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in
2009
University of Toronto
littp://www.archive.org/details/vittoriovenetoOOprez
9448v
a,us,-
PREZZOLINI
VITTORIO VENETO
1^^
I
n5
Y ^ ^
-
10-40
MIGLIAIO
N. 43.
18.
PROPRIET LETTERARIA
Piazza Mignanelli, 23
Roma
PREFAZIONE
Queste
scritte nel
note sono
state
pensate
nel novembre
1918,
novembre 1919,
e pubblicate
e
l'aprile 1920.
non
Poi
ci
sono
per-
memento buono,
si
ch
il
libro si
venda di pi.
Ma
io
sopra
sti
un
mi
formato in que;
volta, e provato
che
non bada
al
momento.
Pubblicando dopo tanto tempo, nasce
la
necessit di
qualche giunta
cio,
ammenda, quando
si lavora,
come
io fac-
sui
vivo,
si
degli avvenimenti
che
crescono e
mi verrebbe
bretti.
Fm^se
Ma
mi
intanto
sta troppo
Eccola qui.
Io appaio, da parecchi armi, come un cntico aspro del mio paese. Io non nU limito, come fanno molti, a osteggiare
tin
VI
uomo
un
partito o
una
setta.
non credo
sempre
d'avere
canibmto
carattere.
[Gli
uomini
restano
anche
si
io
con
gli
anni mi
andata accentuando
che
ma meno
si
forte, che
critiche ri-
ad un uomo
se
d'essere,
di
titi
'non in
cosa
pi
generale e vasto.
spondevano vecessariamente
valevano e contimmvaw)
sol-
tanto in quanto dietro di loro certe qualit, abitudini, tendenze della gratide maggioranza degli italiani li sorreggeva/no e
li
facevano valere.
Di
miglioH
qui,
prima
la
effetti
col colpire pi
non
si si
che
si
pu fare
di
Hchiamare l'attenzione
i
difetti
ad una azione
sterile di protesta o
ad una
lotta
minoranza.
Le
mi fanno ap-
VII
propn<i in questo
tare ogni qualit
momento
che tornava',
a giocare
un
rappresentante carino
in
addentrarmi tanto
questa questione,
.alla quale ho spesso pensato di dedicare uno dei miei libretti^ dir soltanto mia cosa ovvia che nato e cresciuto in Italia, io mi sono trovato in attrito pi con i difetti nazionali d^l
:
altu-i
paesi.
Non
parlo male
degli stranieri, quanto degli italiani, perch non- mvo fra loro: altrimenti la vanit francese, V ipocrisia inglese, la
grossolanit pedante dei tedeschi, la follia mistica dei russi, mi avrebbero probabilmente urtato e spinto a scrivere. Sarei
stato con
Shaw
in Inghilterra
in
Nel caso
che io
svaluti
trattato
questo
Vittorio
Veneto
vittoria
libretto, finale degli eserciti degli alleati. So, e dico anche nel
che
le
un
po'
con
il
QU alleati hanmo vinto sopratutto con la propaganda, con quella rott?ura del fronte bulgaro sul cui blocco,
e
retroscena storico lascio a qualche americano o inglese o francese che ami la verit, rivelare qualche divertente docu-
mento. L'u^o della vittoria da parte dei nostri alleati, nhi indigna non meno di quello fatto da noi. Ma purtroppo debbo
riconoscere che se
siamo stati della Pace di Versailles, noi, oltre che furfanti, mentre gli altri, sempre instando fvrfanti, sono
stupidi,
stati per lo
meno
furbi.
Intelligente nessuno.
leati si fossero riwniti
Perch se
al-
per dimostmre
vili
avevano giurato
i
si corm-
popoli in trincea
non
nazioor-
di cui
mi
molto
goglioso, se si
pu essere orgogliosi
non me
la sento
Non
'
italia7io
non
pi
non meno
fciife
mio paese
e della
ra-
Lo
mi pare animare
U7i
molte mie
in
Perci non
io
non ragiono da
mi ho punto per male, quando dicono die italiaru), in quanto io non conosco che un>
da uomo.
solo
modo
di ragionare, ed quello
IX
attaccati al sentimento della nazione reputano necessario sollevarsi sul loro regionalismo per dirsi patriota.
Non
credo
possibile
una educazione
:
uomo nato
in
un determinato clima
cosciente delle limitazioni di esso e che fa di tutto per\ pollevarsi sopra di esso.
il
lettore
conoscesse
il
questo
stato
mi
ferisce pi
h^a
a fondo
il
tradile
mento
di tutta
V umanit che
portano
per
fatto
la,
guerra, e
perch
ragioni
che
si
lagnarsi di quel
tradimento
e di na-
corre verso
il
nuove soluzioni.
e
Il
problema nazionale
il
non
ve.
oggi
principale
sopratutto non
problema-chia-
im
loro
nuoix)
le
classi
mature
di
creare
un mondo
nuovo.
alla
La borghesia
capitalista
il
interesse
alla pace.
le
Ma
capi delle
in
masse operaie
Italia.
sopratutto
Siamo in
veri e
del
Un
come n^ grande
tenere.
storico,
ci
sono cento
milioni di uomini in
Europa pi
il
pu man-
questa
si risolver, se
si
risolver
forse con
scientifica, forse
ma
inevitabile
Ma
morta
la crisi
meno
appo/-iscente pi profonda.
quella
La Chiesa
Lo ^tato
laico nulla
ha saputo
sosti-
tuire se
non per
una fede
ma
questa guerra
.
stato
il
fallvmsnto
il
deU&
fal-
ideologie democrati^lie
limento di tutte
stocratici,
le
politica reali-
anche loro
guardate la Ger-
mania.
Le ideologie sono
delle forze
insufficienti
a contenere
il
movimento
passato e
sprigionate
dalla
parsa
senso del
XI
got^emi e ai proultra
momento? Non)\o'
i
saggezza che
quella, di seguire
movimenti
reali, e le forze
si
ad-
passio^ii, formidahiled!
mondo. Governi
opi-
mai
piccoli ed insuffmenti
ad
argi-
si
presenti
come
possibile e relativamente
blimare
quanto
possibile,
sbarbanzzando, intellettualiz-
zando, rendendo conscia e raffinata, questa esplosione necessaria di urna barbarie chiamata forse a risalire alla superfe^ie
civilt.
non
sto-
gli uomini. Il momento mi sembra consigliare piuttoun atteggiamento d'osservazione passiva che di attiva
direzione.
Chi presume
che non desti
il
dirigere riso, se
oggi?
Dov'
il
pro-
gramma
non per
piccole soluzioni
parziali, temporanee,
e di pi impossibile , di
una
nazionale.
L'interdipendenza
perdere
un anno
bene-
ficio
XII
morale compiuti
si ri-
di hit ti gli
sforzi
di rinnovamento
niella
nella,
Il resto
e nelle
m<mi
pi profonda nei
30 marzo 1920.
VITTORIO VENETO
La
verit
Scrissi
le
pagine
su
Coporetto
(1),
nei
giorni
del
un anno dopo,
metterci la
irritazione,
Le stenderei tali e quali; potrei data arretrata; se non fosse passato un anno di
di delusioni, di ansie, di stanchezza e soprat-
tutto di confusione.
novembre 1917,
della
ma
non posso
il
evi-
tare che
si
pili
confusiodi
nismo
Quella
di
ci
oggi
pericoloso
ci
disfatta
allora.
tempr, questo
sovrapposte
alla
nobile
le
vidui. La guerra era parsa forse terribile nella rudezza della sua verit, e i giornalisti l'avevano illeggiadrita; non eran sembrate sufficientemente ragionevoli le ragioni ideali di
(1)
n. 32j
2
commozione onesta
e di
indipendenza
giustizia,
per
le
vano aderito; e perci l'avevano caricata di altri scopi, che non poteva sopportare, che la contraddicevano nei suoi
ideali, e sotto
il
pre, in ogni
modo,
menzogna
il
ci
tradiva; e
ci
impediva
provoca
la
male
di giorni, e
dunque necessario
gli italiani
Sem-
bra che
Come
certi
pi miracolose
stro popolo sembra prendere una fisionomia pi austera ed una angolosit insolita quando riceve 11 dono di un po' di
verit.
Caporetto
straordinaria.
retto
fu,
sotto
si
Non
dir
ha
fatto all'Italia.
questo aspetto, una rivelazione mai abbastanza il bene che CapoSembr restituire al paese il buon
il
atti,
che
pu rammaricare che noi dobbiamo imparare sempre a cos caro prezzo; ci si deve augurare che nel futuro non sia necessario sempre passare col dito sulla fiamma per sapere che
brucia.
ristica
Ma non
periodi pi sani
imposto a noi
stessi di
Adua
di Caporetto; cio,
dir
italiani,
da disprezzare quella
Caporetto, dunque,
ci
non
ci
guar.
Se
tempo
dell'inva-
ne-
le
menzogne
;
il
forze
del
nemico
bre 1919.
Ma
perch
Non accuso
Ogni popolo
propria testa e
la censura.
e sistemi.
responsabile degli uomini che lascia alla dei sistemi con i quali si fa governare. La
capisce, agli av-
censura (applicata,
si
versari).
La grande maggioranza
suoi errori e delle sue manie, delle sue cecit e dei suoi difetti.
mo
rifare la storia
uomo
Il
non sapersi conoscere bene quali si . primo dovere di un italiano dunque quello di dire la verit. Anche se inopportuna. Molti dicono che sono verit, ma che non conviene dirle. Molti osservano che gli stranieri stanno in ascolto. Illusioni. Gli stranieri sanno benislattia italiana del
simo
sono
Prezzolini.
2.
se
una
verit ci
si
sa quanto male
scritto su
Caporetto, al
non ha detto
tutto.
maggiore autorit.
Il
per dimostrare
da
Ora tutto ci che accade dopo Vittorio Veneto accade perch non si osa dire la verit anche su Vittorio Veneto.
La Caporetto
la
della diplomazia,
fini
il
negazione dei
menzogne
cause occasionali, se
non
le
Ed
anche pos-
sibile
iDefci che un privato, dotato di medio ingegno, il quale nella vita pubblica italiana non rappresejta molto
pi di quanto era nella vita militare, possa sapere e capire benissimo quello che una Commissione d'Inchiesta su Vittorio
Veneto potrebbe rilevare benissimo, anche con minor numero di interrogatori e di documenti, di qui ad uno o due anni.
Dopo Caporetto
di
Subito dopo Caporetto, sentimmo tutti che qualche cosa mutato c'era in Italia. Non parlo soltanto di quello spi-
rito di resistenza,
5
nostra, del quale, dopo qualche giorno di dorata illusione, anche la stampa nemica si accorse; e neanche di quell'ammirevole fermata sul Grappa e sul Piave, che si potr stra-
ma
che soltanto
il
calmo
conc-epimento o fatato ordine scritto avrebbe potuto ottenere. C' stato in Italia
lo scaturire di
soffrendo.
Il
ha cominciato a
si
riflettere per la prima volta, dia che si era dichiarata la guerra. Nelle ansiose settimane della neutralit
era interrogata, e
le
sue simpatie
si
erano manifestate.
Ma
esame
Secondo me, assai pi della vicenda militare, questa caratteristica rende profondamente opposto Vittorio Veneto, a Caporetto. Non gi il fatto della vittoria che si oppone
tutti.
con s stesso; Vittorio Veneto la fortuna che esilara, gonfia, stordisce, e troppo superiore in apparenza ai meriti che uno
si
ed erramenti.
Non
a
era, in verit, la
il
maggio 1916.
Ma
6
non era stato
sufficiente a svegliare. Ci voleva
un colpo pi
forte, e fu Caporetto.
Gli italiani
cominciarono a
flettere sentirono di
il
nemico terribile, le responsabilit dei capi. Dall'aneddoto passarono alla visione, dalla cronaca alla storia. Le cause
del disastro erano cos numerose, grandi, remote, profonde,
lontane nel corso dei secoli, che non era possibile, se non a
piccoli individui, lanciare accuse contro questo o quell'uomo.
I
cantavano prima
in
Cadorna,
stessi. L'I-
talia
guardava
cit-
da anni, per
vizio di
pi nascosto, pi profondo.
Gli italiani
cominciarono a
il
a capire:
i
il
pi
nemico ce
lo inferse
ma
nostri; l'avver-
ma
quello che
abbiamo
in
casa; non
ma
non
italiani;
i
non
ma
nostri;
politici di l
ma
questi di qua
non
le loro virt
ma
nostri difetti. Ci che devo temere l'italiano disordinato, ignorante, senza puntualit, mentalmente vecchio, retorico
quando domina
nelle
con
il
suo essere sempre spezzato in due, fra la sua cos viva ed immediata, e il suo scetticismo, che
intelligenza,
gli
fa da
7
visiera alle azioni lontane, con la sua furbizia, che gli tie-
ne luogo e
gli
d fama
d'intelligente.
E
tur
l'Italia fu
triste,
Ma
da
secondo
la
Fu
sor-
Ognuno portava
quelle di
i
nell'esame
guerra;
i
le
proprie esperienze:
icombattenti,
padri, quelle
i
dell'educazione;
tici,
religiosi,
poli-
sibili
e freddi.
le
Non
si
vi fu
sopra
preoccupazioni ordinarie della vita, dove la convolgesse a quel tema e discorsi e confelibri
versazione non
ed articoli vi
si
adden-
trarono
lo sfiorarono. Tutti
ch pi non
si
ripetesse. Persino
socialisti ufficiali si
dimo-
strarono sensibili alla situazione e Turati pot, senza proteste, inneggiare al Monte Grappa. L'azione disfattista sub
una
forte riduzione.
fenomeno pi importante era appunto da questo prese nome una iniziativa, partita da un gruppo di studiosi e di combattenti, che in una circolare allora diffusa, esprimeva bene il bisogno da tutti sentito di riprendere in mano e rieMa, torno a
ripetere,
il
saminare la storia della nostra formazione nazionale. Le responsabilit mediate e profonde diceva l'appello
risalgono a cinquant'anni
8
torali,
assenza della scuola popolare, di voluto e sistein tutti i rami di funzionari, di assenza di dignit, di forza, di volont nei rappredi
Oggi
l'Italia
nemico
se
in casa,
ed
zi
il
conumque
di
fosse la censura
vieterebbero,
anche
non
alla
quest'ultima orma
inimicizia
dura
sana
di analiz-
mente
((
Eppure
modo
di
riparare oggi,
come
si
pu,
una nuova via. Ma, ad ogni modo, quello che non si pu fare oggi, conviene pur che sia fatto un giorno, e il pi presto possibile, se il paese non deve morire; perch la concordia nazionale non diventi il ricatto dei colpevoli ai buoni cittadini; e i^erch non avvenga che, riabilitati presso gli inco((
il
giudizio
a rovesciare l'indignazione di parte delle masse contro quelli che vollero la guerra, ed annullare il valore morale di tanti sacrifici e
a consolidarsi
al
potere,
di tanto
la patria.
Bisogna che, almeno appena sia finita la guerra, la nazione sappia, compia il suo esame, vegga la storia degli
ultimi cinquant'anni, quello che fu, al
lume
di
quello che
E per questo
da oggi una
degli errori e
esposizione
sincera, completa,
documentata
9
delle colpe che ci
hanno condotti
a guerra conchiusa, gli italiani, leggendo le pagine rivelatrici e riconoscendo in esse, imparino e sappiano
cos che,
provvedere...
(1).
menzogna, l'equivoco, la retorica dalla vita nadopo Caporetto, volle sapere che cosa era; non volle pi consolanti menzogne ma dure verit. Non seppe forse volerle con totale, completa energia. Rimase la
ciare via la
zionale. L'Italia,
Ma
si
parecchie
mormorate;
le
voci
lore,
si
dal
basso
il
furono
pi
che
bisogno che
alle
si
sentiva
Nell'e-
di loro.
spesso
appello
capacit.
complemento
e della
territoriale eb-
direttivi
Ufficio
bero adito ai gnadi superiori e furono utilizzati negli organi con grande giovamento. Comandi, Stato Maggiore,
Informazioni, Sezioni Propaganda ne furono pieni.
del proprio
di
quanto bisognava
la-
sciasse.
tro
Ebbe un intuito pi preciso dei propri limiti, ed enquelli, una pi chiara coscienza della propria dignit
Fu saggia
Chiam a
contri-
buto tutte
le
(1) Comitato per l'esame nazionale, che vedo con piacere annunzia ora la prossima ripresa del suo programma (Roma, via 3 novembre, presso Volont).
un poco di
pili delle
10
il
dovere di fare
L'atmosfera di quel periodo ce la ricorderemo lungamente, con orgoglio; e in questi tempi di delusione, con rammarico. Abbian^o allora vissuto le nostre ore migliori. Lo
spirito del paese agitato e
pur
serio,
intensamente
si
fissava
legit-
si
sentiva pieno di
una speranza
vana
pi
il
di molti
sotto
le
conduce a compimento indefettibile quanto si faceva per rimediare agli errori del passato e per ottenere nel mondo
sorti
una benevola
d'Italia,
ma
la coscienza di
una pi giusta riparazione ed il nostro posto. Quando, volgendomi indietro, ora che una pace raggiunta, penso a quel tempo, come mi paiono giuste le parole di un taccuino dove scrissi: la pace sar tanto pi difficile della guerra quanto il vivere pi difficile del morire. Vivere, esige uno sforzo quotidiano, morire, quello di Ma allora non si pensava al danno che una pochi minuti.
certo
modo
ai fini della
guerra: non
si
che avrebbero preso tutte le oliassi dirigenti e gli alti militari di tutti i paesi, travolgendo ogni ritegno, facendo di-
preparando cause
e
di
nuovi cone
diffi-
seminando malumori
disgusto,
scetticismo
no imperialisti
perch me-
ambiziosi urtam-
guastammo
il
\^anto
ed
il
guerra e pi duro
si
adoperi
in
questo
tempo, che
vit-
espiare,
dimostra la
La propaganda
nel paese
C' una cosa che ha fatto molto bene all'Italia tra Caporetto e Vittorio Veneto: la propaganda. Ce n' un'altra che
ha
Propaganda
altri paesi:
in Italia
occupa semplicemente di un paese senza coltura popolare e senza giustizia, assume carattere di propaganda qualunque interessamento che sollevi un poco lo spirito dei nieno abbienti e lo conforti nelle sue prime necessit. Perci propaganda fu assistenza. Per molti propaganda erano bei discorsi e distribuzione di opuscoli. Durante la guerra fu un imperversare di chiacchiere dette e stampate. Era la parte pi appariscente e meno solida. Tutti i conferenzieri bocciati si offrirono non
istruirlo e di aiutarlo. In
propaganda
gratuitamente
al
soldati
12
a
l'estero o nelle colonie,
i
a tener desto
nazionale.
Come
pescicani avevano
cercarono di farla
dando parole per concetti e discorsi per atti. Fu una cosa sempre inutile e spesso dannosa. Ma non importa. Le cose buone debbono avere il loro rovescio e le virti i loro difetti
correlativi.
delle
Opere federate
le
auto-
non funzionavano
i
in questo senso,
una specie
Il
di segreta-
popolo
no-
ingiustizie n
come
evi-
non doveva
amministrazione
e dell'incuria
degli uf-
domande
per
le
ricerche,
per
schiarimenti e per
sussidi, che
dando ed intuendo,
la
sapesse collocare al
momento opportuno
cuora
che
il
il
aveva pi della borghesia. Ci che mancava era la conoscenza e l'aiuto. Le Opere federate e tutto il nuovo tipo di propaganda che fior dosceva. Di
e di resistenza ne
animo
po Caporetto
a l'esercito. Il prinun sussidio vale pi di un discorso una istruzione pi di una chiacchierata; una lettera dal figlio dal marito al fronte pi di una medaglietta o di un nalo
;
dettero al paese ed
Le
Opere
federate
pratico.
dista, si miglior
Anche quella che ho chiamato la mentalit propagandopo Caporetto. La base di questa men-
talit l'ottimismo
13
Non
c' nulla di pi grande,
paesano.
creazione, ci ha fatto
do, ci
il
ecc., ecc.
Tutte
le
disgrazie che ci capitano sono colpa degli altri popoli, invidiosi del nostro splendido avvenire, ecc. .
losofia sottintesa
Ora siamo
in
guerra
gli
non
si
ci
nuocciono presso
E
ci
via dicendo.
fece pi
Questa mentalit
male
all'estero che
di
l'in-
un
vizio.
All'e-
fini ai
buone
ci
pi grossi
odiarono,
pi piccoli
ci
senza temerci.
Dopo Caporetto non c'era tanto da pensare a questo. Il tono divent un poco pi basso e perci pi sentito. Si cominci anche a capire che propaganda all' estero significava, innanzi tutto, conoscenza dell' estero. La diploma<(
concorrenza degli
uffici
di
propaganda,
affidati in
generale
a persone di maggiore levatura mentale, di fede pi profonda, di coltura pi estesa, persone che avevano dato i proprii
titoli
esami nella vita e non nella carriera, che erano partiti senza e senza rendita, e si erano fatti quello che conta pi
cio un nome. Ci sarebbe stato, un buon personale per una diplomazia nuova, pi adatta ai tempi moderni, costituita da giornalisti
del titolo e della rendita,
e
si
14
da commercianti,
da
studiosi,
da gente
si
d'affari e
ma
non
seppe e non
e della solita
il
percentuale di
da l'improvvisazione,
guaio pi grave
propaganda
si
Non
pu giuditiene conto
si
questo peso morto che tutto fece per ignorarla o per osta-
colarla.
ci
e volutamente, l'America. Ci
conseguimento dei
si
che
erano proposti
gli italiani.
capito che
con l'America i sistemi della vecchia diplomazia non attaccavano; che l'America non aveva firmato il Patto di Londra; che la sua mentalit gli era troppo opposta; ma si cre
nelle nostre relazioni con gli Stati Uniti
un
attrito gravissi-
mo,
la cui
con l'America, questo era 1" Italia. Tutti i nostri interessi reali, sforbiciate alcune pretese di piccolo imperialismo paesano adriatico, si trovavano sulla stessa linea di quelli grandi
americani. L'indole ultima del nostro popolo democratico,
l'interesse alla libert dei mari,
popoli balcanici (senza del quale ogni douinio sull'Adriatico vano potere), l'autodecisione dei popoli, e via dicendo,
na-
zioni inviavano uomini di primo ordine, noi abbiamo mandato e tardi, scarti. Per l'America ci volevano grandi uomini
15
attivi,
in
fatto.
veniva
lavorata
dai nostri rivali jugoslavi con altri sistemi e mezzi. Noi pur-
propaganda erano sbagliate di sana pianta: retoun popolo di pratici, piene di reminiscenze storiche per un popolo di attuali, scritte da dispregiatori della democrazia per un popolo di democratici, raggiungevano lo scopo opposto a quello che si proponevano. Fecero pi male che
cazioni di
riche per
le
autorit italiane
in
si
accorsero dell'er-
commesso
e le
misero
pare. In materia di
propaganda
aggiungeva
la
con-
La propaganda
nell'esercito
uno dei pii importanti fattori della riscossa dopo Caporetto: stato propaganda, assistenza, vigilanza. E' nato da Caporetto, anche lui. Si sviIl
servizio
P (propaganda)
stato
il
Comando Supremo
necessit della propaganda fu reazione all'abbandono del soldato nei primi anni di guerra, ed alle forme piij
La
Si
16
le
conferenze.
d'un avvocato
parlare
Uno
fu: fare
Ma
il
ufficiali
perch ripetes-
suo prestigio,
gli
d'altri
le
perdevano
le
ragioni e
spunti di conversaziogli
ne
si
uffici P.
ficiale di
li
Spunti
offrono all'ufli
faccia crescere,
gli
svolga,
maturi,
applichi secondo
le
circostanze e
uomini, che
:
egli soltanto in
grado
di conoscere.
le tronfie,
Di conversazione
ed
Fu
da un Comando del Genio; passata ad un Comando di Corpo d'Armata e quindi al Comando Supremo. Furono tutte iniziative individuali. Va data gran lode a
Diaz per non averle ostacolate, legate e rinseccolite,
venuto
il
ma
anzi,
averle
riconosciute
ufficial-
mente e formatone un codice, in quelle Norme che si leggono con vero compiacimento per il senso di libert, di incoraggiamento all'iniziativa, di buon senso e di ordine (nel vero profondo significato della parola) che dentro vi spira. Va data lode al generale Caviglia, di averle, da comandante della
della guerra, introdotte
17
da ministro
anche nei Comandi territoriali. Assistenza. La guerra durava da anni. Combattenti che avevan lasciato figli e moglie, padre e madre, interessi vari, si trovavano angosciati per le crisi economiche, per il sostentamento dei loro, per gli affitti, per le vendite. Un contadino combatte male il giorno in cui riceve una lettera dalla moglie,
che deve vendere una bestia, o dalla perch ha poco da mangiare.
mamma,
che
si
lagna
La
Nitti,
creata da
ai
fu un'idea ottima.
Ma
com-
in questo
senso.
mento
comandanti dei reparti. Si creava cos un collega paese fra ufficiali e famiglie dei soldati. In molti reparti il superiore usava scrivere al soldato in licenza, per ricordarsi a lui e ricordargli il suo dovere. La
ai
<(
fra esercito
sal-
vava molte volte le volont tentennanti. La Croce Rossa Americana segu questo impulso con i suoi doni e sussidi. Vennero gli oboli dei privati. Premi e doni di soldati furono in abbondanza per ogni festa, premiazione, ricorrenza.
Si pot cos
lavori,
pensare a distrante il soldato. Ai faticosi che facevano sembrare sanguinosa ironia la parola di
applicata ai periodi in cui
i
riposo
reparti si allontana-
vano
tutto
dalle
prime
di
linee,
zona
di guerra,
incontrando da per
campi
((
ves di un tempo.
All'idea di
18
in
luogo delle
tristi
cor-
do,
si
modestamente nei comandi di battaglione o di reggimento. Si comprese finalmente la natura fanciullesca del popolo soldato: gli si parl con le illustrazioni a colori, si tocc
fati
la
le
lettere.
il
Il
nemico,
l'amore per
le
terre
abbandonate all'austriaco,
tutti
bene indovinati
anche se bene intenzionati, qualche volta concepiti da persone troppo del mestiere, talora sempre tanto borghesi di spirito
in
da non saper prendere una veste veramente popolare, e qualche caso persino letterari e stuccosi e falsi tanto da raggiungere l'effetto opposto. Ma eran sempre qualche cosa,
megho
come
r Astico e la Ghirba (dovuti a Jahier e a Soffici) in due sensi completamente opposti: l'uno in quello della moralit,
l'altro in quello della farsa popolare.
Si
pens
al
Si provvide ai
pubbli-
procurata ospitalit per il periodo della licenza a questi che non avevano famiglia. Poi si pens a quelli venuti di Svizzera che, frontiera chiusa tre
quarti dell'anno, non potevan
mandare
notizie a casa; e ai
reimmigrati di pi lontano ancora; ed ai condannati, che meritavano condono per la loro buona condotta. Quante pene
hanno addolcito
gli uffici P,
eer
igSi
regalarono mi-
anche in mezzo
al
il
non faceva. Ma il segno pii esplicito e comprensivo dell'interessamento per il Soldato, furono le Case del soldato , talora stabili, bellissime, affrescate da pittori valenti, che resteranno domani come Case del popolo; pii spesso improvvisate, in case abbandonate, o sotto una tenda pi vasta, con pochi tavoli, due coperte, una lanterna da campo. Ma erano il posto dove il soldato poteva rifugiarsi quando pioveva, scrivere una franchigia , trovare una compagnia, giocare a dama a filetto, e quando capitava, godere persino gli spettacoli di qualche compagnia improvvisata o d'un cinematografo montato sopra un'automobile (che nei giorni di offensiva funzionava da stazione mobile colombi o da stazione fotoelettrica) Il buon umore del soldato per tre quarti nella vittoria
della guerra
(( ((
.
del generale.
gli
Spacci cooperativi,
che s'impiantavano fino a poca distanza dalla trincea, fornivano a buon mercato viveri e bevande e carta e oggetti di pulizia al soldato, e seguivano,
gestione
in ogni reparto,
in
autonoma
vagone speciale,
li
le
tradotte e davano (e daranno nelle caalla fine introdotti) utili di milioni, che
il
serme, dove
hanno
il
servivano a migliorare
Come
di, lizia,
vigilanza
servizio
P fu malvisto
agli alti
coman-
soldati,
3.
Prezzolini.
infatti,
20
chica;
ma
furono autorizzati a non passare per la via gerara corrispondere direttamente fra di loro. E chi sa
che strappo grosso fosse alla mentalit militare e quale giovamento se ne pot cavare, immagina anche l'utilit che
han recato
la
gli uffici
P per
a uf-
affidati
ficiali di
ne.
complemento che vi avevano maggiore preparazioCos accadeva per es. di un colonnello, che per il solito
il
in
grado
di partecipare
ad un'offensiva,
tre quarti del
ma
la relazione della
il
l'ufficiale
P rivelava che
reggimento aveva
di disastrosa stanchezza: e
si
prendeva un cicchetto.
servatori ottimi per
il
Gli ufficiali
famosa crosta
gli uffici
Dopo
l'armistizio,
pur troppo,
P sono decaduti.
Avrebbero avuto davanti un bel compito durante la smoMa trasformati in organi di incensamento, bilitazione.
di soffietti giornalistici e di cerimonie uffi.ciali, or
sono gene-
magari proprio da
e osteggiato
il
che durante
la
servizio
P come
vece di rendere
di
cratici.
Il
contrario allo spirito militare, cosicch inservizi che avrebbero potuto, di coltura e
inutili e
buro-
P continua
ne hanno ereditato
tatto fra
lia
lo spirito e
cercano di mantenere
il
con-
ed il popolo senza aiuto del Governo. I governi non si persuadono di queste cose che sotto Ma non . il peso della necessit e questa sembra cessata.
classe dirigente
21
La
politica delle nazionalit
Le idee
fra
i
si
E in un paese di scarsa nettezza politica come l'Italia, ci accade assai spesso. La politica delle nazionalit ne un esempio chiarissiloro avversari.
la
sentivano o
Sarebbero
la
stati ottimi se
ha dato
ha
fallito
esecutori
La
La sua applicazione
colte,
uno
persone
nuta,
in
ma non
al
alto,
avevano potuta imporla, e la port e l'impose Governo. Ma con l'idea non salirono, se non in
minima parte, le persone adatte che l'avevano concepita; e come uno strumento musicale in mano di ignari e come una arma in mano di interessati a non farla funzionare, dette
pi di un suono falso e di
uno scatto a vuoto. Fino a Caporetto avevamo fatto una politica estera con-
come
di
Per tutto questo paragrafo vedere in questi quaderni II Patto a cura di G. Amendola, G. A. Borgese, U, Ojetti, A. Torre, con pref. di F. RufBni.
(1)
Roma
romanzo
nino.
politico fu
22
la guerra all'Austria ma senza volerla distruggere e di rompere la Triplice con l'idea di ricomporla ben presto. Questo
chiamata
la politica realistica di
Son-
Fino a Caporetto noi abbiamo sostenuto con la diplomazia l'avversario che irritavamc con le armi.
blica opinione
si
Governo e pub-
politica di sacro
egoismo e
meno
valsero
le
armi.
Nulla al fattore morale quando pi gli avversari se ne giovavano in casa nostra e dei nostri alleati. La Germania sobillatrice di irlandesi e di
fiamminghi
e di bolscevichi e di
a quelli gi abbattuti,
che non
mostrava una strada da seguire, La censura, causa ed effetto di questi mali insieme, non lasci parlare se non chi voleva conci
sapemmo
scegliere.
la tradizione italiana,
anche irredentistica,
slavi.
si
era ristretta,
Dalmazia, terra di
Tali pretese,
accompagnate da grossolani
insulti e
da
fer-
minaccie contro
stria dal
gli slavi,
governo austriaco
e bulgari, attende-
vano
la
Complotti, diserzioni,
amnmtinamenti avevano
cerbire
eccezionale nel quale manteneva da il regime gi anni quelle popolazioni, con altre repressioni, con bandi, con ostaggi, con impiccagioni. Al governo austriaco, che
questi movimenti czechi e jugoslavi indebolivano in s e da-
venimmo
incontro
il
23
di divina
il
24 maggio 1915
il
prov-
videnza, fornendogli
modo
di presentarsi quale
protet-
Non
si
tiene
comprende nulla di questa nostra guerra, fissa in mente l'idea che per due ajini e mezzo
si
se
non
l'Italia
presso
le
diplomazie neutre ed
i
alleate,
il
esprimevan
tal-
stavano in
nucleo di una certa verit: prima di essere italiana, era diplomazia e restava perci legata ad una concezione, l'austriaca, che non poteva pensare di distruggere. Ed i nostri soldati, come molto spesso dovettero combattere, pi che
grossolano
il
modo
contro
proponeva espressamente di mantenere in vita l'Austria. Esso partiva da questo presupposto e per tale ragione rinunziava esplicitamenu a Fiume, che
Il
Patto di Londra
si
doveva far parte della Croazia. Sonnino nel suo discorso sui fini della guerra, ribadiva il suo concetto, di non volere distruggere o smembrare l'Austria. E d'accordo con lui, la massima parte dei giornali,, sostenendo un pazzo programma imperialista, eccitava le truppe slave, cio il sessanta per
cento di quelle austriache, a difender sul Carso e sulla Bainsizza e nell'Adriatico,
i
loro paesi
dia
una occupazione
stra-
niera e da una divisione politica assai pi pericolosa, per il loro avvenire nazionale, dell'oppressione absburghese stessa.
striaci.
guerra per
24
Il Patto di Londra era appena comprensibile pensando ad una mentalit diplomatica in azione sul principio della
la quale l'Austria doveva essere mantenuta, sebbene ridotta, come cuscinetto contro la Russia, e gli slavi dovevano esser tenuti divisi. xMa pi tardi, quando l'entrata
di
le
sue
si
provviste ed
non
gli interessi
po-
una corona
il
di stati tra
sentimentalismo de-
mocratico di larghe frazioni della pubblica opinione anglosassone; sollevava contro di noi cinque irredentismi, il tedesco nell'Alto Adige, lo sloveno da Tolmino a l'Istria,
to dall'Istria alla
il
croa-
Dalmazia,
il
1'
greco nell'Epiro e
n-el
Dodee
Serbia
cito
Bisognava negoziare e cambiarlo. Finche il nostro eserebbe un valore, la nostra frontiera una importanza, e
austriaco, che
si
l'esercito
un certo peso, fino ad allora noi potevamo negoziare, cambiando ci che non ci spettava ed era inutile, cio la Dalmazia, con Fiume e con seri compensi coloniali. Noi dovevamo negoziare con tutti: con gli jugoslavi, ai quali la fine dell'Austria premeva pi che a noi ed ormai non avevano altro naturale e cointeressato alleato nella lotta contro quella; con gli alleati, per modificare condizioni che essi avevan firmato ed avrebbero mantenuto, seppure a malincuore; con l'America, la quale non si era impegnata a nulla, e che bisognava convincere adoprando sise noi avessimo ceduto,
si
sentare alla scadenza.
25
la scadenza, e
Wilson non aveva firmato nulla; Fiume era stata esclusa; la guerra era
vinta e
in
il
Ma
venne
Fiume
quando
voleva
il
Brennero
e le Alpi Dinariche,
fondandoci
si
Lon-
diritto di conquista.
Non si domanda
il
Fiume per
principio di nazionalit.
pestavano
piedi ai vicini e
si
pretendeva per di avere l'accoglienza amabile di tutti. Tutto ci non ci metteva in buona luce presso la pubblica opinione straniera, la quale avr certamente avuto
i
meno indulgente
nel nostro
stati,
verso di noi
che verso
alle
altri,
ma
modo
di presentrattati
Siamo
;
vero,
ma
di Parigi ai
masero permanentemente
vari, contradittori e
curiosi
esploratori
della
propaganda,
non abbiano
L'ignoranza e
ta
a volta adoperate, senza che mai si trovasse la via giusta da battere, che salvasse i nostri diritti indispensabili con
la
nostra dignit.
Le modificazioni necessarie
al Patto di
Londra venivano
indicate dal Patto di
l'Austria,
il
26
Il
Roma.
Patto di
Roma
il
Roma
si
Ma non
retto.
sbocc al Patto di
Roma
la neutralit,
inabili,
a maneggiare
le
furono durante due anni e mezzo soffocate dalla censura e dal clamore dei vari nazionalismi. Soltanto la lunghezza della guerra rese possibile ad una pi larga frazione dell'opinione pubblica rendersi conto che mantenendo
della politica antislava
le direttive
non si faceva che sostenere l'Austria e privarci di un potente strumento politico. Caporetto dette il colpo di grazia. Perch, ron fosse altro per ragione d'utilit, non si adopravano con' ;o l'Austria quei sistemi di sconvolgimento interno, che i nemici avevano con t-anta arte saputo maneggiare nel Belgio e in Russia, durante la neutralit anche da noi ed in Romania, con non indifferenti effetti sulla preparazione prima, e poi sulla condotta della guerra?
Il
Patto di
smo
non
le
machia-
vellismo di molti e
ci si
os opporre apertamente, se
sinceri!)
(questi
almeno
alla
nuova
anche se scotta. Soltanto la i)aura, soltanto l'austriaco cerato al Piave pot persuadere una parte della classe
gente italiana a rinunziare,
folle politica di
trindiri-
spremere
il
sito di
27
il
segreto propo-
Ed
in-
Tanta malafede, abituale nelle transazioni politiche, trovava il suo degno riscontro fra gli jugoslavi. Essi pure, come i nostri nazionalisti, cercavano nell'Italia solamente un
aiuto contro l'Austria e un'alleanza contro le tendenze austro-
gran parte delle diplomazie e degli ambienti finanziari dell'Intesa, nonch di quelle, apertamente delineate, di Wilfile
di
uno stato d'avvenire federalistico sul tipo della Societ delle Nazioni da lui vagheggiata. La sconfitta dell'Italia sarebbe stata una jattura anche per gli jugoslavi ed un appoggio netto dell'Italia alle rivendicazioni loro e degli altri eredi dell'Austria, avrebbe avuto
grande
Fu merito
degli Italiani,
a loro
gli
un accordo con
fin
aderissero
anche
prima
di
Caporetto,
dall'estate
del 1917.
il
Patto di Roma,
l'Italia:
quello di esser la
guida dei popoli Balcanici. Era il nostro avvenire politico, colturale, commerciale nel prossimo Oriente, (pii sincero di
tante avventure coloniali) che non bisognava lasciarsi por-
Era un primato reale pii vantaggioso, e nello stesso tempo pii nobile, di quei primati di prepotenza che vagheggiavano i nazionalisti. Ma quando si tratt di dare forma pratica alle deliberazioni del Patto di Roma, ripresero le ostilit dall'alto. Sonnino ignor od ostacol. La legione czeco-slovacca si form
tare via dalla Francia e dalla Inghilterra.
con grande
difficolt, e
invano
si
mente
i
28
alla quale,
come
al
com-
capo
i
notizie, piani,
ora d'attacco
Vit-
mica
Passata
gabbato
lo
santo.
di
uomini
politici
da
ra,
quelli di Montecitorio.
La
che
la guer-
garantendo
l'Italia
avrebbe sostenuto
Patto di
non
sol-
che
solenne-
mente, dopo
Roma, avveniva con dichiarazioni di Lansing che trovarono restio soltanto Pichon, di Ralfour, di Sennino; ma doveva anche portare pi avanti l'Italia, garanil
tirle la
pace e
con
gli alleati.
irredenti adriatici.
Conseguenze importanti ebbe pure il Patto di Roma sulla condotta delle operazioni. Ebbero da allora ben altra efficacia le nostre relazioni con i disertori austriaci. I prigionieri
non furono pi
la
la quale
il
sentimentalismo italiano
i
tuglia di
29
romeni
e di jugoslavi,
con l'esercito
Con
vano nei reparti austriaci della stessa razza e lingua lo spirito patriottico e ottenevano l'abbandono delle file austriache.
Gnazie a czechi ed a jugoslavi noi
sapemmo
in anteceden-
za
il
ni che
gno 1918. E durante tutto quell'anno mentre, per altre ragiovedremo, diminuiva e quasi cessava la diserzione nostra con passaggio al nemico, continuavano ad affluire i disertori austriaci, grazie alle notizie dei quali,
finalmente coordi-
nate dagli
Uffici
dopo Caporetto,
pet-
mazioni pervenutaci per mezzo degli aviatori e marinari jugoslavi passati dalla nostra parte, specialmente nel mo-
Se una cor-
rente di simpatia e di propagandia avesse animato la nostra marina, anche i resultati di questa sarebbero stati pi pronti ed efficaci. Invece, per una di quelle troppo abituali anarchie
del nostro paese, dall'alto partivano ordini contradittori, le
iniziative
in
modo
Thaon
iMirabile efficacia
propaganda
delle na-
mente
di
30
le truppe austriache informate dei movimenti nazionali, eccitate alla ribellione e alla diserzione. notorio che un forte nucleo di militari
aveva
austriaci datisi prigionieri durante la battaglia del Piave, in tasca, sebbene fossero proibitissimi, i nostri maniIl
lancio di questi fu lungamente deriso da lutti conon avendo mai avuto fiducia nell'eflicacia del fattore morale sopra il soldato italiano prima di Caporetto, non l'avevano, naturalmente, dopo Caporetto, leppure nell'effioacia del fattore morale sopra il soldato austriaco. Ma tutta l'opera di propaganda, che riesci del resto ad avere diretta relazione con i centri nazionali dell'Austria, ebbe profondi effetti dopo il Patto di Roma, assicurando le
festini.
loro che,
popolazioni soggette all'Austria-Unglieria che l'Intesa avrebbe appoggiato la loro indipendenza e dando quindi loro l'incentivo a spingere fino a fondo la lotta nazionale.
Gli irredenti
sere
il
nazionalit.
appartenenza
zioni.
al
le loro
cogni-
Ed
al
Ma non
grande maggioranza,
specie
degli
adria-
tici.
il
con
gli slavi,
d'Italia,
che
le
voleva in quel
momento
sedate, a costo di
qualunque
sacrifcio.
ci
31
mente deplorevole il fenomeno di alcuni tra loro, per fortuna in minoranza assoluta, che pur odiando l'Austria s'erano fatti una mentalit austriaca e sognavano che la vittoria avrebbe semplicemente rovesciato l'ordine delle
cose,
sosti-
tuendo
minoranze italiane al posto Essi sognavano di fare a Spalato o slave. delle minoranze a Sebenico con l'appoggio del governo italiano quello che con l'appoggio del governo austriaco facevano gli sloveni a
l'Italia all'Austria e le
Trieste.
Per disgrazia questo piccolo nucleo ebbe il sopravvento, con l'aiuto del governo. Invece di informatori furono deformatori dei fatti. Avvelenarono la pubblica opinione italiana
con racconti e con teorie esagerate, con dati di fatto
rati,
alte-
facile
a commuo-
to
amore per
ci
le
nale che
In essi
ma
principalmente
risentimento personale e
Ili
il
desiderio di asi
campianilismo
ridest
in,
piccolo.
Furono quindi focolari di dissidi, lanciatori di notizie cervellotiche od esagerate, fabbricanti di innumerevoli articoli e libriciattoli senz'altro
attizzare odi.
Governo ed
al
na-
zionalismo jugoslavo, riescirono pienamente al loro scopo, e il popolo italiano si trov in breve a odiare un altro popolo, come lo jugoslavo, di cui fino ad un anno prima igno-
rava l'esistenza
stoli,
ma
tutti gli
apo-
idealisti
additato
austrieca
fu
a2
della
come
(1).
fratello e
compagno
comune
lotta anti-
questa azioL'atten-
mondiale.
nione che
la guerra fosse stata fatta per questioni di un tipo che ormai pu dirsi sorpassato dallo stato mentale del mondo moderno, in cui le competizioni d'ordine economico e i grandi problemi della tecnica e della educazione, hanno un'importanza di gran lunga superiore alle conquiste chilometriche ed alle rivendicazioni puramente etniche.
Il
paese
modo
efficace
a cambiare
gli
imperi centrali.
;
Le nostre campagne,
le citt.
le
il
erano spopolate di uomini ma non privazioni non erano forti. Dopo Caporetto ansi,
che
le citt
cui
profughi impression e connnosse persino lo scettico e critico spirito toscano. Essi portarono in tutta Italia con i loro
stracci e con
i
(1)
il
bellissimo
Vedasi nel volume Italia e Jugoslavia della nostra Voce saggio di A. Anzilotti: Austria e Savia nel risorgi-
mento italiano.
mente
si
33
paese
con l'incerta ed ingenua loro apparenza, un segno della realt che si svolgeva lass, in quei luoghi non mai veraintravisti fra le parole retoriche del giornale.
II
miglior,
come
la
zona
di guerna.
voluto creail
re fra paese e
zona
di guerra.
paese
grandi citt
di
imbo-
per
le vie principali,
razione di
pance
droghiere e
il
una pazienza
di
or-mai principalmente
e l,
femmine e
di
Popolo qui
Ed
alile
donne
in festini,
Milano', a Torino,
le altre
a Roma,
si
potevano
l^enissimo contrapporre
mandi delle citt e paesetti della zona di guerra, che se non facevano del lusso e non gozzovigliavano, non era certo
perch ne mancassero
di
desiderio
ci
che
mancava
i
loro
la-
primi a
mi-
meglio che
e
i
modo
gli
orrori
No. Tutte
le
accuse che
si
si
pensa che chi salv l'Italia sul Piave, dopo Caporetto, furono i battaglioni del- 1899. Ora quiesti battiaglioni erano di giovianotti fino a quattro cinque mesi prima vissuti nelle loro case, presso i genitori,
ascoltando
i
34
il
loro discorsi e
vedendo
il
si
non avrebbero
resistito.
si
trovava
maggiore spirito
di sa-
d'amor patrio e quella specie di animo fatto alla guerra che a forza di sentirne parlare e di dovercisi preparare, era penetrato in tutti, anche nei contadini dei luoghi pi remoti. In verit il disfattismo e l'eroismo non furono monopolio di nessuno. Nel paese la resistenza a sofferenze e privazioni lunghissime non fu meno grande che al fronte. Il popolo italiano non sment la sua formidabile qualit di sapere patire. Bisogna essere esciti dai grandi
centri
e
dai
abbandonate dal governo, taglieggiate fin nell'onore domestico, dalle camorre borghesi locali; e allora non si crede
pi
alle
frasi
fatte
che
dividevano
questo
paese,
unito
prima volta nella sua storia dopo il Risorgimento, in due pezzi: fronte ed interno. L'Italia dopo Caporetto fu una, grande nel soffrire e nel resistere, e cosi giunse alla vittoria del Piave ed a Vittorio Veneto.
forse per la
Vittorio Veneto
non
stata
una
dev'essere batta-
un nemico che si batte. Ora a Vittorio Veneto c'era un nemico che si ritirava. Vittorio Veneto una ritirata che abbiamo disordinato e confuso: non una battaglia che abbiamo vinto. Questa la ve-
rit che si
35
che
gli italiani
italiani: la verit
l'esercito austria-
era gi in
se
non
Se
nel
si
non abbiamo distrutto l'Austria, che pezzi non abbiamo fatto una guerra di manovra, senso della manovra di Piazza d'Armi.
;
sapesse ragionare
ragionare
semplicemente,
comprenderebbe l'impossibilit
feriti in
di
un combattimento
i
;
mare durante una settimana (escludo vemila del Grappa per le ragioni che dopo dir)
che perdite, tutte
in otto giorni
le
diciannodi sorpas-
pi
difficili
si
era
in
di sconfggere
un
esercito che
una
mero
e di posizione; di entrare in
Quando
in
si
parla della
il
grande vittoria
dimentica
si
comando
italiano
non
sentiva
grado
di attaccare
il
divisioni
mamento
falla nel
americane a colmare la differenza di numero, d'are di posizioni; non si ricorda pi cYc alla fine del
suo fronte, che
primo
di ottobre
aveva accettato
e
Turchia, messa la
Rumania
in
grado di insorgere
le
naziona-
chiarando
zionali,
chiedevano
ritiro delle
tutti
germanica
maggio intesa a
i.
schiacciare
36
la Francia prima dell'arrivo di tutte le forze americane l'ultimo sforzo del nemico; che nell'Austria pi
tutti facevano al si salvi chi pu per primo; che la lotta delle nazionalit era penetrata anche nell'esercito austroungarico, l'ultimo elemento di sal-
debole e sconnessa,
il
ri-
endemica e bande
di disertori
dovunque, erano
la
non
se ne conoscono.
Se poi queste ragioni non persuadono, s'interroghi qualunque combattente onesto delle armate al fronte nei gionii
Veneto esclusi quelli della quarta armata sul Grappa; e vedremo perch ed egli risponder che non fu una battaglia ma un inseguimento, con qualche urto delle retroguardie austriache con le nostre avanguardie. Se non
di Vittorio
ha
paragonare
combattimenti delle
giornate d'ottobre e novembre 1918 e con tutti quelli precedenti, e la risposta verr
La
verit
l'esercito austriaco
quan-
do era deciso a
vecchi confini, quando l'Austria aveva ripetutamente implorato la pace, chiesto l'armistizio e cercava di risolvere i problemi interni delle nazionalit e della fame mediante qualunque frettoloso accordo con l'Intesa. Questo esercito in molti tratti del fronte non aveva pii grosse e medie artiglierie,
che catturammo gi nell'interno, sui treni o sui piani caricamento pronte per partire; questo esercito non aveva pi, in massima parte, volont, e spesso nemmeno mezzi sufficienti per resistere, ed il nostro comando lo sapeva benissimo, perch alla vigilia del passaggio del Piave
di
bero trovato resistenza,
rono.
Io
37
difatti
come
pochissima ne trova-
l'esercito austriaco, se
anche avesse
l'a-
non era mai stato cos pieno di sicurezza e di spirito aggressivo ma non sarebbe stato vinto con sacrifizi cos leggeri da parte nostra: dico leggeri, a paragone di quelli che costava un'avanzata di poco sul Grappa o sull'Isonzo, quando gli austriaci non si ritiravano.
dei nostri soldati
;
nimo
si
Grappa, nei giorni 24, 25, 26 ottobre; e in questi tre giorni, sopra pochi chilometri, perdemmo diciannovemila uomini, sia per la resistenza nemica, sia per la nostra impreparaziosul
ne e l'insipienza di chi comandava. Si pu dire che l'attacco Grappa stato l'ultimo disastro ordinato dai nostri geneDisastro perch inutile nei resultati, se ottenuti; perch
rali.
male preparato; perch male diretto. Al solito, anche quella volta i sacrifizi delle prime ore non ebbero dalle riserve il sostegno sufficiente per affermarsi. Perdemmo fior di uomini e
Il
superate
le
difficolt
passaggio a Vidor, a
massiccio montuoso
si
non
si
vollero
battere.
La
non vollero
pii af-
luoghi di
pu combattere un soldato, per disciplinato che fosse nel passato, quando sa che lo Stato si va dissolvendo, che il proprio paese acquista l'autonomia e deve difenderla contro
pericolosi vicini,
il re ed i ministri non parlainsistenza armistizi, quando con chiedono di pace e
quando ormai
no che
gli alleati
leati
38
momento dell'offensiva di Caporetto, l'esercito italiano invece di sentirsi alle spalle un paese deciso a resistere, degli almandavano aiuti, (sia pure fermati avessero avuto notizia che la Francia aveva concluso una pace separata, che il re aveva chiesto un armistiche promettevano e
al Mincio),
zio,
la
propria
in-
dipendenza e che
deva nel novembre per ragioni morali, come una parte del nostro era caduto per ragioni morali a Caporetto. Ma dopo Caporetto si trov in Italia un popolo pronto a resistere ad ogni costo; ed altre parti dell'esercito si mostrarono salde; mentre Vittorio Veneto fu una Caporetto totale e definitiva
per l'Austria.
Vittorio Veneto
non
una
pro-
fessionisti dell'esercito.
Per
lo
come era
stato previ-
nemico quasi non resii corpi posson fare all'incirca quei bei movimenti ed eseguire quelle belle marce che l'ufficiale dei comandi studia sulle carte al 25000. Ma le vere battaglie hanno ben altro svolgimento. Lo Stato Maggiore propone e il nemico dispone. Chi le prepara
si
capisce: dove
il
ste, l'imprevisto
dopo
le
Le relazioni dello Stato Maggiore sono false come La battaglia si svolge sempre in modo inipreveduto e il Comando nel raccontarla bisogna sempre
tavolino.
le
disposi-
gi,
Invece la battaglia di Vittorio Veneto andata, su per secondo i progetti dello Stato Maggiore. un peccato
che sia mancato, in questa battaglia, il nemico, altrimenti potrebbe diventare classica nei manuali di strategia.
E perch questa
39
si
serie di
combattimenti di retroguardia
incontrarono
mirabil-
mente due
buona
figura e prepararsi
glorioso, e quello
te di
per rinfacciarla agli alleati e riaccendere nel paese le fiammaboria nazionalista, di sentimenti imperialistici e di odio
i
per
vicini,
ma
non mai
total-
sul
fronte
francese
compivano
un
l'a-
se-
ostacoli. L'esercito
germanico
si
finito e
ma
gli
ci
non
meno non
Anche
alleati
che noi).
Ecco come
spiega, con l'aiuto della censura, con l'inil confronto degli alleati, che abbian bevuto alla coppa incantata della
grande vittoria
il
di credersi
primo popolo
salvatore e definitivo
cattivi sentimenti
tutti
dimenticando in un attimo
i
gli
insegnamenti ed
passata esperienza,
la
ma non
con
menzogna
da Parigi a
Roma
il
del pomeriggio del quattro
40
novembre che gi nei Comandi si brindava alla nuova guerra con la Francia o con la Jugoslavia. Bisognava continuare la bella vita con l'automobile, con
le ville
a disposizione,
piantoni servitori,
le
signore per la
sera,
le
sognavano
temewi
di
perder
la
bazza
compra a qualunque
esoneri per la
costo, fornendo
materia prima e
gli
mano
d'opera, nonch
si formavano gli stessi auguri. La guadagnare milioni senza fatica, aveva male cosidetti capitani dell'industriia, ai quali non doabituato veva arridere troppo l'avvenire con la concorrenza straniera, gli scioperi operai, la necessit di rifarsi un mercato ed un pubblico. Il mondo era veduto attraverso il libro degli
discipMma militare,
possibilit di
i
introiti.
ma
sto
un pretesto
non
in
gruppi nazionalisti e
il
classe diligente.
La Conferenza
di Parigi,
con
le
doveva
d'una
si svolge mentre io scrivo e clie ha preso nome da Fiume. Essa proviene e si svolge in quella atmosfera, che io chiamerei l'atmosfera della vittoria da Stato Maggiore,
_- 41
La
vittoria del
Piave-Grappa: vittoria
di
combattenti
Ma
vittoria militare,
ma
non
vittoria strategica.
il
toria morale,'
e come!
stata
presenta press 'a poco per l'Italia quello che per uno studente
l'esame di riparazione. Noi bocciati
La vera
vittoria
dopo
la punizione di
dopo
mentre l'Austria
si
stata
i
una
vittoria e grande, pi
grande
di'
quelle che
sognano
militari di professione;
la vittoria di di
uno stato
nazionalie contro
uno plurinazionale,
:
Mr questa
Di vittorie militari
ne
avemmo
autenticamente
due:
Per tutte
:
le
altre si
possono trovare limitazioni e diminuizioni alcune inventate di sana pianta, veri tracolli battezzati per offensive vittoriose; altre non sfruttate a fondo, come la Bainsizza; altre
ancora,
come
la
ritirata
42
fico.
Su questa, nulla da eccepire. Perch non celebrata come si deve? Prima di tutto per il nostro carattere italiano scenograLa gran maggioranza degli italiani preferisce la vittoria
numero
di
sgomina un un impubblico
abituato
ha bisogno
queste
vittorie-miracolo,
com' dalla retorica scolastica a prender sul serio certe molto simili vittorie del Risorgimento. Di fronte a questa, l'autentica battaglia, la vera vittoria del Piave fa
una modesta
figura.
ma
ma
la vittoria
dopo Caporetto, guadagnata col sudore, con la fatica, con il lavoro e con la buona volont. la modesta fortuna del lavoratore che ha risparmiato, mentre Vittorio Veneto
il
terno al lotto.
La seconda ragione questa: che la vittoria del giugno 1918 non fu che secondariamente opera dei Comandi superiori. Fu opera delle unit: da colonnello a soldato. I Comandi e gli Stati Maggiori fecero fortunatamente ben poco.
Vi erano disposizioni di
dit
larghe
in profon-
da
Nessuna grande manovra. Si trattava di combattere, dappertutto e rimandare di l dal fiume il nemico. Perci lo Stato Maggiore tratta questa battaglia come una Cenerentola
fare.
le
mente
'la
La
>_ 43
non
la ritengono
a l'eloquente ingrandimento.
la storia di
un popolo che si difende disperatamente ad un termine che sente di non poter lasciar passare. In essa tutto funzion,
quasi tutto, dagli
uffici di
le
prove dell'attacco imminente e ne conobbero l'ora esatta, fino alla corrente continuamente alimentata di truppe e di
munizioni dove maggior era
resistenza.
il
logorio.
Fu
lotta di tenacia, e
militi.
Non
genialit di capo
ma
spontaneit di
la
leggenda
spontaneamente a
Fu
insomma, contro
la vittoria dei
Fu
mento,
il
gli austriaci. Si
la fede nelle stellone, fratello della impreparazione, menefreghismo, padre legittimo del disordine. Si vinsero
gli
italiani che
andavano
in otto giorni
il
a Vienna,
e quelli
mondo
veneziano, genovese,
il
gli italiani
che discutevano
la
perch
pensavano che
ci
fosse stato
il
Cannuccia, insupera-
all'orizzonte d'Italia.
conosciuta,
dei
degli
scan-
dei processi
giornali;
e
quell'altra
solida,
modesta,
esiste,
tenace,
religiosa
che
sappiamo che
non
si
lunedi, che
per
tutti quelli
44
quel-
fessi alla
quale
ci
vantiamo
di apparte-
di frutto, se
han fatto Caporctto e Vittorio Veneto. I fessi han fatto il Piave ed il Grappa, le dieci battaglie che si fondono in una e rivelano negli otto giorni di durata un lavoro di cofurbi
ci
aveva pesato
e ci
a domandarci
le
cura.
La
II
il
vittoria
comando, con
il
nostro paei
peccato verso
il
popolo,
il
peccato verso
fessi
nostri concetti.
ci
con
la
dieci, e
esso ci
toria.
con l'amore, che vale cento, del nostro popolo. Ed ha compensato con quella cosa enorme che la vit-
giugno 1918 non ricordatia come quella dell'ottobre 1918 dipende dal fatto che l'Italia vive sbandierando i suoi falsi valori e dimenticando quelli veri;
Se
la
vittoria del
l'Italia
45
le
vano;
l'Italia affida
il
governo
ai pi
incompetenti ed ai
meno
che producono ed hanno la coscienza tranquilla. L'Italia ha una vittoria vera, quella del giugno 1918,
e la trascura;
ha una mezza
i
vittoria,
Bisogna cambiare
valori italiani.
Conclusione
Mi pare dunque di avere chiarito come va che Vittorio Veneto debba essere considerato in opposizione a Caporetto, ma in senso assai differente dal solito. Se volessi esprimermi
paradossalmente, direi che Caporetto stato una vittoria, e
Senza paradossi si ha fatto del bene e Vittorio Veneto del male che Caporetto ci ha innalzati e Vittorio Veneto abbassati, perch ci si fa grandi resistendo ad una sventura ed
Vittorio Veneto
una
pu
espiando
le
proprie colpe, e
si
dosi con le
il
menzogne
facendo risorgere
cattivi istinti
per
fatto di vincere.
(la
granadi-
biamo dovuto tanto combattere contro altri falsi valori e abbiamo sentito pesare su di noi la retorica di tante false grandezze letterarie e
civili e del
recente
Risorgimento. Un'altra
Speriamo che
l'Italia si
46
serie delle
menzogna aggiunta alla non breve zionali non ci farebbe punto bene.
menzogne na-
persuada di questo: che la delusione per l'incompleto raggiungimento dei fini nazionah deve attribuirsi per buona uarte,
ai
propri
dirigenti,
poliessi
ed all'appoggio ad
al
danno
subito.
Non
vi
nulla di
stabile nel
les.
mondo
e tanto
meno dopo
l'attuale
pace di Versail-
con
La carta d'Eu-
ropa
prima
vittoria
si
potr,
dando tempo
de
al
temIl
po
e sopratutto
migliorando noi
stessi, l'intimo
l'Italia.
vero problema nazionale un problema di politica interna piuttosto che di politica estera, un problema di anima nazionale, cio di carattere, di istruzione, di giustizia, di
fie-
ma
stessi.
novembre 1919.
INDICE
Prefazione
1.
Pag.
vn
1
La
verit
2.
4 11
3.
4.
15 21
5. 6.
7.
Gli irredenti
Il
30
32 34
41
paese
8.
9.
La
Grappa
vittoria di combattenti
10.
Conclusione
45