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COPERTINA

r dtalamh
(Terra nostra)
Giorgio Guzzardi

Parte I

Capitolo I

l sole era ormai tramontato, e le striature rosa delle nuvole si erano mutate in cicatrici bigie nel ventre del cielo nero; la brughiera appariva scura, ma su di essa una coltre di nebbia si faceva spazio riversandosi come le onde del mare sulla battigia; laria era pungente, un lieve vento gelido sinoltrava tra le eriche, e le lavande ricoperte di rugiada emanavano un intenso profumo di freschezza. Il sentiero costeggiava un torrente nel quale lacqua filtrava pura attraverso le rocce nere, e le felci si adagiavano sulle pendenze di queste. La mia casa era l, sullaltra sponda del torrente, la scorgevo da lontano. Era una parca casa di campagna immersa nella foresta irlandese, non era molto grande e spaziosa, ma era molto confortevole. Durante linverno accendevamo il fuoco nel camino con il legno di pino silvestre e ci sedevamo sulle poltroncine di fronte, a me piaceva molto fissarlo per ore come passatempo ma anche perch il resto dellabitazione rimaneva fredda e buia; molto spesso capitava che i nostri vicini venissero a chiederci un po di legna da ardere, allora noi felici li accoglievamo a braccia aperte, davamo loro il combustibile, e li ospitavamo per cena. I miei genitori non erano molto ricchi, ma allepoca non era un grande problema come ora, si stava bene. Anche mia sorella maggiore Susan non si lamentava di nulla, forse per lei lesser poveri non era una limitazione, forse lei non ci faceva caso, o forse lei non voleva accettarlo ma non si rischiava a toccare largomento per non essere ripresa dai miei genitori. Susan aveva trovato un ragazzo di buona famiglia e perdutamente innamorato di lei; aveva una corporatura forte, era alto ed era intraprendente e deciso: si chiamava Roan. Si erano conosciuti in paese, e lui gi a prima vista era rimasto folgorato dalla rara bellezza di mia sorella. Lei mi disse che non potevo ancora capire ed apprezzare lamore, ma ci nonostante mi raccont che lei lo aveva notato fin dalla prima gita in paese, lo vide mentre si aggirava l in mercato con una grande disinvoltura os-

tentata, per non essere visto. Dopo non molto, lui le faceva una corte senza eguali, allora lei cap che doveva essere il suo amore. Ad ogni amaro rifiuto di lei, egli ardeva ancor di pi del fuoco che gli stava distruggendo il cuore. Insaziabile riprov per mesi, fino a quando Susan lo riconobbe. Roan veniva a trovarla ogni giorno per andare insieme a lei in paese a comprare gli ortaggi per il pranzo o la cena. Lui la amava molto e penso che Susan ricambiasse il suo affetto; egli le portava spesso un mazzo di lavanda profumata e del finissimo cioccolato di Dublino. Anchio passai molto tempo con lui, mi piaceva il suo modo di fare, era alla mano e cordiale. Di solito noi tre, io, Susan e Roan, facevamo escursioni anche in posti lontani. Una volta abbiamo costeggiato le rive del fiume Shannon a nord, ma la maggior parte delle volte andavamo al lago vicino, il Lough Gur; a me quelle escursioni piacevano molto perch bisognava inoltrarsi in una foresta fitta e seguire un sentiero in mezzo alla vegetazione. Quellatmosfera mi rilassava. Il sentiero di ciottoli bianchi costeggiava un grazioso ruscelletto, i pini vicino ospitavano grandi stormi di uccelli che cinguettavano, il suono del vento che sinfrangeva sulle fronde degli alberi e il rumore delle onde del lago che si sentivano in lontananza, mi davano serenit. Roan era un bravo ragazzo di campagna che si lamentava ben poco, ma non era molto felice di stare in un villaggio isolato Lui voleva girare il mondo insieme a Susan, un suo sogno era di portarla nella citt dellamore: Venezia. Nelle settimane che precedettero lAutunno, Roan si sentiva molto stanco ad arare la terra da solo, infatti la sua famiglia possedeva pi di quaranta ettari di terreno che andavano arati, coltivati, concimati, innaffiati e gli ortaggi raccolti. Lui e la sua famiglia non potevano fare tutto da soli. Mia sorella aveva compreso che il lavoro lo stava stremando, allora, presa da un senso materno di cui si sorprendeva anche lei, lo aiut per qualche mese senza risultati concreti. Il 12 Novembre 1844 Roan part per Belfast in cerca di braccianti che lo potessero aiutare nel suo lavoro; lui sosteneva che sarebbe ritornato per il dodici del mese successivo. Susan era inconsolabile per la sua partenza e non parl a nessuno per tre giorni lunghi e neri. Ogni giorno andavo a cercarla in mezzo alla campagna dove lei passava molto tempo sola quando si sentiva immersa dentro loblio della tristezza la maggior parte delle volte non riuscivo a trovarla. Susan mi raccont che la campagna per lei era paragonabile a una seconda casa e che lei, quando passava il suo tempo nei suoi meandri fino al crepuscolo, si sentiva parte di essa. Per me lIrlanda, in effetti, un luogo magico distese infinite di erba morbida e fresca, colli ricoperti di frumento odoroso, grandi scogliere affilate e promontori sul mare nero come lebano. Quelloceano agitato e inquieto, e quei boschi fitti e scuri, e la pioggerella che tintinnava sui tetti delle case e ti trafiggeva come lame di

coltelli freddi sulla pelle. E il cielo, che allimbrunire si tingeva del color della passione Passarono le settimane e il cuore di mia sorella si stava preparando a riaccogliere il suo amore. Dopo un mese, esattamente il 12 Dicembre, il giorno tanto atteso, Roan non fece ritorno. Mia sorella era preoccupata, ma si rincuor pensando che non avesse rispettato la data giusta. Forse per non aver trovato braccianti a sufficienza, forse per aver subito un rallentamento lungo la strada a causa della pioggia. Passarono i mesi e lInverno imperversava funesto. Susan ormai pensava al tradimento, temeva che Roan avesse trovato un nuovo amore a Belfast, magari con una ragazza benestante, con una commerciante di t, allora ricercatissimo e costoso, molto ricca, o con una ragazza di rara bellezza. Susan era molto affascinante: era snella, aveva i capelli color del legno, gli occhi color smeraldo, e la carnagione chiara. Era dolce, solare, estroversa e passionale e si poneva ancora tante domande Il 15 Febbraio 1845, dopo un gelido inverno, giunse la lacerante notizia che Roan era morto per una malattia legata alla carestia che si era diffusa nel malsano nord; sarebbe dovuto ripartire qualche giorno dopo perch aveva trovato i braccianti adatti e il viaggio sarebbe risultato meno duro grazie al tempo mite di quella settimana. Qualche giorno dopo, riportarono il corpo del giovane al villaggio; come si usava fare allepoca esso veniva lavato e vestito di bianco dai propri cari. Ci incamminammo per andare a celebrare la veglia che si teneva a casa di Roan; prima di arrivare io chiesi a mia madre che cosa fosse la morte. Lei con uno sguardo addolorato, ma addolcito dalla mia innocenza, mi disse che la morte non un momento triste poich il caro passa a miglior vita, quindi non cera da addolorarsene troppo. Mi guardai un po attorno mentre passeggiavamo, il tempo non era buono, era leggermente piovoso, il cielo era scuro e grigio, la nebbia, come se fosse a lutto, scorreva lentamente sul fiume vicino, gli uccelli volteggiavano e si libravano spensierati tra gli alberi, lerba, come le onde del mare, si piegava lievemente al volere di quella brezza gelida che formava onde piene di passione. Guardai Susan, fissava tristemente lorizzonte roseo con occhi ricolmi di lacrime che le rigavano il viso chiaro, le tenni la mano per confortarla, era fredda. Ricevetti un dolce sorriso affranto. Arrivammo alla casa di Roan verso il tardo pomeriggio, dopo aver percorso la sua campagna fino allabitazione. Ci accolsero felicemente i suoi genitori che entusiasti del nostro arrivo ci offrirono del latte caldo. Ci fecero accomodare in soggiorno nel quale gi erano presenti due famiglie che discutevano della vita del ragazzo, salutammo cortesemente, e ci accomodammo. Aspettammo qualche ora prima che arrivassero tutti gli ospiti. Allarrivo dellultimo ci alzammo in piedi ed entrammo

in un atrio che precedeva un altro piccolo soggiorno il quale ospitava il caro. Entrammo uno per volta per porgere i nostri rispetti e doni al giovane: entrarono per primi i genitori i quali aprirono una finestra vicina e gli annodarono un rosario attorno alle mani congiunte, poi seguirono i parenti al turno di mia sorella, lei gli porse un mazzetto di lavanda ed erica finemente intrecciati tra loro e uniti con un nastrino bianco. Guard attentamente per minuti lunghi e carichi di dolore il viso e pianse. Una volta visto il ragazzo, gli uomini uscivano fuori a parlare, e le donne andavano in cucina, noi facemmo lo stesso: io e mio padre uscimmo e mia madre e mia sorella andarono in cucina. Fu una serata lunga e triste quella che precedette la cerimonia del giorno dopo. Alla tiepida aurora ci svegliammo, sei uomini presero la bara e cominciarono ad avviarsi in chiesa, tutti i partecipanti alla veglia sincamminarono lentamente dietro. Arrivammo in chiesa e il sacerdote ci accolse, celebr la messa e condusse gli uomini e il corteo al cimitero. Roan aspettava solo di essere sepolto sotto una pesante croce celtica di pietra bianca, e poi avrebbe potuto riposarsi delle sue fatiche per sempre. Nel pomeriggio molti tornarono a vegliare in casa dei genitori, ma noi ritornammo a casa.

Capitolo II

ualche giorno dopo ci riferirono che si stava diffondendo la pestilenza anche nel resto dellIrlanda e che la carestia mieteva centinaia di vittime. Ci arriv anche la notizia che molti stavano emigrando verso lInghilterra, lAmerica, la Francia e nelle calde terre di Spagna e Portogallo. Ma i miei genitori vollero comunque restare in Irlanda, la loro terra natia e la loro casa. Il 30 Marzo 1845 mor mio padre, ed io, mia madre e mia sorella ci trasferimmo a Londra; ma eravamo ancora preoccupatissimi per la carestia e rammaricati per la morte di nostro padre. Dopo qualche mese, il 10 Luglio, mor anche mia madre ed io penso che fu per il dolore della morte del marito. Susan ed io rimanemmo soli, e festeggiammo il mio undicesimo compleanno amaramente. La morte di nostra madre fu dolorosa. Chiedemmo al parroco di celebrare la messa e lui acconsent, eravamo soli in chiesa, lontani da casa, non era presente nessuno dei nostri amici, molti di loro erano scomparsi, altri emigrati. Ci accolsero in un orfanotrofio e ci crebbero per qualche anno. Passarono lenti: giornimesianni. Lorfanotrofio era colmo di ragazzi della nostra et, ma dopo qualche anno, pi della met o era scappata per cercare fortuna allestero o era stata adottata da ricca gente che aveva fatto fortuna nelle terre floride dAmerica. Verso la fine del 1849 lepidemia era quasi scomparsa e la carestia era un lontano ricordo. Venimmo a sapere da un nostro amico, nonch vicino di casa del nostro villaggio, trasferitosi a Londra qualche anno prima, che nella nostra isola erano morti quasi tutti i nostri conoscenti e vicini che erano rimasti nella terra dolente per non morire altrove. In Irlanda erano morti circa due milioni di persone e altrettante erano emigrate. LIrlanda si era svuotata. Inoltre, questamico sent delle voci che raccontavano di una rivoluzione dellanno precedente, esattamente nel Luglio del 1848, a sostegno dellautogoverno irlandese finita in tragedia a causa di una risposta repressiva britannica. La rivoluzione, si diceva che fosse fallita, poich la maggioranza degli

irlandesi che partecipavano ad essa non si erano ripresi dalla carestia che si era diffusa nellisola a causa di una coltivazione errata delle patate, che avevano sviluppato un fungo. Ed essendo, queste, alimento di tutti i giorni per i contadini, si era diffusa molto velocemente nel paese. Era il Novembre del 1849, io ormai avevo quindici anni e mia sorella diciannove, in quanto nati rispettivamente il 13 Luglio 1834 e il 29 Settembre 1830 e dunque pronti per cercare lavoro. Trovare lavoro a Londra non era molto complicato perch la citt era in rapida crescita e cercava braccia forti e corpi giovani, anche se pagati con stipendi bassi, e la morte sul lavoro era allordine del giorno. Ci proponemmo per lavorare in una miniera di carbone poco oltre la periferia della citt. Il lavoro era estenuante, la miniera era scura, stretta e malsana, laria era rarefatta, la polvere era ovunque, le pareti trasudavano acqua scura e maleodorante. Decine di ragazzini come noi lavoravano l, in quel tunnel di sofferenza. La nostra vita sembrava vuota e piena di dolore, la miniera non faceva altro che peggiorare la situazione, non avremmo mai ottenuto niente di felice dalla vita se stavamo chiusi dentro quella gelida caverna giorno e notte a morire di freddo e di fatica per poche sterline. Dopo qualche duro mese, infatti, lasciammo la miniera, anche perch Susan aveva sviluppato unasma causata dalle polveri, quindi ci ritrovammo senza alcun lavoro, ma non ci demmo per vinti e continuammo le nostre ricerche. Io trovai impiego come venditore ambulante di quotidiani londinesi. Fui molto fortunato a essere assunto per questo impiego perch molti ragazzi aspiravano a questo lavoro ormai da tempo. Si vede che feci simpatia al caporedattore che mi assunse; mentre mia sorella trov lavoro presso una sarta in centro citt che la giudic gi molto esperta in questo campo, ma non sufficientemente veloce ad andare al passo con gli ordini. Comunque, grazie alla sua forza di volont, rimase a lavorare l, con uno stipendio molto allettante. Susan era una sarta nata, lavorava a maglia, sapeva cucire e creare stupendi centrini, tant che fece subito carriera diventando una tra le migliori. Io stavo bene, non mi lamentavo: non correvo alcun rischio, e conoscevo gente in citt, questo lavoro mi divertiva: era bello girare per Londra ed essere pagato bene dal mio capo. Anchio feci carriera, stavo cominciando a guadagnare una grande somma di denaro. Il mio capo mi assegn le zone pi trafficate dellintera citt: le stazioni dei treni. Da qui cominciai la mia nuova esperienza; stavolta le persone erano a centinaia e a volte i giornali non bastavano. Di solito riuscivo a portare al mio capo anche pi di due centinaia di sterline e, da allora, cominciai a guadagnare sempre di pi. Lavoravo insieme a molti ragazzi nella mia stessa zona, ma loro distribuivano opuscoli e pubblicit, erano quasi tutti orfani come me, ed erano molto simpatici:

Bruno, di famiglia italiana, Nolan, irlandese come me, Charlie e David, inglesi, Pierre, di famiglia francese, e un tale, molto particolare, di nome Mathias, probabilmente spagnolo. Passavamo giornate intere assieme; infatti, dopo non molto, diventammo tutti amici, eravamo tutti nella stessa barca, purtroppo ci accomunava lesser poveri od orfani Dopo qualche mese di lavoro, per, Susan ed io stavamo maturando lidea di tornare in Irlanda. Non eravamo sicuri, non volevamo lasciare il lavoro, ma sentivamo un vuoto dentro di noi incolmabile; allora pensammo di tornare a casa per goderci la stagione buona nel paese della nostra infanzia, per poi ritornare a Settembre. Cos, nel Giugno del 1851, accompagnati da un gradevole tepore, ritornammo in Irlanda; avevamo abbastanza denaro da poterci permettere, anche, di pagare il viaggio di ritorno a Londra, dove ormai era incentrata la nostra vita. Sbarcammo a Dublino, e ben presto, dopo una deliziosa colazione locale a base di Colcannon, ci mettemmo in marcia. Il tempo fortunatamente ci assistette fino al ritorno a casa nella contea di Limerick. Verso sera, arrivammo a Croom, il paese vicino al nostro piccolo villaggio; al nostro arrivo il posto che conoscevamo sembrava mutato e vuoto. Il cocchiere ci sugger di andare nella locanda vicina a mangiare e riposarci; noi gli chiedemmo se la pestilenza avesse colpito molto questo luogo, allora lui rispose che era ormai troppo tardi per i rimpianti e i ripensamenti, ora quel paese non esisteva pi. A me e Susan venne da piangere, molte delle persone che conoscevamo erano morte. Al paese, infatti, mancava lanima: gli abitanti.

Capitolo III

asseggiando per le strade ripensavamo a tutte le volte che le avevamo attraversate felicemente, ma ora, le poche persone rimaste, erano cambiate, i mercati erano vuoti, e nelle strade si udiva il suono della morte. L, vicino a una fonte dacqua, una volta, si sedeva un contadino che dava da bere alle pecore; di fronte, lantica erboristeria era chiusa e i cartelli sbiaditi; accanto, la casa dei nostri amici Eileen ed Allan era vuota. Continuammo a camminare, ci accorgemmo ben presto che laddove vi era un tempo il negozio del verduraio, ora vi era una locanda. Arrivammo alla Locanda del lago, entrammo ma non ci accolse nessuno. Un oste ci chiese cosa volessimo, quindi ci indic le camere da letto. Il giorno seguente, ci svegliammo di buon ora per andare a vedere le condizioni del nostro bel paesino, dunque ci mettemmo nuovamente in viaggio, ripercorremmo tutta la strada che facevamo da bambini. Non cerano pi le pecore che pascolavano nei vicini prati, il torrente mi dava un senso di estraneit, una serie di lapidi bianche in pietra a forma di croce celtica costeggiavano il sentiero, la natura sembrava, in questi anni, essersi abbrutita, gli uccelli non volavano pi liberi, ma preferivano stare rintanati tra le fronde degli alberi cupi della foresta. Varcammo la soglia del nostro villaggio, era deserto. Fortunatamente scoprimmo che vi abitavano ancora due famiglie, scampate alla pestilenza. Ci salutarono allegramente, una volta che capirono chi eravamo, e ci raccontarono tutte le bruttezze della carestia e le sue conseguenze. Ci spiegarono che dopo la nostra partenza, molte famiglie avevano seguito il nostro esempio, ma la grande maggioranza del villaggio aveva preferito rimanere nelle proprie case. Quando la pestilenza silenziosamente si diffuse anche nel villaggio, le persone non fecero in tempo a barricarsi in casa che furono contagiate. Ci furono almeno dieci morti al giorno tra uomini, donne, bambini, e animali. Dopo che le malattie e la carestia avevano imperversato impetuosamente nella nostra regione per anni, scoprirono che i casi di contagio erano in diminuzione, e nel giro di pochi mesi si erano dileguati.

Di tutto il nostro villaggio, rimasero abitate solo tre case, ma ben presto anche unaltra famiglia si trasfer altrove e ne rimasero solo due, la loro e la famiglia Connor. Una volta salutati affettuosamente li ringraziammo, e ci addentrammo nella radura che conduceva a casa, tutto sembrava diverso. Entrammo nellabitazione, e notammo le ragnatele, la muffa sui muri e la polvere, quindi costatammo che ci voleva una buona ripulita, cos da poterci stare i mesi di vacanza. Cominciammo a strofinare, lucidare, lavare, e tappezzare; ad un tratto Susan, molto scossa e irrequieta, mi disse di correre verso la camera dei nostri genitori. Arrivai di corsa in camera da letto e mi mostr immediatamente due lettere trovate dentro un baule chiuso con un lucchetto, ormai corroso, nello stanzino. Erano molto antiche; su di esse, per, si poteva ancora scorgere qualche scritta: subito scoprimmo che il destinatario era nostra madre e lautore della lettera era un certo Frederick Nools; la lettera era datata 16 Agosto 1826. Cominciammo a leggere quel che rimaneva della lettera. Si potevano scorgere parole come penso che dovresti o devi ritornare subito o almeno rifletti o pensa a nostro figlio Pe. Io e Susan ci guardammo negli occhi, era chiaro che nostra madre aveva avuto una relazione con un uomo nel passato e che da questa relazione era nato un figlio. Ne fummo sconvolti, dovevamo incontrarlo e informarlo che nostra madre era deceduta. E domandargli il motivo per cui lei lo aveva abbandonato, lasciandosi alle spalle il passato e rimanendo sola per qualche anno a soffrire per poi ricostruirsi una vita. Continuammo a leggere sinceramente Frederick Nools London,Oxford street 24, 16 Agosto 1826. Susan ed io ci guardammo e immediatamente capimmo il motivo per cui eravamo andati a Londra, forse nostra madre era andata in cerca di lui prima di morire.

Continua nel prossimo numero!

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