k
[ <+, soddisfa:
x
k
L
k

+
x
0
+
k

j 1
L
kj

+
g(x
j 1
)
+

j k+1
L
kj

g(x
j 1
) k N.
A tal scopo si utilizza lanalogo discreto della formula della variazione delle co-
stanti:
x
k
L
k
x
0
+
k

j 1
L
kj
g(x
j 1
) k Z,
che si ottiene iterando la relazione x
k
Lx
k1
+g(x
k1
).
3) Si denisce lo spazio di Banach:
C
0
.
{x {x
k
; k N} : |x|

<+}, |x|

.
sup
k0
[x
k
[,
e si dimostra che esiste >0 tale che la mappa F : E
+
C
0
C
0
denita da
F(a, x) L
k
a +
k

j 1
L
kj

+
g(x
j 1
)
+

j k+1
L
kj

g(x
j 1
),
una contrazione su C
0
per ogni a E
+
ssato.
4) Si dimostra che W
+
(Q)
_
x W
+
(0) : [
+
x[ <
_
positivamente inva-
riante.
ESEMPIO 5.3. Sia x 0 un punto singolare iperbolico di un campo vettoriale
v C

(R
n
; R
n
) che genera unusso di fase t
t
. Fissato >0 qualsiasi, lappli-
cazione al tempo ,
.

, denisce un diffeomorsmo le cui orbite forniscono


le evolute del usso di fase ai tempi t
k
k: (x)
.
{
k
(x); k Z} {
t
k
(x); k
Z}. Chiaramente x 0 un punto sso di . Mostriamo che iperbolico. Po-
sto A Dv(0), v(x) v(x) Ax ed utilizzando la formula della variazione delle
costanti, si ha:
(x) e
A
x +
_

0
ds e
A(s)
v(
s
(x)),

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.3 SISTEMI PERIODICAMENTE PERTURBATI 113
da cui:
D(x) e
A
+
_

0
ds e
A(s)
D v(
s
(x))D
s
(x)
e dunque L
.
D(0) e
A
. Supponiamo per assurdo che esista (L) tale
che [[ 1. Allora possiamo determinare un sottospazio invariante E (unidi-
mensionale se R, bidimensionale se /

) ed una norma [ [

su E tale che
[L
k
v[

[v[

per ogni v E e k N. Daltra parte, essendo L


k
e
Ak
ed e
At
un usso iperbolico, la quantit [L
k
v[

deve convergere a 0 oppure divergere


quando k +. Giungiamo cos ad una contraddizione. Concludiamo che
(e
A
) S
1
. Quindi x 0 un punto sso iperbolico di

, le cui varie-
t stabile ed instabile indichiamo con W

(0). Verichiamo inne che, per ogni


> 0, W

(0) W

(0), essendo W

(0) le variet stabile ed instabile di x 0,


punto singolare iperbolico del usso di fase t
t
. Linclusione W

(0) W

(0)
evidente. Viceversa, se x W

(0) allora:
limsup
t
[
t
(x)[ limsup
k
max
s[,]
[
s
(
k
(x))[ max
s[,]
[
s
(0)[ 0,
dunque x W

(0).
5.3. Sistemi periodicamente perturbati
Consideriamo un sistema periodico, perturbazione di un sistema autono-
mo:
x v(x) +g(t , x), (5.21)
con x 0 punto singolare iperbolico di x v(x), cosicch v(x) Ax + v(x) con
v(0) 0, D v(0) 0 e 0 (A) R. Sia T il periodo della perturbazione: g(t +
T, x) g(t , x) per ogni (t , x) RR
n
. Il parametro varia in un intorno dello
zero. Assumiamo che tutte le soluzioni siano denite sullintero asse dei tempi
R ed indichiamo
t ,t
0
(x) la soluzione di dati iniziali
t
0
,t
0
(x) x. A tale sistema
differenziale possiamo associare la mappa stroboscopica S
t
0
.

t
0
+T,t
0
, tale che:
S
k
t
0
(x)
t
0
+kT,t
0
(x) t
0
R, k Z.
Ricordiamo che se x
0
un punto sso di S
t
0
allora la soluzione t
t ,t
0
(x
0
)
dellequazione (5.21) periodica di periodo T e viceversa. In particolare, x 0
un punto sso di S
t
0
per ogni t
0
R nel caso del sistema non perturbato x
v(x). Mostriamo ora che, se [[ sufcientemente piccolo, allora S
t
0
possiede
un punto sso iperbolico x(, t
0
) vicino ad x 0.
PROPOSIZIONE 5.5. Esistono un intorno I di 0, un intorno U di x 0 ed
una funzione differenziabile (, t
0
) x(, t
0
) U, (, t
0
) I [0, T], tale che, per
ogni I , x(, t
0
) lunico punto sso di S
t
0
in U. Inoltre x(, t
0
) iperbolico e
x(0, t
0
) 0. Inne, tutte le soluzioni periodiche t
t ,t
0
( x(, t
0
)) corrispondono
ad ununica orbita contenuta inU.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
114 DINAMICA IPERBOLICA
DIMOSTRAZIONE. Dalla formula per la variazione delle costanti,

t ,t
0
(x) e
A(t t
0
)
x +
_
t
t
0
ds e
A(t s)
_
v(
s,t
0
(x)) +g(s,
s,t
0
(x))
_
,
segue che i punti ssi di S
t
0
coincidono con gli zeri della funzione:
G(x, , t
0
)
.

_
e
AT
1I
_
x +
_
t
0
+T
t
0
ds e
A(t
0
+Ts)
_
v(
s,t
0
(x)) +g(s,
s,t
0
(x))
_
.
Osserviamo ora che G(0, 0, t
0
) 0 e D
x
G(0, 0, t
0
) e
AT
1I, matrice invertibile
essendo e
AT
iperbolico (vedi lEsempio 5.3). Allora, per il teorema della funzione
implicita, esistono un intorno U di x 0 ed un intorno I di 0 per cui si
ha ununica esplicitazione x(, t
0
) dellequazione G(x, , t
0
) 0 in U I [0, T];
inoltre x(0, t
0
) 0. La regolarit di
t ,t
0
(x) rispetto a e t
0
implica la regolarit
di G(x, , ) e quindi di x(, ). Restringendo eventualmente lintorno I , il punto
sso x(, t
0
) iperbolico, essendo x(0, t
0
) 0 iperbolico e D
x
S
t
0
( x(, t
0
))
una funzione continua.
Sia ora
t
0
()
.
{
t ,t
0
( x(, t
0
)) : t [t
0
, t
0
+T]} lorbita della soluzione perio-
dica corrispondente al punto sso x(, t
0
). Poich
0
(0) {0} e
t ,t
0
(x) con-
tinua rispetto a , restringendo eventualmente lintorno I , lorbita
0
() giace
nellintornoU di x 0. Osserviamo ora che, per ogni t
0
[0, T],
S
t
0

t
0
,0

t
0
,0
S
0
(5.22)
(infatti
t
0
+T,t
0

t
0
,0

t
0
+T,0

t
0
+T,T

T,0

t
0
,0

T,0
). Ma allora x
0
.

t
0
,0
( x(, 0)) un punto sso di S
t
0
che contenuto in U. Dunque x
0
x(, t
0
)
necessariamente. Dunque le soluzioni T-periodiche
t ,0
( x(, 0)) e
t ,t
0
( x(, t
0
))
coincidono, cosicch
t
0
()
0
() per ogni t
0
[0, T].
Indenitiva abbiamo provato che lorbita corrispondente alla famiglia di so-
luzioni periodiche di dati iniziali x(, t
0
), t
0
[0, T], unica, inparticolare identi-
cabile dal dato iniziale x(, 0), punto sso della mappa stroboscopica S
0

T,0
.
Nel seguito utilizzeremo la notazione abbreviata S
0
, x() x(, 0) e
()
0
() { x(, t
0
) : t
0
[0, T]},
omettendo la menzione del tempo iniziale.
OSSERVAZIONE 5.1. Se g(t , 0) / 0 le soluzioni periodiche sono sicuramente
distinte dal punto sso x 0. Nel caso opposto in cui g(t , 0) 0 per ogni t R
la funzione x(, t
0
) identicamente nulla. Come esempio di questultimo ca-
so si consideri il pendolo matematico con punto di sospensione variabile (cfr.
Esercizio 2.2).
Indichiamo ora con W

(, t
0
) le variet stabile ed instabile del punto sso
x(, t
0
) di S
t
0
. Dalla (5.22) segue facilmente che W

(, t
0
)
t
0
+j T,0
(W

(, 0))
per ogni t
0
[0, T], j Z. Deniamo allora variet stabile ed instabile dellorbita
iperbolica () gli insiemi invarianti (nello spazio delle fasi ampliato):
W

(, )
.

t R
{t }
t ,0
(W

(, 0))

j Z

t
0
[0,T]
{t
0
+ j T} W

(, t
0
). (5.23)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.4 PUNTI OMOCLINI ED INSIEMI IPERBOLICI 115
x ()
x ()
=0
=0
0
FIGURA 5.4. Se / 0 le variet stabile ed instabile possono o
meno intersecarsi.
In effetti (analogamente alla denizione di variet stabile ed instabile di un pun-
to sso iperbolico) si ha:
(t
0
, x) W

(, ) lim
t
dist(
t ,t
0
(x), ()) 0,
la cui dimostrazione lasciata al lettore.
5.4. Punti omoclini ed insiemi iperbolici
La struttura delle variet stabile ed instabile globali pu essere molto com-
plicata. In particolare esse possono intersecarsi.
DEFINIZIONE 5.6. Un punto di intersezione W
+
(0) W

(0) \ {0} detto


punto omoclino (del punto sso x 0). Esso detto non degenere o trasverso se
T

W
+
(0) T

(0) T

R
n
.
Nel caso particolare n 2 la trasversalit signica che le curve di faseW
+
(0)\
{0} e W

(0) \ {0} si intersecano trasversalmente. Per il teorema di esistenza ed


unicit questo non possibile in un sistema differenziale piano autonomo, e
lo stesso vale quindi per i diffeomorsmi

, introdotti nellEsempio 5.3. In al-


tri termini tutti gli eventuali punti omoclini sono degeneri, ovvero T

W
+
(0)
T

(0). La situazione differente se modichiamo il sistema conperturbazio-


ni dipendenti dal tempo. In particolare possiamo considerare sistemi meccanici
unidimensionali, quali ad esempio:
q q q
3
+f (t , q, q), q sinq +f (t , q, q), (5.24)
dove f (t , q, q) f (t +T, q, q) per qualche periodo T > 0. Indichiamo con x
(q, v) le coordinate nello spazio delle fasi R
2
e sia
t ,t
0
(x) la mappa soluzione.
Per quanto stabilito nella Proposizione 5.5, per piccoli valori del parametro la
mappa stroboscopica
T,0
possiede un punto sso iperbolico x() vicino a

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
116 DINAMICA IPERBOLICA
E
+
E

3
W (0)
W
+
(0)
0

FIGURA 5.5. Struttura delle variet stabile ed instabile in pre-


senza di una intersezione omoclina trasversa (
j
.

j
(), j
Z).
x 0. Se 0 sappiamo che W
+
(0) W

(0) (vedi lEsempio 5.1). Se / 0 le


curve W
+
( x())\{ x()} e W

( x())\{ x()} possono o meno intersecarsi (vedi Fi-


gura 5.4). Mostreremo pi avanti, mediante il metodo di Melnikov, che nel caso
di perturbazioni del tipo f (t , q, v) sin(t ), > 0, il punto sso x() possiede
un punto omoclino trasverso.
Lesistenza di un punto omoclino trasverso complica molto la struttura delle
variet stabile ed instabile (vedi Figura 5.5). Osserviamo infatti che, essendo
W

(0) invarianti e un diffeomorsmo, se un punto omoclino trasverso


allora anche
k
() un punto omoclino trasverso per ogni k Z ed inoltre:
lim
k+

k
() 0. (5.25)
La dinamica in prossimit dellorbita () {
k
() : k Z} di un punto omocli-
no trasverso possiede delle propriet notevoli, per analizzare le quali conviene
introdurre dapprima la nozione generale di insieme iperbolico di un diffeomor-
smo.
DEFINIZIONE 5.7. Sia un diffeomorsmo di R
n
. Il sottoinsieme di R
n

detto iperbolico se soddisfa le seguenti propriet:


i) compatto;
ii) invariante rispetto a , i.e. () ;

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.4 PUNTI OMOCLINI ED INSIEMI IPERBOLICI 117
iii) Esiste una decomposizione continua x E

x
dello spazio tangente in x
,
T
x
R
n
E
+
x
E

x
,
per cui:
D(x)E

x
E

(x)
x ,
[D
k
(x)[ K
k
[[ E

x
x k N, (5.26)
per qualche K >0 e (0, 1).
ESEMPIO 5.4. Chiaramente un punto sso iperbolico della mappa un
insieme iperbolico, essendo E

gli spazi stabile ed instabile della linearizzazio-


ne di . Pi in generale, supponiamo che p
0
sia un punto sso iperbolico della
mappa
.

N
per qualche intero positivo N. In tal caso lorbita del diffeomor-
smo per p
0
periodica: (p
0
) {
j
(p
0
) : j 0, . . . , N 1}. Dimostriamo che

.
(p
0
) un insieme iperbolico per . Chiaramente compatto ed inva-
riante. Costruiamo ora la decomposizione x E

x
, x . Essendo p
0
un punto
sso iperbolico di , la matrice jacobiana D(p
0
) non possiede autovalori sul
cerchio unitario del piano complesso. Siano allora E

i sottospazi invarianti di
cui al Teorema 5.4 per loperatore L D(p
0
). Deniamo:
E

p
j
.
D
j
(p
0
)E

, p
j
.

j
(p), j 0, . . . , N 1.
Chiaramente T
p
j
R
n
E
+
p
j
E

p
j
poich
j
un diffeomorsmo e T
p
0
R
n
E
+

per la scelta di E

. Inoltre, per la propriet di composizione dellapplicazione


tangente, per ogni j 0, . . . , N 1 si ha:
D(p
j
)E

p
j
D(p
j
)D
j
(p
0
)E

D
j +1
(p
0
)E

p
j +1
E

(p
j
)
(ove p
N

N
(p
0
) p
0
). Rimane da dimostrare la stima (5.26). Se k N scrivia-
mo k i +Nh con h la parte intera di k/N ed i k Nh {0, . . . , N1}. Essendo
D
Nh
(p
0
) [D(p
0
)]
h
,
D
k
(p
j
) D
j +k
(p
0
)D
j
(p
j
) D
j +i
(p
0
)[D(p
0
)]
h
D
j
(p
j
).
Allora, posto

C max
[s[2N
max
p(p
0
)
|D
s
(p)|
ed applicando le stime (5.20) alla matrice D(p
0
), si ha, per ogni E
+
p
j
,
[D
k
(p
j
)[

C
2
C
h
+
[[,
da cui la stima (5.26) con K C

C
2
/
+
e
1/N
+
. Analogamente si ragiona per i
vettori E

p
j
.
PROPOSIZIONE 5.8. Sia un punto omoclino trasverso per il punto sso iper-
bolico x 0. Allora la chiusura dellorbita per ,

.
() {0}, () {
k
() : k Z},
un insieme iperbolico di .

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
118 DINAMICA IPERBOLICA
DIMOSTRAZIONE. Per semplicit consideriamo il caso di un diffeomorsmo
del piano R
2
. Linsieme compatto ed invariante essendo la chiusura di unor-
bita limitata. Deniamo E

x
.
T
x
W

(0) per ogni x . In particolare E

0
E

,
dove E

sono i sottospazi invarianti per loperatore L D(0) di cui al Teorema


5.4. Essendo W

(0) variet invarianti per il diffeomorsmo evidente che:


D(x)E

x
D(x)T
x
W

(0) T
(x)
W

(0) E

(x)
x .
Rimangono da dimostrare la propriet di continuit e la stima (5.26). Siano
x (x
+
, x

) le coordinate adattate alla matrice D(0). Posto


Q

.
{x (x
+
, x

) R
2
: [x
+
[ <, [x

[ <},
k
.

k
(),
per ogni >0 esiste un intero positivo N

>0 tale che


k
Q

per ogni [k[ N

.
Inoltre, per il teorema delle variet stabile ed instabile, esiste
0
> 0 tale che,
posto Q
0
Q

0
,
W

(Q
0
) {x Q
0
: x

(x

)},
con h

funzioni differenziabili sullintervallo (


0
,
0
) per le quali h

(0) 0 e
h
t

(0) 0. Posto ora y

(x

), poich
(y
+
, y

)
(x
+
, x

)
(0, 0)
_
1 0
0 1
_
,
diminuendo eventualmente il valore di
0
, questa trasformazione denisce del-
le nuove coordinate y (y
+
, y

) nellaperto Q
0
, rispetto alle quali (vedi Figura
5.6):
W

(Q
0
) {y Q
0
: y

0}.
Indichiamo ancora con il diffeomorsmo come funzione delle nuove co-
ordinate. Quindi:
(y) (y
+
, y

)
_
ay
+
+F(y
+
, y

)
by

+G(y
+
, y

)
_
,
con [a[ < 1, [b[ > 1 e le funzioni F,G tali che F(0, 0) 0, G(0, 0) 0, DF(0, 0) 0,
DG(0, 0) 0. Inoltre, essendo W
+
(Q
0
) positivamente invariante, G(y
+
, 0) 0
in Q
0
. Analogamente, essendo W

(Q
0
) negativamente invariante e (0, 0) 0,
restringendo eventualmente Q
0
in modo tale che
1
(W

(Q
0
)) {y : y
+
0}, si
ha anche F(0, y

) 0 in Q
0
. La matrice jacobiana di quindi:
D(y)
_
a +D
y
+
F(y
+
, y

) D
y

F(y
+
, y

)
D
y
+
G(y
+
, y

) b +D
y

G(y
+
, y

)
_
D
y

.
In particolare, posto N
0
N

0
, poich
k
W
+
(Q
0
) W

(0) per k N
0
, si ha:
D(
k
)
_
a +D
y
+
F(
k
) D
y

F(
k
)
0 b +D
y

G(
k
)
_
k N
0
. (5.27)
Analogamente, poich
k
W

(Q
0
) W
+
(0) per k N
0
,
D(
k
)
_
a +D
y
+
F(
k
) 0
D
y
+
G(
k
) b +D
y

G(
k
)
_
k N
0
. (5.28)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.4 PUNTI OMOCLINI ED INSIEMI IPERBOLICI 119

3
E
+
E
N
0

W
+
(0)
W (0)
0

FIGURA 5.6. Struttura delle variet stabile ed instabile nelle


coordinate y (y
+
, y

).
Si denisca inne la funzione
()
.
max
yQ

max{|DF(y)|; |DG(y)|}, [0,


0
]. (5.29)
Si osservi che () 0 per 0.
Per vericare la continuit di x E

x
dobbiamo provare che E

k
E

se
[k[ +. Consideriamo il caso k +, essendo laltro del tutto simile. Poich
E
+

k
T

k
W

(Q
0
) se k N
0
, la convergenza di E
+

k
a E
+
0
T
0
W
+
(Q
0
) immedia-
ta. Dimostriamo invece che E

k
E

0
. Fissato un vettore non nullo
N
0
E

N
0
poniamo
k
D(
k1
)
k1
per k > N
0
. Indicando con

k
le componenti di
k
lungo gli assi y

, la quantit

k
.

[
+
k
[
[

k
[
non dipende dalla particolare scelta di
N
0
e rappresenta il modulo della pen-
denza della direzione E

k
. Quindi dobbiamo dimostrare che
lim
k+

k
0. (5.30)
Fissato >0 scegliamo

(0,
0
] tale che:
(

)([b[ (

))
[b[ (

) 1
<

2
, [a[ +(

) 1, [b[ (

) >1.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
120 DINAMICA IPERBOLICA
Allora, utilizzando la (5.27), per ogni k >N

.
N

k

[(a +D
y
+
F(
k1
))
+
k1
+D
y

F(
k1
)

k1
[
[(b +D
y

G(
k1
))

k1
[

([a[ +(

))[
+
k1
[ +(

)[

k1
[
([b[ (

))[

k1
[


k1
+(

)
[b[ (

)
.
Iterando la stima k N

volte otteniamo:

k


N

([b[ (

))
kN

+(

)
kN

j 1
1
([b[ (

))
j

([b[ (

))
kN

+(

)
1
1([b[ (

))
1

([b[ (

))
kN

+
(

)([b[ (

))
[b[ (

) 1
.
Quindi, per la scelta di

k


N

([b[ (

))
kN

2
k N

,
Fissando ora k

tale che
N

([b[ (

))
N

< /2 otteniamo che


k
< per
ogni k k

, il che dimostra il limite (5.30) per larbitrariet nella scelta di .


Dimostriamo inne la stima (5.26), restringendoci al caso di E
+
x
, essendo
laltro del tutto simile. Fissiamo un numero ([a[, 1) e scegliamo
1
(0,
0
]
tale che [a[ +(
1
) ([a[ +)/2 e, posto N
1
.
N

1
,
[

[
[
+
[


2
([a[ +)
2
/42
2
(
1
)
2([b[ +(
1
))
2
E
+

k
: /0, k N
1
,
(questultima condizione vericata per
1
piccolo abbastanza poich E
+

k

E
+
0
se k ). Fissiamo un vettore
0
E
+

e poniamo
k
D(
k1
)
k1
,
k Z. Poich

k
0 se k N
1
ed utilizzando la (5.27) stimiamo:
[
k
[ [(a +D
y
+
F(
k1
))
+
k1
[ ([a[ +(
1
))[
+
k1
[
[
k1
[
kN
1
[
N
1
[ k >N
1
.
Utilizzando invece la (5.28), per ogni k <N
1
si ha:
[
k
[

_
(a +D
y
+
F(
k1
))
+
k1
D
y
+
G(
k1
)
+
k1
+(b +D
y

G(
k1
))

k1
_

_
([a[ +(
1
))
2
[
+
k1
[
2
+2
2
(
1
)[
+
k1
[
2
+2([b[ +(
1
))
2
[

k1
[
2

_
_
([a[ +)
2
4
+2
2
(
1
)
_
[
+
k1
[
2
+
_

([a[ +)
2
4
2
2
(
1
)
_
[
+
k1
[
2
[
k1
[,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.5 LEMMA DELLORBITA OMBRA E SUE CONSEGUENZE 121
x
j+2
x
j
( )
x
j+1
( )
x
j+1
x
j
(x
j1
)
FIGURA 5.7. -pseudo-orbita del diffeomorsmo .
da cui:
[
N
1
[
N
1
k
[
k
[ k <N
1
.
Daltra parte,
[
N
1
[ |D
N
1
k
(
k
)|[
k
[ k N
1
, . . . , N
1
.
In denitiva, per una qualsiasi coppia di interi j Z e k Nsi ha:
[
j +k
[ C
k
[
j
[, C
_

1
max
j N
1
,...,N
1
|D(
j
)|
_
2N
1
,
il che dimostra (5.26) (il caso x 0 () banale).
5.5. Lemma dellorbita ombra e sue conseguenze
Prima di descrivere le propriet della dinamica in prossimit di un insieme
iperbolico premettiamo alcune denizioni.
DEFINIZIONE 5.9. Sia >0. Una sequenza {x
i
}
i Z
in R
n
si dice una -pseudo-
orbita del diffeomorsmo se:
[x
i +1
(x
i
)[ < i Z.
DEFINIZIONE 5.10. Siano >0 e {q
i
}
i Z
una sequenza in R
n
. Lorbita {p
i
}
i Z
del diffeomorsmo [dunque p
i +1
(p
i
)] si dice una -ombra-orbita di {q
i
}
i Z
se:
[p
i
q
i
[ < i Z.
Il nostro scopo dimostrare che -pseudo-orbite costituite da punti di un
insieme iperbolico possono essere ombreggiate da orbite vere; quanto migliore
lombreggiamento (cio quanto pi piccolo richiesto essere ) tanto pi la
pseudo-orbita dovr, in principio, essere prossima ad una vera orbita (quindi
piccolo). Precisamente:
TEOREMA 5.11 (Lemma dellorbita ombra). Sia un insieme iperbolico del
diffeomorsmo . Allora esiste
0
> 0 tale che ad ogni (0,
0
) corrisponde
un numero () in modo che ciascuna -pseudo-orbita {q
i
}
i Z
di punti in
ammette ununica -ombra-orbita {p
i
}
i Z
:
{q
i
}
i Z
: [q
i +1
(q
i
)[ < ! {p
i
}
i Z
: [p
i
q
i
[ <, p
i +1
(p
i
)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
122 DINAMICA IPERBOLICA
Se inoltre:
lim
i +
[q
i +1
(q
i
)[ 0
_
risp. lim
i
[q
i +1
(q
i
)[ 0
_
(5.31)
allora:
lim
i +
[p
i
q
i
[ 0
_
risp. lim
i
[p
i
q
i
[ 0
_
. (5.32)
DIMOSTRAZIONE. Sia q {q
i
}
i Z
una -pseudo-orbita di , con > 0 da
ssare in seguito. Cerchiamo unorbita vera di , p {p
i
}
i Z
, prossima a q, nella
forma p q +x {q
i
+x
i
}
i Z
per qualche x {x
i
}
i Z
. Quindi x deve essere
soluzione dellequazione:
q
i
+x
i
(q
i 1
+x
i 1
), i Z,
che riscriviamo nella forma:
x
i
D(q
i 1
)x
i 1
+ f
i
(x
i 1
), i Z, (5.33)
essendo:
f
i
(x
i 1
)
.

_
(q
i 1
+x
i 1
) D(q
i 1
)x
i 1
(q
i 1
)
_
+(q
i 1
) q
i
.
Notiamo che:
f
i
(0) (q
i 1
) q
i
, Df
i
(x
i 1
) D(q
i 1
+x
i 1
) D(q
i 1
).
In particolare, essendo q una -pseudo-orbita e poich compatto,
_

_
i ) [ f
i
(0)[ < i Z,
i i ) sup
j Z
|Df
j
(x
j 1
)| 0 se sup
j Z
[x
j
[ 0.
(5.34)
Introduciamo lo spazio di Banach
E
.
{y {y
i
}
i Z
: [y[ <}, [y[
.
sup
i Z
[y
i
[.
Cerchiamo la soluzione dellEq. (5.33) in tale spazio (infatti se p q +x om-
breggia la sequenza limitata q allora x E). Riscriviamo lEq. (5.33) nella
forma:
(1I L)x F(x), (5.35)
dove:
(Lx)
i
.
D(q
i 1
)x
i 1
, F(x)
i
.
f
i
(x
i 1
).
In particolare, L un operatore lineare e continuo su E, F una funzione deri-
vabile con continuit, essendo (DF(x)y)
i
Df
i
(x
i 1
)y
i
, e lEq. (5.34) diventa:
_

_
i ) [F(0)[ <,
i i ) lim
[x[0
|DF(x)| 0
(5.36)
(| | denota la sua norma uniforme delloperatore).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.5 LEMMA DELLORBITA OMBRA E SUE CONSEGUENZE 123
1) Soluzione del problema lineare. Risolviamo dapprima il problema lineare:
(1I L)x g, (5.37)
con g E assegnato. Poich q
i
, per ogni i Z possiamo decomporre:
E E
+
E

, E

.
{y E : y
i
E

q
i
i Z},
ed indichiamo con y y
+
+y

, y

, la decomposizione di un generico ele-


mento y E. I sottospazi E

sono quasi invarianti sotto lazione dellopera-


tore lineare L nel senso che ora precisiamo. Poich la mappa E

, ,
continua, possiamo scegliere una base {e
()
j
} di R
n
adattata alla decomposi-
zione E
+

in modo tale che la matrice U(, ) del cambiamento di base


{e
()
j
} {e
()
j
} verichi la condizione:
lim
0
sup
,
[[<
|U(, ) 1I| 0.
Ne segue che, essendo D(q
i 1
)E

q
i 1
E

(q
i 1
)
e [q
i
(q
i 1
)[ <, loperatore L
si decompone nella forma:
L A+ : AE

, lim
0
|| 0,
dove (Ay)
i
A
i
y
i 1
, essendo A
i
: T
q
i 1
R
n
T
q
i
R
n
loperatore la cui matrice nel-
le basi {e
(q
i 1
)
j
}, {e
(q
i
)
j
}, coincide con quella delloperatore D(q
i 1
) : T
q
i 1
R
n

T
(q
i 1
)
R
n
nelle basi {e
(q
i 1
)
j
}, {e
((q
i 1
))
j
}. In particolare A
i
E

q
i 1
E

q
i
e, per ogni
intero N >0,
lim
0
sup
i Z
[
_
|A
i +N
A
i +N1
A
i
||D
N
(q
i 1
)|
_
[ 0,
lim
0
sup
i Z
[
_
|A
1
i N
A
1
i N+1
A
1
i
||D
N
(q
i 1
)|
_
[ 0
(infatti se q fosse unorbita allora |

i
j i +N
A
j
| |D
N
(q
i 1
)|, |

i
j i N
A
1
j
|
|D
N
(q
i 1
)|, dunque il suddetto limite conseguenza della regolarit di e
della compattezza di ). Fissiamo ora N tale che K
N
< 1/4, con K, come in
(5.26), e quindi
0
in modo tale che, per ogni (0,
0
),
sup
i Z

|A
i +N
A
i +N1
A
i
||D
N
(q
i 1
)|

<
1
4
,
sup
i Z

|A
1
i N
A
1
i N+1
A
1
i
||D
N
(q
i 1
)|

<
1
4
,
cosicch:
[A
N
y
+
[
[y
+
[
2
, [A
N
y

[
[y

[
2
(0,
0
). (5.38)
Ne segue che loperatore 1I A invertibile per (0,
0
). In effetti lequazione
(1I A)x g si decompone nella coppia di equazioni:
_
(1I A)x
+
g
+
,
(1I A)x

.
(5.39)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
124 DINAMICA IPERBOLICA
La seconda equazione in (5.39) equivalente a
(1I A
1
)x

A
1
g

.
La soluzione del sistema (5.39) allora:
x
+

k0
A
k
g
+
, x

k1
A
k
g

. (5.40)
Le stime (5.38) implicano la convergenza assoluta delle serie in (5.40), ed im-
mediato vericare che i vettori x

cos deniti sono soluzione del sistema (5.39).


La convergenza inoltre uniforme poich, posto
C N sup{|D
r
()| : , [r [ N},
si ha:
+

k0
[A
k
g
+
[
+

j 0
N1

r 0
[A
r
(A
N
)
j
g
+
[ C
+

j 0
_
1
2
_
j
[g
+
[ 2C[g
+
[,
+

k0
[A
k
g

[
+

j 0
N1

r 0
[A
r
(A
N
)
j
g

[ C
+

j 0
_
1
2
_
j
[g

[ 2C[g

[.
Quindi loperatore 1I A invertibile su E ed inoltre:
|(1I A)
1
| 4C.
Consideriamo ora lequazione (5.37), che riscriviamo nella forma seguente:
(1I B)x (1I A)
1
g, B
.
(1I A)
1
.
Fissiamo
1
(0,
0
) tale che:
|B| 4C|| <
1
2
(0,
1
).
Allora loperatore 1I B invertibile, essendo:
(1I B)
1

k0
B
k
, |(1I B)
1
|
+

k0
_
1
2
_
k
2,
per cui lequazione (5.37) ammette lunica soluzione x (1I B)
1
(1I A)
1
g. In
altri termini, per ogni (0,
1
), loperatore 1I L invertibile ed inoltre:
|(1I L)
1
| 8C. (5.41)
2) Soluzione del problema non lineare. Per (0,
1
) lequazione non lineare
(5.35) pu ora essere riscritta come equazione di punto sso della mappa:
T : E E : T(x) (1I L)
1
F(x).
Sia B

{x E : [x[ }. Mostriamo che esiste


0
>0 tale che, ad ogni (0,
0
)
corrisponde una scelta di () per la quale:
T(B

) B

, [T(x) T(y)[ <


1
2
[x y[ x, y B

, (5.42)
da cui, per il principio delle contrazioni, esiste ununica sequenza x

tale
che x

T(x

), e quindi p q +x

lunica -ombra-orbita della -pseudo-


orbita q.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.5 LEMMA DELLORBITA OMBRA E SUE CONSEGUENZE 125
Sia
J ()
.
sup
x,yB

x/y
[F(x) F(y)[
[x y[
.
DallEq. (5.36) ricaviamo:
sup
xB

[F(x)[ +J (), lim


0
J () 0.
Utilizzando la stima (5.41) concludiamo che:
_

_
sup
xB

[T(x)[ 8C [+J()] ,
[T(x) T(y)[ 8CJ ()[x y[ x, y B

.
(5.43)
Le stime (5.42) seguono ora dalle (5.43) scegliendo
0
>0 tale che:
J() <
1
16C
(0,
0
)
e ssando
() min
_

1
;

16C
_
.
3) Conclusione. Rimane da dimostrare il limite (5.32) sotto lipotesi (5.31). A tale
scopo sufciente cercare il punto sso nel sottospazio chiuso dello spazio di
Banach E:
E

_
y E : lim
i +
y
i
0
_
_
risp. E

_
y E : lim
i
y
i
0
_
_
.
Lo svolgimento per esteso della dimostrazione lasciata al lettore.
COROLLARIO 5.12. Sia un punto omoclino trasverso del punto sso iperbo-
lico x 0 del diffeomorsmo . Sia quindi () {0}. Per ogni intorno V di
edU di esistono inniti punti periodici di in V le cui orbite sono contenute
inU.
DIMOSTRAZIONE. Sia
0
come nel Teorema 5.11 e (0,
0
) tale che:
B

() V,

kZ
B

(
k
) U, (5.44)
dove
k

k
() sono i punti dellorbita (). Sia () come nel Teorema
5.11. Per ogni intero N sufcientemente grande esiste una -pseudo-orbita q
{q
i
}
i Z
contenuta in di periodo N. Infatti, in virt del limite (5.25), esiste un
intero N

tale che:

k
B
/2
(0) k Z : [k[ N

. (5.45)
Allora per ogni N >2N

+1 la sequenza:
q {q
i
}
i Z
: q
j +Nh

j
j , h Z : j
_
N 1
2
_
, . . . ,
_
N
2
_
,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
126 DINAMICA IPERBOLICA
una -pseudo-orbita di periodo N. Esiste quindi una -ombra-orbita p di q.
In particolare, per la condizione (5.44) sul parametro , si ha p
0
V e (p
0
) U.
Mostriamo inne che p
0
un punto periodico. In effetti, essendo
[q
i
p
i +N
[ [q
i +N
p
i +N
[ <,
anche la sequenza p denita da p
i
.
p
i +N
una -ombra-orbita di q. Poich
esiste ununica -ombra-orbita di q, segue che p p, da cui p
0
p
0

N
(p
0
),
ovvero p
0
V un punto periodico di periodo N la cui orbita contenuta inU.
Ripetendo il ragionamento con una nuova scelta del parametro in modo tale
che p
0

() possiamo determinare un nuovo punto periodico p


t
0
V distinto
da p
0
. Dunque esistono inniti punti periodici.
COROLLARIO 5.13. Siano un punto omoclino trasverso del punto sso iper-
bolico x 0 del diffeomorsmo . Sia quindi (){0}. Per ogni intorno V di
edU di esistono inniti punti omoclini di in V le cui orbite sono contenute
inU.
DIMOSTRAZIONE. Sia (0,
0
) tale che le inclusioni (5.44) siano vericate
ed (). Sia quindi N

come in (5.45). La sequenza:


q {q
i
}
i Z
:
_
_
_
q
j +(2N

+1)h

j
j N

, . . . , N

, h 0, 1,
q
i
0 i : i <N

oppure i >3N

+1,
una -pseudo-orbita. Esiste quindi una -ombra-orbita p di q e, per la con-
dizione (5.44) sul parametro , si ha p
0
V e (p
0
) U. Inoltre, valendo banal-
mente i limiti in (5.32),
lim
[i [+
p
i
lim
[i [+
q
i
0,
ovvero p
0
un punto omoclino. Tale punto garantito essere diverso da per
sufcientemente piccolo poich in tal caso () non una -ombra-orbita
di q. Ripetendo inne il ragionamento con una nuova scelta del parametro
in modo tale che p
0


B

() possiamo determinare un nuovo punto omoclino


p
t
0
V distinto da p
0
. Dunque esistono inniti punti omoclini.
In conclusione ogni punto omoclino trasverso un punto di accumulazione
di punti periodici e di punti omoclini, i cui comportamenti asintotici sono molto
differenti. (La Figura 5.5 quindi molto pi complicata!)
5.6. Applicazione alla dinamica del pendolo forzato
Consideriamo il sistema meccanico:
q sinq +sin(t ). (5.46)
Indichiamo con Q linsieme delle soluzioni che possiedono inniti zeri. A cia-
scuna soluzione q() Q corrisponde ununica sequenza innita di tempi,
{t
k
}
kZ
: lim
k
t
k
, t
k
<t
k+1
k Z,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.7 IL METODO DI MELNIKOV 127
per cui:
q(t
k
) 0 (mod 2) , q(t ) /0 (mod 2) t {t
k
}
kZ
.
Possiamo associare ad ogni soluzione q() Quna sequenza bilatera di variabili
di Bernoulli ponendo:
: Q{1; 1}
Z
:
k
(q())
_
_
_
+1 se q(t
k
) >0
1 se q(t
k
) <0
TEOREMA 5.14. Se > 0 piccolo a sufcienza si verica quanto segue. Per
ogni sequenza {1; 1}
Z
esiste una soluzione t q(t ) dellEq. (5.46) tale che:

k
(q())
k
k Z.
Inoltre la curva di fase di tale soluzione rimane vicina alla separatrice per tutti i
tempi.
DIMOSTRAZIONE. Indichiamo con x (q, v) le coordinate nello spazio delle
fasi R
2
e sia
t ,t
0
(x) la mappa soluzione. Sia la mappa stroboscopica:
: x(0) x(T), T
.

.
Per quanto stabilito nella Proposizione 5.5, per piccoli valori del parametro
la mappa possiede un punto sso iperbolico x() vicino a x (, 0). Me-
diante il metodo di Melnikov mostreremo nella Sezione 5.7 (Esempio 5.5) che
x() possiede un punto omoclino trasverso () prossimo, con tutta la sua or-
bita (()), alla separatrice. Possiamo ora costruire innite -pseudo-orbite in
(()){ x()}, e quindi -ombra-orbite vicino , in modo da poter sceglie-
re, ogni volta che arriviamo in prossimit del punto sso x(), se andare avanti o
tornare indietro. Queste -ombra-orbite sono contenute in un intorno tubolare
della separatrice, di larghezza innitesima per 0. Daltra parte, su ciascun
intervallo [kT, (k +1)T], la dinamica a tempo continuo con piccolo rimane
vicina a quella (sul corrispondente livello di energia) con 0. Dunque la solu-
zione rimane vicina alla separatrice non solo ai tempi kT, ove
kT,0

k
, bens
per ogni tempo t R.
5.7. Esistenza di intersezioni omocline trasverse in R
2
e formula di Melnikov
Consideriamo un sistema piano periodicamente perturbato:
x v(x) +g(t , x), x R
2
, g(t , x) g(t +T, x),
con x 0 punto singolare iperbolico del campo vettoriale v, un parametro
reale che varia in un intorno dello zero. Per quanto stabilito nella Proposizio-
ne 5.5, per piccoli valori del parametro univocamente determinata lorbita
iperbolica
() { x(, t
0
) : t
0
[0, T]},
tale che x(, t
0
) lunico punto sso (risultante essere iperbolico), vicino a x 0,
della mappa stroboscopica S
t
0

t
0
+T,t
0
. Restano quindi denite, vedi lEq.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
128 DINAMICA IPERBOLICA
W
+
(0) W (0)

=
x
2
x
1
x (,0)
W
+
(,)
W

(,)
=0
x
2
x
1
x
0
t (, )
t
T
0
=0
t
T
0
t
0
FIGURA 5.8. Variet stabile ed instabile dellorbita iperbolica
() che si intersecano trasversalmente.
(5.23), le variet stabile ed instabile W

(, ) dellorbita (). Supponiamo ora


che per 0 sia W
+
(0) W

(0), ovvero che il sistema non perturbato ammetta


unorbita omoclina di x 0. Nel seguito ci occuperemo di trovare un criterio
di intersezione (trasversa) delle variet W
+
(, ) e W

(, ), ovvero di determi-
nare unorbita omoclina

asintotica nel futuro e nel passato a (). Poich


W

(, t
0
)
t
0
,0
(W

(, 0)), sufciente determinare unintersezione trasversa


W
+
(, t
0
)W

(, t
0
) per qualche t
0
[0, T], essendo allora

{
t ,t
0
() : t
R} lorbita omoclina cercata.
Indichiamo con
0
{() : R} lorbita omoclina del sistema non pertur-
bato (quindi

v(), () 0).
TEOREMA 5.15 (Formula di Melnikov). Assumiamo che il campo vettoriale v

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.7 IL METODO DI MELNIKOV 129
abbia divergenza nulla (ad esempio il problema non perturbato hamiltoniano).
Deniamo integrale di Melnikov la funzione:
M(t
0
)
.

_
+

d
_
J v(()), g(+t
0
, ())
_
,
essendo J
_
0 1
1 0
_
. Se esiste uno zero semplice dellintegrale di Melnikov, al-
lora per ogni sufcientemente piccolo esiste unintersezione trasversa (, t
0
)
W
+
(, t
0
) W

(, t
0
) per ogni t
0
[0, T].
Si osservi che lintegrale di Melnikov una funzione periodica, come giusto
che sia essendo S
t
0
S
t
0
+T
.
ESEMPIO 5.5. Prima di dimostrare il Teorema 5.15 applichiamo il risultato
al caso del pendolo periodicamente forzato (5.46). Lhamiltoniana del sistema
non perturbato H(q, q) q
2
/2+(1cosq). Lequazione delle orbite omocline
H(q, q) 2, ovvero:
q
_
2(1+cosq),
che si integra per separazione delle variabili. Scegliendo la determinazione po-
sitiva otteniamo lomoclina q(t ) 4arctane
t
. Quindi:
(t )
_
q(t )
q(t )
_

_
4arctane
t

2/cosht
_
,
da cui:
M(t
0
)
_
+

d
2sin[(+t
0
)]
cosh
2sin(t
0
)
_
+

d
2cos()
cosh
.
Lintegrale diverso da zero per ragioni di simmetria, cosicch t
0
0 uno zero
semplice di M(t
0
): M(0) 0, M
t
(0) /0. Concludiamo che esiste unintersezione
omoclina trasversa della mappa stroboscopica
T,0
vicino al punto (0) (0, 2)
sulla separatrice.
DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA 5.15 (CENNO). Essendo la dipendenza dal
parametro regolare, le variet locali W

loc
(, t
0
) sono C
1
-vicine alle variet lo-
cali W

loc
(0) per prossimo a zero. Possiamo quindi ssare un disco B
r
(0) al-
linterno del quale le variet W

(, t
0
) sono O()-vicine a
0
. Sia la sezione
normale a
0
nel punto (0). La continuit rispetto ai dati iniziali ed alla per-
turbazione implica che [
t ,t
1
(x) (t t
1
)[ O() se [x (0)[ O() (la stima
essendo uniforme su intervalli di tempo niti). Ne segue che, pur di prendere
sufcientemente piccolo, le variet W

(, t
0
) rimangono O()-vicine a
0
no
ad intersecare . Sia ora
+

(t , t
0
) [risp.

(t , t
0
)] la soluzione tale che
+

(t
0
, t
0
)
[risp.

(t
0
, t
0
)] il primo punto di intersezione di W
+
(, t
0
) [risp. W

(, t
0
)] con
. Tale soluzione giace sulla variet invariante W
+
(, ) [risp. W

(, )] che, per
quanto sopra detto, rimane C
1
-vicina a RW
+
(0) [risp. RW

(0)] per t > t


0
[risp. t <t
0
]. In denitiva si ha:

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
130 DINAMICA IPERBOLICA
0
(, t )
0
x

t
0
t
0
( ) ,
v((0)) J
v((0))
t )
0
(, W

t )
0
(,
+
W

+
t
0
t
0
( ) ,
0

(0)

FIGURA 5.9. Per piccolo le variet W

(, t
0
) intesecano la
sezione normale allorbita omoclina nel punto (0).

(t , t
0
) (t t
0
) +q
+
(t , t
0
) +O(
2
), t [t
0
, +),

(t , t
0
) (t t
0
) +q

(t , t
0
) +O(
2
), t (, t
0
],
essendo il resto O(
2
) uniforme sugli intervalli indicati. Sostituendo gli sviluppi
precedenti nelle equazioni del moto ed identicando i termini del primo ordi-
ne nel parametro , si ricava facilmente che le funzioni q

(t , t
0
) sono soluzioni
dellequazione lineare:
q

(t , t
0
) Dv((t t
0
))q

(t , t
0
) +g(t , (t t
0
)). (5.47)
La separazione tra le variet W

(, t
0
) sulla sezione denita dalla distan-
za (con segno) tra i punti di intersezione

(t
0
, t
0
) e
+

(t
0
, t
0
), ovvero:
d

(t
0
)
.

_
J v((0)),
_

(t
0
, t
0
)
+

(t
0
, t
0
)
__
[v((0))[
,
essendo
J v((0))
[v((0))[

1
[v((0))[
_
0 1
1 0
__
v
1
((0))
v
2
((0))
_

1
[v((0))[
_
v
2
((0))
v
1
((0))
_
la direzione normale a
0
in (0). Posto

(t , t
0
)
_
J v((t t
0
)), q

(t , t
0
)
_
,
si ha:
d

(t
0
)

(t
0
, t
0
)
+
(t
0
, t
0
)
[v((0))[
+O(
2
).
Daltra parte, dallEq. (5.47) ed essendo

v(),

(t , t
0
) J v((t t
0
)),
_
Dv((t t
0
)) q

(t , t
0
) +g(t , (t t
0
))
_

+J Dv((t t
0
)) v((t t
0
)), q

(t , t
0
)
divv((t t
0
))

(t , t
0
) +J v((t t
0
)), g(t , (t t
0
))
J v((t t
0
)), g(t , (t t
0
)),

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
5.8 NOTA BIBILIOGRAFICA 131
avendo utilizzato nella penultima uguaglianza che (Dv)
t
J + J (Dv) divv J e
nellultima uguaglianza lipotesi di divergenza nulla del campo vettoriale v.
Poich q
+
(t , t
0
) [risp. q

(t , t
0
)] uniformemente limitata su [t
0
, +) [risp.
(, t
0
]] e v((t t
0
)) v(0) 0 per t , segue che

(, t
0
) 0, cosic-
ch, integrando lequazione precedente,

+
(t , t
0
)
_
+
t
ds
_
J v((s t
0
)), g(s, (s t
0
))
_
,

(t , t
0
)
_
t

ds
_
J v((s t
0
)), g(s, (s t
0
))
_
.
Quindi

(t
0
, t
0
)
+
(t
0
, t
0
) M(t
0
) e
d

(t
0
)
M(t
0
)
[v((0))[
+O(
2
).
Poich [v((0))[ O(1), il termine M(t
0
)/[v((0))[ domina su O(
2
). Ne
segue che se al variare di t
0
[0, T] la funzione M(t
0
) cambia segno allora anche
d

(t
0
) deve cambiare segno per sufcientemente piccolo. Pi precisamente,
se
0
uno zero isolato di M, allora esiste un tempo
0
+O() per il quale

(, )

(, ), ovvero esiste un punto omoclino W


+
(, ) W

(, ).
Unanalisi pi accurata mostra inoltre che M
t
(t
0
)/[v((0))[ fornisce (a meno di
errori O(
2
)) la differenza tra le pendenze delle direzioni tangenti a W

(, ) e
W
+
(, ) nel punto omoclino . Quindi se M
t
(
0
) /0 lintersezione trasversa.
Inne, come gi osservato,

{
t ,t
0
() : t R} unorbita omoclina asintotica
nel futuro e nel passato a (). In particolare esiste un punto omoclino trasverso
(, t
0
) W
+
(, t
0
) W

(, t
0
) per ogni t
0
[0, T].
5.8. Nota bibiliograca
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) V.I. Arnold. Metodi geometrici della teoria delle equazioni differenziali
ordinarie. Roma: Editori Riuniti, 1989.
3) J. Guckenheimer, P. Holmes. Nonlinear oscillations, dynamical systems,
and bifurcations of vector elds. (Applied Mathematical Sciences 42).
Berlin: Springer, 1993.
4) A. Katok, B. Hasselblatt. Introduction to the modern theory of dyna-
mical systems. (Encyclopedia of mathematics and its applications 54).
Cambridge: Cambridge U.P., 1995.
5) S. Wiggins. Introduction to applied nonlinear dynamical systems and
chaos. (Texts in applied mathematics 2) New York : Springer Verlag,
2003.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
CAPITOLO 6
Stabilit degli equilibri
6.1. Nozione di stabilit
Consideriamo lequazione differenziale
x v(x), x D, (6.1)
dove v C
1
(D; R
n
) un campo vettoriale sullinsieme aperto D R
n
. Sia
t
(x),
t J
x
, la soluzione massimale del problema di Cauchy di dati iniziali
0
(x)
x D (quindi J
x
il pi grande intervallo di denizione della soluzione). Ricor-
diamo che x
0
D detto punto singolare del campo vettoriale se v(x
0
) 0. Il
problema di Cauchy di dati iniziali x
0
ammette allora la soluzione stazionaria

t
(x
0
) x
0
, t R, motivo per il quale x
0
anche detto posizione di equilibrio (o
di riposo) dellEq. (6.1).
Nel seguito denotiamo conB
r
(z) (r >0, z R
n
) la palla aperta inR
n
di raggio
r e centro z; sia quindi

B
r
(z) la sua chiusura e B
r
(z) la sua frontiera. Dunque:
B
r
(z)
.
{x R
n
: [x z[ <r },

B
r
(z)
.
{x R
n
: [x z[ r },
B
r
(z) {x R
n
: [x z[ r }.
DEFINIZIONE 6.1. Sia x
0
D una posizione di equilibrio dellequazione diffe-
renziale (6.1). Allora essa detta stabile se per ogni >0 tale che

B

(x
0
) D esiste
(0, ] tale che
t
(x) B

(x
0
) per ogni t 0 ed x B

(x
0
).
OSSERVAZIONE 6.1. Nella denizione di stabilit abbiamo apparentemente
assunto che tutte le soluzioni di dato iniziale x B

(x
0
) esistono globalmen-
te nel futuro. In realt ogni soluzione pu avere lintervallo massimale di esi-
stenza limitato nel futuro solo se essa esce da ogni compatto K D in un tem-
po nito. Dunque richiedere che
t
(x) B

(x
0
) per ogni t J
x
R
+
implica
automaticamente che J
x
R
+
R
+
.
OSSERVAZIONE 6.2. La propriet di stabilit dellequilibrio x
0
equivale alla
propriet di continuit uniforme nel tempo della soluzione rispetto al dato ini-
ziale nel punto x
0
. Pi precisamente equivale a richiedere che esista un intorno
U di x
0
contenuto in D tale che
t
(x) esiste globale nel futuro per ogni x U ed
inoltre:
lim
xx
0
sup
t 0
[
t
(x) x
0
[ 0.
133
134 STABILIT DEGLI EQUILIBRI
x
0
x
0
B

x
0
( )
x
0
( ) B

x
0
( ) B

x
0
( )
Equilibrio asintoticamente stabile Equilibrio stabile
FIGURA 6.1. Equilibri stabili.
OSSERVAZIONE 6.3. Consideriamo il caso pi generale del sistema non au-
tonomo:
x v(t , x), (t , x) RD, (6.2)
dove v C
0
(RD; R
n
), Dv C
0
(RD; M
n
). Sia
t ,t
0
(x), t J
t
0
,x
, la soluzione
massimale del problema di Cauchy di dati iniziali
t
0
,t
0
(x) x D (quindi J
t
0
,x
il pi grande intervallo di denizione della soluzione). Diciamo che x
0
D
una posizione di equilibrio se v(t , x
0
) 0 per ogni t R. Infatti in tal caso

t ,t
0
(x
0
) x
0
per ogni t
0
, t R. Analogamente al caso autonomo, lequilibrio x
0
detto stabile se per ogni t
0
R ed >0 tale che

B

(x
0
) D esiste (0, ] tale
che
t ,t
0
(x) B

(x
0
) per ogni t t
0
ed x B

(x
0
). Si osservi che in generale
una funzione di t
0
ed . Se pu essere ssato indipendente da t
0
allora la
posizione di equilibrio x
0
detta uniformemente stabile. Nel caso autonomo la
stabilit sempre uniforme ed inoltre non limitativo scegliere t
0
0 poich

t ,t
0
(x)
t t
0
(x).
DEFINIZIONE 6.2. Sia x
0
D una posizione di equilibrio dellequazione diffe-
renziale (6.1). Essa detta asintoticamente stabile se stabile ed inoltre il numero
pu essere scelto in modo tale che
lim
t +

t
(x) x
0
x B

(x
0
).
OSSERVAZIONE 6.4. La posizione di equilibrio x
0
detta attrattiva se esiste
>0 tale che la soluzione
t
(x) esiste globale nel futuro per x B

(x
0
) edinoltre
lim
t +

t
(x) x
0
x B

(x
0
).
Ad ogni posizione di equilibrio attrattiva associamo il suo bacino di attrazione,
denito dallinsieme:
B(x
0
)
.

_
x D : J
x
R
+
R
+
, lim
t +

t
(x) x
0
_
. (6.3)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
6.1 NOZIONE DI STABILIT 135
FIGURA 6.2. Equilibrio attrattivo ma instabile.
Tale insieme un aperto in D. Infatti se x B(x
0
) esiste T > 0 tale che
T
(x)
B

(x
0
). Per la continuit del usso (rispetto ai dati iniziali), possiamo ssare
r >0 tale che, per ogni y B
r
(x), la soluzione
t
(y) denita su tutto lintervallo
[0, T] e
T
(y) B

(x
0
). Ma allora, per la denizione di , anche
t
(y) esiste
globale nel futuro e converge ad x
0
per t +, ovvero y B(x
0
). Dunque per
ogni x B(x
0
) esiste r >0 tale che B
r
(x) B(x
0
), ovvero B(x
0
) aperto.
Chiaramente [stabilit] + [attrattivit] [asintotica stabilit]. Si osservi
che la stabilit e lasintotica stabilit sono propriet locali del campo vettoria-
le (intorno al punto x
0
), mentre lattrattivit una propriet non locale della
dinamica. In particolare una posizione di equilibrio pu essere instabile ma at-
trattiva: in Figura 6.2 sono rappresentate le curve di fase di un campo vettoriale
denito su una supercie sferica che possiede un punto singolare attrattivo, (il
cui bacino di attrazione lintero spazio delle fasi), ma instabile.
ESEMPIO 6.1. Consideriamo il caso lineare ed omogeneo, v(x) Ax, cosic-
ch
t
(x) e
At
x. In questo caso x
0
0 una posizione di equilibrio. Per quanto
visto nel precedente capitolo possiamo dire che:
Se <0 per ogni (A) allora x
0
0 asintoticamente stabile.
Se esiste (A) tale che >0 allora x
0
0 instabile.
Se 0 per ogni (A) e 0 per almeno un (A), allora
x
0
0 stabile (non asintoticamente) se ciascun autovalore immagi-
nario puro possiede molteplicit geometrica ed algebrica coincidenti,
altrimenti instabile.
OSSERVAZIONE 6.5. Esiste unovvia generalizzazione della nozione di stabi-
lit e stabilit asintotica al caso di soluzioni non stazionarie di una legge di evo-
luzione. Supponiamo che la soluzione
t ,t
0
(x) dellEq. (6.2) sia denita su tutto
il semiasse dei tempi t t
0
. Essa detta stabile se esiste un intorno U di x con-
tenuto in D tale che per ogni y U la soluzione
t ,t
0
(y) anchessa denita su

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
136 STABILIT DEGLI EQUILIBRI
x
0
x
0
Pozzo Sorgente
FIGURA 6.3. Pozzi e sorgenti (nella metrica adattata gli insiemi
invarianti sono delle sfere).
tutto il semiasse dei tempi t t
0
e
lim
yx
sup
t t
0
[
t ,t
0
(y)
t ,t
0
(x)[ 0.
La soluzione
t ,t
0
(x) detta asintoticamente stabile se stabile ed inoltre lin-
tornoU pu essere scelto in modo tale che
lim
t +
[
t ,t
0
(y)
t ,t
0
(x)[ 0 y U.
6.2. Stabilit riconosciuta dalla parte lineare
In questa sezione dimostriamo dei criteri di stabilit che scaturiscono dalla
seguente domanda: in quali casi il carattere di stabilit (ovvero di instabilit)
di un problema lineare non viene alterato da una perturbazione non lineare?
Mostreremo che questo avviene nel caso iperbolico che ora deniamo.
Il punto singolare x
0
dellEq. (6.1) detto iperbolico se tutti gli autovalori
della matrice jacobiana Dv(x
0
) hanno parte reale non nulla. Analogamente al
caso lineare, x
0
detto in particolare pozzo [risp. sorgente] se tutti gli autovalori
di Dv(x
0
) hanno parte reale negativa [risp. positiva].
TEOREMA 6.3. Sia x
0
D un pozzo dellEq. (6.1) e si ssi > 0 tale che <
per ogni (Dv(x
0
)). Allora esiste un intorno apertoU di x
0
, la cui chiusura

U contenuta in D, tale che:


i) U positivamente invariante, ovvero
t
(U) U per ogni t 0.
ii) Esiste una norma [ [

in R
n
tale che:
[
t
(x) x
0
[

e
t
[x x
0
[

t 0 x U. (6.4)
In particolare x
0
asintoticamente stabile.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
6.2 STABILIT RICONOSCIUTA DALLA PARTE LINEARE 137
DIMOSTRAZIONE. Senza perdere di generalit assumiamo x
0
0 (possiamo
sempre ridurci a questocasomediante il cambiamentodi coordinate x xx
0
).
Poniamo A
.
Dv(0) e ssiamo un numero
t
> tale che <
t
per ogni
(A). Per il Teorema 2.9 applicato alla matrice A con
t
, esiste una
norma [ [

tale che:
x, Ax

t
[x[
2

x R
n
.
Daltra parte, essendo v(0) 0 e A Dv(0),
lim
x0
[v(x) Ax[

[x[

0,
da cui, utilizzando la disuguaglianza di Cauchy-Swartz,
lim
x0
x, v(x) Ax

[x[
2

0.
Possiamo quindi determinare >0 tale che, se [x[

, allora x D,
x, v(x) Ax

(
t
)[x[
2

,
e dunque:
x, v(x)

x, Ax

+x, v(x) Ax

[x[
2

.
Dimostriamo ora il teorema conU
.
{x R
n
: [x[

<}. Fissato x U sia

.
sup{t >0 :
s
(x) U s [0, t ]}.
Quindi + signica che
t
(x) U per ogni t 0. Viceversa, se < +,
essendo la frontiera di U contenuta in D, la soluzione prolungabile oltre e
per continuit [

(x)[ . Osserviamo ora che se t [0, ) allora:


d
dt
[
t
(x)[
2

2
t
(x), v(
t
(x))

2[
t
(x)[
2

,
da cui, ragionando come nella dimostrazione dellEquazione (2.34),
[
t
(x)[

e
t
[x[

x U t [0, ).
In particolare [
t
(x)[

[x[

< per tutti i tempi t [0, ), il che implica +.


Infatti, se fosse < +, la funzione t [
t
(x)[ avrebbe una discontinuit in
t . In conclusione U positivamente invariante e sussiste la stima (6.4).
Si osservi che per lequivalenza delle norme la disuguaglianza (6.4) implica
lesistenza di una costante K >0 tale che:
[
t
(x) x
0
[ Ke
t
[x x
0
[ t 0 x U.
ESEMPIO 6.2. Consideriamo lequazione del pendolo matematico piano con
attrito lineare (vedi Esercizio 2.1):


2
sin

, >0. (6.5)
La linearizzazione attorno alla posizione di equilibrio (,

) (0, 0) data dalla
matrice
A
_
0 1

_
,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
138 STABILIT DEGLI EQUILIBRI
i cui autovalori sono

[
_

2
4
2
]/2. Essendo

< 0 concludiamo
che (0, 0) una posizione di equilibrio asintoticamente stabile.
Pi in generale, sia q
0
un minimo dellenergia potenziale U C
2
(I ; R), I R,
riconosciuto dalla parte lineare, ovvero U
tt
(q
0
) > 0. Allora (q, q) (q
0
, 0) una
posizione di equilibrio asintoticamente stabile del problema unidimensionale
q U
t
(q) q.
OSSERVAZIONE 6.6. Il Teorema 6.3 fornisce un criterio sufciente di stabilit
asintotica. Mostriamo con un semplice esempio che tale criterio non necessa-
rio. Consideriamo il campo vettoriale in R
2
,
v(x)
_
x
2
a(x
2
1
+x
2
2
)x
1
x
1
a(x
2
1
+x
2
2
)x
2
_
, x
_
x
1
x
2
_
, a >0.
Chiaramente x 0 una posizione di equilibrio del sistema. La matrice jaco-
biana Dv(0)
_
0 1
1 0
_
, cosicch le curve di fase dellequazione linearizzata
x Dv(0)x sono (oltre lorigine) circonferenze di centro lorigine corrisponden-
ti a moti circolari uniformi di velocit angolare 1. Dunque lorigine un
centro per tale dinamica (un equilibrio stabile non asintoticamente) e le ipotesi
del Teorema 6.3 non sono vericate. daltra parte facile mostrare che x 0
una posizione di equilibrio asintoticamente stabile per la dinamica non lineare.
Infatti, se x(t ) (x
1
(t ), x
2
(t )) una soluzione non nulla del sistema, allora:
d
dt
[x(t )[
2
2[x
1
(t ) x
1
(t ) +x
2
(t ) x
2
(t )] 2a[x
1
(t )
2
+x
2
(t )
2
]
2
2a[x(t )[
4
,
da cui, integrando per separazione delle variabili,
[x(t )[
2

[x(0)[
2
1+2a[x(0)[
2
t
. (6.6)
Quindi tutte le palle centrate nellorigine sono insiemi positivamente invarianti,
da cui segue che ogni soluzione
t
(x), x R
2
, esiste globale nel futuro. Inoltre
[
t
(x)[ 0 per t +, cosicch x 0 asintoticamente stabile (con bacino di
attrazione lintero piano R
2
).
Si osservi inne che nel caso a <0 da (6.6) si deduce che ogni soluzione non
nulla esplode in un tempo nito, in particolare x 0 instabile.
TEOREMA 6.4. Sia x
0
D una posizione di equilibrio dellEq. (6.1). Se esiste
(Dv(x
0
)) tale che >0 allora x
0
instabile. Equivalentemente, condizione
necessaria per la stabilit di x
0
che 0 per ogni (Dv(x
0
)).
DIMOSTRAZIONE. Senza perdere di generalit assumiamo x
0
0. Posto A
.

Dv(0), supponiamo che esista (A) tale che >0 e dimostriamo che x 0
instabile. Per quanto mostrato nella Sezione 2.6 esiste una decomposizione di
R
n
in somma diretta di sottospazi invarianti rispetto ad A, R
n
E
1
E
2
, tale che,
detta A
1
[risp. A
2
] la restrizione di A al sottospazio E
1
[risp. E
2
], si ha >0 per
ogni (A
1
) [risp. 0 per ogni (A
2
)]. Indichiamo con n
1
[risp. n
2
] la

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
6.2 STABILIT RICONOSCIUTA DALLA PARTE LINEARE 139
E
1
E
2
B

(0)
C

(b)
C

(a)
C

(a)
C

(b)
=
U
O
FIGURA 6.4. Il cono espulsivo.
dimensione di E
1
[risp. E
2
]. Per le ipotesi fatte su (A) il sottospazio instabile E
1
non banale (ovvero n
1
>0).
Fissiamo >0 tale che > per ogni (A
1
). Per il Teorema 2.9 appli-
cato ad A
1
esiste una norma [ [
1
su E
1
tale che:
y, A
1
y
1
[y[
2
1
y E
1
.
Analogamente, ssato (0, ), poich (A
2
) RR

, esiste una norma [ [


2
su
E
2
tale che:
z, A
2
z
2
[z[
2
2
z E
2
.
Indichiamo con[[ la norma euclidea suR
n
E
1
E
2
denita dalla somma diretta
delle norme precedenti:
[x[
.

_
[y[
2
1
+[z[
2
2
se x
_
y
z
_
E
1
E
2
.
Lo sviluppo di Taylor al primo ordine del campo vettoriale attorno ad x 0 :
v(x)
_
v
1
(y, z)
v
2
(y, z)
_
Ax + f (x), Ax
_
A
1
y
A
2
z
_
, f (x)
_
f
1
(y, z)
f
2
(y, z)
_
,
con f (x) innitesimo di ordine superiore al primo. In particolare, per ogni >0
possiamo determinare >0 tale che:
[ f (x)[ [x[ x

B

(0) D.
Fissiamo >0 tale che
.
4 >0. Consideriamo il conoC
.
{x : [y[
1
>[z[
2
}
e poniamoC

.
CB

(0) (vedi Figura 6.4). Mostreremo cheC

espulsivo, ovve-
ro che per ogni x C

la soluzione
t
(x) si muove dentro C

no ad attraversare
la frontiera B

(0) in un tempo nito. Dunque in particolare x 0 instabile.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
140 STABILIT DEGLI EQUILIBRI
Si consideri la funzione:
W(x)
1
2
_
[y[
2
1
[z[
2
2
_
.
La derivata di W lungo una soluzione x(t ) che giace in C

pu essere stimata
come segue (omettiamo la dipendenza esplicita dal tempo):
d
dt
W(x) y, y
1
z, z
2
y, A
1
y
1
z, A
2
z
2
+y, f
1
(y, z)
1
z, f
2
(y, z)
2
[y[
2
1
[z[
2
2
2[x[ [ f (x)[ [y[
2
1
[z[
2
2
2[x[
2
(2)[y[
2
1
(+2)[z[
2
2

_
[y[
2
1
[z[
2
2
_
2W(x).
Fissato x C

sia
.
sup{t > 0 :
s
(x) C

s [0, t ]}. Dalla stima precedente,


per ogni t [0, ),
d
dt
W(
t
(x)) 2W(
t
(x)),
da cui, integrando,
W(
t
(x)) W(x)e
2t
t [0, ).
Essendo W una funzione continua, essa uniformemente limitata su C

, per
cui deve essere < +. Inoltre, essendo W(
t
(x)) W(x) > 0 per ogni t
[0, ),
t
(x) non pu attraversare le falde del cono (dove W 0), dunque deve
necessariamente attraversare la frontiera B

(0).
Si osservi che come corollario dei precedenti teoremi deduciamo che un
punto singolare iperbolico necessariamente o instabile o asintoticamente sta-
bile.
ESEMPIO 6.3. Consideriamo lequazione del pendolo matematico piano in
presenza o meno di attrito lineare:


2
sin

, 0.
La linearizzazione attorno alla posizione di equilibrio (,

) (, 0) data dalla
matrice
A
_
0 1

_
,
i cui autovalori sono

[
_

2
+4
2
]/2. Essendo
+
>0 (anche se 0)
concludiamo che (, 0) una posizione di equilibrio instabile.
6.3. Il metodo diretto di Liapunov
La dimostrazione del Teorema 6.3 si basa sullesistenza di una norma che
decresce lungo le soluzioni vicine alla posizione di equilibrio. Lidea di A. M.
Liapunov di utilizzare altre funzioni per controllare le propriet di stabilit.
Sia v C
1
(D; R
n
) il campo vettoriale che appare nellEq. (6.1) e W : U R
una funzione differenziabile denita su un aperto U D. Indichiamo con

W la

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
6.3 IL METODO DIRETTO DI LIAPUNOV 141
x
0
B

x
0
( )
x
0
( ) B

V
FIGURA 6.5. La soluzione di dati iniziali in V non pu toccare B

(x
0
).
derivata di Lie di W rispetto al campo vettoriale v, cio

W(x) W(x), v(x).
Dal segno di

W si pu cos determinare se la funzione W cresce, decresce o ri-
mane costante lungo le soluzioni. Il punto fondamentale che per determinare

W non necessario conoscere le soluzioni (da cui il termine metodo diretto).


TEOREMA 6.5. Sia x
0
D una posizione di equilibrio dellEq. (6.1). Suppo-
niamo che esista una funzione continua W : U R denita su un intorno U D
di x
0
, che sia differenziabile inU \{x
0
} e tale che:
1) W(x
0
) 0 e W(x) >0 per x /x
0
,
2)

W(x) 0 inU \{x
0
}.
Allora x
0
stabile. Se inoltre:
3)

W(x) <0 inU \{x
0
},
allora x
0
asintoticamente stabile.
DIMOSTRAZIONE. Fissiamo >0 tale che

B

(x
0
) U e poniamo

.
min{W(x) : x B

(x
0
)}.
Per lipotesi 1) su W > 0. Per la continuit di W linsieme V
.
{x B

(x
0
) :
W(x) <} un insieme aperto di R
n
, ed inoltre esso contiene x
0
poich W(x
0
)
0. Dunque esiste >0 tale che B

(x
0
) V . Per ogni x B

(x
0
), x /x
0
, poniamo

.
sup{t >0 :
s
(x) B

(x
0
) s [0, t ]}.
Dimostriamo che +. Ragioniamo per assurdo ed assumiamo < +.
Essendo

B

(x
0
) D, la soluzione
t
(x) prolungabile oltre e per continuit

(x) B

(x
0
), da cui W(

(x)) . Daltra parte, per lipotesi 2), W(


t
(x))
decrescente per t [0, ). Quindi W(
t
(x)) W(x) < per ogni t [0, ). Si
giunge cos ad una contraddizione poich la funzione t W(
t
(x)) avrebbe
una discontinuit in t . Quindi ogni soluzione che origina da punti in B

(x
0
)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
142 STABILIT DEGLI EQUILIBRI
rimane in B

(x
0
) per tutti i tempi. Vista larbitrariet di concludiamo che x
0

stabile.
Supponiamo ora che valga anche lipotesi 3). Dimostriamo che in tal caso:
lim
t +

t
(x) x
0
x B

(x
0
)
( come sopra), da cui la asintotica stabilit di x
0
. Ragioniamo per assurdo ed
assumiamo che esista x B

(x
0
) tale che
t
(x) non converge ad x
0
. Possiamo
allora determinare 0 <
1
<[x[ ed una successione divergente di tempi {t
k
; k N}
tale che
t
k
(x) B

(x
0
)\B

1
(x
0
) per ogni k N. Per compattezza (eventualmente
restringendosi ad una sottosuccessione), possiamo assumere che esiste z / x
0
tale che:
lim
k+

t
k
(x) z.
Essendo z

B

(x
0
) U, esiste un tempo t > 0 tale che
s
(z) denito e conte-
nuto inU \{x
0
} per ogni s [0, t ]. Daltra parte, per continuit,
lim
k+
W(
t +t
k
(x)) lim
k+
W(
t
(
t
k
(x))) W(
t
(z)).
Ma per lipotesi 3) W strettamente decrescente lungo le soluzioni in U \ {x
0
}.
In particolare W(
t +t
k
(x)) >W(
t
h
(x)) per ogni t
h
>t +t
k
, cosicch:
W(
t +t
k
(x)) >W(z) >W(
t
(z)).
Nel limite k +giungiamo alla contraddizione W(
t
(z)) W(z) >W(
t
(z)).

Una funzione W che soddisfa le condizioni del Teorema 6.5 detta funzione
di Liapunov per il punto singolare x
0
. Inparticolare detta funzione di Liapunov
in senso stretto se anche la condizione 3) del teorema soddisfatta.
COROLLARIO 6.6 (Teorema di Lagrange-Dirichlet). Consideriamo unsistema
meccanico descritto dalla lagrangiana:
L(q, q)
1
2
q, A(q) q +b(q), q U(q) (6.7)
dove le coordinate q sono denite in un aperto di R
d
, A C
2
(; M
d
), b
C
2
(; R
d
), U C
2
(; R), e la matrice A(q) denita positiva per ogni q . Si
assuma che q
0
un minimo proprio (locale) dellenergia potenziale U. Allora
(q
0
, 0) una posizione di equilibrio stabile.
DIMOSTRAZIONE. Le equazioni del moto,
d
dt
L
q

L
q
,
possono essere poste in forma normale essendo A(q) invertibile. Pi precisa-
mente esse equivalgono al seguente sistema del primo ordine:
_
q v
v F(q, v)
(q, v) R
d
,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
6.3 IL METODO DIRETTO DI LIAPUNOV 143
essendo:
F(q, v) A
1
(q)
_
U
q
(q) +v,
A
q
(q) v
1
2
v,
A
q
(q)v +B(q)v
_
,
dove B(q) la matrice antisimmetrica di elementi
B
i , j
(q)
b
i
q
j
(q)
b
j
q
i
(q).
Essendo la lagrangiana L indipendente dal tempo, il sistema ammette lintegrale
primo dellenergia meccanica totale:
E(q, v)
1
2
v, A(q)v +U(q),
ovvero E(q, v) costante lungo le soluzioni del moto (vericarlo per esercizio!).
Posto W(q, v) E(q, v) U(q
0
), per le ipotesi su q
0
segue immediatamente che
W una funzione di Liapunov (non in senso stretto, essendo

W(q, v) 0).
I sistemi meccanici sopra considerati sono caratterizzati da una legge di
conservazione, ovvero dallesistenza di un integrale primo, lenergia meccanica.
Una classe di sistemi conuncomportamento alquanto differente costituito dai
sistemi gradienti. Essi sono deniti da equazioni del tipo:
x F(x), (6.8)
dove F C
2
(D; R), D un aperto in R
n
.
COROLLARIO 6.7. Le curve di fase del sistema (6.8) attraversano ortogonal-
mente le superci di livello F
1
(c)
.
{x D : F(x) c}, c R, nei punti regolari
di F. I punti critici di F sono posizioni di equilibrio del sistema. I minimi isolati
sono asintoticamente stabili.
DIMOSTRAZIONE. Sia x un punto regolare di F (ovvero F( x) / 0) e po-
niamo c F( x). Senza perdere di generalit assumiamo che
F
x
n
( x) / 0. Per
il teorema della funzione implicita esiste un intorno U di x ed una funzione
g C
2
(V ; R), V R
n1
intorno di ( x
1
, . . . , x
n1
), tali che g( x
1
, . . . . x
n1
) x
n
ed
F
1
(c) U il graco della funzione g (ovvero una supercie di codimensio-
ne uno). Inoltre, se x() una qualsiasi curva giacente su F
1
(c) tale che
x(0) x, essendo F(x()) c si ha in particolare:
0
d
d
F(x())

0
F( x), x
t
(0).
Quindi F( x) ortogonale ad ogni vettore x
t
(0) tangente ad F
1
(c) in x.
Chiaramente x
0
una posizione di equilibrio dallequazione (6.8) se e solo
se F(x
0
) 0, ovvero se x
0
un punto critico della funzione F. Osserviamo
inne che:

F(x) F(x), x [F(x)[


2
,
cosicch

F(x) 0 per ogni x D ed

F(x) 0 se e solo se x una posizione di
equilibrio. Ne segue che se x
0
un minimo isolato di F allora W(x)
.
F(x)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
144 STABILIT DEGLI EQUILIBRI
F(x
0
) una funzione di Liapunov in senso stretto per x
0
, da cui la asintotica
stabilit.
ESERCIZIO 6.1. Si consideri il seguente sistema in R
3
:
_
_
_
x 3y(z 1)
y x(z 1)
z (x
2
+1)z
3
Dimostrare che la posizione di equilibrio (0, 0, 0) stabile determinando una fun-
zione di Liapunov. tale equilibrio asintoticamente stabile? [Suggerimento: Cer-
care la funzione di Liapunov nella forma W(x, y, z) ax
2
+by
2
+cz
2
per oppor-
tuni valori di a, b, c >0.]
6.4. Insiemi limite e bacini di attrazione
Sia x
0
una posizione di equilibrio asintoticamente stabile dellEq. (6.1).
Tutte le soluzioni che originano da punti appartenenti al suo bacino di attrazio-
ne, vedi denizione (6.3), sono di fatto identicabili, asintoticamente nel tempo,
con la stessa soluzione stazionaria. quindi importante poter valutare il baci-
no di attrazione di una posizione di riposo. In questa direzione va il teorema
di stabilit di Barbashin-Krasovskii, che dimostreremo in questa sezione. Pri-
ma di discuterlo premettiamo alcune denizioni e propriet supplementari sui
sistemi autonomi di cui avremo bisogno in seguito.
Sia x D ed indichiamo al solito con
t
(x), t J
x
, la soluzione massimale
del problema di Cauchy di dati iniziali
0
(x) x. Deniamo:

+
(x)
.
{
t
(x) : t 0} semiorbita positiva per x se R
+
J
x
,

(x)
.
{
t
(x) : t 0} semiorbita negativa per x se R

J
x
,
(x)
.
{
t
(x) : t R} orbita per x se R J
x
.
Osserviamo che
+
(x) [risp.

(x)] positivamente [risp. negativamente] inva-


riante. In particolare:

t
(

(x))

(
t
(x))

(x) t 0.
Chiaramente (x) invariante, i.e.
t
((x)) (
t
(x)) (x).
Sia x D tale che R
+
J
x
. Chiamiamo insieme -limite (o insieme limite
positivo) di x, che indichiamo con L

(x), la collezione di tutti i punti y D per


ciascuno dei quali esiste una successione di numeri positivi {t
k
; k N} tale che
t
k
+e
t
k
(x) y per k +. Quindi:
L

(x)
.

_
y D : {t
k
}, t
k
+, tale che lim
k+

t
k
(x) y
_
.
Analogamente, se R

J
x
chiamiamo insieme -limite (o insieme limite negati-
vo) linsieme:
L

(x)
.

_
y D : {t
k
}, t
k
, tale che lim
k+

t
k
(x) y
_
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
6.4 INSIEMI LIMITE E BACINI DI ATTRAZIONE 145
LEMMA 6.8. Gli insiemi L

(x) edL

(x) sono chiusi inD edinvarianti. Inoltre,


se la chiusura della semiorbita
+
(x) [risp.

(x)] un insieme compatto conte-


nuto in D, allora L

(x) [risp. L

(x)] un insieme non vuoto, compatto e connesso,


tale che:
lim
t +
dist
_

t
(x), L

(x)
_
0
_
risp. lim
t
dist
_

t
(x), L

(x)
_
0
_
. (6.9)
DIMOSTRAZIONE. Dimostriamo le affermazioni per linsieme L

(x), laltro
caso del tutto simile.
Mostriamo dapprima che L

(x) un chiuso in D. Sia:


{y
k
; k N} L

(x) : lim
k+
y
k
y D.
Dobbiamo dimostrare che y L

(x). Fissato un intero p > 0 scegliamo k


p
tale
che [yy
k
p
[ <(2p)
1
. Consideriamo una successione divergente di tempi {t
j
; j
N} tale che
t
j
(x) y
k
p
per j +. Fissiamo quindi un intero j
p
cos grande
che t
j
p
> p e [
t
jp
(x) y
k
p
[ <(2p)
1
. Posto
p
t
j
p
, otteniamo in tal modo una
successione divergente di tempi {
p
; p N} tale che [

p
(x)y[ [
t
jp
(x)y
k
p
[+
[y
k
p
y[ <p
1
, ovvero

p
(x) y per p +. Dunque y L

(x).
Mostriamo ora che L

(x) invariante. Sia y L

(x), cosicch esiste t


k

+tale che
t
k
(x) y. Poich lintervallo massimale di esistenza J
x
della solu-
zione
t
(x) contiene strettamente la semiretta positiva, la soluzione
t
(
t
k
(x))
denita per ogni t [t
k
, +) ed inoltre
t
(
t
k
(x))
t +t
k
(x). Per il teorema di
continuit rispetto ai dati iniziali, poich
t
k
(x) y D e t
k
+, la soluzione

t
(y) denita per ogni t R ed inoltre:

t
(y) lim
k+

t
(
t
k
(x)) lim
k+

t +t
k
(x),
ovvero
t
(y) L

(x).
Supponiamo ora che la chiusura
+
(x) della semiorbita
+
(x) sia compatta
e contenuta in D. Chiaramente L

(x) non vuoto poich esistono successioni


convergenti in
+
(x) per compattezza. Inoltre L

(x) un compatto essendo un


chiuso contenuto in
+
(x). Dimostriamo che connesso ragionando per assur-
do. Supponiamo quindi che L

(x) B
1
B
2
con B
1
e B
2
compatti e disgiunti.
Per le propriet di separazione di R
n
esiste un insieme aperto e limitato A tale
che
B
1
A

A D\B
2
.
Per denizione di -limite esistono successioni divergenti di tempi {t
(i )
k
; k N},
i 1, 2, tali che:
y
i
lim
k+

t
(i )
k
(x) B
i
, i 1, 2.
Allora, per continuit, la traiettoria t
t
(x) interseca la frontiera A

A \
A innite volte ed in corrispondenza di una successione divergente di tempi.
Per compattezza, possiamo determinare una successione divergente di tempi
{
k
; k N} tale che

k
(x) converge ad un punto y A. Quindi y L

(x) da cui
una contraddizione essendo L

(x) A .

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
146 STABILIT DEGLI EQUILIBRI
Inne, supponiamo per assurdo che il limite (6.9) sia falso. Allora esisto-
no > 0 ed una successione di tempi divergente {t
k
; k N} per i quali si ha
dist
_

t
k
(x), L

(x)
_
> per ogni k N. Per compattezza possiamo estrarre una
sottosuccessione convergente. Detto y il limite di tale sottosuccessione, per la
continuit della distanza si ha dist
_
y, L

(x)
_
. Ma essendo
+
(x) D anche
y L

(x), da cui una contraddizione.


ESEMPIO 6.4. Vediamo alcuni esempi semplici di insiemi limite.
1) Sia x
0
un punto singolare attrattivo e B(x
0
) il suo bacino di attrazione.
Allora L

(x) {x
0
} per ogni x B(x
0
).
2) Sia (x) un orbita chiusa. Nel caso banale (x) {x}, x un punto singo-
lare del campo e lorbita limmagine della soluzione stazionaria
t
(x) x. Nel
caso non banale essa limmagine di una soluzione periodica, ovvero esiste un
pi piccolo tempo T > 0 tale che
T
(x) x. In entrambi i casi L

(x) L

(x)
(x). Infatti gli insiemi limite sono contenuti in (x) essendo lorbita chiusa e
daltra parte per ogni punto y (x) esiste un [0, T] tale che y
+kT
(x) per
ogni k Z. Dunque y L

(x) L

(x).
3) Si consideri il usso lineare sul toro T
2
studiato nella [Sezione 3.6. Dal Co-
rollario 3.9 concludiamo che se le frequenze sono razionalmente indipendenti
allora L

() L

() T
2
per ogni (
1
,
2
) T
2
. Se invece le frequenze sono
razionalmente dipendenti allora le orbite sono chiuse, dunque L

() L

()
() per ogni (
1
,
2
) T
2
.
TEOREMA 6.9 (Il Teorema di Barbashin-Krasovskii). Sia x
0
una posizione di
equilibrio per la quale esista una funzione di Liapunov W : U R. Supponiamo
inoltre che esista un intorno P U di x
0
, chiuso (in R
n
) e limitato, tale che:
a) P positivamente invariante,
b) non esistono orbite interamente contenute in P \ {x
0
} lungo le quali la
funzione W costante.
Allora x
0
asintoticamente stabile e P B(x
0
).
DIMOSTRAZIONE. Sia x P. Essendo
+
(x) P, linsieme L

(x) non
vuoto, compatto, connesso e contenuto in P. Poich P un insieme positi-
vamente invariante contenuto nel dominio U della funzione di Liapunov, si ha

W(
t
(x)) 0 per ogni t 0. Quindi la funzione t W(
t
(x)) monotona ed
esiste il limite
W
0
(x) lim
t +
W(
t
(x)).
Essendo W una funzione continua, dalla denizione di -limite concludiamo
che W(y) W
0
(x) per ogni y L

(x). Ma essendo L

(x) invariante, (y) L

(x)
per ogni y L

(x), cosicch la funzione di Liapunov costante lungo tutta lor-


bita (y) di ciascunpunto y L

(x). Allora, per lassunto b) del teorema, L

(x)
{x
0
} necessariamente. Essendo
+
(x) uncompattoinDvale inoltre il limite (6.9).
Abbiamo in tal modo dimostrato che:
lim
t +

t
(x) x
0
x P.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
6.4 INSIEMI LIMITE E BACINI DI ATTRAZIONE 147
Dunque x
0
asintoticamente stabile e P B(x
0
).
COROLLARIO 6.10 (Problema lagrangiano conforze dissipative). Consideria-
mo un sistema meccanico descritto dal sistema differenziale del secondo ordine:
d
dt
L
q

L
q
+Q(q, q),
dove la lagrangiana L(q, q) denita come in (6.7) e le forze addizionali Q
C
2
(R
d
; R
d
) sono delle dissipazioni complete, ovvero tali che:
Q(q, 0) 0 q , v,Q(q, v) <0 q v /0. (6.10)
Si assuma che q
0
un minimo isolato dellenergia potenziale U. Allora (q
0
, 0)
una posizione di equilibrio asintoticamente stabile.
DIMOSTRAZIONE. Analogamente al caso conservativo analizzato nel Corol-
lario 6.6, le equazioni del moto possono essere poste in forma normale. Uti-
lizzando la medesima notazione introdotta nel suddetto corollario, otteniamo
ora:
_
q v
v F(q, v) +A
1
(q)Q(q, v)
(q, v) R
d
,
Posto W(q, v) E(q, v) U(q
0
) con E(q, v) lenergia meccanica totale del siste-
ma, si ha in tal caso:

W(q, v) v,Q(q, v).


Dallipotesi (6.10) segue che W una funzione di Liapunov, cosicch (q
0
, 0)
una posizione di equilibrio stabile. Purtroppo W non una funzione di Liapu-
nov insensostretto, ovverononvale lipotesi 3) del Teorema 6.5. Infatti

W(q, 0)
0 per ogni q . Per dimostrare la asintotica stabilit utilizziamo allora il teo-
rema di Barbashin-Krasovskii. Fissato > 0 consideriamo il sottoinsieme dello
spazio delle fasi:
D

.
{(q, v) R
d
: W(q, v) }.
Chiaramente D

positivamente invariante poich W non cresce lungo le solu-


zioni. Indichiamo con P

la componente connessa di D

che contiene il punto


(q
0
, 0). Essendo q
0
un minimo isolato, se scelto sufcientemente piccolo
allora P

un intorno chiuso e limitato di (q


0
, 0) tale che:
F(q, 0) A
1
(q)
U
q
(q) /0 (q, 0) P

\{(q
0
, 0)}. (6.11)
Inoltre P

positivamente invariante, essendo strettamente separato dal suo


complementare in D

. Rimane da vericare la condizione b) del Teorema 6.9.


Poich

W(q, v) 0 solo se v 0, le uniche orbite lungo le quali la funzione W
costante sono le posizioni di equilibrio. La condizione b) segue allora dalla
(6.11) che implica (q
0
, 0) essere lunica posizione di equilibrio in P

. Dunque q
0
asintoticamente stabile e P

B(q
0
, 0).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
148 STABILIT DEGLI EQUILIBRI
(0)
P

v
0
2 2

0<<2
(0)
P

v
0
2 2

>2
FIGURA 6.6. Curve di fase del pendolo con attrito.
ESEMPIO 6.5. NellEsempio 6.2 abbiamo mostrato che la posizione di equi-
librio (0, 0) del pendolo matematico piano con attrito, descritto dallEq. (6.5)
asintoticamente stabile. Possiamo ora utilizzare il Teorema 6.9 per valutare
parte del bacino di attrazione. Riscriviamo lEq. (6.5) nella forma:
_

v,
v
2
sinv.
Lenergia meccanica totale
E(, v)
v
2
2
+
2
(1cos)

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
6.4 INSIEMI LIMITE E BACINI DI ATTRAZIONE 149
e la sua derivata direzionale

E(, v) v
2
.
Essendo E(0, 0) 0 la funzione di Liapunov esattamente W(q, v) E(q, v).
Fissato 0 < <2
2
sia
P

{(, v) : W(, v) , [[ <}.


Chiaramente P

un intorno chiuso di (0, 0) positivamente invariante. Inoltre,


essendo sin /0 per ogni (, 0)(0, ), esso non contiene altre posizioni di
equilibrio oltre (0, 0). Concludiamo che P

B(0, 0). Quindi:


P
(0)
.
{(, v) : W(, v) <2
2
, [[ <}

<2
2
P

B(0, 0).
Analogamente, per ogni intero n Z, si ha:
P
(n)
.
{(, v) : W(, v) <2
2
, [2n[ <} B(2n, 0). (6.12)
OSSERVAZIONE 6.7. possibile caratterizzare linsieme limite L

(, v) per
ciascun punto del piano delle fasi del pendolo con attrito considerato nellE-
sempio 6.5. Sia ((t ), v(t )), t R, una qualsiasi soluzione (si osservi che tutte le
soluzioni esistono globali poich la velocit di fase soddisfa lipotesi del Corol-
lario 1.6. Osserviamo innanzitutto che, essendo E((t ), v(t )) E((0), v(0)) e le-
nergia potenziale non negativa, [v(t )[
_
2E((0), v(0)) per ogni t 0. Mostria-
mo ora che necessariamente v(t ) 0 per t +. Dalle equazioni del moto e la
precedente stima sulla velocit, possiamo stimare [ v(t )[
2
+
_
2E((0), v(0)).
Ne segue in particolare che t v
2
(t ) uniformemente continua su tutto il se-
miasse positivo dei tempi. Quindi per ogni > 0 esiste un > 0 tale che [v(t )
v(s)[ < se [t s[ < . Supponiamo per assurdo che la velocit non converga a
zero. Utilizzando la uniforme continuit sopra stabilita, possiamo allora deter-
minare una successione di tempi divergente t
n
+, e dei numeri , >0 tali
che:
v
2
(s) > s [t
n
, t
n
+], [t
n
, t
n
+] [t
k
, t
k
+] k /n.
Detto n(t ) il pi grande intero n tale che t
n
+ t , otteniamo allora
E((t ), v(t )) E((0), v(0))
_
t
0
ds v
2
(s)
E((0), v(0))
n(t )

k0
_
t
k
+
t
k

ds v
2
(s)
E((0), v(0)) 2n(t ),
il che implica E((t ), v(t )) per t +, da cui una contraddizione essen-
do E(, v) una funzione non negativa. Dunque la velocit di ciascuna soluzione
deve convergere a zero. Esistono allora solo due possibilit sul comportamento
asintotico di una soluzione del problema che non sia stazionaria: o appartiene
al bacino di attrazione di una posizione di equilibrio stabile, (2k, 0), k Z, o
compie un moto a meta asintotica verso una posizione di equilibrio instabile
((2k +1), 0), k Z.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
150 STABILIT DEGLI EQUILIBRI
OSSERVAZIONE 6.8. Si consideri il sistema meccanico unidimensionale con
attrito descritto dallequazione:
q U
t
(q) q
_
q v,
v U
t
(q) v
,
dove U C
2
(R). Supponiamo che t q(t ), t [0, T], sia una fase di moto pro-
gressivo e poniamo q
0
q(0), q
1
q(T). Esiste allora ununica funzione inverti-
bile q t (q), q [q
0
, q
1
], tale che q(t (q)) q, quindi t
t
(q) 1/v(t (q)), per ogni
q [q
0
, q
1
]. Posto
v(q)
.
v(t (q)), E(q)
.

1
2
v
2
(q) +U(q), q [q
0
, q
1
],
si ha:
E
t
(q)
d
dt
E(q(t ), v(t ))

t t (q)
t
t
(q)

E(q, v(q))
1
v(q)
v(q),
dove si utilizzato che

E(q, v) v
2
. In denitiva:
E
t
(q)
_
2[E(q) U(q)] q [q
0
, q
1
], (6.13)
che fornisce unequazione del primo ordine (nonautonoma) cui deve soddisfare
lenergia come funzione della posizione durante una fase di moto progressivo.
Analogamente si dimostra che, durante una fase di moto retrogrado,
E
t
(q)
_
2[E(q) U(q)].
ESERCIZIO 6.2. Dimostrare che la soluzione dellequazione del pendolo con
attrito di dati iniziali (, ) appartiene al bacino di attrazione della posizione di
equilibrio (0, 0) per ogni sufcientemente piccolo. [Suggerimento: Utilizzando
lOsservazione 6.8, mostrare che per piccolo la soluzione entra inuntempo nito
nellinsieme P
(0)
costruito nellEsempio 6.5.]
ESERCIZIO 6.3. Dimostrare che per ogni intero positivo n e per ogni posizione
iniziale del pendolo con attrito esiste una velocit iniziale v
0
tale che la corri-
spondente soluzione tende alla posizione di equilibrio stabile compiendo esatta-
mente n rotazioni complete prima di iniziare le oscillazioni smorzate attorno alla
suddetta posizione.
ESERCIZIO 6.4. Sia t
t
(x), (t , x) RR
n
, un usso di fase. Dimostrare le
seguenti identit:
L

(x)

t 0

t
(
+
(x))

t 0

+
(
t
(x))

t 0

st

s
(x),
L

(x)

t 0

t
(

(x))

t 0

(
t
(x))

t 0

st

s
(x).
ESERCIZIO 6.5. Sia F C
1
(R
n
; R) tale che F
1
(, c]
.
{x R
n
: F(x) c}
compatto per ogni c R. Si assuma inoltre che F(x) / 0 a meno di un insieme
nito di punti z
1
, . . . , z
k
. Dimostrare che allora, qualunque sia il dato iniziale

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
6.5 SOLUZIONE DEGLI ESERCIZI 151
x R
n
, la soluzione t
t
(x) del sistema gradiente x F(x) denita per
ogni t 0 ed inoltre:
lim
t +

t
(x) z
j
,
per qualche j j (x). [Suggerimento: Dimostrare dapprima che in un sistema
gradiente ogni punto di L

(x) necessariamente una posizione di equilibrio.]


6.5. Soluzione degli esercizi
SOLUZIONE ES. 6.1. Osserviamo preliminarmente che, essendo
A
.

( x, y, z)
(x, y, z)
(0, 0, 0)
_
_
0 3 0
1 0 0
0 0 0
_
_
(A) {0,
_
3i },
non sono applicabili i criteri di stabilit riconosciuta dalla parte lineare. Consi-
deriamo la funzione W(x, y, z) ax
2
+by
2
+cz
2
; si ha:

W(x, y, z) 2ax x +2by y +2cz z 2(3a b)xy(z 1) 2c(x


2
+1)z
4
.
Se 3a b allora

W(x, y, z) 2c(x
2
+1)z
4
. Quindi W(x, y, z) a(x
2
+3y
2
) +
cz
2
con a, c > 0 una funzione di Liapunov: positiva tranne che in (0, 0, 0) e

W(x, y, z) 0. Dunque (0, 0, 0) stabile. Tale equilibrio non pu essere asinto-


ticamente stabile. Infatti il piano cartesiano di equazione z 0 un insieme
invariante per la dinamica e le equazioni del moto su tale piano si riducono al
sistema:
_
x 3y
y x
che sono le equazioni di un oscillatore armonico ( y +3y 0). In particolare tutti
i moti su questo piano (eccetto la soluzione stazionaria (0, 0)) sono periodici.
Concludiamo osservando che i moti che non si svolgono sul piano z 0 sono da
questo comunque attratti. In effetti:
d
dt
z
2
2(x
2
+1)z
4
2z
4
,
per cui, integrando la disuguaglianza,
z
2
(t )
z
2
(0)
1+2t z
2
(0)
,
ovvero z
2
(t ) 0 per t +.
SOLUZIONE ES. 6.2. Consideriamo la fase di moto progressivo t (t ), t
[0, t

) tale che:
((0), v(0)) (, ), t

.
sup{t 0 : E((s), v(s)) 2
2
s [0, t ]}.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
152 STABILIT DEGLI EQUILIBRI
Posto

lim
t t

(t ) (in generale

+) sia E(), [,

), denita come
nellOsservazione 6.8. Utilizzando (6.13), per ogni [,

) si ha:
0 E() E() +
_

dy
_
2[E(y) U(y)]

2
2
+
_

dy
_
2[2
2

2
(1cos y)],
dove si sfruttato il fatto che E() 2
2
su tutto lintervallo [,

), che E()

2
/2+2
2
e che U(y)
2
(1cos y). In denitiva:

dy
_
2(1+cos y)

2
2
0 [,

).
Supponiamo per assurdo che

> 0 per ogni > 0. Allora, nel limite 0


giungiamo alla contraddizione
_
0

dy
_
2(1+cos y) 0. Quindi per sufcien-
temente piccolo esiste
1
< tale che E(
1
) < 2
2
, ovvero ((t
1
), v(t
1
)) P
(0)
con t
1
t (
1
).
SOLUZIONE ES. 6.3. Sia
0
[, ) la posizione iniziale. Dobbiamo deter-
minare v
0
>0 in modo tale che la soluzione di dati iniziali (
0
, v
0
) entra nellin-
sieme invariante P
(n)
denito in (6.12). Dal risultato dellEsercizio 6.4 segue che
possiamo scegliere >0 tale che la soluzione di dati iniziali ((2n1), ), che in-
dichiamo con t ((t ), v(t )), entra nellinsieme P
(n)
in un tempo nito. Tale
soluzione prolungabile su tutto lasse reale dei tempi. Inoltre, essendo
inf
t 0
E((t ), v(t )) E((0), v(0))

2
2
+2
2
, |U|

2
2
,
si ha:
inf
t 0
v(t ) inf
t 0
_
2[E((t ), v(t )) U((t ))] .
Ci implica in particolare che (t ) per t , cosicch esiste sicu-
ramente un tempo t
0
< 0 tale che (t
0
)
0
. La velocit iniziale richiesta
allora v
0
v(t
0
). Infatti la soluzione
t
(
0
, v
0
) ((t + t
0
), v(t + t
0
)), di dati
iniziali (
0
, v
0
), compie esattamente n rotazioni complete prima di iniziare le
oscillazioni smorzate attorno alla posizione di equilibrio
n
2n 0 (mod 2).
SOLUZIONE ES. 6.4. Consideriamo il caso dellinsieme -limite, laltro caso
analogo. Le seconde due uguaglianze sono ovvie poich, per la propriet di
gruppo del usso di fase,
t
(
+
(x))
+
(
t
(x))
st

s
(x). Sia ora y L

(x) e
t
k
+tale che
t
k
(x) y. Per ogni t > 0 la sottosuccessione {
t
k
(x); t
k
t }
contenuta in
t
(
+
(x)) e converge a y. Dunque y
t
(
+
(x)) per ogni t 0.
Viceversa, sia y
t
(
+
(x)) per ogni t 0. Comunque scelto un intero positivo
k > 0 possiamo allora determinare un tempo t
k
> k tale che [
t
k
(x) y[ < 1/k.
Dunque y L

(x).
SOLUZIONE ES. 6.5. Essendo F non crescente lungo le soluzioni, linsieme
F
1
(, x] positivamente invariante, cosicch la soluzione
t
(x) rimane con-
nata inuncompatto e dunque si prolunga globalmente nel futuro. Ragionando

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
6.6 NOTA BIBILIOGRAFICA 153
come nella dimostrazione del teorema di Barbashin-Krasovskii, si verica che
la funzione F costante lungo lorbita (y) di ciascun punto y L

(x). Quin-
di, essendo

F [F[
2
, L

(x) pu essere costituito unicamente da punti critici


di F. Daltra parte, essendo
+
(x) limitata, per il Lemma 6.8 linsieme L

(x)
non vuoto e connesso. Dunque L

(x) {z
j
} per qualche j j (x), cosicch,
utilizzando la (6.9),
t
(x) z
j
per t +.
6.6. Nota bibiliograca
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) M.W. Hirsch, S. Smale. Differential equations, dynamical systems and
linear algebra. (Pure and applied mathematics. Aseries of Monographs
and Textbooks). San Diego: Academic Press, 1974.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
CAPITOLO 7
Soluzioni periodiche ed applicazioni di Poincar
7.1. Equazioni lineari a coefcienti periodici
Vogliamo studiare le condizioni di stabilit della posizione di riposo (y, y)
(0, 0) dellequazione lineare omogenea non autonoma:
y
2
[1+a(t )]y, >0, (7.1)
con a(t ) una funzione periodica del tempo. LEq. (7.1) descrive le piccole oscil-
lazioni di sistemi meccanici i cui parametri variano periodicamente nel tempo,
quali ad esempio il moto di unaltalena. Se a(t ) cos(t ) essa prende il nome
di equazione di Mathieu e rappresenta la linearizzazione intorno alla posizio-
ne di riposo (,

) (0, 0) dellequazione del pendolo matematico piano con il
punto di sospensione oscillante (vedi Esercizio 2.2). Mostreremo come almeno
nel caso di coefcienti quasi costanti ( <1) possibile stabilire dei criteri di
stabilit.
7.1.1. Mappastroboscopica. Consideriamopiingenerale il problema dif-
ferenziale:
x v(t , x), x R
n
, (7.2)
dove la funzione v C
1
(RR
n
; R
n
) dipende periodicamente dal tempo, ovvero
esiste T >0 tale che v(t +T, x) v(t , x) per ogni t R. Supporremo che tutte le
soluzioni sono denite sullintero asse dei tempi R. Indichiamo con
t ,t
0
(x) la
soluzione di dati iniziali
t
0
,t
0
(x) x. Osserviamo che:
1) x
t ,t
0
(x) un diffeomorsmo per ogni t , t
0
R;
2)
t ,t
0

t ,s

s,t
0
per ogni t , s, t
0
R;
3)
t +T,t
0
+T

t ,t
0
per ogni t , t
0
R.
Le propriet 1) e 2) sono conseguenza immediata del teorema di esistenza ed
unicit. La 3) segue dalla periodicit di v. Infatti, posto (t )
t +T,t
0
+T
(x), si
ha:
(t ) v(t +T, (t )) v(t , (t )), (t
0
) x,
da cui (t )
t ,t
0
(x).
Fissiamo da ora in poi t
0
0 (non limitativo, poich possiamo sempre ri-
durci a questo caso considerando il nuovo campo vettoriale v(t , x) v(t
0
+t , x)).
Deniamo mappa stroboscopica o applicazione di Poincar la funzione:
g C
1
(R
n
; R
n
) : g(x)
.

T,0
(x).
155
156 SOLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI POINCAR
Dalle propriet 2) e 3) otteniamo
nT+s,0

nT+s,nT

nT,0

s,0

nT,0
. In
particolare, per s T si ha
(n+1)T,0
g
nT,0
, da cui
nT,0
g
n
per induzione.
In denitiva:

nT+s,0

s,0
g
n
n Z s R. (7.3)
Attraverso la relazione (7.3) lo studio della stabilit di soluzioni periodiche
dellEq. (7.2) si riconduce a quello della stabilit dei punti ssi della mappa stro-
boscopica. Ricordiamo che, assegnata una mappa g C
1
(D; R
n
), D un aperto di
R
n
, il punto x
0
D detto punto sso di g se g(x
0
) x
0
. Esso fornisce unorbita
stazionaria della legge di evoluzione a tempo discreto denita dalle iterazioni
della mappa g:
g
0
(x) x, g
1
(x) g(x), g
2
(x) g(g(x)), . . . , g
k
(x) g(g
k1
(x)).
Si osservi che alcune orbite possono non essere denite globalmente nel futuro,
poich pu essere g(x) D per qualche x D. Se invece g un diffeomorsmo
allora ogni orbita denita globalmente su tutto Z, ponendo g
k
(x) (g
1
)
k
(x).
DEFINIZIONE 7.1. Il punto sso x
0
della mappa g C
1
(D; R
n
) detto stabile
se per ogni >0 tale che

B

(x
0
) D esiste (0, ] tale che g
n
(x) B

(x
0
) per ogni
n N ed x B

(x
0
). Esso detto asintoticamente stabile se stabile ed inoltre il
parametro pu essere scelto in modo tale che
lim
n+
g
n
(x) x
0
x B

(x
0
).
TEOREMA 7.2. Si consideri il diffeomorsmo g
T,0
. Allora:
a) x
0
punto sso di g se e solo se t
t ,0
(x) periodica di periodo T.
b) Il punto sso x
0
di g stabile [risp. asintoticamente stabile] se e solo se
la corrispondente soluzione periodica t
t ,0
(x) stabile [risp. asintoticamente
stabile].
c) Se v(t , x) A(t )x allora g L(R
n
).
d) Se divv(t , x) 0 allora g conserva i volumi.
DIMOSTRAZIONE. Il punto a) segue dallidentit
t +T,0
(x
0
)
t ,0
(g(x
0
)), va-
lida per ogni t R. Il punto b) segue dalla dipendenza continua della soluzione
dalle condizioni iniziali e dalle seguenti identit:
sup
t 0
[
t ,0
(x)
t ,0
(x
0
)[ sup
s[0,T]
sup
nN
[
s,0
(g
n
(x))
s,0
(x
0
)[,
[
t ,0
(x)
t ,0
(x
0
)[ sup
s[0,T]
[
s,0
(g
[t /T]
(x))
s,0
(x
0
)[,
che si ottengono facilmente dalla (7.3) utilizzando il fatto che x
0
g(x
0
) (nella
seconda uguaglianza [t /T] la parte intera di t /T). Il punto c) segue dalla teoria
delle equazioni lineari. In particolare g P
T,0
con P
t ,t
0
la matrice principale
relativa allequazione x A(t )x. Il punto d) inne conseguenza del Teorema
di Liouville.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
7.1 EQUAZIONI LINEARI A COEFFICIENTI PERIODICI 157
7.1.2. Condizioni di stabilit e risonanza parametrica. Il caso cui siamo
interessati la stabilit della soluzione nulla y(t ) 0 dellequazione lineare non
autonoma:
y
2
(t )y x A(t )x, A(t )
_
0 1

2
(t ) 0
_
, (7.4)
con
2
(t ) funzione periodica di periodo T. Lapplicazione di Poincar quindi
g P
T,0
. Inoltre, essendo Tr A(t ) 0, si ha det g 1. Utilizzeremo il seguente
criterio.
LEMMA 7.3. Sia B L(R
2
) tale che det B 1. Allora il punto sso x 0
stabile se [TrB[ <2 ed instabile se [TrB[ >2.
DIMOSTRAZIONE. Lequazione caratteristica
2
(TrB) +1 0. Indichia-
mo con

gli autovalori di B. Se [TrB[ < 2 allora

e
i
per qualche
(0, 2), cosicch esiste una matrice non singolare S tale che B SR[]S
1
, con
R[] la matrice di rotazione del piano di un angolo . Quindi, per ogni x R
2
ed
n N,
B
n
x SR[n]S
1
x [B
n
x[ |S||S
1
|[x[,
da cui la stabilit di x 0. Viceversa, se [TrB[ > 2 allora

< 1 <
+
. Sia f
+
lautovettore unitario di
+
. Per ogni vettore y non nullo collineare ad f
+
si ha
[B
n
y[
n
+
[y[ +per n +, da cui la instabilit di x 0.
Chiaramente se [TrB[ 2 esiste una matrice non singolare S tale che B
SCS
1
, con C
_
1 0
c 1
_
per qualche c R. Dunque il punto sso pu essere sia
stabile (c 0) che instabile (c /0).
Nel caso bidimensionale (n 2) il sistema (7.2) detto sistema di Hamilton
se divv(t , x) 0. In particolare lequazione lineare omogenea x A(t )x con
Tr A(t ) 0 denisce un sistema di Hamilton lineare. La soluzione nulla di tale
sistema detta fortemente stabile se essa stabile per tutti i sistemi di Hamilton
lineari vicini, ovvero se esiste > 0 tale che la soluzione x 0 di x

A(t )x
stabile quando Tr

A(t ) 0 e |A(t )

A(t )| < per ogni t R.
COROLLARIO 7.4. Sia B P
T,0
lapplicazione di Poincar del sistema di Ha-
milton lineare x A(t )x. Se [TrB[ < 2 allora la soluzione nulla fortemente
stabile.
DIMOSTRAZIONE. Se [TrB[ < 2 allora [Tr

B[ < 2 anche per la mappa stro-
boscopica

B relativa ad un sistema x

A(t )x sufcientemente vicino ad x
A(t )x. Infatti, utilizzando il Lemma di Gronwall, si verica facilmente che P
T,0
una funzione continua di A A(t ) nella norma |A|

.
sup{|A(t )| : t [0, T]}
(dimostrare questa affermazione!).
Applichiamo la teoria sopra sviluppata al caso del sistema (7.1). Lequazione
si riscrive nella forma:
x A

(t )x, A

(t )
_
0 1

2
[1+a(t )] 0
_
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
158 SOLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI POINCAR
Per <1 la matrice A

(t ) vicina alla matrice costante A


0

_
0 1

2
0
_
. Cer-
chiamo i valori dei parametri
2
e T per i quali la soluzione nulla di x A
0
x
fortemente stabile. Per applicare il corollario precedente dobbiamo calcolare
B P
T,0
e
A
0
T
. Osservando che A
2
0

2
1I e procedendo come nellEquazione
(2.20), si ha:
e
A
0
T
cos(T)1I
1
sin(T)A
0

_
cos(T)
1
sin(T)
sin(T) cos(T)
_
.
Essendo [TrB[ 2[ cos(T)[, concludiamo che tutti i punti del semiasse 0, ad
eccezione dei punti k/T, k 0, 1, . . ., corrispondono a sistemi fortemen-
te stabili. In particolare, per tali valori di , la soluzione nulla stabile anche
per il sistema (7.1) purch il parametro sia scelto sufcientemente piccolo. In
effetti si pu dimostrare che (generalmente) la regione di instabilit nel piano
(, ) si avvicina allasse in corrispondenza dei punti (, )
_
2k/T, 0
_
. Que-
sto fenomeno detto della risonanza parametrica. Ad esempio, nel caso del-
lequazione di Mathieu, dove a(t ) cos(t ) e quindi T 2/, si ha instabilit
nellintervallo:
2
4+
<<
2
4
.
Altrimenti detto, scelto >0 comunque piccolo la soluzione nulla instabile se
[/2[ <(8+2)
1
. Esiste una regione di instabilit anche incorrispondenza
degli altri valori di risonanza parametrica, ovvero , 3/2, . . ., ma meno
estesa.
7.2. Criteri di asintotica stabilit per sistemi dinamici discreti
Nel seguito avremo bisogno di stabilire la asintotica stabilit di punti ssi
di una mappa g C
1
(D; R
n
). Analogamente al caso dei ussi esiste un crite-
rio sufciente che si basa sullanalisi della linearizzazione di g intorno al punto
sso.
Il criterio di asintotica stabilit nel caso incui g B L(R
n
) fornito dal Teo-
rema 5.3 sulle contrazioni lineari. Il seguente corollario di quel teorema fornisce
un criterio sufciente per il caso non lineare.
COROLLARIO 7.5. Sia x
0
un punto sso di g C
1
(D; R
n
). Supponiamo che
Dg(x
0
) sia una contrazione lineare. Allora esiste un intorno apertoU di x
0
, la cui
chiusura

U contenuta in D, tale che:
i) U positivamente invariante, ovvero g
k
(U) U per ogni k N.
ii) Esistono (0, 1) ed una norma [ [

in R
n
tali che:
[g
k
(x) x
0
[

k
[x x
0
[

k N x U.
In particolare x
0
asintoticamente stabile.
DIMOSTRAZIONE. Siano (0, 1) e [ [

tali che [Dg(x


0
)y[ [y[

. Fissiamo

1
(0, 1) e sia >0 tale che x D e [g(x) x
0
Dg(x
0
)(x x
0
)[

1
[x x
0
[

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
7.3 CICLI E LORO STABILIT 159
se [x x
0
[

. Quindi, posto U
.
{x R
n
: [x x
0
[

<} e
.
+
1
(0, 1) si ha
[g(x) x
0
[

[x x
0
[

per ogni x U.
7.3. Cicli e loro stabilit
Le curve di fase del usso generato da un campo vettoriale v C
1
(D; R
n
)
possono essere costituite da singoli punti, essere diffeomorfe ad una retta, op-
pure ad una circonferenza. In questultimo caso la curva di fase viene detta ciclo
ed lorbita di una soluzione periodica non banale.
Il ciclo detto stabile secondo Liapunov se per ogni intorno aperto U di
compattamente contenuto in D (quindi U

U D) esiste un intorno V di
tale che
t
(V ) U per ogni t 0. Il ciclo detto asintoticamente stabile se
stabile ed inoltre lintorno V pu essere scelto in modo tale che:
lim
t +
dist(
t
(x), ) 0 x V. (7.5)
Analogamente al caso delle posizioni di riposo, associamo ad ogni ciclo asinto-
ticamente stabile il suo bacino di attrazione, denito dallinsieme aperto:
B()
.

_
x D : J
x
R
+
R
+
, lim
t +
dist(
t
(x), ) 0
_
.
OSSERVAZIONE 7.1. La nozione di stabilit [risp. asintotica stabilit] di un
ciclo, che descrive propriet geometriche delle curve di fase ad esso vicine, non
va confusa con la nozione di stabilit [risp. asintotica stabilit] delle soluzio-
ni periodiche di cui il ciclo lorbita (vedi lOsservazione 6.5). In particolare
una soluzione periodica non banale di unequazione differenziale autonoma
non pu mai essere asintoticamente stabile. Infatti soluzioni con condizioni ini-
ziali in punti differenti del ciclo non possono avvicinarsi indenitivamente per
t +. Altrimenti detto, se (x) un ciclo e T il periodo della soluzione pe-
riodica t
t
(x), allora per ogni y (x) e k Zsi ha [
kT
(y)
kT
(x)[ [x y[,
cosicch [
t
(x)
t
(y)[ 0 per t +.
ora possibile ridurre lanalisi della stabilit di un ciclo a quella di un punto
sso di una mappa opportuna.
Sia v C
1
(D; R
n
) e D un ciclo. Fissiamo un punto su che possiamo
senza perdere di generalit assumere coincidente con lorigine del sistema di
coordinate. Sia ora H un iperpiano (dim(H) n1) passante per lorigine e non
contenente v(0). Quindi H {x R
n
: h(x) 0} per un opportuno funzionale
lineare h tale che h(v(0)) / 0. Deniamo sezione trasversale locale di v in 0 un
aperto S di H contenente 0 e tale che h(v(x)) /0 per ogni x

S. Sia T il periodo
del ciclo. possibile determinare un intorno aperto U di x 0 contenuto in D
ed ununica funzione C
1
(U; R) tale che (0) T e
(x)
(x) S per ogni x U.
Infatti, essendo
T
(0) 0, la funzione differenziabile G(t , x)
.
h(
t
(x)) tale
che:
G(T, 0) h(0) 0,
G
t
(T, 0) h(v(0)) /0,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
160 SOLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI POINCAR
S
0
0

S
x
g(x)
FIGURA 7.1. Applicazione di Poincar.
cosicch, per il teorema della funzione implicita, esiste un intornoU di x 0 ed
ununica funzione C
1
(U; R) tale che G((x), x) 0 e (0) T. Posto S
0
SU
deniamo applicazione di Poincar la funzione:
g : S
0
S : g(x)
(x)
(x).
Questa funzione anche detta mappa del primo ritorno: infatti (x) esatta-
mente il primo tempo in cui la soluzione che origina da x S
0
torna sulla sezio-
ne S (vedi Figura 7.1). Chiaramente g(0) 0, ovvero lorigine un punto sso
del sistema dinamico discreto denito da g. Si osservi che in generale g non
denita su tutto S.
TEOREMA 7.6. Se Dg(0) una contrazione lineare allora lorbita asintoti-
camente stabile.
DIMOSTRAZIONE. SiaU un intorno aperto di . Indichiamo con [ [ una nor-
ma su R
n
tale che la sua restrizione alliperpiano H (contenente la sezione locale
S) coincide con la norma [ [

adattata alla contrazione Dg(0) L(H). Per il Co-


rollario 7.5 ed utilizzando la continuit del usso rispetto ai dati iniziali esiste
>0 tale che, posto B

.
{x H : [x[ <}, le seguenti condizioni sono vericate:
1)
t
(x) U per ogni t [0, 2T];
2) B

S
0
e (x) 2T per ogni x B

;
3) esiste (0, 1) tale che [g(x)[ [x[ per ogni x B

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
7.3 CICLI E LORO STABILIT 161
S
0
B

V
FIGURA 7.2. Linsieme invariante V
Deniamo ora:
V
.
{
t
(x) : x B

, t 0}

t 0

t
(B

). (7.6)
Chiaramente V un insieme aperto contenente e positivamente invariante
(vedi Figura 7.2). Essendo g(B

) B

le mappe g
k
, k N, sono denite su B

.
Inoltre:
[g
k
(x)[
k
[x[, (g
k
(x)) 2T x B

k N.
Quindi, per x B

e t 0, si ha:

t
(x)
s
(g
N
(x)),
essendo N N(x, t ) il massimo numero di ritorni sulla sezione S
0
, non succes-
sivi al tempo t , della soluzione uscente da x:
N max
_
k N :
k

j 1
(g
j 1
(x)) t
_
,
ed s s(t ) il tempo rimanente:
s t
N

j 1
(g
j 1
(x)).
Essendo s [0, 2T] e g
N
(x) B

la condizione 1) garantisce che


t
(x) U per
ogni x B

. Quindi V U da cui segue la stabilit del ciclo essendo V positiva-


mente invariante. Inoltre N +se t +, cosicch:
lim
t +
g
N
(x) lim
k+
g
k
(x) 0 x B

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
162 SOLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI POINCAR
Allora, utilizzando la continuit del usso rispetto ai dati iniziali, per ogni x B

,
lim
t +
dist(
t
(x), ) lim
t +
dist
_

s
(g
N
(x)),
_
lim
t +
[
s
(g
N
(x))
s
(0)[
lim
k+
sup
u[0,2T]
[
u
(g
k
(x))
u
(0)[ 0,
da cui segue il limite (7.5) con V denito come in (7.6), e dunque la asintotica
stabilit del ciclo.
OSSERVAZIONE 7.2. Sia un ciclo asintoticamente stabile ed x nel bacino di
attrazione di . Esiste quindi un tempo t
0
0 ed una funzione t z
t
, t t
0
tale che:
lim
t +
[
t
(x) z
t
[ 0.
Daltra parte, se T il periodo del ciclo, essendo z
t

T
(z
t
),
[
t +T
(x)
t
(x)[ [
T
(
t
(x))
T
(z
t
)[ +[z
t

t
(x)[,
cosicch:
lim
t +
[
t +T
(x)
t
(x)[ 0.
Diciamo in tal caso che x possiede periodo asintotico T. In altri termini, le traiet-
torie vicine ad un ciclo asintoticamente stabile si comportano, per tempi grandi,
come se avessero lo stesso periodo del ciclo.
OSSERVAZIONE 7.3. Nel caso in cui Dg(0) una contrazione lineare si pu
dimostrare unulteriore propriet delle orbite attratte dal ciclo : esse vanno in
fase con il moto di un punto su , ovverossia:
x R
n
: lim
t +
dist(
t
(x), ) 0 ! z : lim
t +
[
t
(x)
t
(z)[ 0.
OSSERVAZIONE 7.4. Lapplicazione di Poincar non dipende dalla scelta del
punto sul ciclo e della sezione trasversale, nel senso che due applicazioni dif-
ferenti sono tra loro coniugate mediante un opportuno diffeomorsmo. Siano
S
1
ed S
2
due qualsiasi sezioni trasversali al campo vettoriale nei punti x
1
ed
x
2
rispettivamente. Consideriamo le corrispondenti applicazioni di Poin-
car, g
1
: S
1,0
S
1
e g
2
: S
2,0
S
2
. Supponiamo ad esempio che x
2

(x
1
)
per qualche [0, T], essendo T il periodo del ciclo. Fissiamo ora un intorno
S di x
1
sulla sezione trasversale tale che S S
1,0
ed

S
.

(S) S
2,0
. Chiara-
mente la mappa h : S

S denita da h(x)

(x) un diffeomorsmo tale


che h g
1
g
2
h (sul dominio di denizione S di h). In particolare Dg
1
(x
1
)
Dh
1
(x
2
)Dg
2
(x
2
)Dh(x
1
), cosicch (Dg
1
(x
1
)) (Dg
2
(x
2
)).
7.4. Cicli limite e teorema di Poincar-Bendixson
Assegnato un sistema autonomo piano x v(x), v C
1
(D; R
2
), deniamo
ciclo limite un ciclo isolato. In altri termini, lapplicazione di Poincar ad esso
associata possiede un punto sso isolato. Le curve di fase prossime ad un ciclo
limite sono necessariamente delle spirali che si avvolgono intorno ad esso per
t +o t , come segue dalla seguente proposizione.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
7.4 CICLI LIMITE E TEOREMA DI POINCAR-BENDIXSON 163
0
x
x
1
) g(
x
1
x
2

A
1
A
2
T
S
FIGURA 7.3. Ciclo limite stabile.
PROPOSIZIONE 7.7. Unciclo di unsistema autonomo piano unciclo limite
se e solo se esiste un intorno aperto V di tale che per ogni x V si ha L

(x)
oppure L

(x).
DIMOSTRAZIONE. Si giunge facilmente a tale conclusione utilizzando il fatto
che curve di fase distinte non possono intersecarsi. Indichiamo con la regione
nita del piano delimitata dal ciclo . Si consideri una sezione trasversale locale
S del campo vettoriale in x
0
e sia g : S
0
S la corrispondente applicazione
di Poincar. Per le ipotesi sul ciclo possiamo assumere che x
0
lunico punto
sso di g. Sia ora x
1
S
0
e si consideri il segmento T su S di estremi x
0
e
g(x
1
). Supponiamo ad esempio che [g(x
1
) x
0
[ < [x
1
x
0
[. Allora la regione -
nita A
1
, delimitata dal ciclo , dal segmento T e dalla porzione di curva di fase
{
t
(x
1
) : 0 t (x
1
)}, positivamente invariante. Inoltre, per ogni y T, la
sequenza {g
k
(y); k N} di punti su S
0
monotona e deve quindi convergere ne-
cessariamente ad x
0
, essendo questo lunico punto sso di g. Dunque L

(x)
per ogni x A
1
. Qualora fosse stato [g(x
1
) x
0
[ > [x
1
x
0
[ avremmo concluso
analogamente, considerando la successione {g
k
(y); k N}, che L

(x) per
ogni x A
1
. Ripetendo il ragionamento per un punto x
2
S
0
(R
2
\ ) determi-
niamo in tal modo una regione A
2
, simile ad A
1
, tale che L

(x) (o L

(x))
per ogni x A
2
. Il teorema segue con V un intorno aperto di contenuto in
A
1
A
2
.
Qualora L

(x) per ogni x V (come in Figura 7.3) il ciclo limite asinto-


ticamente stabile, in tutti gli altri casi instabile.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
164 SOLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI POINCAR
I sistemi meccanici unidimensionali non presentano cicli limite. Pi in ge-
nerale, se un sistema piano possiede un integrale primo che non costante su
nessun insieme aperto dello spazio delle fasi allora esso non pu esibire un ci-
clo limite. Infatti, supponiamo per assurdo che esista un ciclo limite e sia
H(x) lintegrale primo di cui sopra. Posto c H(), si avrebbe, per continui-
t, H(
t
(x)) c per tutti gli x tali che L

(x) oppure L

(x), giungendo
cos ad una contraddizione poich linsieme di tali x un aperto. Si osservi che
un analogo ragionamento permette di stabilire che tali sistemi non possiedo-
no posizioni di equilibrio asintoticamente stabili. In relazione ai sistemi mec-
canici unidimensionali, lintegrale primo in questione ovviamente lenergia
meccanica.
Daltra parte la presenza di una dissipazione completa ha leffetto di ren-
dere asintoticamente stabili le posizioni di equilibrio stabili isolate, aprendo
tutti i cicli intorno ad esse. In effetti non pu sopravvivere alcun ciclo: lenergia
meccanica diminuisce strettamente lungo le soluzioni non stazionarie, per cui
non possono esistere soluzioni periodiche non banali. Nella prossima sezione
mostreremo un esempio di sistema piano con un ciclo limite asintoticamente
stabile, lequazione di Van der Pol.
La disposizione delle curve di fase nel piano notevolmente pi semplice
che in spazi di dimensione maggiore. Questo conseguenza del fatto che una
curva separa localmente il piano ma non lo spazio. Il seguente teorema mo-
stra come le orbite del piano siano attratte da oggetti geometrici relativamente
semplici.
TEOREMA 7.8 (Teorema di Poincar-Bendixson). Sia v C
1
(D; R
2
) uncampo
vettoriale sul piano con punti singolari isolati. Supponiamo che la semiorbita

+
(x) sia limitata e la sua chiusura contenuta in D. Allora L

(x) deve essere uno


dei seguenti tipi di insieme: 1) un punto singolare; 2) un ciclo; 3) lunione di punti
singolari e curve di fase ciascuna delle quali tende ad uno di questi punti singolari
per t (eventualmente lo stesso).
Si possono dedurre interessanti conseguenze da questo teorema. Ad esem-
pio, un compatto K D positivamente invariante contiene necessariamente
almeno un punto singolare od un ciclo limite.
Lingrediente fondamentale nella dimostrazione del Teorema 7.8 si fonda
sulla nota propriet delle curve chiuse, immagini continue di una circonferenza,
di separare il piano in due regioni disgiunte, di cui una limitata e laltra illimi-
tata (questo risultato, noto come Lemma di Jordan, lo abbiamo tacitamente gi
utilizzato nella dimostrazione della Proposizione 7.7, asserendo lesistenza del-
le regioni nite , A
1
ed A
2
). Per tale motivo il teorema si estende a superci
bidimensionali quali la sfera, dove questa propriet ancora valida, ma non a
superci di genere pi alto, quali il toro T
2
. Ad esempio, nel caso del usso li-
neare su T
2
con frequenze razionalmente indipendenti, abbiamo visto che tut-
te le curve di fase sono dense, cosicch linsieme limite positivo di ciascuna di
queste coincide con lintero spazio delle fasi.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
7.4 CICLI LIMITE E TEOREMA DI POINCAR-BENDIXSON 165
Le peculiarit del caso piano si esplicano in alcune propriet delle sezio-
ni trasversali locali, che sono il contenuto della seguente proposizione e del
successivo corollario.
PROPOSIZIONE 7.9. Sia v C
1
(D; R
2
) ed x D tale che sia denita la semior-
bita
+
(x). Supponiamo che esista un punto regolare y L

(x) (i.e. v(y) /0) e sia


S una sezione trasversale locale di v in y. Allora:
1) per ogni N >0 esiste un tempo t
N
>N tale che
t
N
(x) S;
2) y lunica intersezione di L

(x) con S.
DIMOSTRAZIONE. 1) Per il teorema della funzione inversa (vedi la dimostra-
zione del teorema della scatola di usso), la mappa (, t )
t
(), (, t ) S R,
un diffeomorsmo locale intorno a (y, 0) (ovvero (, t ) sono coordinate locali). In
particolare esiste un intorno U di y tale che per ogni z U esiste un unico tem-
po (z) per cui [(z)[ <1 e
(z)
(z) S U. Daltra parte, essendo y L

(x), per
ogni N >0 esiste
N
> N +1 per cui

N
(x) U. Il punto 1) quindi dimostrato
con t
N

N
+(z), z

N
(x).
2) Osserviamo preliminarmente che il numero di intersezioni con S di ogni
arco chiuso e limitato dellorbita
+
(x) al pi nito. Infatti, se esistesse una
successione di tempi
k
< + tale che y(
k
) interseca S per ogni k N,
allora, poich y

(x)

S, si avrebbe:
[coefciente angolare di S]

k
2
(x) y
2

k
2
(x) y
1
k N,
mentre, daltra parte,
v
2
( y)
v
1
( y)
lim
k+

k
2
(x) y
2

k
2
(x) y
1
,
da cui un assurdo essendo S trasversale alla direzione v( y).
Supponiamo ora che esistano due intersezioni consecutive e distinte dellor-
bita
+
(x) con S, che indichiamo con y
1

t
1
(x) ed y
2

t
2
(x). La curva otte-
nuta unendo il segmento di S delimitato dai punti y
1
ed y
2
con il tratto di curva
di fase {
t
(x); t [t
1
, t
2
]} una curva di Jordan, cosicch il suo complemento sul
piano costituito dallunione di due regioni aperte, di cui una limitata ed una
illimitata. A seconda dei casi la regione limitata (vedi Figura 7.4a) ovvero la re-
gione illimitata (vedi Figura 7.4b) sono positivamente invarianti. Ne segue che
la successiva intersezione y
3

t
3
(x) deve necessariamente essere distinta da
y
2
, ed inoltre y
2
giace su S tra y
1
ed y
3
. Abbiamo dunque due possibilit:
i) Esiste ununica intersezione di
+
(x) con S. Poich per il punto 1) sopra
dimostrato la semiorbita
+
(x) interseca S in almeno due tempi differenti ne
segue che essa un ciclo. In particolare y lunica intersezione di L

(x) (x)
con S.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
166 SOLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI POINCAR
1
y
y
2
S
a
v(y)
y
y
2
1
y
b
y
v(y)
S
FIGURA 7.4. Possibili intersezioni distinte tra
+
(x) ed S.
ii) Esistono innite intersezioni distinte {y
k

t
k
(x); k N}, t
k
+, che
formano una successione monotona lungo S. Il limite di tale successione de-
ve necessariamente coincidere con y poich altrimenti, ragionando come so-
pra, potremmo determinare una regione positivamente invariante la cui chiu-
sura non contiene y, in contraddizione con lassunto y L

(x). Per lunicit del


limite il punto y necessariamente lunica intersezione di L

(x) con S.
COROLLARIO 7.10. Sia v C
1
(D; R
2
) ed x D tale che sia denita la semior-
bita
+
(x):
1) Se esiste un punto regolare y
+
(x) L

(x) allora
+
(x) un ciclo (in
particolare
+
(x) (x) L

(x)).
2) Se esiste un ciclo contenuto in L

(x) allora L

(x).
DIMOSTRAZIONE. 1) Sia S una sezione trasversale locale di v in y
+
(x)
L

(x). Poich
+
(x) L

(x) il punto y lunica intersezione di


+
(x) con S.
Dunque
+
(x) un ciclo.
2) Supponiamo per assurdo che L

(x) \ sia non vuoto. Essendo L

(x) con-
nesso, esiste y che punto di accumulazione di L

(x) \ . Sia S una sezione


trasversale locale di v in y. Analogamente al punto 1) della Proposizione 7.9,
possiamo determinare z L

(x) \ sufcientemente vicino ad y in modo tale


che
t
(z) S per qualche t R. Ma
t
(z) un punto di L

(x) distinto da y,
il che contraddice lunicit stabilita nel punto 2) della Proposizione 7.9, da cui
lassurdo. Dunque L

(x) necessariamente.
DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA 7.8. Se L

(x) non possiede punti regolari


allora, essendo connesso, costituito da un unico punto singolare, L

(x) {x
0
},
ed ovviamente
t
(x) x
0
per t +.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
7.5 APPLICAZIONE ALLA TEORIA DEI CIRCUITI NON LINEARI 167
Supponiamo viceversa che esista un punto regolare y L

(x). Sappiamo
allora che rimane denita lintera orbita per y ed inoltre (y), L

(y) ed L

(y)
sono contenuti in L

(x). Abbiamo ora due possibilit:


i) Esiste un punto regolare z L

(y) L

(y). Assumiamo z L

(y) (se z
L

(y) ripetiamo il ragionamento sul usso inverso


t
(y)). Fissata una sezio-
ne trasversale locale S di v in z, per il punto 1) della Proposizione 7.9, esiste
z S (y). Essendo z, z L

(x), per il punto 2) della medesima proposizione


deduciamo che z z necessariamente. Ma allora z (y) L

(y) e quindi, per


il punto 1) del Corollario 7.10, (y) un ciclo. Applicando inne il punto 2) del
medesimo corollario concludiamo che L

(x) coincide con tale ciclo.


ii) Non esistono punti regolari in L

(y) L

(y). In tal caso (y) unorbi-


ta aperta con L

(y) {z
1
} ed L

(y) {z
2
}, essendo z
1
, z
2
punti singolari non
necessariamente distinti.
ESERCIZIO 7.1. Sia v C
1
(D; R
2
) e un ciclo tale che la regione limitata ed
apertaU da esso racchiusa interamente contenuta in D. Dimostrare che U deve
contenere almeno un ciclo o un punto singolare del campo.
ESERCIZIO 7.2. Dimostrare che un compatto K D positivamente invarian-
te contiene almeno un punto singolare [Suggerimento: utilizzare lasserto dell
esercizio precedente].
ESERCIZIO 7.3. Sia D un dominio semplicemente connesso e v C
1
(D; R
2
) un
campo la cui divergenza denita in segno. Dimostrare che il sistema x v(x)
non possiede cicli.
7.5. Applicazione alla teoria dei circuiti non lineari
Caratterizziamo un circuito dal punto di vista matematico. Introduciamo
dapprima i rami costituenti un circuito. Essi sono dei segmenti o loro deforma-
zioni continue. A ciascun ramo viene associata una caratteristica Z. Pi rami si
uniscono facendo concorrere i loro estremi e formando i nodi. I rami si possono
incontrare solo nei nodi. Un circuito quindi ununione connessa di rami. A
ciascun ramo si associa una corrente i ed a ciascun estremo di un ramo un po-
tenziale V , essendo i e V variabili reali. Siano e gli estremi del ramo r . Per
convenzione associamo alla corrente i
r
del ramo r verso positivo da verso ,
denendo contestualmente la caduta di potenziale lungo tale ramo la quantit
v
r
.
V () V ().
Per ogni ramo r la relativa caratteristica Z
r
stabilisce una relazione funzio-
nale tra le grandezze i
r
e v
r
. Nei casi di interesse sico tale relazione assume la
forma di una legge differenziale del primo ordine:
F
_
i
r
, v
r
,
di
r
dt
,
dv
r
dt
_
0.
Tra le caratteristiche pi semplici ricordiamo:
1) la resistenza R: (i
R
, v
R
) tali che v
R
Ri
R
;

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
168 SOLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI POINCAR
RLC serie
RLC parallelo
R
L
R L C C
FIGURA 7.5. Circuiti RLC.
2) la induttanza L: (i
L
, v
L
) tali che v
L
L
di
L
dt
;
3) la capacit C: (i
C
, v
C
) tali che i
C
C
dv
C
dt
.
Le correnti che circolano nei rami di un circuito sono legate tra loro attraver-
so una legge di conservazione, nota come legge di Kirchoff: essa stabilisce che la
somma algebrica delle correnti dei rami che concorrono in un nodo nulla.
Consideriamo a titolo di esempio i circuiti RLC serie e parallelo descritti in
Figura 7.5.
Nel primo caso, essendo i
R
i
L
i
C
, tutte le grandezze si esprimono in fun-
zione della corrente i i
R
. Derivando rispetto al tempo lidentit v
R
+v
L
+v
C
0
otteniamo unequazione del secondo ordine per la corrente:
L
d
2
i
dt
2
+R
di
dt
+
i
C
0.
Quindi levoluzione della corrente quella di un oscillatore lineare smorzato di
pulsazione 1/
_
LC e fattore di smorzamento R/L. Analogamente, nel caso del
circuito RLC parallelo, essendo ora v
R
v
L
v
C
ed i
R
+i
L
+i
C
0, troviamo
lequazione per v v
R
:
C
d
2
v
dt
2
+
1
R
dv
dt
+
v
L
0.
I due circuiti sopra considerati non possono presentare cicli limite, e pi in
particolare il fenomeno delle autoscillazione (quando, indipendentemente dal-
le condizioni iniziali, il sistema rilassa sempre su un moto periodico ssato).
Anche lassenza della resistenza R (che responsabile dello smorzamento) ov-
vero nel caso dei semplici circuiti LC serie o parallelo si ottiene al pi un oscil-
latore armonico, dove tutto lo spazio delle fasi coperto da orbite periodiche.
Per ottenere un dispositivo autoscillante necessario inserire nel circuito RLC
un elemento non lineare. Classicamente questo ottenuto mediante un triodo
(vedi Figura 7.6). Nel triodo la corrente anodica i
A
(elettroni emessi dallano-
do) passa attraverso una griglia (che ha il compito di accelerare gli elettroni) e
tale corrente tutta raccolta dal catodo. Attraverso il ramo di griglia non pas-
sa corrente (i
M
0): linduttanza M connessa alla griglia ha il solo compito di

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
7.5 APPLICAZIONE ALLA TEORIA DEI CIRCUITI NON LINEARI 169
i
A C
i
C
L
R
M
v
G
anodo
catodo
griglia
i
FIGURA 7.6. Triodo.
alimentare il potenziale di griglia v
G
. Senza entrare in ulteriori dettagli sici, le
leggi del triodo sono:
i
A
f (v
G
), v
G
M
di
L
dt
.
La funzione f che appare nella prima equazione detta la caratteristica del trio-
do. Essa una funzione monotona crescente con limiti f () 0, f (+) i
sat
(detta corrente di saturazione del triodo). Nuovamente tutte le grandezze del
circuito sono determinate dalla corrente i i
R
, la cui equazione di evoluzio-
ne si ottiene derivando la relazione v
R
+v
L
+v
C
, utilizzando la legge di Kirchoff
(i i
L
i
A
+i
C
) e le caratteristiche del circuito:
L
d
2
i
dt
2
+R
di
dt
+
i
C

1
C
f
_
M
di
dt
_
0. (7.7)
Poniamo per semplicit M R L C 1. Introducendo le variabili
x
di
dt
, y f (0) i ,
lequazione (7.7) diventa:
_
x y G(x)
y x
(7.8)
con G(x) x f (x) + f (0). Posto g(x) G
t
(x) il sistema (7.8) equivalente
allequazione del secondo ordine:
x +g(x) x +x 0, (7.9)
detta equazione di Lienard.
Il sistema (7.8) possiede un unico punto singolare in (0, 0). La matrice jaco-
biana in tale punto
_
G
t
(0) 1
1 0
_
. Quindi lorigine delle coordinate una sor-
gente se G
t
(0) <0 ed un pozzo se G
t
(0) >0. Inoltre, denitoW(x, y)
.
(x
2
+y
2
)/2,

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
170 SOLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI POINCAR
si ha:

W(x, y) xG(x), (7.10)


da cui segue che nel caso incui la funzioneG(x) monotona crescente (si ricordi
che G(0) 0), lorigine delle coordinate punto singolare attrattivo con bacino
di attrazione lintero piano. In questo caso il circuito detto passivo: qualun-
que siano le condizioni iniziali, esso dissipa la sua energia e tende a spegnersi
(come nel caso dei circuiti lineari RLC serie e parallelo).
Supponiamo ora che G
t
(0) 1f
t
(0) <0. In altri termini la caratteristica del
triodo tale che esso, per piccoli valori di x (
di
dt
), fornisce al circuito pi cor-
rente di quanta ne dissipa la resistenza, cosicch (0, 0) una sorgente (il circuito
non si spegne mai). Daltra parte, poich il triodo si satura (ovvero f (x) limi-
tata), per grandi valori di x la dissipazione dovuta alla resistenza domina e tutte
le orbite rimangono presumibilmente limitate. Sotto alcune ipotesi aggiuntive
sulla funzione G(x) mostreremo che in tal caso esiste un ciclo limite stabile. Tale
ciclo unico ed quindi un attrattore globale: tutte le condizioni iniziali, purch
diverse dalla posizione di equilibrio (0, 0), sono attratte da esso.
Dora innanzi assumeremo che la funzione G(x) goda delle seguenti pro-
priet:
i) G(x) G(x);
ii) G(x) +se x +;
iii) esiste >0 tale che G() 0, G(x) <0 per x (0, ), G(x) crescente per x >.
Un caso particolare ed importante quello dellequazione di Van der Pol:
x x +k(1x
2
) x, k >0, (7.11)
che corrisponde a G(x) k(x
3
/3x).
Consideriamo le quattro curve:
y
+
{(x, y) : x 0, y >0}, y

{(x, y) : x 0, y <0},
G
+
{(x, y) : x >0, y G(x)}, G

{(x, y) : x <0, y G(x)},


ed indichiamo con I, II, III e IV le regioni del piano da esse delimitate come in
Figura 7.7.
PROPOSIZIONE 7.11. Ogni soluzione del sistema (7.8) denita globalmente
nel futuro. Inoltre ogni traiettoria non stazionaria attraversa ripetutamente le
curve y
+
, G
+
, y

e G

passando in senso orario attraverso le regioni I, II, III e IV.


DIMOSTRAZIONE. Dalla direzione del campo vettoriale si deduce che ogni
soluzione che al tempo iniziale si trova sulla curva y
+
[risp. G
+
] deve entrare
necessariamente nella regione I [risp. II]. Consideriamo ora una soluzione t
(x(t ), y(t )) con dato iniziale (x
0
, y
0
) contenuto nella regione I. Sia K il compatto
delimitato dallorigine (0, 0), dalle curve y
+
, G
+
e dalla retta y y
0
. Poniamo:
T sup{t >0 : (x(s), y(s)) K s [0, t ]}.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
7.5 APPLICAZIONE ALLA TEORIA DEI CIRCUITI NON LINEARI 171
II
IV I
III
O
y=G(x)
y
G
G
y
+

+
FIGURA 7.7. Le curve di fase ruotano in senso orario.
Dalla prima equazione in (7.8) si ha x(t ) 0 se t [0, T), e quindi:
y(t ) y
0

_
t
0
ds x(s) y
0
x
0
t t [0, T).
Essendo y(t ) min{G
+
(x) : x > 0} per ogni t [0, T), concludiamo che T < +
necessariamente. Dunque la soluzione abbandona K in un tempo nito. Ma
per la direzione del campo vettoriale sulla frontiera di K ci avviene necessa-
riamente attraversando G
+
, ovvero entrando nella regione II. Consideriamo ora
una soluzione t (x(t ), y(t )) con dato iniziale (x
0
, y
0
) contenuto nella regione
II. Dal sistema (7.8) ricaviamo x(t ) <0 ed y(t ) y
0
x
0
t ntanto che la soluzio-
ne giace nella regione II. Ci signica che essa non pu esplodere in un tempo
nito senza prima abbandonare tale regione. Sia quindi:

T sup{t >0 : (x(s), y(s)) II s [0, t ]}.


Vogliamo dimostrare che

T < +. Assumiamo per assurdo che

T +. Al-
lora x(t ) ed y(t ) sono monotone decrescenti su tutto lasse positivo dei tempi.
Giungiamo ad una contraddizione se mostriamo che (x(+), y(+)) y

. Os-
serviamo dapprima che se fosse y(+) la prima equazione in (7.8) impli-
cherebbe lassurdo x(+) . Se fosse x(+) > 0 dalla seconda equazione
in (7.8) si avrebbe y(+) e quindi nuovamente un assurdo. Inne, essen-
do lorigine delle coordinate una sorgente segue che y(+) <0. In conclusione
(x(+), y(+)) y

.
La dimostrazione delle analoghe affermazioni per le regioni III e IV del
tutto simile.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
172 SOLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI POINCAR
y=G(x)
x
y
(a)
(a)
a
a

T
T*
P
FIGURA 7.8. La regione invariante P.
Dalla proposizione precedente rimane denita la mappa : R
+
R

ta-
le che (a) lordinata della prima intersezione con il semiasse y

della curva
soluzione di dati iniziali (0, a).
PROPOSIZIONE 7.12. Se a sufcientemente grande allora [(a)[ <a.
Lesistenza di unorbita periodica ora un semplice corollario della proposi-
zione precedente e del teorema di Poincar-Bendixson. Osserviamo preliminar-
mente che la simmetria della funzioneG implica che se t (x(t ), y(t )) soluzio-
ne del sistema (7.10) allora anche t (x(t ), y(t )) soluzione. Ne segue che,
ssato a sufcientemente grande, si hanno gli archi di traiettoria e

come in
Figura 7.8. Allora la regione nita P delimitata dalle curve ,

e dai segmenti T,
T

positivamente invariante. Essendo lunico punto singolare una sorgente, il


teorema di Poincar-Bendixson garantisce lesistenza di unorbita periodica in
P.
DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE 7.12. Decomponiamo larco di tra-
iettoria dal punto A (0, a) al punto D (0, (a)) nei tre archi orientati,
1
AB,

2
BC e
3
CD, essendo B e C le intersezioni della retta x con il suddetto
arco (vedi Figura 7.9). Ricordando che W(x, y) (x
2
+y
2
)/2, si ha:
1
2
_
[(a)[
2
a
2
_
W(0, (a)) W(0, a)
_

1
dW +
_

2
dW +
_

3
dW.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
7.5 APPLICAZIONE ALLA TEORIA DEI CIRCUITI NON LINEARI 173

3
y=G(x)
x
y
(a)

A
B
k
D
C
a
q
p
FIGURA 7.9.
Osserviamo che la curva
1
[risp.
3
] il graco di una funzione y
1
(x) > G(x)
[risp. y
3
(x) <G(x)], con x [0, ]. Dalla (7.10) ed essendo x y G(x) si ha:
I (a)
.

1
dW +
_

3
dW
_

0
dx
xG(x)
y
1
(x) G(x)
+
_

0
dx
xG(x)
G(x) y
3
(x)
.
La curva
2
invece il graco di una funzione x
2
(y) , y [y
3
(), y
1
()]. Dalla
(7.10) ed essendo y x,
J (a)
.

2
dW
_
y
1
()
y
3
()
dy G(x
2
(y)).
La funzione I (a) positiva e converge a zero per a +. infatti evidente che
il minimo (su[0, ]) delle funzioni y
1
(x)G(x) eG(x)y
3
(x) diverge per a +.
La funzione J(a) invece negativa e converge a per a +. Infatti, ssato
k >come inFigura 7.9, si ha [J (a)[ G(k)[pq[ conG(k) >0 e [pq[ +per
a +. Concludiamo che per a grande I (a) +J (a) <0, ovvero [(a)[ <a.
In realt da unanalisi pi accurata delle propriet di monotonia della map-
pa a (a), si pu dimostrare che lorbita periodica trovata unica, dunque
un attrattore globale. Pi precisamente si pu vedere che I (a) e J (a) sono en-
trambe monotone decrescenti, cosicch esiste un unico punto a

> 0 tale che


(a

) a

. Daltra parte lapplicazione : R


+
R
+
tale che (a) ((a))
fornisce lordinata del primo ritorno sul semiasse y
+
della curva soluzione di
dati iniziali (0, a), cosicch si ha unorbita periodica per (0, a) se e solo se a un
punto sso di , ovvero (a) a.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
174 SOLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI POINCAR
7.6. Soluzione degli esercizi
SOLUZIONE ES. 7.1. Il compatto K U invariante. Supponiamo per as-
surdo cheU non contenga n punti singolari n cicli. Per il teorema di Poincar-
Bendixson, si deduce che L

(x) L

(x) per ogni x U. Ma allora, ssata


una sezione trasversale locale S di un punto y , possiamo determinare due
sequenze di tempi divergenti, t
k
, s
k
+ tali che
t
k
(x),
s
k
(x) S per ogni
k N e
t
k
(x),
s
k
(x) y per k +. Giungiamo in tal modo ad una con-
traddizione poich le successive intersezioni di unorbita con una sezione locale
devono formare una successione monotona lungo la sezione stessa.
SOLUZIONE ES. 7.2. Supponiamo per assurdo che K non contenga un punto
singolare. Allora, applicando iterativamente il teorema di Poincar-Bendixson,
possiamo determinare una successione di cicli
n
, n N, tale che
n+1
con-
tenuto nella regione nita
n
delimitata da
n
. Possiamo inoltre assumere che
[
n
[ essendo lestremo inferiore delle aree racchiuse da cicli contenuti
in K. Per compattezza esiste una successione convergente {x
n
; k N} tale che
x
n

n
. Il limite x di tale successione deve necessariamente appartenere ad
un ciclo , poich altrimenti sarebbe attratto da qualche ciclo limite e, per la
Proposizione 7.7, anche qualche x
n
lo sarebbe. Inoltre, detta la regione nita
racchiusa da , deve aversi [
n
[ [[ per n +(provarlo!) cosicch [[ .
Ne consegue che non contiene n punti singolari n cicli, in contraddizione
con il risultato del precedente esecizio.
SOLUZIONE ES. 7.3. Supponiamo per assurdo che D contenga un ciclo
e sia la regione nita aperta da esso delimitata. Il usso del campo vetto-
riale attraverso la frontiera dunque nullo. Giungiamo in tal modo ad una
contraddizione poich, per il teorema della divergenza, tale usso uguale a
_

dy divv(y) /0.
7.7. Nota bibiliograca
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) E.A. Coddington, N. Levinson. Theory of ordinary differential equa-
tions. (International series in pure and applied mathematics). New
York: McGraw-Hill, 1955.
3) J. Guckenheimer, P. Holmes. Nonlinear oscillations, dynamical systems,
and bifurcations of vector elds. (Applied Mathematical Sciences 42).
Berlin: Springer, 1993.
4) A. Katok, B. Hasselblatt. Introduction to the modern theory of dyna-
mical systems. (Encyclopedia of mathematics and its applications 54).
Cambridge: Cambridge U.P., 1995.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
7.7 NOTA BIBILIOGRAFICA 175
5) J.K. Hale. Ordinary differential equations. (Pure and applied mathema-
tics 21). New York: Wiley-Interscience, 1969.
6) M.W. Hirsch, S. Smale. Differential equations, dynamical systems and
linear algebra. (Pure and applied mathematics. Aseries of Monographs
and Textbooks). San Diego: Academic Press, 1974.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
APPENDICE A
Teoremi fondamentali sulle equazioni differenziali
ordinarie
A.1. Stime preliminari e condizione di Lipschitz
Siano , R{} tali che < . Indichiamo con C
0
((, ); R
n
) lin-
sieme delle applicazioni a valori in R
n
(ovvero delle funzioni vettoriali :
(, ) R
n
) le cui componenti
i
sono funzioni continue nellintervallo (, ).
Analogamente deniamo C
0
([, ); R
n
), C
0
((, ]; R
n
) e C
0
([, ]; R
n
).
Per ogni intero positivo k, sia C
k
((, ); R
n
) il sottoinsieme di C
0
((, ); R
n
)
delle applicazioni le cui componenti
i
sono funzioni derivabili k volte con
derivate continue nellintervallo (, ). Gli insiemi C
k
([, ); R
n
), C
k
((, ]; R
n
) e
C
k
([, ]; R
n
) vengono deniti analogamente. Ovviamente le derivate agli estre-
mi dellintervallo sono da intendersi in modo opportuno: per esempio

i
()
d
i
dt
()
.
lim
h0
+

i
(+h)
i
()
h
.
Stabiliamo alcune disuguaglianze che utilizzeremo in seguito. Ricordiamo
inne che la norma uniforme di C
0
([, ]; R
n
) denita da:
||
0
.
max{[(t )[ : t [, ]},
([u[ indica la norma euclidea del vettore u R
n
). Sia assegnata C
1
([, ]; R
n
).
Consideriamo dapprima il caso in cui
(t ) /0 t (, ).
In tal caso la derivata di [(t )[ esiste su tutto (, ) e dalla denizione di norma
si ha precisamente:
d[(t )[
dt

(t ), (t )
[(t )[
, (A.1)
e perci, per la disuguaglianza di Cauchy-Swartz,

d[(t )[
dt

[ (t )[. (A.2)
Siano ora t , t
0
(, ). Integrando ambo i membri della (A.1) ed utilizzando (A.2)
otteniamo:

[(t )[ [(t
0
)[

_
t
t
0
d[ ()[

. (A.3)
Per la continuit della funzione norma, la disuguaglianza (A.3) sussiste in tutto
[, ].
177
178 TEOREMI FONDAMENTALI SULLE EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE
Consideriamo ora il caso generale in cui non necessariamente (t ) /0 nel-
lintervallo aperto (, ). Ovviamente le stesse argomentazioni restano valide in
ogni possibile sottointervallo [
1
,
1
] dove (t ) /0 ed eventualmente (
1
) 0
oppure (
1
) 0. Si conclude quindi che la disuguaglianza (A.3) vera in tutto
[, ] anche nel caso generale.
Ponendo (t )
_
t
t
0
f ()d dalla (A.3) segue in particolare:

_
t
t
0
d f ()

_
t
t
0
d[ f ()[

. (A.4)
(disuguaglianza ben nota per n 1).
Nel seguito indichiamo con J
r
(t ) lintorno simmetrico e chiuso del punto
t Rdi raggio r . Analogamente S
r
(x) indica la palla chiusa inR
n
di centro x R
n
e raggio r . Inne denota un dominio aperto dello spazio R
n+1
RR
n
delle
coordinate (t , x), t R, x R
n
.
DEFINIZIONE A.1. Il campo v C
0
(; R
n
) detto localmente lipschitziano ri-
spetto ad x e scriviamo v Lip(; R
n
), se per ogni (t
0
, x
0
) esiste un suo intorno
U
0
,
U
0
{(t , x) : [t t
0
[ a, [x x
0
[ b} J
a
(t
0
) S
b
(x
0
) (A.5)
(a, b >0) ed una costante positiva L tale che
[v(t , x) v(t , x
t
)[ L[x x
t
[
per ogni (t , x), (t , x
t
) U
0
.
LEMMA A.2 (Lemma di Lagrange). Sia v C
0
(; R
n
) tale che la funzione
jacobiana,
Dv(t , )
.

_
v
i
x
j
(t , )
_
i , j 1,...,n
,
esiste continua: Dv(, ) C
0
(; R
n
2
). Allora v un campo lipschitziano in ogni
compatto convesso [t
1
, t
2
] K (la costante di Lipshitz dipendendo solo da
[t
1
, t
2
] K ).
DIMOSTRAZIONE. Per la convessit di K , comunque considerati due suoi
punti x, y si ha che il segmento
p() (1)x +y, [0, 1]
anchesso tutto contenuto in K . Possiamo quindi scrivere:
v(t , y) v(t , x)
_
1
0
d
d
v(t , p()).
Eseguendo la derivazione si ha:
d
d
v
i
(t , p())
n

j 1
v
i
x
j
(t , p())(y
j
x
j
), i 1, . . . , n.
Sia
M max
i , j 1,...,n
max
_

v
i
x
j
(t , x)

: (t , x) [t
1
, t
2
] K
_
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
A.1 STIME PRELIMINARI E CONDIZIONE DI LIPSCHITZ 179
Allora
_
d
d
v
i
(t , p())
_
2
nM
2
[x y[
2
e quindi

d
d
v(t , p())

nM[x y[.
Concludendo, usando (A.4), si ha:
[v(t , x) v(t , y)[ nM[x y[ t [t
1
, t
2
], x, y K .

LEMMA A.3 (Lemma di Gronwall). Siano F


i
C
0
((
1
,
2
); R), i 1, 2, 3 tre fun-
zioni positive e sia t
0
(
1
,
2
). Supponiamo che inquesto intervallo sia soddisfat-
ta la disuguaglianza:
F
1
(t ) F
2
(t )

_
t
t
0
ds F
1
(s)

+F
3
(t ). (A.6)
Allora, nello stesso intervallo si ha
F
1
(t ) F
2
(t )

_
t
t
0
dF
3
() exp
__
t

ds F
2
(s)
_

+F
3
(t ) (A.7)
DIMOSTRAZIONE. Consideriamo per denitezza il caso t >t
0
. Poniamo
v(t )
.

_
t
t
0
ds F
1
(s).
Allora, usando (A.6),
v(t ) F
2
(t )v(t ) +F
3
(t ).
Ancora con la sostituzione
v(t ) (t ) exp
__
t
t
0
ds F
2
(s)
_
(A.8)
ricaviamo

(t ) exp
_

_
t
t
0
ds F
2
(s)
_
F
3
(t )
e quindi (essendo (t
0
) 0)
(t )
_
t
t
0
dF
3
() exp
__
t
0

ds F
2
(s)
_
.
Utilizzando (A.8) troviamo inne:
v(t )
_
t
t
0
dF
3
() exp
__
t

ds F
2
(s)
_
,
da cui (A.7) segue in virt di (A.6).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
180 TEOREMI FONDAMENTALI SULLE EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE
A.2. Il teorema di esistenza ed unicit
Possiamo ora dimostrare il teorema principale del presente capitolo.
TEOREMA A.4. Sia v Lip(; R
n
) e (t
0
, x
0
) ssato in . Con riferimento al
dominio U
0
J
a
(t
0
) S
b
(x
0
) in (A.5) sia
M
0
max{[v(t , x)[ : (t , x) U
0
}
e si ponga
mmin
_
a;
b
M
0
_
.
Si consideri
W
0
.
J
m
(t
0
) S
b
(x
0
). (A.9)
Esiste allora una funzione C
1
(J
m
(t
0
); S
b
(x
0
)) soddisfacente
_

(t ) v(t , (t )) t J
m
(t
0
)
(t
0
) x
0
(A.10)
cio una soluzione (locale, in W
0
) del problema di Cauchy. Inoltre tale soluzione
unica.
DIMOSTRAZIONE. Cominciamo con il dimostrare lesistenza di una soluzio-
ne. Deniamo applicazione di Picard la mappa T che associa ad ogni funzione
C
1
(J
m
(t
0
); S
b
(x
0
)) la funzione T denita da
(T)(t ) x
0
+
_
t
t
0
ds v(s, (s)), t J
m
(t
0
). (A.11)
Osserviamo che linsieme C
1
(J
m
(t
0
); S
b
(x
0
)) lasciato invariante dalla applica-
zione T. Ineffetti T evidentemente differenziabile ed inparticolare

(T)(t )
v(t , (t )); inoltre, utilizzando (A.4),
[(T)(t ) x
0
[ M
0
mb t J
m
(t
0
),
ovvero (T)(t ) S
b
(x
0
) per ogni t J
m
(t
0
).
Determiniamo una soluzione del problema di Cauchy (A.10) come limite
della successione delle approssimazioni di Picard cos denite. Scegliamo una
qualsiasi funzione
0
C
1
(J
m
(t
0
); S
b
(x
0
)) tale che
0
(t
0
) x
0
(
0
(t ) x
0
ad
esempio) e costruiamo la successione di funzioni {
k
} tale che:

1
T
0
,
2
T
1
T
2

0
, . . .
k
T
k1
T
k

0
.
Denotiamo con e(t ) la misura dellerrore,
e(t )
.

0
(t ) v(t ,
0
(t )),
e poniamo

.
max{[e(t )[ : t J
m
(t
0
)}.
Stimiamo [
1
(t )
0
(t )[; si ha, in base alla (A.4),
[
1
(t )
0
(t )[

_
t
t
0
ds [

1
(s)

0
(s)[

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
A.2 IL TEOREMA DI ESISTENZA ED UNICIT 181
e quindi, essendo

1
(s) v(s,
0
(s)),
[
1
(t )
0
(t )[

_
t
t
0
ds e(s)

[t t
0
[. (A.12)
Stimiamo ora [
2
(t )
1
(t )[; si ha analogamente
[
2
(t )
1
(t )[

_
t
t
0
ds [v(s,
1
(s)) v(s,
0
(s))[

. (A.13)
Essendo v lipschitziano, rafforziamo tale disuguaglianza con
[
2
(t )
1
(t )[ L

_
t
t
0
ds [
1
(s)
0
(s)[

e, tramite la (A.12), otteniamo ancora


[
2
(t )
1
(t )[ L
[t t
0
[
2
2
. (A.14)
Ora per induzione facile iterando il ragionamento provare che:
[
k
(t )
k1
(t )[ L
k1
[t t
0
[
k
k!
. (A.15)
Ma allora la serie

0
(t ) +

k1
[
k
(t )
k1
(t )]
assolutamente ed uniformemente convergente, cio esiste ed una funzione
continua il limite
(t )
.
lim
k

k
(t ). (A.16)
Si ha inoltre
lim
k

k
(t ) lim
k
(T
k1
)(t ) x
0
+
_
t
t
0
ds v
_
s, lim
k

k
(s)
_
.
Concludiamo che soluzione continua dellequazione integrale:
(t ) x
0
+
_
t
t
0
ds v(s, (s)), t J
m
(t
0
). (A.17)
Ma allora anche soluzione del problema di Cauchy (A.10). Infatti la continui-
t di implica che il secondo membro della (A.17) una funzione differenziabi-
le; dunque anche differenziabile. Possiamo quindi derivare ambo i membri
della (A.17) ed otteniamo

v(t , (t )); essendo (t
0
) x
0
ne segue che la
soluzione cercata.
Rimane da dimostrare lunicit della soluzione, quanto meno nellintervallo
J
m
(t
0
). Questo risultato una immediata conseguenza del Lemma di Gronwall.
Supponiamo che oltre alla esista unaltra soluzione del problema di Cauchy
con gli stessi dati iniziali. Posto
(t )
.
(t ) (t ),
si ha

(t ) v(t , (t )) v(t , (t )).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
182 TEOREMI FONDAMENTALI SULLE EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE
Ne consegue
[(t )[

_
t
t
0
ds [v(s, (s)) v(s, (s))[

e quindi, essendo v lipschitziano,


[(t )[ L

_
t
t
0
ds [(s)[

.
Si applichi ora la disuguaglianza di Gronwall: osservando che F
3
(t ) 0 ne con-
segue (t ) 0.
A.3. Dipendenza dai dati iniziali e dai parametri
Ci chiediamo come si comporta la soluzione se perturbiamo di poco il
dato iniziale x
0
. Premettiamo il seguente
LEMMA A.5. Sia v Lip(; R
n
) e (t
0
, x
0
) ssato in . Siano a, b, U
0
, M
0
ed
m come nel Teorema A.4. Allora, per ogni x S
b/2
(x
0
) esiste unica la soluzione di
dati iniziali (t
0
, x) nel dominio J
m/2
(t
0
) S
b
(x
0
).
DIMOSTRAZIONE. La prova conseguenza del teorema di Cauchy ed la-
sciata per esercizio.
Siamo ora in grado di affrontare il problema della continuit della soluzione
rispetto ai dati iniziali.
TEOREMA A.6. Nelle ipotesi del lemma precedente, per x S
b/2
(x
0
) indichia-
mo con (t , t
0
, x) la soluzione di dati iniziali (t
0
, t
0
, x) x denita nellinterval-
lo J
m/2
(t
0
). Allora, per ogni t , t
t
J
m/2
(t
0
) e x, x
t
S
b/2
(x
0
),
[(t , t
0
, x) (t
t
, t
0
, x
t
)[ M
0
[t t
t
[ +[x x
t
[e
L[t t
0
[
.
con M
0
come nel Teorema A.4. In particolare la mappa (t , x) (t , t
0
, x) conti-
nua.
DIMOSTRAZIONE. Sia z(t ) (t , t
0
, x) (t , t
0
, x
t
). Allora:
[[z(t )[ [z(t
0
)[[

_
t
t
0
d[v(, (, t
0
, x)) v(, (, t
0
, x
t
))[

_
t
t
0
d[z()[

,
da cui:
[z(t )[ L

_
t
t
0
d[z()[

+[z(t
0
)[.
Applicando il Lemma di Gronwall segue che [z(t )[ [z(t
0
)[e
L[t t
0
[
. Daltra parte:
[(t , t
0
, x
t
) (t
t
, t
0
, x
t
)[

_
t
t
t
d[v(, (, t
0
, x
t
))[

M
0
[t t
t
[,
poich (, (, t
0
, x
t
)) U
0
per ogni (, x
t
) J
m/2
(t
0
) S
b/2
(x
0
).

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
A.3 DIPENDENZA DAI DATI INIZIALI E DAI PARAMETRI 183
TEOREMA A.7. Assumiamo v C
k
(; R
n
), k 1. Allora per ogni (t
0
, x
0
)
si possono determinare , > 0 tali che la soluzione (t , t
0
, x) una funzione
differenziabile (di classe C
k
) di (t , x) per [x x
0
[ < e [t t
0
[ <.
DIMOSTRAZIONE. Consideriamo solo il caso k 1. Per il Teorema A.6 la so-
luzione locale (t , x) (t , t
0
, x) denita univocamente e continua per [xx
0
[ <
e [t t
0
[ < purch b/2 ed m/2. Essendo

t
(t , t
0
, x) v(t , (t , t
0
, x)),
la derivata parziale rispetto al tempo una funzione continua nel complesso
delle variabili (t , x). Derivando formalmente lequazione differenziale rispetto
ai dati iniziali si ricava che la matrice jacobiana
X(t )
.
D(t , t
0
, x)
_

i
x
j
(t , t
0
, x)
_
i , j 1,...,n
soluzione della seguente equazione lineare omogenea non autonoma (detta
equazione delle variazioni):
_

X(t ) A(t )X(t )
X(t
0
) 1I
(A.18)
ovvero, pi esplicitamente,
_
_
_

X
i , j
(t )
n

k1
A
i ,k
(t )X
k, j
(t )
X
i , j
(t
0
)
i , j
avendo posto
A(t )
.
Dv(t , (t , t
0
, x))
_
v
i
x
j
(t , (t , t
0
, x))
_
i , j 1,...n
.
Lesistenza ed unicit della soluzione del problema di Cauchy (A.18) per [t t
0
[ <
, piccolo a sufcienza, conseguenza del Teorema A.4, applicato al campo
vettoriale lineare V (t , X) A(t )X su R
n
2
(identichiamo qui in maniera canoni-
ca le matrici n n con i vettori di R
n
2
). Indichiamo dunque con X(t ) tale solu-
zione e dimostriamo che effettivamente la matrice jacobiana D(t , t
0
, x) esiste
e coincide con X(t ). Utilizzando la forma integrale dellequazione differenziale
per (t , t
0
, ) si ha, per ogni x, h tali che [x x
0
[ < e [x x
0
h[ <,
(t , t
0
, x +h) (t , t
0
, x) h +
_
t
t
0
ds
_
v(s, (s, t
0
, x +h)) v(s, (s, t
0
, x))
_
,
e quindi, poich X(t ) 1I +
_
t
t
0
ds A(s)X(s),
(t , t
0
, x +h) (t , t
0
, x) X(t )h

_
t
t
0
ds
_
v(s, (s, t
0
, x +h)) v(s, (s, t
0
, x)) A(s)X(s)h
_
.

Paolo Butt & Piero Negrini - NOTE DEL CORSO DI SISTEMI DINAMICI - 2012
184 TEOREMI FONDAMENTALI SULLE EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE
Daltra parte, per il teorema fondamentale del calcolo,
v(s, (s, t
0
, x +h)) v(s, (s, t
0
, x))

_
1
0
dDv(s,

(s))
_
(s, t
0
, x +h) (s, t
0
, x)
_
,
essendo

(s)
.
(s, t
0
, x +h) +(1)(s, t
0
, x). Denito (t )
.
(t , t
0
, x +h)
(t , t
0
, x) X(t )h, otteniamo:
(t )
_
t
t
0
ds
_
(s, h) +
_
1
0
dDv(s,

(s))(s)
_
, (A.19)
dove, ricordando la denizione di A(s),
(s, h)
_
1
0
d
_
Dv(s,

(s)) Dv(s, (s, t


0
, x))
_
X(s)h. (A.20)
Osserviamo ora che Dv(s, x) ed X(s) sono funzioni continue delle loro variabili.
Ne segue in particolare che, applicando il Lemma di Gronwall alla (A.19), esiste
una costante 0 <C
t
<tale che
[(t )[ C
t
sup
sI
t
[(s, h)[,
essendo I
t
lintervallo chiuso di estremi t
0
e t (dimostrarlo). Notiamo inoltre che

(s) (s, t
0
, x) per h 0 uniformemente in (, s) [0, 1] I
t
, cosicch
[(s, h)[ o(s, h)[h[,
con o(s, h) 0 per h 0, uniformemente in s I
t
. Concludiamo che:
lim
h0
[(t )[
[h[
lim
h0
[(t , t
0
, x +h) (t , t
0
, x) X(t )h[
[h[
0.
Altrimenti detto, la mappa x (t , t
0
, x) differenziabile ed inoltre la sua matri-
ce jacobiana coincide con X(t ). Rimane da dimostrare la continuit della mappa
(t , x) D(t , t
0
, x). Poich essa soluzione del sistema differenziale (A.18), que-
sta conseguenza del seguente teorema, la cui dimostrazione lasciata come
esercizio.
TEOREMA A.8. Supponiamo che il campo vettoriale differenziabile v dipenda
da un parametro R. Se v C
0
(; R
n
) allora per ogni (t
0
, x
0
,
0
) la solu-
zione locale (t , t
0
, x, ) dellequazione x v(t , x, ) di dati iniziali (t
0
, t
0
, x, )
x una funzione continua nel complesso delle variabili (t , x, ) per [t t
0
[, [xx
0
[,
[
0
[ sufcientemente piccoli.
[Suggerimento: si confronti con lequazione differenziale y V (t , y), essen-
do V : R
n+1
il campo vettoriale di componenti V (t , y) (v(t , x), 0) ove
y (x, )].

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A.4 NOTA BIBILIOGRAFICA 185
A.4. Nota bibiliograca
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) E.A. Coddington, N. Levinson. Theory of ordinary differential equa-
tions. (International series in pure and applied mathematics). New
York: McGraw-Hill, 1955.
3) J.K. Hale. Ordinary differential equations. (Pure and applied mathema-
tics 21). New York: Wiley-Interscience, 1969.

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