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S. CATERINA DA SIENA. BREVIARIO CATERINIANO. Una pagina al giorno dall'Epistolario di S. Caterina da Siena. A cura di CARLO RICCARDI C.M..

EDIZIONI CANTAGALLI SIENA - 1996. Io vi star dallato e mai mi partir da voi con quella visione invisibile che fa far e lo Spirito Santo Lettera 200 A MARIO ISMAELE CASTELLANO O. P. ARCIVESCOVO EMERITO DI SIENA FONDATORE DELLA ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DEI CATERINATI L'AUTORE E L'EDITORE CON GRATO ANIMO QUEST'OPERA DEDICANO

PREMESSA 1 La presente opera si giustifica con il desiderio di riuscire finalmente a far penetrare tra i cristiani anche non specialisti il grande insegnamento di Cateri na da Siena. Un primo tentativo era stato da noi fatto con Il messaggio di S. Ca terina da Siena Dottore della Chiesa (II Ediz., Roma 1988, pp. LII-1170). Ma non completamente riuscito. Sia presso il popolo cristiano che si spaventato davant i a un volume cos grosso. Sia presso gli studiosi specialisti perch, se pure con n ostra esitazione e disagio, abbiamo presentato in modo leggermente ammodernato i l testo cateriniano. stato questo un autentico dramma interiore per noi che abbi amo sostenuto la veramente gravosa fatica di compilare un'opera di questo genere . Non ce ne siamo comunque pentiti: per due considerazioni. Prima considerazione : la considerazione pastorale che certamente quella che ha animato Caterina in t utte le sue azioni e in tutti i suoi scritti. Seconda considerazione: il fatto c he chi volesse avvicinare il testo trecentesco di Caterina lo pu agevolmente fare poich non mancano le edizioni sia delle Lettere che del Dialogo e delle Orazioni anche recentissime. Ma ognuno sa quanto sia aspra e forte la corteccia che nasc onde il midollo dolcissimo, e quanto poche siano le anime, tolti i filologi e i letterati, che abbiano il tempo e riescano a superare la difficolt della lingua, specialmente per ci che riguarda il Dialogo. 2 Per questo motivo nel presente lavoro abbiamo preferito utilizzare unicamente l'Epistolario. Il modo familiare di esporre rende pi facile l'accesso al pensiero sempre profondo e convincente di Caterina. Il Dialogo certamente un grande capo lavoro, organico e unitario, ma di una certa complessit e asciuttezza di esposizi one che, se pu piacere ai teologi, forse meno gradita a quanti non lo sono e pure sono desiderosi di nutrirsi del robusto e generoso cibo cateriniano. Ci siamo perci decisi per una soluzione che potesse, almeno lo speriamo, soddisfa re le esigenze degli uni e degli altri. Ci siamo cio attenuti all'Epistolario per

la cordialit e immediatezza familiare con cui Caterina si rivolge ai suoi interl ocutori: a noi che lo vogliamo essere. Il discorso sostanziale che troviamo nel Dialogo del resto presente integralmente nelle Lettere e perci non perdiamo quasi nulla di quanto contenuto nel Dialogo. La maggiore agevolezza del dettato di Ca terina nelle Lettere ci ha dunque permesso di non toccare il testo originale. Pe r questo testo ci siamo serviti dell'edizione di L. Ferretti (Siena 1918-1930) c he riproduce quella di N. Tommaseo (Firenze 1860). Naturalmente con l'aggiunta d elle 8 Lettere pubblicate solo nel 1907 dal Gardner, e che Tommaseo non conoscev a. Pensiamo di aver rispettato cos le esigenze degli studiosi che ritengono la barri era del linguaggio pi apparente che reale. Per loro abbiamo preferito "il volgare senese di Caterina, quel meraviglioso fedele strumento del suo pensiero, ardent e come fiamma, dolce come una carezza, preciso e incisivo come una punta di buli no", come si esprime magnificamente Giuliana Cavallini. Ma pensiamo anche di aver contentato il desiderio dei semplici fedeli. In che mo do? Privilegiando, come gi detto, le Lettere che contengono tutta la dottrina di Caterina, e con maggiore abbondanza, gentilezza e vivacit che nel Dialogo. Inoltr e, scegliendo i brani pi significativi delle singole Lettere. Non si tratta di un a riedizione dell'Epistolario, ma di offrire al lettore per ogni giorno dell'ann o una pagina di Caterina. Riteniamo che solo oggi, solo dopo avere per oltre tre nt'anni perlustrato i testi cateriniani, ci sia stato possibile affrontare quest o lavoro. Non saremmo riusciti a farlo prima. Non ci sarebbe stato possibile est rarre in modo non riduttivo e non lacunoso tutti i testi rilevanti dell'ampio Ep istolario Cateriniano. Ci siamo permessi di dare un titolo adatto a ogni pagina di ogni singolo giorno dell'anno. Abbiamo seguito l'ordine tradizionale delle Le ttere. Ove la datazione possibile l'abbiamo fornita insieme agli estremi della L ettera: numero progressivo, destinatario, data. Abbiamo quasi del tutto eliminato le note erudite a pi di pagina, supplendo per, o ve occorra, con qualche parentesi interna esplicativa. Nel nostro lavoro abbiamo cercato di evitare le vere e proprie ripetizioni o ste reotipie di concetti. Non abbiamo potuto evitare, ma questo ci rende piacevolmen te soddisfatti, il ritornare di alcuni Leitmotive che caratterizzano il discorso cateriniano. Ci dar unit interiore al volume. La voce di Caterina ci accompagner dunque per tutto l'anno attraversando tutto l' Epistolario che consta, come sappiamo, di 381 Lettere, tante all'incirca quanti sono i giorni dell'anno. Un lavoro analogo a questo abbiamo fatto, con soddisfazione di tanti lettori, pe r le Lettere di S. Vincenzo de Paul, a cui abbiamo dato il titolo analogo di Bre viario Vincenziano. Abbiamo molta speranza che questo nostro tentativo nei confronti di Caterina ott enga il medesimo felice risultato. 3 Aggiungiamo che l'epistolario di Caterina ha un grande interesse storico. Ci s iamo sempre meravigliati che gli storici di professione non lo abbiano pienament e compreso. Le lettere di Caterina sono documenti di primaria importanza. Non so lo per immergerci nella vita religiosa, politica, sociale del secolo XIV con i p articolari usi e costumi propri del tempo. Ma per seguire le grandi vicende del rientro a Roma del papa, del progetto di indizione di una nuova crociata, del te ntativo di riforma della Chiesa nei capi e nelle membra, e della dolorosa scissi one all'interno della Chiesa, denominata in seguito lo Scisma d'Occidente. In tu tti questi eventi Caterina si propone a noi come una autentica protagonista. Per convincersene basterebbe dare uno sguardo a quanto ella scrive a Gregorio XI pr ima e a Urbano VI poi, e a molti vescovi e capi di stato e di repubbliche, e per

sino a condottieri militari delle cosiddette Compagnie di Ventura. Invitiamo il lettore a farlo. Si render conto dell'incredibile attivit di questa donna eccezion ale, del suo fervore e amore alla Chiesa, e della sua straordinaria intelligenza politica. Se si fosse tenuto conto di quanto andava dicendo Caterina, le cose, da un punto di vista religioso-politico, avrebbero preso una svolta ben diversa, concreta e positiva, da quanto non sia invece accaduto. 4 Perch il lettore non si scandalizzi di certe espressioni della santa, riguardan ti la corruzione morale del mondo cristiano (laici, religiosi, pastori), ricordi amo che esse sono state tutte dettate dall'amore e dal dolore. "Cui cresce amore , cresce dolore", dice Caterina. Del resto la Chiesa non si mai sdegnata con Cat erina. Paolo VI, il 29 aprile 1969, cos diceva: "Santa Caterina da Siena, l'umile , sapiente, impavida vergine domenicana (...) am il Papa e la Chiesa, come non si sa che altri facesse con pari altezza e vigore di spirito". una voce umile, ma forte, quella di Caterina. la voce di una madre. Una voce che sovente si fa grido di dolore che echeggia in tante e tante sue lettere. Ed ech eggia anche nei nostri cuori, nei cuori di noi cristiani alla soglia dell'anno 2 000, testimoniando la drammatica attualit di tante sue parole. Quello che diversi fica la voce di Caterina da tante voci che gridano oggi nella Chiesa e contro la Chiesa " l'amore che vi palpita dentro" per dire con G. Basadonna (Osservatore R omano, 30 aprile 1971). Per questo facciamo nostra una preziosa osservazione di G. Cavallini: "Dopo aver nitidamente affermato la ineguagliabile dignit dei sacerdoti, Caterina non teme di esporre lo stato miserabile di molti indegni ministri. Questa esposizione, pu r nella crudezza di alcune sue parti, non ha nulla di scandalistico: vuol solo s uscitare dolore e pi forte amore, per strappare alla misericordia divina, mediant e la preghiera e la penitenza, la grazia della riforma della Chiesa nei suoi mem bri" (Dialogo, a cura di G. Cavallini, II Ediz. Siena 1995, p. 350). Dio ha suscitato Caterina in un momento difficile della storia della Chiesa. In un momento altrettanto difficile, quale il nostro attuale, la Chiesa ha ancora b isogno di Caterina. Caterina non morta. Essa pi viva che mai. La sua voce forte, severa, materna echeggia ancora, soprattutto nel suo Epistolario. CARLO RICCARDI

GENNAIO 1 Gennaio Con perfetta allegrezza aspettiamo la vita durabile 1 Al nome di Ges Cristo crocifisso e di Maria dolce. Carissima madre (= monna Lap a) in Cristo dolce Ges. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Ges Cristo, scri vo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi con vero cognosciment o di voi medesima, e della bont di Dio in voi. Perocch, senza questo vero cognosci mento non potreste partecipare la vita della grazia. E per dovete con vera e santa sollecitudine studiare di cognoscere, voi non esser e; e l'esser vostro ricognoscerlo da Dio, e tanti doni e grazie quante avete ric evute da Lui, e ricevete tutto d. A questo modo sarete grata e cognoscente. E ver rete a vera e santa pazienza, e non vedrete le picciole cose per le grandi; ma l e grandi vi parranno picciole a sostenere per Cristo crocifisso. 2 Non buono il cavaliero se non si prova sul campo della battaglia. Cos l'anima v ostra si debbe provare alla battaglia delle molte tribulazioni: e quando allora

si vede fare prova buona di pazienzia, e non volta il capo in dietro con impazie nzia scandalizzandosi di quello che Dio permette, pu godere ed esultare e con per fetta allegrezza aspettare la vita durabile. Perocch s' riposata nella croce, e confortasi con le pene e con gli obbrobrii di C risto crocifisso; e ragionevolmente pu aspettare l'eterna visione di Dio, perocch Cristo la promette loro. Perocch coloro che sono perseguitati e tribolati in ques ta vita, sono poi saziati e consolati e illuminati nell'eterna visione di Dio, g ustando pienamente e senza mezzo (= senza intermediari) la dolcezza sua. Eziandio in questa vita comincia a consolare coloro che si affaticano per Lui. M a senza il cognoscimento di noi e di Dio, non potremo venire a tanto bene. Adunq ue vi prego quanto so e posso, che vi ingegniate d'averlo, acciocch noi non perdi amo il frutto delle nostre fatiche. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Ges dolce, Ges amo re. Lettera 1. A Monna Lapa, sua madre.

2 Gennaio I ministri di Dio devono essere angeli e non uomini 3 Carissimo fratello e padre per reverenzia del dolcissimo sacramento in Cristo dolce Ges. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Ges Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi alluminato di vero e perfettissimo lume, acciocch cognosciate la dignit nella quale Dio v'ha posto. Specialmente i ministri, i quali la somma bont chiama i Cristi suoi, questi debbo no essere angeli e non uomini. E veramente cos sono, se non si tolgono questo lum e; e drittamente hanno l'officio dell'angelo. L'angelo ministra a ognuno in dive rsi modi, secondo che Dio l'ha posto; e sono in nostra guardia dati a noi per la sua bont. Cos li sacerdoti posti nel corpo mistico della santa Chiesa a ministrar e a noi il sangue e il corpo di Cristo crocifisso, tutto Dio e tutto uomo per la natura divina unita con la nostra natura umana, l'anima unita nel corpo, e il c orpo e l'anima unita con la deit, natura divina del Padre eterno. Il quale (= il corpo e il sangue di Cristo) dee essere ed ministrato da quelli che hanno vero l ume, con fuoco dolce di carit, con fame dell'onore di Dio e salute dell'anime, le quali Dio v'ha date in guardia, acciocch il lupo infernale non le divori. 4 Il contrario fanno quelli che tengono l'arbore dell'anima loro nell'amore prop rio. Tutta la vita loro corrotta, perch corrotta la principale radice dell'affett o dell'anima. Onde se sono secolari, essi sono cattivi nello stato loro, commett endo le molte ingiustizie; non vivendo come uomini, ma come l'animale che si vol ge nel loto dell'immondizia. Se egli religioso, o clerico, la vita sua non la guida come angelo, ma come best ia, molto pi miserabilmente che spesse volte non far uno secolare. Non tiene vita di religioso, n vive come clerico, che debbe vivere umilmente con la sposa del br eviario allato, rendendo il debito delle orazioni a ogni creatura che ha in s rag ione, e la sustanzia temporale a' poverelli e in utilit della Chiesa. Anzi vuole vivere come signore, e stare in stato e in delizie con grandi adornamenti, con m olte vivande, con enfiata superbia, presumendo di s medesimo. Non pare che si pos sa saziare: avendo uno beneficio, ne cerca due; avendone due, egli ne cerca tre: e cos non si pu saziare. In scambio del breviario sono molti sciagurati - e cos no n fusse egli! - che tengono le femmine immonde, l'arme, come soldati, e il colte llo a lato, come se si volessero difendere da Dio, con cui hanno fatto la grande

guerra. Ma duro gli sar al misero a ricalcitrare a Lui, quando distender la verga della di vina giustizia. Lettera 2 A prete Andrea de' Vitroni.

3 Gennaio La guardia del cane della coscienza 5 Tutto questo gli nato dall'amore proprio di s, il quale ponemmo che era un arbo re di morte. Li frutti suoi menano puzzo di peccati mortali: il quale d la morte nell'anima, perch ci ha tolta la grazia, essendo privati del lume. Ora abbiamo ve duto che sola la nuvola dell'amore proprio quella che ce lo toglie. Poich tanto p ericoloso da fuggirlo, e da fare buona guardia, acciocch non entri nell'anima nos tra: e se ci entrato, pigliare il rimedio. Il rimedio questo: che noi stiamo nella cella del cognoscimento di noi. All'usci o della cella porr la guardia del cane della coscienza, il quale abbaia subito ch e sente li nimici delle molte e diverse cogitazioni nel cuore. E non tanto che a bbaia a' nimici, ma, essendo amici, si abbaier venendo alcuna volta li santi e bu oni pensieri di voler fare alcuna buona operazione: si dester questa dolce guardi a la ragione col lume dell'intelletto, perch veda se egli da Dio o no. E per questo modo la citt dell'anima nostra sta sicura, posta in tanta fortezza c he n dimonio n creatura glie le pu torre. Sempre cresce di virt in virt, infino che g iugne alla vita durabile. Sappiate che di me non si pu vedere n contare altro che somma miseria: ignorante e di basso intendimento. Ogni altra cosa si della somma ed eterna Verit: a Lui la riputate, e non a me. Teneramente mi raccomando alle vostre orazioni. Lettera 2. 4 Gennaio Chi odia il prossimo, in realt odia s stesso 6 Noi ignoranti, miseri miserabili, sempre ci partiamo dalla via della luce e an diamo per la via delle tenebre, dove morte eterna. Io non voglio che facciamo pi cos; ma voglio che seguitiate la via dell'Agnello svenato con tanto fuoco d'amore . Questa la via che io voglio che seguitiate; cio che abbiate odio e dispiaciment o del peccato mortale, e odio e dispiacimento dell'odio che avete col prossimo vostro. Per che colui che sta in odio mortale, odia pi s che il suo nemico. Or pensate che non comparazione dall'offesa ch' fatta ad alcuno per la creatura a quella che si fa esso medesimo . Che comparazione si fa dalla cosa finita alla infinita? Non veruna. Onde se io sono offeso nel corpo e sto in odio per l'offesa che m' fatta, seguita che io of fendo l'anima mia e uccidola tollendole la vita della grazia, e dandole la morte eternale se la morte gli mena nel tempo dell'odio: che non sicuro. Adunque io debbo avere maggiore odio di me che uccido l'anima che infinita - per occh non finisce mai quanto ad essere: perocch, bench finisca a grazia, non finisce ad essere - che verso di colui che vi uccide il corpo, che cosa finita, perocch o per uno modo o per un altro ha da finire. Per ch'ell' cosa corruttibile e che no n dura la verdura sua; ma tanto si conserva e vale, quanto il tesoro dell'anima v' dentro. Or che egli a vedere quando n' fuora la pietra preziosa? uno sacco pien

o di sterco, cibo di morte e cibo di vermini. 7 Adunque io non voglio che per questa ingiuria che fatta contra a questo corpo finito, e tanto vile, che voi offendiate Dio e l'anima vostra, che infinita, sta ndo in odio e in rancore. Avete dunque materia di concipere maggiore odio verso di voi che in verso di loro (=verso i nemici): e a questo modo caccerete l'odio con l'odio; perocch con l'odio di voi caccerete l'odio del prossimo. Gitterete un o colpo, e satisfarete a Dio e al prossimo: perocch, levando l'odio dall'anima vo stra, voi farete pace con Dio, e fate pace col prossimo. 8 Or questo dunque il modo. E pensate che non c' altra via; ma ogni altra via ci conduce a morte, eccetto che questa. In questa via di Cristo dolce Ges non ci pu s tare morte - ma tolleci la morte -; non fame - perocch ci ha perfetta saziet -, pe rocch Egli c' Dio e uomo. Egli via sicura. E voi sapete bene che se voi non sete c ontra a voi medesimi stando nelle miserie dei peccati mortali, che Dio non sar ma i contra voi, ma sempre vi torr in s con misericordia e con benignit. Per l'amore d unque di Cristo crocifisso non ischifate pi la via, n fuggite la regola che n' data per lo nostro capo Cristo crocifisso, dolce e buono Ges. Ors dunque virilmente! N on dormite pi nel letto della morte; ma cacciate l'odio con l'odio e l'amore con l'amore. 9 Con l'amore di Dio, e con amore della salute dell'anima vostra - la quale sta in stato di dannazione, stando in odio col prossimo suo, - con esso amore, dico che caccerete l'amore sensitivo, il quale d sempre pena e morte e tribulazione a colui che 'l seguita, e in questa vita gusta l'arra dello inferno. Or non questa una grande cecit e oscurit a vedere che, potendo in questa vita gustare vita eterna, cominciando l'abitazione in questa vita, conversando per affetto e amore con Dio, egli si voglia fare degno dello i nferno, cominciando per odio e per rancore la conversazione con le dimonia? Non creatura che potesse immaginare quanta questa stoltizia. 10 Oim, oim, aprite l'occhio del cognoscimento, e non aspettate la forza e la pote nzia del sommo giudice. Ch altro il giudice umano e altro il giudice divino. Dina nzi a Lui non si pu appellare, n avere avvocati, n procuratori. E perch mi pare che la via della verit sia chiusa in voi, per l'odio che avete, e quella della bugia e del dimonio sia molto aperta in voi: voglio che al tutto es ciate di questa via tenebrosa, facendo pace con Dio e col prossimo vostro, e red uciatevi nella via che vi d vita. E di questo vi prego dalla parte di Cristo croc ifisso, che non mi deneghiate questa grazia. Non vi voglio gravare di parole. Pe rmanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Lettera 3. Al Preposto di Casole e a Giacomo di Manzi, di detto luogo. 5 Gennaio Ho inteso la molta fatica e tribolazione che avete 11 Ho inteso la molta fatiga e tribulazioni, le quali voi avete, cio reputiamo no i che siano tribulazioni, ma se noi apriremo l'occhio del cognoscimento di noi m edesimi, e della bont di Dio, ci parranno grandi consolazioni. Del cognoscimento di noi, dico, cio che noi vediamo noi non essere, e come siamo sempre stati opera tori d'ogni peccato e iniquit. Perocch quando l'anima ragguarda s avere offeso il s uo creatore, sommo ed eterno bene, cresce in un odio di se medesima, intanto che ne vuole fare vendetta e giustizia, ed contenta di sostenere ogni pena e fatica per satisfare all'offesa che ha fatta al suo creatore. Onde grandissima grazia reputa che Dio gli abbia fatta, che Egli il punisca in questa vita, e non abbia riservato a punire nell'altra, dove sono pene infinite.

12 Ne segue molti beni dallo stare tribolato. L'uno si che si conforma con Crist o crocifisso, nelle pene e obbrobrii suoi. Or che pu avere maggiore tesoro l'anim a, che essere vestita degli obbrobrii e pene sue? L'altro si che egli punisce l' anima sua, scontando i peccati e i difetti suoi. Non temete, carissimo fratello mio, perch vedeste o vediate che il dimonio, per impedire la pace e la pazienza del cuore e dell'anima vostra, mandi tedi e tenebre nell'anima vostra, mettendovi le molte cogitazioni e pensieri. N on debba (= deve) l'anima mai venire a tristizia per neuna battaglia che abbia. E se non dovesse fare altro, almeno stare dinanzi alla croce, e dire: Ges, Ges! Io mi confido in Domino nostro Iesu Christo. Permanete dunque nelle piaghe dolci d i Ges Cristo, e nella dilezione di Dio. Lettera 4. Ad un monaco della Certosa essendo questi in carcere. 6 Gennaio Sopporta oggi: domani potresti gi essere morto 13 Senza la pazienza non potremmo piacere a Dio; anco gusteremmo l'arra dell'inf erno in questa vita. O fratello carissimo, accordatevi con li veri gustatori, ch e in questa vita cominciano a gustare Dio facendo una volont con Lui. Perocch in a ltro non sta la pena nostra se non in volere quello che non si pu avere. Se la vo lont ama onore, ricchezze, delizie e stati, o sanit di corpo: se le vuole e deside ra con disordinato affetto ed egli non le pu avere - ma spesse volte perde di que lle ch'egli ha -, n'ha pena grandissima, perch s ama troppo disordinatamente. Sicc h la volont quella che gli d pena. Ma tolletemi via la volont propria, e sar tolta og ni pena. 14 E se noi dicessimo: Questa sensualit non pare che si voglia accordare a portar le. Poniamo il freno con una dolce e santa memoria di Cristo crocifisso, lusinga ndola e minacciandola, dicendo: Porta oggi, anima mia. Forse che domane sar termi nata la vita tua. Pensa che tu debbi morire e non sai quando. E se noi ragguardiamo bene, tanta grande la fatica, quanto 'l tempo; e 'l tempo dell'uomo quanto una punta d'aco, e pi no. Adunque come diremo che veruna (=qualc he) fatica sia grande? Non a dirlo: ch'ella non . E se questa passione sensitiva volesse pure alzare il capo, metti a lei il timore e l'amore addosso, dicendoli: Guarda, che il frutto dell'impazienza la pena eternale; e nell'ultimo d del giud icio sosterrai pena con meco insieme. Meglio t' dunque a volere quello che Dio vu ole, amando quello ch'Egli ama, che a volere quello che vogli tu, amare te medes imo d'amore sensitivo. Virilmente io voglio che tu porti, pensando che non sono condegne le passioni di questa vita a quella futura gloria che Dio ha apparecchi ata a coloro che il temono (Rm 8, 18), e che si vestono della dolce volont sua. 15 Non veruna cosa s amara, che nel sangue dell'Agnello ne diventi dolce; n s grand e peso che non diventi leggero. Or non dormiamo pi; ma questo punto del tempo che c' rimasto, corretelo virilmente , attaccandovi al gonfalone della santissima croce con buona e santa pazienza; p ensando che il tempo poco, e la fatica quasi non covelle (=nulla); e 'l prezzo e 'l frutto grande. Non voglio che schifiate il gran bene per piccola fatica: ch per dolersi e lagnar si non si sollevano le fatiche; anco si raddoppia la fatica sopra fatica, perch i o pongo la volont in volere quello che io non posso avere. Vestitevi, vestitevi di Cristo dolce Ges. Egli somma eterna dolcezza, che dissolv e ogni amaritudine. Quella la via dritta. Veruna altra che il faccia tanto confo rmare con Cristo crocifisso, quanto la via delle dolci pene. 16 Voglio che mi siate un cavaliero virile, che per Cristo crocifisso none (=non

) schifiate il colpo della infirmit. Pensate quanto la grazia divina, che nel tem po della infirmit pone freno a molti vizi e difetti, i quali si commetterebbero a vendo la sanit. E sconta e purga i peccati commessi, i quali meritano pena infini ta; e Dio per la sua misericordia li punisce con pena finita. Lettera 5. A messer Francesco da Montalcino, dottore in legge civile. 7 Gennaio Siate legato nel legame della carit 17 Siccome siete fatto Legato in Italia, vi dissi che io desideravo di vedervi l egato nel legame della carit; perocch voi sapete che nessuna utilit di grazia n a no i n al prossimo possiamo fare senza carit. La carit quello dolce e santo legame, ch e lega l'anima col suo creatore; ella lega Dio nell'uomo, e l'uomo in Dio. Questa carit inestimabile tenne confitto e chiavellato Dio e uomo in sul legno de lla santissima croce. Costei (=la carit) accorda i discordi; questa unisce li sep arati; ell'arricchisce coloro che sono poveri della virt, perocch d vita a tutte le virt; ella dona pace, e tolle guerra; dona pazienza, fortezza e lunga perseveran zia in ogni buona e santa operazione; e non si stanca mai, e non si tolle mai da ll'amore di Dio e del prossimo suo, n per pena, n per strazio n per ingiuria n per scherni n per villania. Ella non si muove per impazienza n a delizie n a piaci menti che il mondo gli potesse dare con tutte le lusinghe sue. 18 Chi l'ha perseverante e giammai non si muove, perocch egli fondato sopra la vi va pietra Cristo dolce Ges (Ef 2, 20). Cio, che ha imparato da lui ad amare il suo creatore, seguitando le vestigie sue. In Lui ha letta la regola e la dottrina c he gli conviene tenere; perocch Egli via, verit e vita (Gv 14, 6). Onde chi legge in Lui, che libro di vita, tiene per la via dritta, e attende solo all'onore di Dio e alla salute del prossimo suo. 19 Son certa che essendo voi nel legame dolce della carit, voi userete la Legazio ne vostra, la quale avete ricevuta dal Vicario di Cristo, per lo modo che detto ; ma senza il primo legame della carit, questo non potete usare, n farlo per quello modo che dovete. 20 L'amore proprio miserabile e partesi dalla giustizia, e commette le ingiustiz ie; e ha uno timore servile, che non gli lassa fare giustamente quello che debbe , o per lusinghe o per timore di non perdere lo stato suo. Questa quella pervers a servitudine e timore che condusse Pilato ad uccidere Cristo. Onde questi cotal i non fanno giustizia, ma ingiustizia; e non vivono giustamente n virtuosamente e con affetto di divino amore, ma ingiustamente e viziosamente con amore proprio tenebroso. Or cos voglio, padre mio, Legato del nostro signore lo Papa, che voi siate legato nel legame della vera e ardentissima carit, amando Dio per Dio, inquanto Egli de gno d'essere amato perch somma ed eterna bont, e amando voi per Lui, e il prossimo per Lui, e non per rispetto di propria utilit. E questo desidera l'anima mia di vedere in voi. Altro non dico. Lettera 7 Al cardinal Pietro d'Ostia. Scritta probabilmente nel 1373. 8 Gennaio Non importa se legittimi o illegittimi 21 Vedete bene, carissimo padre, che il Sangue ci manifesta l'amore ineffabile:

ch per amore ha donato il sangue, e con esso amore ci chiede bere, quando disse S itio (Gv 19,28). Allora d bere l'anima al suo creatore, quando gli rende amore per amore. Ma non g li pu rendere, per servizio che possa fare a Lui, ma col mezzo del prossimo. E pe r si volge l'anima con tanta sollecitudine a servire al prossimo suo in quel serv izio che vede che pi piace a Dio; e in quello si esercita. Questo quello santo beveraggio il quale chiede il Figliuolo di Dio in su la croc e. E non doviamo essere negligenti a dargli, ma solleciti; poich vedete bene che per questa sete muore. E non doviamo fare come fecero i Giudei che gli diedero a ceto e fiele. Allora riceve aceto e fiele da noi, quando noi stiamo in un amore proprio sensitivo, in una negligenzia radicata in uno parere e piacere del mondo , con poca vigilia e orazione, con poca fame dell'onore di Dio e della salute de ll'anime. Veramente questo un aceto e uno fiele mescolato con grande amaritudine : della quale amaritudine suo il dispiacere, perch gli dispiace; e a noi torna l' amaritudine e 'l danno. 22 Datemegli bere, carissimo padre: che vedete con quanto amore ve ne chiede. E non mirate mai per veruna dignit, n per bassezza, n per grandezza; n per essere legi ttimi, n illegittimi: ch il Figlio di Dio, le cui vestigie ci conviene seguitare, non schif n schifa mai persona per veruno stato n altra generazione. Quando delle buone piante vi vengono alle mani, e vengono con fame e desiderio d ell'Ordine, e per amore della virt escono del secolo e corrono al giogo dell'obed ienzia; non da fuggirle, ne' da schifarle per veruna cosa. E siano nati come si voglia; ch non spregia Dio l'anima di colui che conceputo in peccato mortale, pi c he di quello che conceputo nell'atto del sacramento del matrimonio. Egli accetta tore de' santi e buoni desideri, il Dio nostro. E per io vi prego e voglio che qu esta pianta novella, la quale il priore vi mand, chiedendo che fosse ricevuta all 'Ordine, voi il riceviate caritativamente. Ch egli ha una santa e buona volont; e la condizione naturale ancor buona, e singolarmente lo Spirito Santo il chiama a ll'Ordine vostro. Non dovete, e io so che non volete far resistenzia allo Spirito Santo. E non mel lassate, perocch egli buono giovane, e se non fusse buono, io non vel manderei. Lettera 8,. A frate Giusto, Priore in Montoliveto.

9 Gennaio L'atto temporale, alla santa intenzione spirituale 23 Voi sete posto ora nel temporale e nello spirituale: e per vi prego per l'amor e di Cristo crocifisso che facciate virilmente; e procuriate l'onore di Dio, qua ndo e quanto potete, consigliando e aiutando, che li vizi siano spersi, e le vir t siano esaltate. Sopra l'atto temporale, il quale alla santa intenzione spirituale, fate virilmen te procacciando quanto potete la pace e l'unione di tutto il paese. E per questa santa operazione, se bisognasse di dare la vita del corpo, mille volte, se fuss e possibile, si dia. Ch oscura cosa a pensare e a vedere, il vederci in guerra co n Dio per la moltitudine dei peccati dei sudditi e de' pastori, e per la ribelli one che fatta alla santa Chiesa! E in guerra ancora temporale! E dove la guerra ogni fedele cristiano debbe essere apparecchiato a mandarla sopra gl'infedeli e li falsi cristiani, la fanno l'uno contra l'altro. 24 E cos scoppiano li servi di Dio per dolore e amaritudine di vederli tanto offe ndere per la dannazione dell'anime; che per questa periscono: e le dimonia godon

o, ch veggono quello che vogliono vedere. Bene dunque da darci la vita per esempi o del Maestro della Verit; e non curare n onore n vituperio che 'l mondo ci volesse dare nelle penose pene e morte del corpo. Son certa che se voi sarete vestito d ell'uomo nuovo Cristo dolce Ges, e spogliato del vecchio, cio della propria sensua lit, che voi il farete sollicitamente, perocch sarete privato del timore servile. Perocch in altro modo non lo fareste mai; anco cadreste nelli difetti detti di so pra. Lettera 11. A Pietro cardinal d'Ostia. Scritta forse nel 1374. 10 Gennaio Buoni capi per un buon monastero 25 Dimandava il dolce Ges di bere coloro ch'Egli vedeva che non participavano la redenzione del sangue suo, e non gli fu dato bere altro che amaritudine. Oim, dol cissimo padre, continuatamente vediamo che non tanto al tempo della croce, ma po i, e ora continuamente ci addomanda questo bere, e dimostra continua sete. Oim, d isavventurata me! Non mi pare che la creatura gli dia altro che amaritudine e pu zza di peccati. Adunque bene ci dobbiamo levare con fame e sollicitudine a raggu ardare la fame sua, acciocch, inebriata, l'anima non possa altro desiderare n amare, se non quello che Dio ama, e odiare quello che Dio odia. 26 Mandastemi a dire che avevate trovato l'orto senza piante. Confortatevi, e fa te ci che potete: ch io spero nella bont di Dio, che l'ortolano dello Spirito Santo fornir l'orto e provveder in questo e in ogni altro bisogno. Mando a voi costui c he vi reca la lettera. Ragioneravvi di madonna Moranda, donna di messer Francesc o da Monte Alcino, che ha per le mani alcuna giovine e fanciulla che ha uno buon o desiderio di fare la volont di Dio; per la quale cosa ella vorrebbe rinchiuderl e per modo, che a me non piace troppo. Per la qual cosa io vorrei che voi ed ell a fuste insieme; e quando fusse la vostra possibilit di poterlo fare, trovare un luogo ordinato, acciocch si potesse fare uno vero e proprio monasterio, e metterv i dentro due buoni capi; perocch delle membra ne abbiamo assai per le mani. Lettera 12. All'Abbate di Sant'Antimo. scritta con qualche probabilit dopo il giu gno 1376. 11 Gennaio Quattro cose ci conviene considerare per avere la pazienza 27 Che modo dunque possiamo tenere ad avere questa pazienza, poich io la posso e debbo avere, e senz'essa offenderei Iddio? Quattro cose principali ci conviene a vere e considerare. In primo, dico che ci conviene avere il lume della fede, nel quale lume della fede santa acquisteremo ogni virt; e senza questo lume anderemo in tenebre, s come il cieco a cui il d gli fatto notte. Cos l'anima senza questo l ume. Quello che Dio ha fatto per amore, il quale amore uno d lucido sopra ogni lu ce, ella sel reca a notte, cio a notte d'odio, tenendo che per odio Dio gli perme tta le tribulazioni e le fatiche ch'egli ha. Sicch dunque vedete che ci conviene avere il lume della santissima fede. 28 La seconda cosa si quella la quale s'acquista con questo lume; ci che in verit ci convien credere, e non tanto credere ma essere certi ch'Egli , e che ogni cosa che ha in s essere procede da Dio, eccetto il peccato, che non . La mala volont de ll'uomo che commette il peccato non fa Egli; ma ogni altra cosa: o per fuoco o p er acqua o per altra morte o qualunque altra cosa che si sia, ogni cosa procede da Lui. E ogni cosa fatta con misterio e per amore, e non per odio. 29 La terza cosa questa: ch'egli ci conviene vedere e cognoscere in verit col lum e della fede che Dio somma eterna bont, e non pu volere altro che il nostro bene. E se noi di questo dubitassimo ch'Egli volesse altro che il nostro bene; dico ch e noi non ne possiamo dubitare, se noi ragguardiamo il sangue dell'umile e immac

olato Agnello; perocch Cristo, aperto, appenato e afflitto di sete in croce, ci m ostra che il sommo ed eterno Padre ci ama inestimabilmente. Perocch, per l'amore ch'Egli ebbe a noi, essendo noi fatti nemici per lo peccato commesso, ci don il V erbo dell'unigenito suo Figliuolo; e il Figliuolo ci di la vita, correndo come in namorato all'obbrobriosa morte della croce. Chi ne fu cagione? L'amore ch'Egli e bbe alla salute nostra. Sicch dunque vedete che il sangue ci tolle ogni dubitazio ne che noi avessimo, che Dio volesse altro che il nostro bene. E come pu la somma bont fare altro che bene? Non pu. 30 La quarta cosa che ci conviene avere per poter venire a vera pazienza questa: che noi consideriamo i peccati e difetti nostri, e quanto abbiamo offeso Dio, i l quale bene infinito. Per la qual cosa seguiterebbe, non tanto che delle grandi colpe ma d'una piccola, pena infinita. E degni siamo di mille inferni, consider ando che siamo noi miserabili che abbiamo offeso il nostro creatore. E chi il do lce creatore nostro che offeso da noi? Vediamo ch'Egli colui che bene infinito; e noi siamo coloro che non siamo per noi medesimi: per che l'esser nostro, e ogni grazia che sopra l'essere abbiamo da Lui; per che noi per noi siamo miseri miser abili. E nondimeno che noi meritiamo pena infinita, Egli con misericordia ci pun isce in questo tempo finito; nel qual tempo, portando le fatiche con pazienza, s i sconta e si merita. Che non avviene cos delle pene che sostiene l'anima nell'altra vita. Perocch, se e lla alle pene del purgatorio, s sconta, e non merita. Bene dobbiamo dunque portare questa piccola fatica volontariamente. Piccola si p u dire questa e ogni altra per la brevit del tempo; perocch tanto grande la fatica, quanto grande il tempo in questa vita. Quanto il tempo nostro? quanto una punta d'aco. Adunque bene vero ch'ella piccola: perocch la fatica ch' passata, io non l 'ho, perocch passato il tempo. Quella che avvenire, anco non l'ho, perocch non son sicura di avere il tempo, con ci sia cosa che io debba morire, e non so quando. Solo dunque questo punto del presente c', e non pi. Adunque bene doviamo portare con grande allegrezza; per che ogni bene remunerato e ogni colpa punita. In altro modo perdereste il bene della terra e il bene del cielo. Per che altro m odo non c'. Lettera 13. A Marco Bindi, mercatante. 12 Gennaio A Consiglio, giudeo, perch si converta 31 A te, dilettissimo e carissimo fratello, ricomprato del prezioso sangue del F igliuolo di Dio, io Catarina scrivo, costretta da Cristo crocifisso, dalla sua d olce madre Maria, che io vi preghi e costringa che doviatevi uscire e abbandonar e la durezza e la tenebrosa infedelt, e doviatevi riducere, e ricevere la grazia del santo Battesimo: per che senza il battesimo non potete avere la grazia di Dio . O carissimo fratello in Cristo Ges, apri l'occhio dell'intendimento a ragguardare la sua inestimabile carit, che ti manda invitando con le sante spirazioni che ti sono venute nel cuore; e per li servi suoi ti richiede e t'invita, che vuol far e pace teco, non ragguardando alla lunga guerra e ingiuria che ha ricevuto da te per la tua infedelt. Perocch tanto dolce e benigno lo Dio nostro che, poi che ven ne la legge dell'amore, e che il Figliuolo di Dio venne nella vergine Maria, e s parse l'abbondanza del sangue in sul legno della santissima croce, possiamo rice vere l'abbondanza della divina misericordia. 32 Onde siccome la legge di Mos era fondata in giustizia e in pena; cos la legge n

uova data da Cristo crocifisso, vita evangelica, fondata in amore e misericordia . In tanto ch'Egli dolce e benigno, purch l'uomo ritorni a Lui umiliato e fedele, e credere per Cristo avere vita eterna. Non fare dunque pi resistenza allo Spiri to Santo che ti chiama, e non spregiare l'amore che t'ha Maria, n le lagrime e or azioni che sono fatte per te 1. Lettera 15. A Consiglio, Giudeo. Nota 1: Ci permettiamo di riferire qui dal Dialogo (cap. 137) il forte ragioname nto teologico di Caterina per convertire gli Ebrei al cristianesimo. "Io provvid i nel vecchio Testamento in modo generale con la legge di Mos e con molti altri s anti profeti. Sappi che prima dell'avvento del Verbo, mio unigenito Figlio, il p opolo giudaico non stette quasi mai senza profeti, perch volevo confortare il mio popolo con le profezie, dandogli la speranza che la mia Verit, profeta dei profe ti, li avrebbe tratti dalla servit e resi liberi e con il suo sangue avrebbe loro riaperto il cielo che tanto tempo era rimasto serrato. Ma quando venne il dolce e amoroso Verbo nessun profeta pi si lev tra loro, al fine di renderli certi che quello che aspettavano lo avevano avuto e perci non bisognava pi che i profeti l'a nnunciassero; bench i membri di questo popolo non lo riconobbero, n lo riconoscono , a causa della loro cecit". Citaz. dalla nostra opera Il messaggio di S. Caterin a da Siena Dottore della Chiesa, II Ediz. n. 558. Fine nota.

13 Gennaio Signore mio dolce, quale ti fu maggiore pena, o la pena del corpo o l a pena del desiderio? 33 Questo mi ricordo che il dolce e buono Ges manifestava una volta ad una serva sua (=Caterina). Vedendo ella in Lui la croce del desiderio e la croce del corpo , ella dimandava: "Signore mio dolce, quale ti fu maggiore pena, o la pena del c orpo o la pena del desiderio?". Egli rispondeva dolce e benignamente, e diceva "Figliuola mia, non dubitare: ch t i fo sicura di questo, che veruna comparazione si pu fare dalla cosa finita alla cosa infinita. Cos ti pensa che la pena del corpo mi fu finita; ma il santo desid erio non finisce mai. Per che io portai la croce del santo desiderio. E non ti ri corda, figliuola mia, che una volta, quando ti manifestai la mia nativit, tu mi v edevi fanciullo parvolo, nato con la croce al collo? Perch io ti fo sapere che, c ome io, Parola incarnata, fui seminata nel ventre di Maria, mi si cominci la croc e del desiderio ch'io avevo di fare l'obbedienzia del Padre mio e d'adempire la sua volont nell'uomo; cio che l'uomo fusse restituito a grazia, e ricevesse il fin e pel quale egli fu creato. Questa croce m'era maggiore pena che veruna altra pe na ch'io portassi mai corporalmente. E per (=perci) lo spirito mio esult con grandi ssima letizia, quando mi vidi condotto all'ultimo; e specialmente nella cena del gioved santo. E per dissi: con desiderio ho desiderato di fare questa pasqua; cio di fare sacrificio del corpo mio al Padre. Grandissima letizia e consolazione avevo, perch vedevo apparecchiare il tempo dis posto a trmi questa croce del desiderio; cio che quanto pi mi vidi giugnere a flage lli e a tormenti corporali, tanto mi scemava pi la pena. Ch con la pena corporale si cacciava la pena del desiderio; perocch vedevo adempito quello che io desidera vo". 34 Ella rispondeva e diceva: "O Signore mio dolce, tu dici che questa pena della croce del desiderio ti si part in croce. In che modo fu? Or perdesti tu il desid erio di me?". Ed egli diceva: "Figliuola mia dolce, no. Ch morendo io in su la cr oce, termin la pena del santo desiderio ad un'ora con la vita; ma non termin il de siderio e la fame che io ho della salute vostra. Che se l'amore ineffabile che i o ebbi e ho dell'umana generazione fusse terminato e finito, voi non sareste.

Perocch come l'amore vi trasse dal seno del Padre mio creandovi con la sapienzia sua, cos esso amore vi conserva; ch voi non sete fatti d'altro che d'amore. Se rit raesse a s l'amore con quella potenzia e sapienzia con la quale egli vi cre, voi n on sareste. Io, unigenito Figliuolo di Dio, sono fatto uno condotto che vi porge l'acqua della grazia. Io vi manifesto l'affetto del Padre mio; perocch quello affetto che egli ha, e io ho , e quello che ho io, egli ha; perch sono una cosa col Padre, e il Padre una cosa con meco; e per mezzo di me ha manifestato s. E per dissi io: Ci che io ho avuto d al Padre, io ho manifestato a voi (Gv 15, 15). D'ogni cosa n' cagione l'Amore". Lettera 16. Ad un gran prelato. Probabilmente il card. Pietro d'Estaing, vescovo di Ostia. Scritta intorno al 1373. 14 Gennaio Amiamo il prossimo perch Dio lo ama 35 Dio sommamente ama la creatura; e questa la cagione che subito li servi di Di o amano tanto la creatura, perocch veggono che sommamente l'ama il Creatore; e la condizione dell'amore d'amare quello che ama colui che io amo. Dico che non amano Dio per s (= per se stessi), ma amanlo in quanto somma ed eter na bont, degno d'essere amato. Veramente, padre, che costoro hanno messa a uscita la vita, perch non pensano di loro pi. Egli non vogliono altro che pene, strazii, tormenti e villanie: elli hanno in dispregio tutti li tormenti del mondo, tanto maggiore la croce e pena che portano di vedere l'offesa e il vituperio di Dio, e la dannazione delle creature; ed s grande questa pena, che dimenticano il senti mento della vita propria. E non tanto che fuggano le pene, ma essi se ne diletta no e vannole cercando. Accordansi con quello dolce innamorato di Paolo che si gl oriava nelle tribolazioni per l'amore di Cristo crocifisso (II Cor 12, 9). Or qu esto dolce banditore voglio e pregovi che seguitiate. Lettera 16.

15 Gennaio I miseri pastori dormono 36 Li pastori dormono nell'amor proprio di loro medesimi, in una (=una grande) c upidit e immondizia: sono s ebbri di superbia che dormono e non si sentono, perch ( =bench) veggano che il diavolo, lupo infernale, se ne porti la vita della grazia in loro e anco quella dei sudditi loro. Essi non se ne curano: e tutto n' cagione la perversit dell'amore proprio. O quanto pericoloso questo amore nelli prelati e nelli sudditi! S'egli prelato ed egli ha amore proprio, egli non corregge il difetto de' suoi s udditi; perocch colui che ama s per s, cade in timore servile, e per non riprende. C he se egli amasse s per Dio, non temerebbe di timore servile; ma arditamente con virile cuore riprenderebbe li difetti e non tacerebbe, n farebbe vista di non ved ere. 37 Oim, non pi tacere! Gridate con cento migliaia di lingue! Veggo che, per tacere , il mondo guasto, la sposa di Cristo impallidita, perch gli succhiato il sangue da dosso, cio che il sangue di Cristo, che dato per grazia e non per debito, egli sel furano (=rubano) con la superbia, tollendo l'onore che debbe essere di Dio, e dannolo a loro; e si ruba per simonia, vendendo i doni e le grazie che ci son o dati per grazia col prezzo del sangue del Figliuolo di Dio. Oim ch'io muoio e n

on posso morire! Non dormite pi in negligenzia; adoperate nel tempo presente ci ch e si pu. Non dico pi. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Annegatevi nel sangu e di Cristo crocifisso. Ponetevi in croce con Cristo crocifisso; nascondetevi ne lle piaghe di Cristo crocifisso; fatevi bagno nel sangue di Cristo crocifisso. P erdonate, padre, alla mia presunzione. Ges dolce, Ges amore. Lettera 16.

16 gennaio Le due dannose volont proprie: la sensitiva e la spirituale 38 Apriamo gli occhi, carissimo fratello, perocch abbiamo due volont: l'una sensit iva che cerca le cose sensibili; e l'altra la volont spirituale che, con specie e colore di virt, tiene ferma la volont sua. E in questa lo dimostra quando vorr ele ggere i luoghi e i tempi e le consolazioni a suo modo. E dice: Io vorrei questo per pi avere Dio. E questo grande inganno e illusione di dimonio; ch non potendo i l dimonio ingannare i servi di Dio colla prima volont - ch gi i servi di Dio l'hann o mortificata alle cose sensitive - di furto (=furtivamente) pigliali la seconda volont colle cose spirituali. Onde spesse volte l'anima riceve consolazione, e da Dio poi si sente privato di quella; e aranne (=ne avr) un'altra la quale sar di meno consolazione e di pi frutt o. Allora l'anima che inanimata (=infervorata) a quella che d dolcezza; essendone privata, ha pena e riceve tedio. E perch tedio? Perch ella non ne vorrebbe essere privata, dicendo: E' mi pare amar e pi Dio in questo modo che in quello. Di quello sento qualche frutto; e di quest o non sento frutto nessuno, altro che pena, e spesse volte molte battaglie; e pa rmene offendere Dio. Dico, figliuolo e fratello in Cristo Ges, che quest'anima s'inganna colla propria volont che non vorrebbe essere privata di quella dolcezza. Con questa esca la pi glia il dimonio. E spesse volte perdono il tempo, volendo il tempo a loro modo; perocch non esercitano quello che essi hanno, altro che in pena e in tenebre. 39 Disse una volta il nostro dolce Salvatore a una sua dilettissima figliuola (= Caterina): Sai tu come fanno questi che vogliono adempire la mia volont in consol azione e in dolcezza e in diletto? Come ne sono privati, elli vogliono escire da lla mia volont, parendo loro ben fare e per non offendere. Ma gli nascosta la fal sa sensualit; e per fuggire pene, cade nell'offesa, e non se ne avvede. Ma se l'anima fusse savia e avesse il lume dentro della volont mia, ragguarderebb e al frutto e non alla dolcezza. Qual' il frutto dell'anima? L'odio di s e amore di me. Questo tale non vuole il te mpo a modo suo, perch umiliato (=umile); e, cognoscendo la sua infirmit, non si fi da del suo volere; ma fedele a me. Vestesi della somma ed eterna volont mia, pero cch vede che io non d n toglio (=tolgo) se non per vostra santificazione. E vede ch e solo l'amore mi muove a dare a voi la dolcezza, e trvela: e per questo non si p u dolere di veruna consolazione che gli fusse tolta o dentro o di fuori, o dal di monio o dalle creature; perch vede che se non fusse suo bene, io non le permetter ei. 40 Onde costui si gode, perocch egli ha il lume dentro e di fuore; ed s illuminato che, giugnendo il dimonio colle tenebre nella mente sua per confusione, dicendo : Questo per li tuoi peccati. Ed elli risponde come persona che non schifa pena,

dicendo: Grazia sia al mio Creatore che s' ricordato di me nel tempo delle teneb re, punendomi per pena nel tempo finito. Grande amore questo, che non mi vuole p unire nel tempo infinito. Oh quanta tranquillit di mente ha quest'anima perch s'ha tolta la volont che d tempe sta! 41 Ma non fa cos colui che ha la volont dentro viva, cercando le cose a suo modo. Egli il dimonio che fa veder questo perch l'anima venga a confusione e a tristizi a disordinata, e perch tenga ferma la sua volont in volere le consolazioni, i temp i e li luoghi a suo modo. Non gli credete. Altrimenti faresti come colui che sta in sull'uscio col lume in mano, che distende la mano di fuore, e fa lume fuore, e dentro tenebroso. Ci colui che gi accordato nelle cose di fuore colla volont di Dio, disprezzando il mondo; ma dentro gli rimane la volont spirituale viva, velat a con colore di virt. Cos disse Dio a quella sua serva detta di sopra. Lettera 17. Al venerabile religioso frate Antonio da Nizza, dell'Ordine de' frat i eremitani di Santo Agostino, a Selva di Lago. 17 Gennaio Dio remunera sempre il bene, anche se fatto in stato di peccato 42 Vero che 'l bene non si debbe per lassare che non si faccia, in qualunque stat o altri sia; perch ogni bene rimunerato, e ogni colpa punita. Se non rimunerato q uanto a vita eterna, Dio gli rende questo che, o gli presta il tempo a poter cor reggere la vita sua, o gli metter alcuno mezzo de' servi suoi a trarlo delle mani delle dimonia; o egli fa abbondare ne' beni temporali. E anco poi morendo, ezia ndio essendo entro l'inferno, ha meno pena. Ch pi pena gli seguiterebbe se quel te mpo che egli fece quel poco di bene, egli avesse fatto il male. Onde, per questo e molte altre cose, il bene in veruno modo si debbe mai lassare, in qualunque s tato egli sia fatto. Ma bene da considerare, poich Dio s dolce remuneratore, che l a buona opera, nonostante che ella sia fatta in peccato mortale, egli la vuole r etribuire in qualche cosa. 43 Quanto maggiormente far a coloro che la fanno (=l'opera buona) in stato di gra zia, con vero e santo desiderio nella carit di Dio, e dilezione del prossimo loro ! A questi, della loro opera ne ha dato frutto infinito, vivendo in questa (=que sta vita) per grazia; nell'altra gli dato vita eterna. Adunque voglio che con og ni santa sollicitudine voi vi studiate di vivere in grazia, operando i dolci com andamenti di Dio; ch in altro modo non potreste. Lettera 19. A Nicolaccio di Caterino Petroni da Siena.

18 Gennaio Non pi fracidume, non pi immondizia! 44 Oim, fratello carissimo, non dormite pi nella morte del peccato mortale! Io vi dico che la scure gi posta alla radice dell'arbolo (=albero). Togliete (=prendete ) la pala del timor santo di Dio, e sia menata dalla mano dell'amore. Venite tra endo il fracidume dell'anima e del corpo vostro. Non siate crudele di voi (=vers o di voi), n manigoldo, tagliandovi dal vostro capo Cristo dolce e buono Ges. Non pi fracidume, non pi immondizia! E ricorrete al vostro Creatore. Aprite l'occhio dell'anima vostra, e vedete quan to 'l fuoco della sua carit che v'ha sostenuto, e non ha comandato alla terra che si sia aperta, n agli animali bruti che v'abbiano divorato. Anco, v'ha dato la t erra de' frutti suoi, e 'l sole e 'l caldo e la luce e 'l cielo; il movimento ac ci che viviate, dandovi spazio di tempo perch possiate correggervi.

E non vedete voi ch'ella (=la vita corporale) mortale? Tosto passa la verdura su a, siccome il fiore che levato dal suo principio. 45 Non state pi cos, per l'amore di Cristo crocifisso! Ch'io vi prometto (=preannu ncio) che tanta abominazione e tanta iniquit Dio non la sosterr, non correggendo l a vita vostra; anco, ne far grandissima giustizia mandando il giudizio sopra di v oi. Dicovi che non tanto Dio, ch' somma purit, ma le dimonia non la possono sosten ere: che tutti gli altri peccati stanno a vedere, eccetto che questo peccato con tro natura. Or sete voi bestia o animale brutto? Io veggo pure che voi avete forma d'uomo; m a vero che di quest'uomo fatto stalla, dentro ci sono gli animali bruti de' pecc ati mortali. Oim, oim sventurata l'anima mia! Io non so metter mano alle mie e vostre iniquit. O r come fu tanto crudele, e spietata l'anima vostra e la vostra bestiale passione sensitiva, che voi, oltre al peccato contro natura... Oim! Scoppino e' cuori, di vidasi la terra, rivolgansi tutte le pietre sopra di noi, i lupi ci divorino: no n sostengano tanta immondizia, e offesa fatta a Dio e all'anima vostra. Fratello mio, ci vien meno la lingua, e tutti e' sentimenti. Oim! Non voglio pi cos. Ponete fine e termine alla miseria ch'io v'ho detto: e vi ricordo che Dio nol sosterr s e voi non vi correggete. 46 Ma bene vi dico che se voi vorrete correggere la vita vostra in questo punto del tempo che v' rimaso (=rimasto), Iddio tanto benigno e misericordioso, che vi far misericordia. A questo modo riaverete la dignit vostra perduta per lo peccato: e renderemo il debito che dobbiamo rendere a Dio. Sappiate che se voi nol rende ste, voi cadereste nella pi oscura prigione che si possa immaginare. Fratello mio dolce in Cristo dolce Ges, non voglio che questa prigione n condannaz ione venga sopra di voi; ma voglio, e pregovi, e io vi voglio aiutare, da parte di Cristo crocifisso, che voi usciate delle mani del diavolo. Pagate il debito d ella santa confessione con dispiacimento dell'offesa di Dio, e proponimento di n on cader pi in tanta miseria. 47 Abbiate memoria di Cristo crocifisso. Spegnete il veleno della carne vostra c olla memoria della carne flagellata di Cristo crocifisso, Dio ed uomo. Ponetevi per obietto Cristo crocifisso, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, a nnegatevi nel sangue di Cristo crocifisso. E non indugiate, ne aspettate il temp o, perch il tempo non aspetta voi. 48 Hovvi forse gravato di parole, e detto quello che non vorremmo forse udire. A bbiatemi per iscusata; ch l'affetto e l'amore ch'io ho alla salute dell'anima vos tra me l'ha fatto fare. Che se io non v'amassi, non me ne impaccerei, ne curerei , perch (=bench) io vi vedessi nelle mani del dimonio: ma perch io v'amo, nol posso sostenere. Lettera 21. Ad uno il cui nome si tace. Senza luogo ne data.

19 Gennaio A volere essere sposa di Cristo ti conviene avere la lampada, l'olio e il lume 49 A volere essere sposa di Cristo, ti conviene avere la lampana (=lampada o luc erna), e l'olio, e il lume. Sai come s'intende questo, figliuola mia? Per lampana s'intende il cuore nostro: perocch il cuore debba esser fatto come la lampana. Tu vedi bene che la lampana

larga di sopra, e di sotto stretta; e cos fatto il cuore a significare che noi il dobbiamo sempre tenere largo di sopra, cio per santi pensieri, e per sante immag inazioni, e per continua orazione. Avendo sempre in memoria i benefici di Dio, e massimamente il beneficio del sangue, per lo quale siamo ricomperati. Perocch Cr isto benedetto, figliuola mia, non ci ricompr d'oro, ne d'argento, ne di perle o d'altra pietra preziosa; anco, ci ricompr del sangue suo prezioso (I Pt 1, 18-19) . Onde tanto beneficio non si vuole mai dimenticare, ma sempre portarlo dinanzi agli occhi suoi, con un santo e dolce ringraziamento. Dissi che la lampana stretta di sotto: e cos il cuore nostro; a significare che i l cuore debba essere stretto verso queste cose terrene cio in non desiderarle ne amarle disordinatamente, n appetire pi che Dio ci voglia dare; ma sempre ringrazia rlo, vedendo come dolcemente ci provvede, s che mai non ci manca cavelle (=nulla) . Ora a questo modo sar il cuore nostro veramente una lampana. 50 Ma pensa, figliuola mia, che questo non basterebbe, se non ci fosse l'olio de ntro. Per l'olio s'intende quella dolce virt piccola (=che ci fa essere piccoli) della profonda umilt. Perch si conviene che la sposa di Cristo sia umile e mansuet a e paziente; e tanto sar umile quanto paziente, e tanto paziente quanto umile. Ma a questa virt dell'umilt non potremo venire se non per vero cognoscimento di no i medesimi, cio cognoscendo la miseria e fragilit nostra, e che noi per noi medesi mi non possiamo alcun atto virtuoso, ne levarci neuna battaglia o pena. Perocch s e noi abbiamo la infermit corporale, o una pena o una battaglia mentale (=una ten tazione), non ce la possiamo levare o tollere; perocch, se noi potessimo, subito le leveremmo via. Dunque bene vero che noi per noi non siamo nulla, altro che ob brobrio, miseria, puzza, fragilit, e peccato: per la quale cosa sempre dobbiamo s tar bassi e umili. 51 Ma a stare solamente in questo cognoscimento di s, non sarebbe buono; perocch l 'anima verrebbe a tedio e a confusione, e dalla confusione verrebbe alla dispera zione; onde il demonio non vorrebbe altro se non farci venire a confusione, per farci poi venire a disperazione. Convienci dunque stare nel cognoscimento della bont di Dio in s, vedendo che egli ci ha creati alla imagine e similitudine sua, e ricreati a grazia nel sangue del l'unigenito suo Figliuolo, Verbo dolce incarnato; e come continuamente la bont di Dio adopera (=opera) in noi. 52 Ma vedi, che stare solamente in questo cognoscimento di Dio non sarebbe buono ; perocch l'anima ne verrebbe a presunzione e superbia. Convienci dunque che sia mescolato l'uno coll'altro insieme, cio stare nel cognoscimento santo della bont d i Dio, e nel cognoscimento di noi medesimi: e cos saremo umili, pazienti e mansue ti; e a questo modo averemo l'olio nella lampana. 53 Convienci ora che ci sia il lume: altrimenti non basterebbe. Questo lume vuol essere il lume della santissima fede. Ma dicono i santi che la fede senza l'opera morta (Gc 2,17): onde non sarebbe fe de viva ne santa, ma morta. E per ci bisogno adoperarci di continuo virtuosamente , e lassare le fanciullezze e le nostre vanit; e non stare pi come mondane giovane , ma stare come spose fedeli consecrate a Cristo crocifisso: e a questo modo ave remo la lampana e l'olio e 'l lume. Lettera 23. A Nanna, figliuola di Benincasa, verginella, sua nipote, in Firenze.

20 Gennaio Il fiore ch' stato molto nell'acqua non manda profumo ma puzza

54 Siate, siate quel fior odorifero che dovete essere, e che gittiate odore nel cospetto dolce di Dio. Sapete bene che il fiore quando stato molto nell'acqua no n gitta odore, ma puzza. Cos pare a me veramente, padre, che voi e gli altri mini stri dobbiate essere. Ma questo fiore quando messo nell'acque delle iniquitadi e immondizie de' peccati e miserie del mondo, non rende odore, ma puzza. 55 Oh quanto misero e miserabile colui che posto come fiore nella Chiesa santa a rendere ragione de' sudditi suoi: ch sapete che Dio richiede nettezza e purit in loro. Oim, oim, venerabile padre, egli si trova tutto al contrario; s e per siffatt o modo che non tanto che siano eglino i puzzolenti, ma ancora sono guastatori di tutti coloro che s'accostano a loro. Levatevi dunque su e non pi dormite. Assai tempo abbiamo dormito, e morti stati a llo stato della grazia. Non ci pi tempo, perocch egli sonato a condennagione; e si amo condannati alla morte. 56 O dolcissimo padre, ragguardate un poco il pericolo annegato in questo mare amaro de' re noi a giungere a questo punto della morte? per ricchezza n per gentilezza (=nobilt di pericoloso stato nostro, in quanto peccati mortali. Or non crediamo ave Non dubitiamo; ch non creatura, che sangue) la possa schivare.

Oh quanto sar misera e miserabile allora quell'anima, la quale si posto per specc hio le dilezioni carnali, nelle quali si involta, come porco nel loto. Onde di c reatura razionale diventa animale bruto. Involto ancora in quella putrida avarizia sua; tanto che spesse volte per avarizia e cupidit vende le grazie spirituali e i doni. Enfiati per superbia; e tutta la vita loro si spende in onori e conviti, e in mo lti servitori e in cavalli grossi, quello che si dee ministrare a' poveri. Quest e sono quelle operazioni le quali al punto della morte si presentano per giudizi o, e per giustizia dinanzi all'anima tapinella. Credeva l'anima misera avere fat to contro Dio, ed ella ha fatto contro a se medesima, e essi fatta degna della m orte eternale. Or non siamo pi semplici: perocch grande stoltizia , che l'uomo si f accia degno della morte col ond'egli pu avere la vita. 57 Poi dunque che sta a noi di eleggere o la vita o la morte, per lo libero arbi trio che Dio ha dato a noi; pregovi carissimamente e dolcissimamente, quanto so e posso, che voi siate quel dolce fiore che gittiate odore dinanzi a Dio e negli sudditi vostri. E quando verr il dolce tempo della morte, la virt adoperer: risponde per lui e dife ndelo dal giudizio di Dio, e dgli sicurt, e tollegli confusione, e educelo nella v ita durabile, dove ha vita senza morte, sanit senza infirmit, ricchezze senza pove rt, onore senza vituperio, signoria senza servitudine. Perocch tutti vi sono signo ri; e tanto quanto l'uomo stato minore in questa vita, tanto maggiore di l; e qua nto maggiore vorr essere in questa vita, tanto sar minore nell'altra. 58 Siate dunque piccolo per vera e profonda umilt, e ragguardate Dio, che umiliat o a voi; e non vi fate indegno di quello che Dio v'ha fatto degno, cio del prezio so sangue del Figliuolo suo, del quale con tanto ardentissimo amore sete ricompe rato. Noi siamo servi ricomperati; e non ci possiamo pi vendere. Ma quando noi si amo nelli peccati mortali, noi, ciechi, ci vendiamo al demonio. Pregovi dunque per amore di Cristo crocifisso, che noi esciamo di tanta servitud ine. Non dico pi; ma tanto vi dico, che li difetti miei sono infiniti. E prometto vi cos: di pigliare li miei e li vostri, e faronne un fascio di mirra, e porromme lo nel petto per continuo pianto e amaritudine; la quale amaritudine fondata in vera carit ci fa pervenire alla vera dolcezza e consolazione della vita durabile.

Perdonate alla mia presunzione e superbia. Lettera 24. A Biringhieri degli Arzocchi, Pievano d'Asciano.

21 Gennaio Che cosa ci manifesta il sangue di Cristo 59 Il Sangue ci manifesta che tutte le cose che Dio ci concede: prospere e avver se, consolazione e tribolazione, vergogna e vituperio, scherni e villanie, infam ie e mormorazioni, tutte sono concesse a noi con fuoco d'amore, per adempire in noi questa prima dolce verit, colla quale fummo creati (= la verit dell'amore di D io). Chi ce lo mostra? Il Sangue. Che se altro Dio avesse voluto da noi, non ci averebbe dato il Figliuolo, e il Figliuolo la vita. Come l'anima coll'occhio dell'intelletto ha cognosciuto questa verit, subito rice ve la fortezza, che forte a portare e sostenere ogni gran cosa per Cristo crocif isso. 60 Non intiepidisce, anzi riscalda (= si riscalda, infervora) col fuoco della di vina carit; con odio e dispiacimento di s. A mano a mano si trova ebro: perch l'ebro perde il sentimento di s, e non si trova altro che sentimento di vino: tutti i sentimenti vi sono immersi dentro. Cos l'a nima inebriata del sangue di Cristo, perde il proprio sentimento di s, privato de ll'amore sensitivo; privato del timore servile: ch col dove non amore sensitivo no n timore di pena; anzi si diletta delle pene; in altro non si vuole gloriare se non nella croce di Cristo crocifisso (Gal 6, 14). Quella la gloria sua. Tutte le potenzie dell'anima vi sono dentro occupate. La memoria s' empiuta di Sa ngue; ricevelo per benefizio: nel quale sangue trova l'amore divino che caccia l 'amore proprio, amore d'obbrobrii e pena d'onore, amore di morte e pena di vita (= vita terrena). Or cos voglio, carissimo padre, che dolcemente ci inebriamo e bagniamo nel sangue di Cristo crocifisso. Acciocch le cose amare ci paiano dolci, e i grandi pesi le ggieri; delle spine e triboli traiamo la rosa, pace e quiete. Lettera 25. A frate Tommaso della Fonte, de' frati Predicatori, in San Quirico. 22 Gennaio La sposa di Cristo non deve prender conversazione particolare n con religiosi n co n secolari 61 re co to Guarda che non sia tanta la tua sciagura che n di religioso n di secolare. Che se io il pi di lunga (= lontano) che io non sono, io il tempo della vita tua ti starebbe a mente; tu pigli conversazione particola potr sapere o sentire, se io fusse an ti darei s fatta disciplina che tut e sia chi si vuole.

Guarda che tu non dia n riceva se non in necessit, sovvenendo comunemente ad ogni persona dentro e di fuora. Stammi tutta soda e matura in te medesima. Servi le suore caritativamente con og ni diligenzia, e specialmente quelle che vedi in necessit.

Quando gli ospiti passano, e dimandasserti alle grati (= grate), statti nella pa ce tua e non v'andare: ma quello che volessero dire a te, dicanlo alla priora; s e gi la priora non tel comandasse per obedienzia. Allora china il capo, e stammi selvatica come uno riccio. Vatti per la confessione, e d la tua necessit; e ricevuta la penitenzia, fuggi. Gu arda gi che non fussero di quelli con cui tu ti se' allevata. E non ti maraviglia re perch'io dica cos; perocch pi volte mi puoi avere udito dire, e cos la verit, che le conversazioni, col perverso vocabolo de' divoti e delle divote, guastano l'an ime e i costumi e osservanzie delle religioni (= comunit religiose). Lettera 26. A suora Eugenia sua nipote nel Monasterio di Santa Agnesa di Montepu lciano.

23 Gennaio L'orazione continua, l'orazione vocale e l'orazione mentale 62 Di tre sorti l'orazione. L'una continua, cio il continuo santo desiderio, il q uale desiderio ora nel cospetto di Dio in ci che tu fai; perch questo desiderio dr izza nel suo onore tutte le tue operazioni spirituali e corporali: e per si chiam a continua. Di questa pare che parlasse il glorioso santo Paolo quando disse: Or ate senza intermissione (I Tess 5, 17). 63 L'altro modo orazione vocale, quando vocalmente si dice l'officio, o altre or azioni. Questa ordinata per giugnere alla terza, cio alla mentale. E cos vi giugne l'anima quando con prudenzia e umilt esercita l'orazione vocale, cio che, parland o con la lingua, il cuore suo non sia di lunga da Dio. E quando sentisse la mente sua essere visitata da Dio, cio che in alcuno modo fus se tratta a pensare del suo Creatore, debbe abbandonare l'orazione vocale, e fer mare la mente sua con affetto d'amore in quello che vede che Dio la visita. E po i, se ella ha tempo, cessato quello, debbe ripigliare la vocale, acciocch sempre la mente stia piena, e non vo ta. E perch (= bench) nell'orazione abbondassero le molte battaglie in diversi modi, e tenebre di mente con molta confusione, facendole il dimonio vedere che la sua o razione non fusse piacevole a Dio: per le molte battaglie e tenebre che ha non d ebbe lassare per; ma stare ferma con fortezza e lunga perseveranzia, ragguardando che 'l dimonio il fa per tirarci (= allontanarci) dalla madre dell'orazione, e Dio il permette per provare in quella anima la fortezza e la constanzia sua. 64 Per questo modo giunge alla terza ed ultima orazione mentale, nella quale ric eve il frutto delle fatiche che sostenne nell'orazione vocale imperfetta. Allora gusta il latte della fedele orazione. Ella leva s sopra di s, cio sopra il sentime nto grosso sensitivo, e con mente angelica si unisce in Dio per affetto d'amore, e col lume dell'intelletto vede e cognosce, e vestesi della verit. Ella fatta so rella degli angeli. 65 Drittamente questa orazione una madre che nella carit di Dio concepe le virt, e nella carit del prossimo le parturisce. Ove manifesti tu l'amore, la fede e la s peranza, e l'umilit? Nell'orazione. Perocch la cosa che tu non amassi, tu non ti c ureresti di cercarla; ma chi ama, sempre si vuole unire con quella cosa che ama, cio con Dio. Col mezzo dell'orazione a lui dimandi la tua necessit; perch cognoscendo te, nel q uale cognoscimento fondata la vera orazione, vditi avere grande bisogno, sentendo ti attorniata da' tuoi nemici: dal mondo con le ingiurie e ricordamento di vani

piaceri, dal dimonio con le molte tentazioni, e dalla carne con molta ribellione e impugnazione contro lo spirito. E te vedi non essere per te. Non essendo non ti puoi aiutare. E per con fede corri a Colui che , il quale possa e vuole sovveni rti in ogni tua necessit; e con isperanza addimandi ed aspetti l'aiutorio suo. Co s vuole essere fatta l'orazione, a volere averne quello che tu n'aspetti. Pi e meno perfettamente riceve e gusta l'anima questa madre dell'orazione, second o che ella si notrica del cibo angelico, cio del vero e santo desiderio di Dio. Fa che io ti vegga una pietra preziosa nel cospetto di Dio. E non mi stare a per dere il tempo. Lettera 26.

24 Gennaio Vera signoria solo la citt dell'anima nostra 66 Per veruna signoria che abbiamo in questo mondo, ci possiamo reputare signori . Non so che signoria possa essere quella che mi pu esser tolta, e non sta nella mia libert. Non mi pare che se ne debba chiamare n tenere signore, ma pi tosto disp ensatore (= amministratore); e questo a tempo, e non per sempre; quanto piacer al dolce Signor nostro. E se voi mi dicessi: Non ci ha l'uomo in questa vita niuna signoria? Rispondovi: s, ha la pi dolce e la pi graziosa e pi forte che veruna cosa che sia; e questa si la citt dell'anima nostra. Oh, cci maggiore cosa e grandezza che avere una citt che vi si riposa Dio che ogni bene, dove si trova pace, quiete e ogni consolazione? 67 di tanta fortezza questa citt e di perfetta signoria, che n dimonio n creatura n e la pu trre, se voi non vorrete. Ella non si perde mai, se non per lo peccato mor tale. Allora diventa servo e schiavo del peccato, diventa non covelle (= nulla), e perde la dignit sua. Veruno (= nessuno) ci pu costrignere a commettere un minim o peccato, perocch Dio ha posto s e no nella pi forte cosa che sia, cio nella volont. Che se ella dice s, per consentimento, di subito ha offeso, pigliando diletto e piacere del peccato. E se dice di no, innanzi elegge la morte che offendere Dio e l'anima sua. Questo (= costui) non offende mai; ma guarda la citt, signoreggia se medesimo e tutto quanto 'l mondo: ch se ne fa beffe del mondo e di tutte le de lizie sue, reputandole cosa corruttibile, peggio che sterco. E per dicono i santi che i servi di Dio sono coloro che sono signori liberi e hanno avuto vittoria. Molti sono quelli che hanno vittoria di citt e di castella. Non avendola di loro medesimi e de' nemici suoi come il mondo, la carne e il dimonio, pu dire che abbi a non covelle (= nulla). Diventati sono impotenti questi nostri nemici; perocch l'Agnello immacolato, per render la libert all'uomo, e farlo libero, di se medesimo alla obbrobriosa morte d ella santissima croce. Lavati ci ha dell'abbondanzia del sangue suo. Sicch non temiamo per veruna cosa che sia: ch, con la mano disarmata ha vinti i no stri nemici; renduto ha (= ci ha restituito) il libero arbitrio. 68 O Verbo dolce, Figliuolo di Dio, tu hai riposto questo sangue nel corpo della santa Chiesa; vogli (= tu vuoi) che per le mani del tuo Vicario ci sia ministra to. Provede la bont di Dio alla necessit dell'uomo, che ogni d perde questa signori a di s, offendendo il suo Creatore. E per ha posto questo rimedio della santa conf essione, la quale vale solo per il sangue dell'Agnello. Non ve la d una volta, n d

ue, ma continuamente. Lettera 28. A Meser Bernab Visconti, signore di Milano. Per certi ambasciatori da esso signore mandati a lei. Scritta tra il novembre 1373 e il gennaio 1374.

25 Gennaio Non spetta ai signori temporali far giustizia dei cattivi ministri di Dio 69 Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso che non facciate mai pi contra il Cap o vostro (= il papa). E non mirate, che il dimonio vi porr e vi ha posto innanzi, il colore della virt, cio una giustizia di voler fare contra i mali pastori per l o difetto loro. Non credete al dimonio: non vogliate fare giustizia di quello ch e non tocca a voi. Il nostro Salvatore non vuole: dice che sono i suoi unti: non vuole che n voi n veruna creatura faccia questa giustizia, perch la vuol fare Egli . Oh, quanto sarebbe sconvenevole che il servo volesse torre la signoria di mano a l giudice, volendo fare giustizia del malfattore! Molto sarebbe spiacevole, pero cch non tocca a lui; e 'l giudice quello che l'ha a fare. E se dicessimo: Il giud ice nol fa: non ben fatto che el faccia io? No. Ch ogni volta ne sarei ripreso. Non scuser la legge la tua buona intenzione: che l 'hai fatto per levare il malfattore di terra. Non vuole la legge n la religione c he, perch il giudice sia cattivo e non faccia la giustizia, che tu la facci. Per ( = perci) tu debbilo lasciar punire al sommo giudice, che non lascer passare le ing iustizie e gli altri difetti, che non sieno puniti a luogo e a tempo suo, singol armente nell'estremit della morte, passata questa tempestosa vita; nel qual punto - passato - ogni bene remunerato, e ogni colpa punita. 70 Cos vi dico, carissimo padre e fratello in Cristo dolce Ges, che Dio non vuole che voi, n veruno, vi facciate giustiziere de' ministri suoi. Egli l'ha commesso a se medesimo, ed esso l'ha commesso al Vicario suo. E se il Vicario non lo face sse, ch lo debbe fare ed male se non si fa, umilmente doviamo aspettare la punizione e correzione del som mo Giudice, Dio eterno. Possedetevi in pace le citt vostre, facendo giustizia de' sudditi vostri; ma non per loro: mai, che sono ministri di questo glorioso Sangue e prezioso. Per altre mani che per le loro voi nol potete avere; non avendolo non ricevete il frutto d'esso Sangue, ma sareste, come membro putrido, tagliato dal corpo della santa C hiesa. Fra le altre cose che sieno punite, che dispiaccia bene a Dio, si quando vede che sono toccati gli unti suoi, siano cattivi quanto si vogliono. Lettera 28. 26 Gennaio Cristo la regola e la via nostra 71 Egli la regola e la via; e altra via che quest'una non c'. La via sua, ch'Egli insegna a noi, la quale dobbiamo seguitare se vogliamo andare per la luce, e ri cevere vita di grazia, si andare per le pene, per gli obbrobri, scherni, strazi e villanie e persecuzioni; e con esse pene conformarsi con Cristo crocifisso. Egli fu quello Agnello immacolato che spregi le ricchezze e signorie del mondo. C onciosiacosach fusse Dio e uomo, nondimeno, come regola e via nostra egli ce l'in segna, fatto osservatore della legge e non trapassatore. Egli umile e mansueto,

ch non si udito il grido suo per neuna mormorazione. Egli non schifa le pene. Gran cosa a vedere il dolce e buono Ges che governa e pa sce il mondo tutto: ed esso medesimo in tanta miseria e necessit che non neuno ch e sia simile a lui. Egli mendico in tanto, che Maria non ebbe panno condecente d ove invollere il figliuolo suo. Nell'ultimo muore ignudo in croce per rivestire l'uomo e coprirgli la sua nudit. Dico che l'anima che ar trovato amore nell'affetto di Cristo crocifisso, che ella si vergogner di seguitarlo per altra via che per Cristo crocifisso. Non vorr deli zie, n stati, n pompe; anco vorr stare come pellegrina o viandante in questa vita, che attende pure di giungere al termine suo. N per prosperit che trovi nella via, n avversit, se egli buono pellegrino, non tarda per il suo andare, anco va virilmen te, per l'amore e affetto che egli ha posto al termine suo, al quale aspetta di giungere. 72 Prendete delle cose del mondo per necessit della natura, e non per affetto dis ordinato: ch troppo sarebbe spiacevole a Dio che voi poneste l'amore in quella co sa ch' meno di voi, che non sarebbe altro che perdere la dignit sua. Ch tale diventa la creatura, quale quella cosa che egli ama. Se io amo il peccato , il peccato non : ecco che io dovento non covelle (= non qualcosa, cio nulla). A maggiore vilt non pu venire. 73 Cos per lo contrario, quando l'amore e l'affetto si leva di s, e ponlo tutto in Cristo crocifisso, egli viene nella maggiore dignit che possa venire, per che div enta una cosa col suo Creatore. E che meglio pu avere, che essere unito in Lui, o gni Bene? E non la pu riputare a s quella dignit e unione, ma all'amore. Perch sareb be grande una serva che fusse presa per sposa dallo imperatore, che subitoch ella unita con lui, fatta imperatrice, e non per s, ch ella era serva, ma per la digni t dello imperatore. Cos pensate, carissima madre in Cristo dolce Ges, che l'anima innamorata di Dio, c he serva e schiava ricomprata del sangue del Figliuolo di Dio, viene a tanta dig nit, che ella non si pu chiamar serva, ma imperatrice, sposa dell'imperator eterno . Bene s'accorda colla parola della prima Verit: Il servire a Dio non essere serv o, ma regnare. Anco gli tolle la servit del peccato, e fallo libero. Bene forte d unque questa unione perfetta che, oltre alla dignit della creazione sua, per l'un ione dell'amore e delle virt, fa perfetta questa dignit prima dell'essere, cio per l'unione che ha fatta col suo Creatore. Allora atta l'anima a ricevere e tenere la grazia, con la quale in questa vita g usta Dio; poi nell'ultimo vede l'eterna visione sua, dove si pacifica, ed ha per fetto riposo e quiete; per che sono adempiuti i desideri suoi. Questa la ragione che in questa vita non pu avere pace, perch non saziato il desiderio suo, infino c he non giunge all'unione della divina essenzia: ha solamente fame e desiderio me ntre che viandante e pellegrino in questa vita; desiderio ha di fare la via drit ta. Il desiderio il fa correre per la via battuta da Cristo crocifisso, s come di sopra detto . Lettera 29. A Madama moglie di Bernab Visconti. Scritta fra il novembre 1373 e il gennaio 1374.

27 Gennaio La volont propria deve essere del tutto morta e non solo mortificata

74 Madre e suore carissime in Cristo Ges, corriamo, corriamo, corriamo: morte, pe r la via della virt. Che dice lo innamorato di Paolo? Mortificate, dice, le membr a del corpo vostro (Col 3, 5). Ma non dice cos della volont; ma vuole che ella sia morta e non mortificata. O dolcissimo e dilettissimo amore, io non ci so vedere altro remedio se non quel lo coltello che tu avesti, dolcissimo amore, nel cuore e nell'anima tua: ci fu l' odio che avesti al peccato, e l'amore che avesti all'onore del Padre e alla nost ra salute. O amore dolcissimo, questo fu quello coltello che trapass il cuore e l 'anima della Madre. Il Figliuolo era percosso nel corpo, e la Madre similmente; perocch quella carne era di lei. Ragionevole cosa era che, come cosa sua, ella si dolesse, perocch egli aveva tratto di lei quella carne immacolata. E io m'avveggo, o fuoco di carit, ch'egli ci ha un'altra unione: egli ha la forma della carne, ed ella, come cera calda ha ricevuta l'impronta del desiderio e de ll'amore della nostra salute dal suggello e del suggello (= Dal suggello Maria r iceve l'impronta del suggello) dello Spirito santo, per mezzo del quale suggello incarnato quello Verbo eterno divino. Ella dunque, come arbore di misericordia, riceve in s l'anima consumata del Figli uolo, la quale anima vulnerata e ferita col coltello dell'odio e dell'amore. Or tanto multiplicato l'odio e l'amore nella Madre e nel Figliuolo, che 'l Figliuol o corre alla morte per lo grande amore ch'egli ha di darci vita; e tanta la fame e il grande desiderio della santa obedienzia del Padre, che egli ha perduto l'a more proprio di s, e corre alla croce. Questo medesimo fa quella dolcissima e carissima Madre; perocch volontariamente p erde l'amore del Figliuolo: che non tanto che ella faccia come madre, che 'l rit ragga dalla morte, ma ella si vuole fare scala e vuole che muoia. Ma non grande fatto, perocch ella era vulnerata dalla saetta dell'amore della nos tra salute. O carissime suore e figliuole e tutte quante in Cristo Ges, se per in fino a qui non fussemo arse nel fuoco del santo desiderio della Madre e del Figl iuolo, non si contengano pi gli ostinati cuori nostri. Di questo vi prego da part e di Cristo crocifisso: che questa pietra (= del cuore nostro) si dissolva con l 'abondanzia del sangue caldissimo del Figliuolo di Dio; il quale di tanta caldez za che ogni durizia e freddezza di cuore debbe dissolvere. Lettera 30. All'Abbadessa del Monasterio di Santa Marta da Siena. e a suora Nicc olosa di detto Monasterio. Scritta probabilmente nel 1376.

28 Gennaio Le cose temporali sono temporali quanto noi le facciamo tali 75 Voi singolarmente, madonna (= si rivolge alla madre abbadessa), vogliate esse re obbediente a Dio in portare la fatica ch'Egli vi ha imposta, cio d'avere a gov ernare le pecorelle sue. E non vi paia malagevole se molte volte vi vedete per g li impacci dare fatica al prossimo per onore di Dio, sconsolata; perocch questo v eggo che facevano i discepoli santi, i quali spregiavano ogni consolazione spiri tuale e temporale. Oh, quanta consolazione averebbero avuta di ritrovarsi con la madre della pace d el Figliuolo di Dio, e l'uno con l'altro! E nondimeno, vestiti del vestimento nu ziale del Maestro, essi si danno a ogni fatica e obbrobrio e morte per onore di Dio e per la salute del prossimo. E cos l'uno separato dall'altro, e cos spregiand o le consolazioni e abbracciando le pene, ebbero vita eterna. Or cos voglio che f

acciate voi. E se mi diceste: Io non vorrei essere occupata nelle cose temporali ; io vi rispondo che tanto sono temporali quanto noi le facciamo. 76 Non voglio dunque che sotto il colore delle cose temporali schifiate la fatic a; ma voglio che sollicitamente e con occhio drizzato secondo Dio, siate sollici ta; e singolarmente siate sollicita dell'anime loro. Ch, come dice santo Bernardo , la carit, se ella ti lusinga (= ti tratta dolcemente), non t'inganna; se ella t i corregge, non t'odia. Adunque virilmente vi portate con asprezze e con lusinghe, secondo che bisogna n ello stato loro. E non siate negligente a correggere i difetti; ma, o piccoli o grandi che siano, fate che siano puniti secondo che la persona atta a ricevere. Onde chi fusse atto a portare dieci libbre, non gli ponete venti; ma tollete (= cercate di ottenere) quello che potete avere. E loro prego da parte di Colui che fu fatto portatore d'ogni nostra miseria, che s'inchinino per la porta stretta della santa obedienzia, acciocch la superbia de lla loro volont non gli rompesse il capo. E non vi paia, suore carissime, faticos o della santa reprensione. Oh, se voi sapeste quanto dura la reprensione di Dio che fatta all'anima che schifa la reprensione di questa vita! Lettera 30.

29 Gennaio La tristezza deriva solo dalla fiducia riposta nelle creature 77 Io vi prego da parte di Dio e del dolcissimo Amore Ges, che sempre rimaniate i n questa dolce e santa fede. Oh fede dolce, che ci dai la vita! Se voi starete i n questa dolce e santa fede, giammai nel vostro cuore non cader tristizia. Perch l a tristizia non procede da altro se non dalla fede che poniamo nelle creature; c h le creature si, sono cosa morta e caduca, che vengono meno; e il cuore nostro n on si pu mai riposare se non in cosa stabile e ferma. Adunque essendo il nostro c uore posto nelle creature, non in cosa ferma. Ch oggi vivo l'uomo, e domane morto . Convienci dunque, a volere avere riposo, che noi riposiamo il cuore e l'anima, per fede e per amore, in Cristo crocifisso: allora troveremo l'anima nostra pie na di letizia. Oh dolcissimo Amore Ges! 78 Suora mia, non temete le creature. Siccome disse Cristo benedetto: Non temete gli uomini, che non possono uccidere altro che il corpo; ma temete me, che poss o uccidere l'anima e il corpo (Mt 10, 28). Lui temiamo, che dice che non vuole l a morte del peccatore; anco vuole che si converta e viva (Ez 33, 11). Oh inestim abile carit di Dio, che prima ci minaccia che pu uccidere il corpo e l'anima; e qu esto fa per farci umiliare, e stare nel santo timore! Oh bont di Dio! Per dare le tizia all'anima, dice che non vuole la morte nostra, ma che viviamo in lui. Allo ra dimostrerete, dilettissima suora, che siate viva, quando la volont sar unita ed accordata con quella di Dio. Questa dolce volont vi dar la fede, e la speranza vi va, posta in Dio. 79 A voler dare vita a questa santa fede, due cose vi prego che aviate nella mem oria. La prima si , che Dio non pu volere altro che il nostro bene. Per darci quel vero bene, di se medesimo infino all'obbrobriosa morte della croce; del quale be ne fummo privati per lo peccato. Egli dolcemente umili se medesimo per renderci l a grazia, e tollere a noi la superbia. Adunque, bene vero che Dio non vuole altr o che il nostro bene. L'altra si , che voi crediate veramente che ci che addiviene a noi o per morte o p er vita, o per infermit o per sanit, o ricchezza o povert, o ingiuria che fusse fat

ta a noi da amici o da parenti o da qualunque creatura, voglio che crediate ch'e gli permissione e volont di Dio; e senza la sua volont non cade una foglia d'arbor e. Adunque non solo non temete questo, perch a misura tanto Dio ci d quanto possia mo portare, e pi no; ma con riverenza riceviamo, dilettisima suoro (sic), reputan doci indegni di tanto bene quant'egli a portar fadiga per Dio. E perch 'l dimonio ci volesse mettere una grande paura per lo caso del quale voi temete, pigliate subito l'arme della fede, credendo che per Cristo crocifisso sa remo deliberati (= liberati). E cos rimarrete in perfettissima letizia, credendo, come aviamo detto, che Dio non vuole altro che il nostro bene. Lettera 31. A Monna Mitarella, donna di Vico da Mogliano, senatore, che fu a Sie na nel 1373. Databile al marzo 1373.

30 Gennaio Ges nostro maestro insegna a noi dalla cattedra della santa croce 80 Dio Padre, costretto dal fuoco della sua carit, ci mand il Verbo dell'unico suo Figliuolo, il quale venne come un carro di fuoco, manifestandoci il fuoco dell' amore ineffabile e la misericordia del Padre eterno; insegnandoci la dottrina de lla verit, e mostrandoci la via dell'amore, la quale noi doviamo tenere. E per dis se egli: Io son via, verit e vita: chi va per me, non va nelle tenebre; ma giugne alla luce (Gv 14, 6). E cos : perocch chi seguita questa via in verit, ne riceve vi ta di grazia, e va col lume della santissima fede e con esso lume giugne all'ete rna visione di Dio. 81 Dove ce l'ha insegnata questa dottrina questo dolce e amoroso Verbo? Su la ca ttedra della santissima croce. Ed ine ci lav la faccia dell'anima nostra col prez ioso sangue suo. Dico che c'insegn la via dell'amore e la dottrina della virt. Egl i ci mostr in che modo noi doviamo amare, a volere avere la vita. Onde noi siamo tenuti e obligati a seguitarlo; e chi nol seguita per la via delle virt, essofatt o (= con ci stesso) il perseguita col vizio. Onde molti sono che vogliono perseguitare, e non seguitare; e vogliono andare in nanzi a lui, ma non dietro a lui, facendo un'altra via di nuovo, cio di volere se rvire a Dio e aver la virt senza fatica. Ma ingannati sono, perocch egli la via. Q uesti cotali non son forti n perseveranti; anco, vengono meno, e nel tempo della battaglia gittano a terra l'arme, cio l'arme dell'umile e continua orazione con l 'affocata carit, ed il coltello della volont con che si difende. Il quale ha due t agli cio odio del vizio e amore della virt. E 'l piglia con la mano del libero arb itrio, e dllo al nemico suo! Sicch, trattosi l'arme che riparava a' colpi delle molte tentazioni molestie dell a carne, e persecuzioni dagli uomini; e dato il coltello con che si difendeva, r imane vinto e sconfitto. Onde non gli seguita gloria; anco, vergogna e confusion e. E tutto gli addiviene perch non seguita la dottrina del Verbo, ma persguitala, volendo andare per altra via che tenesse egli. 82 Adunque ci convien tenere per lui, e amare schiettamente in verit: non per tim ore della pena che seguita a colui che non ama; e non per rispetto dell'utilit e del diletto che trova l'anima nell'amore, ma solo perch il sommo bene degno d'ess ere amato da noi. E per il doviamo amare, se mai utilit non ne avessemo; e se dann o non avessemo per non amare, noi doviamo pure amare. Cos fece egli; perocch egli ci am senza essere amato da noi non per utilit ch'egli p otesse ricevere, n per danno che ne potesse avere non amandoci. Perocch egli lo Di o nostro che non ha bisogno di noi: onde il nostro bene non gli utile, e il nost ro male non gli danno.

Dunque perch ci am per sua bont, cos dunque noi il doviamo amare per la bont sua mede sima. E quella utilit che noi non possiamo fare a lui, doviamo fare al prossimo n ostro, ed amarlo caritativamente; e non diminuire l'amore verso di lui per alcun a ingiuria che ci facesse, n per sua ingratitudine. Ma doviamo esser costanti e p erseveranti nella carit di Dio e del prossimo; perocch cos fece questo dolce e amor oso Verbo, che non attendeva ad altro che all'onore del Padre e alla salute nost ra; e non allent l'andare n di correre all'obbrobriosa morte della croce per nostr a ingratitudine, che ci vedeva spregiatori del sangue; n per pena n per obbrobri c he si vedeva sostenere. Perch? Perch il suo fondamento era d'amare noi solo per on ore del Padre e salute nostra. Spiegatevi su la vela della sua ardentissima carit, con la quale vela giugnerete a porto di salute, se voi vi soffierete col vento del santo desiderio, con odio e dispiacimento di voi, con umile, obediente e continua orazione. Lettera 35. A frate Niccol di Ghida, e frate Giovanni Zerri, e a frate Niccol di J acomo di Vannuzzo, di Mont'Oliveto. 31 Gennaio Navigare con le proprie braccia e navigare sulle braccia altrui 83 Chi nel secolo (= i laici o secolari) naviga in questo mare sopra le braccia sue; ma colui che nella santa religione (= i religiosi), naviga sopra le braccia d'altrui. Se egli (= il religioso) vero obediente, non ha a rendere ragione di se medesimo; ma ha a rendere l'Ordine, ch egli ha osservata l'obedienzia del prel ato suo. Cos vuole Dio che facciate voi: che voi adempiate la volont sua osservand o l'Ordine vostro, ponendovela per ispecchio (= l'Ordine come specchio della vol ont di Dio). Innanzi eleggere la morte, che trapassare mai l'obedienzia del prela to. Guardate gi che se mai veruno caso venisse, e Dio per la sua piet il levi, che il prelato comandasse cose che fussero fuore di Dio: a questo non dovete, n voglio a nch'io che obediate mai; perocch non si debbe obedire la creatura fuore del Creat ore. Ma in ogni altra cosa vogliate sempre obedire. 84 Non mirate a vostra consolazione, n spirituale n temporale. Questo vi dico perc h alcuna volta il dimonio ci fa vedere sotto colore di virt e di pi devozione. Vorr emmo i luoghi e tempi a nostro modo, dicendo: Nel cotale tempo e luogo io ho pi c onsolazione e pace dell'anima mia. L'obedienzia alcuna volta non vorr (=non vorr questo). Dico ch'io voglio, e dovete seguire pi tosto l'obedienzia, che le vostre consolazioni. Pensate che questo un o inganno occulto che tocca a tutti i servi di Dio; che sotto specie di pi servir e a Dio, egli disservono Dio. Sapete che sola la volont quella che disserve e serve. Se tu, religioso, hai volo nt (= hai volont propria egoistica), il dimonio non te la mostra colle cose grosse di fuore; ch gi l'hai abbandonate, avendo lassato il secolo; ma egli te la pone d entro colle spirituali, dicendo: Egli mi pare avere pi pace e pi stare in amore di Dio, starmi in tale luogo, e non nell'altro. E per avere questo, egli resiste a ll'obedienzia; e se cure li le conviene fare, il fa con pena. Sicch, volendo la p ace, egli si toglie la pace. Meglio dunque a trre la propria volont, e non pensare di s niente; solo di vedere in s compire la volont di Dio e dell'Ordine santo, e c ompire l'obedienzia del suo prelato. Son certa che sarete aquilini, che imparare te dall'aquila vera (= cio da Cristo: "Questo dolce Agnello un'aquila vera"). 85 Ors, figliuoli miei! Obedienti infino alla morte colle vere e reali virt; le qu ali escono dal condotto dell'ardentissima carit. Questo condotto della carit trarr

ete dal costato di Cristo crocifisso. Ivi voglio che la procacciate (= curiate) a questo modo per luogo e abitazione. Sapete che il religioso della cella, morto, come il pesce che fuore dell'acqua. E per vi co) la cella del costato di Cristo, dove troverete il cognoscimento di la sua bont.

ve la pro che fuore dico (= vi indi voi e del

Lettera 36. A certi novizii dell'Ordine di santa Maria di Monte Oliveto.

FEBBRAIO 1 Febbraio La cella del vero cognoscimento 86 Scrivo a voi nel prezioso Sangue suo; con desiderio di vedervi abitatore dell a cella del cognoscimento di voi, e della bont di Dio in voi. La quale cella un'a bitazione che l'uomo porta con seco dovunque va. In questa cella s'acquistano le vere e reali virt, e singolarmente la virt dell'umilit, e dell'ardentissima carit. Perocch nel cognoscimento di noi l'anima s'umilia, cognoscendo la sua imperfezion e, e s non essere; ma l'essere suo il vede avere avuto da Dio. Poi, dunque, che cognosce la bont del suo Creatore in s, retribuisce a lui l'esser e: e cos acquista vera e perfetta carit amando Dio con tutto il cuore e tutto l'af fetto, e con tutta l'anima sua. E come egli ama, concepe un odio verso la propri a sensualit, in tanto che per odio di s contento che Dio voglia e sappia punirlo p er qualunque modo si vuole delle sue iniquit. Questi fatto subito paziente in ogni tribolazione, o dentro o di fuore che l'abb ia. Onde se egli l'ha dentro per diverse cogitazioni, egli le porta volontariame nte, reputandosi indegno della pace e quiete della mente, la quale hanno gli alt ri servi di Dio; e reputasi degno della pena; e indegno del frutto che sguita dop o la pena. 87 Questo d'onde gli procede? Dal cognoscimento di s santo. Colui che cognosce s, cognosce Dio e la bont di Dio in s; e per l'ama. Di che si diletta allora quell'anima? Dilettasi di portare senza colpa per Crist o crocifisso; e non cura le persecuzioni del mondo n le detrazioni degli uomini; ma il suo diletto di portare (= sopportare) i difetti del suo prossimo. E cerca di portare in verit le fatiche dell'Ordine (= del suo ordine religioso), e innanz i morire che trapassare il giogo dell'obedienzia; ma sempre suddito non tanto ch e al prelato, ma al pi minimo che n'. Perocch non presume di se medesimo, reputando si alcuna cosa; e per si fa veramente suddito ad ogni persona per Cristo crocifis so, non in subiezione di piacere n di peccato, ma con umilit e per amore della vir t. Egli fatto amatore della cella, e dilettasi del salmeggiare con umile e continua orazione e hassi fatto della cella uno cielo. E pi tosto vorr stare in cella con pene e con molte battaglie, che fuore della cella in pace e quiete. 88 Onde ha questo cognoscimento e desiderio? Hallo avuto e acquistato nella cell a del cognoscimento di s; perocch, se prima non avesse avuta questa abitazione del la cella mentale, n avrebbe avuto desiderio, n amerebbe la cella attuale (= effett iva, esteriore). Ma perch vide e cognobbe in s quanto era pericoloso il discorrere e stare fuore di cella, per l'ama.

O quanto pericolosa cosa al monaco l'andare a torno! Quante colonne abbiamo vedu to essere date a terra, per lo discorrere e stare fuore della cella sua, di fuor e del tempo debito ed ordinato! O quando il mandasse l'obedienzia o una stretta espressa carit, per questo l'anima danno non riceverebbe; ma per leggerezza di cu ore e per la semplice carit (= una carit comune che da altri facilmente pu essere s oddisfatta), la quale alcuna volta lo ignorante, per illusione del dimonio per f arlo stare fuore della cella egli adopera nel prossimo suo. Ma egli non vede che la carit si debbe prima muovere di s; cio che a s non debbe fare male di colpa, n co sa che gli abbia a impedire la sua perfezione per neuna utilit che possa fare al prossimo suo. Perch gli addiviene che per lo stare fuore della cella attuale gli tanto nocivo? Perch prima ch'egli esca dalla cella attuale, uscito dalla cella mentale del cogn oscimento di s: perocch se non fusse escito averebbe cognosciuta la sua fragilit, p er la quale fragilit non faceva per lui d'andar fuore, ma di stare dentro. Sapete che frutto n'esce per l'andar fuore? Frutto di morte, perocch la mente se ne sva gola, pigliando la conversazione degli uomini, e abbandonando quella degli angio li. Votasi la mente de' santi pensieri di Dio, e empiesi del piacimento delle cr eature; con molte varie e malvage cogitazioni diminuisce la sollecitudine, la de vozione dell'uffizio, e raffredda il desiderio nell'anima. Onde apre le porte de i sentimenti ( = sensi) suoi; cio l'occhio a vedere quello che non debba, e le or ecchie a udire quello che fuore della volont di Dio e salute del prossimo; la lin gua a parlare parole oziose, e scordarsi del parlare di Dio. Onde fa danno a s e al prossimo suo, tollendogli l'orazione, perocch nel tempo che debbe orare per lu i, egli va discorrendo; e togliegli anco la edificazione. Lettera 37. A frate Niccol di Ghida dell'Ordine di Monte Oliveto.

2 Febbraio Del bene della pazienza e del male della impazienza 89 Senza la pazienza non potiamo piacere a Dio. Perocch, siccome la impazienza pi ace molto al dimonio e alla propria sensualit, e non si diletta altro che d'ira q uando gli manca quello che la sensualit vuole; cos per contrario dispiace molto a Dio. E perch l'ira e impazienza il mirollo (= midollo) della superbia, e per piace molto al dimonio. La impazienza perde il frutto della sua fatica; priva l'anima di Dio; e comincia a gustare l'arra dell'inferno, e dagli poi la eterna dannazione: perocch nell'in ferno arde la mala perversa volont con ira, odio e impazienza. Arde e non si cons uma, ma sempre rinfresca; cio che non viene meno in loro, e per dico: non consuma. Ha bene consumata e diseccata la grazia nell'anima loro; ma non consumato l'esse re, come detto , e per dura la pena loro eternalmente. Questo dicono i santi, che i dannati addimandano la morte e non la possono avere, perch l'anima non muore ma i. Muore bene a grazia per lo peccato mortale; ma non muore all'essere. 90 Non alcuno vizio n peccato che in questa vita faccia gustare l'arra dell'infer no, quanto l'ira e la impazienza. Egli sta in odio con Dio; egli ha in dispiacer e il prossimo suo; e non vuole n sa portare n sopportare i difetti del suo prossim o. E ci che gli detto o fatto, subito avvelena; e muovesi il sentimento alla ira e alla impazienza, come la foglia al vento. Egli diventa incomportabile a se med esimo, perocch la perversa volont sempre il rode; e appetisce quello che non pu ave re; scordasi (= discordante) dalla volont di Dio e dalla ragione dell'anima sua. E tutto questo procede dall'arbore della superbia, il quale ha tratto fuore il m irollo dell'ira e della impazienza. E diventa l'uomo uno dimonio incarnato. E fa molto peggio a combattere con questi dimoni visibili, che con gli invisibili.

91 Ma attendete, che sono due ragioni (= due modi) d'impazienza. Questa (= cio la prima) una impazienza comune, de' comuni uomini del mondo; che loro addiviene p er lo disordinato amore che hanno a loro medesimi e alle cose temporali, le qual i amano fuore di Dio; che per averle non si curano di perdere l'anima loro, e di metterla nelle mani delle dimonia. Questo senza rimedio se non cognosce s, che h a offeso Dio, tagliando questo arbore col coltello della vera umilit; la quale um ilit notrica la carit nell'anima. La quale uno arbore d'amore, che 'l mirollo suo la pazienza e benivolenzia del prossimo. Perocch, come la impazienza dimostra pi c he l'anima sia privata di Dio che niun altro vizio perocch si giudica subito, per ch c' il mirollo, egli ci l'arbore della superbia, cos la pazienza dimostra meglio e pi perfettamente che Dio sia per grazia nell'anima che veruna altra virt. Pazien za, dico, fondata nell'arbore dell'amore: cio che per amore del suo Creatore disp regi il mondo e ami la ingiuria, da qualunque lato ella si viene. 92 Diceva (= io dicevo) che l'ira e la impazienza era in due modi: cio in comune, e in particolare. Abbiamo detto de' comuni. Ora la dico in particolare, cio di c oloro che hanno gi spregiato il mondo, e vogliono essere servi di Cristo crocifis so a modo loro; cio in quanto trovano diletto in lui e consolazione. Questo perch la propria volont spirituale non morta in loro; e per dimandano e chieggono a Dio che doni le consolazioni e tribolazioni a modo loro, e non a modo di Dio. E cos d iventano impazienti, quand'hanno il contrario di quello che vuole la propria vol ont spirituale. E questo uno ramoscello di superbia, che esce della vera superbia , siccome l'arbore che mette l'arboscello da lato, che pare separato da lui, e n ondimeno la sustanzia della quale egli viene, la traie pure del medesimo arbore. Cos la volont propria dell'anima, che elegge di servire a Dio a suo modo; e manca ndogli quello modo, sostiene pena, e dalla pena viene alla impazienza; ed incomp ortabile a se medesimo, e non gli diletta di servire a Dio, n al prossimo. Anco, chi venisse a lui per consiglio o per aiuto, non gli darebbe altro che rim proverio; e non saprebbe comportare il bisogno suo. 93 Tutto questo procede dalla propria volont sensitiva spirituale, che esce dell' arbore della superbia, il quale tagliato e non dibarbicato. Tagliato quando gi ha levato il desiderio suo dal mondo, e postolo in Dio; ma havvelo posto imperfett amente: evvi rimasta la radice, e per ha messo il figliuolo da lato; e cos si mani festa nelle cose spirituali. Onde, se gli manca la consolazione di Dio e rimanga la mente sterile e asciutta, subito si conturba e contrista in se medesimo; e s otto colore di virt, perch gli pare essere privato di Dio, diventa mormoratore, e ponitore di legge a Dio. Ma se egli fusse veramente umile, con vero odio e cogno scimento di s, s reputerebbesi indegno della visitazione che Dio fa nell'anima, e riputerebbesi degno della pena che sostiene, quando si vede essere privato per c onsolazione, e non per grazia di Dio. Pena sostiene allora perch gli conviene lav orare con ferri suoi; sicch la volont spirituale ne sente pena sotto colore di non offendere Dio; ma ella la propria sensualit. Lettera 38. A Monna Agnesa, Donna che fu di Missere Orso Malavolti. Scritta dopo il 1372.

3 Febbraio Ancora della pazienza e della impazienza 94 L'anima umile che liberamente ha tratta la barba (= la radice) della superbia con affettuoso amore, ha annegata la volont, cercando sempre l'onore di Dio e sa lute dell'anime, non si cura di pene; ma con pi riverenzia porta (= sopporta) la mente inquieta che quieta; avendo rispetto santo, cio che Dio gliel d e concede pe r suo bene, acciocch ella si levi dalla imperfezione e venga alla perfezione. Que lla la via da farvela venire; perocch per quella cognosce meglio il difetto suo e la grazia di Dio, la quale trova in s per la buona volont che Dio le ha data, dis

piacendogli il peccato mortale. Ed anco, per considerazione che ella ha de' difetti e delle colpe antiche e pres enti, ha conceputo odio contra se medesima, e amore alla somma eterna volont di D io. E per le porta con reverenzia; ed contenta di sostenere dentro e di fuore, in qualunque modo Dio gliel concede. Purch possa adempire in s e vestirsi della dolc ezza della volont di Dio, d'ogni cosa gode; e quanto pi si vede privare di quella cosa che ama, o consolazione da Dio, come detto , o dalle creature, pi si rallegra . 95 Perocch spesse volte adiviene che l'anima ama spiritualmente; e se non trova q uella consolazione e satisfazione da quelle creature, come vorrebbe; o che le pa ia che ami o satisfaccia pi ad altri che a lei; ne viene in pena, in tedio di men te, in mormorazione del prossimo, e in falso giudicio, giudicando la mente e la intenzione de' servi di Dio; e specialmente quella di coloro, di cui ha pena. On de diventa impaziente, e pensa quello che non dee pensare, e con la lingua dice quello che non dee dire. E vuole allora usare, per queste cotali pene, una stolta umilit, che ha colore di umilit, ma egli il figliuolo della superbia che esce dal lato, dicendo in se med esima: Io non voglio lor fare motto, n impacciarmi pi con loro. Starommi pianament e; e non voglio dare pena n a loro ne a me. E a questo se ne dee avvedere che sdegno: cio nel giudicare che sente nel cuore, e nella mormorazione della lingua. Non dee fare dunque cos; perocch, per questo mo do, non leverebbe per via la barba, n mozzerebbe il figliuolo da lato, che impedis ce che l'anima non giugne alla sua perfezione, la quale ha cominciata. 96 Come ella (= la impazienza) piace molto al dimonio, cos dispiace molto a Dio. Dispiacegli la superbia, e piacegli l'umilit. E in tanto gli piacque la virt dell'umilit di Maria, che fu costretto per la bont s ua di donare a lei il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo; ed ella fu quella dolc e madre che il don a noi. Sapete bene che infino che Maria non mostr col suono del la parola l'umilit e la volont sua, dicendo: Ecce ancilla Domini; sia fatto a me s econdo la parola tua - il Figliuolo di Dio non s'incarn in lei; ma, detta che ell a l'ebbe, concepette in s quello dolce e immacolato Agnello, mostrando in questo a noi la prima dolce Verit (= Dio Padre) quanto eccellente questa virt piccola (= che fa piccoli), e quanto riceve l'anima che con umilit offera e dona la volont su a al Creatore. Dico che l'anima perfetta, con la umilit dice: Signore mio, ecco l'ancilla tua. S ia fatto in me secondo la tua volont, e non secondo che voglio io sensitivamente. E cos gitta l'odore della pazienza verso del Creatore e della creatura e di se m edesima. Gusta la pace e la quiete della mente; e nella guerra ha trovata la pac e, perocch ha tolto di s la propria volont fondata nella superbia, ed ha conceputo nell'anima sua la divina grazia. Facendo altrementi, nella prima impazienza perderemo la grazia; e nella seconda impediremo lo stato perfetto; e non giugnereste a quello che Dio v'ha chiamata. Lettera 38.

4 Febbraio L'amor proprio e la disobbedienza 97 Dico che pazienza dimostra se le virt sono nell'anima o no. Con che cel dimost ra, se esse non vi sono? Con la impazienza. Ma che ? che la radice dell'amor prop

rio non anco morta in loro; onde sono ancora imperfetti, e con una tenerezza di loro medesimi. Con la quale tenerezza s'hanno compassione; e quello che egli ha in s, cio d'aversi compassione, vorrebbe che ognuno gli avesse. E non trovando che gli sia avuta compassione, ha pena; e cos l'una pena con l'altra, cio la pena del la tribolazione o d'infermit o di molestia mentale, o per persecuzione dagli uomi ni, o da qualunque lato ella viene, accordata questa pena con quella che egli po rta, cio di volere che altri gli abbia compassione, viene ad impazienza, e spesse volte a mormorazione contra 'l prossimo suo, e a giudicio, giudicando la volont altrui. 98 Non dunque da dubitare che, essofatto che la radice dell'amore proprio non mo rta in noi, l'occhio tenebroso, e tutti i frutti delle virt sono imperfetti; pero cch ogni perfezione procede da occidere la volont sensitiva, e dar vita alla ragio ne nella dolce volont di Dio. Sicch dunque, essendo viva e imperfetta, subito disobediente contra Dio e contra il prelato suo. Perocch, se egli fusse obediente, porterebbe la disciplina di Dio e quella del prelato con debita reverenzia. Perocch spesse volte il prelato far con buona e santa intenzione quello ch'egli fa r verso del suddito; e il suddito infedele e disobediente terr tutto il contrario. Questo per la superbia sua, e perch la radice dell'amore proprio non morta in lu i; perocch se ella fusse morta, sarebbe quello per che egli entr nell'Ordine, cio d 'obedire schiettamente e senza alcuna passione, siccome fa l'umile obediente. Che se il prelato suo fusse uno dimonio, il vero obediente, ci che gli fatto o se gli sono imposte le gravi obedienzie, ogni cosa riceve con pazienza, giudicando che la volont di Dio di far tenere quelli modi al prelato verso di lui; o per ne cessit della sua salute, o per farlo venire a grande perfezione. E per riceve con pace e quiete di mente l'obedienzia sua, e gusta l'arra di vita eterna in questa vita. 99 Il disobediente dimostra li difetti suoi con la impazienza. Onde vediamo che sempre si scandalizza, se non quando (= tranne quando) la prosperit andasse a mod o suo, e il prelato facesse quello ch'egli vuole. Ma se fa il contrario, si turb a. Perch? Perch egli vivo. Perocch, se egli fusse morto, non gli addiverrebbe. Onde questi tali sono debili, perocch, come la paglia lor si volle (= si muove, scivo la) fra' piedi, cos vengono meno. E se il prelato comanda cosa che non gli piacci a, egli si turba. 100 E se egli infermo, egli impaziente per la tenerezza ch'egli ha al corpo suo. E spesse volte sotto colore di bene dir: Se io avessi un'altra infirmit, io me la porterei pi agevolmente. Ma questa infirmit una cosa occulta, che non si vede; e per non m' creduta, e impediscemi l'officio e l'altre osservanzie, di non poter fa re come gli altri. E per non pare che ci possa avere pace. Costui, come imperfett o e con poco lume, ingannato dalla propria passione e tenerezza di s. Chi cel dim ostra? La impazienza ch'egli ha, perch non gli pare che gli altri gli abbiamo com passione. Dio non ci richiede pi che noi potiamo portare. Ma ben ci richiede l'amore col sa nto desiderio, e con pazienza portare ogni pena e fatica, e in ogni tempo e in o gni luogo che noi siamo; con odio e dispiacimento della propria sensualit. Perocch cos fanno coloro che vogliono essere perfetti. Lettera 39. A D. Jacomo Monaco della Certosa nel Monastero di Pontignano, presso a Siena. 5 Febbraio

Splendore di purezza e ardore di carit proposte alle ragazze senesi 101 Nel Sangue lavate la faccia della anima vostra. Levisi, e destisi dal sonno della negligenzia; e pigliate sollecitudine, poi ch' levata (= la negligenza), di ponere (= porre al posto suo) la bianchezza della purit, e 'l cuore dell'ardenti ssima carit, la quale tutta troverete nel sangue dell'Agnello. E voglio che voi pensiate, figliuole mie, che questa purit di mente e di corpo no n si potrebbe avere con le molte conversazioni delle creature, n col ponere l'aff etto e l'amore nostro in loro n in cose create, fuori della volont di Dio; n con am ore proprio e tenerezza del corpo nostro; ma acquistasi con molta sollicitudine di vigilie e d'orazioni, e con continua memoria del suo Creatore; sempre ricogno scendo l'amore ineffabile che Dio gli ha. 102 Poich l'anima ar acquistata la purit per lo modo detto, vedendo che a Dio non p u fare utilit neuna, distender l'amore al prossimo suo, facendo a lui quella utilit ch'egli non pu fare a Dio. Visitando gl'infermi, sovvenendo e' poverelli, consola ndo e' tribolati; piangendo con coloro che piangono, e godendo con coloro che go dono (Rm 12, 15): cio piangendo con coloro che sono nel pianto del peccato mortal e, avendo loro compassione, offerendo per loro continue orazioni nel cospetto di Dio; e godendo con coloro che godono, che sono veri servi di Cristo crocifisso, e sempre dilettarvi della loro conversazione. Cos vi prego, figliuole mie, che f acciate. Lettera 40. A certe figliuole da Siena.

6 Febbraio A un giovane che vuol liberarsi dall'impurit e servire il Signore 103 Iddio somma ed eterna dolcezza; e per e' servi suoi sentono tanto diletto nel le cose amare e malagevoli, perch trovandosi Dio per grazia in se medesima (= nel l'anima), saziata e quieta; per che di veruna cosa si pu saziare, se non di Dio, p erocch maggiore di lei, ed ella maggiore di tutte le cose create. Onde ci che Dio cre, cre in servizio dell'uomo, e l'uomo per s, acci che l'amasse con tutto il cuore e con tutto l'affetto suo, e lui servisse in verit. E per queste cose del mondo n on possono saziare l'uomo, perch sono meno di lui. Adunque ha pace e riposo quand o sta in lui: participa una larghezza di cuore, che ogni creatura che ha in s rag ione vi cape dentro per affetto di carit. Anzi s'ingegna di servirli, sovvenendo il prossimo suo, mostrando in lui l'amore che ha al suo creatore. 104 Perch Dio somma ed eterna purit, per l'anima e 'l corpo ne partecipa per l'unio ne che ha fatta in lui, conservando la mente e 'l corpo suo in perfetta purit, el eggendo innanzi la morte che volere contaminare e lordare la mente e 'l corpo su o per immondizia. Non che i pensieri del cuore egli li possa tenere (= fermare o tener lontani), n spesse volte i movimenti della carne; ma i movimenti, e i pens ieri non lordano l'anima, ma la volont quando ella consente volontariamente alla fragilit sua e alle cogitazioni del cuore. Ma non consentendo, non commette colpa neuna, ma merito, facendo una resistenzia santa, traendo sempre di queste spine la rosa odorifera d'una perfetta purit. Perch per questo viene a maggior cognosci mento di s, e con un odio santo si leva contra la propria fragilit, e con amore ri fugge a Cristo crocifisso con umili e continue orazioni, vedendo che da tanti ma li in altro modo non pu campare. E gi aviamo detto che quanto pi s'accosta a lui, pi partecipa della sua purit. Adunq ue bene vero che di queste battaglie egli ne trae la rosa purissima. Questo si i l rimedio contra questo miserabile peccato della debile e fragile carne, e d'ogn i altra gravezza di peccato: che noi ci accostiamo e conformiamo per affetto d'a more in Dio.

105 Non vi dilungate da questo lume, ma con sollicitudine dissolvete la nuvila d ell'amore proprio di voi; e con fede viva ragguardate lo immacolato e svenato Ag nello, che con tanto amore vi chiama. E rispondendogli verrete a questa perfetta unione; essendo unito, sentirete l'odore della perfetta purit. Molto buono contr a questo vizio il ragguardare la dignit, in che venuta l'anima nostra e la misera bile carne, per l'unione che Dio ha fatto nell'uomo, unita la natura divina con la nostra natura umana. Vergognerassi l'anima; e saragli un freno a tanta miseria, vedendola alzata sopr a tutti i cori degli angeli. Cos, dolcemente, la mente e il desiderio vostro si l ever; si spegner la puzza del vizio. E non vi paia faticoso; ch la fatica torner a grandissimo diletto. Bagnatevi nel s angue di Cristo crocifisso: e cominciate una vita nuova, con speranza che le col pe vostre si consumeranno nel sangue e nel fuoco d'amore. Ed io voglio portare l a penitenzia per voi. Solo di questo vi prego e costringo, che vi diate a svilup par (= sciogliervi, liberarvi) tosto del mondo, dargli tosto di calcio. Che se v oi non dessi a lui, egli sarebbe ben presto (= pronto) di dare a voi. Non fate r esistenzia allo Spirito Santo che vi chiama. Lettera 44. A Ser Antonio di Ciolo.

7 Febbraio Mi pare che il dimonio t'abbia s involato che non ti lassa ritrovare 106 Carissimo e sopracarissimo figliuolo in Cristo dolce Ges. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Ges Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desid erio di rimetterti nell'ovile con li compagni tuoi: e mi pare che il dimonio t'a bbia s involato, che non ti lassa ritrovare. Io, miserabile madre, vo cercando e mandando per te; perocch mi ti vorrei ponere in su la spalla della amaritudine e della compassione ch'io ho all'anima tua. Ricognosci la colpa tua, non con confusione di mente, ma con cognoscimento di te , e con sperare nella bont di Dio. Vedi che la sustanzia della grazia che il Padr e tuo celestiale ti di, tu l'hai spesa miseramente. Fa' dunque come fe' quello fi gliuolo prodigo, che spese la sustanzia sua vivendo male; il quale sentendosi ve nuto a necessit, ricognobbe il suo difetto, e ricorse al padre per misericordia. Cos fa' tu; perocch sei impoverito e hai bisogno, e l'anima tua muore di fame. Ric orri dunque al Padre per misericordia: perocch ti sovverr, e non sar spregiatore de l tuo desiderio, fondato in amaritudine del peccato commesso; anco l'adempir dolc emente. 107 Oim, oim, dove sono li dolci desiderii tuoi. Disavventurata me, ho trovato che il dimonio ha involata l'anima e il tuo santo desiderio. Il mondo e li servi su oi hanno teso e' laccioli con disordinati piaceri e diletti suoi. Ors dunque a pi gliare il rimedio! E non dormire pi! Consola l'anima mia; e non essere tanto crud ele per la salute tua, di far caro (= d'essere avaro) d'una tua venuta. Non ti l assare ingannare per timore, n per vergogna, al dimonio. Rompi questo nodo; vieni , vieni, figliuolo carissimo. Io ti posso ben chiamar caro: tanto mi costi di lacrime e di sudori e di molta amaritudine. Or vienne, e ricovera nel tuo ovi le. Lettera 45. A Francesco di Messer Vanni Malavolti da Siena.

8 Febbraio Non fidarti di te stesso 108 Guarda che tu non ti fidassi di te medesimo; il quale fidare uno vento sotti le di reputazione, che esce dall'amore proprio. Perocch subito verresti meno, e v olleresti il capo addietro a mirare l'arato (sic) (Lc 9, 62). L'amore proprio, c on la reputazione che ti fa fidare di te medesimo, ti tolle la virt e fatti cader e nel vizio, e perseverarvi dentro. Fuggi, figliuolo, fuggi questo vento sottile del proprio piacere; e vattene, in tutto nascosto in te medesimo, nel costato d i Cristo crocifisso, e ine poni l'intelletto tuo a ragguardare il segreto del cu ore. Ine s'accende l'affetto; vedendo ch'egli ha fatta caverna del corpo suo, ac ci che tu abbia luogo dove rifugere dalle mani de' tuoi nemici, e possiti riposar e e pacificare la mente tua nell'affetto della sua carit. Ine troverai il cibo; perocch vedi bene che egli ti ha data la carne in cibo, e ' l sangue in beveraggio, arrostita in su la croce al fuoco della carit, e ministra to in su la mensa dell'altare, tutto Dio e tutto uomo. 109 Assai tristo colui che, potendo avere il fuoco, si lassa morire di freddo; a vendo il cibo innanzi, si lassa morire di fame. Prendete, prendete il cibo nostr o, Cristo dolce Ges crocifisso: ch se in altro modo il voleste, non sareste costan te, n perseverante. Lettera 47. A Pietro di Giovanni Venture da Siena. Scritta in occasione del Nata le di anno non identificabile.

9 Febbraio Usare del matrimonio come di sacramento, qual' 110 Il lume non possiamo avere, con la nuvila dell'amore proprio di noi. Il qual e amore offusca l'occhio dell'intelletto, che nol lassa cognoscere n discernere l a verit; ma la bugia vede in verit, e la verit in bugia. Le cose transitorie reputa ferme e di grande consolazione; e elle vengono tutte meno, siccome il fiore, il quale, poi ch' colto, subito perde la bellezza sua. Onore, ricchezze, stato, del izie, tutte passano come 'l vento: ogni cosa mutabile; onde dalla sanit veniamo a lla infirmit, dalla ricchezza alla povert, e dalla vita alla morte. 111 E l'uomo, matto amatore di se medesimo, come cieco, giudica tutto il contrar io, e cos tiene (= sostiene). E chi manifesta ch'egli il tenga? Il disordinato am ore ed affetto ch'egli ha a s e al mondo. Tutto gli avviene perch'egli ha perduto il lume: ch se egli avesse lume in verit, terrebbe che Dio sommamente buono, un b ene incomprensibile e inestimabile, che neuno che 'l possa stimare, ma solo esso medesimo si comprende e stima. Egli somma ed eterna ricchezza; egli pietoso med ico, che d a noi le medicine necessarie alle nostre infirmit. Sicch ad ognuno le d s econdo che bisogna alle piaghe nostre, col fuoco della divina carit. 112 Alcuna volta ci trae sangue, cio levandoci quelle cose che sono nocive alla n ostra salute, e sono uno mezzo tra Dio e noi (= un ostacolo frammezzo). Onde ad alcuni tolle e' figliuoli, ad altri la sostanzia temporale, ad altri la sanit, e ad alcuni lo stato del mondo, percuotendoci con le molte tribolazioni. E questo non fa per odio, ma per singolare amore. Privaci de' diletti vani della terra, per darci pienamente i beni del cielo. Egli benigno ed eterno giudice; e , siccome giusto signore, ad ognuno rende il debito suo: onde ogni bene remunera to, e ogni colpa punita.

113 Mettetevi oggimai il mondo sotto i piedi, e rispondete a Dio, che vi chiama con un cuore gentile e non mercenario, siccome vero e legittimo figliuolo. Dilet tandovi di purificare spesso la coscienzia vostra con la santa confessione; e us ate la comunione al luogo e al tempo suo. Lo stato nel quale voi siete del matrimonio, pregovi che v'ingegnate d'usarlo co me sacramento, avendo in debita riverenzia e' d comandati dalla santa Chiesa. Ing egnatevi oggimai di tenere, voi e la donna vostra, uno stato angelico, sentendo l'odore della continenza, acci che gustiate il frutto suo. Or cos dolcemente regol ate e ordinate la vita vostra, senz'aspettare pi tempo; ch il tempo non aspetta no i. Lettera 48. A Matteo di Giovanni Colombini da Siena.

10 Febbraio Per giungere alla perfezione occorre bene ordinare la vita 114 A volere pervenire alla perfezione dell'amore, ti conviene ordinare la vita tua. Il primo ordine sia di fuggire la conversazione d'ogni creatura, per conver sazione ( = solo come conversazione, cio perditempo), se non secondo che richiede l'atto della carit; ma amarne assai, e conversarne pochi. E eziandio con quelli che ami di spirituale amore, sappi conversare con modo; e se tu non facessi, pen sa che a quello amore che tu debbi portare a Dio senza modo, vi porresti modo ch e non te ne avvedresti, ponendovi mezzo la creatura finita; perocch l'amore che d ovresti ponere in Dio, porresti nella creatura, amandola senza modo; e questo t' impedirebbe la tua perfezione. E per con modo ordinato la debbi amare spiritualme nte. 115 Sia uno vasello il quale tu empia nella fonte, e nella fonte il beva. E poni amo che tu avessi tratto l'amore da Dio che fonte d'acqua viva; se tu nol bevess i continuamente in lui, rimarrebbe vto. E questo ti sar il segno che tu nol beva a pieno in Dio: che quando della cosa che tu ami tu ne sostieni pena, o per conve rsazione che avessi, o perch fussi privata d'alcuna consolazione la quale solevi ricevere, o di qualunque altra cosa che avvenisse, se tu sostieni allora pena di questo o d'altro che dell'offesa di Dio, t' segno manifesto che quest'amore anco ra imperfetto, e tratto fuore della fonte. 116 Ordina il tempo tuo; e la notte alla vigilia, dato che tu hai (= dopo aver d ato) il debito del sonno al corpo tuo, e la mattina alla chiesa con la dolce ora zione; e non spenderlo in favellare infino all'ora debita (= cio fin dopo la mess a). Di questa e d'ogni altra cosa non ti ritragga altro che o la necessit o l'obe dienzia o la carit. Dopo l'ora del mangiare, ricogliti un poco a te; e poi fa' manualmente alcuna co sa, secondo che t' di bisogno. Ad ora del vespero, e tu va e fa' cavelle (= qualc osa); e quanto lo Spirito santo ti fa fare, tanto fa'. E poi ritorna e governa l'antica tua madre (= la tua vecchia madre) senza neglig enzia, e provvedila di quanto gli di bisogno; e sia tuo questo peso. Di pi, alla mia tornata. Lettera 49. A Monna Alessa.

11 Febbraio In Dio le virt si concepiscono e nel prossimo si partoriscono

117 In Dio concepiamo le virt, e nel prossimo si partoriscono. Sai bene che nella necessit del prossimo tuo, tu partorisci il figliuolo della carit, che dentro nel l'anima; e nella ingiuria che tu ricevi da lui, la pazienza. Tu gli doni l'orazi one, singolarmente a coloro che ti fanno ingiuria. E cos dobbiamo fare. Se essi s ono a noi infedeli, e noi dobbiamo essere a loro fedeli, e fedelmente cercare la loro salute; amarli di grazia (= gratuitamente) e non di debito. Cio, che tu ti guardi da non amare il prossimo tuo per propria utilit; perch non sarebbe amore fe dele, e non risponderesti all'amore che Dio ti porta. Ch, come Dio t'ha amata di grazia, cos vuole che, non potendogli tu rendere questo amore, tu il renda al prossimo tuo, amandolo di grazia, e non di debito, come d etto . N per ingiuria, n perch tu vedessi diminuire l'amore verso di te o il diletto o la propria utilit, non debbi tu diminuire n scemare l'amore verso del tuo pross imo; ma amarlo caritativamente, portando e sopportando i difetti suoi. 118 Facendo cos che tu realmente, senza veruno amore o cuore fittivo, libero, sen za veruno rispetto di propria utilit o spirituale o temporale, tu ami il prossimo : sarai vera serva e risponderai col mezzo del prossimo all'amore che ti porta i l tuo Creatore. E sarai sposa fedele, e non infedele. Allora manca la fede la sposa allo sposo suo, quando l'amore che debbe dare a lu i, il d ad altra creatura. Tu se' sposa. Vedi bene che il Figliuolo di Dio tutti ci spos nella circoncisione , quando si tagli la carne sua, dandoci quanto una stremit d'anello, in segno che voleva sposare l'umana generazione. Tu, ragguardando tanto amore ineffabile, il debbi amare senza veruno mezzo che sia fuore di Dio. Sicch di Cristo se' sposa, e del prossimo debbi essere serva. Se tu se' sposa fedele. Lettera 50. A una Mantellata di Santo Domenico chiamata Caterina di Scetto.

12 Febbraio Dio si fatto per noi mensa, cibo e servitore 119 Non c' altra pasqua se non quella dell'Agnello immacolato, cio quella medesima che fece Egli di s a' dolci discepoli. Oh Agnello dolce, arrostito al fuoco dell a divina carit, e allo spedone della santissima croce! O cibo soavissimo, pieno di gaudio e di letizia e consolazione! In te non manca cavelle (= alcunch): perocch all anima che ti serve in verit, tu gli se' fatto mens a, cibo e servitore. Bene vediamo noi che il Padre c' mensa, ed letto (= come il letto o seno materno della divinit) dove l'anima si pu riposare; e vediamo il Verb o dell'unigenito suo Figliuolo, che ti s' dato in cibo con tanto fuoco d'amore. C hi te l'ha porto? Il servitore dello (= che lo) Spirito Santo. E per lo smisurat o amore che egli ci ha, non contento che siamo serviti da altri, ma esso medesim o vuole essere il servitore. 120 Ora a questa mensa desidera l'anima insiememente con voi di far Pasqua prima ch'io muoia; perocch, passata la vita, non la potremo fare. E sappiate, figliuol o mio, che a questa mensa ci conviene andare spogliati e vestiti. Spogliati, dic o, d'ogni amor proprio e piacimento del mondo, di negligenzia e di tristizia e d i confusione di mente, perocch la disordinata tristizia dissecca l'anima; e dobbi anci vestire dell'ardentissima sua carit. Quando l'anima ragguarda il suo Creatore e tanta infinita bont quanta trova in lu i; non pu fare che non ami. E l'amore subito il veste delle vere e reali virt.

Questo quello amore che ci tolle ogni negligenzia, ignoranzia e tristizia. Peroc ch la memoria si leva a fare festa col Padre, ritenendo nella memoria sua i benef izii di Dio; lo intendimento col Figliuolo onde con sapienzia e lume e cognoscim ento cognosce e ama la volont di Dio; e leva subito l'amore e il desiderio suo, e diventa amatore della somma ed eterna Verit, in tanto che non pu ne vuole amare a ltro n desiderare se non Cristo crocifisso. Lettera 59. A frate Jeronimo da Siena de frati Eremiti di Santo Augustino.

13 Febbraio Dell'amore imperfetto per il Prossimo e del modo di renderlo perfetto 121 Perch io voglio che siate perfetto e rendiate frutto di perfezione, non vogli o che amiate neuna creatura, n in comune n in particolare, se non solamente in Dio . E se mi diceste: A che me ne posso avvedere che ci sia questa imperfezione? Di covelo: quando voi vedeste, quella persona ch' amata mancasse in alcuna cosa vers o di voi. cio o che non vi facesse motto secondo i modi usati, o che vi paresse c he amasse un altro pi che voi; se allora vi cade uno sdegno e uno cotale mezzo di spiacimento, allentando l'amore che prima v'era, tenete di fermo che questo amor e era ancora imperfetto. 122 Che modo ci dunque di farlo perfetto? Non vi dico altro modo, figliuolo cari ssimo, se non quello che una volta la prima Verit disse ad una sua serva, dicendo : Figliuola mia carissima, io non voglio che facci come colui che trae il vasell o pieno d'acqua dalla fonte, e bevelo poi che l'ha tratto fuore; e cos rimane vto; e non se ne avvede. Ma voglio che, empiendo il vasello dell'anima tua, facendot i una cosa per amore ed affetto con colui che tu ami per amore di me, nol tragga fuore di me, fonte d'acqua viva; ma tiene (=tieni) la creatura che tu ami per a more di me, siccome vasello nell'acqua; e a questo modo non sar vto n tu n cui tu am i, ma sempre sarete pieni della divina grazia e del fuoco dell'ardentissima cari t. Ed allora non vi cadr n sdegno n dispiacimento alcuno; perocch colui che ama, perc h (=bench) vedesse molti modi o dilungare dalla sua conversazione, mai non n'ha pe na affliggitiva, purch egli vegga e senta che viva con le dolci e reali virt; pero cch l'amava per Dio e non per s. Bene sentirebbe nondimeno una santa piccola tener ezza, quando si vedesse dilungare da quella cosa che ama. Or questa la regola e il modo che io voglio che teniate acciocch siate perfetto. Lettera 52.

14 Febbraio La vera sposa di Cristo 123 Scrivo a te nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, desiderando che tu sia vera sposa consacrata allo sposo, adornata e vestita di virt. Sai, dilettissima mia figliuola, che la sposa, quando va dinanzi allo sposo, s'adorna e si veste. E singolarmente s'adorna e pone il color vermiglio per piacere allo sposo suo. C os voglio che facci tu: che tu abbi il vestimento della carit, senza il quale vest imento non potresti andare alle nozze; ma sarebbe detta a te quella parola che d isse Cristo di quello servo che era andato senza il vestimento nuziale, che coma nd a' servi suoi che fusse cacciato e mandato di fuora nelle tenebre (Mt 22,13). Non voglio che questo divenga a te; non voglio che tu sia trovata senza questo d olce vestimento. 124 Anco, voglio e comandoti che tu me l'adorni di fregiature, cio della santa e vera obedienzia; ricognoscendo i doni e le grazie che tu hai ricevuti da lui. Fa

' che tu sia sposa fedele. E sai quando sarai fedele allo sposo tuo? Quando non amerai altro che lui. E per io non voglio che nel tuo cuore sia trovato altro che Dio, traendone ogni amore proprio e sensitivo de' parenti o di qualunque cosa s ia. Senza neuno timore di vita o di morte; ma col cuore libero, vestita di questo sa nto vestimento, mettiti nelle mani del tuo sposo eterno, e nella sua volont ti me tti, che ne faccia e disfaccia quello che sia suo onore e meglio di te (=per te) . Lettera 54. Ad una monaca del Monastero di Santa Agnesa in Montepulciano.

15 Febbraio La fatica d'essere superiori 125 Il sangue di Cristo gli rappresenta che Dio non vuole altro che la sua santi ficazione. E per vede bene che ci che Dio permette in questa vita all'uomo, non pe rmette per altro fine. E per neuna cosa che addiviene, n tribulazioni n tentazioni n ingiurie n strazii n villanie, n di veruna altra cosa che addivenire gli potesse, non si pu n vuole turbare ma contenta, ed halle in grande riverenzia, considerando che le vengono da Dio, e date sono a noi per grazia di bene, per amore e non pe r odio. Nelle battaglie gode; se egli perseguitato dal mondo, egli si rallegra; se egli suddito, con grande allegrezza e pazienza porta il giogo della obedienzia; se eg li prelato (=superiore), con pazienza porta e sopporta i difetti de' suoi suddit i, cio ogni persecuzione che ricevesse o ingratitudine che trovasse in loro verso di s. Disponsi alla morte per divellere le spine de' vizi, siccome buono ortolan o, e piantare le virt nell'anime loro, facendo giustizia realmente, condita con m isericordia. Non si cura della pena sua, non schifa labore, ma con grande letizi a porta. Non vuole perdere il tempo che egli ha, per quello che non ha; ch colui che non pacifica la volont sua nello stato che Dio gli ha dato, sta sempre in pen a, ed incomportabile a se medesimo: e cos perde l'uno tempo e l'altro; che non es ercita il tempo della prelazione, e quello della quiete non ha; e cos abbandona i l presente e l'avvenire. 126 Poich Dio v'ha posto nello stato della prelazione, non vi conviene essere neg ligente, n timoroso; n ignorante ( = ignorantemente) andare con gli occhi chiusi. Per vi prego che siate affamato (=zelante), imparando dall'Agnello svenato e cons umato per voi. Avete subietto (=motivo), dunque: ch Dio v'ha rappresentato e post o dinanzi il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, e il Sangue, per trre ogni timor e e negligenzia e cechit d'ignoranzia. Perch nel sangue si perde l'amore della vita propria: di quello amore perverso ch e l'uomo ha a se medesimo; il quale. amore non lassa fare giustizia, per timore di non perdere lo stato, o per condescendere e piacere pi agli uomini che a Dio; [e] non lassa fare i prelati secondo la volont di Dio. N ha buona coscienzia, ma s econdo i piaceri e pareri umani si fanno; che quella cosa che ha guastato e guas ta l'Ordine (=l'ordine religioso). Come di non correggere e di fare i prelati no n corretti, ma incorretti e indiscreti. Ch il cattivo prelato guasta i sudditi, s iccome il buono gli racconcia. E tutto questo procede dall'amore proprio di s. Ne l sangue di Cristo si perde questo amore; e acquistasi uno amore ineffabile. Odi a i vizi e i peccati; ed ama le virt in loro per onore di Dio. Per questo ne perd e la negligenzia e diventa sollicito; e perde l'amore del corpo suo, e vuolsi da re a mille morti, se tanto bisogna. 127 E sempre, quello che avete a fare, fate col consiglio divino, cio per la sant a orazione; e poi col consiglio umano, che pure divino, dei buoni e cari servi d

i Dio. E sempre vogliate vederveli dallato, che sieno specchio di religione (=di vita religiosa). E sopra tutte le altre cose che io vi prego che attendiate, si di fare buoni pri ori, che sieno persone virtuose e atte a reggere. Ch sono molti che sono buoni in loro, e non sono buoni a governare: e cos si guastano le religioni (=le comunit r eligiose); e per lo contrario si racconciano. Quando trovate de' buoni, conserva teli. Lettera 55. Al venerabile religioso D. Guglielmo, Priore generale dell'Ordine de lla Certosa.

16 Febbraio Sulla dignit dei ministri di Dio 128 Padre carissimo, per reverenzia di quello sacramento il quale avete a minist rare, scrivo a voi con desiderio di vedervi vasello d'elezione a portare il nome di Cristo, e con affetto e desiderio esercitare la vita vostra in pacificarvi c ol nostro Creatore, e la creatura con la creatura. Perocch il dovete fare, e sete tenuto di farlo. E credo, se nol farete, voi riceverete grandissima e dura riprensione da Dio. Si ate, siate specchio di virt; e ragguardate la vostra dignit; poich Dio per sua mise ricordia v'ha posto in tanta eccellenzia, quanto avere a ministrare il fuoco del la divina carit, cio il corpo e il sangue di Cristo crocifisso. Pensate che la nat ura angelica non ha tanta dignit. Vedete che nel vasello dell'anima vostra egli h a messa la parola sua. Ben vedete che favellando in persona di Cristo, voi avete autorit di consecrare quello dolcissimo sacramento: e per ve la conviene portare con grandissimo fuoco d'amore, e con purit di mente e di corpo, e col cuore pacif ico; traendo ogni rancore e odio dall'anima vostra. 129 Oim, oim, dove la purit de' ministri del Figliuolo di Dio? Pensate che, come vo i richiedete la nettezza del calice per portare all'altare, che se fusse lordo n ol vorreste; cos pensate che Dio, somma ed eterna Verit, richiede l'anima vostra p ura e netta da ogni macchia di peccato mortale, e singolarmente dal peccato dell a immondizia. Oim disavventurata l'anima mia! Al d d'oggi si vede tutto il contrar io di questa purit, la quale Dio richiede; perocch, non tanto che essi sieno tempi o di Dio e portino il fuoco della parola sua, ma essi sono fatti stalla, e luogo di porci e d'altri animali; portando il fuoco dell'ira, odio, rancore e malevol enzia nella casa dell'anima sua. Perocch egli tiene ad albergare i porci, cio una immondizia che continuamente vi s'involve dentro, siccome il porco nel loto. Oim, che grande confusione questa di vedere che gli unti di Cristo si diano a tan ta miseria e iniquit! E non hanno in reverenzia la creazione, perocch sono creati alla imagine e similitudine di Dio, n il Sangue del quale sono ricomprati, n la di gnit che essi hanno del sacramento, dato a loro per grazia e non per debito. Oim! Or siamo noi bestie o animali? Veramente io m'avveggo di s; non in quanto all a creazione ed all'essere che Dio ci ha dato, ma secondo la mala disposizione no stra, perocch senza veruno freno di ragione ci lassiamo guidare a questa parte se nsitiva, e andiamle dietro, dilettandoci delle brutte e vane dilettazioni; e and iamo scorrendo per le delizie del mondo, enfiati di superbia. 130 Non voglio che siate di questi cotali voi; ma voglio che virilmente voi siat e vasello pieno d'amore e di dilezione, e d'affetto di carit. Perocch io mi maravi glio molto che uno vostro pari possa tenere odio, avendovi Dio tratto dal secolo e fatto angelo terrestre in questa vita, per la virt del sacramento. E voi per l o vostro difetto v'involvete nel secolo. Non so in che modo voi vi recate a cele brare. Onde io vi dico che se permaneste ostinato nell'odio, e negli altri difet

ti vostri; dovete aspettare il divino giudicio, che verrebbe sopra di voi. Io vi dico: non pi tanta iniquit! Correggete la vita vostra; e pensate che dovete morir e, e non sapete quando. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; e non dubito che, se ragguarderete il sangue di questo Agnello, voi spoglierete il cuore e l' affetto d'ogni miseria, e singolarmente dell'odio. Questo v'addimando per grazia e misericordia: e voglio che facciate questa pace. Or che confusione a vedere s tare due sacerdoti in odio mortale! Grande miracolo che Dio non comanda alla ter ra che v'inghiottisca ambedue. Ors dunque, virilmente! Mentre che sete nel tempo di potere ricevere misericordia, ricorrete a Cristo crocifisso, che vi ricever be nignamente, purch voi vogliate. Lettera 59. A messer Pietro, Prete da Semignano.

17 Febbraio A un padre di famiglia 131 Oh quanto terribile cosa il peccato, e spiacevole a Dio, poich non l'ha lassa to impunito; anco, ne ha fatto giustizia e vendetta sopra il corpo suo! Ben sare bbe misero miserabile colui che non vogli far vendetta del peccato. Adunque vi prego, carissimo e dolcissimo fratello, che prendiate queste due ali, che vi faranno osservare i comandamenti di Dio; e giunto a' comandamenti, vi fa ranno volare alla vita durabile: cio odio e dispiacimento del peccato, ed essere amatore della virt. Bene da sollecitare, e non commettere pi negligenzia, questo punto del tempo che rimaso per voi e per tutta la vostra famiglia; con una sollicitudine santa. Preg ovi per l'amore di Cristo crocifisso che l'occhio dell'anima vostra sia drizzato con ogni vostra operazione verso Iddio. Oh quanto diletto e gaudio sentir l'anim a vostra quando verr il tempo che sar richiesta dalla prima Verit, sentendosi la co mpagnia della virt, appoggiato al bastone della santissima croce, dove egli ha ac quistati i santi comandamenti di Dio. E udir quella dolce parola nel fine suo: Vieni, benedetto figliuolo mio, a possed ere il reame del cielo, per che tu con sollecitudine hai tratto l'affetto e il de siderio della conformit del secolo, e nutricasti e allevasti la famiglia tua con timore santo di me. Ora ti dono perfetto riposo, per che io sono remuneratore di tutte le vostre fatiche, che per me avete sostenute. Lettera 60. Ad un secolare che non si nomina.

18 Febbraio Due sante da imitare 132 Scrivo con amore e desiderio di vedervi unite e trasformate in quello consum ato e ardentissimo amore. Siccome fece quella apostola innamorata Maddalena, nel la quale tanto fu quello ardentissimo amore, che non cur neuna cosa creata. O dilettissime figliuole mie, imparate da questa vergine santa Agnesa la santa v era umilit; perocch sempre volse avvilire s medesima, sottomettendosi ad ogni creat ura per Dio, retribuendo e cognoscendo ogni grazia e virt avere da Dio; e cos cons ervava in s la virt dell'umilit. Dico che ella arse ancora della virt della carit, sempre cercando l'onore di Dio e la salute delle creature, con una carit liberale e larga ad ogni creatura; e cos dimostrava l'amore che aveva al suo Creatore.

L'altra (=virt) fu la continua sollicitudine e perseveranzia ch'ella ebbe; perocc h mai non lass: n per dimonia n per creatura, il virtuoso vivere. O dolcissima vergi ne, come t'accordasti con quella discepola innamorata Maddalena! Perocch, se bene vedete, Maddalena s'umili, e cognobbe s medesima; e per con tanto amore si ripos a' piei del nostro dolce Salvatore. E se noi diciamo che ella gli mostrasse amore, bene lo vediamo a quella croce santa; perocch ella non teme giudei e non teme di s medesima, ma, come spasimata, corre ed abbraccia la croce. Non dubbio che per vedere il maestro suo, ella allaga di Sangue (=il suo cuore ricolmo del sangue d i Cristo). Or s'inebria d'amore Maddalena, in segno che ella inebriata del maest ro suo. Ella il dimostra nelle creature sue (=le creature di Dio); e questo fece dopo la santa resurrezione, quand'ella predic nella citt di Marsilia. Anco dico che ella ebbe la virt della perseveranzia; e questo mostrasti, dolcissi ma Maddalena, quando, cercando il tuo dolcissimo maestro, e non trovandolo nel l uogo dove l'avevi posto, o Maddalena amore, tu impazzi, perocch tu non avevi cuor e, per ch'egli (=il cuore tuo) era riposto col tuo dolcissimo maestro e salvatore nostro dolce. Ma tu ne pigliasti buono pensiero per trovare il tuo dolce Ges; pe rocch tu perseveri, e non poni termine al tuo grandissimo dolore. O quanto fai be ne! Perocch tu vedi che la perseveranzia quella che ti far trovare il tuo Maestro. 133 Or vedete, carissime mie suore, come queste due dilettissime madri e suore s 'accordano insieme. E per io vi prego e vi comando che voi entriate in questo san tissimo mezzo; perocch, stando in questo mezzo santo, da qualunque parte vi volle te, trovate virt. E legate sarete allora, sicch non potrete fuggire che non siate legate. E singolarmente comando a voi, monna Agnesa figliuola mia, che voi vi le ghiate a questa vergine santa Agnesa. Lettera 61. A Monna Agnesa, Donna che fu di messer Orso Malavolti.

19 Febbraio La grande libert di chi serve Dio solo 134 Neuna battaglia n molestia del dimonio o della fragilit nostra della carne, no n peccato, n per questo offende il suo Creatore, se non quando la propria volont c onsente alle cogitazioni del cuore. Ma l'anima ch' serva fedele, cio con lo lume d ella santissima fede, fa i grandi guadagni nel tempo delle battaglie. O glorioso servire fedele, che privi l'anima della perversa servitudine del dimo nio, del mondo e di s medesimo! Egli liberato del dimonio, perch ha legato la volo nt col legame della ragione, e non consente alle molestie sue; n per sue pene lass a venire l'anima a disordinata confusione; ma fassi beffe di lui, dilettandosi d i stare nel campo di battaglia. Sicch dunque l'uomo fatto signore, e non teme il dimonio; ma il dimonio teme lui. Dico ch' fatto libero e signore del mondo; perch non si lassa signoreggiare alle delizie e grandezze sue con disordinato affetto. Anco, n' fatto signore, spregian dole e facendosi beffe di loro; per che ha veduto col lume della santissima fede che la ricchezza del mondo somma povert; li suoi diletti e piaceri sono miserabil i sopra ogni miseria e spiacevoli; e in tanto gli paiono spiacevoli che gli spre gia come serpente velenoso. 135 Questo servire il fa bene libero, per che non serve il prossimo con colpa di peccato. Dico ancora che fedele e libero, e non servo della propria sensualit, la quale ha conculcata con i piedi dell'affetto, sprezzandola e percotendola col c

oltello dell'odio e dell'amore: cio amore della virt, e odio del vizio. Bene adunq ue fatto re e signore con questa dolce servitudine. 136 Quale lingua sara sufficiente a narrare la pace dell'anima fedele? Non dico c he ella stia in pace; che ella sia privata delle onde e delle tempeste del mare; ma sta in pace la volont sua, perch ell' fatta una cosa con la dolce volont di Dio. Onde la tempesta gli quiete, perch non cura di s. Serve egli il suo Creatore, o v uole in guerre o vuole in pace; e tanto tiene cara la guerra, quanto la pace, e la pace quanto la guerra; per che, col lume della fede, vide, e con lo vedere cog nobbe che da uno medesimo amore procedeva l'uno e l'altro. Per dissi che io desideravo di vedervi servi fedeli; il quale servire vi far regna re in questa vita per grazia, e signoreggiare il mondo, la carne, e il dimonio. E fatti liberi, sarete legati nel legame della carit, umili e mansueti, e con ver a e santa pazienza. Nell'ultimo regnerete co' veri e dolci gustatori nella vita durabile, dove l'anima remunerata d'ogni fatica. Ine sazietade senza fastidio, e fame senza pena; per che di lunga la pena della fame e lo fastidio della saziet. Lettera 62. A Sano di Maco e agli altri figliuoli.

20 Febbraio I perfetti e i perfettissimi 137 Col lume si vuol andare alla perfezione. Due maniere di perfetti vanno in qu esto perfetto lume; ci sono alcuni che perfettamente si danno a gastigare il corp o loro, facendo aspra grandissima penitenzia; e acciocch la sensualit non ribelli alla ragione, tutto hanno posto il desiderio loro pi in mortificare il corpo che in uccidere la propria volont. Costoro si pascono alla mensa della penitenzia, e sono buoni e perfetti; ma se essi non hanno una grande umilit e tutti confortinsi a essere giudici (=fermi nel giudicare sempre a norma) della volont di Dio e non di quella degli uomini, spesse volte offendono la loro perfezione, facendosi gi udicatori di coloro che non vanno per quella medesima via che vanno elli. E giac evi dentro l'odore della superbia; e non se ne avvede. 138 L'anima innamorata e ansietata d'amore, corre alla mensa del santo desiderio ; e non vede s per s, cercando la propria consolazione, n temporale n spirituale; ma come persona che al tutto in questo lume e cognoscimento ha annegata la propria volont, non rifiuta nessuna fatica da qualunque lato ella si viene. E non cerca alcuna remunerazione n da Dio n dalle creature: cio che non servono a Dio per propr io diletto, n al prossimo per propria volont e utilit; ma per puro amore perdono s m edesimi, spogliandosi dell'uomo vecchio, cio della propria sensualit; e vestonsi d ell'uomo nuovo Cristo dolce Ges, seguitandolo virilmente. Essi hanno bene mortificato il corpo, ma non per principale effetto; ma come str umento ch'egli ad aiutare e ad uccidere la propria volont; perocch il principale e ffetto debbe essere, ed , d'uccidere la volont. Costoro stanno sempre in pace e in quiete. Tutte le persecuzioni che il mondo pu dare e il dimonio, tutte corrono s otto i piei suoi: sta nell'acqua attaccato a' tralci dell'affocato desiderio, e non s'immolla. 139 Questi gode d'ogni cosa; e non fatto giudice de' servi di Dio, n di neuna cre atura che ha in s ragione; anco, gode d'ogni modo che vede, dicendo: Grazia a te, Padre eterno, che nella casa tua hai molte mansioni! E pi gode de' diversi modi che vede, che di vederli andare tutti per una via; perch vede manifestare pi la gr andezza della bont di Dio. D'ogni cosa gode e trae l'odore della rosa. Ed eziandi o quella cosa che vede spessamente che peccato, non piglia per giudicio; ma pi to sto con santa e vera compassione, dicendo: Oggi tocca a te, e domane a me, se no n fusse la divina grazia, che mi conserva.

Lettera 64. A frate Guglielmo d'Inghilterra, de' Frati Eremiti di Sant'Agostino.

21 Febbraio Siamo stati comperati al prezzo del sangue di Cristo 140 Lo schiavo non si pu vendere, n ad altro signore servire. Noi siamo comperati non d'oro n di dolcezza d'amore solo; ma di sangue. Scoppino i cuori e le anime n ostre d'amore; levinsi con sollecitudine a servire e temere il dolce e buono Ges, ragguardando che egli ci ha tratti di prigione e della servitudine del dimonio che ci possedeva come suoi; e egli entr in ricolta (=riscatto) e pagatore, e stra cci la carta della obbligazione. E quando entr in ricolta? Quando si fece servo, p rendendo la nostra umanit. Oim, non bastava a noi, se non avesse pagato il debito fatto per noi? E quando si pag? in sul legno della santissima croce, dando la vit a per renderci la vita della grazia, la quale noi perdemmo. 141 O inestimabile dolcissima carit! Tu hai rotta la carta ch'era fra l'uomo e 'l dimonio, stracciandola in sul legno della santissima croce. La carta non fatta d'altro che d'agnello; e questo quello Agnello immacolato, il quale ci ha scritt o in s medesimo; ma stracci questa carta. Confortinsi adunque l'anime nostre, poich siamo scritti, e la carta rotta, che no n ci pu pi addimandare l'avversario e contrario nostro. Or corriamo, figliuolo dol cissimo, con santo e vero desiderio abbracciando le virt colla memoria del dolce Agnello svenato con tanto ardentissimo amore. Non dico pi. 142 Sappiate che in questa vita noi non possiamo avere altro che delle molliche che caggiono della mensa, siccome questa cananea dimanda (Mt 15, 27). Le mollich e sono la grazia che riceviamo; e caggiono dalla mensa del Signore. Ma quando no i saremo nella vita durabile, dove noi gusteremo Dio e vedrenlo a faccia a facci a; allora averemo delle vivande della mensa. Adunque non schifate mai labore. Io vi mander delle molliche e delle vivande, come a figliuolo. E voi combattete vir ilmente. Lettera 69. A Sano di Maco in Siena. Scritta forse nella quaresima del 1375.

22 Febbraio Dice Dio: Io sono fuoco e voi le faville 143 O fuoco ardentissimo che sempre ardi: dirittamente tu se' uno fuoco. Cos parv e che dicesse la bocca della Verit: Io son fuoco, e voi le faville. Dice che 'l f uoco vuole sempre tornare nel suo principio, e per sempre ritorna in su. O inestimabile dilezione di carit, che bene dici vero che bene siamo faville. E p er vuole che siamo umiliate (= ci teniamo bassi, umili); e siccome la favilla ric eve l'essere dal fuoco, cos noi riceviamo l'essere dal primo nostro principio. E per disse egli: Io son fuoco, e tu favilla. Dunque l'anima tua non si levi in sup erbia. E fa che tu faccia come la favilla. Perocch il primo movimento del santo d esiderio nostro dee essere nel cognoscimento di Dio, e nell'onore suo; e poi che siamo saliti, discendiamo a cognoscere la miseria e la negligenzia nostra. O addormentati, destatevi. E cos saremo umiliati, trovandoci nell'abisso della su a carit. O madre dolce di carit (=o carit, madre dolce), che non veruna mente tanto dura n tanto addormentata, che non si dovesse destare e risolvere a tanto fuoco di carit.

144 Dilatate, dilatate l'anima vostra a ricevere il prossimo per amore e per des iderio. Ma non veggo che potiamo avere questo desiderio se l'occhio non si volle (=volge), come aquila, verso il legno della vita. O dolcis simo amore Ges, che dicesti: Vuoi tu essere animato all'onore di me, e alla salut e delle creature; e essere forte a sostenere ogni tribolazione con pazienza? Or ragguarda me, Agnello svenato in croce per te; come, tutto, verso sangue da capo a' piei, e non udito il grido mio per mormorazione. Non ragguardo la tua ignora nzia, n la tua ingratitudine mi ritrae, che, come pazzo e trasformato per fame ch e io ho di te, io non adoperi (=operi) la tua salute. 145 Or, carissimi e dolcissimi fratelli, levianci di tanta negligenzia, e corria mo con sollecitudine, e morti; e non ci ritragga la ingratitudine delle creature . Seminate, seminate la parola di Dio; rendete (=fate rendere) i talenti commess i a voi. E non tanto che Dio n'abbi commesso uno talento, ma egli ve n'ha commes si dieci a voi e al prossimo vostro, i quali sono i dieci comandamenti, che sono la vita dell'anima vostra. Adunque siate sollicito d'esercitarli. 146 Ricordovi di quella santa abitazione della cella dell'anima e del corpo. Pre govi che siate solliciti: il tempo breve, il camino (=il cammino) lungo. Io son misera miserabile, perocch sono tanto moltiplicati i miei peccati che mai; poich v oi andaste, non fui degna di ricevere il dolcissimo e venerabile sacramento. Questo vi dico perch voi m'aitiate a piagnere, e preghiate che mi sia atato (=ait ato), acciocch io riceva la plenitudine della grazia. Perdonate, padre, alla mia ignoranzia, e raccomandatemi alla vostra santissima messa, e io ricever il corpo dolce del Figliuolo di Dio spiritualmente da voi. lettera 70. A frate Bartolomeo Dominici dell'Ordine de' Predicatori, quando era Baccelliere a Pisa. Scritta dopo il marzo 1374.

23 Febbraio Il duello di Cristo con la morte sulla croce 147 Sapete bene che essendo caduto il primo uomo Adam per la disobedienzia nella colpa, alla quale colpa seguit la morte eternale; e volendone restituire a grazi a, e dargli vita eterna; egli il fece col mezzo dell'unigenito suo Figliuolo, im ponendogli che con la obedienzia uccidesse la disobedienzia nostra. E veramente cos fu; che facendo egli uno torniello in sul legno della croce, questo dolce e i nnamorato Verbo, egli giocne alle braccia con la morte, e con la morte vinse la morte, e la morte uccise la vita: cio la morte della colpa nostra uccise il Figli uolo di Dio in sul legno della santissima croce; sicch con la morte sua ci tolse la morte, e rendette perfetta vita. Dunque la vita rimasta donna (=signora); ha sconfitto il demonio infernale che t eneva e possedeva la signoria dell'uomo, del quale non debbe essere signore altr i che solo Dio, Signore eterno. Lettera 71. A Monna Bartolomea d'Andrea Mei da Siena.

24 Febbraio Il peccato mortale e il peccato veniale 148 Per rendere all'uomo quello che lui aveva perduto, ci don il mezzo del suo Fi gliuolo, il quale fece come tramezzatore a pacificare l'uomo con Dio. Perocch in

altro modo questa pace non si poteva fare: s grande era stata la guerra. Per che e ra offeso Dio infinito; e l'uomo finito che aveva fatta l'offesa, per niuna sua pena che avesse sostenuto, non poteva satisfare all'infinito e dolce Dio. E per i l fuoco dell'abisso della sua carit trov il modo per fare questa pace; e perch alla giustizia fosse satisfatto, un s medesimo, cio la deit eterna, natura divina, con l a nostra natura umana; ed unito Dio infinito con la natura dell'uomo finita, fu sufficiente Cristo uomo, sostenendo le pene in sul legno della santissima croce, a satisfare al Padre suo e placare l'ira che veniva sopra dell'uomo. E gettando uno colpo questo dolce Verbo in sul legno della croce, cio facendo ins ieme misericordia all'uomo, ha in questo modo contentata la misericordia e ha do nata la grazia a noi che l'avevamo perduta, ed contentata la giustizia che volev a che della colpa si facesse vendetta; ed egli l'ha fatta sopra il corpo suo in quella medesima natura che l'aveva offeso: per che la carne di Cristo fu della ma ssa d'Adam. 149 Ma noi ingrati e sconoscenti, perdiamo spesse volte per li peccati nostri la grazia, ed entriamo in guerra con Dio. E alcuna volta guerra mortale, e alcuna volta sdegno d'amico. La guerra mortale quando l'anima giace nella morte del peccato mortale, facendos i dio del mondo, della carne e delli miserabili diletti. Onde questi hanno perdu ta la vita in tutto. ben vero che con la confessione e con il mezzo del sangue d i Cristo la pu ricuperare, mentre che vive. Sdegno di amico in quelli ed in quelle che servono a Dio privati del peccato mor tale, e sono in grazia e vogliono essere veri servi di Dio. Ma spesse volte, per ignoranzia, la quale procede dalla propria volont spirituale, la quale si fatta signore che lo dilunga dalla verit - non che esca della verit, che caggia in pecca to mortale - ma offende la perfezione alla quale in verit vorria venire, volendo eleggere il tempo e luogo, la consolazione e tribulazione a suo modo. Allora Idd io piglia sdegno coll'anima che gli amica, perch non gli pare che vada, n va, con quella libert schietta che debbe andare. Onde uno mezzo ci ha posto, e richiede che noi lo usiamo se vogliamo che sia lev ato lo sdegno e lo spiacere, e non ci sia impedito il nostro andare alla perfezi one dolce: cio che noi anneghiamo la propria volont, sicch non cerchi n voglia altro che Cristo crocifisso, e tutto il suo diletto sia di riposarsi negli obbrobri d i Cristo, parturendo le virt, concepute per santo desiderio, nella carit del pross imo, con vera umilit. 150 Onde dunque col mezzo di sostenere pene e fatiche secondo che Dio concede, e sterilit di mente, con vera e santa pazienza, saremo fondati in vera e reale vir t; e averemo forza e cognoscimento di grandi e non di fanciullo, che non vuole an dare n fare altro che a suo modo. Per altra via non veggo che possiamo passare. Lettera 71. 25 Febbraio Invito a rispondere sollecitamente alla vocazione del Signore 151 Tu se' chiamato e invitato da Cristo alle nozze di vita eterna; ma non vi de e andare chi non vestito. Vuolsi adunque esser vestito del vestimento nuziale, a cci che non sia cacciato dalle nozze, come servo iniquo (Mt 22, 2-12). Parmi che la prima dolce Verit t'abbia mandati i messi ad annunziare le nozze, e a recarti il vestimento; e questi messi sono le sante e buone ispirazioni e dolci desideri i che ti sono dati dalla clemenzia dello Spirito Santo. Queste sono quelle sante cogitazioni che ti fanno fuggire il vizio e spregiare il mondo con tutte le del izie sue, e fannoti giungere alle nozze delle vere e reali virt. Vestesi l'anima d'amore, col quale amore entra alla vita durabile. Sicch vedi che

le spirazioni sante di Dio ti recano il vestimento della virt, fannotelo amare, e per ti vesti; ed invitati alle nozze di vita eterna. Perocch dopo il vestimento della virt e della ardentissima carit seguita la grazia, e dopo la grazia la visione di Dio, dove sta la nostra b eatitudine. 152 E per io ti prego per l'amore di Cristo crocifisso che tu risponda virilmente senza negligenzia. Pensa che non niente il cominciare e il metter mano all'arat ro, come detto (Lc 9, 62). I santi pensieri sono quelli che cominciano ad arare, e la perseveranzia della virt finisce. Colui che ara, rivolta la terra: cos lo Sp irito Santo rivolta la terra della perversa volont sensitiva. E spesse volte l'uomo innamorato di s dolce invito e reale vestimento, per fender meglio la terra sua, cerca se trovasi un vomero bene tagliante per poterla megl io rivoltare. E vede e trova che neuno ne trova s perfetto a rompere e tagliare e divellere la nostra volont, qui, quanto il ferro e il giogo della santa obbedien zia. E poich l'ha trovato, impara dall'obbediente Verbo Figliuolo di Dio; e per l o suo amore vuol essere obbediente infino alla morte. E non ci fa punto resisten zia. E egli fa come savio, che vuole navigare colle braccia d'altrui, cio dell'Or dine (=ordine religioso), e non sopra le sue. 153 Ors, figliuolo mio, non dormire pi nel sonno della negligenzia. Vattene tosto al tuo padre messer l'abbate con volont morta e non viva: che se tu andassi con v olont viva, direi che tu non vi mettessi piede; ch non si farebbe n per te n per lui . Spero per la bont di Dio, che tu seguiterai le vestigie di Cristo crocifisso. E non ti porre a sciogliere e' legami del mondo, ma tira fuori il coltello dell'o dio e dell'amore, e taglia spacciatamente. Altro non dico. Lettera 72. A Romano Linaiuolo alla Compagnia del Bigallo in Firenze. 26 Febbraio Al glorioso e prezioso sangue di Cristo 154 O glorioso e prezioso Sangue! Tu se' fatto a noi bagno, e unguento posto sop ra le ferite nostre. Veramente, figliuola mia, egli bagno; ch nel bagno tu trovi il caldo e l'acqua, e il luogo dove egli sta. Cos ti dico che in questo glorioso bagno tu ci trovi il caldo della divina carit, che per amore l'ha dato; trovi il luogo, cio Dio eterno, dove il Verbo, ed era nel principio; trovi l'acqua nel san gue; cio che dal sangue esce l'acqua della grazia; ed evvi il muro che vela l'occ hio. O inestimabile dolcissima carit, che tu hai preso il muro della nostra umanit, la quale ha ricoperto la somma ed alta deit, Dio e uomo! Ed tanto perfetta questa un ione che n per morte n per veruna cosa si pu separare. E per si trova tanto diletto e refrigerio e consolazione nel Sangue. Ch nel Sangue si trova il fuoco della div ina carit, e la virt della somma, alta ed eterna deit. Sai che per virt della divina essenzia vale il sangue dell'Agnello. Sappi che se fusse stato puro uomo senza Dio, non valeva il sangue; ma per l'unione che fece Dio nell'uomo, accett il sacr ifizio del sangue suo. 155 Bene adunque glorioso questo sangue; uno unguento odorifero che spegne la pu zza della nostra iniquit. Egli uno lume che tolle la tenebra, e non tanto la tene bra grossa di fuora, del peccato mortale, ma la tenebra della disordinata confus ione, che viene spesse volte nell'anima sotto colore e specie d'una stolta umili t. La confusione, intende (= intendi), quando le cogitazioni vengono al cuore dic endo: Cosa che tu facci, non piacevole n accetta a Dio: tu se' in stato di dannaz ione. A mano a mano, poich egli ha data la confusione, gl'infonde e mostragli la via colorata col colore dell'umilit, dicendo: Vedi che per li tuoi peccati non se ' degna di molte grazie e doni. E cos si ritrae spesse volte dalla comunione e da

gli altri doni ed esercizi spirituali. Questo si l'inganno e la tenebra che il d imonio fa. Dico che se tu, o a cui toccasse, sarai annegata (= ti immergerai) nel sangue de llo Agnello immacolato, che queste illusioni non albergheranno in te. Che, ponia mo che elle venissero, non vi permarranno dentro; anco, saranno cacciate dalla v iva fede e speranza, la quale ha posta in questo sangue. Fassene beffe, e dice: Per Cristo crocifisso ogni cosa potr, che in me che mi conforta (Flp 4, 13). 156 Or ti leva con uno fuoco d'amore, e non ti confondere; ma rispondi a te mede sima, e d: Or che comparazione dalla mia iniquit alla abondanzia del Sangue sparto con tanto fuoco d'amore? Io voglio bene che tu vegga, te non essere, e la tua n egligenzia e ignoranzia tua; ma non voglio che tu la vegga per tenebre di confus ione, ma con lume dell'infinita bont di Dio, la quale tu trovi in te. Sappi che i l dimonio non vorrebbe altro, se non che tu ti recassi solo a cognoscimento dell e miserie tue, senza altro condimento. Ma egli vuole essere condito col condimen to della speranza nella misericordia di Dio. Lettera 73. A Suora Costanza, monaca del Monasterio di Santo Abundio appresso Si ena.

27 Febbraio Entra nella cella del cognoscimento di te 157 Sai che ti conviene fare? Come quando tu entri in cella la notte per andare a dormire. La prima andata (=appena tu entri) s trovi la cella, e dentro vedi che v' il letto. La prima vedi che t' necessaria. E questo non fai solo per la cella, ma volli l'occhio e l'affetto al letto ove tu trovi il riposo. Cos de' tu fare: giugnere all'abitazione della cella del cognoscimento di te; nella quale io vogl io che tu apra l'occhio del cognoscimento con affettuoso amore; trapassi nella c ella e vattene a letto, nel quale letto la dolce bont di Dio che trovi in te, cel la. Bene vedi tu che l'essere tuo t' dato per grazia, e non per debito. Vedi, figliuo la, che questo letto coperto d'uno copertoio vermiglio tutto nel sangue dello sv enato e consumato Agnello. Or qui ti riposa, e non ti partire mai. Vedi che non hai cella senza letto, n letto senza cella: ingrassi l'anima tua in questa bont di Dio, perocch ella pu ingrassare. Che in questo letto sta il cibo, la mensa, il se rvitore. Il Padre t' mensa, il Figliuolo t' cibo, lo Spirito Santo ti serve, e ess o Spirito Santo fa letto di s. Sappi che se tu volessi pure stare a vedere te medesima con grande confusione, p erch (=bench) tu vedessi la mensa, il letto apparecchiato, e in esso cognoscimento (=fermandoti a questo solo) nol participeresti, n riceveresti il frutto della pa ce e quiete sua; ma rimarresti senza, e sterile senza neuno frutto. Adunque io ti prego per l'amore di Cristo crocifisso, che tu permanga in questo dolce e glorioso letto di riposo. Lettera 73.

28 Febbraio I tre gradini della scala di Cristo crocifisso

158 A voi scrivo con desiderio di vedervi croce, dove si trova l'Agnello immacolato ore. Considerando me che d'altro cibo non che ci conviene andare per la via: Egli

posto in su la mensa della santissima che s' fatto a noi cibo, mensa e servit si pu dilettare n saziare l'anima, dico essa via.

Qual fu la via sua? Fu quello che egli mangi in essa via: pene, obbrobrii e straz ii, villanie, e infino l'obbrobriosa morte della croce. Convienci salire, poich s iamo giunti all'obbietto nostro. Veramente cos fa l'anima, poich ha veduta la via che ha fatta il Maestro suo. Oh che a vedere tanto consumato amore, che di s medesimo, cio del corpo suo, ha fa tto scala per levarci della via delle pene; e ponerci in riposo! 159 O figliuolo carissimo, nel principio della via gli pare faticoso; ma poi ch' egli giunto a' piei dell'affetto, dell'odio e dell'amore, ogni cosa amara gli di venta dolce. Sicch il primo scalone nel corpo di Cristo sono i piei. Questa fu la regola ch'egli insegn una volta a una sua serva (= Caterina), dicendo: Lvati su, figliuola, lvati sopra di te, e sali in me. E acciocch tu possa salire, io t'ho fa tta la scala, essendo chiavellato in croce. Fa' che prima tu sagli a' piei, cio l 'affetto e il desiderio tuo; perocch, come i piei portano il corpo, cos l'affetto porta l'anima. A questo primo, cognoscerai te medesima. 160 Poi giugnerai al lato del costato aperto, per la quale apritura ti mostro il segreto mio; ch quello che io ho fatto, ho fatto per amore cordiale. Ine si ineb ria l'anima tua. In tanta pace gusterete Dio e uomo. Ine si trover il caldo della divina carit: cog noscerete la infinita bont di Dio. 161 Poi che abbiamo cognosciuto noi e cognosciuto la bont sua, e noi giugneremo a lla pace della bocca. Ine gusta tanta pace e quiete che, come cosa levata il alt o, neuna amaritudine che vegna, gli pu aggiugnere. Egli quello letto pacifico dov e si riposa l'anima. E per dissi ch'io desideravo di vedervi posto in su la mensa della santissima croce. Lettera 74. A frate Niccol da Monte Alcino, dell'Ordine de' Frati Predicatori. 29 Febbraio La vera sposa di Cristo povera, umile, obbediente 162 Non dubito che se sarete amatrici dello sposo eterno, voi seguiterete le ves tigie d'esso sposo. E sapete quale fu la via di questo sposo? Povert volontaria, obedienzia. Per umilit la somma altezza discese alla bassezza della natura umana; e per umilit e amore ineffabile che egli ebbe a noi, si di l'umanit sua all'obbrob riosa morte della croce, eleggendo la via de' tormenti, de' flagelli, strazii e vituperii. Or questa umilit dovete seguitare. E sappiate che essa non si pu avere se non con perfetto e vero cognoscimento di s, ed in vedere la profonda umilit e mansuetudine dell'Agnello svenato con tanto fuoco d'amore. Dico che egli seguit la via della vera povert; onde Egli fu tanto povero che non ebbe dove riposare il capo suo (Mt 8, 20) e nella sua nativit, Maria dolc e appena ebbe tanto pannicello che ella potesse invollere il Figliuolo suo. E pe r voi, spose, dovete seguitare la via di quella povert.

163 E quale il segno dell'amore? Che ella (=la sposa) sia obediente a lui. E per dopo la povert e l'umilit, seguita l'obedienzia. Che quanto la sposa pi povera per spirito volontariamente, e pi ha renunziato alla ricchezza e stati del mondo, tan to pi umile; e quanto pi umile, tanto pi obediente. Perocch 'l superbo non mai ob ente, per che la superbia non si vuole inchinare a essere suddito n soggetto a neu

na creatura. Voglio dunque che siate umili, e che voi spogliate il cuore e l'aff etto infino alla morte. Voi abadessa, obediente all'Ordine; e voi suddite, obedi enti all'Ordine, e alla abadessa vostra. 164 Imparate, imparate dallo sposo eterno, dolce e buono Ges, che fu obediente in fino alla morte. Sapete che senza obedienzia voi non potreste participare il san gue dell'Agnello. Or che la religiosa senza il giogo dell'obedienzia? E morta; e drittamente uno dimonio incarnato. Non osservatrice dell'Ordine, ma trapassatrice dell'Ordine. Ella condotta nel ba ndo della morte, avendo trapassati i comandamenti santi di Dio. E oltre a' coman damenti, ha trapassata la promissione e il voto che ella fece nella professione. Volete voi dilettarvi dello sposo vostro? Or uccidete la vostra perversa volont, e non ribellate mai alla vera obedienzia. Sapete che il vero obediente non va ma i investigando la volont del prelato suo, ma subito china il capo, e mandala in e ffetto. Innamoratevi dunque di questa vera e reale virt. Volete voi avere pace e quiete? Tolletevi la volont. Perocch ogni pena procede dalla propria volont. Vestit evi dunque della dolce ed eterna volont di Dio; e a questo modo gusterete vita et erna, e sarete chiamati angeli terrestri in questa vita. Lettera 75. Al Monasterio di San Gaggio in Firenze, e alla Badessa e Monache del Monasterio, che in Monte Sansovino. Scritta probabilmente nel mese di marzo del 1376.

MARZO 1 Marzo Il nostro Salvatore ha fatto del corpo suo scala, e su v'ha fatti gli scaloni 165 Acciocch ella (= l'anima) possa salire a questa perfezione, il nostro Salvato re ha fatto del corpo suo scala, e su v'ha fatti gli scaloni. Se ragguardate i p iei, essi sono confitti e chiavellati in croce, posti per lo primo scalone; pero cch in prima dee essere l'affetto dell'anima spogliato d'ogni volont propria. Pero cch come i piei portano el corpo, cos l'affetto porta l'anima. Sappiate che l'anim a giammai non ha alcuna virt se non sale questo primo scalone. Salito che l'hai, giugni alla vera e profonda umilit. 166 Ma sagli poi all'alto (= all'altro?), e non tardare pi; e ci fatto, e tu giugn i al costato aperto del Figliuolo di Dio; e ine troverete il fuoco e l'abisso de lla divina carit. In questo scalone del costato aperto vi troverete una bottega p iena di spezie odorifere. Ine troverete Dio ed uomo: ine si sazia ed inebria l'a nima per s fatto modo che non vede s medesima. Siccome l'ebbro inebbriato di vino, cos l'anima allora non pu vedere altro che sangue sparto con tanto fuoco d'amore. 167 Onde allora si leva con ardentissimo desiderio, e giugne all'altro scalone, cio alla bocca, e ine si riposa in pace e in quiete, e gusta la pace dell'obedien zia. E fa come l'uomo che bene inebbriato; che quando bene pieno, si d a dormire, e quando dorme, non sente prosperit n avversit. Cos la sposa di Cristo piena d'amor e s'addormenta nella pace dello sposo suo. Addormentati sono i sentimenti suoi; perocch se tutte le tribulazioni venissero sopra di lei, punto non se ne cura. Se ella in prosperit del mondo non la sente per diletto disordinato, perocch gi se ne spoglia per lo primo affetto. Or questo il luogo dove ella si trova conformata con l'unione di Cristo crocifisso.

Lettera 75. Al Monasterio di San Gaggio. Scritta probabilmente nel mese di marzo del 1376. 2 Marzo Dio all'anima mensa, cibo e servitore 168 Correte adunque virilmente, poich avete la via, il luogo dove potete trovare il letto nel quale vi riposiate, e la mensa dove prendiate diletto, e il cibo de l quale vi saziate; perocch egli fatto a noi mensa, cibo e servitore. Assai sares te degne di reprensione, se per vostra negligenzia non cercaste il riposo e, com e stolte, vi dilungaste dal cibo. Voglio dunque, e cos vi prego da parte di Crist o crocifisso, che voi vi riscaldiate e bagniate nel sangue di Cristo crocifisso. E acciocch siate fatte una cosa con lui, non schifate fatica, ma dilettatevi in esse fatiche; perocch la fatica poca, e il frutto grande. Non dico pi a questo. 169 Parmi (= ho saputo) che la vostra carissima madre e mia, monna Nera sia post a alla mensa della vita durabile, e ha trovato l'Agnello immacolato per frutto. Ch, come di sopra dissi ch'egli era mensa e cibo e servitore, cos dico che ella, c ome vera sposa di Cristo crocifisso, ha trovato il Padre eterno, che gli mensa e letto, perocch nel Padre eterno trova a pieno tutta la sua necessit. In ci, carissime, che l'uomo s'affatica, o partesi dall'uno luogo all'altro: si p er dare il cibo e 'l vestimento alla creatura (= ai suoi figlioletti), e luogo d i riposo. Dico dunque che ella ha trovata la somma ed eterna bont di Dio eterno, donde non bisogna che l'anima si parta per verune di queste cose, e andare in di versi luoghi; perocch quello luogo fermo e stabile, dove si trova il letto, per r iposo, della somma ed eterna deit. Il Padre mensa, il Figlio cibo; ch per mezzo del Verbo incarnato del Figliuolo di Dio giungiamo tutti, se vogliamo, a porto di salute. Lo Spirito Santo la serve. Perocch per amore il Padre ci don questo cibo del suo Figliuolo, e per amore il F igliuolo ci don la vita, e a s di la morte; sicch con la morte sua partecipammo la v ita durabile. Noi che siamo peregrini e viandanti in questa vita, riceviamo ques to frutto imperfettamente; ma ella (= monna Niera) l'ha ricevuto perfettissimame nte, e non veruna cosa che il possa trre. 170 Voi dunque, come vere figliuole, dovete esser contente del bene e dell'utili t della vostra madre; e per dovete stare in vera e santa pazienza, s per rispetto d i Colui che l'ha fatto, di tollere la presenzia sua dinanzi a voi, che non dovet e scordare (= discordare) dall'eterna volont di Dio; e s per la propria sua utilit, che uscita di fatica e di molta pena, nella quale stata gi molto tempo; e ita a luogo di riposo. Ma voi, come vere figliuole, vi prego che seguitiate le vestigie e la dottrina s ua, ed i santi costumi, nei quali ella vi ha notricate. E non temete perch vi pai a essere rimase orfane, perch Dio vi provveder, e le sue sante buone orazioni, le quali ella offera nel cospetto di Dio per voi. Evvi rimasa monna Ghita. Pregovi che voi gli siate obedienti in tutte quelle cose che sono ordinate secondo Dio e la santa religione. E voi prego, monna Ghita, quanto io so e posso, che abbiate buona cura di codesta famiglia, in conservarla, accrescerla in buona operazione . E non ci commettete negligenzia; perocch vi sarebbe richiesto da Dio. Altro non dico. Lettera 75. 3 Marzo Chi volesse fuggire la fatica fuggirebbe il frutto, ma non la fatica

171 Non potremo giugnere a perfezione senza il molto sostenere; perocch questa vi ta non passa senza fatica: e chi volesse fuggire la fatica, fuggirebbe il frutto , e non avrebbe per fuggita la fatica; perocch portare ce la conviene in qualunque stato noi siamo. vero che elleno si portano con merito e senza merito, secondoc h la volont ordinata secondo Dio. E gli uomini del mondo, perch il loro principio dell'affetto e dell'amore corrott o, ogni loro operazione guasta e corrotta: onde costoro portano senza alcuno mer ito. Quante sono le fatiche e le pene che essi sostengono in servizio del dimoni o! Che spesse volte per commettere il peccato mortale sostengono molte pene, e m ettonsene alla morte del corpo loro. Questi cotali sono i martiri del dimonio e figliuoli delle tenebre; e insegnano a' figliuoli della luce, e dannoci grande m ateria di vergogna e di confusione dinanzi a Dio. O figliuolo carissimo, quanta ignoranzia e miseria la nostra, a parerci tanto du ro e incomportabile a sostenere per Cristo crocifisso, e per avere la vita della grazia; e non pare malagevole agli uomini del mondo a sostenere pena in servizi o del dimonio! 172 Adunque non voglio che cadiate in negligenzia; n manchi in voi il santo cogno scimento; n serrate l'occhio dell'intelletto a ragguardare questo glorioso e prez ioso Sangue. Perocch, se voi ne lo levaste, cadereste in molta ignoranzia, non co gnoscereste la verit; ma, con occhio pieno di nebbia, sarebbe abbagliato, cercando il diletto e il piacere col dove eg li non , ponendosi ad amare le cose create pi che 'l Creatore. Or fuggite nella cella del cognoscimento di voi, abbracciando il legno della san tissima croce; bagnatevi nel sangue dell'umile e immacolato Agnello; fuggendo og ni conversazione che vi fusse nociva alla salute vostra. E non mirate a dire: Ch e parr, se io mi levo da queste creature? Io lor dispiacer, e averannolo per male. Non lassate per: ch noi siamo posti per piacere al Creatore, e non alle creature. Sapete che dinanzi al sommo giudice neuno risponder per voi nell'ultima stremit d ella morte; ma solo la virt sar quella, con la misericordia, che risponder. Lettera 76. A frate Giovanni di Bindo di Doccio, de' frati di Monte Oliveto. 4 Marzo Come il corpo vive per l'anima, cos l'anima vive per Dio 173 Siccome il corpo vive per l'anima, cos l'anima vive per Dio. Questa Parola in carnata non ci poteva, in quanto uomo, restituire la vita della grazia; ma, in q uanto Dio, per amore, la divina essenzia volse (= volle), e puotelo fare. Oh fuo co, abisso di carit, perch non siamo separati da te, hai voluto fare un innesto di te in me. Questo fu quando seminasti la Parola tua nel campo di Maria. Adunque bene vero che l'anima vive per te; e 'l prezzo dell'abbondantissimo sangue, spar to per me, valse per l'amore della divina essenzia. 174 Non mi maraviglio se la sapienzia di Dio, Parola incarnata, dice: Se io sar l evato in alto, ogni cosa trarr a me (Gv 12, 32). Oh cuori indurati, e stolti figl iuoli di Adam! Bene misero miserabile cuore se non si lassa trare (sic) a s dolce padre. Dice: Se io sar levato: perch noi corriamo. Non ci veggo altro peso (= imp edimento) se non l'amore e la ignoranzia che noi abbiamo a noi medesimi, e poco lume e cognoscimento di Dio. Chi non cognosce, non pu amare; e chi cognosce, s ama . Non voglio che stiamo pi in questa ignoranzia; ch non saremo innestati nella vit a; ma voglio che l'occhio dell'intelletto sia levato sopra di noi a vedere e cog noscere quella somma ed eterna vita. O padre, non stiamo pi; ed innestiamoci nell'arbore fruttuoso, acciocch il Maestro non si levi (= salga in croce) senza noi. Tolliamo il legame, il vincolo dell'a rdentissima sua carit, la quale il tenne confitto e chiavellato in sul legno dell

a santissima croce. Percotiamo, percotiamo (quasi inchiodandoci e percuotendo su i chiodi con lui) con affetto; perocch lo infinito bene vuole infinito desiderio. Questa la condizione dell'anima: perch ella ha infinito essere, e per ella infinitamente desidera, e no n si sazia mai, se non si congiunge con lo infinito. Lettera 77. Al venerabile religioso frate Guglielmo d'Inghilterra, a Selva di La go. Verso la fine del 1376. 5 Marzo Povert, castit, obbedienza 175 Colui che non ama, ogni piccola fatica gli pare grande a sostenere; la cosa possibile gli pare impossibile a potere adoperare (= poterla compiere). E tutto questo procede dall'amore proprio il quale nasce da superbia, e la superbia nasc e da lui (= dall'amor proprio), fondata in molta ingratitudine e ignoranzia e ne gligenzia nelle sante e buone operazioni. Non voglio dunque, carissime figliuole, che questo divenga a voi; ma, come spose vere, seguitate le vestigie dello sposo vostro; perocch, altrimenti, non potrest e osservare quello che voi avete promesso e fatto voto, cio povert, obedienzia, e continenzia. Che sono tre colonne che tengono la citt dell'anima nostra, e non la ssano cadere in ruina. 176 Debbe dunque la sposa esser povera volontariamente per amore di Cristo croci fisso che gli ha insegnata la via. La povert ricchezza e gloria delle religiose; e grande confusione , ch'el si trova che elle abbiano che dare. Sapete quanto mal e n'esce? Che se passa questo (= se trasgredisce il primo voto), tutti gli altri passer. 177 Perocch, colei che pone l'affetto suo in possedere, e non s'unisce con le suo re (= le consorelle, adattandosi alla vita comune), come voi dovete vivere, che dovete vivere a comune e avere tanto la grande quanto la piccola e la piccola qu anto la grande. Se nol fa, ne viene in questo difetto, che ella cader nella incon tinenzia o mentale o attuale. E cade nella disobedienzia, perocch disobediente all'Ordine suo (= alla regola de ll'Ordine) e non vuole esser corretta dal prelato. E trapassa quello che aveva p romesso. Onde vengono le conversazioni di coloro che vivono disordinatamente; vu oli secolari, vuoli religiosi, vuoli uomo, vuoli donna. Che la conversazione non sia fondata in Dio, non procede da altro se non per alcuno dono o diletto o pia cere che trovassero. E tanto basta (= dura) quello amore e amist, quanto basta il dono e il diletto. E per dico che colei che non possiede e che non ha che dona re, dico che, non avendo che donare, sar tolto da lei ogni disordinata conversazi one. 178 Siate obedienti infino alla morte; acciocch siate spose vere; sicch, quando lo sposo vi richieder l'anima nell'ultima stremit della morte, voi abbiate la lampan a piena e non vota, siccome vergini savie e non matte. E voi, madonna l'abadessa, siate madre e pastore che poniate la vita per le vost re figliuole, s'el bisogna. Ritraetele dal vivere in particolare e dalla convers azione; le quali cose sono la morte dell'anime loro e disfacimento di perfezione . Nella conversazione fate che voi gli siate uno specchio di virt, acciocch la vir t ammonisca pi che le parole. Lettera 79. All'Abbadessa e Monache di San Pietro in Monticelli a Lignaia in Fir enze.

6 Marzo Il sole si meraviglia della divina bellezza di Cristo 179 Io Catarina, serva e schiava de' servi di Ges Cristo, scrivo a te nel prezios o sangue suo; con desiderio di vederti con vera e santa pazienza, acciocch virilm ente porti e la infirmit e qualunque altra cosa Dio ti permettesse. Ma attendi, carissima figliuola, che a questa volont, cos accordata e sottoposta a quella di Dio, non verresti mai se tu col lume della santissima fede non raggua rdassi quanto tu se' amata da lui; perocch, vedendoti amare, non potrai fare che tu non ami. Ma dove troverai questo amore? Nel sangue dell'umile e immacolato Ag nello, il quale corse all'obbrobriosa morte della croce; onde col fuoco della su a carit la purific della colpa, lavandola nell'acqua del santo battesimo, il quale battesimo vale a noi in virt del sangue; e il sangue gli fu colore, che fece la faccia dell'anima vermiglia, la quale era tutta impallidita per la colpa di Adam . Tutto questo fu fatto per amore. Adunque vedi che 'l sangue ti manifesta l'amore che Dio t'ha. Egli quello eterno sposo che non muore mai. Egli somma sapienzia, somma potenzia, somma clemenzia e somma bellezza, in tanto che 'l sole si marav iglia della bellezza sua. Egli somma purit, in tanto che, quanto pi l'anima che su a sposa s'accosta a lui, tanto pi diventa pura e monda d'ogni peccato, e pi sente l'odore della virginit. Egli potente a darti quello che domandi; ed somma sapienzia, che sa; ed somma cl emenzia, che ti vuole dare pi che non sai addimandare. Lettera 81. A Francesca di Francesco di Tolomei, vestita dell'abito di San Domen ico, inferma. 7 Marzo Non fatevi consigliare da molti 180 Quale quella cosa che ci conviene vedere e fare per conservare la buona volo nt? Dicovelo. Che sempre siate nella cella del cognoscimento di voi; e cognoscend o voi non essere e l'essere vostro avere da Dio; e di cognoscere li difetti vost ri, e la brevit del tempo, il quale tanto caro (= prezioso) a noi. Per che nel tem po si pu acquistare la vita durabile, e perderla, secondo che piace a noi; e, pas sato il tempo, neuno bene possiamo adoperare (= compiere). E dovete cognoscere in voi la grande bont di Dio, e lo ineffabile amore che a voi porta; il quale amore v'ha manifestato col mezzo del Verbo dell'unigenito suo F igliuolo. E questo dolce e amoroso Verbo lo ha mostrato col mezzo del sangue suo . Onde noi siamo quello vasello che abbiamo ricevuto il sangue; e siamo quella p ietra dove fitto il gonfalone della santissima croce. Per che n croce n chiovi n ter ra erano sufficienti a tenere questo umile e amoroso Verbo confitto e chiavellat o, se lo amore non lo avesse tenuto; ma lo amore che ebbe a noi, il tenne, e fec elo stare in sull'arbolo della croce. E per conviene a noi che 'l cuore e l'affetto nostro sia meschiato in lui per amo re, se vogliamo participare il frutto del sangue suo. Allora l'anima, che s dolce mente cognosce Dio, ama quello che cognosce della sua bont, e odia quello che cog nosce di s nella parte sensitiva. Onde trae la vera umilit; la quale balia e nutri ce della carit. E per questo va innanzi, e non torna indietro; crescendo di virt i n virt. 181 Debbesi destare il corpo con lo esercizio corporale, o in venie o in altri e sercizi che abbiano a stirpare il sonno quand'egli ha avuto il debito suo.

La sonnolenzia della mente si vuole destare coll'odio e dispiacimento di s; e con una impugnazione santa salire la sedia della coscienzia nostra, riprendendo se stessa, e dicendo: Ch dormi tu, anima mia? Dormi, e la divina bont veglia su di te. E 'l tempo passa e non ti aspetta. Vuo' tu esser trovata a dormire dal giudice, quando ti richieder che tu rendi rag ione del tempo tuo, come tu l'hai speso, e come sei stata grata al benefizio del sangue suo? Allora si dester la mente: e poniamoch sopra di quello destare non se ntisse, ella s' pure desta, e stirpa lo amore proprio dell'anima sua. E per quest o modo va innanzi, e vassi dalla imperfezione alla perfezione. Perocch l'amore no n sta ozioso, ma sempre adopera grandi cose. Facendo cos vi vestirete del mirollo della virt della pazienza, che la mirolla della carit. 182 Di una cosa vi prego: che voi non andiate per molti consigli; ma pigliate un o consigliero il quale vi consigli schiettamente, e quello seguitate; per che and are per molti cosa pericolosa. Non che ogni consiglio, che fondato in carit, non sia buono. Ma, come e' servi di Dio sono differenti nei modi, poniamoch tutti sia no nell'affetto della carit; cos differente danno la dottrina. Onde se le genti as sai cercano, con tutti si vorriano conformare: e quando veniste a vedere, trover este vedova l'anima d'ognuno. E per il meglio ed di bisogno, che l'anima si fondi in uno, e in quello s'ingegni d'essere perfetta; e nondimeno gli piaccia la dot trina di ciascuno. Non, che li vada cercando per s; ma debbegli piacere li differ enti e diversi modi che Dio tiene con le sue creature, ed averli in reverenzia, vedendo che nella casa del Padre nostro sono tante mansioni (Gv 14, 2). Lettera 82. A tre Donne di Firenze. 8 Marzo O felice colpa di Adamo! 183 Egli pu dire insieme col dolce Gregorio (= S. Gregorio Magno): o felice e avv enturata colpa, che meritasti avere cos fatto Redentore! Fu felice la colpa di Ad am? No, ma il frutto che per essa ricevemmo fu felice, vestendo Dio il suo Figli uolo della nostra umanit, e ponendogli la grande obedienzia, che restituisce a gr azia l'umana generazione; ed egli come innamorato corse a pagare il prezzo del s angue suo. Cos dico dell'anima. La colpa sua non felice; ma il frutto che riceve nell'affett o della carit, per la grande e perfetta emendazione che ha fatta col lume della f ede; e perch cresce in cognoscimento e umilt. Ella se ne va tutta gioiosa all'obed ienzia de' comandamenti di Dio, ricevendo con odio e amore questo giogo sopra le spalle sue; e subito corre, come innamorata, a dare la vita, se bisogna, per la salute dell'anime. Sicch l'anima corre, come obediente, e ha legata la Sua volont a compi re la volont di Dio nel prossimo suo; non lassando per pena n per veruna cosa, in fino alla morte. 184 Con questo lume gusta l'arra di vita eterna, nutricandosi per effetto d'amor e al petto di Cristo crocifisso, dilettandosi di furare le virt e la vita e matur it che ebbero i veri gustatori cittadini della vita beata, mentre che furono pere grini e viandanti in questa vita. Con questa fede si porta la chiave del sangue, con la quale si disserra vita ete rna. La fede non presume di s, ma del suo Creatore; perch non v' il vento della sup erbia con la propria reputazione; la quale reputazione, e superbia, immondizia, e ogni altro difetto e miseria, sono i frutti della infidelit che aviamo verso di Dio, e della presunzione di fidarci in noi medesimi. Il quale uno vermine nasco sto sotto la radice dell'arbore dell'anima nostra; e se l'uomo noll'uccide col c oltello dell'odio, rode tanto che, o gli fa torcere l'arbore, o egli il manda a terra, se con grande diligenzia e umilit l'anima non si procura (= non provvede).

Spesse volte sar l'uomo s ignorante per l'amore proprio di s, che egli non s'avved r che questo vermine vi sia nascosto. E per Dio permette le molte battaglie e pers ecuzioni, e che l'arbore si torca, e alcuna volta che caggia (= cada). Non perme tte la mala volont, ma permettegli il tempo, e lassalo guidare al libero arbitrio suo, solo perch egli ritorni a se medesimo, e con questo lume, umiliato, cerchi questo vermine, e metta mano al coltello dell'odio, ed uccidalo. E non ha materi a quell'anima di rallegrarsi, e ricognoscere la grazia che Dio gli ha fatta d'av ere veduto e trovato in s quello che non cognosceva? S bene. Lettera 83. A Conte di Conte da Firenze, spirituale. 9 Marzo I frutti dell'obbedienza e quelli della disobbedienza 185 Carissimi figliuoli vediamo un poco il frutto di questa virt dell'obedienzia, e se elli frutto di vita o no, e quello che esce del disobediente. Ogni creatura che ha in s ragione, debbe essere obediente a' comandamenti di Dio. La quale obedienzia leva via la colpa del peccato mortale; e riceve la vita del la grazia. Perocch con altro strumento non si leva la colpa. Nella obedienzia si leva la colpa, perocch osserva i comandamenti della legge; e nella disobedienzia offende, perch trapassa quello che gli fu comandato, e fa quello che gli vietato; onde ne gli nasce la morte e elegge subito quello che Cristo fugg, e fugge quell o che Egli elesse. Cristo fugg le delizie e li stati del mondo; egli lo cerca, me ttendo l'anima sua nelle mani delle dimonia per potere avere e compire i suoi di sordinati desiderii; fuggendo quello che 'l Figliuolo di Dio abbracci, cio scherni , strazii, vituperii, i quali con pazienzia port infino all'obbrobriosa morte del la croce. Ma attendete che questa una obedienzia generale, alla quale generalmente ciascun o tenuto e obbligato. Ed un'altra obedienzia, che particolare, la quale hanno co loro che, osservati i comandamenti, seguitano i consigli, volendo andare attualm ente e mentalmente per la via della perfezione. Questi sono coloro che entrano n el giardino della santa religione. Onde se elli ito con la volont morta, come deb be, egli gode, e stando nell'amaritudine sente la dolcezza, e nel tempo della gu erra gusta la pace, e nel mare tempestoso fortemente naviga; perocch il vento del l'obedienzia tanto forte mena l'anima nella navicella dell'Ordine, che neuno alt ro vento contrario che venisse, la pu impedire. Non il vento della superbia; perocch egli umile, che altrimenti non sarebbe obedi ente; non la impazienza, perocch egli ama, e per amore s' sottoposto all'Ordine e al prelato, e non tanto al prelato, ma a ogni creatura di Dio; e la pazienza il midollo della carit. Questa navicella va s diritta verso il porto di vita eterna c ol vento dell'obedienzia, che in veruno scoglio si percuote mai. Lettera 84. A frate Filippo di Vannuccio, e frate Niccol di Piero di Firenze, del l'Ordine di Monte Oliveto. scritta tra il 1379 e il 1380. 10 Marzo I quattro pericolosi scogli che il vento prospero dell'obbedienza ci fa superare 186 Molti scogli si trovano nel mare di questa tempestosa vita, ne' quali ci per cuoteremmo, se il vento prospero dell'obedienzia non ci fusse. Or che duro scoglio quello delle impugnazioni delle dimonia, le quali non dormon o mai, volendo assediare l'anima di molte varie, diverse e laide cogitazioni; e pi nel tempo che l'anima si vuole stringere e serrare, con questo vento dell'obed ienzia, con umile orazione, la quale orazione uno petto dove si notricano i figl iuoli delle virt, solo per impedirla! Perocch la malizia del dimonio il fa solamen

te per farci venire a tedio l'orazione e la santa obedienzia, quasi volendo mett erci ne' cuori una impossibilit di non potere perseverare in quello che cominciat o, n portare le fatiche dell'Ordine. E la paglia gli fa parere una trave; e una p arola che gli sia detta nel tempo delle battaglie, gli far parere uno coltello, d icendogli: Che fai tu in tante pene? Meglio t' di tenere altra via. Ma questa una battaglia grossa, [solo] a chi ha punto d'intelletto perocch l'uomo vede bene che meglio per l'anima sua che sia perseverante e costante nella virt cominciata. 187 Ma un'altra (= battaglia) ne pone, colorata col colore dell'odio e del cogno scimento del difetto suo, e dello schietto e puro servire che gli pare che debba fare al suo Creatore, dicendo nella mente sua: O misero, tu debbi fare le tue o perazioni e orazioni schiette con purit di mente e semplicit di cuore, senz'altri pensieri; e tu fai tutto il contrario; onde, perch tu non le fai come tu debbi, e lle non sono piacevoli a Dio. Meglio t' dunque di lassare stare. Questa, figliuoli carissimi, una battaglia occulta, mostrandoci prima la verit di quello che , e facendocela cognoscere. Ma poi di dietro v'attacca la bugia, la q uale germina il veleno della confusione. Onde, giunta la confusione, perde l'ese rcizio; e perduto l'esercizio, atto a cadere in ogni miseria, e nell'ultimo nell a disperazione. Chi colui che campa e non percuote in questo scoglio? Solo l'obediente, perocch e gli umile; e l'umile passa e rompe tutti i laccioli del dimonio. 188 E trovasi ancora lo scoglio della fragile e miserabile carne che vuole impug nare contra allo Spirito (Gal 5, 17); la quale vestita d'amore sensitivo, il qua le amore sarebbe offendere perocch la carne ha sempre in s ribellione, e alcuna vo lta si corrompe. Ma non sarebbe offesa, se non in quanto la volont legata col pro prio amore sensitivo, consentisse alla fragile carne, e dilettasi nel suo corrom pere. Ma se la volont morta nell'amore sensitivo e nel proprio diletto, e legata nella obedienzia, come detto ; con tutte le sue ribellioni non gli pu nuocere, n im pedire la navicella; anco, uno augmentare e dare vigore al vento, che pi veloceme nte corra verso il termine suo. 189 Ecci anco lo scoglio del mondo; il quale, come ingannatore, si mostra con mo lte delizie, stati, e grandezze, tutto fiorito, e nondimeno egli ha in s continua amaritudine, ed senza alcuna fermezza o stabilit. Ma ogni suo diletto e piacere viene tosto meno: siccome la bellezza del fiore, il quale, quando tolto dal camp o, pare, a vederlo bello e odorifero; e, colto, subito passata la bellezza e l'o dore suo, ed tornato a non cavelle (= a non esser nulla). Cos la bellezza e gli stati del m ondo paiono uno fiore; ma subitoch l'affetto dell'anima gli piglia con disordinat o amore, si trova voto e senza bellezza alcuna, perduto quell'odore che avevano in loro. Odore hanno in quanto sono escite dalla santa mente di Dio; ma subito l 'odore partito in colui che l'ha colte e possiede con disordinato amore; n per di fetto loro n del Creatore che le ha date, ma di colui che le ha tolte, il quale n on le ha lassate nel luogo dove elle debbono stare, cio amarle per la gloria o lo da del nome di Dio. Chi 'l passa questo scoglio? L'obediente, osservando il voto della povert volontaria. Lettera 84. 11 Marzo Lode dell'obbedienza 190 O obedienzia, che sempre stai unita nella pace e nella obedienzia del Verbo, tu se' una reina coronata di fortezza. Tu porti la verga della lunga perseveran zia; tu tieni nel grembo tuo i fiori delle vere e reali virt, ed essendo l'uomo m

ortale, tu gli fai gustare il bene immortale; ed essendo umano, il fai diventare angelico, e d'uomo, angelo terrestre. Tu pacifichi e unisci i disordinati; e chi t'ha, sempre suddito alli pi minimi; e quanto pi si fa suddito, pi signore; perocch signoreggia la propria sensualit, e ha spento il fuoco con la divina carit, perocch per amore obediente. In te, obedienzia, non cade giudicio verso alcuna creatura, e singolarmente nel prelato tuo; perocch tu se' fatta giudice della dolce volont di Dio (= giudichi se condo la), giudicando che Dio non vuole altro che la nostra santificazione; e ci che d e permette, d per questo fine. O carissimi figliuoli, chi sar colui che non s'innamori di cos dolci e soavi frutt i, quanti riceve l'anima nella virt dell'obedienzia? Lettera 84. 12 Marzo Solo in Dio si pu riporre sicura speranza 191 o glorioso lume (= il lume della fede), che privi l'anima delle tenebre, e s poglila della speranza di s e del mondo e de' figliuoli e d'ogni creatura, e vest ila della vera speranza la quale ha posto in Cristo crocifisso! E per non teme ma i che gli manchi alcuna cosa, per che col lume della fede ha cognosciuta la divin a bont in s; onde cognosce che Dio potente a poterlo sovvenire; e sapientissimo ch e sa sovvenire; e clementissimo, che vuole sovvenire la sua creatura che ha in s ragione. Chi spera in lui non gli manca mai; ma a misura tanto ci provede, quant o noi speriamo nella sua larghezza. Onde tanto sareno proveduti, quanto noi sper eremo. E per, se l'uomo cognosce s con lume della fede, egli non si confida in s, n in suo sperare. Per che cognosce s per s non essere, manifestamente: che se alcuna cosa fu sse da s, egli potrebbe possedere di quelle cose ch'egli ama, a suo modo. La qual cosa non . Anco, quando vuole essere ricco, spesse volte gli conviene essere pov ero; vorrebbe la sanit e la lunga vita, ed egli conviene essere infermo, e viengl i meno 'l tempo. E per stolto e maledetto colui che si confida nell'uomo (Ger 17, 5); vedendo egli che alcuna cosa non da s, vedendo che il mondo e l'uomo nol serve se non per pro pria utilit. Chi dunque si vorr confidare in loro, sempre ne rimarr ingannato; per c he a neuna cosa gli tiene fede. 192 o fratello e figliuolo carissimo, aprite l'occhio dell'intelletto col lume d ella santissima fede, acciocch cognosciate la poca fermezza e stabilit del mondo, e la grande bont di Dio, fermo e stabile, che non si muove mai, 'l quale sazia e nutrica l'anima nell'affettuosa carit, e vestela di speranza; sperando nel suo do lce Creatore. E sa bene che la divina bont vede di quello che ha bisogno; e per of fera il desiderio e 'l bisogno a lui, servendolo con tutto il cuore e con tutto l'affetto suo. E la fatica del corpo d alla famiglia, sovvenendogli e aiutandogli di quello che pu. Con buona e santa coscienzia fa quello che pu; e l'avanzo (= il resto) lassa f are alla divina bont, in cui egli ha posto la speranza sua, perch cognobbe col lum e della fede la sua bont e providenzia. E per vi dissi che desideravo di vedervi alluminato del lume della santissima fed e, e vestito di perfettissima speranza. Cos vi prego per l'amore di Cristo crocif isso, che facciate voi e la donna vostra, acci che non stiate in stato di dannazi one. E quello che non fusse stato fatto per lo tempo passato, io voglio che si f accia per lo presente. E non aspettate il tempo a cercare la salute vostra, per c

he il tempo non aspetta voi; e per non dovete aspettar lui, facendo come 'l corvo che dice cra cra. Cos e' perditori del tempo sempre dicono: domane far. E cos si t rovano giunti alla morte, e non se n'avveggono. E allora vuole il tempo, e non l o pu avere, quando ha speso il tempo suo miserabilmente, con avarizia e cupidit e guadagni illeciti e con molta immondizia, contaminando il sacramento del matrimo nio: fassi Dio de' figliuoli suoi; e, come cieco, pone la speranza dove non la d ee ponere. E cos va di cecit in cecit; in tanto che, se non si corregge e non punis ce la colpa con la contrizione del cuore, e con la confessione e satisfazione, g iusta al suo potere e la sua possibilit, dico, e non la impossibilit, ch non la ric hede Dio, giunge all'eterna dannazione. Voglio dunque che vi destiate dal sonno prima che venga la morte. E non pensate che la divina providenzia vi venga meno; ma sempre vi sovverr, sperando voi in lui in ogni vostro bisogno. Altro non dico . Lettera 85. A Pietro di Tommaso de' Bardi da Firenze. 13 Marzo La carit o vita divina si attinge mediante la santa umanit di Cristo 193 A noi, carissima madre, conviene fare come fa il fanciullo, il quale volendo prendere il latte, prende la mammella della madre, e mettesela in bocca; onde c ol mezzo della carne trae a s il latte: e cos dobbiamo fare noi, se vogliamo notri care l'anima nostra. Perocch ci dobbiamo attaccare al petto di Cristo crocifisso, in cui la madre della carit (= quella madre che la carit); e col mezzo della carn e sua trarremo il latte che notrica l'anima nostra, e i figliuoli delle virt: cio per mezzo dell'umanit di Cristo; perocch nell'umanit cadde e sostenne la pena, ma n on nella deit. E noi non potiamo notricarci di questo latte che traiamo dalla mad re della carit, senza pena. 194 La carit fa questo: che ella s'inferma con quelli che sono infermi, e sana co n quelli che sono sani. Ella piagne con coloro che piangono, e gode con coloro c he godono (Rm 12, 15); cio che piagne con coloro che sono nel tempo del pianto de l peccato mortale, e gode con quelli che godono, che sono nello stato della graz ia. Allora ha presa la carne di Cristo crocifisso, portando con pene la croce co n lui; non pena affliggitiva che dissecchi (= impoverisca) l'anima, ma pena che la ingrassa, dilettandosi di seguitare le vestigie di Cristo crocifisso. E allor a gusta il latte della divina doocezza. E con che l'ha preso? Con la bocca del s anto desiderio; in tanto che, se possibile gli fusse d'avere questo latte senza pena, e con esso dare vita alle virt, perocch le virt hanno vita dal latte dell'aff ocata carit, nol vorrebbe. Ma piuttosto elegge di volerlo con pena per l'amore di Cristo crocifisso; perocc h non gli pare che sotto il capo spinato debbano stare i membri delicati, ma piut tosto portare la spina insieme con lui; non eleggendo portare a suo modo, ma a m odo del capo suo. E facendo cos non porta, ma il capo suo Cristo crocifisso n' fat to portatore. Lettera 86. All'abbadessa del monastero di Santa Maria delli Scalzi in Firenze. 14 Marzo Cristo il medico nostro che ci d la giusta medicina 195 Troppo sarebbe grande ignoranzia, che noi infermi addimandassimo la medicina al nostro medico Cristo, ce la desse secondo el nostro piacere, e non secondo l a sua volont; che vede e cognosce quello che ci bisogna. Onde io voglio che tu sa ppi, figliuola mia, che ci che Dio ci da in questa vita, il fa o per necessit dell a salute nostra, o per accrescimento di perfezione: e per dobbiamo umilmente e co n pazienza portare, e con riverenzia ricevere, aprendo l'occhio dell'intelletto a ragguardare con quanta carit e fuoco d'amore egli cel d. E vedendo che Egli d per amore, e non per odio; per amore le riceveremo. E tanto c' di necessit questa vir

t della pazienza, che ce la conviene procacciare, a ci che non perdiamo il frutto delle fatiche nostre. E dovianci levare dalla negligenzia, e con sollecitudine a ndare col dove ella si trova. E dove si trova? In Cristo crocifisso. Perocch tanta fu la pazienza sua, che il grido suo non fu udito per alcuna mormorazione. 196 Il sangue c' fatto beveraggio a chi il vuole, e la carne cibo; per che neuno m odo si vo' saziare l'appetito dell'uomo, n tollersi la fame e la sete se non nel sangue. Ch, perch l'uomo possedesse tutto quanto il mondo non si pu saziare, per che le cose del mondo sono meno di lui; onde di cosa meno di s saziare non si potreb be. Ma solo nel sangue si pu saziare, per che il sangue intriso e impastato con la deit eterna: natura infinita, maggiore che l'uomo. Questo sangue fu dato a noi abbondevolmente; onde l'ottavo d dopo la sua nativit, fu spillata la botticella del corpo suo, quando fu circonciso; ma era s poco, che anco non saziava la creatura: ma al tempo della croce si mise la canna nel cost ato suo, e Longino ne fu strumento, quando gli aperse il cuore. Votata questa botte della vita del corpo suo, separandosi l'anima da esso corpo, il sangue fu messo a mano, bandito con la tromba della misericordia e col fuoco dello Spirito Santo, che chiunque vuole di questo sangue, vada per esso. 197 Che vasello ci conviene portare? Dico che 'l vasello del cuore; acciocch come spugna mettendo l'affetto del cuore nel sangue, tragga a s il sangue e l'ardore della carit con che fu sparto. E allora l'anima s'inebria. Poi che ha avuto il lume, ed andata per la via, seguitando la dottrina di Cristo crocifisso; e giunta al luogo ed empito il vasello, gusta uno cibo di pazienza, uno odore di virt, uno desiderio di sostenere, che non pare che si possa saziare di portare croce per Cristo crocifisso. E fa come l'ebrio che, quanto pi beve, p i vorrebbe bere; e cos quest'anima, quanto pi porta, pi vorrebbe portare. E il suo r efrigerio sono le pene, e le lacrime, che ha tratte per la memoria del sangue, l e sono beveraggio, e i sospiri le sono cibo. Lettera 87. A Monna Giovanna Pazza. 15 Marzo Siate pastore vero 198 Vi prego dolcissimamente che vi destiate, e leviate dal sonno della negligen zia, imparando dal dolce maestro della carit, che ha posto la vita come pastore p er le pecorelle, che volontariamente udiranno la voce sua, cio coloro che saranno osservatori de' comandamenti suoi. E se ci cadesse cogitazione nel cuore: Io no n posso seguitare questa perfezione, perocch mi sento debole e fragile ed imperfe tto; e per la illusione del dimonio, e per la fragilit della carne, e per le lusi nghe e inganni del mondo sono indebilito. E veramente, reverendo padre, cos; pero cch colui che seguita questo, diventa debile, e s pauroso e timoroso di timore ser vile che, come fanciullo, teme l'ombra sua. Ed in tanto abonda in lui questo tim ore, che non si cura, per non dispiacere alle creature, e per non perdere lo sta to suo, che il suo Creatore sia offeso, e d'offenderlo. 199 Adunque seguitate quelli veri pastori che seguitaro Cristo crocifisso; peroc ch furono uomini come voi, e potente Dio, come allora; perocch egli incommutabile. Ma essi tenevano le vestigie sue; e conoscendo la debilezza loro, fuggivano umi li, abbattuta la superbia dell'onore e amore proprio di s; e fuggivano alla madre della vera carit, e ivi perdevano ogni timore servile. E non temevano di correggere li sudditi loro, perch tenevano a mente la parola di Cristo: Non temete colui che pu uccidere il corpo ma me (Mt 10, 28). E non me ne maraviglio; perocch l'occhio loro e il gusto non si pasceva di terra, ma dell'on ore di Dio e della salute delle creature; volendo servire, e ministrare le grazi

e spirituali e temporali. E come di grazia avevano ricevuto, di grazia davano, n on vendendo per pecunia, n per simonia. Ma facevano come buoni ortolani e lavorat ori posti nel giardino della santa Chiesa. E non attendevano n a giuochi, n a grossi cavalli, n alla molta ricchezza, n a spend er quello della Chiesa nel disordinato vivere, n quello che dee essere de' poveri . Ma stavano come fortificati da questa madre (= la carit), al vento e all'acque delle molte battaglie, a divellere li vizii, e piantare le virt. Perdevano s e rag guardavano il frutto che portavano a Dio. Ed erano privati dell'amore proprio; o nde amavano Dio per Dio; e s amavano per Dio; e il prossimo per Dio, non ragguard ando ad utilit che da lui potessero ricevere, ma solo che egli possa avere e gust are Dio. 200 Oim, oim, oim, disavventurata l'anima mia! Non fanno oggi cos. Ma perch amano d'a more mercennario, amano loro per loro, e il prossimo per loro. E tanto abonda qu esto perverso amore, oim, piangendo il dico, che non si curano delle immondizie, n di mercantare e vendere la grazia dello Spirito Santo. Vede il lupo infernale p ortarne la pecora, e chiude gli occhi per non vederla. E questa la cagione perch non vede e non corregge; cio per proprio amore di s; onde nasce il disordinato tim ore: perch egli si sente in quelli medesimi vizi, li quali gli legano la lingua e le mani; e nol lassa correggere n gastigare il vizio. Non vorrei dunque, carissimo e reverendissimo e dolcissimo padre in Cristo Ges, c he questo addivenisse a voi, ma pregovi che siate pastore vero, a ponere la vita per loro. E per dissi, che io pregavo e desideravo con grande desiderio che vi l evaste dal sonno della negligenzia; perocch chi dorme, non vede e non sente. E eg li bisogno di molto vedere, molto sentire; perocch avete a rendere ragione di lor o, e sete in mezzo de' nemici, cio del corpo, del dimonio, e delle delizie del mo ndo. La necessit della vostra salute m'invita a destarvi e col lume seguitare la vita e li santi modi de' veri pastori. Lettera 88. Ad Angelo da Ricasoli, vescovo di Fiorenza. Scritta da Pisa nel cors o del 1375.

16 Marzo Non si pu servire Dio e il mondo 201 Questo Signore non vuole compagnia, n vuole essere servito a mezzo, ma tutto; per che impossibile sarebbe a servire a Dio e al mondo. E cos disse Cristo benede tto: Neuno pu servire a due signori (Lc 13, 13); per che servendo l'uno in content o (= disprezzo) all'altro. Perch non hanno conformit insieme. Il mondo d tutto il c ontrario che quello che noi abbiamo detto; per che chi serve alla propria sensual it, delizie, stati e ricchezze, onori e diletti sensitivi, o figliuoli, o marito, o alcuna creatura, d'amore sensuale, cio d'amarli per propria sensualit fuore di Dio; egli gli d morte, cecit, nudit; per che fa privare del vestimento della carit, e dgli vergogna, perdendo la sua dignit. E ha venduto il suo libero arbitrio al mon do, al dimonio, e legatolo alla servitudine del peccato, ponendo l'affetto e l'a more suo in cosa che meno di s. E per pecca offendendo Dio; per che tutte le cose c reate sono fatte perch servano a noi, e noi per servire a Dio. Dandomi dunque a s ervire a loro fuore di Dio, offendendo, divento servo e schiavo del peccato, che non , e divento non cavelle (= nulla), per che son privato di Dio, che Colui che . 202 Avete veduto in quanta eccellenzia e utilit ne viene l'anima di questo santo servire; e senz'esso non possiamo avere il fine per lo quale noi fummo creati. E anco abbiamo veduto quanto pericoloso e a quanta vilt e miseria si conduce l'ani ma che serve al mondo e alle delizie e diletti suoi. Abbiamo ancora veduto per c he cagione non hanno conformit insieme, cio perch sono molto di lunga l'uno da l'al

tro. Cristo ama la virt, e odia il peccato. Or leviamo dunque il santo desiderio, e con affetto d'amore serviamo a Dio, spog liando il cuore d'ogni vanit e d'ogni amore disordinato di figliuoli, di marito, e di ricchezze. E possedetele e amatele come cose prestate a noi; per che ogni co sa n' dato in presto e per uso; e tanto ne bastino (= durano) quanto piace a Dio che ve l'ha date. Cosa sconvenevole a possedere la cosa che non sua per sua. Ma la divina grazia nostra, e dobbianla possedere per nostra. Bene veramente nostra la cosa che n dimonio n creatura ci pu tollere se noi non vogliamo; e bene ignoran te colui che esso medesimo si priva di cos grande tesoro. Lettera 90. A Madonna Laudomia, Donna di Carlo degli Strozzi da Firenze.

17 Marzo Caterina si difende da uno spirituale di Firenze 203 Io, carissimo padre, cordialmente vi ringrazio del santo zelo e gelosia che avete all'anima mia, in ci che mi pare che siate sospeso, udendo la vita mia. Son certa che non vi muove altro [che] il desiderio dell'onore di Dio e della mia s alute, temendo voi l'assedio e l'illusione delle dimonia. Di questo timore, padr e, che avete singolarmente nell'atto del mangiare, io non mi maraviglio; ch io vi prometto che, non tanto che ne temiate voi, ma io stessa tremo per timore dell' inganno delle dimonia. Se non che io mi confido nella bont di Dio; e sconfidomi d i me, sapendo che di me io non mi posso fidare. Perch mi mandaste domandando, se io credeva potere essere ingannata, dicendo che, se io nol credo, che questo inganno di dimonio. E io vi rispondo che non tanto di questo, che sopra la natura del corpo, ma di questo e di tutte l'altre mie op erazioni, per la mia fragilit e per l'astuzia del dimonio, io sempre temo, pensan do di potere essere ingannata; per ch'io cognosco e veggo che 'l dimonio perdette la beatitudine, ma no la sapienzia, colla quale sapienzia, come dissi, cognosco che mi potrebbe ingannare. 204 Mandastemi dicendo, che singolarmente io pregassi Dio ch'io mangiassi E io v i dico, padre mio, che in tutti quanti e' modi che io ho potuto, sempre mi sono sforzata, una volta e due il d, di prendere il cibo; e ho pregato continuamente, e prego Dio e pregher, che mi dia grazia che in quest'atto del mangiare io viva c ome le altre creature, se egli sua volont, perocch la mia c'. Dicovi che assai volt e, quand'io ho fatto ci ch'io ho potuto, e io entro dentro da me a cognoscere la mia infirmit, e Dio che per singolarissima grazia m'abbia fatto correggere il viz io della gola; dogliomi molto, ch'io la mia miseria non l'ho corretta per amore. Io per me non so che altro rimedio ponermici, se non ch'io prego voi che preghia te quella somma eterna Verit, che mi dia grazia, se gli pi suo onore e salute dell 'anima mia, che mi faccia prendere il cibo, se gli piace. E io son certa che la bont di Dio non spregier le vostre orazioni. Pregovi che quello rimedio che voi ci vedete, che voi me lo scriviate; e pur che sia onore di Dio, io il far volentier i. E anco vi prego che voi non siate leggiero a giudicare, se voi non sete bene dichiarato (= illuminato) nel cospetto di Dio. Altro non vi dico. Lettera 92. A uno spirituale in Firenze.

18 Marzo Caterina afferma che i difetti di cui l'accusano sono molto inferiori alla realt 205 Io ti riprendo (= rimprovero), carissima figliuola mia dolce, per che tu non

hai tenuto a mente quello ch'io ti dissi, cio di non rispondere a persona che di me ti dicesse neuna cosa che ti paresse meno che buona. Onde io non voglio che t u faccia pi cos; ma voglio che l'una e l'altra di voi risponda in questo modo a ch i vi narrasse e' difetti miei. Che non ne narrano tanti, quanti: molti pi ne potr ebbono narrare. Dite a loro, che si muovano a compassione dentro nei cuori loro dinanzi a Dio, come essi il mostrano con la lingua; pregando tanto la divina bon t per me, che corregga la vita mia. Poi dite a loro che il sommo giudice quello che punir ogni mio difetto e remuner o gni fatica che per lo suo amore si porter. Lettera 93. A Monna Orsa, Donna di Bartolo Usimbardi, e a Monna Agnesa, Donna di Francesco di Pipino sarto di Firenze. 19 Marzo Sull'amore disinteressato di Dio e nostro 206 Perch (= anche se) noi non serviamo a Dio per propria utilit, nondimeno l'util it pure nostra. A lui ne torna il fiore, cio l'onore; e a noi il frutto della util it. Egli ci ha amati senza essere amato; e noi amiamo perch noi siamo amati: egli ci ama di grazia, e noi amiamo lui di debito, perocch siamo tenuti d'amarlo. Sicc h cos addiviene dell'utilit, che noi non potiamo fare a Dio; come di non poterlo am are di grazia, senza debito. Per che noi siamo obligati a lui, e non egli a noi; perocch prima che fusse amato, ci am; e per ci cre alla immagine e similitudine sua. Ecco dunque, che non potiamo fare utilit a lui, n amarlo di questo primo amore. 207 E io dico che Dio ci richiede che, come egli ci ha amati senza alcuno rispet to (= riguardo, interesse verso di s), cos vuole essere amato da noi. In che modo dunque il potremo avere, poich egli cel richiede, e noi nol potiamo fare a lui? D icovelo. Collo mezzo che egli ha posto, onde doviamo amare lui liberamente, e se nza alcuno rispetto di propria nostra utilit; cio doviamo essere utili, non a lui, che non potiamo, ma al prossimo nostro. Or con questo mezzo potiamo osservare q uello che egli ci richiede per gloria e loda del nome suo; e per mostrare l'amor e che noi gli abbiamo, doviamo servire e amare ogni creatura che ha in s ragione; e distendere la carit nostra a buoni e cattivi, e ad ogni generazione di gente, cos a chi ci disserve e sono scandalizzati in noi (= sdegnati con noi), come a ch i ci serve. Perocch Dio non accettatore delle creature, ma de' santi desiderii; e la carit sua si distende a giusti ed a peccatori. Lettera 94. A frate Matteo di Francesco Tolomei, dell'Ordine de' Predicatori. 20 Marzo La carit di Dio verso giusti e peccatori 208 vero che [Dio] alcuno ama come figliuolo, alcuno come amico, alcuno come ser vo, e alcuno come persona che partita da lui e ha desiderio che torni; e questi sono gl'iniqui peccatori che sono privati della grazia. Ma in che lor (= verso i peccatori) mostra l'amore questo sommo Padre? In presta rgli il tempo; e nel tempo gli pone molti mezzi: o in pentimento del peccato, to llendogli il luogo e il potere che non possano fare tanto male quanto vogliono; o in molti altri modi, per fargli odiare il vizio e amare la virt; il quale amore della virt gli tolle la volont del peccato. E cos per lo tempo che Dio gli di per a more, di nemici sono fatti amici, e hanno la grazia, e sono atti ad avere la ere dit del padre. 209 Amore di figliuoli ha a coloro che in verit lo servono senza alcuno timore se rvile, i quali hanno annegata e morta la loro propria volont, e sono obedienti pe r Dio infino alla morte a ogni creatura che ha in s ragione; e non sono mercenai

che 'l servano per propria utilit, ma sono figliuoli. E le consolazioni dispregiano, e delle tribolazioni si dilettano, e cercano pure in che modo si possano conformare con Cristo crocifisso, e notricarsi degli obb robrii e delle fatiche e pene sue. Costoro non cercano n servono Dio per dolcezza n consolazione o spirituale o temporale che ricevano da Dio o dalla creatura; pe rocch, non cercando Dio per loro, n il prossimo per loro, ma Dio per Dio inquanto degno d'essere amato, e loro per Dio per gloria e loda del nome suo, e il prossi mo servono per Dio, facendogli quella utilit che gli possibile. Costoro seguitano le vestigie del Padre, dilettandosi tutti nella carit del pross imo, amando i servi di Dio per amore che amano il loro Creatore; e amano gl'impe rfetti per amore che vengano a perfezione, dandogli il santo desiderio e continu e orazioni. Amano gli iniqui che giacciono nella morte del peccato mortale, perch sono creatu re ragionevoli create da Dio, e ricomperate d'uno medesimo Sangue che il loro; o nde gli doole la loro dannazione; e per camparli si darebbero alla morte corpora le. E' persecutori, e' mormoratori, e' giudicatori, che sono scandalizzati in loro, amano: s perch sono creature di Dio, come detto , e s perch sono strumento e cagione di ponere le virt in loro, e farli venire a perfezione; e specialmente in quella reale virt della pazienza, virt dolce, che non si scandalizza n si turba, n d a terra per alcuno vento contrario, n per alcuna molestia d'uomini. Costoro sono coloro che cercano senza mezzo [Dio], e l'amano in verit come legittimi e cari figliuoli ; ed Egli ama loro come vero padre, e manifesta loro il segreto della sua carit, per fargli avere la eredit eterna. Onde corrono come ebbri del sangue di Cristo, arsi nel fuoco della divina carit, dalla quale sono illuminati perfettamente. Costoro non corrono per la via delle virt a modo loro; anzi a modo di Cristo croc ifisso, seguitando le vestigie sue. E se gli fusse possibile servire a Dio ed ac quistare le virt senza fatica, non le vogliono. 210 Questi non fanno come i secondi, cio l'amico e il servo; perch alcuna volta il loro servire (= il servire di questi ultimi) con alcuno rispetto. Onde talvolta con rispetto di propria utilit; e per questo viene a grande amicizia, perch cogno sce 'l bisogno suo e il suo benefattore, il quale vede che 'l pu sovvenire, e vuo le. Bench prima fu servo, perocch cognobbe il suo male, dal quale male seguitava la pe na; onde col timore della pena caccia il vizio, e con l'amore abbraccia le virt, cio servire il suo Signore, colui ch'egli ha offeso; e comincia a pigliare speran za nella sua benignit, considerando che egli non vuole la morte del peccatore, ma vuole che egli si converta e viva. Che se egli fusse pur nel timore, non sarebbe sufficiente ad avere la vita, n tor nerebbe a perfetta grazia col Signor suo; ma sarebbe servo mercennaio. N anco deb be stare pur nell'amore del frutto, e della consolazione che ricevesse dal Signo re suo, poich fatto amico: perch questo amore non sarebbe forte, ma verrebbe meno quando fusse ritratto dalla dolcezza o dalla consolazione e diletto di mente, o vero quando venisse alcuno vento contrario di persecuzione o tentazione dal dimo nio. Subito allora verrebbe meno nelle tentazioni del dimonio, e molestie della carne. Onde verrebbe a confusione per la privazione della consolazione mentale; e nella persecuzione e ingiurie che ci fanno le creature, verrebbe ad impazienza . Lettera 94.

21 Marzo L'amore di Pietro fu prima di servo e amico, e poi di vero figliuolo 211 Sicch vedete che questo amore non forte; anzi fa chi ama di questo amore, com e Santo Pietro, il quale innanzi la passione amava Cristo dolcemente, ma non era forte; e per venne meno al tempo della croce. Ma poi si part dall'amore della dol cezza, cio dopo l'avvenimento dello Spirito Santo, e perdette il timore, e venne ad amore forte e provato nel fuoco delle molte tribolazioni. Onde, venuto ad amo re di figliuolo, tutte le portava con vera pazienza; anzi correva con loro con g randissima allegrezza, come se fusse andato a nozze e non a' tormenti. E questo era, perch'era fatto figliuolo. Ma se Pietro fusse rimasto solamente nella dolce zza e nel timore ch'egli ebbe nella passione e dopo la passione di Cristo, non s arebbe venuto a tanta perfezione d'essere figliuolo e campione della santa Chies a, gustatore e mangiatore dell'anime. Ma attendete il modo che Pietro tenne con gli altri discepoli per potere perdere il timore servile e l'amore delle consolazioni, e ricevere lo Spirito Santo, co me li era promesso dalla prima dolce Verit. Onde dice la Scrittura che si rinchiu sero in casa e ivi stettero in viglilia e in continue orazioni; e stettero dieci d; e poi venne lo Spirito Santo. 212 Or cos addiverr a coloro che sono levati dal vomito del peccato mortale, e dal la miseria del mondo, e cominciano a gustare il sommo Bene, e s'innamorano della dolcezza sua. Ma, come detto , a stare pur nel timore, non camperebbe per l'infer no; ma farebbe come fa il ladro, il quale ha paura delle forche, e per non fura; ma non che egli non furasse se non credesse patire la pena. Cos anco addiviene de ll'amare Dio per dolcezza: cio che non sarebbe n forte n perfetto, ma debile e impe rfetto. Dice Paolo: Orate senza intermissione. Or questa la via di levarsi da essere sol amente servo e amico, cio dal timore servile e dall'amore tenero della propria co nsolazione, e giungere ad essere vero servo, vero amico, vero figliuolo. Ch essen do fatto vero figliuolo, non perde per che non sia servo e vero amico; ma servo e amico in verit, senza alcuno rispetto di s, n d'altro che solo di piacere a Dio. Lettera 94.

22 Marzo Non tutti gli Ordini religiosi sono degenerati 213 Chi tanto umile quanto obediente, obedisce ai comandamenti santi di Dio. L'a nima che molto s'innamora di questa obedienzia, ch' uno annegare e uccidere la su a volont, distendesi anco pi oltre; ch ella vuole osservare l'obedienzia de' consig li di Cristo, pigliando, in Ordine approvato, il giogo della santa obedienzia. E non dubbio, figliuoli miei, che ella cosa pi sicura e pi provata. Ch, perch noi vediamo e' religiosi infermi (= rilassati), non essendo osservatori dell'Ordine, nondimeno l'Ordine non inferma mai: ch ella fondata e fatta dallo Sp irito Santo. Onde, se sentite che Dio vi chiama a obedienzia, rispondetegli. E se vi venisse in pensiero di non contentarvi per gli Ordini che sono cos venuti meno, e per poc o amore v'ha di molti traversi; io rispondo a questo pensiero, che molti monaste ri ci ha, che al tutto ogni cattiva barba n' uscita fuori; che, avendo voi volont della religione, sarebbe molto bene e onore di Dio che voi n'andassi, essendovi un buono capo. E fra gli altri monasteri, vi so dire di Santo Antimo, il quale, come don Giovanni vi dir, ha uno abbate che specchio d'umilt e di povert e d'unit: c

he egli non vuole essere il maggiore, ma il pi minimo. Dio per la sua infinita bo nt ne dispensi quello che debba essere pi suo onore, e il meglio per voi. Lettera 95. A certi giovani fiorentini, figliuoli adottivi di Don Giovanni delle Celle.

23 Marzo Confronto fra chi vuol servir Dio santamente, e chi vuol servire il mondo 214 La differenzia questa: che colui ch'ha posto l'affetto suo nel mondo, ama e cerca tutte quelle cose nelle quali si possa dilettare sensitivamente. Egli cerc a onori, stati e ricchezze del mondo; dove il servo di Dio gli fugge come veleno , perch n'ha levato l'affetto e l'amore, e trattone il cuor suo, e postolo solame nte nel suo Creatore, reputandosi a gloria d'esser privato de' suoi stati e ricc hezze, diletti o piaceri, e ricevere grandi persecuzioni e rimproverio dal mondo e da' suoi seguaci. Ogni cosa porta con vera e santa pazienza, perch tutto ha co nculcato co' piei dell'affetto suo. Fatto signore del mondo, perch pienamente l'h a lassato, non a mezzo ma in tutto; e se non attualmente (= esternamente), almen o col santo e vero desiderio; apprezzando il mondo per quello che vale, e non per pi, e spregiando la propria fragilit, tenendo la per serva sottoposta alla donna della ragione. Dove l'amatore di s medesimo si fa Dio del mondo, e suoi piaceri e di s; cio che qu el tempo che egli debbe spendere in servire il suo Creatore, egli lo spende in o pere vane e transitorie, e nel corpo suo fragile che oggi , domane non ; per ch'egl i cibo di vermini e cibo di morte, ed uno sacco pieno di sterco. 215 Egli ama la superbia, e Dio l'umilt; egli impaziente, e Dio vuole la pazienza ; egli ha il cuore stretto, che non vi cape Dio n 'l prossimo per amore. Dio larg o e liberale; e per e' servi di Dio, seguitatori della divina carit, che in verit v anno per la dottrina di Cristo crocifisso, si dispongono a dare la vita per l'on ore di Dio nell'odore della purit e continenzia. Eziandio stando allo stato legit timo del matrimonio, egli s'ingegna, per amore della virt, di sentire e gustare l 'odore della continenzia. In tutte quante le cose troviamo ch'egli contrario l'uno all'altro; e per non pos sono stare insieme, ma l'uno caccia l'altro. 216 Dico che 'l servo del mondo, amatore di s, porta grandissime e intollerabili fatiche; perocch, come dice santo Augustino, il Signore ha permesso che l'uomo il quale disordinatamente ama, sia incomportabile a se medesimo. Questi porta la c roce del dimonio; perocch, s'egli acquista diletti, egli gli acquista con pena; e avendoli, li tiene con fatica, per timore di non perdergli; e se egli li perde, ne cruciato con grandissima impazienza; e se non gli pu avere, ha pena perch gli vorrebbe. Ma il vero e perfettissimo amore di tanto diletto, dolcezza e soavit, che neuna a maritudine gli pu tollere la dolcezza sua; n l'amaritudine il pu conturbare; ma mol to pi fortifica la mente, perch accosta pi l'anima al suo creatore; e in lui gusta la dolcezza della sua carit, tenendo con fede viva che ci che Dio gli d e permette, il fa per suo bene e per sua santificazione. Lettera 96. A Pietro Canigiani in Firenze.

24 Marzo

Cristo, dolce cavaliere, sul legno della santissima croce 217 Cos disse quello dolce innamorato di Pavolo, vasello di elezione: Se io avess i lingua angelica, e dessi ogni cosa a' poveri; non avendo carit, nulla mi vale ( I Cor 13, 3). E veramente egli cos; perocch l'anima che non in carit, non pu fare cosa che sia pia cevole a Dio; anco, parturisce e' figliuoli morti delle virt. Perch sono morte? Pe rch non ci Dio che le dia vita, cio la carit. Perocch chi sta in carit sta in Dio, e Dio in lui (I Gv 4, 16). Ma la sposa di Cristo, che vulnerata di questa saetta d ella carit, non resta mai d'adoperare (= operare); come la ferita fresca, che (= dove) sempre batte molto maggiormente il cuore nostro. Ogni d di nuovo gli sono g ittate di nuove saette, cio saette d'ardentissima carit; perocch non passa mai temp o che la bont di Dio non gitti carboni accesi sopra del corpo nostro (Rm 12,20). 218 E per dice santo Pavolo che Dio non vuole altro che la nostra santificazione (I Ts 4, 3). E ci che d, d a questo fine, acci che siamo santificati in lui. O somma ed eterna Verit, bene il desti a divedere: perocch, avendo noi perduta la grazia, non potevamo participare questo bene; onde, vedendo Dio che questa sua volont no n si poteva adempire per lo peccato, costretto dallo amore pazzo che aveva in no i, mand l'unigenito suo Figliuolo a fabbricare (= lavorare percuotendo) le nostre iniquitadi sopra il corpo suo. Onde, subitoch questo Verbo fu innestato nella ca rne nostra nel ventre di Maria, subito il giudic all'obbrobriosa morte della croc e, posto nel campo di questa vita a combattere per la sposa sua (= l'umanit), e p er trarla dalle mani del dimonio che la possedeva come adultera. Onde dunque questo dolce cavaliere, come dice santo Bernardo, e' salse a cavallo in sul legno della santissima croce, e misesi l'elmo della corona delle spine b ene fondata, e' chiovi nelle mani e ne' pedi, e la lancia nel costato, per manif estarci il segreto del cuore. Oim amore! Amore! Parti (= pare a te) che sia bene armato questo dolce nostro Salvatore? Confortia moci; per ch'egli aver la battaglia per noi. Cos disse egli a li discepoli suoi: Ra llegratevi, per che io ho sconfitto il principe del mondo (Gv 16, 33). E santo Au gustino dice che con la mano confitta e chiavellata ha sconfitte le demonia. O a more dolce, quale fuoco dunque si difender che non s'accenda a tanto fuoco di amo re; con tanto desiderio che non pare che 'l possa esprimere quando ci dice: Con desiderio io ho desiderato di fare la Pasqua con voi innanzi che io muoia (Lc 17 , 15). O dolcissimo amore, o Amore, con quanta carit e con quanta letizia dicesti quella parola di fare di te sacrificio, perch ti vedevi presso al termine! Tu facesti c ome colui il quale ha avuto grandissimo desiderio di fare una grandissima operaz ione, che quando se la vede presso che fatta, ha gaudio e letizia. E con questa letizia corse questo innamor ato all'obbrobrio della santissima croce. 219 Ponete, ponete la bocca al costato del Figliuolo di Dio; per che una bocca ch e gitta fuoco di carit, e versa sangue per lavare le nostre iniquitadi. Dico che l'anima che vi si riposa e ragguarda coll'occhio dello intelletto il cuore consu mato e aperto per amore, ella riceve in s tante conformit con lui, vedendosi tanto amare, che non pu fare che non ami. Lettera 97. A Monna Pavola da Siena, e alle sue discepole; quando stava a Fiesol e. 25 Marzo Domandastemi che io vi ricevessi per figliuolo

220 Il secolo cerca gloria e onori, delizie, superbia, impazienza, avarizia, odi o, rancore, e amor proprio di se medesimo con tanta strettezza di cuore, che non vi cape il prossimo per Dio. Oh quanto s'ingannano gli stolti uomini che sono c onformati con questo malvagio secolo! Che volendo onori sono vituperati; volendo ricchezze sono poveri, perch non cercano la vera ricchezza, volendo letizia e de lizie, hanno tristizia e amaritudine, perch sono privati di Dio, che somma letizi a. Non vogliono n morte n amaritudine, e caggiono nella morte e nella amaritudine; vogliono fermezza e stabilit, e dilungansi dalla pietra viva. 221 Domandastemi che io vi ricevessi per figliuolo; onde io, poniamoch indegna mi sera e miserabile sia, v'ho gi ricevuto e ricevo con affettuoso amore. E sempre m i obligo e obligher dinanzi a Dio, d'entrare in ricolta per voi d'ogni vostra ini quit commessa o che commetteste Ma priegovi che adempiate il mio desiderio; cio ch e vi conformiate con Cristo crocifisso, levandovi pienamente della conversazione del secolo; perocch in altro modo non potremmo avere la conformit di Cristo. Vest itevi, vestitevi di Cristo crocifisso. Lettera 99. A Neri di Landoccio de' Pagliaresi. Scritta prima del 1374; forse ne l marzo 1372, o nell'aprile 1373.

26 Marzo Ora tempo di vedere chi zelante e chi negligente 222 Ora tempo da mostrare chi ha fame (= fame delle anime) o no, e chi si sente (= risente) de' morti, che noi vediamo giacere privati della vita della grazia. Sollicitate (= affrettatevi) dunque virilmente, e con vero cognoscimento, e con umili orazioni infino alla morte. Sapete che questa la via a volere cognoscere, ed essere sposo della verit eterna; e neuna altra ce n'. E guardate che voi non schifiate fatiche; ma con allegrezza le ricevete; facendo vegli a rincontra con santo desiderio; dicendo: Voi siate le molto benvenute; e dicendo: Quanta grazia mi fa il mio Creatore, che egli mi faccia sostenere e pat ire per gloria e lode del nome suo! Facendo cos l'amaritudine vi sar dolcezza e re frigerio offerendo lagrime con dolci sospiri per ansietato desiderio, per le mis erabili pecorelle che stanno nelle mani del dimonio. Allora i sospiri vi saranno cibo, e le lacrime beveraggio. Non terminate la vita vostra in altro; dilettand ovi e riposandovi in croce con Cristo crocifisso. Facendo cos, sarete figliuolo d olce di Maria, e sposo della Verit eterna. Altro non dico. Date la vita per Crist o crocifisso, e annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Mangiate il cibo del l'anime in sul legno della croce con Cristo crocifisso; affogatevi e annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Lettera 100. A frate Raimondo da Capua, dell'Ordine de' Predicatori. 27 Marzo Dovete essere fiore odorifero, e non puzzolente 223 O padre carissimo, non ci lassiamo fare vergogna alli figliuoli delle tenebr e; perocch gran confusione alli figliuoli della luce, cio a' servi di Dio, che son o eletti e tratti dal mondo, e singolarmente a' fiori e alle colonne che sono po sti nel giardino della santa Chiesa. Voi dovete essere fiore odorifero, e non pu zzolente, vestito di bianchezza di purit, con odore di pazienza e ardentissima ca rit; largo e liberale, e non stretto, imparando dalla prima verit che per larghezz a di la vita. Or questo quello odore che dovete gittare alla sposa dolce di Crist o, che si riposa in questo giardino.

224 Dunque non da fare altro, se non di ponere l'affetto e il desiderio suo e l' amore, in cosa pi forte di noi, cio in Dio, onde noi abbiamo ogni fortezza. Egli l o Dio nostro, che ci am senza essere amato. Onde subito che l'anima ha trovato e gustato s dolce amore, forte sopra ogni forte, ad altro non si pu accostare, n altr o pu desiderare, se non lui; fuore di lui, non cerca n vuole cavelle ( = alcuna co sa). Onde costui allora forte, perocch s' appoggiato e legato in cosa ferma e stab ile e che mai non si muta per veruna cosa che avvenga, e sempre sguita le vestigi e e li modi di colui che egli ama; perocch egli fatto uno cuore e una volont con l ui. Or non pi dormite, padre. Poich sete colonna, debile per voi: ma innestatevi in su l'arbore della croce, e legatevi per affetto e per smisurata e ineffabile carit con l'Agnello svenato, che da ogni parte del corpo suo versa sangue. Rompansi qu esti cuori: non pi durizia e non pi negligenzia; perocch il tempo non dorme, ma sol lecitamente fa il corso suo. Facciamo mansione insieme con lui per amore e per s anto desiderio; e non ci bisogna poi pi temere. Or questo il mio desiderio, cio di vedervi legato in questo dolce e forte legame. E uno de' principali segni che n oi abbiamo, che ci manifesti d'esser legati e discepoli di Cristo, cio se noi ren diamo bene per male: altrimenti saremo in stato di dannazione. Molto questo spiacevole a Dio in ogni creatura, ma specialmente nelli vostri par i, che sete posti per specchio nella santa Chiesa, dove li secolari si specchian o. Non dico pi. Perdonate alla mia ignoranzia, perch per l'abbondanzia del cuore l a lingua favella troppo. Pregovi per quello Amore ineffabile, che voi mi siate u no campione nella santa Chiesa, cercando sempre l'onore di Dio e la esaltazione sua, e non di voi medesimo. Lettera 101. A Giacomo Cardinale degli Orsini.

28 Marzo Noi fummo la terra dove fu fitto il gonfalone della croce 225 Noi fummo quella terra dove fu fitto il gonfalone della croce; noi stemmo co me vasello a ricevere il sangue dell'Agnello, che correva gi per la croce. Perch f ummo noi quella terra? Perch la terra non era sufficiente a tenere ritta la croce ; anco averebbe rifiutata tanta ingiustizia. N chiovo era sufficiente a tenerlo c onfitto e chiavellato, se l'amore ineffabile che egli aveva alla salute nostra n on l'avesse tenuto. Sicch dunque l'affocata carit verso l'onore del Padre e la sal ute nostra il tenne. Adunque fummo noi quella terra che tnnemo ritta la croce, e siamo il vaso che ricevemmo il sangue. Chi cognoscer e sar sposo di questa Verit, t rover nel sangue la grazia; e trover ricoperta la nudit sua, e vestito del vestime nto nuziale del fuoco della carit, intriso e impastato sangue e fuoco, il quale p er amore fu sparto e unito con la Deit. Nel sangue si pascer e nutricher la misericordia; nel sangue dissolve la tenebra e gusta la luce; perocch nel sangue perde la nuvola dell'amore proprio sensitivo, e il timore servile che d pena; e riceve timore santo e sicurt nel divino amore, i l quale ha trovato nel sangue. Ma chi non sar trovato amatore della verit, non la cognoscer nel cognoscimento di s e del sangue. Che egli [dunque] vada schiettamente e senza frasche o novelle o t imore servile; e senta il lume della fede viva, non solamente in parole: ma che basti d'ogni tempo, cio nell'avversit come nella prosperit, e nel tempo della perse cuzione come nel tempo della consolazione; e per neuna cosa diminuisca la fede, e il lume suo. 226 Annegatevi dunque nel sangue di Cristo crocifisso, e bagnatevi nel sangue, e inebriatevi nel sangue, e saziatevi nel sangue, e vestitevi nel sangue. E se fu ste fatto infedele, ribattezzatevi nel sangue; se il dimonio v'avesse offuscato l'occhio dell'intelletto, lavatevi l'occhio col sangue. Se fuste caduto nella in gratitudine de' doni non cognosciuti, siate grato nel sangue. Se fuste pastore v

ile e senza verga della giustizia, condita con prudenzia e misericordia, traetel a dal sangue; e coll'occhio dell'intelletto vederla dentro nel sangue, e con la mano dell'amore pigliarla, e con ansietato desiderio strignerla. Nel caldo del sangue dissolvete la tiepidezza; e nel lume del sangue caggia la t enebra; acciocch siate sposo della verit e pastore vero e governatore delle pecore lle che vi sono messe tra le mani, e amatore della cella dell'anima e del corpo, quanto v' possibile nello stato vostro. Se starete nel sangue, il farete; e se n o, no. E per vi prego per amore di Cristo crocifisso, che voi il facciate. E spogliatevi d'ogni creatura, e io sia la prima; vestitevi per affetto d'amore di Dio, e ogni creatura per Dio; cio d'amarne assai, e conversarne pochi, se non in quanto si vede adoperare la salute dell'anime. E cos far io, quanto Dio mi dar l a grazia. E di nuovo mi voglio vestire di sangue, e spogliarmi ogni vestimento c h'io avessi avuto per fine a qui. Io voglio sangue; e nel sangue satisf e satisfa r all'anima mia. Ero ingannata quando la cercavo nelle creature. Sicch io voglio n el tempo della sollicitudine accompagnarmi nel sangue; e cos trover il sangue e le creature; e berr l'affetto e l'amore loro nel sangue. E cos nel tempo della guerr a guster la pace, e nell'amaritudine la dolcezza; nell'essere privata delle creat ure, e della tenerezza del padre (= si riferisce a Raimondo), trover il Creatore ed il sommo ed eterno Padre. Lettera 102. A frate Raimondo da Capua, dell'Ordine de' Predicatori.

29 Marzo L'uomo cacci l'ira e l'odio e si rappacifichi col prossimo suo 227 Io voglio che voi sappiate: n amare Dio n virt si pu avere nell'anima senza il m ezzo del prossimo suo. Come? Dicovelo. Io non posso, l'amore che io ho al mio Cr eatore mostrarlo in lui, perch a Dio non si pu fare utilit. Conviene dunque pigliar e il mezzo della sua creatura, e alla creatura sovvenire e fare quella utilit che a Dio fare non posso. E per disse Cristo a san Pietro, dimandandolo: Pietro, m'ami tu? Ed egli risponde ndo: S; Cristo rispose, e disse: Pasci le pecorelle mie (Gv 21, 15-17). Dell'amor e che tu mi porti, tu non puoi fare a me alcuno bene: fanne dunque bene al pross imo tuo. Sicch vedete che, col mezzo ci conviene pacificare della grande guerra c he abbiamo con Dio. Ma tenete a mente: questa virt s'acquista e si trova nell'amo re del prossimo suo, amando amici e nemici per Cristo crocifisso. E per esso spe gnesi il fuoco dell'ira e dell'odio che l'uomo avesse col fratello suo. 228 La virtude della carit e dell'umilt si truova e s'acquista solo in amare il pr ossimo per Dio. L'uomo umile e pacifico cacci l'ira e l'odio del cuore suo verso il nemico; e la carit caccer l'amore proprio di se, e allargher il cuore con una c arit fraterna, amando nemici e amici per lo svenato e consumato Agnello, come se medesimo. E daragli una pazienza contra ogni ingiuria che gli fusse detta o fatt a, e una fortezza dolce in sapere portare e sopportare i difetti del prossimo su o. E per vi dissi che desideravo di vedere el cuore e l'affetto vostro pacificato co l vostro Creatore. Questa la vera via; veruna altra ce n'ha. Io dunque, figliuol i miei, avendo desiderio della salute vostra, vorrei che col coltello dell'odio [i odio] fusse tolto da voi, e non faceste come gli stolti e matti che, col perc uotere altrui, percuotono se. Perocch colui che sta nell'odio mortale, volendo uc cidere il suo nemico, egli ha dato prima per lo petto a s; perocch la punta dell'o dio gli fitta nel cuore, il qual ha morto a grazia. Non pi dunque guerra, per l'a more di Cristo crocifisso. E non vogliate tenere in tormento l'anima e il corpo. Abbiate timore del divino giudizio, il quale sempre sopra di voi. 229 Non voglio dire pi di questo; e dell'altre materie che s'appartengono alla sa lute vostra vi dir a bocca. Ma ora vi prego e vi costringo, da parte di Cristo crocifisso, di due cose. L'un

a che io voglio che voi facciate pace con Dio, e co' nemici vostri; perch altreme nte non la potresti fare con la prima dolce verit, se prima non la faceste col pr ossimo vostro. L'altra si , che non vi sia fatica a venire un poco infino a me il pi tosto che voi potete. Se non che a me tanto malagevole il venire, io verrei a voi. Lettera 103. A Benuccio di Piero, e Bernardo di Misser Uberto de' Belforti da Vo lterra. 30 Marzo Il pessimo genere di nemici nostri sono gli adulatori con le lusinghe del cuore doppio

230 Allora si conforma l'anima con Cristo crocifisso, mangiando questo cibo in s u la penosa e ansietata croce del desiderio di Cristo, che fu maggiore e pi penos a che quella del corpo. Dico che vuole gli sia data ancora fatica corporale; e q uesto quando ci affatichiamo corporalmente in servizio del prossimo, servendolo di qualunque servizio si sia, patendone noi disagi e pene corporali. E alcuna vo lta Dio permette che sosteniamo da loro delle percosse, e fame e molta persecuzi one; siccome facevano i santi martiri, che sostenevano pena e grandi tormenti. M a egli tanta le nostra imperfezione, che noi non siamo ancora degni di giungere a tanto bene, quanto essere perseguitati per Cristo. 231 Oh pazienzia, quanto sei piacevole! Oh pazienzia, quanta speranza di a chi ti possiede! O pazienzia, tu sei reina, che possiedi, e non se' posseduta dall'ira . O pazienzia, tu fai giustizia della propria sensualit, quando volesse mettere i l capo fuore, dell'ira. Tu porti teco un coltello di due tagli per tagliare e di barbicare l'ira e la superbia, e il mirollo della superbia e impazienza; cio, dic o, due tagli: odio e amore. E il vestimento tuo vestimento di sole, col lume del vero cognoscimento di Dio, e col caldo della divina carit, che gitta raggi co' quali percuoti coloro che ti fanno ingiuria, gittando loro carboni di fuoco, accesi di carit, sopra il capo loro (Rm 12,20), il quale arde e consuma l'odio de l loro cuore. Sicch dunque, pazienzia dolce fondata in carit, tu sei quella che fai frutto nel p rossimo, e rendi onore a Dio. Egli ricoperto questo tuo vestimento di varie e di verse virt; perocch pazienzia non pu essere nell'anima senza le stelle di tutte le virt, con la notte del cognoscimento di s, che quasi pare uno lume di luna. E dopo il cognoscimento di s medesimo viene il d col lume e caldo del sole. Il quale il vestimento della pazienzia. Chi dunque non s'innamorerebbe di cos dolce cosa, qua nto la pazienzia? 232 Portiamo dunque, carissimo e dolcissimo padre. E non perdete il tempo, e stu diatevi a cognoscere voi, acciocch questa reina abiti nell'anima vostra; perocch e lla di grande necessit. Perocch, quando la propria sensualit morta, l'anima n'esce risuscitata a grazia, e ha atterrato il vizio, gloriosa con la reina della pazie nzia. E col vestimento della pazienza, che detto di sopra, persevera infino all' ultimo, che sale in cielo. Bench tutte le virt, fuore della carit, che il vestimento della pazienza, rimangono tutte di sotto, ed ella entra dentro come donna (= signora); nondimeno ella tra e a se il frutto di tutte le virt, e singolarmente il frutto della pazienza, pero cch ella tutta incorporata nella carit; anco, il mirollo della carit, perocch s' man festata vestita d'amore, e non nuda. Perocch pazienza senza carit gi non sarebbe vi rt. Ma perch l'amore vero e perfetto nell'anima, ha mostrato il segno del sostenere p ene e obbrobrio, scherni e villania, tentazioni del dimonio e lo stimolo della c arne, le lingue de' mormoratori, e le lusinghe del cuore doppio, che ha una in c uore e un'altra mostra in lingua; e tutte le ha passate con vera e santa pazienz a, e con vera sollecitudine di servire a Dio e al prossimo. Lettera 104. A frate Raimondo da Capua, dell'Ordine de' Predicatori.

31 Marzo Siate umile e mansueto 233 A voi scrivo, con desiderio di vedervi con ardentissimo desiderio e con prof onda umilit e sollecitudine a ricevere il re nostro, che viene a noi umile e mans ueto, e siede sopra l'asina. O inestimabile diletta Carit, oggi confondi la super bia umana, vedendo che tu, Re de' re, vieni umiliato sopra la bestia, e cacciato con tanto vituperio. Vergogninsi dunque coloro che cercano gli onori e la glori a del mondo. Levisi, levisi, figliuolo carissimo, il fuoco del santo desiderio, e sia privato . d'ogni freddezza; e salga sopra l'asina della nostra umanit, sicch ella non vada mai se non secondo che la ragione la guida, e non appetisca se non l'onore di D io e la salute delle creature. Cos voglio che facciate, sentendo il caldo sul cal ore del re nostro. In questo modo signoreggeremo la nostra sensualit e freddezza con cuore virile; e sarete gustatore del vero e amoroso cibo, il quale il Figliu olo di Dio mangi in su la mensa della santa croce. Questo farete voi e Neri (= Ne ri di Landoccio). E fate con sollecitudine ci che potete fare, dando l'onore a Di o e la fatica al prossimo, con fede che lo Spirito Santo far quello che a voi par e impossibile. 234 Dite a frate Simone, figliuolo mio in Cristo Ges, che il figliuolo non teme m ai d'andare alla madre; anco, corre a lei, singolarmente quando si vede percuote re. E la madre il riceve in braccio, e tielle al petto suo, e notricalo. E ponia moch io cattiva madre sia, nondimeno sempre il porter al petto della carit. Siate s ollecito e non negligente: s che l'anima mia riceva letizia nel cospetto di Dio. Non ho avuto tempo di scrivergli. Benedicetelo cento migliaia di volte da parte di Cristo Ges. Lettera 105. A frate Bartolomeo, quando era ad Asciano.

APRILE 1 Aprile Solo la perseveranza coronata 235 Voi sapete che sola perseveranzia coronata, e non il cominciare. E se vi sen tite stanco nel perseverare in questo campo della battaglia, tollete, carissimo fratello, tollete il gonfalone santo della croce, il quale una colonna fortissim a, dove si riposa l'Agnello svenato per noi. E tanto forte, che ci tolle ogni de bolezza; e tanto fortifica il cuore dell'uomo, che n dimonio n creatura il puole m uovere, se esso medesimo non vuole. 236 o dolcissimo amore Ges, che con la mano disarmata e confitta e chiavellata in croce, hai confitti e' miei nemici! Egli venne, come nostra pace, a pacificare l'uomo con Dio (Ef 2, 14). Cos disse santo Paolo: Io son messo e legato in Cristo per voi. Pregovi, fratelli carissimi, che vi reconciliate e facciate pace con l ui; perocch'egli venuto come tramezzature (= mediatore) a metter pace tra Dio e l'uomo. O dolce Ges, bene vero che tu se' nostra pace e tranquillit e riposo di coscienzia , e veruna amaritudine n tristizia pu cadere in questa anima, n povert, nella quale abiti per grazia. E ragionevole cosa , ch'egli abbia perfetta letizia e piena ric chezza; per che in Dio, che somma letizia, non cade tristizia n amaritudine. Egli somma ricchezza, che non viene mai meno; e non v'ha ladri che imbolino ( = invol ino). 237 Adunque io vi prego carissimamente che siate sollecito, questo punto del tem po che n' rimaso; per che grande consolazione il vivere bene e virtuosamente. E pe r vi dissi, io desideravo che fuste vero cavaliere, che non si volleste mai in di

etro, lassando il santo proposito cominciato; armato delle vere e reali virt, app oggiato alla colonna della santa croce, la quale vi difender da ogni morsura e mo lestia di dimonio o di creatura che volesse ritrarvi dalle virt. Non date orecchio, n crediate a' consigli delle creature che vi volessero ritrarr e del santo proponimento; ma con la confessione spesso, usando con quella compag nia che v'ati ad avere Dio per grazia. Non dico di pi. Lettera 107. A Luisi di misser Luisi Gallerani da Siena in Asciano. Scritta prim a del 1374.

2 Aprile La carit opera sempre e non sta mai oziosa 238 Questa la condizione della divina carit; che sempre adopera, e mai non si sta nca; siccome l'usuraio sempre guadagna il tempo per lui. Se dorme, guadagna; se mangia, guadagna, e ci che fa, guadagna, e non perde mai tempo. Questo non fa l'u suraio, ma il tesoro del tempo. Cos fa la sposa innamorata di Cristo, arsa nella divina carit: sempre guadagna, e mai non sta oziosa. Egli (=l'uomo) dorme; e la carit lavora: mangiando, dormendo, e vegliando. O carit, piena di letizia, tu se' quella madre che nutrichi i figliuoli delle vir t al petto tuo. Tu se' ricca sopra ogni ricchezza; in tanto che l'anima che si ve ste di te, non pu essere povera. Tu gli doni la bellezza tua, perocch la fai una c osa con teco; perch, come dice santo Giovanni: Dio carit; e chi sta in carit, sta i n Dio, e Dio in lui (I Gv 4, 16). O figliuole carissime, gaudio e letizia dell'anima mia, riguardate l'eccellenzia e la dignit vostra, la quale receveste da Dio per mezzo di questa madre della ca rit. Subitoch l'occhio del cognoscimento intende la volont del Verbo, che vuole che 'l seguitiamo per la via della santissima croce; la volont si leva subito, risca ldata dal fuoco di questa madre della carit, e corre ad amare quello che Dio ama, e odia quello ch'egli odia, in tanto che non vuole cercare, n desiderare, n vesti rsi d'altro che della somma eterna volont di Dio. 239 E se voi mi diceste: Madre mia, come ci vestiremo? Rispondovi: Con l'odio, e con l'amore. Ch l'amore fa vestire dell'amore: siccome colui che si veste, che p er odio ch'egli ha al vestito vecchio, se lo spoglia, e con l'amore si mette il nuovo in dosso. O il vestimento, figliuole mie, quello che veste? No, anco, l'am ore, perocch 'l vestimento per se medesimo non si muterebbe, se la creatura non l 'avesse preso per amore. Onde potremo ricevere questo odio? Solo dal cognoscimento di voi medesime, veden do voi non essere; il quale tolle ogni superbia, e infonde vera umilit. Il quale cognoscimento fa trovare il lume e la larghezza della bont di Dio, e la salute e inestimabile carit. Il quale (= il lume) non nascosto a noi. Era bene nascoso all a grossit nostra, prima che 'l Verbo, unigenito Figliuolo di Dio, s'incarnasse; m a poich volle essere nostro fratello, vestendosi della grossit della nostra umanit, ci fu manifesto; essendo poi levato in alto, acciocch 'l fuoco dell'amore fusse manifesto a ogni creatura, e tratto fusse il cuore per forza d'amore. Lettera 108. A Monna Giovanna di Capo e a Francesca in Siena. Scritta verso la f ine del 1375. 3 Aprile Io sono la via, dice Cristo 240 O venerabile e carissimo padre in Cristo Ges, quanto sar beata l'anima vostra e mia, quando io vedr che noi siamo legati nel fuoco della divina carit, la quale carit sapete che d il latte alli figliuoli suoi, e notricali. E parmi che questo l atte non si trae per altro modo che tragga il fanciullo il latte dal petto della madre sua; il quale per mezzo della poppa trae il latte, e cos si notrica. Cos sa pete che l'anima nostra non pu avere vita per altro modo che per mezzo di Cristo crocifisso. Cos disse la prima Verit: Veruno pu andare al Padre se non per me (Gv 1

4, 6). E in altro luogo dice: Io sono via, verit e vita; e chi va per me, non va per le tenebre, anzi va per la luce (Gv 8, 12). 241 O inestimabile dolcissima Carit! Qual' la via tua, che tu eleggesti con tanto amore? Io non vedo che fusse onore, n delizie, n gloria umana, n amor proprio di te medesimo; perocch la carit non cerca le cose sue (I Cor 13, 5), ma solo l'onore d i Dio e la salute della creatura. Per questa via l'hanno seguitato i santi, sicc ome membri legati e uniti con questo dolce capo Ges. E se noi diciamo: In che modo sguito questo dolce capo, e legami con lui? Sapete che con altro modo non si lega l'uomo se non con legame (= che circondi e cinga tutto il corpo), n non diventa una cosa col fuoco se non vi si gitta dentro, che punto non ne rimanga di fuore. Or questo quello vincolo dell'amore, col quale l' anima si lega con Cristo. E, legato che l'uomo di questo legame, si truova nel f uoco. E fa il fuoco della divina carit nell'anima, come fa il fuoco materiale; pe rocch scalda e allumina, e converte in se. Questo caldo riscalda e accende questo legno arido della nostra volont; onde ella s'accende e distende a dolci e amoros i desiderii, amando quello che Dio ama, e odiando quello che Dio odia. Onde allo ra, per mezzo della carne di Cristo crocifisso, trae a se il latte della divina dolcezza. O lume dolce, dove non cade tenebre n pena, per veruna amaritudine n tristizia che venga! Perocch il lume, ricevuto dal fuoco, vede che ogni cosa procede da Dio, e ccetto che il peccato e vizio; e vede che Dio non vuole altro che la santificazi one nostra (I Tess 4, 3); e per darci questa santificazione della grazia, unissi esso Dio e umiliassi all'uomo; onde la sua umilt stirpa la nostra superbia. Lettera 109. All'Abate Nunzio Apostolico. Scritta da Pisa o da Firenze a Berenga rio abate di Lzart, dopo il 17 maggio 1375. 4 Aprile Caterina risponde a tre domande dell'abate Berengario 242 Ricevetti, dolce padre mio, la lettera vostra con grande consolazione e leti zia, pensando che vi ricordiate di si vile e misera creatura. Intesi ci che dicev a. E, rispondendovi alla prima delle tre cose che mi dimandare, dir che il dolce nostro Cristo in terra (= il papa), credo e cos pare nel cospetto di Dio, che sar ebbe bene che due cose singolari, per le quali la Sposa di Ges Cristo si guasta, si levassero via. L'una si la troppa tenerezza e sollecitudine di parenti, la qu ale singolarmente si converrebbe che in tutto e per tutto egli fusse tutto morti ficato. L'altra si la troppa dolcezza fondata in troppa misericordia. Oim, oim, qu esta la cagione che i membri diventano putridi, cio per lo non correggere. E sing olarmente ha per male Cristo tre perversi vizi: cio la immondizia, l'avarizia, e la infiata superbia, la quale regna nella sposa di Cristo, cio ne' prelati, che n on attendono ad altro che a delizie e stati e grandissime ricchezze. Veggono i d emoni infernali portare l'anime de' sudditi loro, e non se ne curano, perch sono fatti lupi e rivenditori della divina grazia (= simoniaci). Vorrebbesi dunque una forte giustizia a correggerli; perocch la troppa piet grandi ssima crudelit; ma con giustizia e misericordia si vorrebbe correggere. Ma ben di co, padre, che io spero per la bont di Dio che questo difetto della tenerezza de' parenti, per le molte orazioni e stimoli che egli aver da' servi di Dio, si comi ncer a levare. Non dico che la sposa di Cristo non sia perseguitata; ma credo che rimarr in fiore, come dee rimanere. Egli bisogno che, a racconciare al tutto, si guasti infino alle fondamenta. E questo che detto , il guastare che io voglio ch e voi intendiate, non in altro modo. 243 All'altra (= domanda) che dite, de' peccati vostri, Dio vi doni l'abondanzia della sua misericordia. Sapete che Dio non vuole la morte del peccatore, ma vuo le che si converta e viva (Ez 33, 11). Onde io, indegna vostra figliuola, m'ho r ecato e recher il debito de' peccati vostri sopra di me; e insiememente li vostri e li miei arderemo nel fuoco della dolce Carit, dove si consumano. Sicch sperate e tenete di fermo che la divina grazia vi gli ha perdonati. Or pigliate dunque u no ordine di ben vivere, e con virt tenendo piantato nel cuore vostro il crociato (= dimostrato col sacrificio della croce) amore che Dio ha a voi; eleggendo inn anzi la morte che offendere il Creatore, o tenere l'occhio che sia offeso da' su

dditi vostri. 244 All'altra (= domanda) dico: Quando vi dissi che v'affaticaste per la Chiesa santa, non intesi, n non dico, solamente delle fatiche che voi pigliate sopra le cose temporali, poniamoch sia bene; ma principalmente vi dovete affaticare insiem emente col Padre santo (= il papa), e farvi ci che voi potete in trarre li lupi e li demoni incarnati de' pastori, che a veruna cosa attendono se non in mangiare , e in belli palazzi, e in grossi cavalli. Oim, che quello che acquist Cristo in s u il legno della croce, si spende con le meretrici! Pregovi che, se (= se pure) ne dovreste morire, che voi diciate al Padre santo che ponga remedio a tante ini quitadi. E quando verr il tempo di fare li pastori e li cardinali, che non si fac cino per lusinghe, n per denari, n per simonia; ma pregatelo quanto potete che egl i attenda e miri, se trova la virt e la buona e santa fama nell'uomo; perocch la v irt quella cosa che fa l'uomo gentile e piacevole a Dio. E questa quella dolce fa tica, padre, che io vi prego e pregai che voi pigliate. E poniamoch l'altre fatic he siano buone; questa quella fatica che ottima. Altro per ora non dico. Perdona te la mia presunzione. Raccomandandomivi cento migliaia di volte Lettera 109. 5 Aprile Sempre ci andiamo attaccando... 245 troppo grande semplicit e mattezza la nostra, che noi vediamo che Dio ci vede, e giusto giudice che ogni colpa punisce, e ogni bene remunera; e stiamo come accecati senza veruno timore, aspettando quello tempo che noi aviamo, n siamo sicuri d'avere. Sempre ci andiamo attaccando . Se Dio ci taglia un ramo, e noi ne pigliamo un altro. Pi ci curiamo di perdere queste cose transitorie, che passano come il vento, e delle creature, che noi non ci curiamo di perdere Dio. Tutto questo addiviene per lo disordinato amore che noi ci aviamo posto, tenendole e possedendole fuore della volont di Dio. In questa vita ne gustiamo l'arra dell'inferno; perch Dio ha permesso che chi disordinatamente ama, sia incomportabile a se medesimo. Sempre ha guerra nell'anima e nel corpo. Pena porta di quello che tiene, per timore che ha di non perderlo; e per conservarlo, che non gli venga meno, s'affatica il d e la notte. E pena porta di quello che non ha; per che appetisce d'avere, e non avendolo, ha pena. E cos mai l'anima si quieta in queste cose del mondo, perch sono tutte meno di se. Elle sono fatte per noi, e non noi per loro; anco, siamo fatti per Dio, acci che gustiamo il suo sommo ed eterno bene. 246 Solo dunque Dio la pu saziare; in lui si pacifica, e in lui si riposa; perocc h neuna cosa pu volere n desiderare che ella non trovi in Dio. Egli colui che somma ricchezza, somma potenzia, somma bont e somma bellezza. Egli un bene inestimabil e: ch neuno che possa stimare la bont, grandezza e diletto suo; ma solo esso medes imo si comprende e si stima. Sicch egli sa, pu e vuole saziare, e compire e' santi desiderii di chi si vuole spogliare del mondo, e vestire di lui. Adunque non vo glio che dormiamo pi, ma destianci dal sonno; ch il tempo nostro s'approssima vers o la morte continuamente. Lettera 111. A Monna Biancina, Donna che fu di Giovanni d'Agnolino Salimbeni. 6 Aprile Il mondo un vecchio che vuol mostrarsi fanciullo 247 Voglio che tu sia sposa fedele, che tu non ti parta mai dallo Sposo tuo, ama ndo n desiderando neuna cosa fuore di Dio. Ama questo dolce e glorioso Sposo che t'ha data la vita, e non muore mai. Ma gli altri sposi muoiono, e passano come il vento; e spesse volte sono cagione della morte nostra. E tu hai provato che fermezza ha; perocch in piccolo tempo due cal

ci t'ha dato il mondo (= aveva perduto due sposi, uno dopo l'altro, in poco temp o). E questo ha permesso la divina bont perch tu fugga il mondo, e rifugga a lui c ome Padre e Sposo tuo. Fuggi dunque il veleno del mondo, che ti mostra un fiore mostrandosi fanciullo, ed egli uno vecchio. Mostra la lunga vita, ed ella breve; pare ch'egli abbia alcuna fermezza, e egli volubile, s come foglia che si volle al vento. Tu hai bene veduto che in te non ebbe fermezza; e cos ti pensa che ti f ar il simile se tu te ne fidi pi; per che cos mortale l'ultimo come il primo. 248 Levati su dunque da ogni tenerezza e amore proprio di te, e entra nelle piag he di Cristo crocifisso, dove perfetta e vera sicurt. Rispondi dunque a Dio che t i chiama, col cuore fermo. E non credere n a madre, n a suoro, n a fratello, n a cor po di creatura che ti volesse impedire. Ch tu sai che in questo noi non deviamo e ssere obedienti a loro. E cos dice il nostro Salvatore: Chi non renuncia al padre e alla madre, a suoro e a fratelli, e anco a se medesimo, non degno di me (Lc 14, 26). Conviensi dunque renunciare a tutto il mondo e a se med esimo, e seguitare il gonfalone della santissima croce. A te dico, figliuola, che se tu vorrai essere sposa vera del tuo Creatore, che t u esca della casa del padre tuo; e disponti di venire, quando il luogo sar fatto; che gi cominciato, e fassi di forza: cio il monasterio di Santa Maria degli Angel i a Belcaro. Se tu 'l farai, giugnerai in terra di promissione (= una terra prom essa). Altro non dico. Dio ti riempia della sua dolcissima grazia. Lettera 112. Alla Contessa Benedetta, figliuola di Giovanni d'Agnolino Salimbeni da Siena. 7 Aprile L'anima fatta d'amore e non pu vivere senza amore 249 L'anima, ch' fatta d'amore e creata per amore alla immagine e similitudine di Dio, non pu vivere senza amore. N amerebbe senza il lume; onde se vuole amare, si conviene che vegga. Ma sai che vedere , e che amare quello degli uomini del mond o? uno vedere tenebroso e oscuro: e per la oscura notte non si discerne la verit. Ed uno amore mortale, per che d morte nell'anima, tollendole la vita della grazia . Ma perch oscuro questo vedere? Perch s' posto nella oscurit delle cose transitorie del mondo, avendosele poste dinanzi a se, fuore di Dio; cio che non le ragguarda nella sua bont, ma solo le ragguarda per diletto sensitivo; il quale diletto e a more sensitivo mosse lo intelletto a vedere e cognoscere cose sensitive. Onde qu est'affetto le d morte commettendo la colpa, e tollele la vita della grazia. Pero cch neuna cosa si pu amare, n vedere, fuore di Dio, che non ci dia morte; e per quel lo che s'ama, si dee amare in lui e per lui, cio ricognoscere s e ogni cosa dalla sua bont. Sicch vedi che questi ama e vede; perocch senza amare e senza vedere non si pu vive re. Ma differente l'amore degli uomini del mondo, il quale d morte, dall'amore de l servo di Dio, che d vita; perocch l'amore che s'acquista dal sommo ed eterno amo re, d vita di grazia. 250 O carissima figliuola, e non vedi tu che noi siamo un arbore d'amore, perch s iamo fatti per amore? Ed si ben fatto questo arbore, che non alcuno che 'l possa impedire che non cresca, non tollergli il frutto suo, se egli non vuole. E bagl i dato Dio a questo arbore uno lavoratore, che l'abbia a lavorare, per che gli pi ace; e questo lavoratore il libero arbitrio. E se questo lavoratore l'anima non l'avess e, non sarebbe libera; non essendo libera, averebbe scusa del peccato; la quale (= la quale scusa) non pu avere; perocch neuno , n il mondo, n il demonio, n la fragil e carne, che costringnerla possa a colpa alcuna, se essa non vuole. Perocch questo arbore ha in s la ragione, se il libero arbitrio la vuole usare; e ha l'occhio dello intelletto, che cognosce e vede la verit, se la nebbia dell'amo r proprio non gliel'offusca. E con questo lume vede dove debbe essere piantato l 'arbore; perocch, se noi vedesse e non avesse questa dolce potenzia dell'intellet to, il lavoratore averebbe scusa, e potrebbe dire: Io ero libero; ma io non vede vo in che io potevo piantare l'arbore mio, o in alto o in basso. Ma questo non pu dire; per che ha lo intelletto che vede, e la ragione, la quale u

no legame di ragionevole amore, con che pu legarlo e innestarlo nell'arbore della vita Cristo dolce Ges. Debbe dunque piantare l'arbore suo, poi che l'occhio dell 'intelletto ha veduto il luogo, e in che terra egli debba stare, a volere produc ere frutto di vita. Se 'l lavoratore del libero arbitrio allora il pianta l dove debba essere piantato, cio nella terra della vera umilt; perocch noi dee ponere in sul monte della superbia, ma nella valle della umilt; allora produce fiori odorif eri di virt, e singolarmente produrr quello sommo fiore della gloria e loda al nom e di Dio. E tutte le sue operazioni e virt, le quali sono dolci fiori e frutti, r iceveranno odore da questo. Questo quel fiore che fa fiorire le virt nostre; il q uale fiore Dio vuole per s, e il frutto vuole che sia nostro. Di questo arbore eg li vuole solamente questi fiori della gloria, cio che noi rendiamo gloria e loda al nome suo; e 'l frutto d a noi, per ch'egli non ha bisogno di nostri frutti, per ch a lui non manca alcuna cosa. Perch'egli Colui che . Ma noi, che siamo coloro ch e non siamo, n'abbiamo bisogno. Noi non siamo per noi, ma per lui; per ch'egli ci ha dato l'essere, e ogni grazia che abbiamo sopra l'essere. Ch a lui utilit non p ossiamo fare. E perch la somma ed eterna bont vede che l'uomo non vive de' fiori, ma solo del frutto, perocch del fiore morremmo, e del frutto viviamo; per (= perci) tolte il fiore per se, e il frutto d a noi. 251 Io ti voglio dire in che campo sta questa terra. La terra la vera umilt, come detto ; e 'l luogo dov'ella , 'l giardino chiuso del cognoscimento di se. Dico ch e chiuso, perch l'anima che sta nella cella del cognoscimento di se medesima, ell a chiusa e non aperta, cio che non si diletta nelle delizie del mondo, e non cerc a le ricchezze, ma povert volontaria. E quando il demonio le desse laide e diverse cogitazioni con molte fatiche di me nte e disordinati timori, allora ella non s'apre, ponendoseli a investigare, n a voler sapere perch vengano, n a stare a contendere con loro; e non spande il cuore suo per confusione n per tedio di mente; n abbandona gli esercizi suoi. Anco si s erra e si chiude colla compagnia della speranza e col lume della santissima fede . E ponsi sempre per obietto Cristo crocifisso, dilettandosi di stare in croce c on lui; e col pensiero caccia il pensiero. Or questo il dolce luogo dove sta la terra della vera umilt. Lettera 113. Alla contessa Benedetta. figliuola di Giovanni d'Agnolino Salimbeni . 8 Aprile Il cuore nostro fa come la spugna 252 Allora l'affetto sta unito coll'affetto di Cristo crocifisso, e coll'amore t rae a se l'amore, cio coll'amore ordinato, che leva sopra il sentimento sensitivo , trae a se l'amore affocato di Cristo crocifisso. Perocch il cuore nostro, quand o innamorato d'amore divino, fa come la spugna che trae a s l'acqua. Perch la spug na se non fosse messa nell'acqua, non la trarrebbe a se, non ostante che la spug na sia disposta dalla parte sua. E cos ti dico che se la disposizione del cuore n ostro il quale disposto e atto ad amare; se il lume della ragione e la mano del libero arbitrio no 'l leva e congiunge nel fuoco della divina carit, non s'empie mai della grazia di Dio; ma se s'unisce, sempre s'empie. E per ti dissi che dall' amore e coll'amore si trae l'amore. 253 Poi che 'l vasello del cuore pieno, e egli innacqua l'arbore coll'acqua dell a divina carit del prossimo. La quale una rugiada e una piova che innacqua la pia nta dell'arbore e la terra della vera umilt e ingrassa essa terra e il giardino d el cognoscimento di se, per che allora condito col condimento del cognoscimento d ella bont di Dio in s. Tu sai bene che l'arbore [se] non bene innaffiato della rug iada e della piova, e riscaldato dal caldo del sole, non producerebbe il frutto; onde non sarebbe perfetto, ma imperfetto. Cos l'anima, la quale uno arbore, come detto , perch (= bench) fusse piantato, e non innaffiato colla piova della carit de l prossimo e colla rugiada del cognoscimento di se, e scaldato del sole della di vina carit; non sarebbe frutto di vita, n il frutto suo sarebbe maturo. 254 Poi che l'arbore cresciuto; e egli distende e' rami suoi, porgendo frutto di santissime e umili e continue orazioni, dandogli esempio di santa e buona vita.

E anco li distende, quando pu, sovvenendo della sostanzia temporale con largo e liberale cuore, schietto e non finto, cio che mostri una cosa in atto, o non sia in fatto; ma schiettamente e con affettuosa carit il serve di qualunque servizio egli pu, e che vede egli abbia bisogno giusta il suo potere. La carit non cerca le cose sue (I Cor 13, 5), e non cerca s per s, ma s per Dio, per rendere e' fiori della gloria e loda al nome suo; e non cerca Dio per s, ma Dio per Dio, in quanto degno d'essere amato da noi per la bont sua; e non ama n cerca n serve il prossimo suo per se, ma solo per Dio, per rendergli quello debito il q uale a Dio non pu rendere, cio di fare utilit a Dio. Perch gi io ti dissi che utilit a Dio non possiamo fare; e per il fa Dio fare al prossimo suo; il quale uno mezzo, che c' posto da Dio per provare la virt, e per mostrare l'amore che abbiamo al do lce ed eterno Dio. Lettera 113. 9 Aprile Vigili il can da guardia della coscienza e abbai ai nemici 255 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi vero combattitore, e non schifare i c olpi, come fane (= fa) il vile cavaliere. Figliuolo mio dolce, noi siamo posti i n questo campo della battaglia; e sempre ci conviene combattere, e d'ogni tempo e in ogni luogo noi abbiamo e' nemici nostri, e' quali assediano la citt dell'ani ma; ci sono la carne con lo disordinato diletto sensitivo, 'l mondo coll'onore e con le delizie sue, e il dimonio con la sua malizia. Il quale, per impedire il s anto desiderio dell'anima, si pone con molti lacciuoli, o per se medesimo, o col mezzo della creatura, in su la lingua de' servi suoi, facendo parole piacentier e e di lusinghe o di minacce o di mormorazioni o d'infamie. E questo fa per cont ristare l'anima e per farla venire a tedio nelle buone e sante operazioni. Ma no i, come cavalieri virili, deviamo resistere, e guardare questa citt, e serrare le porte de' disordinati sentimenti. E ponere per guardia il cane della coscienzia , sicch, quando il nemico passa, gli abbai, e cos dester l'occhio dell'intelletto, e veder se egli amico o nemico, cio o vizio o virt, che passi. A questo cane si conviene dare bere e mangiare: bere se gli (= gli si) conviene dare il sangue, e mangiare il fuoco, acci che si levi dal freddo della negligenzi a; e cos diventer sollecito. A te dico, figliuolo Agnolino, dgli mangiare, a questo tuo cane della coscienzia, fuoco di ardentissima carit, e bere del sangue dell'A gnello immacolato, aperto in croce, Il quale da ogni parte del corpo suo versa s angue. Perch noi abbiamo che dargli bere. E cos facendo, sar tutto rinvigorito; e s arete vero combattitore. 256 E tollete il coltello dell'odio e dell'amore, cio odio e dispiacimento del vi zio, ed amore della virt; e il nemico della carne nostra, che il pi pessimo e malv agio nemico che noi possiamo avere, sia ucciso, e il diletto suo, da questo colt ello. E la coscienzia il faccia vedere all'occhio dell'intelletto, quanto perico loso questo nemico del diletto carnale, che passa nell'anima; acci che l'uccida. E ragguardi la carne flagellata di Cristo crocifisso, acci si vergogni di tenere in piacere e in diletto disordinato, e in delizie il corpo suo. E il dimonio con le malizie e lacciuoli suoi, e' quali egli ha tesi per pigliare l'anime, si sconfigga con la virt della vera umilt. Abbai questo cane della cosci enzia, destando l'occhio dell'intelletto. E vegga quanto pericoloso a credere ag l'inganni suoi; e vollasi a se medesimo, e cognosca l'uomo se non essere, acci ch e non venga a superbia; perocch l'umilt quella che rompe tutti i lacciuoli del dim onio. Bene averebbe l'uomo da vergognarsi d'insuperbire, vedendosi se non essere , e l'esser suo avere da Dio, e non da se; e vedere Dio umiliato a lui. Perocch p er profonda umilt discese dalla somma altezza a tanta bassezza, quanto la carne n ostra. 257 Quando il nemico dell'onore e dello stato del mondo vuole entrare dentro, fa ', figliuolo, che gli abbai il cane della coscienzia tua, e desti la guardia del l'intelletto; acci che vegga che stabilit o fermezza non ha alcuno onore o stato d el mondo. Poi voglio che voi vediate, che il darsi disordinatamente a queste cose transito rie che passano come il vento, non ne sguita onore, ma vituperio; per che l'uomo s

i sottomette a cosa meno di se, e serve a cose finite; ed egli (= l'uomo) infini to. Perocch l'uomo non finisce mai ad essere, bench finisca a grazia per lo peccat o mortale. E per se noi vogliamo onore e riposo e saziet, convienci servire e amar e cosa che sia maggiore di noi. Dio il nostro redentore, signore e padre, somma e eterna bont degno d'essere amat o e servito da noi; e per debito il deviamo fare, se vogliamo partecipare della divina grazia. Egli somma potenzia e saziet. Egli colui che sazia e empie l'anima e fortifica ogni debile; s che sta in pace e in quiete, e in saziet e in sicurt, e d'altro non si pu saziare. E per questa cagione che ogni cosa creata men che l'uomo. Adunque l o spregiare del mondo l'onore e la ricchezza dell'uomo. Lettera 114. Ad Agnolino di Giovanni d'Agnolino, de' Salimbeni da Siena. 10 Aprile Non siate come foglia che si muove ad ogni soffiar di vento 258 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi sposa ferma e fedele, e che non vi vo ltiate al vento, come fa la foglia. Non voglio che cos si volla l'anima vostra, n 'l santo desiderio, per veruno vento contrario di veruna tribolazione o persecuz ione che desse il mondo o il dimonio; ma virilmente, coll'affetto della virt e de lla perseveranzia e la memoria del sangue di Cristo, le passiate tutte. N per det to di neuna creatura si remava questo desiderio, che giungono con detti e con in iqui consigli loro. Onde voi sarete sposa fedele e ferma, fondata sopra la viva pietra, Cristo dolce Ges. Non perderete il vigore, e la parola non verr meno nella bocca vostra; anco, l'acquisterete; per che non debbe diminuire la virt n l'ardire in colui che desidera e vuole acquistare virt, ma debbe crescere. Ricordomi che, secondo il mondo, vi sete fatta temere, e messovi sotto piedi ogn i detto e piacere degli uomini; e questo fatto solo per lo miserabile mondo. Non debbe adunque aver meno vigore la virt; ma per una lingua, ne dovete aver dodici , e rispondere arditamente a' detti del dimonio, che vuole impedire la salute vo stra. E se terrete silenzio, sarete ripresa nell'ultimo d; e detto sar a voi: Male detta sia tu che tacesti! (Is 6, 5). E per non aspettate quella dura reprensione. Son certa, se vorrete seguitare l'Agnello derelitto e consumato in croce per la via delle pene, strazi, obbrobri e villanie, che non terrete silenzio. Lettera 115. A Monna Isa, figliuola che fu di Giovanni d'Agnolino Salimbeni. 11 Aprile Come vivere santamente nel matrimonio 259 Egli Colui che ; e noi siamo coloro che non siamo, e l'essere nostro aviamo d a lui. Bene lo vedete manifestamente; per che talora noi vorremmo la vita, e conv ienci avere la morte; e vogliamo la sanit, e siamo infermi; e tenere i figliuoli e ricchezze e le delizie del mondo, perch ci dilettano, e conviencele lassare. Questa la verit, o che elleno lassano n oi per divina dispensazione, o noi lasciamo loro per mezzo della morte, partendo ci da questa tenebrosa vita. Sicch vedete che noi non siamo cavelle (= alcunch) pe r noi medesimi; se non pieni di peccati e di molta miseria: questo solo nostro, e ogni altra cosa di Dio. 260 Levate, levate l'affetto e 'l desiderio vostro dal mondo, e ponetelo in Cris to crocifisso, che fermo e stabile, e che non viene mai meno, n vi pu esser tolto se voi non volete. Non dico per che voi non stiate nel mondo, o nello stato del m atrimonio pi che voi vogliate, n che voi non governiate i vostri figliuoli, n l'alt ra famiglia, secondoch vi richiede lo stato vostro; ma dico che viviate con ordin e, e non senz'ordine. E in ci che voi fate, ponetevi Dio dinanzi agli occhi; e st ate nello stato del matrimonio, e andate con timor santo e come a sacramento. E avere in riverenzia e' comandamenti della santa Chiesa, quanto egli possibile a voi. E li figliuoli nutricarli nelle virt e netti santi comandamenti dolci di Dio . Perch non basta alla madre e al padre di notricargli solamente il corpo; ch ques to fanno li animali, di nutricare e' suoi figliuoli; ma debbe nutricare l'anima

nella grazia, giusta il suo potere, riprendendoli o castigandoli nelli difetti c he commettessero. E sempre vegliate che usino la confessione spesso, e la mattin a odano la messa, o almeno li d comandati dalla santa Chiesa. E cos sarete madre d ell'anima del corpo. Son certa che se averete vero cognoscimento di Dio e di voi , come detto , voi 'l farete. Perocch senza questo cognoscimento noi potreste fare . Lettera 116. A Monna Pantasilea, donna di Ranuccio da Farnese. 12 Aprile Sul distacco del cuore da parenti e amici per servire Cristo 261 Carissima madre e figliuola in Cristo dolce Ges. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Ges Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vestite del fuoco della divina carit, s e per siffatto modo, che ogni pena e tormento, fame e sete, persecuzioni e ingiurie, scherni, strazi e villanie, e ogni cosa portiate con vera pazienza, imparando dallo svenato e consumato Agnel lo, il quale con tanto fuoco d'amore corse all'obbrobriosa morte della croce. Accompagnatevi dunque con la dolcissima madre Maria, la quale, acciocch i discepo li santi cercassero l'onore di Dio e la salute dell'anime, seguitando le vestigi e del dolce Figliuolo suo, consente che i discepoli si partano dalla presenza su a, avvegnach sommamente gli amasse; ed ella rimane come sola e peregrina. E i dis cepoli che l'amavano smisuratamente, anco con allegrezza si partono, sostenendon e ogni pena per onore di Dio; e vanno fra i tiranni, sostenendo le molte persecu zioni. E se voi gli dimandaste: Perch portate voi cos allegramente, e partitevi da Maria? Risponderebbero: Perch abbiamo perduti noi, e siamo innamorati dell'onore di Dio e della salute dell'anime. 262 Cos voglio dunque, carissima madre e figliuola, che facciate voi. E se per fi no ad ora non fuste state, voglio che siate arse nel fuoco della divina carit, ce rcando sempre l'onore di Dio e la salute dell'anime. Altrimenti stareste in gran dissima pena e tribolazione, e terrestevi me. Sappiate, carissima madre, che io, miserabile figliuola, non son posta in terra per altro: a questo m'ha eletta il mio Creatore. So che sete contenta che io l'obedisca. Pregovi che, se vi paress e che io stessi (= lontana da voi) pi che piacesse alla vostra volont, voi stiate contenta; perocch io non posso fare altro. Credo che, se voi sapeste il caso, voi stessa mi ci mandereste. Io sto per ponere rimedio a uno grande scandalo, se io potr. E per ne preghiate tutti Dio, e cotesta vergine gloriosa (= S. Agnese di Mo ntepulciano), che ci mandi effetto che sia buono. Dio vi doni la sua dolce ed et erna benedizione a tutte. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezion e di Dio. Ges dolce, Ges amore. Lettera 117. A Monna Lapa sua madre, e a Monna Cecca, nel monasterio di Santa Ag nesa di Montepulciano. Scritta da Rocca d'Orcia. 13 Aprile Missione apostolica di Caterina alla Rocca d'Orcia 263 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi figliuole obbedienti, unite in vera e perfetta carit. La quale obedienzia e amore vi far smaltire Ogni pena e tenebre; perch l'obedienzia tolte quella cosa che ci d pena, cio la propria e perversa volon t; che si annega e uccide nella santa e vera obedienzia. Consuma e dissolvesi la tenebra per l'affetto della carit ed unione, perch Dio vera carit e sommo eterno lu me. Chi ha per sua guida questo vero lume, non pu errare il cammino. E per io vogl io, carissime figliuole, poich tanto necesario, che vi studiate di perdere le vol ont vostre, e di avere questo lume. Questa quella dottrina che sempre mi ricorda che v' stata data, bench poca n'aviat e impresa. Quello che non fatto, vi prego, dolcissime figliuole, che 'l facciate . E se voi noi faceste, stareste in continua pena, e terrestevi me miserabile ch e merito ogni pena. A noi conviene fare, per onore di Dio, come fecero gli apostoli santi. Poi che e bbero ricevuto lo Spirito Santo, si separarono l'uno dall'altro, e da quella dol

ce madre Maria. Poniamoch sommo diletto loro fusse lo stare insieme, nondimeno es si abbandonarono il diletto proprio, cercarono l'onore di Dio e la salute dell'a nime. E perch (= bench) Maria gli parta da s, non tengono per che sia diminuito l'am ore, n che siano privati dell'affetto di Maria. Questa la regola che ci conviene pigliare a noi. 264 Grande consolazione so che v' la mia presenzia. Nondimeno, come vere obedient i, dovete voi la consolazione propria, per onore di Dio e salute dell'anime, non cercare; e non dare luogo al dimonio, che vi fa vedere d'essere private dell'af fetto e dell'amore ch'io ho alle anime e a' corpi vostri. Se altrimenti fusse, n on sarebbe fondato in voi. E io vi fo certe di questo, che io non v'amo altro ch e per Dio. E perch pigliate pena tanto disordinata delle cose che si vogliono far e per necessit? O come faremo, quando ci converr fare i gran fatti, quando ne' pic cioli veniamo cos meno? Egli ci converr stare insieme e separati secondo che e' te mpi ci verranno. Test (= ora) vuole e permette il nostro dolce Salvatore che noi siamo separate per suo onore. 265 Voi siete in Siena, e Cecca e la nonna (= monna Lapa) sono a Monte Pulciano. Frate Bartolomeo e frate Matteo vi saranno e sonovi stati. Alessa e monna Bruna sono a Monte Giovi, di lunga da Monte Pulciano diciotto miglia; e sono con la c ontessa (= Benedetta Salimbeni) e con madonna Isa. Frate Raimondo e frate Tomaso e monna Tomma e Lisa e io, siamo alla Rocca fra' mascalzoni. E mangianti tanti dimoni incarnati (= grandi peccatori), che frate Tomaso dice che gli duole lo st omaco. E con tutto questo non si pu saziare. E pi appetiscano; e trovanci lavoro p er uno buono prezzo (= la ricompensa del salvare anime). Pregate la divina bont c he lor dia di grossi e dolci e amari bocconi. Pensate che l'onore di Dio e la sa lute dell'anime si vede molto dolcemente. Voi non dovete volere altro n desiderar e. Facendo questo, non potete fare cosa che pi piaccia alla somma eterna volont di Dio, e alla mia. Or su, figliuole mie, cominciate a fare sacrifizio delle volon t vostre a Dio. E non vogliate sempre stare al latte; ch ci conviene disponete i d enti del desiderio ad ammorsare il pane duro e muffato, se bisognasse. Noi torne remo pi tosto che si potr, secondo che piacer alla divina bont. Permanete nella sant a e dolce dilezione di Dio. Ges dolce, Ges amore. Lettera 118. A monna Caterina dello Spedaluccio e a Giovanna di capo in Siena. 14 Aprile Non volgere mai il capo indietro a guardare l'arato 266 Desidera l'anima mia di vedere te, e l'altre, schiette e virili; e che non v i voltiate mai per veruno vento che vi venisse. Guarda che tu non volli il capo a dietro; ma va sempre innanzi, tenendo a mente la dottrina che t' stata data. E ogni d, di nuovo fa' che entri nell'orto dell'anima tua col lume della fede, a tr arne ogni spina che potesse affocare (= affogare) il seme della dottrina data a te, e a rivollere la terra: cio che ogni d spogli il cuore tuo. Questo di necessit di spogliarlo continuamente; perocch spesse volte ho veduto di quelli, che paruto che siano stati spogliati, che io gli ho trovati vestiti, per prova d'opere pi c he per parole. Con la parola parrebbe il contrario, ma l'operazione dimostra l'a ffetto. Voglio dunque che tu in verit spogli il cuore; seguitando Cristo crocifis so. E fa che il silenzio stia nella bocca tua. Sonmi avveduta; che poco credo che l'altra l'abbia tenuto (= il silenzio). Di qu esto molto m'incresce. S'egli cos, come mi pare, vuole il mio creatore che io por ti, e io son contenta di portare; ma non son contenta dell'offesa di Dio. 267 Scrivestimi che pareva che Dio ti costringesse nell'orazione a pregare per m e. Grazia sia alla divina bont, che tanto amore ineffabile dimostra alla miserabi le anima mia. Dicesti ch'io ti scrivessi se io avevo pena, e se io avevo delle m ie infermit usate in questo tempo. A che ti rispondo che Dio ha proveduto mirabil mente, dentro e di fuore. Nel corpo ha proveduto molto in questo Avvento, facend o spassar le pene con lo scrivere; e vero che, per la bont di Dio, elle sono pi ag gravate che elle non solevano. E se egli l'ha pi aggravate, ha proveduto; che Lis a guarita, subito che frate Santi inferm; che stato in su la estremit della morte. Ora quasi miracolosamente tanto migliorato, che si pu dire guarito. 268 Ma pare che lo Sposo mio della Verit eterna abbia voluto fare una dolcissima

e reale prova dentro e di fuore: di quelle che si veggono, e di quelle che non s i veggono, che sono molto pi, innumerabilmente, che quelle che si veggono. Ma egl i ha tanto dolcemente proveduto, insieme con la prova, che la lingua non sarebbe sufficiente a narrarlo. Onde io voglio che le pene mi siano cibo, le lagrime be veraggio, il sudore mio unguento. Le pene voglio che mi ingrassino, le pene mi g uariscano, le pene mi diano lume, le pene mi diano sapienzia, le pene mi rivesta no la mia nudit, le pene mi spoglino d'ogni proprio amore, spirituale e temporale . La pena della privazione delle consolazioni d'ogni creatura m'ha richiesta, nell a privazione delle virt, in cognoscere la imperfezione mia, e il perfettissimo lu me della dolce Verit, proveditore e accettatore de' santi desiderii, e non delle creature; quello che non ha ritratto a dietro la sua bont verso di me per la mia ingratitudine, per lo poco lume e cognoscimento mio; ma solamente ha ragguardato a se, che sommamente buono. 269 Pregoti per l'amore di Ges Cristo crocifisso, direttissima figliuola mia, che non allenti l'orazione; anco, la raddoppia; perocch io ne ho maggiore bisogno ch e tu non vedi; e che tu ringrazi la bont di Dio per me. E pregalo che mi dia graz ia che io dia la vita per lui, e ch'el tolla, se gli piace, il peso del corpo mi o; perocch la vita mia di poca utilit ad altrui; ma piuttosto penosa, e gravezza a d ogni creatura, da lunga e da presso, per li peccati miei. Dio per la sua piet m i tolla tanti difetti; e questo poco del tempo che io ho a vivere, mi faccia viv ere spasimata per l'amore della virt; e con pena offeri dolorosi e penosi desider ii dinanzi a lui per la salute di tutto quanto il mondo, e per la reformazione d ella santa Chiesa. 270 Godi, godi in croce con meco; sicch la croce sia un letto dove si riposi l'an ima; una mensa dove si gusti il cibo, e il frutto della pazienza con pace e con quiete. Sia fatta la volont di Dio. Il nostro Salvatore m'ha posta in su l'Isola (= la Rocca Salimbeni), e da ogni parte i venti percuotono. Ognuno goda in Cristo crocifisso, di lunga l'uno dall'altro. Srrati nella casa de l cognoscimento di te. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Ges dolce, Ges amore. Lettera 119. A Monna Alessa, vestita dell'abito di Santo Domenico, quando era al la Rocca. 15 Aprile Cristo crocifisso, scala per il cielo 271 Dovianci levare e salire all'altezza delle virt, aprendo l'occhio dell'intell etto a ragguardare in sul legno della croce, dove noi troviamo l'Agnello, arbore di vita, che del corpo suo ha fatto scala. Il primo scaglione (= gradino) che ci ha insegnato a salire, sono e' piedi, cio l 'affetto; ch, come e' piedi portano il corpo, cos l'affetto porta l'anima. Essendo saliti il primo, cio co' piedi confitti e chiavellati in croce, troverete l'affe tto spogliato del suo disordinato amore. Giugnendo al secondo, cio al costato aperto di Cristo crocifisso, e vedrete il se creto del cuore; con quanto amore ineffabile ci ha fatto bagno del sangue suo. N el primo si leva, e si spoglia l'affetto, nel secondo gusta l'amore che trova ne l cuore aperto di Cristo. Vedendo il terzo scaglione, e giungendo cio alla bocca del Figliuolo di Dio, nutr icasi nella pace. Ch, poi che l'anima vestita d'amore di Cristo crocifisso, e spo gliata del perverso amore sensitivo che gli d guerra, ha trovata la pazienza; e o gni amaritudine gli pare dolce; anco, si diletta nelle persecuzioni e tribolazio ni del mondo, da qualunque lato Dio le concede, perch ha trovata la pace della bo cca. La persona che d la pace, s'unisce con lui a cui la d. Cos l'anima, vestita de lle virt, con affetto d'amore gusta Dio, ed unisce la bocca del santo desiderio n el desiderio di Dio, ed in esso desiderio di Dio s'unisce con pace e quiete. Sic ch vedete che Cristo crocifisso ha fatto la scala del corpo suo, acciocch noi sagl iamo all'altezza del cielo della vita durabile, dov' vita senza morte, e luce sen za tenebre, e saziet senza fastidio, e fame senza pena. Ch, come dice santo Agosti

no, di lunga il fastidio della saziet, e di lunga la pena della fame, perch e' cit tadini che sono a vita eterna, di quello che hanno fame e desiderio, sono saziat i nella eterna visione di Dio. Lettera 120. A Monna Rabe di Francesco de' Tolomei 16 Aprile Per ben governare lo stato occorre prima ben governare se stessi 272 Io Catarina scrivo a voi, con desiderio di vedervi veri signori e con cuore virile; cio che signoreggiate la propria sensualit con vera e reale virt, seguitand o il nostro Creatore. Altramenti, non potreste tenere giustamente la signoria temporale, la quale Dio vi ha concessa per sua grazia. Conviensi dunque che l'uomo che ha a signoreggiare altrui, o governare, signoreggi e governi prima s. Come potrebbe il cieco vedere e guidare altrui? Lo 'nfermo governare lo 'nfermo; il povero sovvenire al povero? Non potrebbe. Veramente, signori carissimi, che chi cieco e ha offuscato l'occhio dell'intelle tto suo per lo peccato mortale, non cognosce n se, n Dio. Male potr dunque vedere o correggere il difetto del suddito suo. E se pure il corregge, il corregge con q uella tenebra e con quella imperfezione ch'egli ha in s. E spesse volte, per lo p oco cognoscimento, ho veduto e veggo punire e' difetti col dove non sono, e non p unire quelli che sono iniqui e cattivi, che meriterebbono mille morti. Il poco l ume non lascia discernere la verit, e pone la calunnia col dove ella non ; e genera il sospetto in coloro de' quali egli si pu sicurare e fidare; e fidandosi di col oro che sono radicati nell'amore proprio di loro medesimi, e' quali per ogni ven to si vollono. 273 Dico che il morto non pu sotterrare il morto; cio che colui che morto a grazia , non ha n ardire n vigore di sotterrare il morto del difetto del prossimo suo, pe rch si sente in quella medesima morte ch' egli; e per noi vuole, n sa correggere, ve dendosi in quella infirmit medesima; e non se ne cura. Non si cura del suddito su o, perch (= bench) egli il vegga infermo. E anco tanta la gravezza della infirmit d el peccato mortale, che non vi pone rimedio, se prima non cura se medesimo. Esso fatto ch'egli sta in peccato mortale, venuto in povert, e perduta ha la ricchezza delle vere e reali virt, non seguitando le vestigie di Cristo crocifisso; e per n on pu sovvenire al povero, privato, come dissi, della ricchezza della divina graz ia. E che maggior povert si pu avere, che esser privato del lume della sanit e dell a vita? Non so che peggio si possa avere. Questi tali dunque non sono buoni n att i a governare altrui, poich non governano loro. 274 Vogliate, vogliate aprire l'occhio dell'intelletto, e non essere tanto accec ati col tanto disordinato timore. Vogliate credere e fidarvi de' servi di Dio, e non begl'iniqui servi del dimonio, che per ricoprire la iniquit loro vi fanno ve dere quel che non . Troppo sarebbe dunque grande ruina a farlo. Ma tagliate la li ngua del mormoratore, cio riprendere e non dar fede a colui che mormora. Cos facen do, userete l'atto della virt; e leverannosi via molti scandali. Ma pare che i pe ccati nostri non meritino ancora tanto. Tutto il contrario pare che si faccia; c io che li cattivi sono uditi, e i buoni sono spregiati. Ma non si lascer per per la ingratitudine e per le ignoranzie de' miei cittadini, che non s'adoperi infino alla morte per la salute vostra. Impareremo da quel dol ce di Paolo, che dice: Il mondo ci bestemmia, e noi benediciamo; egli ci persegu ita e ci caccia, e noi pazientemente portiamo (I Cor 4, 12). E cos faremo noi: se guiteremo la regola sua. La verit sar quella cosa che ci liberer (Gv 8, 32). Io v'a mo pi che non v'amate voi; e amo lo stato pacifico e la conversazione vostra, com e voi. La vita voglio lasciare per questo, se io n'avessi mille. Lettera 121. A' Signori Difensori, e Capitano del popolo della citt di Siena, ess endo essa a Sant'Antimo. 17 Aprile La fede senza le opere della carit morta 275 Sapete che la fede senza l'opere morta (Gc 20, 26). Non basterebbe a noi e a

lla nostra salute, l'avere ricevuta la forma della fede colla divina grazia quan do riceviamo il santo Battesimo. Basta bene al fanciullo parvolo, che morendo ne lla puerizia sua, riceve vita eterna solo col mezzo del sangue dell'Agnello; ma poi che siamo venuti ad et perfetta, avendo solamente il santo Battesimo, non ci basterebbe, se non esercitassimo il lume della fede, con amore. Onde a noi avvie ne come all'occhio del corpo; per che, perch (= sebbene) l'uomo abbia l'occhio, e sia puro e sano a poter vedere, se egli non l'apre col libero arbitrio, che egli ha a poterlo aprire, e con amore della luce, pu dire che, avendo l'occhio, non a bbia l'occhio. L'occhio ha per la bont del Creatore; e non ha la virt dell'occhio per difetto della propria volont, che non l'apre. Pu adunque dire che sia morto, e non fa frutto. Cos carissimo figliuolo, Dio, per l'infinita sua bont, ci ha dato l'occhio dell'in telletto, il quale occhio empie dandoci il lume della fede nel santo Battesimo, e con esso il libero arbitrio, togliendo il legame del peccato originale. Ora ch iede Dio, poich siamo venuti a et compiuta, d'avere cognoscimento, che quest'occhi o che egli ci ha dato, s'apra col libero arbitrio, e con amore della luce. 276 Sai che n'esce di questo lume? Un'acqua pacifica, chiara, e senza veruna mac ula; e non conturbata dalla avversit per impazienza, n per molestie di dimonio, n p er ingiurie, n per persecuzioni, n per mormorazioni d'uomini. Giammai si muove, ma sta ferma, perch ha gi veduto che Dio il permette per il suo bene, e per dargli i l fine suo per lo quale fu creato. Questa la via; e neuna altra ce n'. Se altra v ia ci fosse stata, averebbe detto che neuno andasse al Padre se non pel Padre; m a egli non disse cos, perch nel Padre non cade la pena, ma s nel Figliuolo e ad ess o convien passare per la via della pena. Adunque ci convien seguitare Cristo crocifisso, che via, e regola nostra. Lettera 122. A Salvi di misser Pietro, orafo in Siena. 18 Aprile Sul ben governare la citt propria e la citt prestata 277 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi uomini virili, e non timorosi governa tori della citt propria e della citt prestata, considerando me che 'l timore servi le impedisce e avvilisce il cuore, e non lascia vivere n adoperare come a uomo ra gionevole, ma come animale senza veruna ragione. Perocch il timore servile esce e procede dall'amore proprio di se. E quanto egli pericoloso l'amore proprio di s e noi 'l veggiamo in signori e in sudditi, in religiosi e in secolari, e in ogni maniera di gente; perocch non attendono ad altro che a loro medesimi. Onde se egli suddito secolare, mai non obedisce n osserva quello che gli imposto per lo suo signore; e s'egli signore, mai fa giustizia ragionevolmente, ma con a ppetito sensitivo commette molte ingiustizie, chi per propria utilit, e chi per p iacere agli uomini, giudicando secondo la volont d'altrui, e non secondo la verit. Ovveramente, che egli teme di dispiacere; il quale dispiacere gli tollerebbe la signoria. Onde d'ogni cosa piglia timore e sospetto, con molta cecit, per che il piglia col dove non debbe, e noi piglia col dove debbe. 278 O amore proprio e timore servile, tu acciechi l'occhio dell'intelletto, e no n gli lasci cognoscere la verit. Tu tolti la vita della grazia, la signoria della citt propria e quella della citt prestata. Oh cecit d'amore proprio! Oh timore dis ordinato! Tu giugni a tanta cecit, che non tanto che tu condanni la comune gente, e gl'iniqui uomini, i quali giustamente si potrebbono condannare e temere della falsit loro, ma tu lasci il timore dell'iniquo, e condanni il giusto, recandoti a dispetto e' poverelli servi di Dio. Ma veramente, carissimi fratelli, questo quel perverso timore e amore che uccise Cristo; perocch temendo Pilato di perdere la signoria, accec, e non cognobbe la v erit; e per questo uccise Cristo. E nondimeno gli venne in capo quello di che tem eva, perocch poi egli perd l'anima e il corpo, e la signoria. Onde a me pare che t utto il mondo sia pieno di questi Pilati. 279 Ma bene desidera l'anima mia di vedervi fondato nel santo e vero timore di D io. Egli quello timore santo che si pone Dio dinanzi all'occhio suo; e innanzi e legge la morte, che offendere Dio o il prossimo suo, o che volesse fare una ingi

ustizia, o una giustizia che non la rivolga o vegga da ogni lato prima che la fa ccia. Di questo dunque santo timore avete bisogno, e cos possederete la citt propr ia e la citt prestata e non sar dimonio n creatura che ve la possa torre. La citt propria la citt dell'anima nostra, la quale si possiede con santo timore f ondato nella carit fraterna, pace ed unit con Dio e col prossimo suo; con vere e r eali virt. Signoria prestata sono le signorie delle cittadi o altre signorie temp orali, le quali sono prestate a noi, secondo che piace alla divina bont, e second o i modi e i costumi de' paesi: onde o per morte o per vita (= trascorso il temp o convenuto) elle trapassano. Sicch per qualunque modo egli , veramente elle sono prestate. Colui che signoreggia se, la posseder con timore santo, con amore ordinato e non disordinato; come cosa prestata e non come cosa sua. Guarder la prestanza ( = l'i mprestito) della signoria che gli data, con timore e riverenzia di colui che gli ela di. Solo da Dio l'avete avuta; s che quando la cosa prestata c' richiesta dal S ignore, ella si possa rendere senza pericolo di morte eternale. 280 Or con uno, dunque, santo e vero timore voglio che voi possediate. E dicovi che altro rimedio non hanno gli uomini del mondo a voler conservare lo stato spi rituale e temporale, se non di vivere virtuosamente. Perocch per altro non vengon o meno se non per li peccati e difetti nostri. E per levate via la colpa, e sar to lto via il timore; e arete (= avrete) cuore vigoroso o non timoroso; e non arete paura dell'ombra vostra. Non dico pi. Perdonate alla mia presunzione. L'amore ch'io ho a voi e a tutti gli altri cittadini, e il dolore ch'io ho de' modi e costumi vostri, poco ordinati secondo Iddio, me ne scusi dinanzi a lui e a voi. Altro non dico qui, bench molto arei da dire. Lettera 123. Ai Signori difensori della citt di Siena. 19 Aprile Io non lascio le 99 per l'una, ma avendo cura particolare dell'una l'ho anche pe r ognuna delle 99 281 Con debita reverenzia e pazienza portate ogni fatica; e non mormorando. E pe r questo modo saremo materia e strumento di torre le mormorazioni, e non di darl e. Cos voglio che noi facciamo. E specialmente vi prego e costringo che ne preghi ate la prima Verit per me, che n'ho bisogno, ch'io riceva lume perfetto a cognosc ere e vedere le pecorelle mie: le perdute e le acquistate; sicch io me le ponga i n su la spalla, e ritorni all'ovile con esse. 282 Grande ignoranzia della pecorella a non cognoscere il pastore suo alla voce. Tanto tempo avete udita la voce del pastore che quasi ne dovereste essere maest ri; e pare che facciate il contrario, andando dietro alle voci vostre, balando ( = belando), e non sapendo voi quello che vi diciate. Andate dietro al giudizio e consigli umani. Pare che tutti abbiate perduto il lume della fede, come se il p astore che v'ha data la voce, e vuole dare la vita per la salute vostra, vi chia masse con altra voce, cio con quella dell'uomo e non con la divina, e dolce volon t di Dio; dalla quale non si pu scordare (= discordare) l'anima per veruno detto d i creature, n per ignoranzia delle pecorelle, che non la compia in se ed in altru i. Cos fece il dolcissimo Ges, che non lasci per lo scandalo e mormorazione dei Giudei , n per ingratitudine nostra, che non compisse l'onore del Padre e la salute nost ra. Cos debbe fare cui Dio ha posto che sguiti questo Agnello: non voliere il capo addietro per veruna cosa che sia. E se le inferme pecorelle, che debbono essere sane, mormorano come inferme; non debbe per il pastore lassare coloro che stanno a fine di morte, vedendo di potere loro dare la vita; coloro che sono tutti cie chi, per loro che hanno male negli occhi. 283 N crediate ch'io lassi le novantanove, per l'una. Io vi dico cotanto che, del le novantanove, per ognuna delle novantanove, io n'ho novantanove; le quali ora non si vedono se non dalla divina bont, che 'l sa, Carit increata, il quale per oc culto frutto fa portare la fatica dell'andare, la gravezza dell'infirmit, il peso degli scandali e mormorazioni. Di tutto sia gloria e loda al nome di Dio. Sicch

l'andare e lo stare, non s' fatto se non secondo la sua volont, e non secondo quel la degli uomini. La gravezza del corpo, che io ho avuta, e ho, e principalmente la volont di Dio, m'ha tenuta ch'io non sono tornata. Il pi tosto che si potr, e lo Spirito Santo ce l permette, torneremo. Godete dello stare e dell'andare; e tutte le vostre cogit azioni si riposino qui su, tenendo che ogni cosa fa e far la divina Provvidenza. Se non ch'io sono colei che guasto ci che Egli fa e adopera, per la moltitudine d elle iniquit mie; e cos fo danno a voi e a tutto quanto il mondo. Pregovi quanto i o so e posso, che preghiate Dio che mi dia lume perfetto, sicch io vada morta per la via della verit. Lettera 12A. A misser Matteo, Rettore della Casa della Misericordia di Siena. 20 Aprile Duplice significato che pu avere il volgere il capo indietro a guardare l'arato 284 Scrivo a voi con desiderio di vedervi costanti e perseveranti nelle virt, per s fatto modo che non voltiate mai il capo a dietro a mirare l'arato. Il quale mi rare s'intende in due modi: l'uno si quando la persona uscita dal fracidume del mondo, e poi volle il capo col diletto della propria volont, ponendo l'occhio del l'intelletto sopra di loro (= alle cose lasciate). Costui non va innanzi; anco, torna indietro verso il vomito, mangiando quello che prima aveva vomitato. E per disse Cristo, che neuna si debba voliere indietro a mirare l'arato; cio non volle rsi a mirare le prime delizie, n ragguardare alcuna operazione fatta per se medes imo; ma ricognoscerla dalla divina bont. Sicch dunque debbe andare innanzi con la perseveranzia delle virt, e debbe non vollersi in dietro, ma dentro nel cognoscim ento di se medesimo, dove trova la larghezza della bont di Dio. Se questo cotale esercitato e ha dibarbicata la radice dell'amore proprio; va innanzi, e non voll e il capo indietro. Ma se al tutto non fosse dibarbicata spiritualmente, tempora lmente caderebbe nel secondo voliere del capo. 285 E sai, quando si volle questa seconda volta? Non alle delizie del mondo; ma quando l'anima avesse cominciato a metter mano ad arare la grande perfezione. La quale perfezione sta, in tutto (= in sostanza), in annegare e in uccidere la vo lont sua; e pi nelle cose spirituali che nelle temporali. Perocch le temporali le h a gi gittate da se; ma abbiasi cura delle spirituali. In questa perfezione ama l' anima in verit il Creatore suo, e le creature per lui, pi e meno, secondo la misur a con che essi amano. Dico dunque, che se la radice non al tutto divelta dell'amore proprio di se, che volter la seconda volta il capo indietro e offender la sua perfezione. Perocch o egli l'offende amando la creatura senza modo, e non con modo, il quale amore senza modo e senza misura si debbe dare solamente a Dio , ma la creatura amarla con modo e con la misura del suo Creatore. O egli si vol le ad allentare l'amore verso la creatura, la quale esso am di singolare amore; i l quale allentare, non essendovi la cagione della colpa, non pu essere che non al lenti quello di Dio; ma movendosi per mormorazioni o scandali, o per allungament o della presenzia di cui egli ama, o per mancamento di propria consolazione, non senza difetto. Questi cotali vollono il capo indietro, allentando la carit verso del prossimo suo. 285 bis Perocch io ho veduto voliere in dietro quegli, del quale io pensava ch'eg li avesse fatti s fatti ripari contra ogni vento, che neuno il potesse nuocere in fino alla morte; non credevo che punto vollesse la faccia, e non tanto la faccia , ma la miratura dell'occhio. Veramente questo segno che la radice non divelta, perocch, se ella fusse divelta, faremmo quello che debbono fare i veri servi di D io, i quali, n per spine, n per triboli, n per mormorazione, n per consigli delle cr eature, n per minacce n per timore de' parenti si vollono mai indietro. Ma in veri t seguiteremmo Cristo crocifisso in carcere ed in morte; e seguiteremmo le vestig ie sue, non senza il giogo della vera e santa obedienzia. 286 Di questo non dico. Ma di fuore da questo, me ne doglio, non per me; ma per l'offesa che fatta alla perfezione dell'anima. Perch verso di me fanno bene. Pero cch mi d, egli e gli altri, materia di cognoscere la mia ignoranzia e ingratitudin e, di non avere cognosciuto, n cognosca, il tempo mio e le grazie ricevute dal mi

o Creatore. Sicch a me fanno aumentare la virt. Ma non ho voluto tacere, perocch la madre tenuta di dire a' figliuoli quello lor bisogna. Parturito stato egli ( = da me Caterina), e gli altri con molte lagrime e sudori; e partorir infino alla m orte, secondo che Dio mi dar la grazia in questo tempo dolce della sollicitudine data a me e a questa povera famigliola dalla prima dolce Verit. E pare che di nuo vo voglia che si fornisca la navicella dell'anima mia, ricevendo solo la satisfa zione dal mio Creatore, con l'esercizio di cercare e cognoscere la dolce Verit, c on continue mugghia (= gemiti, muggiti) nel cospetto di Dio per la salute di tut to quanto il mondo. Dio ci dia grazia, a voi e a me, e ad ogni persona, di farlo con grande sollicitudine. Lettera 126. A Monna Alessia e a Monna Cecca. 21 Aprile La carit non si contenta di piccole cose, ma le vuole grandi 287 Oh fuoco, abisso di carit! Tu se' fuoco che sempre ardi e non consumi; tu se' pieno di letizia e di gaudio e di soavit. Il cuore che vulnerato di questa saett a, ogni amaritudine gli pare dolce, e ogni grande peso diventa leggero. Oh dilez ione dolce, che pasci e ingrassi l'anima nostra! E perch dicemmo che ardeva e non consumava; ora dico che egli arde e consuma, e distrugge e dissolve ogni difett o, ignoranzia, e ogni negligenzia che fusse nell'anima. Imperocch la carit non ozi osa, anco, adopera grandi cose. Io Catarina, serva inutile, spasimo di desiderio, rivolgendomi per le interiora dell'anima mia, per dolore e pianto, vedendo e gustando la nostra ignoranzia e n egligenzia, e non donare amore a Dio, poich tante grazie dona a noi con tanto amo re. Adunque, carissimi fratelli, non siate ingrati n sconoscenti; perocch agevolme nte si potrebbe seccare la fonte della piet in voi. O negligenti, negligenti, des tatevi da questo perverso sonno! Andiamo e riceviamo il re nostro, che viene a n oi umile e mansueto. 288 O superbi noi! Ecco il maestro dell'umilt che viene, e siede sopra l'asina. P er disse il nostro Salvatore che una delle cagioni, infra le altre, per la quale egli venisse sopra essa, si fu per dimostrare a noi la nostra umanit, in quello c he egli era venuto per lo peccato a dimostrare che ci conviene tenere, con quest 'asina della nostra umanit, quello modo che tenne egli, cio cavalcarla e signoregg iarla. O Verit antica, che ci hai insegnato il modo! Io voglio che tu sagli sopra quest' asina, e possegga te medesimo, umile e mansueto. Or non diciamo pi, perocch troppe cose averemo a dire. Non posso pi. Ma facciamo Cos, figliuoli e fratelli miei. Il canale aperto e versa; onde noi avendo bisogno di fornire la navicella dell'ani ma nostra, andiamo a fornirla ine, a quello dolcissimo canale, cio il cuore e l'a nima e 'l corpo di Ges Cristo. Ine troveremo versare con tanto affetto, che agevo lmente potremo empire l'anime nostre. E per vi dico: Non indugiate a mettere l'oc chio nella finestra (= apertura). Ch vi dico che quella somma bont ci ha apparecch iati i modi e li tempi da fare i grandi fatti per lui. E per vi dissi che voi fus te solliciti di crescere il santo desiderio. E non state contenti alle piccole c ose, perocch egli le vuole grandi. 289 E per tanto io vi dico che 'l papa (= Gregorio XI) mand di qua uno suo vicari o, ci fue il padre spirituale di quella Contessa che mor a Roma (= Brigida di Svez ia, morta a Roma il 23 luglio 1373); e colui che renunzi al vescovo (= vescovato) per amore delle virt, e venne a me da parte del Padre santo, dicendo che io dove ssi fare speciale orazione per lui e per la santa Chiesa. E per segno mi rec la s anta indulgenzia. Gaudete, dunque, et esultate, perocch il Padre santo ha cominci ato ad esercitare l'occhio verso l'onore di Dio e della santa Chiesa. 290 Cost verr un giovine che vi dar questa lettera. Dategli, di ci che egli vi dice, fede. Imperocch egli ha uno santo desiderio d'andare al Sepolcro (= il santo Sep olcro); e per egli ne va ora al santo Padre per lui e per alquante persone religi ose e secolari. Io ho scritta una lettera al Padre santo; e mandandolo pregando che, per amore d i quello dolcissimo sangue, egli ci dia licenzia acciocch noi diamo li corpi nost ri ad ogni tormento (= Caterina offre se stessa con i compagni a dar la vita per

Cristo in una eventuale crociata). Pregate quella somma eterna Verit che, s'egli il meglio, che ci faccia questa misericordia a noi ed a voi, sicch tutti di bell a brigata diamo la vita per lui. Son certa che, se sar il meglio, egli ce la far d are. Ges, Ges, Ges. Io Catarina, serva inutile di Ges Cristo, cento migliaia di volte vi conforto e benedico. Lettera 127. A frate Bartolomeo Dominici, e a frate Tommaso d'Antonio, dell'Ordi ne de' Predicatori, quando erano a Pisa. Scritta intorno al 26 marzo 1374. 22 Aprile Il demonio fugge dall'anima fervente come la mosca dalla pignatta che bolle 291 Convienti avere la corazza della vera carit, la quale ripara e' colpi che ci d il mondo in diversi modi, e a molte tentazioni del dimonio, e a' colpi della no stra fragilit, che impugna contra lo spirito. E conviensi che la corazza abbia la sopravvesta vermiglia, cio il sangue di Cristo crocifisso, unito, intriso e impa stato col fuoco della divina carit. E questo sangue conviene che sia scoperto, cio che tu il confessi dinanzi a ogni creatura, e non lo ascondi, confessandolo per buone e sante operazioni, e con la parola, quand'egli bisognasse. Che tu non facci come molti matti, che si vergog nano dinanzi al mondo di ricordare Cristo crocifisso, e di confessarsi loro esse re servi di Cristo. Questi cotali non si vogliono mettere la sopravvesta. Oh confusione del mondo! Che si vergognano di ricordare Cristo e il sangue suo, del quale sono ricomperati con tanto fuoco d'amore. E non si vergognano delle lo ro iniquitadi; che con tanta miseria si privano del frutto del sangue; e hanno t olta la bellezza dell'anima loro, e perduta la dignit; e sono fatti servi e schia vi del peccato, e non se ne avveggono. E vanno, come ciechi e frenetici, attacca ndosi alle cose del mondo, che non si possono tenere a nostro modo, perch corrono come il vento. Perocch o elle vengono meno a noi, o noi a loro. 292 E convienti anco avere il coltello in mano, con che tu ti difenda. E sia di due tagli, cio d'odio e d'amore: amore della virt e odio del vizio. E con questo p ercuoterai il mondo, odiando gli stati, delizie, pompe e vanit sue, e la infinita superbia. E percuoterai e' persecutori con la vera pazienza che tu acquisterai dell'amore della virt. Percuoterai il dimonio; per che la carit sola quella che il percuote; e fugge da quell'anima come la mosca dalla pignatta che bolle. E percu oterai la sensualit e fragilit tua coll'odio, il quale odio traesti dal santo cogn oscimento di te, e con lo amore del tuo Creatore, il quale amore acquistasti per lo cognoscimento di Dio in te, e per questo amore entrasti nella battaglia. Lettera 128. A Gabriele di Davino Piccolomini. 23 Aprile L'amore porta e sopporta ogni cosa 293 A voi, direttissimo e carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Ges, scr ivo e confortavi con desiderio di vedervi annegato e affocato nel foco dell'arde ntissima carit di Dio, spogliato del vostro perverso vestimento, e vestito e rico perto del fuoco dello Spirito Santo. Il quale vestimento di tanta fortezza e di tanta durezza, che non ammolla mai il cuore che n' vestito, e non diventa mai fem minile; anco, atto e forte a ricevere i grandissimi colpi delle molte persecuzio ni del mondo e del dimonio, e del corpo proprio, perocch il vestimento della cari t fa resistenzia. Perocch l'amore ogni cosa porta: ci esso Spirito Santo. Egli quello lume che caccia ogni tenebra; egli quella mano che sostiene tutto il mondo. Cos mi ricordo che, poco , egli diceva: Io sono colui che sostengo e mantengo tutto il mondo. Io sono quello mezzo che un la natura divina con la natura umana. Io sono quella mano forte, che tengo il gonf alone della croce; e di questo ho fatto letto, tenuto e chiavellato Dio ed uomo. Egli di tanta fortezza che, se 'l vincolo della carit, fuoco di Spirito Santo, n on l'avesse tenuto, li chiodi non erano sufficenti a tenerlo. O amore dolce, e i nestimabile carit, tu se' ministratore e servitore delle vilissime creature. 294 Adunque io vi prego, figliuolo in Cristo Ges, che, poich'egli dice che vestim ento forte, che riceve ogni colpo, che noi portiamo virilmente. Oh amore! Il Ver

bo si ha dato in cibo, il Padre letto dove l'anima riposa per amore. Dunque non ci manca cavelle (= nulla). Il vestimento di fuoco contra al freddo, cibo contra al morire di fame, e letto contra alla stanchezza. Siate, siate innamorato di D io, dilettando l'anima e la coscienzia vostra in lui; e non vogliate pigliare la estremit (= solo lo stretto necessario). Perocch noi vediamo tanta larghezza, che essendo noi peregrini, questa Parola incarnata ci ha accompagnata nella peregri nazione, e datocisi in cibo per farci correre virilmente. Ed s dolce compagno all 'anima che 'l seguita, che egli colui che, giugnendo al termine della morte, ci riposa nel letto, mare pacifico della divina essenzia, dove noi riceviamo l'eter na visione di Dio. Questo parve che volesse dire la dolce bocca della Verit in sul legno della santi ssima croce, quando disse: In manus tuas, Domine, commendo spiritum meuma. O Ges dolce, tu se' nel Padre; ma non noi, perocch, come membri putridi, per lo peccato eravamo privati della grazia. Sicch fu detta per noi, perocch la stretta compagni a che fece coll'uomo, che, divenuto una cosa con lui, reputava suo quello che er a nostro. O fuoco d'amore! Io non voglio dire pi, perocch non mi resterei infino a lla morte, se non che io vi vegga segato per mezzo (= morto martire). Cos voglio e prego teneramente, come figliuolo, che facciate. Ed io, come misera miserabile madre, v'afferir e terr dinanzi al Padre eterno Dio. E se mai fui affam ata dell'anima vostra, singolarmente sono il d d'oggi. In questa pasqua ve ne set e potuto avvedere: e ogni d questa pasqua. Onde non potete stare senza me, che co ntinuamente per santo desiderio non sia dinanzi a voi. Lettera 129. A frate Bartolommeo dell'Ordine de' Predicatori, in Fiorenza. Scrit ta probabilmente da Pisa nei primi mesi del 1375. 24 Aprile Sul dare la vita per la conquista del Santo Sepolcro 295 Desidero che siate figliuolo del Padre vostro celestiale, il quale v'ha crea to alla imagine e similitudine sua. E ha fatto a voi e ad ogni creatura come fa il padre che mette alcun tesoro in mano del figliuolo suo, e per farlo grande e arricchito, il manda fuora della citt sua. Cos fa questo dolce Padre; perocch, aven do creata l'anima, egli le dona il tesoro del tempo e il libero arbitrio della v olont, perch arricchisca. Cos vedete voi che ; per che noi siamo forestieri e peregri ni in questa vita; e con questo tesoro del tempo e col libero arbitrio guadagnia mo. Adunque, carissimo e venerabile fratello in Cristo Ges, io non intendo n voglio ch e questo tesoro dato dal Padre a noi per divina grazia e misericordia, noi lo sp endiamo in vile mercanzia; perocch giustamente saremo reprobati dal Padre. Dunque , come figliuoli veri, e con perfetta sollecitudine, spendiamo questo dolce teso ro in una mercanzia perfetta; la quale ha il colore pallido, povero e vile; e de ntro v' uno tesoro che ingrassa e arricchisce qui per grazia, e poi 'l conduce ne lla vita durabile del Padre a godere l'eternit sua. Oh dolce e santo tesoro delle virt, che in ogni luogo andate sicure, in mare e in terra, e in mezzo de' nemici di neuna cosa temete, per che in voi nascoso Iddio, che eterna sicurt. 296 Ors dunque non dormiamo pi nel letto della negligenzia, per che egli tempo da i nvestire questo tesoro in una dolce mercanzia. E sapete in quale? In pagare la v ita per lo Dio nostro, dove si terminano tutte le iniquit nostre. Questo dico per l'odore del fiore che si comincia ad aprire, per lo santo passaggio (= la croci ata), per lo quale ora il Padre santo e il nostro Cristo in terra ha commesso ch e si cerchi per voler sapere la santa disposizione e volont de' cristiani, cio se vorranno dare la vita per acquistare la terra santa. E dicendo che se trover le v olont disposte che ogni aiuto dar, e con sollecitudine user la potenzia sua. Cos dice la bolla che egli ha mandata al provinciale nostro e al ministro de' fra ti Minori e a frate Raimondo; e mandollo, comandando che fussero sollecitati a i nvestigare le buone volontadi per tutta Toscana e in ogni altro terreno. E vuogl i per scritto, per veder il loro desiderio, e quanti sono; per dare poi ordine, e mandare in effetto. Adunque io v'invito alle nozze della vita durabile, e che v'accendiate per desiderio a pagare sangue per sangue; e quanti ne potete, invit ate; per che alle nozze non si vuole andar solo.

Lettera 131. A Niccol Soderini in Firenze. Scritta da Pisa dopo l'arrivo della bo lla papale del 1 luglio 1375. 25 Aprile Dio non vuole molte parole, ma opere sante 297 Tu m'hai insegnato, dolcissimo Amore, e haimi mostrato non con sole parole, perch tu dici che non ti diletti di molte parole, ma con l'operazioni, delle qual i tu dici che ti diletti, le quali tu richiedi a' servi tuoi. E che m'hai tu ins egnato, Carit increata? M'hai insegnato che io, come agnello, pazientemente soste nga non solamente le parole aspre, ma eziandio le percosse dure e aspre, le ingi urie e danni. E con questo vuoli ch'io sia innocente e immacolata, cio senza noci mento a neuno de' prossimi e fratelli miei; non solamente a quelli che non ci pe rseguitano, ma a coloro che ci fanno ingiuria; e vuoli che per loro preghiamo co me per speciali amici che ci danno buono e grande guadagno. E non solo nelle ingiurie e danni temporali vuoli che noi siamo pazienti e mansu eti, ma generalmente in ogni cosa la quale sia contra la mia volont; come tu non volevi che in veruna cosa fusse fatta la tua volont, ma quella del Padre tuo (Gv 5, 30). Come adunque leveremo il capo contra la bont di Dio, volendo che s'adempi ano le perverse nostre volontadi? E non vorremo che fusse adempiuta la volont di Dio? 298 O dolcissimo amore Ges, fa che sempre s'adempia in noi la volont tua, come sem pre si fa in cielo dagli angeli e santi tuoi. Questa quella mansuetudine la qual e vuole il nostro dolce Salvatore trovare in noi; cio che noi con cuore tutto pac ifico e tranquillo siamo contenti d'ogni cosa ch'egli dispone e adopera inverso di noi, e non vogliamo n luogo n tempo a nostro modo, ma solamente a suo. E allora l'anima cos spogliata d'ogni suo volere, e vestita della volont di Dio, molto pia cevole a Dio. La quale, come cavallo sfrenato (= libero da freni), corre di graz ia in grazia, velocissimamente, e di virt in virt: che non ha neuno freno che la t enga, che non possa correre, perocch ha tagliato da se ogni disordinato appetito e desiderio di propria volont, i quali sono freni e legami che non lassano correr e l'anime degli spirituali. Lettera 132. A Monna Giovata e altre figliuole in Siena. Scritta dopo il novembr e 1375. 26 Aprile Sulla natura del vero timor di Dio 299 Colui ch' vero figliuolo, elegge innanzi la morte che offendere il padre; non per timore di pena n per paura che abbia da lui, ma solo per la reverenzia sua e per l'amore che egli ha al padre, non l'offende. Questo quello figliuolo che de bbe avere la eredit, per che non ha renunciato al testamento del padre, ma ha osse rvate e sguita le vestigie sue. Cos vi prego, venerabile madre in Cristo Ges, che f acciate voi, e come il vero servo; ch voi sapete che sempre stiamo dinanzi a ques to Signore, e l'occhio suo vede in occulto, ed sempre sopra di noi; e ben vede l a somma eterna Verit chi colui che 'l serve o che 'l disserve. Debbe dunque l'ani ma temere di non offendere al suo Creatore, per che egli quello vero Signore che ogni peccato punisce, e ogni bene remunera; e neuno, n per signoria n per ricchezz a n per gentilezza (=nobilt) pu fare, n schivarsi, che non serva a questo Signore do lce Ges. 300 Poi, dunque, che l'anima s' levata con timore, ragguardando se essere serva, e che dall'occhio suo non si pu nascondere, comincia a dibarbare l'affetto e l'am ore disordinato del mondo, e ordinali e conformali colla volont del signore suo, per che altrimenti non potrebbe piacergli. Ch, come disse Cristo, neuno pu servire a due signori (Mt 6, 24); per che se serve all'uno, contrario all'altro. Sicch, po i che l'anima nostra tratta con timore, corre con perfetta sollecitudine, e cacc ia ogni peccato e defetto da lui. Drittamente questo timore fa come il servo nel la casa, che posto per lavare e' vasi immondi. 301 E attendete che in due modi avete a fare giustizia. Cio, prima, di voi medesi ma, sicch giustamente rendiate la gloria e l'onore a Dio, ricognoscendo da lui e

per lui avere ogni grazia. E a voi rendete quello ch' vostro cio il peccato e la m iseria, con vera considerazione e dispiacimento dei peccato. Perocch il peccato t enne confitto e chiavellato il Figliuolo di Dio in sul legno della santissima cr oce. L'altra si una giustizia data sopra le creature; la quale avete a fare e tenere per lo Stato vostro nel vostro reame. Per la qual cosa io vi prego in Cristo Ges che voi non teniate occhio (= non permettiate) che sia fatta ingiustizia; ma con giustizia giustamente ad ognuno sia renduto il debito suo, cos al grande come al piccolo. E guardate che neuno piacimento n timore di creatura vi ritraggano da q uesto; altrimenti non sarete vera figliuola. Onde se voi giustamente terrete l'o cchio verso l'onore di Dio, vorreste innanzi morire, che passarla mai. Lettera 133. Alla Reina di Napoli Scritta da Pisa dopo l'arrivo della bolla papa le del 1 luglio 1375. 27 Aprile Invito a nutrirsi del cibo delle anime da salvare 302 Certo io non mi maraviglie se i santi non erano accecati in amore proprio di loro, ma in tutto erano annegati in cognoscere la bont di Dio ed il fuoco della sua ardentissima carit. Correvano, con la memoria del sangue, a spandere il sangu e. Quando ragguardo lo smisurato fuoco di Lorenzo che, stando in su la graticola del fuoco, stava in motto col tiranno... Doh! Lorenzo, non ti basta il fuoco? R isponderebbeci: No. Perocch tanto l'ardentissimo amore che dentro, che spegne il fuoco di fuore. 303 Adunque, carissimi figliuoli in Cristo dolce Ges, gli affetti e desiderii vos tri non siano morti di qui all'ultimo della vita vostra. Non dormite; destatevi. Onde l'anima come innamorata si levi e distendesi ad amare quello che Dio pi ama : ci sono i dolci fratelli nostri. E levasi con tanto desiderio e concep tanto amo re, che volentieri darebbe la vita per la salute loro, e per restituirli alla vi ta della grazia. Sicch diventano mangiatori e gestatori dell'anime; e fanno come l'aquila che sempre ragguarda la rota del sole e va in alto. E poi ragguarda la terra e, prendendo il cibo del quale si debbe notricare, il mangia in alto; cio c he ragguarda in alto, dove il sole del divino amore; e ragguarda poi verso la te rra, cio verso l'umanit del Verbo incarnato del Figliuolo di Dio; e ragguardando i n quello Verbo e umanit tratta dal ventre dolce di Maria, vede in su questa mensa il cibo e mangialo. Lettera 134. A Bartolomeo e Jacomo, eremiti in Campo Santo in Pisa. Scritta da R oma nel 1378 28 Aprile La Sposa di Cristo, la Chiesa, perseguitata dai falsi cristiani 304 Cresca il fuoco del santo e smisurato desiderio, inebriato del sangue del Fi gliuolo di Dio. Corriamo come affamati dell'onor suo e della salute della creatu ra. Arditamente gli tolliamo il legame con lo quale fu legato in sul legno della santissima croce; leghiamogli le mani della sua giustizia. Ora il tempo di grid are, di piagnere, di dolerci. Il tempo nostro; perocch perseguitata la sposa di Cristo da' cristiani, falsi mem bri e putridi. Ma confortatevi, ch Dio non dispreger le lacrime, sudori e sospiri che sono gittati nel cospetto suo. L'anima mia nel dolore gode ed esulta, perocc h tra le spine sente l'odore della rosa che per aprire. Ancora, godo ed esulto de l dolce frutto che s' fatto Cristo in terra, sopra i fatti del santo passaggio; e ancora di quello che fatto e fa qui ed per fare per la divina grazia. Aiutatemi , figliuolo mio. Inebriatevi nel sangue dell'Agnello. Non voglio dire pi. Permane te nella santa e dolce dilezione di Dio, facendo sempre riposo ai rami dell'arbo re vero della santissima croce. Ges dolce, Ges amore. Lettera 137. A misser Matteo, Rettore della Chiesa della Misericordia, mentre ch e essa era a Pisa. Scritta nella seconda met del 1375. 29 Aprile

Nulla ci pu separare dalla carit di Cristo 305 A voi, direttissima e reverendissima madre e suoro in Cristo Ges, madama la R eina, io Catarina, serva e schiava de' servi di Ges Cristo, scrivo a voi con desi derio di vedervi piena dell'abbondanzia della grazia dello Spirito Santo; accioc ch, come terra fruttifera, rendiate frutto buono e soave, e non produca spine, ro vi e triboli. Voi sapete, carissima madre, che noi siamo come uno campo di terra , dove Dio per la sua misericordia ha gittato il seme suo, cio l'amore e l'affett o, col quale ci cre, traendo noi di se medesimo solo per amore e non per debito. Noi nol pregammo mai che ci creasse; ma, mosso dal fuoco della sua carit, ci cre p erch godessimo e gustassimo la somma ed eterna bellezza sua. E acciocch questo sem e faccia frutto e si notriscano le piante, egli ci ha data l'acqua del santo Bat tesimo. Bene dunque dolce e soave questo frutto; ma cci bisogno d'uno ortolano ch e 'l governi, e conservi il frutto suo. 306 O dolcissimo amore Ges, tu ci hai dato il pi forte e grazioso ortolano che pos siamo avere, cio la ragione e la libera volont. Questa si forte, che n dimonio n cre atura la pu muovere, n stringere a uno peccato mortale, se egli non vuole. Questo parve che dicesse quello innamorato di Paolo, quando dice: Chi sar colui che mi p arta dalla carit di Cristo? Non fame, n sete, n persecuzioni, n angeli, n dimonio (Rm 8, 35). Quasi che dica: Egli impossibile ch'io mi parta mai dalla divina carit, se io non vorr. Bene forte dunque! Hacci dato anco il tempo; perocch, senza il tempo, questo lavo ratore non farebbe cavelle (= nulla); ma nel tempo, cio mentre che noi viviamo, q uesto lavoratore pu rivollere la terra, e ricogliere il frutto. Allora la mano de ll'amore del santo e vero desiderio piglia il frutto, e ripollo nel granaio suo, cio Iddio; facendo e drizzando ogni sua operazione a lode e gloria di Dio. 307 E se voi mi diceste: Questo ortolano ha uno compagno, cio la parte sensitiva, che spesse volte il ruba, e lo impedisce, seminandovi e raccogliendovi spesse v olte il seme del dimonio; ponendoci e' disordinati diletti e piaceri del mondo: stati, ricchezze, onore, e amore proprio di noi medesimi... Il quale uno vermine pericoloso che invermina e guasta ogni nostra operazione; per che colui che ama se senza Dio, e che attende solo all'onore di se medesimo, egli non fa mai cavel le buono (= alcunch di buono). Onde se egli signore, non tiene mai giustizia drit ta n buona, ma faralla secondo il piacere delle creature, il quale piacere acquis tato per l'amore proprio di s. Non voglio dunque che questo caggia in noi: perocc h se voi attenderete solo allo onore di Dio e alla salute della creatura, la gius tizia e ogni vostra operazione sar fatta con ragione e giustamente; e subito la f orza della libert gi detta far stare quieta la sensualit. 308 Confortatevi dunque, carissima madre; perocch, per lo innesto che ha fatto Di o a noi, arbori infruttiferi, cio per l'unione della natura divina colla natura u mana, s fortificata la ragione e l'amore nostro verso di lui, che per forza d'amo re tratta ad amare; e la sensualit si indebilita che, volendo usare la ragione, n on ci potr cavelle (= nulla). Bene vediamo noi, carissima madre, che la carne nos tra, cio l'umanit di Cristo ch' della massa d'Adamo, s flagellata e tormentata con t anti strazi e scherni e villanie infine all'obbrobriosa morte della croce, che d ebbe fare stare suggella la nostra, che non ribelli mai n alzi il capo contra Dio e la ragione. Lettera 138. Alla Reina di Napoli. Scritta nell'agosto- settembre 1375. 30 Aprile Invito ad abbracciare la croce di Cristo 309 Con desiderio io desidero di vedervi, ma non senza di me, sdraiato in su l'a rbore della dolcissima e direttissima croce. Altro refrigerio non ci veggo, cari ssimo padre, se non di spasimarvi su, con ardentissimo amore. Ine non saranno di monia visibili n invisibili, che ci possano tollero la vita della grazia; perocch, essendo levati in alto, la terra non ci potr impedire; come disse la bocca della verit: Se sar levato in alto, ogni cosa trar a me (Gv 12, 32). Per ch'el trae il cu ore, e l'anima, e la volont, con tutte le forze sue. 310 Adunque, dolcissimo padre, facciancene letto. Perocch io godo e esulto di que

llo che mi mandate a dire. Pensando che 'l mondo contrario a noi, dissi: Non son degna che esse mi facciano tanta misericordia che esse mi donino 'l vestimento che ebbe 'l nostro dolcissimo Padre eterno. Bene, padre carissimo, che questa po ca cosa, e tanto poca cosa, che non quasi cavelle (= nulla). O dolcissima ed ete rna Verit, dacci mangiare de' bocconi grossi! Io non posso pi; se non che io v'inv ito da parte di Cristo crocifisso, che forniate la navicella dell'anima vostra d i fede e di fame. Lettera 139. A frate Tomaso della Fonte, dell'Ordine de' Predicatori in Siena. S critta da Pisa verso la fine del 1375.

MAGGIO 1 Maggio Siate una Compagnia di Cristo che combatte per liberare i luoghi santi 311 A voi scrivo, con desiderio di vedervi vero figliuolo e cavaliere di Cristo, s e per siffatto modo, che desideriate mille volte, se tanto bisognasse, dare la vita in servizio del dolce e buono Ges. Il quale sarebbe scontamento di tutte le nostre iniquit, le quali abbiamo commesse contra il Salvatore nostro. O carissim o e dolcissimo fratello in Cristo Ges, or sarebbe cos gran fatto che vi recaste un poco a voi medesimo, e consideraste quante sono le pene e gli affanni che avete durato in essere al servizio e al soldo del dimonio. Ora desidera l'anima mia c he mutiate modo, e che pigliate il soldo e la croce di Cristo crocifisso, e tutt i i vostri seguaci e compagni; s che siate una compagnia di Cristo, ad andar cont ra agl'infedeli che possiedono il nostro Luogo Santo, dove si ripos e sostenne la prima dolce Verit morte e pena per noi. Adunque io vi prego dolcemente in Cristo Ges che, poi che Dio ha ordinato, e anco il nostro Padre santo, d'andare sopra gl'infedeli, e voi vi dilettate tanto di far guerra e di combattere: non guerreggiate pi i cristiani; per che offesa di Dio ; ma andate sopra di loro. Ch grande crudelt che noi che siamo cristiani, membri l egati nel corpo della santa Chiesa, perseguitiamo l'un l'altro. Non da fare cos; ma da levarsi con perfetta sollecitudine, e levarne ogni pensiero. 312 Meravigliomi molto, avendo voi, secondo che ho inteso, promesso di voler and are a morire per Cristo a questo santo passaggio, e ora voi vogliate far guerra di qua. Questa non quella santa disposizione che Dio richiede a voi andare in ta nto santo e venerabile luogo. Parmi che vi dovereste ora in questo tempo disporr e a virt, infino che il tempo ne venga per noi, e per gli altri che si disporrann o a dare la vita per Cristo; e cos dimostrerete d'essere virile e vero cavaliere. Lettera 140. A Giovanni Condottiero (=Giovanni Hawkwood, detto il Conte Acuto, c apitano di ventura). Scritta poco prima del 27 giugno 1375.

2 Maggio Invito a dare la vita per Cristo 313 A voi, direttissimo e carissimo padre per reverenzia del dolcissimo Sacramen to del corpo dolce del Figliuolo di Dio, e figliuolo. E cos vi dico e vi chiamo i n quanto io vi partorisco per continue orazioni e desiderio nel cospetto di Dio, siccome la madre partorisce il figliuolo. Adunque, come madre, vi conforto nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; e desidero di vedervi annegato e affogato nel fuoco dell'ardentissima sua carit, nel quale amore l'Agnello immacolato si sv en e fece bagno all'umana generazione del sangue suo. Levisi dunque l'affocato de

siderio nell'anima nostra a dare sangue per sangue; perocch li tempi nostri s'app rossimano, ne' quali si proveranno gli arditi cavalieri. 314 Oh quanto sar beata l'anima mia quando vedr voi e gli altri correre, come inna morati, a dare la vita, e non voliere il capo addietro! Pregovi dunque per l'amo re di Cristo crocifisso che, acciocch siate fortificato al tempo suo, voi in ques to tempo d'ora apriate l'occhio del cognoscimento. Perocch io non veggo che l'ani ma possa avere in se questa fortezza, la quale riceve dalla dolce madre della ca rit, se continuamente non tiene aperto questo occhio del cognoscimento di se mede simo; onde vi diventa umile, e trovavi il cognoscimento della bont di Dio. Per lo quale lume e cognoscimento gli nasce uno caldo e uno foco d'amore con tanta dol cezza, che ogni amaritudine ne diventa dolce, e ogni debile si fortifica; e ogni ghiaccio d'amore proprio di se dissolve, onde allora non ama se per s, ma s per D io; e infonde ancora uno fiume di lagrime; e distende gli amorosi desiderii sopr a i fratelli suoi, e d'amore puro gli ama e non mercennaio. Lettera 141. A Don Giovanni de' Sabbatini da Bologna, monaco dell'Ordine della C ertosa nel monasterio di Belriguardo presso a Siena, quand'ella era a Pisa. 3 Maggio Se ci appoggiamo alla santa croce, il demonio perde ogni forza contro di noi 315 Vi conforto nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di veder vi vero Cavallero, forte a combattere contro ogni illusione di dimonia, mentre c he stiamo in questo campo della battaglia, attorniati da' nemici nostri, i quali sempre impugnano contra noi. Voi, come cavaliere vero e virile, pianta novella, levatevi con uno desiderio ad andare contra loro; non vollendo il capo addietro , perocch rimarremmo morti o prigioni. Allora detto l'uomo essere in prigione, qu and'egli in alcuno luogo e non ne pu uscire a sua posta. Cos noi, se vollessimo (= volgessimo) il capo della nostra volont, levandoci dal santo proponimento, e inc hinandoci a mettere in effetto le cogitazioni del dimonio, noi saremmo nella pi p essima prigione che noi potessimo essere. Perduta aremmo la libert; saremmo servi e schiavi del peccato. 316 Se mi dite: Io sono debile contro tanti nemici, rispondevi che tutti siamo d ebili e fragili a cadere per ogni leggera cosa, in quanto a noi. Ma la divina Pr ovvidenza adopera nell'anima, e fortificaci, tollendoci ogni debilezza. Cos spera te; e credete fermamente che l'anima che spera in lui, sempre provveduta da lui; e il dimonio neuna forza pu adoperare; perocch la virt della dolcissima e santissi ma croce gliele toglie; onde perde le sue forze contra noi. Nella memoria della santa croce diventiamo amatori della virt, e spregiatori de' vizii. E perch noi si amo quella pietra dove fu fitto quel gonfalone, non possiamo dire di non averla, perocch ella fermata in noi. Sapete che n chiovo, n croce, n pietra arebbe tenuto D io e uomo confitto in croce se l'amore ch'egli ebbe all'uomo non l'avesse tenuto . Adunque noi siamo coloro a cui dato il prezzo del sangue. In questa memoria si spregia l'onore; desideranti scherni, strazii e vituperi. La ricchezza desidera povert volontaria, e la immondizia acquista continenzia e purit; ogni diletto e a ppetito disordinato vi si dispregia: solo rimane vestito delle vere e reali virt. Lettera 142. A Sano di Maco, essendo la santa in Pisa. Scritta nel corso del 137 5 4 Maggio Sposa fu fatta la creatura razionale quando Dio prese la natura umana 317 Sposa fu fatta la creatura razionale quando Dio prese la natura umana. O dol cissimo amore Ges, in segno che tu l'avevi presa per sposa, in capo degli otto d, tu le donasti l'anello della dolcissima e santissima mano tua, nel tempo della s anta Circoncisione. Cos sapete voi, venerabile madre mia, che in capo degli otto d, se si lev tanta carne quanta uno cerchio d'anello; e cominci a pagarci l'arra, p er darci pienamente speranza del pagamento, il quale ricevemmo in su 'legno dell a santissima croce; quando questo sposo, Agnello immacolato, fu svenato, e da og

ni parte vers abbondanzia di sangue, col quale lav le immondizie e peccati della s posa sua, cio l'umana generazione. E attendete, che il fuoco della divina carit ci ha donato l'anello non d'oro, ma della purissima carne sua; e hacci fatte le nozze, questo dolcissimo Padre, non di carne d'animale, ma del prezioso corpo suo: ed questo cibo e Agnello arrostit o al fuoco della Carit in su il legno della dolce croce. Lettera 143. Alla Reina di Napoli. Scritta il 4 agosto 1375. 5 Maggio O beata e dolce Maria, tu ci hai donato il fiore del dolce Ges 318 Bene si dee vergognare l'umana superbia di vedere Dio tanto umiliato nel ven tre di Maria dolce; la quale fu quello campo dolce, dove fu seminato il seme del la Parola incarnata del Figliuolo di Dio. Veramente, dolcissima suoro, in questo benedetto e dolce campo di Maria, fece questo Verbo innestato nella carne sua c ome il seme che si gitta nella terra; che per lo caldo del sole germina, e trae fuore il fiore e il frutto; e il guscio rimane alla terra. Cos veramente fece, pe r lo caldo e per lo fuoco della divina carit che Dio ebbe all'umana generazione, gittando il seme della Parola sua nel campo di Maria. O beata e dolce Maria, tu ci hai donato il fiore del dolce Ges. E quando produsse il frutto questo dolce fiore? Quando fu innestato in sul legno della santissima croce; per che allora ricevemmo vita perfetta. 319 E perch dicemmo che il guscio rimane alla terra? Quale fu questo guscio? Fu l a volont dell'unigenito Figliuolo di Dio (= questa volont salvifica rimase in Mari a anche dopo la dipartita di Ges nell'Ascensione). Il quale, in quanto uomo, era vestito del desiderio dell'onore del Padre e della salute nostra. E tanto fu for te questo smisurato desiderio, che corse come innamorato; sostenendo pene, vergo gne e vituperii, infino alla obbrobriisa morte della croce. Considerando dunque, carissima suora, che questo medesimo fa Maria, cio ch'ella non poteva desiderare altro che l'onore di Dio e la salute della creatura: per dicono e' dottori, mani festando la smisurata carit di Maria che di se medesima averebbe fatto scala per ponere in croce il Figliuolo suo, se altro modo non avesse avuto. E tutto questo era perch la volont del Figliuolo era rimasa in lei. 320 Tenete a mente, suoro mia carissima, e non v'esca mai del cuore, n dalla memo ria, n dall'anima vostra, che sete stata offerta e donata, voi e tutte le vostre figliuole, a Maria. Pregatela dunque, che ella vi rappresenti e doni al dolce Ge s Figliuolo suo. Ed ella il far, come dolce madre e benigna, e madre di misericord ia. Non siate ingrata e scognoscente; per che non ha schifata la petizione, anco l'accetta graziosamente. Siate tutte fedeli, non ragguardando per neuna illusion e di dimonia, n per detto di neuna creatura; ma virilmente correte, pigliando que llo affetto dolce di Maria; cio che sempre cerchiate l'onore di Dio e la salute d ell'anime. E cos vi prego. 321 Ma sappiate che a questo effetto del grande e smisurato desiderio non potrem o pervenire senza il mezzo della santissima croce, cio del crociato amore e affet tuoso del Figliuolo di Dio. Per ch'egli quello mare pacifico che d bere a tutti qu elli che hanno fame e sete e desiderio di Dio, e pace a tutti coloro che sono st ati in guerra, e voglionsi pacificare con lui. Questo mare gitta fuoco, che risc alda ogni cuore freddo; e tanto 'l riscalda fortemente, che ogni timore servile perde, e solo rimane in perfetta carit, e in santo timore, lassando di pi offender e il Creatore suo. Lettera 144. A Monna Pavola a Fiesole. 6 Maggio La Chiesa ha bisogno, e voi avete bisogno 322 Dobbiamo correre come innamorati e amatori della Chiesa santa, per lo amore di Cristo crocifisso. Che voi sovveniate a questa sposa bagnata nel sangue dell' Agnello; che vedete che ognuno le fa noia, e cristiani e infedeli. E voi sapete

che nel tempo del bisogno si debbe mostrare l'amore. La Chiesa ha bisogno, e voi avete bisogno. Ella ha bisogno del vostro aiuto uman o, e voi del divino. E sappiate che quanto pi le donerete dell'aiuto vostro, pi pa rticiperete della divina grazia, fuoco di Spirito Santo che in essa si contiene. O sposa dolce, ricomprata del sangue di Cristo, tu se' di tanta eccellenzia che neuno membro che sia tagliato da te, pu ricevere n pascersi del frutto detto di so pra. Bene c' dunque, venerabile e carissima madre, necessario a voi ed a me, e ad ogni creatura, d'amarla e servirla in ogni tempo, ma singolarmente al tempo del bisogno. Io misera miserabile, non ho di che aitarla, ma se aiuto alcuno il san gue mio le fosse, svenerei volentieri e aprirei il corpo mio. Ma io far cos: che i o le dar di quella poca particella che Dio mi dar, che le sia pro e utile, bench io non ci veggo altra utilit in me, che io possa dare, se non lacrime e sospiri e c ontinua orazione. 323 Ma voi madre, e il signor messer lo re vostro figliuolo, potete aitarla coll 'orazione per santo desiderio, e anco la potete volontariamente e per amore sovv enire coll'aiuto umano. None schifate dunque, per lo amore di Dio, questa fatica ; ma abbracciatela per Cristo crocifisso, e per vostra utilit ed esaltazione, e p er compimento della vostra salute. E pregate il caro vostro figliuolo strettamen te, che per amore si profeti e serva la santa Chiesa. E se il nostro Cristo in t erra l'addimanda e volesse ponergli questa fatica; pregatelo che accetti fedelme nte la sua petizione e addimanda, confortando il Padre santo, e crescergli il sa nto proponimento di fare il santo e dolce passaggio sopra li infedeli che posseg gono il nostro e anco pi. Secondo che intendo, essi ne vengono oltre a pi potere. Grande vergogna per certo de' cristiani, di lassargli possedere quel santo e ven erabile luogo, il quale per ragione nostro. Fatevi ragione che vi fosse tolta una delle vostre citt; son certa che porreste o gni rimedio e sforzo che potreste, infino alla morte, per riavere il vostro. Or cos vi prego che facciate, in sovvenire quello che c' tolto. E tanto pi e con maggi ore sollecitudine dovete attendere a questo, quanto pi si sovviene all'anime e al luogo; e nella vostra citt, sarebbe solo alla terra. Lettera 145. Alla Reina d'Ungheria, cio alla madre del re. Scritta tra il luglio e l'agosto del 1375. 7 Maggio Sentimenti che deve suscitare in noi la verit che Dio amore 324 Io v'invito a entrare in uno mare pacifico, e in uno mare profondo. Questo i o ho trovato ora di nuovo: non che sia nuovo il mare, ma nuovo a me nel sentimen to dell'anima mia, in quella parola: Dio amore (I Cor 13, 15). E in questa parol a, siccome lo specchio rappresenta la faccia dell'uomo, e il sole la luce sua so pra la terra, cos si rappresenta nell'anima mia, tutte quante l'operazioni essere solamente amore; perocch non sono fatte d'altro che d'amore. E per dice egli: Io son Dio amore. 325 Di questo nasce uno lume nel misterio inestimabile del Verbo incarnato che p er forza d'amore stato dato con tanta umilit, che fa confondere la mia superbia, e insegnami a non ragguardare all'operazioni sue, ma all'affetto infocato del Ve rbo donato a noi. E dice che facciamo come colui che ama; che quando l'amico giu gno con uno presente, non mira alle mani per lo dono che egli reca, ma apre l'oc chio dell'amore, e ragguarda il cuore e l'affetto suo. Or cos vuole che facciamo noi quando la somma eterna e sopra dolce bont di Dio visita l'anima nostra. Visit a dunque co' smisurati beneficii.. Fate subito che la memoria s'opra (= s'apra) a ricevere quello che lo intendimen to intende nella divina carit; e la volont si levi con ardentissimo desiderio, e r iceva e ragguardi il cuore consumato del dolce e buono Ges che n' il donatore. E c os vi troverete affocato e vestito di fuoco, e del dono del sangue del Figliuolo di Dio, e sarete privato d'ogni pena e malagevolezza. Questo fu quello che tolse la pena alli discepoli santi, quando gli convenne lassare Maria, e l'uno l'altr o; e per seminare la parola di Dio, volentieri lo portarono. Correte dunque, cor

rete, correte. Lettera 146. A frate Bartolomeo Dominici, dell'Ordine de' Predicatori, quando er a biblico di Fiorenza. Scritta nel primo trimestre del 1375. 8 Maggio Facciasi una dolce e santa guerra contra questi vizi 326 Facciasi una dolce e santa guerra contra questi vizi: e tanto quanto noi rag guarderemo il dolce Signore, tanto pi sar animata l'anima a fare pi grossa guerra, vedendo che per lo peccato il padre nostro (= si riferisce a Cristo) rimaso mort o. E far come il figliuolo che vede il sangue del padre, che cresce in odio verso l'inimico che l'ha morto: cos fa l'anima; che ragguarda il sangue del suo Creato re; per che cresce, e concepe in se un odio e dispiacimento verso l'inimico suo c he l'ha morto. E se voi mi diceste: Chi l'ha morto? Vediamo che solo il peccato cagione della morte di Cristo, e l'uomo quello che commette il peccato. Adunque si pu dire che noi siamo coloro che abbiamo morto il Figliuolo di Dio; e ognorach pecchiamo mortalmente, il possiamo dire. 327 Doviamo dunque far vendetta di noi medesimi, cio delle perverse cogitazioni, vizi e peccati: ch il maggior nemico che abbia l'uomo se medesimo. Quando l'anima ragguarda il suo Padre, e la sua sensualit che l'ha morto, non si pu saziare di f arne vendetta, per siffatto modo ch'egli contento di vedergli sostenere ogni pen a e tormento, siccome suo nemico mortale. Or cos voglio che facciate voi. E acciocch voi questo potiate ben fare, io voglio che poniate dinanzi da voi la memoria del sangue del Figliuolo di Dio, sparto co n tanto fuoco d'amore; il quale sar a noi un continuo battesimo di fuoco, il qual e purifica e scalda sempre l'anima nostra, in tenendogli ogni freddezza di pecca to. Lettera 148. A Pietro Marchese del Monte. Scritta da Pisa, al pi presto nel lugli o 1375. 9 Maggio Non si pu servire a due padroni 328 Egli di bisogno che l'anima che legata con Cristo crocifisso, somma ed etern a bont, sia sciolta e tagliata dal secolo. E colui che ha legato l'affetto nel se colo, tagliato da Cristo; per che il mondo non ha veruna conformit con Cristo, com e disse la prima Verit: Niuno pu servire a due signori contrari; per che, se serve all'uno, in contento (= in disprezzo) dell'altro. 329 O carissimo padre, quanto perverso questo legame! Certo che l'uomo ch' legato nella perversit del peccato, egli come colui che ha legate le mani e li piedi, e non si pu muovere. Cos l'anima ha legate le mani, che non pu muovere alcuna operaz ione a Cristo; n i piedi dell'affetto non si muovono a fare veruna buona operazio ne che sia fondata in grazia. Oim quanto cosa pericolosa il peccato nell'anima! D i quanto bene priva la creatura, e di quanto male la fa degna! Falla degna della morte, e tollele la vita e delle la servitudine. Perocch colui che abonda nel pe ccato, servo e schiavo del peccato; ha perduta la signoria di se, e lassasi poss edere all'ira e agli altri difetti. Or che sarebbe, padre carissimo, se noi sign oreggiassimo tutto il mondo, e non signoreggiassimo e' vizi e i peccati che sono in noi? Siccome il tralcio che tagliato dalla vite, che secco e non fa frutto; cos la creatura tagliata dalla vera vite, secca e putrida, degna del fuoco eterna le. Oim dolente! Questa la gran cecit; che, non essendo n dimonia n creatura che pos sa legar l'uomo a un peccato mortale, ed esso medesimo si lega. Adunque destianc i dal sonno della negligenzia e ignoranzia. 330 O Amore inestimabile, con quanta pazienza hai data la vita, presti il tempo, e aspetti la creatura, che corregga la vita sua! E in questo modo cognoscendo l a bont di Dio in voi e come l'adopera, sarete legato e unito nel vincolo della ca rit, il quale dolce e soave sopra ogni dolce. Non indugiate, ch 'l tempo breve, e 'l punto della morte ne viene, che non ce n'avvediamo. 331 Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso che, nello stato vostro, voi teniat

e l'occhio drizzato verso la santa e divina giustizia. Non per piacimento di cre atura, n per odio, ma solo per giustizia punite il difetto quando si trova. E sin golarmente il vostro peccato, quando il trovate, punitelo. Tutte le vostre opera zioni siano legate in Cristo Ges. Questo quel legame che l'anima mia desidera; co nsiderando me, che senza questo non potete avere la vita della grazia. Lettera 149. A Misser Pietro Gambacorti in Pisa. Scritta nella seconda met del 13 74. 10 Maggio La mancanza di fede nei superiori impedisce la perseveranza nel bene 332 La perseveranzia quella virt che coronata. Ella non sola, ma accompagnata: tu tte le virt le sono compagne, ma singolarmente due; cio la fortezza e la pazienza. Ed ella lunga e perseverante. Perch detta lunga questa perseveranzia? Perch tiene dal principio che l'anima comincia a volere Dio, infino all'ultimo; che mai non si lassa scortare (= scorciare), per veruno inconveniente che venga. Non la sco rta la prosperit per disordinata allegrezza, n leggerezza di cuore, n consolazione spirituale, n veruna altra cosa che a consolazione s'appartenga. E non la scarta la tribolazione, n ingiuria, scherno, villania che le fusse fatta o detta; non pe r peso n gravezza dell'Ordine (= la disciplina o regola dell'ordine religioso), n per grave obedienzia che gli fusse imposta. Risponde la perseveranzia all'affett o dell'anima, con fede di perseverare, dicendo: Per veruno tuo volere n parere no n voglio diminuire la reverenzia debita, nella subiezione la quale io debbo aver e e portare al prelato mio. 333 Ella piglia uno giudicio santo nella dolce volont di Dio, acciocch non gli ven ga giudicato la volont della creatura; perocch il lume le ha mostrato che, facendo altrimente, essofatto sarebbe scortata (= resa corta), e non sarebbe lunga la r everenzia, n l'obedienzia, n l'amore. E per il lume le mostra, acciocch l'amore non allenti nel tempo che il dimonio, sotto colore di far meglio e pi pace sua, suade che si ritragga dalla conversazione del prelato suo e della presenzia d'esso, o di chiunque avesse dispiacere; ma che egli pi s'accosti e pi conversi, sforzando se medesimo, ricalcitrando al suo falso parere, acciocch la infidelit non se gli n utrichi nell'anima; e non sia scortata dallo sdegno. 334 O dolcissimo, dilettissimo e carissimo figliuolo, caro mi sete quanto l'anim a mia. La lingua non potrebbe narrare quanti sono gli occulti inganni che 'l dim onio d sotto colore di bene, per scortare la via della lunga perseveranzia. E mas simamente sopra quest'ultima, della quale io ora v'ho detto; perch da questo, se egli vel fa cadere, il potr poi pigliare in ogni altra cosa. Se il suddito a qualunque obedienzia si sia, perde la fede di chi l'ha a guidare ; cio che egli seguiti quello che gli detta la infidelit il dimonio ha il fondamen to dove si debba ponere l'edificio delle virt e per si pone egli ine. Perocch colui che, per sua ignoranzia in non resistere, si lassa tollere questo principio, no n pronto all'obedienzia: egli atto a giudicare gli atti e l'operazioni secondo l a sua infirmit e non secondo la sua verit. Egli impaziente, e molte volte cade nel l'ira; generali tedio e rincrescimento in ogni sua operazione Veramente questa i nfidelit uno veleno che ci attosca tanto il gusto dell'anima, che la cosa buona g li pare cattiva, e l'amara dolce; il lume gli pare tenebre, e quello che gi vidde in bene, gli pare vedere in male. Sicch drittamente ella veleno. Lettera 150. A frate Francesco Tebaldi di Fiorenza, nell'isola di Gorgona, monac o certosino. 11 Maggio Fra le altre virt la pazienza la pi necessaria 335 Oh vera e dolce pazienza, la quale se' quella virt che non se' mai vinta, ma sempre vinci! Tu sola se' quella che mostri se l'anima ama il suo Creatore, o no . Tu ci dai speranza della grazia; tu dissolvi l'odio e il rancore del cuore; tu tolti il dispiacere del prossimo; tu privi l'anima della pena; per te i grandi pesi delle molte tribolazioni diventano leggeri; e per te l'amaritudine diventa

dolce. In te, pazienza, virt reale, acquistata colla memoria di Cristo crocifisso , troviamo la vita. O carissima madre, tra l'altre virt questa ci la pi necessaria. Perocch non passiam o questo mare senza le molte tribolazioni. Da qualunque parte ci voltiamo (= vol giamo), questo mare coll'onde sue ci percuote, e il dimonio colle molte tentazio ni; e pi: che quello ch'egli non pu fare per se medesimo, egli il fa per mezzo del le creature, ponendosi in su le lingue e nei cuori de' servi suoi. E parasi dina nzi all'occhio dell'intelletto, facendogli vedere quello che non ; e cos concepe n el cuore diverse cogitazioni e dispiaceri verso del prossimo suo; e spesse volte verso di quelli che pi ama. E poi ch'egli le ha concepute dentro, e egli si pone in su la lingua, e faglile partorire con la parola, e colla parola giugno allo effetto; e per questo modo divide l'amante dalla cosa amata. Onde vengono poi le impazienze, l'odio e i rancori; e privanoci della vita dell'amore. 336 L'amore della virt, si pruova e si fortifica col mezzo del prossimo nostro. A questo modo si pruova la perfezione dell'amore. E quand'egli cos perfetto, non l assa d'amare n di servire, n per ingiuria, n per dispiacere che gli sia fatta, n per ch egli non truovi diletto e piacere in lui; perocch attende solo di piacere a Dio . Poi dunque ch' tanto necessaria e utile questa pazienza, conviencela acquistare. E non vidi mai che impazienza ci levasse alcuna fatica. Anco, la cresce, per che tanto la fatica, quanto la volont la fa fatica. Tolli via la volont propria sensit iva; vstiti della volont dolce di Dio, ed levata via la fatica. Lettera 151. A Monna Nella, Donna che fu di Niccol Buonconti da Pisa. 12 Maggio Sull'unione d'amore tra gli sposi e tutta la famiglia 337 Con desiderio ho desiderato, figliuolo mio, di vedere voi e la famiglia vost ra, e specialmente la sposa tua, in tanta unione e legame in virt, e per siffatto modo che n dimonia n creatura il possa rompere n separare da voi. O figliuola e fi gliuolo carissimi, non vi paia malagevole n duro a fare una cosa piccola per Cris to crocifisso. O quanto sarebbe grande ignoranzia e miseria e freddezza di cuore, di vedere la somma eterna grandezza, Cristo, disceso a tanta bassezza, quanta la nostra umani t, e non umiliarsi! Or non vedete voi Cristo poverello, umiliato in un presepio, in mezzo di due animali, rifiutata ogni pompa e gloria umana? Onde dice san Bern ardo, commentando la profonda umilt e povert di Cristo, e a confondere la superbia nostra: Vergognati, uomo superbo, che cerchi onori e delizie e pompe del mondo. Tu credevi forse che il re tuo, Agnello mansueto, avesse le grandi abitazioni e la gente onorabile. Non volse cos la prima dolce Verit; anco, elesse, per nostro esempio e regola, nella nativit sua la povert tanto strema, che non ebbe pannicell o a se conducente, dove si potesse invollere; in tanto che, essendo tempo di fre ddo, l'animale alitava sopra il corpo del fanciullo. E nell'ultimo della vita su a ebbe tanta necessit, e il letto della croce tanto stremo, che si lamenta che gl i uccelli hanno il nido e le volpi tana, e il Figliuolo della Vergine non ha dov 'egli riposi il capo suo. 338 O miseri miserabili noi! Terrannosi i cuori nostri, dolce fratello e suora, che non si muovano, e passino e rompano ogni illusione e ogni detto di creatura? Virilmente dunque vi date e con perfetta pace e unione, a seguitare le vestigie del nostro Salvatore; il quale dir a noi quella dolce parola: Venite, figliuoli miei, che per lo mio dolcissimo amore avete lasciati gli appetiti disordinati de lla terra. Io vi riempir; e donerovvi i beni del cielo, e darovvi per uno, cento; e vita eterna possederete (Mt 19, 28). Or, quando vi d uno per cento la prima do lce Verit? Quand'egli infonde e dona la sua ardentissima carit nell'anima. Questo quel dolce cento, senza il quale non potremmo avere vita eterna; e con esso non ci pu esser tolta la vita durabile. Lettera 152. A Giovanni Trenta, e a Monna Giovanna sua Donna da Lucca. 13 Maggio

Invito a contemplare la Deit trinitaria: Padre, Figlio e Spirito Santo 339 Io voglio, dilettissime figliuole, che apriate l'occhio dell'intelletto a ra gguardare nel vasello del cognoscimento di voi. Nel quale cognoscimento trovate essere uno vasello dove si riceve questo glorioso e prezioso sangue, perocch nel sangue unita la natura divina intrisa col fuoco della carit. E per l'anima che rag guarda nel vasello del cognoscimento di s, trova questo sangue, il quale Dio ha d ato per mezzo del Figliuolo suo. E perch il sangue fu sparto solo per lo peccato, per vi trova il cognoscimento di se; e vedendosi difettosa, vede ancora nel sang ue la divina giustizia; perocch per fare giustizia del peccato commesso, sparse i l sangue suo. 340 Aprite, aprite l'occhio dello intelletto nella potenzia del Padre eterno, il quale trovate in questo sangue per l'unione della natura divina nella natura um ana. Troveretevi ancora la sapienzia del Figliuolo, nella quale sapienzia cognos cerete la somma ed eterna sua bont, e la miseria nostra; trovando la clemenzia de llo Spirito Santo, il quale fu quello legame che un Dio nell'uomo, e l'uomo in Di o; e tenne confitto e chiavellato questo Verbo in sul legno della santissima cro ce. E cos s'empir e distender la volont vostra ad amare; e per siffatto modo vi legheret e con Cristo crocifisso che n dimonio n creatura non ve ne potranno mai separare; ma ogni contrario che vi venisse, vi fortificher in amore e in unione con Dio e c ol prossimo vostro. Perocch nei contrari si prova la virt; e tanto quanto pi provat a nell'anima, tanto pi perfetta questa unione fatta col suo Creatore. Lettera 153. A Monna Catarina, e Monna Orsola, e altre donne di Pisa. 14 Maggio Noi siamo tutti viandanti e peregrini... 341 Noi siamo tutti viandanti e peregrini, posti nella strada della dottrina di Cristo crocifisso. Chi va con comandamenti nella carit comune, e chi va per li co nsigli, per la carit perfetta, non scordandosi per dei comandamenti. Per questa vi a neuno pu andare senza il lume; perocch, non avendo lume, non potrebbe vedere il luogo dove gli conviene riposare, nel quale luogo pu discernere chi l'offende, e chi 'l sovviene. Questo luogo la casa del cognoscimento santo di s. In questa casa truova il princ ipale nemico suo, che 'l vuole offendere, cio la propria sensualit, ricoperta col manto dell'amore proprio. Il quale nemico ha due principali compagni, con molti altri vassalli d'intorno. L'uno il mondo con le vanit e delizie sue, il quale s' fatto amico dell'appetito s ensitivo che disordinatamente desidera; l'altro il dimonio co' suoi inganni e co n false e diverse cogitazioni e molestie, alle quali la volont sensitiva inchinev ole, che volontariamente si diletta in esse cogitazioni per qualunque modo il di monio gli le ponesse innanzi. Questi principali nemici hanno molti servitori, che tutti stanno per offendere l 'anima, se per lo lume non discreta (= non ha discernimento) a ponerci rimedio. Questo ha cognosciuto col lume; e per con impeto si leva, e trae fuora il coltell o dell'odio d'essa sensualit e dell'amore delle vere e reali virt; e con esso l'uc cide. 342 Morto questo, tutti gli altri rimangono sconfitti: ch neuno il pu offendere se egli non vuole. La volont, che participa la clemenzia dello Spirito Santo, e la dolce volont di Dio, col coltello sopraddetto e con la mano del libero arbitrio l 'uccide. Vedendo che Dio il suo rimedio, sovvenitore ed aitatore, cresce l'anima , in questa casa del cognoscimento di s, in uno lume della verit e in uno fuoco in estimabile, ineffabile e incomprensibile, che arde e consuma ci che fusse nella c asa contra la ragione: consumando nella fornace della carit di Dio e del prossimo l'acqua dell'amore proprio spirituale e temporale. Allora i nemici noi possono offendere. gli ( = gli ) bene data licenzia dal giusto Signore che percuotano alla porta: e questo permette egli, perch pi sia sollicita la guardia a non dormire nel letto della negligenzia, e prudentemente vegghi (= vegli); e anco per provare se questa casa forte o no, acciocch, non trovandosi f

orte, abbia materia di fortificarsi, e col lume vedere chi la fa forte e perseve rante; e poich l'ha veduto, con grande sollicitudine la stringa a s. Lettera 154. A frate Francesco Tebaldi di Fiorenza, essendo egli nell'isola di G orgona. Scritta dopo la primavera del 1378. 15 Maggio L'orazione continua ci rende forti e perseveranti 343 Quale quella cosa che ci fa forti e perseveranti? l'orazione umile e continu a, fatta nella casa del cognoscimento di se e della bont di Dio in se. Questa ora zione ha per suo fondamento l'umilit; la quale umilit s'acquista in questa casa so praddetta; e vestita del fuoco della divina carit. E cos con questo lume si veste di fuoco. A mano a mano sguita la lagrima; perch l'occhio, quando sente il dolore del cuore, gli vuole satisfare, e geme, siccome il legno verde quando messo nel fuoco, che per lo grande calore gitta l'acqua. Cos l'anima che sente il fuoco della divina carit, il desiderio e l'affetto suo st anno nel fuoco, e l'occhio piange mostrando di fuore quella particella che gli possibile di quello che dentro. Questa procede da dive rsi sentimenti dentro, secondo che le porto dall'affetto dell'anima; siccome voi sapete che si contiene nel Trattato delle lagrime 1; e per in questo non mi sten do pi. 344 Ritorno breve breve all'orazione: breve ve ne dico, perch distesamente l'avet e 2. In tre modi potiamo intendere "orare". L'uno l'orazione continua, alla qual e ogni creatura che ha in se ragione obbligata. Questo il fuoco e vero desiderio fondato nella carit di Dio e del prossimo; facendo per onore di Dio tutte le sue operazioni in s e nel prossimo suo. Questo desiderio sempre Era; cio Era l'affett o della carit dinanzi al suo creatore continuamente, in ogni luogo e in ogni temp o che l'uomo , in ci che egli fa. Che frutto riceve di questo? Riceve una tranquil lit serena dentro nell'anima, d'una volont accordata e sottoposta alla ragione; ch e in neuna cosa si scandalizza. Non gli duro a portare il giogo della vera obedi enzia, quando gli sono posti i pesi e gli esercizi manuali, o a servire il frate llo suo, secondo i casi e tempi che occorrono; per questo gi non viene a tedio n i n afflizione di mente, e non si lassa ingannare al desiderio dell'anima, che app etisce la cella, la consolazione e pace sua. N quando egli vuol orare attualmente, ed egli gli conviene far altro; dico che no n si lassa ingannare a questo desiderio, pigliandone pena tediosa e affliggitiva , ma trae fuore l'odore con vera umilit, e il fuoco della carit del prossimo suo. A questa orazione c'invita il glorioso apostolo Paolo, quando dice che noi devia mo orare senza intermissione (I Ts 5, 17). E chi non ha questa, neuna ne pu avere che gli dia vita. E chi volesse lassare questo per avere la pace sua, perde la pace. Lettera 154. Note: 1 Caterina cita se stessa, facendo riferimento ai capitoli 88-117 del Dialogo o Libro della divina dottrina, denominati, appunto, Trattato delle lacrime. 2 La santa cita ancora la sua opera pi ampia e organica, cio il Dialogo, che nei c apitoli 65 e seguenti, tratta dell'orazione. Fine note.

16 Maggio Dall'orazione vocale all'orazione mentale 345 Ed un'altra orazione [vi ], cio orazione vocale, quando vocalmente l'uomo dice il divino Officio, o altre orazioni che voglia dire. Questa ordinata per giugne re alla mentale; e questo il frutto che ne riceve, se ella fondata in su la prim

a, e con esercizio vi perseveri, sforzando sempre la mente sua a pensare, porger e e ricevere in se pi l'affetto della carit di Dio, che il suono delle parole. E c on prudenzia vada: che quando si sente essere visitato nella mente sua, ponga te rmine alle parole; eccetto l'Ufficio divino, il quale egli fusse obbligato di di re. 346 E cos giunge alla terza, cio alla mentale, levando la mente e il desiderio suo sopra di s a una considerazione dell'affetto della carit di Dio e di se medesimo; dove cognosce la dottrina della verit, gustando il latte della divina dolcezza, il quale latte esce delle mammelle della carit per lo mezzo di Cristo crociato e passionato. Cio, che non si diletta di stare altrove che in croce con lui. Da questo giunge e riceve il frutto dell'unitivo stato; dove l'anima viene a tan ta unione, che ella non vede pi se per s, ma se per Dio, il prossimo per Dio, e Di o per la sua infinita bont. Il quale vede che degno di essere amato e servito da noi; e per l'ama senza modo, ma come spasimata corre morta ad ogni volont perversa ; dilettasi di stare nel talamo e cubicolo dello sposo suo, dove Dio manifesta s e medesimo a lei. Il diletto e vita eterna che gusta quest'anima, Dio vel faccia provare per sua infinita misericordia, perocch con lingua n con inchiostro none ' l voglio n posso narrare. 347 E per dissi ch'io desideravo vedervi in questa casa del cognoscimento. Questa casa, poich i nemici ne sono cacciati, e morto il principale nemico della volont sensitiva, ella si riempie e s'adorna dell'adornamento delle virt. A questo vogli o che studiate; perocch non basterebbe se la casa fusse vota e non si riempisse. Io voglio che sempre stiate in questo cognoscimento di voi, e in voi cognoscere il fuoco e la bont della carit di Dio. Questa quella cella la quale io voglio che per l'isola (= l'isola della Gorgona dove il destinatario risiedeva) e in ogni luogo la portiate con voi in ci che ave te a fare; e non l'abbandoniate mai nel coro, nel refettorio, nella congregazion e, negli esercizi, e in ci che avete a fare vi strigniate in essa. E voglio che n ell'orazione attuale sempre si drizzi l'intelletto vostro alla considerazione dell'affetto della carit di Dio pi che nel dono che vi paresse ricevere da lui, acciocch l'amore sia puro e non merc ennaio. E voglio che la cella attuale sia visitata da voi quanto vi permette l'obedienzi a; e piuttosto vi dilettiate di stare in cella con guerra, che fuora di cella in pace. Perocch 'l dimonio usa questa arte co' solitari per fargli venire a tedio la cella, di dargli pi tenebre, battaglie e molestie dentro, che di fuore: accioc ch ella lor venga in terrore, quasi come la cella fusse cagione delle loro cogita zioni. Sicch per questo non voglio che voltiate il capo a dietro, ma siate costan te e perseverante; non stando mai ozioso, ma esercitando il tempo con l'orazione , con la lezione santa, o con esercizio manuale; stando sempre con la memoria pi ena di Dio, acciocch l'anima non sia presa dall'ozio. Lettera 154. 17 Maggio Nella confessione sacramentale il ministro di Dio getta il sangue di Cristo sopra il capo nostro 348 Questo fa il divino e santo amore; questo il vestimento nuziale, il quale ci conviene avere perch siamo invitati alle nozze della vita durabile. E per vi diss i che io desideravo di vedervi vestiti di vero e perfetto amore, acciocch piename nte possiate adempire la volont di Dio, e 'l desiderio mio, che non cerca n vuole altro che la vostra santificazione. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Nel sangue troverete il fuoco dell'am ore; nel sangue i lavano le nostre iniquit. Questo fa il vicario di Cristo, quand o assolve l'anima nostra, confessandoci noi: non fa altro se non che getta il sa ngue di Cristo sopra il capo nostro. Dite a Gherardo, che ora ch' tempo accettabi le, mentre che egli vive, che non dispregi questo sangue; per che non sicuro quan do debba morire, n quanto debba vivere. Rechisi a vomitare il fracidume de' pecca ti suoi per la bocca, confessandosi bene e diligentemente; ch in altro modo non p otrebbe participare la divina grazia.

Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, figliuola e figliuolo miei, che non si a n amore di figliuoli n amore proprio di voi, n diletto del mondo, che vi ritragga da questo, che per debito dovrete fare. Lettera 155. A Madonna Niera di Gherardo Gambacorti in Pisa. 18 Maggio compito dei genitori educare e correggere i figli 349 Che via ha fatto questo dolce maestro, Agnello immacolato? Ha fatto la via della profonda e vera umilt: ch, essendo Dio, s' umiliato agli uomi ni. Spregiando ogni diletto e delizie, sempre volle tenere per la via pi umile e dispetta (= spregevole) che trovasse. E che frutto produsse poich'ebbe fatta la via a noi? Che chiunque vuole, la pu seguitare. Udistilo in sul legno della santi ssima croce, se fu mai un frutto di pazienza simile al suo; ch, gridando e' Giude i: Crucifige, egli grida: Padre, perdona a loro, che non sanno che si fare (Lc 1 3, 34). O smisurata bont di Dio! Che non tanto che perdoni, ma egli gli scusa dinanzi al Padre. Egli uno Agnello mansueto, che non udito il grido suo per veruna mormoraz ione. Egli ha prodotto a noi il frutto della carit; perocch l'amore ineffabile che Dio ebbe all'uomo, il tenne confitto e chiavellato in croce. Non sarebbero stat i n chiavi n croce che l'avessero tenuto, se non fosse il legame della carit. Egli fu obediente al Padre suo; non ragguardando a s, ma solo all'onore del Padre, e a lla salute nostra. 350 Or questa la via, figliuolo mio dolce, ch'io voglio che teniate, acci che sia te vero padre, a nutricare l'anima vostra, e i figliuoli che Dio v'ha dati, cres cendo sempre di virt in virt. Allora l'anima, inebriata d'amore, non vuole tenere per altra via che 'l maestro suo; ogni diletto e consolazione del mondo fugge, p erch esso le fuggi; e ama ci che Dio ama, e odia ci che Dio odia: ama la virt e odia il vizio; e innanzi elegge la morte che offendere il suo Creatore. E non soster r che e' suoi figliuoli, e la famiglia sua l'offenda; anco, li corregger, come ver o padre; e giusta il suo potere vorr che tengano le vestigie sue. Or di questo vi prego che siate sollecito. Confortate e benedirete tutta la famiglia, e molto m i raccomandate alla madre e alla donna vostra; e singolarmente benedirete la mia figliuola, quella che io desidero che sia sposa di Cristo, e consecrata a lui. Lettera 156. A Giovanni Perotti, cuoiaio in Lucca. 19 Maggio Finite la vita vostra in croce 351 L'arbore della croce voglio che sia piantato nel cuore e nell'anima vostra. Conformatevi con Cristo crocifisso; nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso; bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; inebriatevi e vest itevi di Cristo crocifisso: come dice Paolo, gloriatevi nella croce di Cristo cr ocifisso (Gal 6, 14); satollatevi d'obbrobri, di vergogne e di vituperii, sosten endo per amore di Cristo crocifisso. Conficcatevi il cuore e l'affetto in croce con Cristo; perocch la croce n' fatta nave e porto, che ci conduce a porto di salu te, i chiovi vi sono fatti chiave per aprire il reame del cielo. Ors, padre e fratello carissimo, non dormite pi nel letto della negligenzia; ma, c ome cavaliere virile e non timoroso, combattete contra ogni avversario; ch Dio vi dar la plenitudine della grazia; sicch, consumata la vita vostra, dopo le fatiche giugnerete al riposo, e a vedere la somma eterna bellezza e visione di Dio, dov e l'anima si quieta e riposa, finita ogni pena e male. Riceve ogni bene, saziet s enza fastidio, e fame senza pena. Finite la vita vostra in croce. Lettera 159. A frate Ranieri, in Cristo, di Santa Catarina de' Frati Predicatori in Pisa. 20 Maggio Vestitevi dell'uomo nuovo cio di Cristo

352 Scrivo a voi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vede re in voi adempiuta quella parola del dolce apostolo Paolo quando diceva: Induim ini Dominum Nostrum Jesum Christum (Rm 13, 14). Cio spogliatevi dell'uomo vecchio , e vestitevi dell'uomo nuovo, cio di Cristo crocifisso, il quale quello vestimen to che ricuopre la nudit dell'uomo, e vestelo di virt. O inestimabile e diletta Carit, che s' fatto nostro vestimento, poich per lo peccat o perdemmo la vita della grazia! Venne come innamorato, costretto dal fuoco dell a divina carit. Avendo noi perduto il detto vestimento della grazia: il caldo della divina carit; esso, come fuoco, ci tolse la freddezza, vestendosi della nostra umanit. Allora riavemmo il vestimento della grazia, la quale non ci pu essere tolta, n per dimoni a, n per creature, se noi medesimi non vogliamo. 353 Adunque vi prego, fratello e suore mia carissimi, che siate solleciti di pre ndere questo santo e dolce vestimento, non commettendo negligenzia, acci che non vi sia detta quella parola di rimproverio: Maladetto sia tu che ti lasciasti mor ir di freddo e di fame! Poich Cristo tuo vestimento, ed ttisi dato in cibo. Oim! Or quale sarebbe quel cuore tanto indurato e ostinato che non si levasse a spoglia rsi d'ogni ignoranzia e negligenzia, e vestirsi di questo santo e dolce vestimen to, il quale d vita a coloro che sono morti? O quanto sar dolce e beata l'anima no stra quando verr il tempo dolce della morte, dove l'anima gode ed esulta quando s i vede vestita del vestimento della divina grazia! Il quale uno vestimento, che le dimonia non posson contro di lui: perocch la grazia fortifica e tolle ogni deb ilezza; solo il peccato quella cosa che indebilisce l'anima. O quanto pericoloso e perverso il vestimento del peccato! Ben da fuggirlo con odio e dispiacimento; poich tanto c' nocivo, e spiacevole e abominevole a Dio. 354 Con ardore e infiammato desiderio vi levate a stringere e vestirvi di questo dolce vestimento nuziale della divina carit; il quale l'anima si mette per non e sser cacciata dalle nozze della vita durabile, alle quali Dio c'invit e invita in sul legno della santissima croce. Prego la somma eterna Verit che vi faccia s and are virilmente che giugniate al termine e fine per lo quale voi foste creati. E siccome per carit e per amore vestiste il Bambino di drappo (= avevano rivestito un Bambin Ges con un bel drappo pregiato); cos vesta egli voi di se medesimo, uomo nuovo, Cristo crocifisso. Lettera 160. A Giovanni Perotti, cuoiaio da Lucca, e a Monna Lippa, sua Donna. 21 Maggio Nessuno va al Padre se non per la via di Cristo 355 O inestimabile e dolcissima carit, quanto forte questo legame che tiene Dio e uomo piagato e lacerato in sul legno della croce! Ine port egli e' pesi delle no stre iniquitadi; ine si fabricarono (=furono lavorati penosamente) come ancudine sotto il martello; e cos [fu] fabricata l'anima nelle pene di Cristo per mezzo d el fuoco della sua carit. O unione dolce e perfetta, la quale tu, Dio, hai fatto con l'uomo! Voglio dunque che vi leviate con perfetta sollecitudine; e fate una unione, che non sia n dimonio n creatura che vi possa separare. Perocch questa quell'unione e q uello comandamento il quale Iddio ci lasso, perch non aveva pi cara cosa che dare. Or, cci pi cara cosa che avere Dio, e stare in questa perfetta unione della carit di Dio? Adunque con perfettissima sollecitudine vi levate suso a seguitare le virt; e rip osatevi a questo glorioso petto della carit: in su l'arbore della venerabile e santissima croce, dove fu innestato il Verbo incarnato del Fi gliuolo di Dio, sparto [il sangue] con tanto fuoco d'amore. O quanto ignorante e villano quello cuore che vuole tenere per altra via che tenesse il Maestro suo! Cos disse egli: Neuno pu andare al Padre, se non per me (Gv 14, 6). 356 Virilmente ci leviamo, carissima madre e figliuola; e abbandonate la pompa e la vanit del secolo, s che in questo punto del tempo, dolendoci del tempo perduto , il vogliate restituire nel tempo presente che avete. E pensate che 'l tempo ci

sar richiesto nell'ultima estremit della morte. Oh quanta confusione sar a colui c he negligentemente e iniquamente avr speso il tempo suo! Non voglio dunque che as pettiamo questa confusione; ma che viviamo con tanta virt che, consumata la vita, noi ci troviamo col fuoco della virt, con la madre dolce della carit, in quella c itt di Jerusalem, e ine ci riposiamo in quella visione della pace, dove vita senz a morte, luce senza tenebre, saziet senza fastidio, e fame senza pena. Lettera 161. A Monna Nella Donna che fu di Niccol de' Buonconti da Pisa, e a Monn a Catarina, Donna di Gherardo di Niccol predetto. 22 Maggio Godere con quelli che godono, e piangere con quelli che piangono 357 Siccome disse lo apostolo innamorato di Paolo, di se medesimo: Io godo con c oloro che godono, e piango con coloro che piangono (Rm 12, 15). Questo fa l'anim a che sta in perfetta carit; e facendo cos s'adempie in lei la parola d'esso apost olo Paolo: cio chi participa la tribolazione, cio la croce di Cristo, si participe r le consolazioni, cio sar in gloria con Cristo. Ragionevolmente Dio dar loro la ere dit sua, perch per amore hanno lassata la eredit e la sollecitudine del mondo, lass ato il diletto e le consolazioni mondane; e seguitando la croce di Cristo crocif isso, hanno abbracciate pene e obbrobrii e vituperii per l'amore suo. Or questo dunque quello fuoco, carissime mie figliuole, a cui l'anima debbe anda re per infiammati e amorosi desiderii; ed in altro non si debbe dilettare; peroc ch ogni altra via oscura e tenebrosa a noi, e conduce l'anima in morte eternale. Pregovi dunque per l'amore di Cristo crocifisso che, poi che 'l nostro dolce e b uono Ges tanto cortese e largo, noi non c'indugiamo pi, ma rechianci per le mani l a brevit del tempo nostro, e ricoveriamo (=ricuperiamo) con dolore e amaritudine santa il tempo perduto e speso con poca sollicitudine; e in questo modo acquiste remo il tempo passato. Lettera 162. A Monna Franceschina, e Monna Caterina, e due altre compagne spirit uali in Lucca. 23 Maggio Voglio che seguitiate quella dolce e innamorata Maddalena 358 Io voglio che seguitiate quella dolce e innamorata di Maddalena, la quale no n si distacc mai dall'arbore della croce santissima; ma con perseveranzia ella s' inebriava e bagnava del sangue del Figliuolo di Dio. E tanto s'empi la memoria e 'l cuore e lo intendimento, che mai non si pot voliere ad amare altra cosa che C risto Ges. Cos voglio che facciate voi infino all'ultimo della vita vostra, cresce ndo di virt in virt, e non restandosi in perseverare le giornate (= non perdendo a lcuna giornata) come vero pellegrino; non vollendosi a dietro per neuna stanchez za. E non vi ponete a sedere per negligenzia; ma voglio che pigliate il bastone dell a santissima croce, dove sono piantate e fondate tutte le virt; ragguardando l'Ag nello svenato per noi con tanto ardentissimo fuoco, che doverebbe ardere e consu mare ogni freddezza e durezza di cuore, o amore e di se medesimo, il quale fusse nell'anima. 359 Or vi levate su con pazienza e vera umilt, a seguitare l'Agnello mansueto, co l cuore liberale, largo e caritativo; e abbandonare voi per lui, imparando da es so Ges, che per darci la vita della grazia perde l'amore del corpo suo. E in segn o di larghezza egli aperse tutto se medesimo; e poi che fu morto, in segno d'amo re, del costato suo fece bagno. Volete stare sicura? Or vi nascondete dentro da questo costato. E guardate che, da questo cuore partita, voi non siate trovata di fuori; bench se voi v'entraste, vi trovereste tanto diletto e dolcezza, che non vi vorreste mai partire. Perocc h ell' una bottiga aperta, piena di spezieria, con abbondanzia di misericordia; la quale misericordia d grazia; e conduce alla vita durabile. Or come si potrebbe t enere l'anima che non amasse il dolce suo Salvatore, vedendosi tanto amare da lu i? Usanza e consuetudine dell'amore che sempre rende amore per amore; ed trasfor mata la cosa che ama nell'amato. Cos l'anima sposa di Cristo, che si vede amare d a lui, dimostri che gli voglia rendere cambio, rendendogli amore; cio che per amo re voglia portare pene e obbrobri

per lui e cos si trasforma e diventa una cosa con lui per amore e per desiderio. Or corriamo, e non dormiamo pi nel letto della negligenzia, ad andare a questo ve ro bene. Lettera 163. A Monna Franceschina in Lucca. 24 Maggio Dio va amato senza mezzo, cio per se stesso 360 Sai, diletta e cara figliuola mia, che a volere unire due cose insieme, non conviene che vi sia mezzo: ch, se mezzo v', non pu essere perfetta unione. Or cos ti pensa che Dio vuole l'anima senza mezzo d'amore proprio di s, o di creatura; per occh Dio ama noi senza veruno mezzo (= senza altro diverso intendimento), largo e liberale, per grazia e non per debito, amando senz'essere amato. Di questo amor e non pu amare l'uomo; per ch'egli sempre tenuto d'amare di debito, participando e ricevendo sempre e' beneficii di Dio e la bont sua in lui. Doviamo amare dunque del secondo amore; e questo sia si netto e libero, che neuna cosa ami fuore di D io, n creatura n cosa creata, n spiritualmente n temporalmente. E se mi dici: Come posso avere questo amore? Dicoti, figliuola, che noi nol poss iamo avere n trarre altro che dalla fonte della prima Verit. A questa fonte trover ai la dignit e bellezza dell'anima tua; vedrai il Verbo, Agnello svenato, che ti s' dato in cibo e in prezzo, mosso solo dal fuoco della sua carit; non per servizi o che avesse ricevuto dall'uomo, che non aveva avuto altro che offesa. Dico dunq ue che l'anima, assetata e affamata della virt, bee subito; non vedendo n amando s e per s; ma ogni cosa vede nella fonte della bont di Dio, e per lui ama ci che ama, e senza lui nulla. 361 Andiamo dunque alla fonte della dolce bont di Dio, come detto . In questa font e troveremo cognoscimento di noi e di Dio; nel quale arruffando l'uomo il vasell o suo, ne trarr l'acqua della divina grazia, la quale sufficiente a dargli la vit a durabile. Ma pensa che per la via non potremmo andare col mezzo del peso (= il mezzo peso e ostacolo). E per non voglio che tu ti vesta d'amore di me, n di neuna creatura, se non di Dio. Questo ti dico perch ho udito, secondo che mi scrivi, della pena c he sostenesti della mia partita. Onde io voglio che impari dalla dolce prima Ver it, che non lasci, per tenerezza di madre, n per neuno de' discepoli suoi, che non corresse come innamorato alla obbrobriosa morte della croce, lasciando Maria e i discepoli suoi. E nondimeno gli amava smisuratamente; ma per pi onore di Dio e salute della creatura si partivano l'uno dall'altro, perch non attendevano a loro medesimi. Debbi credere, che al tempo ch'egli erano tanto tribolati, sarebbero stati volen tieri con Maria, ch sommamente l'amavano; e nondimeno tutti si partono. Perch non amavano loro per loro, n il prossimo per loro, n Dio per loro; ma amavanlo perch er a degno d'amore, sommamente buono; e ogni cosa, e 'l prossimo loro, amavano in D io. 362 E per ti dissi che io volevo che tu e l'altre figliuole mie fuste unite e tra sformate in Dio per amore, traendone ogni mezzo che l'avesse a impedire; ma solo col mezzo della divina carit; per che quello dolce e glorioso mezzo che non divid e mai, ma unisce. E veramente pare che faccia come il maestro che edifica il muro, che fauna molte pietre e combaciale insieme, e insiememente chiamato pietra e muro; e questo ha fatto col mezzo della calcina; per che se non avesse posto il mezzo, sarebbero c adute, partite (= disgiunte), e rotte pi che mai. Or Cos ti pensa che l'anima nost ra debba raunare tutte le creature, ed unirsi con loro per amore e desiderio del la salute loro, s che sieno partecipi del sangue dell'Agnello. Allora si conserva questo muro, perch sono molte creature e sono una. A questo parbe (= parve) che c'invitasse santo Paolo, quando disse che molti corrono al palio, e uno quello c he l'ha (I Cor 9,24), cio colui che ha preso questo mezzo della divina carit. Ma tu potresti dire a me: Tu dici che Dio non vuol mezzo; e ora dici che noi pon iamo il mezzo. Rispondoti, e cos ti dico, che tu vada col mezzo del fuoco della d ivina carit, il quale quello mezzo che non mezzo; ma fassi una cosa con lui, si c ome il legno che si mette nel fuoco. Dirai tu allora che il legno sia legno? No,

anco fatto una cosa col fuoco. Ma se mettessi il mezzo dell'amore proprio di vo i medesimi, questo sarebbe quello mezzo che vi tollerebbe Dio. E nondimeno non c avelle (= nulla), per che 'l peccato nulla (= non essere), e in altro non sono fo ndati e' peccati, se non nell'amore proprio, e piaceri e diletti fuora di Dio. C h, come dalla carit procede ed ha vita ogni virt; cos da questo procede ogni vizio, e d morte, e consuma ogni virt nell'anima. E per ti dissi che Dio non vuole mezzo; e ogni amore che non fondato nel vero mezzo, non dura. 363 Correte, dilette figliuole mie; e non dormiamo pi. Ho avuto compassione alle vostre pene; e per vi do questo rimedio, che voi amiate Dio senza mezzo. E se vol ete il mezzo di me, misera miserabile, vogliovi insegnare dove voi mi troviate. Acciocch non vi partiate da questo vero amore, andatevene a quella dolcissima e venerabile croci con quella dolce innamorata Maddalena. Ine troverete l'Agnello e me dove si potranno pascer e e nutricare e adempire e' vostri desiderii. Ora a questo modo voglio che voi c erchiate me e ogni cosa creata: questo sia il gonfalone e refrigerio vostro. E n on pensate, perch il corpo sia dilungi da voi, che sia dilungato l'affetto e la s ollecitudine della salute vostra: anco, pi fuora della presenzia corporale che ne lla presenzia. Per disse la prima Verit: Egli bisogno ch'io vada; altrimenti il Paraclito non ver rebbe a voi (Gv 16, 7). Cos dico io: Egli era bisogno ch'io mi partissi da voi, a cci che vi deste a cercare Dio in verit, e non con mezzo. Dicovi che n'averete meg lio poi che prima, entrando dentro di voi a pensare le parole e la dottrina che vi fu data; e a questo modo riceverete la plenitudine della grazia, per essa gra zia di Dio. Lettera 164. A Monna Mellina, Donna di Bartolomeo Balbani in Lucca. Scritta nei primi mesi del 1376. 25 Maggio Io mi glorio nelle tribolazioni per amore del mio Signore Ges Cristo 364 Questa la ragione perch sempre e' servi di Dio godono; onde se essi sono infe rmi, godono; o in fame o in sete, o poveri o afflitti o tribolati o perseguitati dalle creature; che se tutte le lingue loro tagliassero sopra il servo di Dio, non se ne cura, ma d'ogni cosa gode e esulta perocch egli ha Dio che ogni suo rip oso; e ha gustato il latte della divina carit. E siccome il fanciullo trae a se i l latte per mezzo del petto della madre, Cos l'anima innamorata di Dio trae a se per mezzo di Cristo crocifisso; seguitando sempre le vestigie sue, volendolo seg uitare per la via degli obbrobrii, delle pene e delle ingiurie; e in altro non s i vuole dilettare se non in Cristo crocifisso, e fugge di gloriarsi in altro che nella croce. Questi cotali dicono con santo Paolo: Io mi glorio nelle tribolazi oni per amore del mio Signore Ges Cristo, per cui il mondo m' crocifisso, e io in lui (Rm 5, 3; II Cor 12, 9; Gal 6, 14). Adunque non mi maraviglia se l'anima allora paziente nelle tribolazioni; perocch per amore e con libera volont ha rifiutate le consolazioni del mondo, e ha fatta grande amist con le fatiche e con le persecuzioni; per che ha veduto che questo fu il vestimento del Figliuolo di Dio, il quale egli elesse per lo pi prezioso e gl orioso vestimento che trovare si potesse. Questa quella dolce margarita (= perla ) che dice il nostro Salvatore che l'uomo, poich l'ha trovata, vende ci ch'egli ha , per comprarla (Mt 13, 45-46). 365 Quale questa cosa che nostra, che c' data da Dio, che n demonio n creatura ce l a pu toller? la volont. A cui venderemo questo tesoro di questa volont? A Cristo cro cifisso. Cio che, volontariamente e con buona pazienza, renunceremo alla nostra p erversa volont; la quale, quando posta in Dio, uno tesoro. E con questo tesoro co mpriamo la margarita delle tribolazioni, traendone il frutto con la virt della pa zienza, il quale mangiamo alla mensa della vita durabile. Ora a questo cibo, men sa e latte v'invito, figliuola mia dolcissima; e pregovi che ne siate sollicita di prenderlo. 366 Come superbi, credevamo passare per la porta stretta, col peso dell'affettuo so perverso amore del mondo. Voglio dunque che ci leviamo il carico d'ogni vanit

del mondo e amore proprio di se medesima. Sai tu perch dice che la porta stretta, onde dobbiamo passare? Perch dobbiamo ristringere l'amore e i desiderii nostri i n ogni diletto e consolazione del mondo, e trasformare se medesimo nella dolce m adre della carit. Dico che debbe chinare il capo, perch la porta bassa; perocch por tandolo alto, cel romperemmo. Vuolsi chinare per santa e vera umilt, ragguardando che Dio umiliato a noi. Debbiti tenere e voglio che ti tenga la pi vile di tutte l'altre. Lettera 165. A Monna Bartolomea, Donna di Salvatico da Lucca. Scritta forse nei primi mesi del 1376. 26 Maggio Prati innanzi con lo scudo di tre lati 367 Fatti ragione che tutto el mondo ti fusse contra. E tu con uno cuore virile e reale non voliere il capo in dietro; ma parati innanzi con lo scudo in mano a ricevere e' colpi. Sai che lo scudo ha tre canti: cos ti conviene avere in te tre virt. Odio e dispiacimento dell'offesa che hai fatta al tuo Creatore, singolarme nte nel tempo passato, quando tu eri uno demonio; perocch seguitavi le vestigie s ue. Dico che poi ti conviene avere l'amore, ragguardando nella bont di Dio che tanto t'ha amata non per debito ma per sola grazia, mosso solamente dall'amore ineffab ile suo; e non ti trasse l'anima del corpo nel tempo che tu eri ribella a lui; m a batti il dolce Ges tratta dalle mani del demonio e portata a grazia. E dicati che, subito che averai questo perfetto amore e odio, ti nascer la terza, cio una pazienza che, non tanto che tu ti doglia di parole o d'ingiurie che ti f ossero dette o fatte, o per veruna pena che sostenessi, tu non ti muoverai per i mpazienza; ma con letizia sosterrai, avendole in riverenzia, reputandoti indegna di tanta grazia. Non sar veruno colpo n di demonio n di creatura che, avendo quest o scudo dell'odio e dell'amore e della vera pazienza, che ti possa nuocere; pero cch elle sono quelle tre colonne forti che conservano, e tolgono la debilezza del l'anima. Lettera 165. 27 Maggio Esortazioni a una vedova troppo mondana 368 Dio non v'ha sciolta dal mondo perch voi siate affogata e annegata nel mondo, coll'affetto e col disordinato desiderio. Or avete voi altro che un'anima? No. Che se ne aveste due, potreste l'una dare a Dio, e l'altra al mondo. N altro che uno corpo non avete; e questo d'ogni leggera cosa si stanca. Siatemi dispensatrice a' poveri delle vostre sostanzio temporali. Uccidete, ucci dete la vostra volont, acci che non stia tanto legata ne' parenti; e mortificate i l corpo vostro e noi vogliate tenere in tante delicatezze. Dispregiate voi medes ima; non ragguardate gentilezza (= nobili natali), n a ricchezza; per che solo la virt quella cosa che ci fa gentili, e le ricchezze di questa vita sono pessima po vert, quando sono possedute con disordinato amore fuore di Dio. Recatevi alla memoria quello che ne dice il glorioso Jeronimo, vietando che le v edove non abbondino in delizie, e non portino la faccia pulita, n i gentili e del icati vestimenti. N le conversazioni loro debbono essere con giovane vane e disso lute; ma la loro conversazione debbe essere in cella (= casa). E debbe fare come la tortora che, poi ch' morto il compagno suo, sempre piange, e stringesi in se medesima, e non vuole altra compagnia. Restringetevi, carissima e direttissima s uoro, con Cristo crocifisso: ine ponete l'affetto e 'l desiderio vostro, in segu itarlo per la via degli obbrobrii e della vera umilt; e con mansuetudine, legando vi coll'Agnello col legame della carit. Questo desidera l'anima mia, si che voi s iate campo fruttifero e non sterile, pieno di dolci frutti delle reali virt. Corr ete, correte; ch il tempo breve, e il cammino lungo. E se voi deste tutto l'avere del mondo, non v'aspetterebbe 'l tempo che non facesse il corso suo. Lettera 166. A Monna Colomba in Lucca.

28 Maggio Sul dovere degli stati cristiani d'esser fedeli e obbedienti alla santa Chiesa 369 Colui che ama s per s, non si cura del danno del fratello suo, n del vituperio e offesa di Dio, per che non ragguarda altro che a se medesimo d'amore sensitivo e non ragionevole. E questa la ragione che gli stati del mondo non bastano (= no n durano); perch non s'attende all'onore di Dio e alla giustizia santa, altro che a se medesimo. Egli potente, lo Dio nostro dolce, a volerci e poterci conservare, e trarre dell e mani de' nemici nostri; purch voi attendiate all'onor suo ed all'esaltazione de lla santa Chiesa; la quale l'esaltazione nostra, perch in altro non riceve l'anim a vita, se non in essa Chiesa. Questo dolce Ges non guard mai altro se non all'ono re del Padre e alla salute nostra; e prese per sposa la santa madre Chiesa. E pe nsate che nel fuoco della sua carit egli ha s fermata questa sposa in s, e tutti co loro che a essa stanno appoggiati e farinosi suoi figliuoli legittimi, che elegg ono innanzi cento migliaia di volte la morte, prima di mutare il passo senza lei ; che non sar dimonio n creatura che le possa tollero che ella non sia eternalment e, che ella non sia durabile questa venerabile e dolcissima sposa. 370 E se voi mi diceste: Pare che ella vengasi meno, e non pare che possa aiutar e s, non tanto che i figliuoli suoi. Dicovi che non cos; ma e' pare bene all'aspet to di fuori. Oh ragguarda dentro, e ritruoveravi quella fortezza, della quale il nemico suo privato Voi sapete bene che Dio colui che forte, e ogni fortezza e v irt procede da lui. Questa fortezza non tolta alla sposa, n questo adiutorio forte e fermo, che non l'abbi. Ma i nemici suoi che fanno contro a lei, hanno perduto questa fortezza e adiutorio; perocch, come membri putridi, tagliati sono dal cor po loro; onde subito che 'l membro tagliato, si indebolito. E specialmente quand o vede che prima verrebbe meno il cielo e la terra che venisse meno la virt sua d i questo capo. 371 E se diceste: Io non so! Io veggo pure le membra che prosperano e vanno inna nzi. Aspetta un poco: ch non debbe andare, n pu andare cos. Perocch dice lo Spirito S anto nella Scrittura santa: In vano s'affatica colui che guarda la citt che non v enga meno, se Dio non la guarda (Sal 126, 2). Adunque non pu durare che ella non venga meno, e non sia destrutta l'anima e 'l corpo; per che sono privati di Dio p er grazia che la guarda, perch hanno fatto contra la sposa sua, dove si riposa Di o che somma fortezza. Non c'inganni dunque verun timore servile; perocch il timor e servile fu quello che ebbe Pilato, il quale per paura di non perdere la signor ia uccise Cristo; e per la sua ignoranzia perde lo stato dell'anima e del corpo. Adunque io vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, fratelli carissimi e figli uoli della santa Chiesa, che sempre stiate fermi e perseveranti in quello che av ete cominciato. Ma io godo ed esulto in me della buona fortezza che infin'a qui avete avuta, d'essere stati forti e perseveranti e obedienti alla santa Chiesa. Ora udendo il contrario, mi contristai fortemente, e per ci venni da parte di Cri sto crocifisso per dire a voi che questo non dovete fare, per veruna cosa che si a. E sappiate che se questo faceste per conservarvi e aver pace, voi cadereste n ella maggior guerra e ruina che avesse mai l'anima e il corpo. Or non cadete dun que in tanta ignoranzia; ma siate figliuoli veri e perseveranti. Lettera 168. Agli Anziani della citt di Lucca. Posteriore al 14 gennaio e anterio re al 12 marzo 1376. 29 Maggio Chi non ha battaglia non ha vittoria; e chi non ha vittoria rimane confuso 372 La battaglia non potiamo noi fuggire, mentre che siamo nel corpo mortale, in qualunque stato la persona si sia; e ciascuno le porta in diversi modi, secondo che piace alla bont di Dio di darle. Onde se la persona non armata, riceve il co lpo della impazienza, e riceve il colpo del diletto di consentire volontariament e; e non ripara a colpi delle molte battaglie che 'l dimonio gli d. E cos ne riman

e morto, rimanendo nella colpa del peccato mortale. Ma s'egli armato, neuno colp o gli pu nuocere, come detto . E se voi mi diceste: Io non posso avere quest'arme. Io vi rispondo che non alcun a creatura che abbia in se ragione, che non la possa avere, se egli la vuole, me diante la divina grazia. Perocch la colpa e la virt si fanno con la volont; ch, tant o quanto la volont dell'uomo consente al peccato o adopera una virt, tanto peccato o virt. Per che senza la volont, n il peccato sarebbe peccato, n la virt sarebbe virt per che l'anima non riceverebbe colpa, n dall'atto del peccato n d'alcuna ria cogi tazione, se la volont non vi consentisse; n le buone cogitazioni n l'atto della vir t darebbero vita di grazia all'anima, se la volont non consentisse a riceverle con affetto d'amore. E questa volont dell'uomo s forte, che n dimonio n creatura n verun a cosa creata la pu muovere, n fare consentire, n a peccato n a virt pi che voglia. Si cch neuno pu dire: Io non posso; n avere veruna scusa di peccato. Possono bene veni re i molti e laidi pensieri nel cuore, a' quali neuno pu resistere che non vengan o; ma il venire non peccato; ma il riceverli con la volont peccato, e a questo si pu resistere di non consentire. 373 Poi dunque che s gran tesoro aviamo, che neuno pu essere vinto se egli non vuo le; non da schifare i colpi, ma da dilettarsi di star sempre in battaglia, mentr e che viviamo. Chi vedesse quanto il frutto della battaglia, non sarebbe neuno c he con desiderio non l'aspettasse. Chi non ha battaglia, non ha vittoria; e chi non ha vittoria, si confuso. Adunque bene da godere nel tempo delle battaglie, e non venire mai a confusione. Perocch, non potendoci alcuna volta il dimonio ingannare coll'amo del diletto d' esse, ci vuole pigliare con l'amo della confusione, volendoci far vedere che nel tempo delle battaglie siamo riprovati da Dio, e che l'orazione e li altri santi esercizii non ci vagliano; dicendo nella mente nostra: questo che tu fai, non t i vale. Tu debbi fare la tua orazione e l'altre cose col cuore schietto e con me nte quieta, e non con tanti disonesti e variati pensieri. Meglio t' dunque di las sare stare. E tutto questo fa il dimonio acciocch noi gittiamo a terra i santi esercizii e l' umile orazione, la quale l'arme con che noi ci difendiamo, o vogliamo dire uno l egame che lega e fortifica la volont nostra in Dio e cresce la fortezza coll'arde ntissima carit, con la quale l'anima resiste a i colpi, come detto . E per il dimon io s'ingegna, con questo amo, di fare che noi la gittiamo a terra; perocch, perdu to questo, a mano a mano potrebbe avere di noi quello che vuole. Adunque mai per veruna battaglia deviamo venire a confusione, n lassare alcuno esercizio. 374 Eziandio se avessimo peccato attualmente, a confusione di mente non si debbe venire; perocch deviamo credere che subito che l'uomo si ricognosce e ha dolore e dispiacimento della colpa commessa, Dio il riceve a misericordia. Ma con spera nza e fede viva si debbe credere in verit che Dio non vi porr maggiore peso che voi potiate portare; perocch tanto c i molestano le dimonia quanto Dio lo permette, e pi no. E noi dobbiamo esser cert i che Dio sa, pu e vuole liberarci, quando veder che sia el tempo che faccia per l a sante nostra di follerei le tentazioni e ogni altra fatica; perocch ci che ci d e permette, il fa per nostra salute e per accrescimento di perfezione. Lettera 169. A frate Matteo Tolomei da Siena dell'Ordine de' Predicatori in Roma , ed a Don Niccol di Francia, monaco di Certosa a Belriguardo. 30 Maggio Contro il vizio della carne 375 A volere la vita durabile, ci bisogno di lasciare la carne, prima che venga la morte, e che abbandoni noi; cio lassare gli appetiti e i desiderii, e i sentim enti carnali. Oim non ve ne fate invitare a lasciarli; perocch non ci tempo. E non niuna cosa che faccia l'uomo bestiale, quanto questo perverso vizio. E grande s toltizia della creatura, che si tolte tanta dignit, e per tanto trista cosa diven ta animale bruto. Adunque stirpiamo, e combattiamo contra questo vizio, e contra ad ogni altro, co n l'odore della santa continenza e onest; con lo scudo della santissima croce rip

arare ai colpi. S che siate vero giudice e signore nello stato che Dio v'ha posto ; e drittamente rendiate il debito al povero e al ricco, secondo che richiede la santa giustizia, la quale sempre sia condita con misericordia. Non dico pi qui. 376 Manifestovi un caso ch' intervenuto al monasterio di Santo Michele Angelo da Vico. Per che un giovane, il cui nome vi dir la lettera che l'abbadessa del detto monasterio vi manda, il quale, gi buon tempo, le ha stimolate, e a tanto venuto, che egli vi s'entra ad ogni ora che gli piace, avendo smurata una finestra del m onasterio, minacciando quelle che non vogliono il male, di metter fuoco nel mona sterio e ardervele dentro, secondo che esse hanno detto a me. Per la qual cosa v i prego e costringo che voi ci poniate quel rimedio che vi pare, e pi convenevole ; s che si ponga rimedio a tanta abbominazione. Non vorrei, per, che egli perdesse la vita; ma d'ogni altra pena io sarei molto consolata. Non dico pi sopra questa materia. Lo Spirito Santo v'illumini di questo e d'ogni altra cosa. Lettera 170. A Pietro Marchese del Monte, Podest di Siena. Scritta nei primi mesi del 1376. 31 Maggio Fate pace con la santa Chiesa e con il papa, Vicario di Cristo 377 Poi che sete fatto capo e posto in signoria, voi siate quel mezzo che aiutia te a legare tutti i membri de' vostri cittadini. Sapete che il membro che taglia to dal capo suo, non pu avere in s vita; perch non legato con quello ond'egli aveva la vita; cos vi dico che fa l'anima che partita (= separata) dall'amore e dalla carit di Dio; cio di quelli, i quali non seguitano il loro Creatore, ma pi tosto il perseguitano con molte ingiurie e peccati mortali, i quali manifestamente si ve ggono per segni e modi, che noi vediamo apparire e fare tutto d; e voi mi potete intendere. Or chi siamo noi miserabili, miseri miserabili, iniqui, superbi, che noi facciam o contra il capo nostro? Oim, oim! La superbia e la grandezza nostra, con veder ci eco, ci mostra il fiore dello Stato e delle signorie; e non vediamo il vermine c he entrato sotto a questa pianta che ci d il Fiore (= la citt del Fiore Firenze), che rode; e tosto verrebbe meno, se egli non si argomenta (= non riflette). Conv iensi dunque argomentare col lume della ragione, della vera e dolce umilt; la qua le virt, coloro che la posseggono, sempre sono esaltati; e cos per lo contrario, c ome disse Ges Cristo, sempre i superbi sono umiliati (Lc 14, 11). Questi tali non possono aver vita, per che sono membri tagliati dal dolce legame della carit. 378 Or che peggio potiamo avere, che esser privati di Dio? Bene potremo avere as sai legame; e, fatta lega, legati con molte citt e creature (= si riferisce alla lega progettata da Firenze con Milano contro il papa); che, se non c' il legame e l'adiutorio di Dio, non ci varr nulla. Sapete che in vano s'affatica colui che g uarda la citt, se Dio non la guarda (Sal 125, 12). Che faremo, disavventurati noi ciechi e ostinati ne' difetti nostri; poich Dio colui che guarda e conserva la c itt e tutto l'universo; e io mi sono ribellato da lui, ch' Colui che ! E se io dice ssi: Io non fo contra a lui. Dico che tu fai contra lui quando fai contra il Vic ario suo, la cui vece tiene. Vedi che tu sei tanto indebilito per questa ribelli one fatta, che quasi non ci ha forza veruna, perch siamo privati della nostra for tezza. Oim, fratello e figliuolo carissimo, aprite l'occhio a ragguardare tanto p ericolo, e tanta dannazione d'anima e di corpo. Pregovi che non aspettiate la ro vina del divino giudicio. Perocch il vermine potrebbe tanto crescere, che il fior e darebbe a terra. L'odore di questo fiore gi mortificato, perch siamo stati ribel li a Cristo. Sapete che l'odore della grazia non pu stare in colui che sta contra al suo Creatore. 379 Ma il rimedio ci , se il vorremo pigliare e di questo vi prego quanto so e po sso in Cristo dolce Ges, che il pigliate voi e gli altri cittadini. E fatene ci ch e potete dalla parte vostra. Umiliatevi, e pacificate i cuori e le menti vostre; perocch per la porta bassa non si pu tenere col capo alto, per che noi ce lo rompe remmo. Egli ci conviene passare per la porta di Cristo crocifissso, che s'umili a noi stolti e con poco cognoscimento. E se voi vi umilierete, domanderete con pa ce, e mansuetudine, la pace al vostro capo Cristo in terra. Vogliate dimostrare

che siate figliuoli, membri legati e non tagliati. Troverete misericordia e beni gnit, e esaltazione nell'anima e nel corpo. Sapete che la necessit ci debbe strign ere a farlo, se non ci strignesse l'amore. Non pu stare il fanciullo senza l'adiutorio del padre, per che non ha in se virt, n potenzia veruna; ma ci ch'egli ha, ha da Dio. Conviengli, dunque, stare in amore del padre; ch se egli sta in odio e in rancore, l'adiutorio suo gli verr meno; e v enendogli meno l'adiutorio, conviene che venga meno egli. Adunque con sollecitud ine d'andare a dimandare l'adiutorio del Padre, cio di Dio. Conviencelo addimanda te ed avere dal Vicario suo; per che Dio gli ha date nelle mani le sue chiavi del cielo, e a questo portinaio ci conviene far capo. Perocch quello che egli fa, fa tto; e quello che egli non fa, non fatto; s come disse Cristo a santo Pietro: Cui tu legherai in terra, sar legato in cielo; e cui tu scioglierai in terra, sar sci olto in cielo (Mt 16, 19). Poi, dunque, che egli tanto forte questo Vicario, e d i tanta virt e potenzia, che serra ed apre la porta di vita eterna; noi membri pu tridi, figliuoli ribelli al padre, saremo s stolti, che facciamo contra a lui? Be n vediamo che senza lui non potiamo fare. Se tu se' contra alla Chiesa santa, co me potrai partecipare il sangue del Figliuolo di Dio? Ch la Chiesa non altro, che esso Cristo. Egli colui che ci dona e ministra i sacramenti, i quali sacramenti ci danno vita, per la vita che hanno ricevuta dal sangue di Cristo; ch, prima ch e il sangue ci fosse dato, n virt n altro erano sufficienti a darci vita eterna. Co me adunque siamo tanto arditi che noi spregiamo questo sangue? 380 E se dicessi: Io non spregio il sangue. Dico che non vero. Ch chi spregia que sto dolce Vicario, spregia il sangue; ch chi fa contra l'uno, fa contra l'altro, per ch'essi sono legati insieme. Come mi dirai tu che se tu offendi uno corpo, ch e tu non offenda il sangue che nel corpo? Non sai tu che tiene in se il sangue d i Cristo? Intendi che avviene come del figliuolo e del padre: che se offendesse il padre i l figliuolo, che il figliuolo abbia mai ragione sopra di lui? Egli sempre debito re a lui, per l'essere che gli ha dato; e non preg mai il figliuolo il padre, che gli desse della sostanzia della carne sua; nondimeno il padre, mosso per l'amor e ch'egli ha al figliuolo prima ch'egli abbia l'essere, gliel d. Oh quanto maggio rmente noi ignoranti ingrati scognoscenti figliuoli possiamo patire di offendere il nostro vero padre! Conciossiacosach ci abbia amati senza essere amato; perocc h per amore ci cre e anco ci ricre a grazia nel sangue suo, dando la vita con tanto fuoco d'amore che, ripensandolo, la creatura patirebbe innanzi fame e sete e og ni necessit insino alla morte, prima che ribellasse e facesse contra al Vicario s uo; per lo quale ci port il frutto del sangue di Cristo; e tutto ci ha dato per g razia, e non per debito. Lettera 171. A Niccol Soderini di Firenze. Scritta forse prima del 12 marzo 1376. FINE PRIMA PARTE. PARTE SECONDA. GIUGNO 1 Giugno Noi non siamo n Giudei n Saracini e dobbiamo essere uniti alla Chiesa e al papa 381 Oh non pi-, fratelli miei! Non dormite in tanto poco lume e cognoscimento. T raiamo il vermine della superbia e dell'amore proprio di noi medesimi, e uccidia mo col coltello dell'odio e dell'amore, coll'amore di Dio e riverenzia della san ta Chiesa, con odio e dispiacimento del peccato e del difetto commesso contra Di o e contra lei. Allora arete fatto uno innesto, piantati e innestati nell'arbore della vita: tor ravvi la morte e renderavvi la vita. Privati sarete della debilezza; ch gi abbiamo detto che sete fatti debili, perch siamo privati di Dio, che nostra fortezza, pe r la ingiuria che facciamo alla Sposa sua. Adunque facendo questa unione, con od io e dispiacimento della divisione avuta, sarete fatti forti nelle grazie spirit uali, le quali deviamo partecipare, volendo la vita della grazia; e nelle tempor

ali, s e per siffatto modo, che neuno v'offender. 382 Meglio vi dunque di stare in pace e in unione, eziandio non tanto col capo n ostro, ma con tutte le creature. Per che noi non siamo Giudei, n Saracini, ma cris tiani, bagnati e ricomperati del sangue di Cristo. Stolti noi, che ci andiamo ra vvollendo ( =volgendo or qui or l) per appetito di grandezza; e per timore di per dere lo stato, pigliamo e facciamo l'officio delle dimonia, andando invitando l' altre creature a fare quello male medesimo che fate voi (=allude all'invito fatt o dai Fiorentini a Pisani e Lucchesi a far lega contro la Chiesa). Cos fecero le dimonia; che quand'essi erano angioli, quelli che caddero si legare insieme, e r ibellato a Dio; e volendo essere alti, diventarono bassi. Non voglio, e cos vi prego, che voi non facciate il simile; volendo fare contra l a Sposa di Cristo, v'andiate legando insieme. Facendo cos, quando credeste d'esse r legati e inalzati, e voi sareste pi- sciolti e abbassati che mai. Non pi- cos, fratelli carissimi. Ma legatevi nel legame dell'ardentissima carit; e dimandato d i tornare a pace ed unione col capo vostro, acci che non siate membri tagliati. V oi avete un padre tanto benigno che, volendo tornare all'ammenda, non tanto che egli vi perdoni, ma egli v'invita a pace, nonostante la ingiuria che ha ricevuta da voi; bench forse non vi pare aver fatta ingiuria, ma ricevuta. Se questo , per poco lume che in voi. E questo il gran pericolo, e la cagione che l'uomo non si corregge n torna all'ammenda, perch non vede la colpa sua; non vedendola, non la grava per odio e dispiacimento. 383 Adunque ci conviene vedere, acciocch cognosciamo i difetti nostri, s che, cogn oscendoli, li correggiamo. Noi non dobbiamo amare i vizii che noi vedessimo nell e creature; ma dobbiamo amare ed avere in reverenzia la creatura, e l'autorit che ha posta ne' ministri suoi; e de' peccati loro, lassar punire e castigare a Dio ; per che egli quello sommo giudice che drittamente d e' giudici suoi, e a ognuno rende il debito suo giustamente, secondo che ha meritato, e con drittura. Troppo sarebbe sconvenevole che volessimo giudicare noi, che slam caduti in quello med esimo bando. Pregovi dunque che non vi lassate pi- guidare a tanta simplicit; ma con cuore vir ile e virtuoso vi legate col vostro capo; sicch, venendo il punto della morte, do ve l'uomo non si pu scusare, noi possiamo participare e ricevere il frutto del sa ngue di Cristo. 384 Pregovi, Niccol, per quello amore ineffabile col quale Dio v'ha creato e rico mperato s dolcemente, che voi vi studiate, giusta al vostro potere, ch senza miste rio grande Dio non v'ha posto costi, di fare che la pace e l'unione tra voi e la santa Chiesa si faccia, acci che non siate pericolati voi, e tutta la Toscana. N on mi pare che la guerra sia s dolce cosa, che tanto la dovessimo seguitare, pote ndola levare. Or cci pi- dolce cosa che la pace? Certo no. Questo fu quel dolce t estamento e lezione che Ges- Cristo lasso a' discepoli suoi. Cos disse egli: Voi non sarete cognosciuti che siate miei discepoli per fare miracoli, n per sapere l e cose future, n per mostrare grande santit in atti di fuore; ma se averete carit e pace ed amore insieme (Gv 13, 3s). Facendo cos, adempirete il desiderio mio in voi, siccome io vi dissi che io desid eravo che fuste membro unito e legato nel legame della carit; e non tanto in voi, ma cagione di legar tutti gli altri. Fate loro vedere, quanto potete, nel peric olo e malo stato che sono; ch io vi prometto che, se voi non vi argomentate in ri cevere la pace, e dimandarla benignamente, voi caderete nella maggior ruina che cadeste mai. Temo che non si potesse quella parola dire, che Cristo disse, quand o andava all'obbrobriosa morte della croce per noi miseri miserabili scognoscent i di tanto beneficio, quando si volse dicendo: Figliuole di Gerusalem, non piang ete sopra me, ma sopra voi, e sopra gli figliuoli vostri (Lc 27, 28). E lo d dell a domenica dell'oliva, quando scendeva dal monte, disse: Gerusalem, Gerusalem, tu godi, per ch'egli oggi il d tuo; ma tem po verr che tu piangerai (Lc 19, 41-44). Or non vogliate, per amore di Dio, aspettare questo tempo; ma ponete in voi la v era letizia, cio della pace e della unione. A questo modo sarete veri figliuoli, participerete ed arete la eredit del Padre eterno. Lettera 171.

2 Giugno Nel limbo gli antichi Padri desiderarono ardentemente la venuta del Figlio di Dio 385 A voi scrivo con desiderio di vedervi levato il cuore, l'affetto e il deside rio vostro a questo dolce capo, Ges- Cristo, con quella brigata tratti dal Limbo , che lungo tempo in grandissima tenebra avevano aspettata la redenzione loro. L eviamo su dunque i cuori a lui, e ragguardiamo l'affettuoso e consumato amore, i l quale Dio ha dimostrato, in tutte le sue operazioni, all'uomo; poi ragguardiam o il dolce desiderio che ebbero quelli santi e venerabili Padri, solamente aspet tando l'avvenimento del Figliuolo di Dio. Confondasi dunque, e spengasi in noi l a nostra ignoranzia e freddezza e negligenzia; noi, dico, che abbiamo gustato e veduto e sentito il fuoco della divina carit. Oh che ammirabile cosa questa: che solo del pensiero godevano! E ora vediamo Dio innestato nella carne nostra, e fa tto una cosa coll'uomo; e non ci risentiamo. 386 Oh dolce e vero innesto! Perocch l'uomo infruttifero, che non participava l'a cqua della grazia, hai fatto fruttifero, purch elli distenda l'ale del santo desi derio, e appongasi in su l'arbore della santissima croce, dove egli trover questo santo e dolce innesto del Verbo incarnato del Figliuolo di Dio. Ine troveremo i frutti delle virt- maturati sopra il corpo dell'Agnello svenato e consumato per noi. Adunque levinsi i cuori e i desiderii nostri, e con perfetta e vera sollic itudine riceviamo questi graziosi frutti; e perch noi non aspettiamo con quelli d esiderii de' nostri Padri antichi, confondasi la nostra negligenzia. 387 Non si tengano pi- i cuori vostri, ma con sollicitudine si levino a ragguard are questo ineffabile amore che Dio ha avuto all'uomo. E dicavi che, se noi il f aremo, che non sar n dimonia n creatura che ci possa impedire il santo e vero desid erio; perocch le dimonia fuggono dal cuore e desiderio arso nel fuoco della divin a carit; siccome la mosca fugge, e non s'appone in sul pignatto che bolle, perocc h vede apparecchiata la morte sua per lo caldo e il calore del fuoco. Ma quando i l pignatta tiepido, elle vi corrono dentro, come in casa loro; e ine si pascono. Non tiepidezza, per l'amore di Dio! Ma corriamo verso il calore della divina car it, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso; ed entriamo nelle piaghe sue, ac ciocch siamo animati a portare ogni cosa per lui e fare sacrificio de' corpi nost ri. Lettera 172. A frate Niccol de' Frati di Monteoliveto nel Monasterio di Fiorenza.

3 Giugno Dio pi- atto a perdonare che noi a peccare 388 O quanto beata quest'anima, che per lo dolce cognoscimento della verit venuta a tanto lume e perfezione, che vede e si d a cognoscere che ci che Dio permette, egli 'l fa per singolare amore. Perocch Colui che esso Amore, non pu fare che non ami la sua creatura che ha in se ragione. Il quale ci am prima che noi fossimo, p erch voleva che partecipassimo del sommo ed eterno Bene. E per ci che egli ci d, cel d per questo fine. Ma i miseri che sono privati di questo lume della fede santa, non cognoscono la Verit. E perch non la cognosce il misero questa verit? Perch non ha levata la nuvila dell'amor proprio. Onde non cognosce se, e per non s'odia; e non cognosce la div ina bont, e per non l'ama. E s'egli ama alcuna cosa, l'amor suo imperfetto; perocc h tanto ama quanto si vede trarre diletto o consolazione da Dio, e utilit dal pros simo. E per non forte n perseverante nel bene ch'egli ha cominciato; perocch a mano a mano che il latte della grande consolazione se gli leva di bocca, egli viene meno, e volle il capo indietro a mirare l'arato. Ma se in verit avesse cognosciut a la Verit, non gli addiverrebbe cos. 389 E debbelo fare (= d'essere perseverante nel bene); perocch pi- spiacevole a D io e danno a lui, la lunga perseveranzia nel peccato, che 'l proprio peccato. Pe rocch umana cosa il peccare; ma la perseveranzia nel peccato cosa di dimonio. Ond

e non si debbe gittare tra' morti, mentre che egli ha il tempo; n sostenere lo st imolo della coscienzia che 'l chiama, rodendolo continuamente. N debbe dire: Io a spetto: forse che non anco matura questa pera acerba. Oh quanto matto e stolto colui che aspetta 'l tempo che egli non ha, e non rispo nde in quello ch'egli ha; e fa n pi- n meno come s'egli fusse sicuro d'avere 'l te mpo. O quanto male fa costui! Egli offende Dio, che somma ed eterna verit; e offe nde l'anima sua facendosi male di colpa; e contrista i servi di Dio, i quali sta nno come affamati dell'onore del loro Creatore e della salute dell'anime. 390 Distendete dunque la volont vostra ad amare e desiderare 'l vostro Creatore, e l'arca vostra della santa religione (= la comunit religiosa da cui il destinata rio era fuggito e uscito). Non pare che foste fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Ges-, cio d'amare lu i senza rispetto della vostra consolazione, n netto di piacere e parere umano. Pe rocch se in verit fusse stato fatto il fondamento in Cristo crocifisso e nel cogno scimento di voi, non sareste mai caduto, n venuto in tanta inconvenienza. Solamen te cadiamo quando il fondamento non bene cavato nella valle dell'umilt, e fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Ges-, volendo seguitare le vestigie sue, non eleggendo n tempo n luogo a suo modo, ma solo come piace alla Verit eterna. 391 O figliuolo carissimo, quello che non fatto, io voglio che si faccia senza a lcuna confusione di mente, e senza disperazione. Levatevi dunque con uno odio sa nto, reputandovi degno della vergogna e del vituperio, e indegno del frutto e de lla grazia; nascondetevi sotto l'ale della misericordia di Dio, perocch Egli piatto a perdonare, che voi a peccare. Oh dolcissimo amore, quanto t' propria questa misericordia! Perocch, se voi raggua rdate bene, chi l'ha tenuto che nel primo nostro cadere egli non comand alla terr a che c'inghiottisse, e agli animali che ci divorassero? Anco, ci ha prestato il tempo, e ha aspettato con pazienza. Chi n' cagione d'avere ricevuto tanto di gra zia? Le nostre virt-, che non ci sono? No; ma solo la sua infinita misericordia. Poi, dunque, che nel tempo che noi giaciamo nella tenebra del peccato mortale, egli ci fa tanta misericordia; molto maggiormente dobbiamo sperare con fede viva , che ce la far, ricognoscendo le colpe nostre, e tornando nell'arca al giogo del l'obedienzia. E ine uccidere e conculcare la nostra propria volont; e non dormire pi-. Or questa sia quella vera Gerusalem la quale voi seguitiate e vogliate andare; c io nella religione santa (= tornando nella vostra comunit); e troverete Gerusalem, visione di pace, perocch ine si pacificher la coscienzia vostra. 392 Ed entrate nel sepolcro del cognoscimento di voi, e con Maddalena dimanderet e: Chi mi rivolgerebbe la pietra del monumento? Perocch la gravezza della pietra, cio la colpa del peccato, s grave che io non la posso rimuovere (Mc 16, 3). E sub ito allora confesser e veder la nostra imperfezione e gravezza. Vedrete due angeli , che rivolgeranno questa pietra; cio l'adiutorio divino, il quale vi mander l'ang elo del santo amore e timore di Dio, il quale non solo, ma accompagna l'anima de lla carit del prossimo; e l'angelo dell'odio, che Dio manda per rivoltare questa pietra, ha seco la vera umilit e pazienza. Onde con vera speranza, e viva fede, n on si parte dal sepolcro del cognoscimento di s; ma con perseveranzia sta, in fin o a tanto che trova Cristo resuscitato nell'anima sua per grazia. E poich l'ha tr ovato, egli il va ad annunciare a' fratelli suoi; e i suoi fratelli sono le vere , reali e dolci virt-, con le quali vuole fare e fa mansione insieme con loro. A llora apparendo Cristo nell'anima per sentimento, si lassa toccare con umile e c ontinua orazione. Or questa la via; e altra via non ci . 393 Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Se io vi fusse appresso, saprei qual dimonio ha involata la mia pecorella, e quale quello legame che la tiene legata, che non torna alla greggia con l'altre. Ma ingegner ommi di vederlo con la continua orazione, e con questo coltello tagliare il lega me che la tiene; e allora sar beata l'anima mia. Lettera 173. A un frate che usc dell'Ordine. 4 Giugno Poi ti prego e comando che tu non digiuni

394 Scrivo a te con desiderio di vederti vestita di vera e perfetta umilit; per ch 'ella quella virt- piccola (= che ci rende piccoli) che ci fa grandi nel cospett o dolce di Dio. Ella quella virt- che costrinse e inchin Dio a fare incarnare il Figliuolo dolcissimo suo nel ventre di Maria. Ella esaltata, siccome e' superbi sono umiliati; ella riluce nel cospetto di Dio e degli uomini; ella lega le mani dello iniquo; ella unisce l'anima in Dio; ella purga e lava le macchie delle co lpe nostre, o chiama Dio a farci misericordia. Adunque voglio, figliuola dolciss ima, che tu t'ingegni di abbracciare questa gloriosa virt-, acci che tu passi que sto mare tempestoso di questo mondo, senza tempesta o pericolo neuno. 395 Or ti conforta con questa dolce e reale virt-; e bagnati nel sangue di Crist o crocifisso. E quando puoi vacare il tempo tuo all'orazione, ti prego che il fa ccia. Poi ti prego e comando che tu non digiuni, eccetto i d comandati dalla santa Chie sa, quando tu puoi. E quando non ti senti da poterli digiunare, non li digiunare . E altro tempo non digiunare altro che il sabato, quando ti senti da potere. Qu ando questo caldo passato, e tu digiuna le sante Marie (= nelle feste di Maria), se tu puoi; e pi- no. E non bere solamente acqua veruno d. E sforzati di crescer e il santo desiderio tuo; e queste altre cose lssale ormai stare. Non ti dare pen siero n malinconia di noi; ch noi stiamo tutti bene. Quando piacer alla divina bont, ci rivedremo insieme. Lettera 174. A Monna Agnesa di Francesco sarto da Firenze. 5 Giugno Rivestitevi del Signore nostro Ges- Cristo 396 A voi scrivo, e confortavi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con des iderio di vedervi spogliate del vestimento vecchio, e vestite del nuovo, siccome dice l'Apostolo dolce, quando dice: Induimini Dominum nostrum Jesum Christum (R m 13, 14). E del vecchio vestimento siate spogliate, cio del peccato, e del disor dinato timore che era nella legge vecchia, la quale era solamente fondata in tim ore di pena. Non vuole cos Dio, cio che la sposa sua sia fondata sopra il timore, ma sopra la legge santa e nuova dell'amore; perocch questo il vestimento nuovo. O r cos dunque vi prego che sia fondato il cuore e l'anima vostra; perocch l'anima c he fondata in amore, adopera (= opera) grandi cose, e non schifa fatica; n cerca le cose sue (I Cor 13, 5), ma sempre cerca in che modo ella si possa unire con l a cosa che ell'ama. Ma ci che in lui (= in Dio), ama; e ci che fuore di lui, odia, cio il vizio e il peccato; e ama le virt- in tanto che dice col dolce innamorato di Paolo: Quelle cose che prima mi recavo a guadagno, ora per Cristo mi reco a danno, e il danno mi reco a guadagno (Fil 3, 7). 397 Pregovi tutte, carissime suore in Cristo Ges-, che siate tutte unite e trasf ormate nella bont di Dio; e ognuna cognosca se medesima e i difetti suoi. E cos co nservare la pace e unione insieme; perocch per altro modo non nascono le division i, se non per vedere i difetti altrui, e non i suoi, e non sapere n volere portar e l'uno i difetti dell'altro. Non facciamo dunque cos; ma legatevi nel vincolo della carit, amando e sopportando l'una l'altra, piangendo con le imperfette, e godendo con le perfette (Rm 12, 1 5). E cos vestite del vestimento nuziale, perverremo con lo sposo alle nozze di v ita eterna. Lettera 175. A certo Monasterio di donne. 6 Giugno Per la riforma della santa Chiesa 398 E cos dico a te, Agnesa. Fa' che io ti senta crescere in fame dell'onore di D io e della salute dell'anime, e spandere fiumi di lacrime con umile e continua o razione dinanzi a Dio, per la salute di tutto quanto il mondo, e specialmente pe r la riformazione della dolce sposa di Cristo, la quale vediamo venire in tanta tenebra, e in tanta ruina. Lettera 176. A Francesco di Pipino sarto da Firenze.

7 Giugno Quanto pi- uno grande, pi- si deve umiliare 399 Non veruno tanto enfiato, superbo, e s impaziente, che non diventi umile e ma nsueto quando considerer e vedr tanta profondit e grandezza d'amore, vedere Dio umi liato a noi uomini. E per li santi e veri servi di Dio, volendogli rendere cambio , sempre si umiliano. Tutta la gloria e la loda dnno a Dio; ricognoscono, loro e ci che eglino hanno, solo avere da Dio. Veggono, loro non essere. E ci ch'eglino a mano, amano in Dio: siano in stato o in grandezza quanto si vuole. Ch, quanto pigrande pi- si debbe umiliare, e cognoscere se non essere; ch nel cognoscimento d i se egli s'umilia e non leva il capo, o enfia per superbia; ma china 'l capo, e ricognosce la bont di Dio adoperare in s. E cos acquista la virt- dell'amore e del l'umilit: ch l'una balia e nutrice dell'altra; e senza esse non potremmo avere la vita. 400 Or questi sono li segni de' veri servi di Dio. Di questi cotali vi prego e v oglio che siate voi, padre. Portatemi il segno della vera umilit, non curioso (= ricercato) nello stato vostro, ma despetto (= povero e dimesso). Non impaziente per veruna pena o ingiuria che sostenessi; ma con ferma virt- di pazienza sosten ete nel corpo della santa Chiesa infine alla morte, annunziando e dicendo la ver it, o consigliando, o per qualunque modo l'avete a dire, senza veruno timore. Att endendo solo all'onore di Dio, e alla salute delle anime, e alla esaltazione del la santa Chiesa, siccome figliuolo vero suo, notricato da s dolce madre. Or in qu esto dimostrerete la divina dolce carit insiememente con la pazienza. Siatemi lar go, caritativo spiritualmente, e temporalmente. Pensate che le mani de' poveri v 'aiutino a porgere e recare la divina grazia. Voglio che cominciate una vita e u no vivere nuovo. Non pi- dormite nel sonno della negligenzia e ignoranzia. 401 Siatemi, siatemi campione vero. Io v'ho detto che io desidero che siate uno agnello a seguitare il vero Agnello. Ora vi dico che siate uno leone, forte a gi ttare il mugghio vostro nella santa Chiesa; e siate s grande in voce, e in virt-, che voi aitiate a resuscitare li figliuoli morti, che dentro vi giaciono. E se diceste: Dove aver questo grido e voce forte dell'Agnello? Che secondo l'umanit no n grida, ma sta mansueto, e secondo la divinit d potenzia al grido del Figliuolo c on la voce della smisurata sua carit; sicch per la forza e potenzia della divina e ssenzia e dell'amore che ha unito Dio con l'uomo: con questa virt- fatto l'agnel lo uno leone. E stando in su la cattedra della croce, ha fatto s fatto grido sopr a del figliuolo morto dell'umana generazione, che ci ha tolta la morte, e data l a vita. Ora da costui riceveremo la forza; perocch l'amore che trarremo dell'obie tto del dolce Ges-, ci far participare della potenzia del Padre. Or oltre dunque correte, e non si tenga pi- il cuore vostro. Arrendasi la citt de ll'anima vostra; e se non s'arrende per altro, si debbe arrendere perch egli ha m esso il fuoco da ogni parte: voi non vi potete voltare, n spiritualmente n tempora lmente, che non troviate fuoco d'amore. 402 Perdonate alla mia ignoranzia, che tanto presumo di favellare; scusimi l'amo re e il desiderio che io ho della salute vostra, e della renovazione ed esaltazi one della santa Chiesa, ch' tanto impallidita, che il cuore della carit pare che s ia molto venuto meno. Perocch ognuno le ruba; li tolte il colore a lei, e pollo a , cio per amore proprio di se medesimo, dovendo (= mentre dovrebbe) solo attender e al bene e alla esaltazione sua. Questo il segno de' superbi, che per essere be ne grandi e enfiati, non si curano che la Chiesa sia destrutta, e il dimonio div ori l'anime. Molto contrario il segno loro, che sono lupi rapaci, a' servi di Di o che sono agnelli e seguitano 'l segno dell'Agnello E cos desidera l'anima mia d i vedervi agnello. Lettera 177. A Pietro Cardinale Portuense. Scritta probabilmente nel febbraio-ma rzo 1376. 8 Giugno Contro ogni forma di scoraggiamento e confusione

403 Io voglio che la tua confusione si consumi e venga meno nella speranza del s angue, e nel fuoco della inestimabile carit di Dio, e rimanga solo il vero cognos cimento di te; col quale cognoscimento ti umilierai, e crescerai, e nutricherai il lume. E non egli pi- atto a perdonare che noi a peccare? E non egli nostro me dico, e noi gl'infermi? Portatore delle iniquit? E non ha egli per peggio la conf usione della mente, che tutti gli altri difetti? S bene. Adunque, carissimo figliuolo, apri l'occhio dell'intelletto tuo col lume della s antissima fede, e ragguarda quanto tu sei amato da Dio. E per ragguardare l'amor suo, e la ignoranzia e freddezza del cuore tuo, non entrare in confusione; ma c resca il fuoco del santo desiderio con vero cognoscimento e umilit. E quanto pivedi te non corrispondere a tanti beneficii, quanti t'ha fatti e fa il tuo Creat ore, pi- ti umilia, e d con un proponimento santo: Quello che io non ho fatto ogg i, e io il far ora. 404 Sai tu che la confusione (= avvilimento e disperazione) si scorda (= discord ante) in tutto della dottrina che sempre t' stata data. Ella una lebbra che disse cca l'anima e 'l corpo, e tienla in continua afflizione, e lega le braccia del s anto desiderio, e non lassa adoperare quello che vorrebbe, e fa l'anima incompor tabile a se medesima, con la mente disposta a battaglie, e diverse fantasie; tol lele il lume sopranaturale, e offuscale il lume naturale. E cos giugno a molta in fidelit, perch non cognosce la verit di Dio, con la quale egli l'ha creata; cio in v erit la cre per darle vita eterna. Adunque con fede viva, col desiderio santo, e c on speranza ferma nel sangue, sia sconfitto il dimonio della confusione. Lettera 178. A Neri di Landoccio. 9 Giugno La SS. Trinit, Padre, Figlio e Spirito Santo, al nostro servizio! 405 A voi scrivo, con desiderio di vedervi una pietra ferma, fondata sopra la do lce pietra ferma Cristo Ges-. Sapete che la pietra e lo edificio che fosse posto e fatto sopra l'arena e sopra la terra, ogni piccolo vento o piova che venga, i l d a terra. Cos l'anima che fondata sopra le cose transitorie di questa tenebrosa e caduca vita, che passano tosto come il vento e come polvere che si pone al vento, ogni piccolo co ntrario la d a terra. E cos quando fossimo fondati in amore proprio di noi medesim i, il quale la pi- perversa lebbra e piaga che possiamo avere. Egli quella lebbr a che tutte le virt- fa guastare; e non hanno in loro vita, perocch sono private della madre della carit; onde non vivono perch non sono accostate con la vita. Des idera dunque l'anima mia di vedervi fondati nella viva pietra. O carissimo padre, cci migliore e pi- dilettevole cosa, che dovere edificare lo e dificio dell'anima nostra? Dolce cosa , che abbiamo trovata pietra, maestro (= ma estro muratore o architetto), e servitore uno manuale che bisogna a questo edifi cio. O come dolce maestro il Padre eterno, dove si riposa tutta la sapienzia e s cienzia e bont infinita! Egli lo Dio nostro, che Colui che . Tutte le cose che par ticipano essere, (= sono) secondo lui. Egli uno maestro che fa quello che abbiso gna; e non vuole altro che la nostra santificazione. E ci che d e permette, per no stro bene, cio per purgazione de' peccati nostri, o per accrescimento di perfezio ne e di grazia. Bene adunque dolce questo nostro maestro: s ben sa edificare, e p orre quello che bisogna a noi. 406 E ha fatto pi-: che, vedendo che l'acqua non era buona a intridere la calcin a per porre la pietra, cio, delle dolci e reali virt-, donocci il sangue dell'uni genito suo Figliuolo. O padre, ragguardiamo la inestimabile carit di questo maestro che, vedendo che l' acqua de' santi Profeti non era viva, che ci desse vita, ha tratto di se e parto a noi il Verbo incarnato unigenito suo Figliuolo, e bagli data la potenzia e vi rt- sua in mano, e baio posto nello edificio nostro per pietra; senza la quale p ietra noi non possiamo vivere. Ed s dolce, perch gli unito questo Figliuolo ed una cosa col Padre, che ogni cosa amara, per la dolcezza sua, vi diventa dolce. In lui dunque calcina viva, e non terra n rena. 407 O fuoco d'amore, tu ci hai dato per servitore e manuale l'abbondantissimo e clementissima Spirito Santo, ch' esso amore; il quale quella mano forte che tenne

confitto e chiavellato in croce il Verbo. Egli ha premuto questo dolcissimo cor po, e fattogli versare sangue, il quale sufficiente a darci la vita, e edificare ogni pietra. Ogni virt- ei vale e d vita quando fondata sopra Cristo, ed intrisa nel sangue suo. Spezzinsi dunque li cuori nostri d'amore, a ragguardare che quello che non fece l'acqua, ha fatto il sangue. Or chi vorrebbe meglio? Dissolvansi per caldo quest e pietre degl'indurati cuori nostri. 408 Dunque il Padre - che a vederlo! - con la sapienzia sua e potenzia e bont ci s' fatto maestro, perocch il maestro quello che lavora, cio con la virt- che ha den tro di se: per con la memoria, dove sta quello che bisogna fare; e con lo intelle tto col quale ha cognosciuto; e con la mano della volont, ha adoperato, creando e edificando l'anima nostra ad imagine e similitudine sua. Perdemmo poi la grazia per lo peccato commesso; ed egli venne, e unissi e innestassi nella natura nost ra; e ha dato tutto a noi, perocch la sua virt- la de nel Figliuolo. E fecelo ins iememente maestro, come detto , dandogli la potenzia; e fecelo pietra: cos dice sa nto Paolo, cio che la pietra nostra Cristo; fecelo servitore e lavoratore di ques to edificio, cio che la sua inestimabile carit e amore col quale ha data la vita, col sangue suo ha intrisa questa calcina. Sicch non ci manca nulla. 409 Godiamo, dunque, e esultiamo, perch abbiamo s dolce maestro, e pietra, e lavor atore; e hacci murati col sangue suo, e ha fatto s forte questo nostro muro, che n dimonia n creature, n grandine n tempesta n vento potr muovere questo edificio se no i non vorremo. Levisi lo intelletto e il cognoscimento a vedere l'amore e la sua bont, che non cerca n vuole altro che la nostra santificazione; e non vede se per amore proprio di se, ma per l'onore del Padre e salute nostra. Allora, quando la memoria ritener, lo intendimento ha inteso e cognosciuto, non s i debbe tenere, e non so che si possa tenere, la volont che non corra, con uno ar dore riscaldato dal caldo della Carit, ad amare quello che Dio ama, e odiare quel lo ch'egli odia. Di niuna cosa si potr turbare; n impedir mai il santo proponimento . Ma sar in vera pazienza, perch sar fondato sopra la viva pietra, Cristo. Lettera 181. A Niccol da Osimo. Scritta da Siena probabilmente fra il 20 dicembre 1375 e il 12 marzo 1376. 10 Giugno Dovere dei pastori di combattere virilmente per il bene della santa Chiesa 410 O inestimabile ardentissima e dolcissima Carit che, acci che li cavalieri che tu hai posti in questo campo della battaglia possano virilmente combattere, e sp ecialmente li pastori tuoi, che hanno pi- percosse e pi- che fare che gli altri, gli hai dato una corazza si forte, cio la volont, che niuno colpo, perch percuota, la pu nocere; perocch egli ha con che ripararsi da' colpi, e con che difendersi. Guardi (= badi) pure che il coltello che Dio gli ha dato, dell'odio e dell'amore , egli noi ponga nelle mani del nemico suo. La corazza allora poco ci varrebbe, ch, col dov'ella forte, diverrebbe molle. Ch io m'avvedo che n dimonio n creatura m'u ccide mai se non col mio coltello stesso; con quello che io uccido lui, dandogli (= dandogli nelle mani il coltello), egli uccide me. 411 Su dunque! Non pi- dormite: rizzisi el gonfalone della santissima croce. Or a questo arbore ci appoggiamo, e con esso andiamo per la via sua detta. Ragguard iamo l'Agnello aperto per noi, che da ogni parte del corpo suo versa sangue. Ben e aviamo materia di godere, per che ogni nostro nemico diventato debile e infermo , per questo dolce Figliuolo di Maria, unigenito Figliuolo di Dio. Il dimonio in debilito, che non pu tenere pi- la signoria dell'uomo: perduta l'ha. La carne nos tra, che 'l Figliuolo di Dio prese di noi, flagellata con obbrobri, strazi, sche rni e improperii: onde l'anima, quando riguarda la carne sua, debbe subito perde re e allentare la sua ribellione. Le lode degli uomini, o loro ingiurie che ci f acessero, ogni cosa verr meno, ponendosi innanzi il dolce Ges-, che non lasso n pe r ingiuria che gli fusse fatta, n per nostra ingratitudine, n per lusinghe, che no n compisse l'obedienzia per onore del Padre, e per salute nostra; sicch l'onore d el mondo s'atterrer col desiderio e con l'amore dell'onore di Dio. Or correte dun que per questa via. Arditamente e senza veruno timore annunciate e dite la verit

di quello che vi pare che sia secondo l'onore di Dio, e renovazione della santa Chiesa. Lettera 183. All'Arcivescovo d'Otranto. Scritta tra il 20 dicembre 1375 e il 12 marzo 1376. 11 Giugno Sul pensiero della morte 412 Noi vediamo, carissimi figliuoli e fratelli in Cristo dolce Ges-, che noi si amo tutti mortali; che, subitoch siamo creati nel ventre della madre nostra, siam o condannati alla morte, e dobbiamo morire, e non sappiamo quando n come. E chi s ar colui che, se egli considera in se che la vita sua tanto breve che aspetta di d in d la morte; perocch la vita nostra quanto una punta d'ago; che non raffreni e tagli ogni disordinata letizia la quale pigliasi dalle stolte e vane letizie del mondo? Dico che si raffrener, e non cercher n onori n stati n grandezza; n ricchezza posseder con avarizia: anco, se egli aver la ricchezza, sar fatto dispensatore di C risto a' poveri, e non le vorr possedere n tenere con superbia; anco con vera e pr ofonda umilt, vedendo e cognoscendo che veruna cosa ci stabile n ferma in questa t enebrosa vita; ma ogni cosa passa via come il vento. Se ella tribolazione, egli la porta pazientemente, perch vede che piccola ogni tr ibolazione che in questa vita potiamo sostenere. E perch piccola? Perch piccolo in tempo nostro. Perocch la fatica che passata, tu non l'hai; e quelle che sono a v enire, non se' sicuro d'avere, perch non sai se la morte ti verr e sarai privato d 'ogni fatica. Hai dunque solo questo punto del tempo che t' presente. Sicch la mem oria della morte tolle la impazienza nelle tribolazioni e la disordinata letizia nelle consolazioni. 413 vero che non vuole essere pura (= tale che ci si fissi solo in essa) la memo ria della morte, perch caperebbe in confusione. Volsegli adunque dare compagnia, e la compagnia si l'amore ordinato col santo timore di Dio, cio d'astenersi da' v izii e da' peccati per non offendere il suo Creatore. Il peccato non in Dio; e p er non degno d'essere amato n desiderato da noi, che siamo figliuoli suoi, creatur e create alla imagine e similitudine sua. Dobbiamo amare quello ch'egli ama, e o diare quello ch'egli odia. Allora si apre l'occhio dello intelletto, e vede quan to utile il dispregiare i vizii e amare le virt-; ch il dormire ne' vizii e netti peccati, venendogli la morte di subito, gli d l'eterna dannazione, dove non ha p oi rimedio veruno; e vivere virtuosamente gli d sempre letizia, pace con Dio e pa ce col prossimo. Lettera 184. Al Priore e Fratelli della Compagnia della Vergine Maria, detta anc he della Scala. 12 Giugno Maria nostra avvocata, madre di grazia e di misericordia 414 Ma sopra tutte l'altre cose, figliuoli miei, di che io vi prego e costringo, si che voi v'amiate insieme; perocch noi ci dobbiamo innestare il cuore e l'affe tto nell'amore di Cristo crocifisso. E perch noi vediamo che sommamente egli ha a mato l'uomo, cos noi dobbiamo trarre questo amore, e legarci stretti col prossimo nostro si e per siffatto modo che n dimonio, n ingiuria che ci fosse fatta da ess o prossimo nostro, n amore proprio di noi medesimi, ci possa mai sciogliere n rimu overe da questo legame dell'amore. Considerando me che, in altro modo, l'anima s ta in istato di dannazione; e per dissi che io desideravo di vedervi legati nel l egame della carit. Ch, per ogni ragione dovete essere uniti, si perch sete tutti cr eati da Dio, e ricomperati d'uno medesimo sangue; e poi per la santa e dolce con gregazione la quale avete fatta nel dolce nome di Maria, la quale nostra avvocat a, madre di grazia e di misericordia. Ella non ingrata a chi la serve; anco, gra ta e cognoscente. Ella quello mezzo che drittamente uno carro di fuoco che, conc ependo in se il Verbo dell'unigenito Figliuolo di Dio, rec e don il fuoco dell'amo re; perocch egli esso amore. Adunque servitela con tutto il cuore e con tutto l'a

ffetto, perocch ella madre dolcissima vostra. Anco vi prego, che abbiate in odio e in dispiacimento il peccato della immondizi a, e ogni altro difetto: ch non sarebbe cosa convenevole che con immondizia servi ste a Maria, che somma purit. Lettera 184. 13 Giugno Invito a pregare per la rinnovazione della santa Chiesa 415 Io, indegna serva vostra, mi raccomando alle vostre orazioni; bench io son ce rta che il fate. E pregavi, e stringavi da parte di Cristo crocifisso, che in tu tte le vostre orazioni e sante operazioni che Dio vi concede di fare, voi l'affe riate e facciatene sacrifizio a Dio per la reformazione della dolce sposa di Cri sto, della santa Chiesa, per pace ed unit di tutti i cristiani; e singolarmente p er la nostra citt (= Siena), che Dio ci mandi vera e perfetta unione, e ch'egli e scano d'ogni offesa che fatta avessero contra al nostro Salvatore e alla Chiesa santa. E pregate strettamente che la ruina che ci venuta della guerra de' Fioren tini col santo Padre per li nostri peccati, che Dio, per la sua piet, la converta in vera pace. Ch io vi dico, che se noi non ci aitiamo con le molte e continue o razioni a chiamare la divina misericordia, noi siamo nel peggiore stato, l'anima e il corpo, che noi fossimo mai. Bussiamo alla misericordia sua con l'orazione e desiderio di pace. Ed egli benig no, che none spregiare la voce del popolo che grider a lui. Udite il dolce e buon o Ges- che ce lo insegna, che noi dobbiamo bussare e chiamare a lui col lume del la fede, che noi crediamo essere esauditi da lui: altrimenti l'orazione non varr ebbe niente. Dice la dolce prima Verit: Bussate, e saravvi aperto; chiedete, e saravvi dato; chiamate, e sar avvi risposto (Mt 7, 7). Poich egli c'insegna il modo, pigliamolo con buona e santa sollicitudine, con lun ga e perfetta perseveranzia; che, come dice egli stesso, se non vel desse per al tro, per l'importunit della perseveranzia cel dar (Lc 11, 8). Altro non dico. Gesdolce, Ges- amore. Maria. Lettera 184. 14 Giugno Le piaghe della Chiesa vanno curate, ma non solo con l'unguento 416 A voi, reverendissimo e direttissimo padre in Cristo dolce Ges-, la vostra i ndegna, misera, miserabile figliuola Catarina, serva e schiava de' servi di GesCristo, scrive nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi uno arbore fru ttifero, pieno di dolci e soavi frutti, e piantato in terra fruttifera; perocch s e fusse fuora della terra, si seccherebbe e non farebbe frutto; cio nella terra d el vero cognoscimento di voi. Perocch l'anima che cognosce se medesima, s'umilia, perocch non vede di che insuperbire; e nutrica in se il frutto dolce dell'ardent issima carit, cognoscendo in se la smisurata bont di Dio; e cognoscendo s non esser e, ogni essere che ha, retribuisce poi a Colui che . 417 Oh dolce e vero cognoscimento, il quale porti teco il coltello dell'odio, e con esso odio distendi la mano del santo desiderio a trarre e uccidere il vermin e dell'amore proprio di se medesimo, il quale uno vermine che guasta e rode la r adice dell'arbore nostro, s e per siffato modo che niuno frutto di vita pu produce re; ma seccasi e non dura la verdura sua; perocch colui che ama s, vive in lui la perversa superbia, la quale capo e principio d'ogni male, in ogni stato ch'egli , o prelato, o suddito. Che se egli solo amatore di se medesimo, cio che ami se pe r s, e non se per Dio; non pu far altro che male, e ogni virt- morta in lui. Costu i fa come la donna che partorisce i figliuoli morti. E cos veramente: perch in se non ha avuta la vita della carit, e attendette solo alla loda e alla gloria propr ia, e non del nome di Dio. 418 Dico dunque: se egli prelato, fa male, perocch per l'amore proprio di se mede

simo, cio per non cadere in dispiacimento delle creature, nel quale egli legato p er piacimento e amore proprio di se, muore in lui la giustizia santa. Perocch ved e commettere i difetti e i peccati a' sudditi suoi, e pare che facci vista di non vedere, e non gli corregg e; o se pure li corregge, li corregge con tanta freddezza e tiepidit di cuore, ch e non fa cavelle (= non fa nulla); ma uno rimpiastrare il vizio; e sempre teme d i non dispiacere, e di non venire in guerra. Tutto questo perch egli ama se. E al cuna volta che essi vorrebbero fare pur con pace; io dico che questa la pi- pess ima crudelit che si possa usare. Se la piaga, quando bisogna, non s'incende col f uoco, e non si taglia col ferro, ma ponesi solo l'unguento; non tanto ch'egli ab bi sanit, ma imputridisce tutto, e spesse volte ne riceve la morte. 419 Oim, oim, dolcissimo babbo mio! Questa la cagione che li sudditi sono tutti co rrotti di immondizia e di iniquit. Oim, piangendo il dico, quanto pericoloso quest o vermine detto! Che non tanto che dia la morte al pastore, ma tutti gli altri n e vengono in infirmit e in morte. Perch sguita costui tanto unguento? Perch non gli viene pena; perocch dell'unguento che pongono sopra gl'infermi, non ne gli cade d ispiacere neuno, n neuno malevolere; per che non ha fatto contra la sua volont: per occh'egli voleva unguento, e unguento gli ha dato. Oh miseria umana! Cieco lo in fermo che non cognosce il suo bisogno; e cieco il pastore che medico che non ved e n riguarda se non al piacere, e alla sua propria utilit; perocch, per non perderl o, non ci usa coltello di giustizia, n fuoco dell'ardentissima carit. Ma costoro f anno come dice Cristo: che se uno cieco guida l'altro, ambedue ne vanno nella fo ssa (Mt 15, 14). E l'infermo e il medico ne vanno all'inferno. O babbo mio, dolce Cristo in terra, seguitate quello dolce Gregorio (= papa Greg orio Magno); perocch cos sar possibile a voi come a lui; per che egli non fu d'altra carne che voi; e quello Dio ora, che era allora. Non s'attenda pi- n ad amici n a parenti, n a sua necessit temporale; ma solo alla virt-, e alla esaltazione delle cose spirituali. Ch per altro non vi vengono meno le temporali, se non per abban donare la cura delle spirituali. E non temete, Padre, per veruna cosa che avvenga da questi venti tempestosi che ora vi sono venuti, cio di questi putridi membri che hanno ribellato a voi. Non t emete: per che l'aiuto divino presso. Procurate pure alle cose spirituali, a' buo ni pastori, a' buoni rettori delle citt vostre; perocch per li mali pastori e rett ori avete trovata ribellione. Ponetici dunque rimedio, e confortatevi in Cristo Ges- e non temete. Andate innanzi, e compite con vera sollicitudine e santa quel lo che per santo proponimento avete cominciato; cio dell'avvenimento vostro e del santo e dolce Passaggio (= il ritorno a Roma e la Crociata). 420 Qui ho inteso che avete fatto i cardinali. Credo che sarebbe onore di Dio, e meglio di noi, che attendeste sempre di fare uomini virtuosi. Se si far il contr ario, sar grande vituperio di Dio, e guastamento della santa Chiesa. Non ci merav igliamo poi, se Dio ci manda le discipline e i flagelli suoi; perocch giusta cosa . Pregovi che facciate virilmente ci che avete a fare, e con timore di Dio. Diman dovi umilmente la vostra benedizione. Perdonate alla mia presunzione. Lettera 185. A Gregorio XI. Scritta probabilmente da Siena fra il 20 dicembre 13 75 e il 12 marzo 1376. 15 Giugno Occorre disporre debitamente il cuore all'orazione per riceverne il frutto 421 Io Catarina, serva e schiava de' servi di Ges- Cristo, scrivo a te nel prezi oso sangue suo; con desiderio di vederti disponere il vasello del cuore e dell'a nima tua a ricevere quello che Dio ti vuole dare col mezzo dell'orazione. Perch v oglio che ti disponga? Perch in altro modo noi potresti ricevere. Ch, come Dio sem pre disposto a dare, cos l'anima debbe sempre disponere se medesima a ricevere. E con che si dispone? Con quella disposizione che ha ricevuta da Dio; la quale ri cevemmo quando fummo creati all'immagine e similitudine sua. Per che allora ricev emmo il vasello della disposizione, e il lume: cio la memoria, la quale quello va sello che ritiene; e l'intelletto, ricevendo il lume della fede nel santo battes imo; e la volont, la quale disposta, ed atta ad amare; perocch senza amore non pu v

ivere. Sicch dunque la disposizione dell'amore abbiamo avuta da Dio per lo essere; peroc ch siamo fatti per amore. E per doviamo col libero arbitrio presentare e afferire nel cospetto di Dio questo essere dato per amore; e coll'amore ricevere l'amore: l'amore, dico, generale, che Dio ha ad ogni creatura ragionevole; e i doni e le grazie particolari, le quali l'anima si sente ricevere in se medesima. Allora i nvitiamo Dio a traboccare sopra di noi il fuoco e l'abisso della sua inestimabil e carit, con uno lume soprannaturale, e con una plenitudine di grazia, e con uno adornamento di virt-; lavando la faccia dell'anima nel prezioso sangue dell'umil e e immacolato Agnello. E con una fame dell'onore di Dio e della salute dell'ani me, corre in su la mensa del crociato desiderio, e ine ne mangia questo dolce e soave cibo tanto abbondantemente, che scoppia e crepa la propria sensualit; e cos rimane morta la volont ad ogni amore proprio e appetito sensitivo. E cos si dispone, come sposo fedele della Verit; e a morire e dare mille volte la vita, se fusse possibile, per essa Verit. Ora il tempo, carissimo e dolcissimo fi gliuolo, da ponerla; e allora sarai atto a ponerla, quando averai per sempre la detta disposizione. Lettera 186. A Neri di Landoccio. 16 Giugno Non temete coloro che possono uccidere il corpo 422 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi cavalieri virili, senza veruno timore servile. Cos vuole il nostro dolce Salvatore: che temiamo lui e non gli uomini d el mondo. Cos disse egli: Non temete coloro che possono uccidere il corpo; ma me, che l'anima e il corpo posso mettere nell'inferno (Mt 10, 28). E per voglio che voi siate annegati nel sangue del Figliuolo di Dio, arsi nel fuo co della divina carit; perocch qui vi si perde ogni timore servile [e] rimane solo il timore di riverenzia. Or che pu fare il mondo, il dimonio, e i servi suoi, a colui che si trova in questo smisurato amore, che s' posto per obietto il sangue? Niente. Anzi sono Strumenti da darci, e di provare in noi la virt-; imperocch la virt- si prova per lo suo contrario. E per debbe l'anima godere e esultare; cerc are con sua pena sempre Cristo crocifisso, e per lui annichilare e avvilire se m edesimo; dilettarsi sempre di pena e di croce. Volendo pena, tu hai diletto; e v olendo diletto, tu hai pena. 423 Adunque meglio ci annegarci nel sangue, e uccidere le nostre perverse volont, con cuore libero al suo Creatore, senza veruna compassione di se medesimo. Allo ra sar pieno il gaudio e la letizia in voi Or che dolce diletto sarebbe ad essere perseguitato per Cristo crocifisso! Di questo voglio che vi dilettiate per qual unque modo Dio vi d croce; non eleggendola a vostro modo, ma a modo di colui che ve la d, riputandovi indegni di tanta grazia quanta ad essere perseguitati per Cr isto crocifisso. Ogni cosa potrete per Cristo crocifisso, che sar in voi, che vi conforter (Fil 4, 13). Spogliatevi il cuore, e l'affetto eziandio, delle cose temporali, di fuore da quello che vi bisogna per la vostra necessit. Vestitevi di Cristo crocifisso, e inebriatevi del sangue suo: ivi troverete la l etizia e pace compiuta. Lettera 187. A Don Giovanni Sabbatini da Bologna e Don Taddeo de' Malavolti da S iena, Monaci della Certosa a Belriguardo. Scritta da Pisa, forse nel 1375. 17 Giugno La verit di Dio amore 424 Scrivo a voi con desiderio di vedervi con vero e perfettissimo lume; il qual e lume ci folle la tenebra, e dirizzaci per la via della Verit. La verit sua quest a: ch'egli ha creato l'uomo alla imagine e similitudine sua, per dargli vita ete rna, e acciocch renda gloria e loda al nome suo.

Per la colpa di Adam, questa verit non si adempiva nell'uomo; e per egli ci don il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo ponendogli quella grande obedienzia, che col sangue suo ricomprasse il figliuolo dell'umana generazione. Ed egli, come innamo rato, corse all'obbrobriosa morte della santissima croce; e non ritrasse la sua obedienzia per morte, per pena, n rimproverio, n per lusinghe che ricevesse; ma, c ome valente e virile capitano, fece ancudine del corpo suo. N anco si ritrasse pe r nostra ingratitudine. Cos fa l'anima che col lume ha cognosciuta questa verit: ella non si ritrae per mo rmorazioni, n per battaglie del dimonio, n per tenebre di mente, n per la fragile c arne che impugna contro lo spirito; ma tutte queste cose si mette sotto ai piei dell'affetto. Ella costante e perseverante; che tanto gode, quanto si vede soste nere. Bene adunque da cercare questo vero e perfetto lume, e con odio levare da noi quella cosa che cel tolte, cio l'amore proprio di noi medesimi. Lettera 188. A Suor Bartolomea della Seta, nel Monasterio di Santo Stefano in Pi sa. 18 Giugno Il Battesimo dell'acqua, e quello del sangue e del fuoco 425 Cos mi ricordo che disse la prima Verit una volta ad una serva sua, dimandando ella, e dicendo: Poich eri morto, perch volesti che il costato ti fosse aperto, e gittasse tanta abbondanzia di sangue? Egli diceva allora: Molte sono le cagioni ; ma due principali te ne dir. L'una perch io volsi e che l'apritura del lato vi m anifestai il segreto del cuore; perocch pi- era dentro l'affetto che io aveva nell'anima che il corpo con l'atto di fuore non poteva mostrare. L'altra si fu il Battesimo che per li m eriti del sangue mio era dato all'umana generazione. Sapete che egli gitt sangue, ed acqua; l'acqua per lo battesimo santo che dato a' cristiani, il quale ci d la vita e la forma della grazia, e il quale, per li mer iti del sangue dell'Agnello, provide la divina eterna bont per rimedio delle nost re ignoranzie e miserie. E per coloro che non potessero avere il battesimo dell'acqua, ha posto il battes imo del sangue e del fuoco; perocch il sangue loro, sparto per Dio, sarebbe batte smo, siccome fu a' santi Innocenti. E tutto questo varrebbe loro per lo sangue d el Figliuolo di Dio, perch il sangue de' martiri valse e vale per lo sangue suo. Ma noi miseri miserabili cristiani, ricevuta gi la grazia, perch non si leva su il cuore nostro freddo, pieno d'amore proprio e d'ignoranzia, a ragguardare tanto ineffabile fuoco d'amore, e la sua inestimabile providenzia? Che, vedendo che pe r lo peccato noi perdiamo la grazia e la purit che riceve l'anima nel santo batte smo, il quale di tanta eccellenzia, che non si pu prendere altro che una volta, h a ordinato il battesmo del sangue e del fuoco, il quale possiamo continuamente p rendere (= intende la confessione). 426 Confortianci dunque, fratelli miei, e non veniamo meno, n per peccato commess o, n per alcuna illusione o tentazione del dimonio e sia la via sozza, brutta qua nto vuole. Perocch il medico nostro Cristo ci ha data la medicina contra ogni nos tra infirmit, cio il battesmo del sangue e del fuoco (= la confessione o penitenza ), nel quale l'anima purifica e lava ogni peccato, consuma e arde ogni tentazion e e illusione del dimonio; perocch il fuoco intriso col sangue. Adunque bene vero che egli arde d'amore, e lo Spirito Santo esso amore. Perch l'amore fu quella ma no che percosse il Figliuolo di Dio e fecegli versare sangue; e unironsi insieme ; e fu si perfetta questa unione, che noi non possiamo avere fuoco senza sangue, n sangue senza fuoco. Perocch, se tutti i peccati si raunassero in un corpo d'uno uomo, e gli rimanga l a vera speranza e la viva fede della infinita misericordia; non ci potr tollero c he noi non partecipiamo e riceviamo il frutto del sangue del Figliuolo di Dio, i l quale il dolce Ges- sparse, volendo adempire l'obedienzia del Padre e la salut e nostra. Lettera 189. Ai Monaci di Cervata, e a fra' Giovanni di Bindo, Niccol di Ghida, e d altri suoi in Cristo figliuoli, de' Frati di Monte Oliveto presso Siena. Scrit

ta probabilmente nell'ottobre 1376 da Genova. 19 Giugno Pericolosit delle conversazioni mondane 427 Avendo il lume saremo cauti, e vederemo quanto pericolosa la conversazione d i quelli che vivono senza il timore di Dio; per ch'ella il fondamento della nostr a ruina. Ella ci fa ingrossare la coscienzia; tolleci la madre dell'orazione; le va via l'astinenzia; impedisce il fervore; dilata l'affetto ne' diletti vani del mondo; furaci l'umilt santa, tolleci l'onest, apre i sentimenti del corpo, e acci eca l'occhio dell'intelletto nostro, in tanto che mai non pare che l'anima abbia incominciato a cognoscere il suo Creatore. E Cos, a poco a poco, non s'avvede la creatura, e trovasi d'un angelo terrestre, diventato dimonio d'inferno. E dov' la purit che tu solevi avere? Ove il desiderio di patire per Dio? Dove sono le lacrime che tu solevi spandere nel cospetto di Dio, con umile e continua ora zione? Dov' la carit fraterna che tu avevi a ogni creatura ragionevole? Nulla n' ri mase, per che il dimonio ha forato tutto, col mezzo degli servi suoi. Non voglio, figliuoli carissimi e dolcissimi, che questo addivenga a voi. Ma la vostra conv ersazione sia sempre con quelli che temono ed amano Dio in verit. E non vi fidate mai di voi, dicendo: Io son forte, e non temo che questi mi facc ia cadere. Non Cos, per l'amore di Dio! Ma con vera umilt cognosciamo che, se Dio non ci tiene egli, noi saremmo dimeni incarnati. Lettera 190. A Francesco di Pipino sarto da Firenze, e a Monna Agnesa sua Donna. Scritta probabilmente poco dopo l'interdetto del papa a Firenze (31 marzo 1376) . 20 Giugno In che modo anche le Compagnie di ventura possono rendersi utili alla santa Chie sa 428 Ogni fedele cristiano tenuto d'esser fedele e di servire alla santa Chiesa, e ciascuno secondo lo stato suo. Dio mette i suoi lavoratori in questo glorioso giardino. E noi siamo quelli lavoratori, i quali dobbiamo servire in tre modi. L'uno modo tocca generalmente a tutti i fedeli cristiani, i quali debbono lavora re con umili e sante orazioni, e con vera obedienzia; cio essere obedienti e rive renti alla santa Chiesa; la quale il giardino de' cristiani, dove essi si dilett ano, e onde traggono la vita della grazia, quando essi non sono spregiatori del sangue, cio non lo spregino nel peccato mortale, e con la irreverenzia e disobedi enzia alla santa Chiesa ma stiano come lavoratori, come detto . 429 Il secondo modo, di coloro che sono posti a lavorare in questo giardino per ministri, quali hanno a ministrare i santi Sacramenti della santa Chiesa, a pasc erci e nutricarci spiritualmente; i quali ci debbono nutricare di dottrina e di esemplo. E se l'esemplo loro non fosse specchio di virt-, non per di meno la vita che noi traiamo da questi Sacramenti, col dove noi li riceviamo degnamente. E no n debbe essere di meno, per alcun difetto o malo esemplo de' pastori, la riveren zia che noi dobbiamo avere verso di loro; perch la virt- del Sacramento non ricev e alcuna lesione per alcun difetto loro, e per noi li dobbiamo avere in riverenzi a per virt- del Sacramento. E perch essi sono i suoi Unti, e chiamali per la Scri ttura i suoi Cristi, e' non vuole che essi siano toccati, o buoni o cattivi che siano, per mano de' secolari. E per molto spiacevole e abominevole a Dio questo p eccato; e gl'iniqui uomini, come membri del dimonio, se ne vogliono far giudici in punire i loro difetti; e, come ciechi perseguitano la santa madre Chiesa. 430 E per questa malvagia e iniqua persecuzione ha preveduto Dio del terzo modo; cio de' terzi che lavorino in questo giardino; e questi sono coloro che la sovve ngono temporalmente, servendola fedelmente dell'avere e della persona. Questo se rvizio tanto piacevole a Dio, che la lingua nostra non sarebbe sufficiente a nar rarlo; e specialmente quando l'uomo serve non tanto per diletto o per propria ut ilit, quanto per zelo della santa Chiesa; cio per lo suo crescimento ed esaltazion

e. E tanto piacevole a Dio che, eziandio se molti fossero che non avessero quell a dritta e santa intenzione la quale debbono avere, anco ne saranno per rimunerat i d'ogni servigio che sar fatto a questa dolce Sposa E Dio sar per coloro che s'af faticheranno per lei; e se Dio per loro, neuno sar contra a loro (Rm 8, 31). E per v'invito, carissimo fratello, ad affaticarvi virilmente, voi e gli altri ch e sono a vostra compagnia (= nella vostra Compagnia di ventura), affaticandovi c on vera e santa intenzione per la dolce sposa di Cristo. questa la pi- dolce fat ica, e di pi- utilit, che alcuna altra fatica del mondo. Questa una fatica che, p erdendo, vincete; cio che perdendo la vita corporale, avete vita eterna. Per che n el sangue sparto per la santa Chiesa si lavano tutti i difetti e le iniquitadi c he si fossero commesse. E se vince, ha gi fatta l'offerta dinanzi a Dio della vit a sua, perch si mise alla morte. Lettera 191. A Tommaso d'Alviano. 21 Giugno Voglio che tu t'ingegni di vivere morto ad ogni propria volont 431 Scrivo a te, con desiderio di vederti sempre crescere di virt- in virt-, inf ine che io ti vegga tornare al mare pacifico dove tu non arai mai dubitazione d' essere separato da Dio. Per che la puzza della legge perversa che impugna contro lo spirito, sar rimasa alla terra e averle renduto il debito suo. Voglio, dolcissi mo figliuolo, che, mentre che vivi in questa vita, tu t'ingegni di vivere morto ad ogni propria volont; e con essa morte acquisterai le virt-. Per questo modo vi vendo, dar a terra la legge della perversa volont. E Cos non dubiterai che Dio perm etta in te quello che permise in quell'altro (= uno che aveva defezionato); n ave rai pena perch (= anche se), per spazio di tempo, l'umanit tua sia separata da me, e dall'altra congregazione (= gli altri discepoli). Confortati; e sfiati a mente quello che disse la Verit, cio che delle sue mani non ne sarebbe tolto veruno. Dico delle sue mani, perch ogni cosa sua. E io so che t u m'intendi senza molte parole. Altro non dico. Lettera 192. A Neri di Landoccio. 22 Giugno In ogni stato di vita si pu piacere a Dio e salvare l'anima propria 432 Questa differenzia tra colui che ama la verit, e colui che l'odia. Colui che odia la verit, quello che giace nella tenebra del peccato mortale. Questo odia qu ello che Dio ama, e ama quello che Dio odia. Dio odia il peccato e 'l disordinat o diletto e piacere del mondo; e egli l'ama, nutricandosi nella miseria del mond o; e in ogni stato si corrompe. Onde se egli ha offizio per lo quale egli abbia a ministrare alcuna cosa al prossimo suo, egli noi serve se non in quanto se ne vede trarre utilit, e pi- no; ed fatto amatore di se medesimo. Cristo benedetto d i la vita per noi, ed egli non vuole dare una parola in servizio del prossimo, ch e non si vegga pagato e soprappagato. E se egli poverello che non possa pagare, egli il fa stentare prima che gli dica la verit; e spesse volte non gliela dice; ma fassi beffe di lui; e dove egli debbe esser pietoso e padre de' poveri, ed eg li fatto crudele all'anima sua, perch offende li poverelli. Ma il misero uomo non vede, che il sommo giudice non gli render altro che quello che riceve da lui; perocch giustamente ogni peccato punito, e ogni bene remunerat o. 433 Ma noi potremmo dire: Come far io, che ho le ricchezze e sono nello stato del matrimonio, se queste cose sono dannazione dell'anima mia? O carissimo fratello , in ogni stato che l'uomo, pu salvare l'anima sua e ricevere in se la vita della grazia; ma non mentre che egli sta in colpa di peccato mortale. Per che ogni sta to piacevole a Dio; e non accettatore degli stati, ma del santo desiderio. Onde noi le possiamo tenere (= si riferisce in particolare alle ricchezze) quando si tengono con ordinata volont; perocch ci che Dio ha fatto, buono, eccetto il peccato , che non fatto da lui, e per non degno d'amore. Le ricchezze e lo stato del mond

o, se l'uomo le vuol tenere, il pu, e non offende Dio n l'anima sua. Se egli le la ssasse, sarebbe maggior perfezione, per che maggiore perfezione a lassare che a t enere. Ma s'egli non vuole lassare attualmente, debbe lassare e rifiutare col sa nto desiderio, e non ponere in loro il suo principale affetto, ma solo in Dio; e tenerle per uso a' bisogni suoi e della sua famiglia, e come cosa prestata, e n on come cosa sua. Facendo cos, non riceve pena mai d'alcuna cosa creata; perocch l a cosa che non si possiede per amore, non si perde mai con dolore. 434 Onde vediamo che i servi del mondo, amatori della bugia, portano nella vita loro grandissime pene, e infine all'ultimo crociati tormenti. Chi n' cagione? Il disordinato amore che ha a s e alle cose create, amandole fuore di Dio. Perocch la divina bont ha permesso che ogni disordinato affetto sia incomportabile a se med esimo. Questo cotale sempre crede la bugia, perocch in lui non cognoscimento di verit. E credesi di tenere il mondo e starsi in delizie, farsi Dio del corpo suo, e delle altre cose ch'egli ama disordinatamente, uno Dio; ed e' gli conviene lassare. O nde noi vediamo che, o egli le lassa morendo, o Dio permette che elle ci siano l evate dinanzi. E tutto d il vediamo: per che teste l'uomo ricco, e teste povero; o ggi salito nello stato del mondo, e domane disceso, ora sano, e ora infermo. E c os ogni cosa mutabile. E sonci levate dinanzi quando ce le crediamo bene stringer e; o noi siamo tolti a loro col mezzo della morte. 435 Sicch vediamo che ogni cosa passa. Onde, vedendo che elle passano, si debbono possedere con modo e lume di ragione, amandole con quel modo che si debbono ama re. E cos tenendole, non le terr con tenimento di colpa, ma con grazia; e con larg hezza di cuore, e non con avarizia; con piet de' poveri, e non con crudelt; con um ilt, e non con superbia; con gratitudine, e non con ingratitudine; e riconosceral le dal suo Creatore, e non da se. E con questo medesimo amore ordinato amer i figliuoli, e gli amici e i parenti, e ogni altra creatura che ha in se ragione. E terr lo stato del matrimonio ordinat o; ma ordinato s come sacramento; e avere in reverenzia e' d che sono comandati da lla santa Chiesa. Sar, e viver, come uomo, e non come animale: e non essendo conti nente sar continente, e ordiner la volont sua. Questi sar un arbore fruttifero, che producer e' frutti delle virt-; e sar odorifero, perch stando (= pur stando) nella puzza, getter odore; e il seme che uscir di lui, sar buono e virtuoso. Sicch vedete che in ogni stato potete avere Dio; perocch lo stato non quello che cel tolle, ma solo la mala volont. Lettera 193. A Misser Lorenzo del Pino da Bologna, dottore in Decretali. 23 Giugno Invito ad amare le creature in Dio e per Dio, e fuori di lui nulla 436 Dobbiamo con grande sollecitudine levare il cuore e l'affetto da questo tira nno del mondo, e ponerlo tutto libero e schietto in Dio, e senza neuno mezzo; no n doppio, n amare fittivamente, per che egli il dolce Dio nostro, che tiene l'occh io suo sopra di noi, e vede l'occulto segreto del cuore nostro. Troppo grande si mplicit e mattezza la nostra, che, credendo noi che Dio ci vede, e ch'egli giusto giudice che ogni colpa punisce, e ogni bene rimunera: e noi siamo come accecati e senza veruno timore, aspettando quello tempo che noi non abbiamo, n siamo sicu ri d'avere. Sempre ce n'andiamo attaccando; e se Dio ci taglia uno ramo, e noi n e pigliamo un altro. E pi- ci curiamo (= preoccupiamo) di perdere queste cose tr ansitorie e delle creature, che noi curiamo di perdere Dio. Tutto questo ci avvi ene per lo disordinato amore che noi ci abbiamo posto, tenendole e possedendole fuora della volont di Dio. Onde in questa vita ne gustiamo l'arra dell'inferno; perocch Dio ha permesso gius tamente che chi disordinatamente ama queste cose, sia incomportabile a se medesi mo. E sempre ha guerra nell'anima e nel corpo: perocch porta pena di quello che p ossiede, per timore ch'egli ha di non perderlo; e per conservarlo, che non gli v enga meno, s'affatica d e notte; e pena porta anco di quello che non ha, perch l'a ppetisce d'avere. E cos mai l'anima non si quieta in queste cose del mondo, perci occh sono tutte meno di se. Elle sono fatte per noi, e non noi per loro; e noi si

amo fatti per Dio, acci che gustiamo il suo sommo e eterno bene. 437 Solo adunque Dio la pu saziare; in lui si pacifica e in lui si riposa. Per che essa non pu volere n desiderare neuna cosa che essa non trova in Dio. Egli sa, pu e vuole dare a noi pi- che non sappiamo desiderare per la nostra salute. E noi i l proviamo: perocch non tanto ch'egli ci dia addomandando, ma egli ci di prima che noi fossimo. Sicch dunque l'anima si pacifica in lui, e non in altro; perocch egl i colui che somma ricchezza, somma sapienza, somma bont e somma bellezza; in tant o che neuno pu estimare la sua bont, grandezza e diletto, se non esso medesimo. Ad unque io voglio che a questo poniamo ogni nostro studio, cio di spogliare il cuor e e l'affetto nostro di tutte le cose terrene e delle creature, amando ogni uomo in Dio e per Dio, e fuora di lui nulla. A questo t'invito, dolcissima figliuola . Lettera 194. A Monna Tora, figliuola di Misser Pietro Gambacorti in Pisa. 24 Giugno Solo a chi persevera concessa la corona 438 Tu sai bene che solo a' perseveranti data la corona ed il frutto delle fatic he. Ma tu mi dirai: In che modo posso avere questa fortezza, con ci sia cosa che io sia tanto debole, che ogni piccola cosa mi fa dare a terra? Io ti rispondo e confessati, che tu sei debile e fragile secondo la sensualit; ma secondo la ragione e la fortezza dello spirito, non cos; perocch nel sangue di Cr isto siamo fortificati: solo la debilezza sta nella sensualit. Possiamo dunque ve dere per che modo s'acquista questa fortezza, poich ogni debilezza nella parte se nsitiva. Dico, che per questo modo acquisteremo questa gloriosa virt- della fort ezza e lunga perseveranzia. Poich la ragione fortificata nel sangue di Cristo, ci doviamo annegare in questo dolce e glorioso prezzo, vedendolo coll'occhio dell' intelletto, e lume della santissima fede nel vasello dell'anima nostra, cognosce ndo l'esser nostro da Dio, e la ricreazione che Dio ci fece a grazia, nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo, dove ci ha tolta la debilezza. O figliuolo cariss imo, riguarda e godi, che tu se' fatto vasello, che tieni il sangue di Cristo cr ocifisso, se tu 'l vorrai gustare per affetto d'amore. 439 O sangue pietoso, che per te si distill la pietosa misericordia! Tu se' quell o glorioso sangue dove lo ignorante uomo pu cognoscere e vedere la verit del Padre eterno, con la quale verit, e amore ineffabile, fummo creati a la immagine e sim ilitudine di Dio. La sua verit fu questa: perch participassimo e godessimo di quel lo sommo bene suo, il quale egli gusta in se. Nel sangue ci hai manifestata ques ta verit; e per altro fine non creasti l'uomo. O Sangue, tu dissolvesti la tenebra, e desti la luce all'uomo, acciocch cognosces se la verit, e la santa volont del Padre eterno. Tu hai empiuto l'anima di grazia, onde ella ha tratto la vita, ed privata della morte eternale. Tu ingrassi l'ani ma del cibo dell'onore di Dio, e salute dell'anime; tu satolli d'obbrobri, desid erandoli, e portandoli per amore di Cristo crocifisso. Tu ardi e consumi l'anima nel fuoco della divina carit, cio che consumi ci che trovasi nell'anima fuora dell a volont di Dio. Ma tu non l'affliggi, n dissecchi, per colpa di peccato mortale. O dolce sangue, tu la spogli del proprio amore sensitivo, il quale amore indebil isce l'anima che se ne veste. E balla vestita del fuoco della divina carit, perch non pu gustare te, Sangue, che tu non la vesta di fuoco, perch tu fosti sparto con fuoco d'amore, accostandoti nell'anima. Perch amore non senza fortezza, n fortezz a senza perseveranzia: e per la fortifichi e conforti in ogni avversit. Adunque vedi, dolcissimo figliuolo, che questo il modo a venire a perfetta forte zza: che tu t'unisca nel fuoco della divina carit, la quale troverai nel sangue. Allora, essendo accostato con la somma fortezza, sarai forte e perseverante, e u cciderai la debilezza della propria sensualit; e nella amaritudine gusterai la do lcezza, e nella guerra, la pace. Confortati, figliuolo, e non venire meno sotto la disciplina di Dio; tanto che s ia venuta l'ora tua. Pensa che sempre, a cavare il fondamento, si dura maggiore fatica. Fatto il fondamento, agevolmente si fa l'edificio.

Lettera 195. A Stefano di Corrado Maconi. Scritta probabilmente nel novembre-dic embre 1376 da Pisa. 25 Giugno Venite, venite a tenere e possedere il luogo del vostro antecessore, apostolo Pi etro 440 Viene la infinita bont di Dio, e vede il male e la dannazione e la ruina di q uesta pecorella; e vede che con ira e con guerra non la pu trarre. Onde, non ista nte ( = non ostante) che sia ingiuriato da essa, perocch, per la rebellione che f ece l'uomo disobbedendo a Dio, meritava pena infinita... La somma ed eterna sapi enza non vuole fare cos; ma trova uno modo piacevole, e pi- dolce e amoroso che t rovare possa; perocch vede che, per neuno modo si traie tanto il cuore dell'uomo, quanto per amore; per ch'egli fatto per amore. E questa pare la cagione che tant o ama, perch non fatto d'altro che d'amore, secondo l'anima e secondo il corpo. P erocch per amore Dio il cre alla immagine e similitudine sua; e per amore il padre e la madre gli di della sua sostanzia concependo e generando 'l figliuolo. E per, vedendo Dio che egli tanto atto ad amare, drittamente egli gitta l'amo dell'amo re, donandoci il Verbo dell'unigenito Figliuolo, prendendo la nostra umanit per f are una grande pace. 441 Ha giuocato questo dolce Verbo alle braccia in sul legno della santissima cr oce, facendo uno torniello con la vita e la vita con la morte: sicch per la morte sua distrusse la morte nostra, e per darci la vita consum la vita del corpo suo. Sicch dunque con l'amore ci ha tratti, e con la sua benignit ha vinta la nostra m alizia; in tanto che ogni cuore dovrebbe essere tratto; perocch maggiore amore no n poteva mostrare, e Cos disse egli, che dare la vita per l'amico suo (Gv 15, 16) . E se egli commenda l'amore che d la vita per l'amico; che dunque diremo dell'ar dentissimo e consumato amore che di la vita per lo nemico suo? Perocch per lo pecc ato eravamo fatti nemici di Dio. O dolce e amoroso Verbo, che con l'amore hai tr ovata la pecorella, e con l'amore gli hai data la vita, ed balla rimessa nell'ov ile, cio rendendole la grazia, la quale aveva perduta! 442 O santissimo babbo mio dolce (= il papa), io non ci vedo altro modo, n altro rimedio a riavere le vostre pecorelle, le quali come ribelle si sono partite dal l'ovile della santa Chiesa, non obbedienti, n subietti a voi, padre. Onde io vi p rego da parte di Cristo crocifisso, e voglio che mi facciate questa misericordia , cio con la vostra benignit vinciate la loro malizia. Vostri siamo, o Padre. E io cognosco e so che a tutti in comune loro pare aver male fatto. E poniamoch scusa non abbino nel male operare, nondimeno, per le molte pene e cose ingiuste e ini que che sostenevano per cagione de' mali pastori e governatori, lor pareva non p otere fare altro. Perocch sentendo il puzzo della vita di molti rettori, e' quali sapete che sono demoni incarnati, vennero in tanto pessimo timore, che fecero c ome Pilato, il quale, per non perdere la signoria, uccise Cristo; e Cos fecero es si, che per non perdere lo stato, vi hanno perseguitato. Misericordia adunque, padre, v'addimanda per loro. E non ragguardate all'ignoran zia e superbia de' vostri figliuoli; ma con l'esca dell'amore e della vostra ben ignit, dando quella dolce disciplina e benigna reprensione che piacer alla Santit v ostra, rendete pace a noi miseri figliuoli che abbiamo offeso. Io vi dico, dolce Cristo in terra, da parte di Cristo in cielo, che facendo cos, cio senza briga e tempesta, essi verranno tutti con dolore dell'offesa fatta, e metterannovi il ca po in grembo. Allora goderete, e noi goderemo; perch con amore averete rimessa la pecorella smarrita nell'ovile della santa Chiesa. 443 Pace, pace, pace! Acciocch non abbi la guerra a prolungare questo dolce tempo . Ma se volete fare vendetta e giustizia, pigliatela sopra di me misera miserabi le, e datemi ogni pena e tormento, infino alla morte. Credo che per la puzza del le mie iniquit sieno venuti molti difetti e molti inconvenienti e discordie. Dunq ue sopra di me misera vostra figliuola prendete ogni vendetta che volete. Oim, padre, io muoio di dolore, e non posso morire. Venite, venite, e non fate pi - resistenzia alla volont di Dio che vi chiama. E le affamate pecorelle v'aspetta no che veniate a tenere e possedere il luogo del vostro antecessore e campione,

apostolo Pietro. Perocch voi, come vicario di Cristo, dovete riposarvi nel luogo vostro proprio. Venite dunque, venite, e non pi- indugiate; e confortatevi, e no n temete d'alcuna cosa che avvenire potesse, perocch Dio sar con voi. Lettera 196. A Gregorio XI. Scritta, sembra, da Siena, non oltre la met dell'apri le 1376, prima che vi giungesse la notizia della scomunica lanciata dal papa su Firenze il 31 marzo dello stesso anno. 26 Giugno I tre perversi venti che conducono a morte: il demonio, il mondo e la carne 444 L'anima che non fondata sopra la viva pietra, Cristo dolce Ges-, viene meno, perch' privata della divina grazia. La quale grazia conserva l'anima; ricevene l a vita; e delle perfetto lume, privandola della tenebra, e fondandola in vera e perfetta pazienza, e in vero e santo timore di Dio, con perfetta umilt e carit fra terna col prossimo suo. E non si muove per impazienza al vento delle tribolazion i, n con disordinato diletto si muove per lo vento delle consolazioni; n non enfia di superbia per lo vento della ricchezza, e del fumo dell'onore del mondo. Non si muove, perch il suo fondamento Cristo crocifisso. Onde, perch (= bench) soffino quelli tre venti perversi principali, donde viene ogni altro vento, non li cura. 445 Cio il dimonio; che della bocca sua esce il vento di molte e diverse cogitazi oni e battaglie: quando la battaglia della vanit, la quale fa il cuore leggiero e non maturo; e per essa vanit cresce l'appetire e il desiderare gli stati del mon do. L'altro pericoloso e perverso vento 'l mondo. Il quale col disordinato amore pro prio di se si diletta, e cerca i diletti e le consolazioni sue, ponendovi l'occh io dell'intelletto su, e ricoprendo la tenebra e la miseria e poca fermezza e st abilit del mondo con la bellezza, mostrandogli bello e piacevole; e cos lo inganna , mostrando lunga vita, e ella breve; parendogli che tutti i diletti e consolazi oni e ricchezze del mondo sieno ferme e sue, ed elle sono mutabili, e songli dat e in presta (= in prestito), e per uso e sua necessit. L'altro principale vento, dico che la carne; il quale gitta siffatta puzza e mis erabile, che non tanto che ella puta dinanzi a Dio, ma ella pute alle dimonia, e drittamente fa l'uomo bestiale. Costui fa come il porco che s'involte nel loto. E in qualunque stato egli , guasta se medesimo. Onde, se egli legato allo stato del matrimonio, con disordinato amore contamina lo stato suo; e dove egli debbe andare a quello sacramento con timore di Dio, egli vi va disordinato e con poca onest. E sai che puzza esce da questa bocca che attossica chiunque se gli appross ima? Il cuore ne diventa sospettoso, la lingua mormora, e bestemmia; credendo ch e quello ch' in lui sia negli altri. 446 Siccome lo infermo che ha guastato lo stomaco, che, non parendogli buono il cibo, perch corrotto (= ha lo stomaco corrotto), e non tanto ch'e' comuni cibi, m a il suo particolare che 'l medico gli ha dato che pigli, vedendolo prendere a c hi ha il gusto sano, gli pare malagevole e incredibile che non gli sappia di que llo sapore che ha a lui. Cos li stolti che si danno alla dilettazione carnale, ha nno s guasto l'appetito loro, che non tanto della comunit, cio di quelli che comune mente si veggono in questo difetto ne pigliano male, ma nei sani si scandalizzan o; e nel particolare cibo, cio nella donna sua, si scandalizza, il quale Dio gli ha dato per condiscendere alla sua fragile infermit. Onde questo cibo gli fa male, stando disordinatamente, come detto ; e pigliando s ospezione spesse volte e gelosia; giudicando la cosa buona cattiva, e venendone in odio e in dispiacimento, col dove debbe essere amore. Costui ha un disordinato vedere: e questo gli addiviene perch l'occhio infermo; per che, se fusse sano, no n farebbe cos. E sempre si rode in se medesimo. E poich ha gittato della bocca la puzza, e egli giunge al giudicio della sposa sua. Onde ne gli viene questo altro difetto: per lo vermine, che gi entrato in corpo, della sospezione, se gli spegn e l'odore della virt-, e ritorna al primo suo fracidume, e quello che prima gli piaceva, gli viene a dispiacere. E tutto questo gli addiviene perch non fece il f ondamento sopra la viva pietra; e per stato assalito, e percosso, da questo malva

gio vento. Lettera 197. A Matteo di Tomuccio da Orvieto. 27 Giugno La concupiscenza della carne non mai morta ma solo dorme, e si pu svegliare pi- v iva che mai 447 L'amore non sta mai ozioso, ma sempre adopera grandi cose. Onde l'anima ha m ateria di concipere uno santissimo odio, e odiare in se la perversa legge che im pugna contro lo spirito. E pensate che non si debbe odiare solo in uno tempo, ci o quando alcuna volta si vede assalito dalle impugno e molestie della carne, e de lla negligenzia e sonnolenzia sua; ma d'ogni tempo debbe odiare; ogni tempo gli debbe essere tempo d'odio; poniamoch debba crescere pi- a un'ora, che un'altra, s econdo le molestie, e le disposizioni che egli sente in s. E perch egli senta abba ssare il fuoco (= il fuoco della concupiscenza), e cominci a mortificare (= a ra ffreddarsi), non debbe per levare l'odio; ma nel tempo della pace s'abbia ben cur a, perocch egli non se ne pu fidare; ma riescagli addosso (= gli si faccia contro) con vera, e profonda umilit. S con l'odio e con la umilit si levi pi- tosto egli c ontra alla sensualit, che la sensualit contra di lui; perocch, se non facesse cos, s i desterebbe la propria passione, la quale pareva che dormisse; e quasi parendo morta, peggio che mai. Perch, mentre che noi viviamo, ella non muore. Ma bene s'a ddormenta, chi pi- sodo, e chi pi- leggero; e questo , secondo l'odio e l'amore d elle virt-. Il quale odio la castiga, e l'amore [delle virt-] l'addormenta. Chi n' cagione? Il lume. Perocch, se non avesse veduta e cognosciuta la sua fragil it, non l'averebbe spregiata con odio; ma perch cognobbe come ella vile, l'odia e ricalcitra sempre contra di lei continuamente. Onde, vedendo che ella non cessa d'impugnare, non vuole egli, n debbe, volere cessare la guerra, n volere fare pace con lei. Or questo quello principio, e reale fondamento, per lo quale l'uomo vi ene ad ogni virt-, ed ogni sua operazione fa perfetta, di qualunque operazione s i vuole essere, o spirituale o temporale. Perch tanto temporale, quanto l'affetto la fa temporale; e non pi-. Lettera 199. A Niccol Da Vezzano, Canonico di Bologna. 28 Giugno Io vi star dallato, con quella visione invisibile che fa fare lo Spirito Santo 448 Mettetevi virilmente a fare ogni cosa, e cacciare le tenebre, e fondare la l uce; non ragguardando alla nostra debilezza; ma pensate che per Cristo crocifiss o potrete ogni cosa. Io vi star dallato, e mai non mi partir da voi con quella vis ione invisibile che fa fare lo Spirito Santo. Perocch visibilmente non veggo per ora di potere venire, se gi Dio non disponesse altro. Volentieri sarei venuta se Dio l'avesse conceduto; s per onore suo, e s per recrea zione (= consolazione) di voi e di me, che grande mi sarebbe stata. Ma perch il t empo assai corrotto, e il corpo mio molto aggravato gi pi- di dieci d, in tanto ch e con fatica vo la domenica alla chiesa. Far dunque invisibilmente ci ch'io potr. E pensate che se Dio l'avesse ordinato che io venisse, che io non farei resistenz ia a lui, n far. Pregate dunque Dio, che ne faccia quello che debbe essere pi- suo onore. Lettera 200. A frate Bartolomeo Dominici, dell'Ordine de' Predicatori, in Ascian o. Scritta prima del 1374: forse nel 1372 o nell'aprile 1373. 29 Giugno Le due principali virt- generate dalla Carit, ossia l'obbedienza e la pazienza 449 Chi dimostra che questo lume (= della fede viva) sia infuso nell'anima per g razia? Le virt- reali: tra le quali virt-, due sono le principali, che pi- realm ente cel dimostrano, guidate dal lume della santissima fede, perch nel lume sono

state acquistate. Queste due virt- sono sorelle, vestite di fortezza e di lunga perseveranzia. La principale virt- di queste due prima partorite dalla Carit col lume della fede , la vera e perfetta obbedienzia. L'obbedienzia tolle la colpa e la imperfezione , perch uccide la propria volont, onde nasce la colpa; perocch tanto colpa o virt-, quanto procede dalla volont. Onde, se l'anima fosse tutta ansietata di molte div erse cogitazioni e battaglie del dimonio, o dalle creature, o che la fragile car ne impugnasse con disordinati movimenti; e la volont stia salda e ferma, che non tanto che ella non consenta, ma dispiacciagli infino alla morte, non offende; an co, ne merita, e crescene in maggiore perfezione, col dove voglia cognoscere la v erit, vedendo che Dio gli 'l permette per farla venire a pi- perfetto cognoscimen to di se e della bont di Dio in s. Per lo qual cognoscimento cresce in maggiore am ore e umilit. Cos la virt- non solamente l'atto, ma in quanto ella fatta volontari amente, con dritta e santa intenzione. Adunque la volont quella che offende; e pe r l'obedienzia, la quale uccide la propria volont, leva via la colpa, uccidendo qu ella che la commette. 450 L'obediente non si fida mai di se, perch cognosce il suo infermo e basso vede re; e per come morto si gitta nelle braccia dell'Ordine (= l'Ordine religioso) e del prelato suo con fede viva e lume sopranaturale, credendo che Dio far discerne re al prelato suo la necessit della sua salute. Eziandio se 'l prelato fusse impe rfetto e idiota, senza lume, aver fede viva che Dio l'allumini per la sua necessi t. E perch nel lume ha veduto lume, per s' fatto suddito. Chi manifesta questo lume? La vera obedienzia. Ella lunga e perseverante, e non corta; cio, che 'l vero obe diente non obedisce pure in uno modo, n in uno luogo, n a tempo, ma in ogni modo, in ogni luogo ed in ogni tempo, secondo che piace al prelato suo. Egli non cerca le proprie consolazioni mentali; ma solo cerca d'uccidere la propria volont; e p ropone il coltello in mano all'obbedienzia, e con esso coltello l'uccide; perch h a veduto nel lume che, se non l'uccidesse, sempre starebbe in pena e in offesa d ella perfezione alla quale Dio l'ha chiamato. E vederebbesi privato della ricche zza del lume sopranaturale; il quale lume mostrato essere nell'anima dalla virtd'obedienzia. 451 Qual' l'altra virt- che manifesta questo lume? la pazienza; la quale uno segn o dimostrativo, che in verit amiamo, perch ella il mirollo (= midollo) della carit. Ella sorella dell'obedienzia. Anco, la obedienzia quella che fa paziente l'anim a; perch non si scandalizza di veruna obedienzia imposta a lui dal prelato suo. E lla vestita di fortezza; e per porta pazientemente le riprensioni e i costumi dell'Ordine. Qu ando gli retta (= diretta, governata) la propria volont, non attedia; ma gode e e sulta con grande giocondit. Non fa come il disobediente, che ogni cosa fa e sostiene con fatica e molta impa zienza; in tanto che, alcuna volta, dimandando al prelato suo una licenzia di co sa che gli sia molto ferma nella volont; non avendola, piglia pena; che eziandio il corpo pare che infermi. Meglio gli sarebbe con l'odio santo uccidere la propr ia volont, la quale gli d tanto tormento. Questa pazienza sta sul campo della battaglia con l'arme della fortezza, e collo scudo della santissima fede ripara e' colpi, e sostenendo vince, e col coltello dell'odio e dell'amore percote i nemici suoi. Questa pazienza, guidata dal lume , non vuole combattere in luoghi dubbiosi 1, con speranza di non avere poi a com battere pi-. Non vuole cos; perocch ella si diletta di stare in battaglie. Perch ne lla battaglia si prova; e, provata, riceve la gloria, e in altro modo no. Non fa come il semplice, che ancora imperfetto in questo lume sopranaturale; e per lo poco lume, sentendosi molto passionato, per tollersi questa fatica, e per timore di non offendere, si vorr mettere a cosa che sarebbe di tanto pericolo che a un tratto ne potrebbe andare l'anima e 'l corpo; e farassene s forte imaginazione pe r illusione del dimonio, e per volont ch'egli ha di vivere senza passione. 452 Non voglio, dolcissimo e carissimo figliuolo, che siate voi di questi cotali ; ma voglio che col lume, come vero obediente e paziente, stiate nel campo della battaglia, come detto , dove comunemente combattono e' servi di Dio; non volendo pigliare battaglia nuova, n particolare, la quale sia oscura e dubbiosa. Pigliat e quella che lucida e generale. In tutto annegate qui la vostra volont; e in ogni

altra cosa, ma singolarmente vi parlo al presente per quello che mi disse il Vi sitatore. Lassatevi guidare alla volont sua, la quale non sua, ma da Dio. Lettera 201. A Don Giovanni Monaco della Certosa di Roma, il quale era tentato, e voleva andare al Purgatorio di San Patrizio, e non avendo licenza, stava in mo lta afflizione di mente. Nota 1: Come risulta dal titolo della lettera questo monaco voleva recarsi il Ir landa e calarsi nel pozzo di S. Patrizio dove, secondo la leggenda, sarebbe stat o liberato da ogni tentazione e dai suoi peccati. Fine nota.

30 Giugno Una buona confessione doverosa prima di fare un pellegrinaggio 453 Ho inteso che voi e misser Sozzo volete andare al santo Sepolcro; la qual co sa molto mi piace. E per d'una cosa vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, vo i e misser Sozzo, che voi vi disponiate, prima che andiate, a questo santo viagg io; e che ordiniate prima la santa confessione, e scarichiate le coscienzie vost re con modo e con ordine, come se fosse nell'estremit della morte. Non aspettate disporvi per la via. E se questo non faceste, meglio sarebbe che non metteste 'l piede fuora dell'uscio. Pregovi, padri e fratelli in Cristo Ges-, che non vi la sciate ingannare alla fragilit umana, n a tanta lebbra di cupidit; perocch n avere n n euna creatura risponder per voi; ma solamente le virt- virili, e la buona coscien zia. Altro non dico. Abbiate sempre Dio dinanzi agli occhi vostri. Io mi offero a voi per continua orazione. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Ges - dolce, Ges- amore. Lettera 202. A Maestro Jacomo, Medico in Asciano.

LUGLIO 1 Luglio Elogio della gratitudine 454 Grande vergogna al religioso a desiderare quello che gi ha spregiato. Ch non t anto ch'egli non debba desiderare o possedere sustanzia temporale; ma dalla memo ria si de' trarre eziandio il ricordamento del mondo, delle ricchezze e diletti suoi, e empirla del povero, umile e immacolato Agnello; e con una carit fraterna vivere caritativamente. Ed in tutte quante le cose s'ingegna di mostrare nel pro ssimo suo la gratitudine [verso Dio]. Onde tutte le virt- sono esercitate per gr atitudine: cio che, per amore che l'anima ha al suo Creatore, fatta grata, perch c ol lume ha ricognosciute le grazie che ha ricevute e riceve da lui in se. 455 Chi la fa paziente a portare le ingiurie, strazii, rimproverii e villanie da gli uomini, e le molestie e battaglie dalle dimonia? La gratitudine. Chi il fa a nnegare la propria volont, e subiugarla alla santa obedienzia, e conservare l'obe dienzia sua infino alla morte? Essa gratitudine. Chi gli fa osservare il terzo v oto della continenzia? La gratitudine: ch, per osservarla, mortifica il corpo suo con la vigilia, digiuno, e con l'umile fedele e continua orazione. E con l'obed ienzia uccide la propria volont; acciocch, mortificato il corpo e morta la volont, la potesse osservare, ed in essa osservanzia mostrare la gratitudine. Sicch le vi rt- sono uno segno dimostrativo, che dimostrano che l'anima non scognoscente d'e

ssere creata alla imagine e similitudine di Dio, e della ricreazione (= nuova cr eazione) che ha ricevuta nel sangue dell'umile, dolce, crociato e amoroso Agnell o, ricreandola a grazia, la quale avevano perduta per la colpa. E cos di tutte l' altre grazie che ha ricevute, spirituali e temporali, in comune, e in particolar e; ma tutte le ricognosce dal suo creatore. Allora cresce un fuoco nell'anima, d 'uno santissimo desiderio, che sempre si notrica di cercare l'onore di Dio e la salute dell'anime, con pena sostenendo infino alla morte. 456 Se fusse ingrata, non tanto che ella si dilettasse di sostenere per onore di Dio e la salute dell'anime, ma se la paglia se gli vollesse tra' piei, sarebbe incomportabile a se medesimo, l'onore vorrebbe dare a se, notricandosi del cibo della morte, cio dell'amore proprio di se medesimo, il quale germina la ingratitu dine, privando l'anima della grazia. Onde, considerando me quanto pericoloso questo cibo, che ci d morte; dissi ch'io desideravo di vedervi grati e cognoscenti di tante grazie quante avete ricevute dal nostro Creatore; e massimamente della smisurata grazia che v'ha fatta, d'ave rvi tratti fuore dalle miserie del mondo, e messi nel giardino della santa relig ione, posti ad essere angeli terrestri in questa vita. Questa una grazia, alla q uale Dio vi richiede che mostriate segno di gratitudine con la vera e santa obed ienzia. Ch tanto dimostra il religioso di cognoscere lo stato suo, quanto egli ob ediente; e cos per lo contrario il disobediente dimostra la sua ingratitudine. Il disobediente dinanzi a se non puone altro che la propria volont, e tutti quell i modi i quali possa pigliare per compire quello che desidera. Non costante n per severante; ma volle il capo addietro a mirare l'arato. Egli cerca la volont sua c he gli d morte, e fugge chi gli d vita, cio la pace della coscienzia, ed abitazione della cella, e il diletto del coro. Perocch 'l coro gli pare che sia drittamente uno serpente velenoso, o cibo che gl i abbia a dare morte, con tanto tedio vi sta e con tanta pena; perch la superbia e disobedienzia e ingratitudine sua gli hanno ripieno lo stomaco, e guasto il gu sto dell'anima. Lettera 203. Ad alcuni novizi, nel convento di Monte Oliveto a Perugia. 2 Luglio L'orazione ci unisce col sommo Bene 457 Quanto pi- ci accostiamo a Dio, pi- partecipiamo della sua bont, e pi- sentia mo l'odore delle virt-; perch solo egli il maestro delle virt-, e da lui le ricev iamo, e l'orazione quella che ci unisce col sommo Bene. Egli ci fa forti e perse veranti nella santa religione, che per veruna cosa non rivoltiamo il capo addiet ro. Ella ci d lume a cognoscere noi medesimi, e l'affetto della carit di Dio, e gl 'inganni delle dimonia. Egli ci fa umili; tantoch per umilit l'anima si fa serva d e' servi. Fa aprire tutto se medesimo nelle mani del suo maggiore; e se per lo t empo passato o per lo presente il dimonio avesse obumbrata la coscienzia sua per battaglie; o eziandio fusse attualmente caduto in colpa di peccato mortale; umi lmente manifesta la sua infirmit, siccome a medico, tante volte quante gli accade sse. E per vergogna non se ne ritrae, n debbe ritrarre; ma con pazienza riceve la medicina e correzione che 'l medico suo spirituale gli desse, credendo con fede viva che Dio gli dar tanto lume quanto bisogno alla salute. Cos debbe fare, acci t agli la via al dimonio, che non vorrebbe altro se non ponere una vergogna negli occhi nostri, acciocch tenessimo dentro nell'anima nostra i difetti e le cogitazi oni, e non gli manifestassimo. Questa madre dell'orazione ci leva questa vergogn a. 458 Allora Dio, che ragguarda alla perseveranzia e umilt de' servi suoi, dona in quell'anima il dono della fortezza; infonde in essa uno lume di verit, ed uno acc rescimento di desiderio di virt-; con una allegrezza cordiale, che tutto pare ch e vi si dissolva; con uno ardore di carit verso Dio e verso il prossimo suo. Tant e sono le grazie e i doni che si ricevono da Dio col mezzo dell'orazione, che la lingua nostra non sufficiente a narrarle. Ma vuole essere umile, fedele e conti nua, cio col continuo santo desiderio. Con questo santo desiderio fare tutte le n ostre operazioni manuali e spirituali. Facendolo, sar uno continuo orare; perch Fr

a nel cospetto di Dio il santo e vero desiderio. Lettera 203. 3 Luglio Sulla larghezza ecumenica di carit verso scomunicati e peccatori, per ricondurli a Dio 459 Dio ragguard, e ragguarda, la sua creatura, prima che ci creasse. La quale po ich ragguard in se medesimo, innamorossene smisuratamente; tanto che per amore ci cre, volendo che noi godessimo e participassimo quello bene che aveva in se medes imo. Ma per lo peccato d'Adam non s'adempiva il desiderio suo. Costretto dunque Dio dal fuoco della divina carit, mand il dolce Verbo incarnato d el Figliuolo suo a ricomprare l'uomo, e trarlo di servitudine. Ed il Figliuolo c orre, e dassi all'obbrobriosa morte della croce, e a conversare co' peccatori e scomunicati e con ogni maniera di gente. Perocch alla carit non si pu ponere legge n misura; e non vede s, n cerca le cose sue proprie (I Cor 13, 5). E poich il primo uomo cadde dell'altezza della grazia per l'amore proprio di s medesimo; per fu di bisogno che Dio usasse uno modo contrario a questo: e per mand questo Agnello imma colato con una larga ed ineffabile carit, non cercando s, ma solo l'onore del Padr e e la salute nostra. 460 O carissimo e dolcissimo mio figliuolo, io voglio che vi conformiate con que sto Verbo, il quale nostra regola e de' santi che l'hanno seguitato. E cos divent erete una cosa con lui, e participerete la sua larghezza. Dicovi dunque, che se l'anima non si leva, ed apre l'occhio, e pongasi per obietto la smisurata bont e amore di Dio, il quale dimostra alla sua creatura; mai non verrebbe a tanta larg hezza, e perfezione, ma sarebbe tanto stretto che non vi capirebbe n se n il pross imo. Levate, dunque, levate via il cuore vile e la disordinata e stretta coscienzia; e non date l'occhio al perverso dimonio, che vuole impedire tanto bene, e non vo rrebbe essere cacciato della citt sua. E voglio che con cuore virile e sollicitud ine perfetta il facciate, vedendo che altra legge quella dello Spirito Santo, ch e quella degli uomini. Accordatevi con quello dolce innamorato di Paolo, e siate uno vasello di dilezio ne a portare e a bandire il nome di Ges- (At 9, 15). Ben mi pare che Paolo si sp ecchiasse in questo occhio, ed ine perdesse se. Ed ine riceve tanta larghezza, c he egli desidera e vuole essere scommunicato e partito da Dio per li fratelli su oi (Rm 9, 13). Era innamorato Paolo di quello che Dio s'innamor; e vede che la ca rit non offende, n riceve confusione. Mois guard all'onore di Dio; e per voleva esser e cacciato del libro della vita, prima che il popolo avesse morte (Es 32, 32). 461 Per la quale cosa io vi costringo, e voglio, che in Cristo Ges- stiate fermo a stirpare i vizii, e piantare le virt-, seguitando la prima Verit, come detto , e i santi che hanno seguitato le vestigie sue; non ponendo regola n misura al des iderio, che vuole essere senza misura. Fate ragione d'essere tra uno popolo infedele, scomunicato, pieno d'iniquit: conv ienvi per forza d'amore participare con loro. Perocch io vi fo sapere che a quest o modo participerete, con la carit, con loro, cio per l'amore che avete alla salut e loro. Che se il nostro conversare fusse con amore proprio, o per diletto che n e traeste o spirituale o temporale, che fosse fuore di questa fame; sarebbe da f uggire e temere la loro conversazione. Levate adunque ogni amaritudine ristretti va. E credete pi- altrui, che a voi medesimo. E se il dimonio volesse pure stimo lare la coscienzia vostra: dirgli che faccia ragione con meco di questo e d'ogni altra cosa: perocch la madre (= Caterina) ha a rendere ragione del figliuolo. Or cos dunque voglio che siate sollicito; perocch veruno caso o punto sar si forte, che la carit non rompa; e voi fortificher. Lettera 204. A frate Bartolomeo Dominici dell'Ordine de' Predicatori, quando pre dicava ad Asciano. Scritta prima del 1374; forse nel marzo 1372 o nell'aprile 13 73.

4 Luglio Non basta sciogliere, occorre tagliare 462 Scrivo a te, con desiderio di vederti con lume e cognoscimento, che tu vegga che tu hai bisogno di tagliare, e non di sciogliere. Perocch chi non taglia, sem pre sta legato; e chi non fugge, sempre rimane preso. Non pi- resistenzia allo S pirito Santo che ti chiama; che duro ti sar a ricalcitrare a lui (At 9, 6); e non ti lassare legare alla lepidezza del cuore, nell'amore compassionevole femminil e (= non virile e forte), spesse volte colorato col colore della virt-. Ma sia u omo virile, che virilmente esca al campo della battaglia; ponendoti dinanzi all' occhio dell'intelletto il sangue sparto con tanto fuoco d'amore; acciocch, fatto libero, sia inanimato alla battaglia. Rispondi, rispondi, figliuolo negligente; apri la porta del cuore tuo: ch grande villania che Dio stia alla porta dell'anima tua, e non gli sia aperto. Non gli e ssere mercenario, ma fedele. Bgnati nel sangue di Cristo crocifisso; dove tu trov erai il coltello dell'odio e dell'amore, e tu taglierai ogni legame il quale fus se fuore della volont di Dio, e impedimento di perfezione; e troverai il lume con che tu hai bisogno di vedere che t' necessario di tagliare. Lettera 205. A Stefano di Corrado Maconi poverello d'ogni virt-. 5 Luglio Venite, venite a possedere il luogo del glorioso pastore santo Pietro, di cui vi cario sete 463 Vi prego, padre mio dolce, che voi, con sollicitudine ed affamato desiderio della pace e onore di Dio e salute dell'anime, usiate lo strumento della potenzi a e virt- vostra. E se voi mi diceste, padre: Il mondo tanto travagliato. In che modo verr a pace? Dicovi da parte di Cristo crocifisso: tre cose principali vi c onviene adoperare con la potenzia vostra. Cio, che nel giardino della santa Chies a voi ne traggiate li fiori puzzolenti, pieni d'immondizia e di cupidit, enfiati di superbia; cio li mali pastori e rettori, che attossicano e imputridiscono ques to giardino. Oim, governatore nostro, usate la vostra potenzia a divellere questi fiori. Gittateli di fuori, che non abbino a governare. Vogliate ch'egli studino a governare loro medesimi in santa e buona vita. Piantate in questo giardino fi ori odoriferi, pastori e governatori che siano veri servi di Ges- Cristo, che no n attendano ad altro che all'onore di Dio e alla salute dell'anime, e sieno padr i de' poveri. 464 Oim, che grande confusione questa, di vedere coloro che debbono essere specch io in povert volontaria, umili agnelli, distribuire della sostanzia della santa C hiesa a' poveri; ed egli si veggono in tante delizie e stati e pompe e vanit del mondo, pi- che se fossero mille volte nel secolo! Anzi molti secolari fanno verg ogna a loro, vivendo in buona e santa vita. Ma pare che la somma ed eterna bont faccia fare per forza quello che non fatto pe r amore. Pare che permetta che gli stati e delizie siano tolti alla sposa sua, q uasi mostrasse che volesse che la Chiesa santa tornasse nel suo stato primo pove rello, umile, mansueto, com'era in quello tempo santo, quando non attendevano al tro che all'onore di Dio e alla salute dell'anime, avendo cura delle cose spirit uali, e non temporali. Che, poi ch'ha mirato pi- alle temporali che alle spiritu ali, le cose sono andate di male in peggio. Ma confortatevi, padre, e non temete per veruna cosa che fusse addivenuta o addi venisse, che Dio fa per rendere lo stato suo perfetto; perch in questo giardino s i paschino agnelli, e non lupi divoratori dell'onore che debbe essere di Dio, il quale furano, e dnnolo a loro medesimi. Conformatevi in Cristo crocifisso; ch io spero che con l'adiutorio suo, da guerra verrete a grandissima pace, da persecuz ione a grandissima unione. Non con potenzia umana, ma con la virt- santa. 465 Ma pensate, padre dolce, che maleagevolmente potreste fare questo, se voi no n adempirete l'altre due cose che avanzano a compire l'altre. E questo si dello avvenimento vostro (= il ritorno a Roma), e drizzare il gonfalone della santissi ma croce (= la crociata). Non tardate per la venuta vostra. Io vi dico, padre in

Cristo Ges-, che voi veniate tosto come agnello mansueto. Rispondete allo Spirit o Santo che vi chiama. Io vi dico: Venite, venite, venite, e non aspettate il te mpo, ch il tempo non aspetta voi. O dolce padre mio, da parte di Cristo crocifiss o vel dico: non vogliate credere a' consiglieri del dimonio, che volsero impedir e il santo e buono proponimento. Siatemi uomo virile, e non timoroso. Rispondete a Dio, che vi chiama che veniate a tenere e possedere il luogo del glorioso pas tore santo Pietro, di cui vicario sete rimasto. Ma confortatevi, e venite, padre , e non fate pi- aspettare li servi di Dio, che s'affliggono per lo desiderio. E io misera miserabile non posso pi- aspettare: vivendo, mi pare morire stentand o, vedendo tanto vituperio di Dio. Non vi dilungate per dalla pace, per questo ca so che addivenuto a Bologna 1: ma venite. Ch io vi dico che li lupi feroci vi met teranno il capo in grembo come agnelli mansueti, e dimanderanno misericordia a v oi, padre. Lettera 206. A Gregorio XI. Posteriore alla rivolta di Bologna (21 marzo 1376). Nota 1: "I bolognesi si ribellarono, e cacciarono il Legato pontificio, e si cos tituirono a repubblica, accordandosi con Firenze e Siena" (L. FERRETTI).

6 Luglio Rappacificatevi col santo Padre, il papa 466 Questa la pasqua che desidera l'anima mia di fare con voi: cio che voi siate figliuoli pacifici, e non siate ribelli al capo vostro (= il papa), ma sudditi e obedienti infino alla morte. Voi sapete bene che Cristo lasci il vicario suo, e questo lasso per rimedio dell'anime nostre; perch in altro non possiamo avere sal ute, che nel corpo mistico della santa Chiesa, il cui capo Cristo, e noi siamo l e membra. Adunque vedete, figliuoli miei dolcissimi, che colui che ribella come membro putrido alla santa Chiesa, e al padre nostro Cristo in terra, caduto nel bando della morte; perocch quello che facciamo a lui, facciamo a Cristo in cielo: o riverenzia o vituperio che noi facciamo. Vedete bene, che per la disobedienzia e per la persecuzione che avete fatta: cre detemi, fratelli miei, che con dolore e pianto di cuore vel dico, voi sete cadut i nella morte, e in odio e in dispiacere di Dio; e peggio non potete avere, che esser privati della grazia sua. Poco ci varrebbe la potenzia umana se non ci fos si la divina. Oim, che in vano s'affatica colui che guarda la citt, se Dio non la guarda (Sal 126, 2). 467 Sapete che il figliuolo non ha mai ragione contra del padre, sia cattivo e r iceva ingiuria da lui quanta si vuole; perocch tanto grande il beneficio dell'ess ere ch'egli ha avuto dal padre, che per niuna cosa gli pu rendere tanto debito. O r cos pensate che egli tanto l'essere e il beneficio della grazia che traiamo del corpo mistico della santa Chiesa, che niuna riverenzia o operazione che noi fac ciamo, o facessimo, potrebbe essere sufficiente a rendere questo debito. Oim, oim, figliuoli miei, piangendo vel dico, e ve ne prego e costringo da parte di Crist o crocifisso, che vi riconciliate e facciate pace con lui. 468 Andate dunque con pace e unione. E questa la Pasqua che io ho desiderio di f are con voi; considerando che in altra corte non possiamo fare questa pasqua, ch e nel corpo della santa Chiesa, perch quivi il bagno del sangue del Figliuolo di Dio, dove si lavano i fracidumi de' peccati nostri. Ine si truova il cibo dove l 'anima si sazia; e trovianvi il vestimento nuziale, il quale ci conviene avere, se vogliamo entrare alle nozze di vita eterna, alle quali siamo invitati dall'Ag nello svenato e derelitto in croce per noi. Questo 'l vestimento della pace, che pacifica il cuore, e ricuoprela vergogna della nostra nudit, cio di molte miserie e difetti e divisioni, le quali noi abbiamo l'uno con l'altro, le quali sono ca gione e strumento di torci il vestimento della grazia. Poi, dunque, che la benignit dolce di Dio ci rende il vestimento, non siate negli genti ad andare per esso con sollecitudine virilmente al capo nostro, acci che la morte non ci trovi nudi. Perocch noi dobbiamo morire, e non sappiamo quando. Non aspettate 'l tempo, perocch 'l tempo non aspetta voi. Grande simplicit sarebbe d' aspettare, e fidarmi di quello che io non ne son sicuro, e non ho davvero.

Non dico pi-. Perdonate alla mia presunzione, e incolpatene l'amore ch'io ho all a salute vostra, e dell'anima e del corpo; e il dolore ch'io ho del danno che vo i ricevete spiritualmente e temporalmente. Se per me si pu adoperare alcuna cosa che sia onore di Dio, e unione di voi e della santa Chiesa; sono apparecchiata a dare la vita, s'el bisogna. Lettera 207. A' Signori di Firenze. Scritta nell'imminenza della Pasqua (13 apri le) del 1376. 7 Luglio Questo sangue uno vino che inebbria l'anima 469 Questa la Pasqua ch'io voglio che noi facciamo; cio di vederci alla mensa del l'Agnello immacolato, il quale cibo, mensa e servitore. In su questa mensa sono e' frutti delle vere e reali virt-; ogni altra mensa senza frutto; ma questa con perfetto frutto, perocch d vita. Questa una mensa forata, piena di vene che germi nano sangue; e tra gli altri v'ha uno canale, che gitta sangue e acqua mescolato con fuoco; e all'occhio che si riposa in su questo canale, gli manifestato il s ecreto del cuore. Questo sangue uno vino che inebbria l'anima; del quale quanto pi- beve, pi- ne vorrebbe bere; e non si sazia mai, perocch 'l sangue e la carne unita con lo infinito Dio. O figliuolo dolcissimo in Cristo Ges-, corriamo con s ollicitudine a questa mensa. Adempite il mio desiderio in voi, sicch io faccia la Pasqua, come detto . 470 E fate come colui che molto beve, che inebbria e perde se medesimo, e non si vede (=non vede pi- se stesso). E se 'l vino gli diletta, anco ne beve pi-; in tanto che riscaldato lo stomaco dal vino noi pu tenere, e s 'l vomita fuore. Veram ente, figliuolo, che in su questa mensa noi troviamo questo vino; cio 'l costato aperto del Figliuolo di Dio. Egli quello sangue che scalda, e caccia fuore ogni freddezza, rischiara la voce di colui che beve, e letifica l'anima e il cuore. P erocch questo sangue sparto col fuoco della divina carit; e scalda tanto l'uomo, c he gitta s fuore di se: e quinci viene, che non pu vedere s per s, ma s per Dio, e Di o per Dio, e il prossimo per Dio. E quando egli ha bene bevuto; ed egli 'l gitta sopra 'l capo de' fratelli suoi; ed ha imparato da colui che continuamente in mensa versa, non per sua utilit, ma per nostra. Noi dunque, che mangiamo alla mensa predetta, conformandoci col cibo , facciamo quello medesimo, non per nostra utilit, ma per onore di Dio, e per la salute del prossimo. Lettera 208. A frate Bartolomeo Dominici dell'Ordine de' Predicatori, in Asciano . Scritta nell'imminenza della Pasqua, forse dell'anno 1372. 8 Luglio Meglio c' dunque lassar andare l'oro delle cose temporali, che l'oro delle spirit uali 471 Potreste dire, santo Padre: Per coscienzia io sono tenuto di conservare e ra cquistare quello della santa Chiesa. Oim, io confesso bene che egli la verit; ma parmi che quella cosa che pi- cara, si debba meglio guardare. Il tesoro della Chiesa il sangue di Cristo, dato in prez zo per l'anima: perocch il tesoro del sangue non pagato per la sostanzia temporal e, ma per la salute dell'umana generazione. Sicch, poniamo che siate tenuto di co nquistare e conservare il tesoro e la signoria delle citt la quale la Chiesa ha p erduto; molto maggiormente sete tenuto di racquistare tante pecorelle, che sono uno tesoro nella Chiesa; e troppo ne impoverisce quand'ella le perde. Non che im poverisca in se, poich il sangue di Cristo non pu diminuire, ma perde uno adorname nto di gloria, il quale riceve dalli virtuosi e obedienti e sudditi a lei. Megli o c' dunque lassar andare l'oro delle cose temporali, che l'oro delle spirituali. 472 Aprite, aprite bene l'occhio dell'intelletto con fame e desiderio della salu

te dell'anime, a riguardare due mali: cio 'l male della grandezza, signoria e sos tanzia temporale la quale vi par essere tenuto di racquistare; e il male di vede r perdere la grazia nell'anime, e l'obedienzia la quale debbono avere alla Santi t Vostra. E cos vederete che molto maggiormente sete tenuto di racquistare l'anime . Poi, dunque, che l'occhio dell'intelletto ha veduto, e discerne, quale il meno m ale: voi dunque, santissimo Padre, che sete in mezzo di questi due cos grandi mal i, dovete eleggere il minore. E eleggendo il minore per fuggire il maggiore: per derete l'uno male e l'altro; e ambedui torneranno in bene; cio che averete in pac e racquistati li figliuoli, e averete il debito vostro. Io non dico questo per pe r insegnarvi, ma son costretta dalla prima dolce verit; dal desiderio ch'io ho, b abbo mio dolce, di vedervi pacificato, e in quiete l'anima e il corpo. Perocch, c on queste guerre e malaventura, non veggo che possiate avere una ora di bene. Di struggesi quello delli poverelli ne' soldati, i quali sono mangiatori della carn e e degli uomini. 473 E veggo che impedisce il santo vostro desiderio, il quale avete, della refor mazione della Sposa vostra. Reformarla, dico, di buoni pastori e rettori. E voi sapete che con la guerra malagevolmente il potete fare: ch, parendovi aver bisogn o di principi e signori, la necessit vi parr che vi stringa di fare i pastori a mo do loro, e non a modo vostro. Bench ella pessima ragione che, per alcun bisogno c he si vegga, si metta per pastori, o altri che si sia, nella Chiesa, che non sia virtuoso, e persona che cerchi se per se, ma cerchi se per Dio, cercando la glor ia e la loda del nome suo. E non debbe essere enfiato per superbia, n porco per i mmondizia, n foglia che si volve al vento delle proprie ricchezze e vanit del mond o. Oim, non cos, per l'amore di Ges- Cristo, e per la salute dell'anima vostra! 474 Tollete dunque via la cagione della guerra, quanto possibile a voi, acciocch non veniate in questo inconveniente di fargli (= i pastori) secondo la volont deg li uomini, e non secondo la volont di Dio, e desiderio vostro. Voi avete bisogno dell'adiutorio di Cristo crocifisso; in lui ponete dunque l'affetto e il desider io, e non in uomo e in adiutorio umano; ma in Cristo dolce Ges-, la cui vice voi tenete; che pare che voglia che la Chiesa torni al primo dolce stato suo. Oh quanto sar beata l'anima vostra e mia, che io vegga voi esser cominciatore di tanto bene, che alle vostre mani, quello che Dio permette per forza, si faccia p er amore! Questo sar il modo a farlo con pace, e con pastori veri e virtuosi e um ili servi di Dio; ch ne troverete, se piacer alla Santit Vostra di cercarli. Ch sono due cose, perch la Chiesa perde e ha perduto li beni temporali: cio per la guerra, e per lo mancamento delle virt-. Ch, col dove non virt-, sempre guerra col suo Creatore. Sicch la guerra n' cagione. Lettera 209. A Gregorio XI. 9 Luglio Nel tempo della tenebra e dalla tenebra nasce la luce 475 La virt- si prova per lo suo contrario. Con che si prova la purit, e s'acquis ta? Col contrario, cio con la molestia della immondizia. Perocch chi fusse immondo , non gli bisognerebbe ricevere molestia dalle cogitazioni della immondizia; ma perch si vede che la volont privata de' perversi consentimenti, ed purificata d'og ni macchia per santo e vero desiderio che ha di piacere al suo creatore: per il d imonio, il mondo e la carne gli danno molestia. Sicch ogni cosa contraria si cacc ia per lo suo contrario. Vedete che per la superbia s'acquista l'umilt. Quando l'uomo si vede molestare da esso vizio di superbia, subito s'umilia, cognoscendo se difettuoso, superbo. Ch e se non avesse avuta quella molestia, non si sarebbe s ben cognosciuto. Poich s' u miliato e veduto, concepe uno odio per siffatto modo, che gode ed esulta d'ogni pena ed ingiuria che sostenesse. Questo fa come cavaliere virile, il quale non s chifa i colpi. Anzi si reputa indegno di tanta grazia, quanta gli pare essere, a sostenere pena, tentazioni e molestie per Cristo crocifisso. Tutto per l'odio c h'egli ha di se medesimo, e per amore che ha conceputo alla virt-.

Adunque vedete che non da fuggire n dolersi nel tempo della tenebra, perocch della tenebra nasce la luce. 476 O Dio, dolce amore, che dolce dottrina di, che per lo contrario della virt- s 'acquista la virt-! Della impazienza s'acquista la pazienza; ch l'anima che sente il vizio della impazienza, diventa paziente della ingiuria ricevuta, ed impazie nte verso il vizio della impazienza; e pi- si duole ch'ella si duole (= di doler si), che di veruna altra cosa. E cos nei contrari gli viene acquistata la perfezi one. E non se ne avvede: trovasi diventato perfetto nelle molte tempeste e tenta zioni. E in altro modo non si giunge mai a porto di perfezione. 477 Voglio che voi abbiate compassione, voi e gli altri figliuoli, alle miserie mie. Pensate che io misera miserabile sto nel corpo, e trovomi per desiderio con tinuo di fuore del corpo. Oim, dolce e buono Ges-! Io muoio e non posso morire, e scoppio, e non posso scoppiare, del desiderio che io ho della rinovazione della santa Chiesa per onore di Dio e salute d'ogni creatura; e di vedere voi e gli a ltri vestiti di purit, arsi e consumati nell'ardentissima carit sua. Dite a Cristo in terra, che non mi faccia pi- aspettare. E quand'io vedr questo, canter con quello dolce vecchio di Simeone: Nunc dimittis servum tuum, Domine, se cundum verbum tuum in pace (Lc 2, 29). Non dico pi-; ch se io seguissi in volont, teste comincerei. Amatevi, amatevi, amatevi tutti insieme. Lettera 211. A frate Raimondo da Capua a Vignone (=Avignone). Scritta prima del 18 giugno 1376, verso la prima met di maggio.

10 Luglio La virt- della discrezione contrapposta alla indiscrezione 478 La virt- santa della discrezione ci necessaria ad avere, se vogliamo la salu te nostra. Perch ci di tanta necessit? Perch ella esce del cognoscimento di noi e d i Dio: in questa casa tiene le sue radici. Ella drittamente uno figliuolo partor ito dalla carit, che propriamente discrezione, e uno lume e uno cognoscimento che l'anima ha di Dio e di se, come detto . La principale cosa che ella faccia, questa: che, avendo veduto con lume discreto , a cui ella debitrice e quello che debbe rendere, subito il rende con perfetta discrezione. Onde a Dio rende gloria, e loda al nome suo; e tutte l'operazioni c he fa l'affetto dell'anima, fa con questo lume, cio che tutte sono fatte per ques to fine. Sicch a Dio rende il debito dell'onore. 479 Non fa come lo indiscreto rubbatore, che l'onore vuole dare a se; e per cerc are il proprio onore e piacere, non cura di fare vituperio a Dio, e danno al pro ssimo. E perch la radice dell'affetto dell'anima corrotta dalla indiscrezione, so no corrotte tutte le sue operazioni in s e in altrui. In altrui, dico, perch indis cretamente pone i pesi, e comanda ad altri, o secolari o spirituali, o di qualun que stato si sia. Se egli ammonisce o consiglia, indiscretamente il fa; e con qu ello medesimo peso che egli pesa, vuole pesare ogni altra persona. 4X0 Il contrario fa l'anima discreta, che discretamente vede il bisogno suo e l' altrui. Onde, poich'ella ha renduto il debito dell'onore a Dio, ella rende il su o a s, cio odio del vizio e della propria sensualit. Chi n' cagione? l'amore della v irt-, amandola in se. Questo medesimo lume, col quale ella si rende il debito, r ende al prossimo suo. E per dissi: in se e in altrui. Onde rende al prossimo la b enevolenzia, siccome egli obligato, amando in lui la virt-, e odiando il vizio. E amalo come creatura creata dal sommo ed eterno Padre. E meno e pi- perfettamen te rende a lui la dilezione della carit, secondo che l'ha in s. Sicch questo il pri ncipale effetto che adopera la virt- della discrezione nell'anima; perch con lume ha veduto che debito debba rendere, e a cui. Questi sono tre rami principali di questo glorioso figliuolo della discrezione, il quale esce dall'arbore della carit. Di questi tre rami escono infiniti e varia ti frutti, tutti soavi e di grandissima dolcezza, che nutricano l'anima nella vi ta della grazia, quando con la mano del libero arbitrio, e con la bocca del sant o e affocato desiderio li prende.

Lettera 213. A Suora Daniella da Orvieto, vestita dell'abito di Santo Domenico, la quale, non potendo seguire la sua grande penitenzia, era venuta in grande aff lizione. 11 Luglio La discrezione considerata in ogni stato di vita 481 In ogni stato che la persona , gusta di questi frutti, se ella ha il lume del la discrezione: in diversi modi, secondo il diverso stato. Colui che nello stato del mondo, e ha questo lume, coglie il frutto dell'obedienzia de' comandamenti di Dio, e il dispiacere del mondo, spogliandosene mentalmente, poniamoch attualme nte ne sia vestito. Se egli ha figliuoli, piglia il frutto del timore di Dio, e col timore santo suo li notrica. Se egli signore, piglia il frutto della giustizia, perch discretamente vuole rend ere a ciascuno il debito suo; onde col rigore della giustizia punisce lo ingiust o, e il giusto premia, gustando il frutto della ragione; ch per lusinghe n per tim ore servile non si parte da questa via. Se egli suddito, coglie il frutto dell'o bedienzia e reverenzia verso il signore suo; schifando la cagione e la via, per la quale il potesse offendere. Se col lume non l'avesse vedute, non l'averebbe s chifate. Se sono religiosi o prelati, trggonne il frutto dolce e piacevole d'essere osserv atori dell'ordine loro; portando e sopportando i difetti l'uno dell'altro, abbra cciando le vergogne e 'l dispiacere, ponendosi sopra le spalle il giogo dell'obe dienzia. Il prelato prende la fame dell'onore di Dio e della salute dell'anime, gittandogli l'amo della dottrina e della vita esemplaria. In quanti diversi modi , e in diverse creature si colgono questi frutti! Troppo sarebbe lungo a narrarl o; con la lingua non si potrebbero esprimere. Lettera 2 13.

12 Luglio Le principali regole della virt- della discrezione 482 Ma vediamo, parliamo ora in particolare; e parlando in particolare sar parlat o in generale, che regola d questa virt- della discrezione nell'anima. Pare a me che dia questa regola nell'anima e nel corpo, in persone che spiritualmente vogl iono vivere, e attualmente e mentalmente; bench ella ogni persona regoli e ordini nel grado e nello stato suo. Ma parliamo ora a noi. La prima regola che ella dia nell'anima, quella che detta aviamo, di rendere l'o nore a Dio, al prossimo la benivolenzia, e a se odio del vizio e della propria s ensualit. Ella ordina questa carit nel prossimo: che per lui non vuole ponere l'an ima sua (= danneggiare con la colpa l'anima propria); cio, per farli utilit o piac ere non vuole offendere Dio; ma discretamente fugge la colpa, e dispone il corpo suo ad ogni pena e tormento, e alla morte, per campare un'anima, e quante ne po tesse campare, dalle mani del dimonio. E dispensi a ponere la sustanzia temporal e per sovvenire e campare il corpo del prossimo suo. Questo fa la carit con quest o lume della discrezione; ch discretamente l'ha regolato nella carit del prossimo. 483 Il contrario fa lo indiscreto, che non si cura d'offendere Dio, n di ponere l 'anima sua per fare servizio e piacere al prossimo indiscretamente, quando con f argli compagnia in luoghi scelerati, quando con falsa testimonianza; e Cos in mol ti altri modi, come tutto d vengono i casi. Questa la regola della indiscrezione, la quale esce dalla superbia e dalla perversit dell'amore proprio di s, e dalla c echit di non avere cognosciuto se, n Dio. 484 E poich la discrezione santa l'ha regolata in questa carit del prossimo; e ell a la regola in quella cosa che la conserva e cresce in essa carit, cio nell'umile e fedele e continua orazione; ponendogli il manto dell'affetto delle virt-, acci occh non sia offesa dalla lepidezza, negligenzia, e amore proprio di s, spirituale

n corporale, per (= perci) gli d questo affetto delle virt-, acciocch l'affetto suo non si ponga in veruna altra cosa dalla quale potesse ricevere alcuno inganno. 485 Anco ordina e regola corporalmente la creatura in questo modo: che l'anima l a quale si dispone a volere Dio, fa il suo principio per lo modo che detto abbia mo. Ma, perch ella ha il vasello del corpo, si conviene che questo lume ponga la regola a lui, siccome egli l'ha posta nell'anima, come strumento ch'egli debbe e ssere ad aumentare la virt-. La regola questa che egli il sottrae dalle delizie e delicatezze del mondo, e della conversazione de' mondani, e dgli la conversazio ne de' servi di Dio; levalo da' luoghi dissoluti, e tielle ne' luoghi che lo ind ucono a devozione. A tutte le membra del corpo d ordine, acciocch siano modeste e temperate; l'occhio non ragguardi dove egli non debbe, ma dinanzi a se ponga la terra e 'l cielo; l a lingua fugga il parlare ozioso e vano, e sia ordinata ad annunziare la parola di Dio in salute del prossimo, e confessare i peccati suoi; l'orecchia fugga le parole dilettevoli, lusinghevoli, dissolute, e di detrazione, che gli fussero de tte; e attenda a udire la parola di Dio, e il bisogno del prossimo, cio volontari amente udire la sua necessit. Cos la mano nel toccare o nell'adoperare, i piei nel l'andare; a tutti d regola. E acciocch per la perversa legge della impugnazione ch e d la carne contra lo spirito, non si levi a disordinare questi strumenti, pone la regola al corpo, macerandolo con la vigilia, col digiuno, e con gli altri ese rcizii, i quali hanno tutti a raffrenare il corpo nostro. Lettera 2 13.

13 Luglio Compito della discrezione anche porre ordine nella penitenza corporale 486 Ma attendi, che tutto questo non fa indiscretamente, ma con lume dolce di di screzione. E in che 'l mostra? In questo, che ella non pone per principale affet to suo veruno atto di penitenzia. E acciocch non cadesse in cotale difetto di pon ere per principale affetto la penitenzia, provvide il lume della discrezione, di mantellare l'anima con affetto delle virt-. Debbela bene usare come strumento, a' tempi e a' luoghi ordinati, secondo che bisogna. Se il corpo per troppa fortezza ricalcitrasse allo spirito, folle la verga della disciplina, e 'l digiuno, e 'l cilicio di molte gemme (=molti nodi), con grande vigilia, e pongli allora de' pesi assai, acciocch egli stia pi- trito (= domo, s ottomesso). Ma se il corpo debile, venuto ad infermit, non vuole la regola della discrezione, che faccia Cos. Anco, debbe non solamente lassare il digiuno, ma man gi della carne; e se non gli bast una volta il d, piglino quattro. Se non pu stare in terra, stia sul letto; se non pu inginocchioni, stia a sedere e a giacere, se n'ha bisogno. Questo vuole la discrezione. E per pone che si faccia come strument o, e non per principale affetto. 487 E sai perch egli non vuole? Acciocch l'anima serva a Dio con cosa che non gli possa essere tolta e che non sia finita, ma con cosa infinita, cio col santo desi derio; il quale infinito, per l'unione che ha fatta nello infinito desiderio di Dio; e nelle virt-, le quali n dimonio n creatura, n infermit ci possono tollero, se noi non vogliamo. Anco, nella infermit provi la virt- della pazienza; nelle batt aglie e molestie delle dimonia pruovi la fortezza e la lunga perseveranzia; e ne lla avversit che ricevesse dalle creature, pruovi la umilit, e la pazienza, la car it. E Cos tutte le altre virt- permette Dio che ci sieno provate con molti contrar ii, ma non tolte mai, se noi non vogliamo. In questo dobbiamo fare il nostro fondamento, e non nella penitenzia. Due fondam enti non pu l'anima fare: o l'uno o l'altro si conviene che vada a terra. E quell o che non principale si usi per strumento. Se io fo il mio principio nella penit enzia corporale io edifico la citt dell'anima sopra l'arena, che ogni piccolo ven to la caccia a terra, e neuno edifizio vi possa ponere su. Ma se io edifico sopr a le virt-, e fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Ges-; e non veruno vento si contrario che mai il dia a terra. Per questi e molti altri inconvenienti che ne vengono, non ha voluto che s'usi la penitenzia altro che per strumento.

Lettera 213. 14 Luglio Grave danno dell'indiscrezione in molti penitenti 488 Molti penitenti ho gi veduti, i quali non sono stati pazienti, n obedienti, pe rch hanno studiato a uccidere il corpo, ma non la volont. Questo ha fatto la indis crezione. Sai che n'adiviene? Tutta la consolazione e l'affetto loro posto in fa re la penitenzia a loro modo, e non a modo d'altrui. In essa nutricano la loro v olont. Mentre che essi la compiono, hanno consolazione e allegrezza, e pare a lor o essere pieni di Dio, come se ogni cosa avessero compito; e non se ne avveggono , che caggiono nella propria reputazione, e in giudizio. Che se ognuno non va pe r questa via, gli pare che siano in stato di dannazione, in stato imperfetto. In discretamente vogliono misurare tutti i corpi d'una misura medesima, cio con quel la che essi misurano loro stessi. E chi li vuole ritrare da questo o per rompere la loro volont, o per necessit che essi avessero; tengono la volont pi- dura che ' l diamante; vivi per s fatto modo, che al tempo della prova o d'una tentazione o d'una ingiuria, si truovano in questa volont perversa pi- debili che la paglia. La indiscrezione gli mostrava che la penitenzia raffrenasse l'ira, la impazienza e gli altri movimenti di vizii, che vengono nel cuore; ed egli non Cos. Mostrati questo glorioso lume, che con l'odio e dispiacimento di te, con aggravare la co lpa con rimproverio, con la considerazione chi Dio che offeso da te, e chi se' t u che l'offendi; con la memoria della morte; e con l'affetto delle virt-, uccide rai il vizio nell'anima, e trarraine le barbe. La penitenzia taglia; ma tu trovi sempre la barba, la quale atta a fare germinare; ma questo divelle. bene sempre atta questa terra, dove stanno piantati i vizii, a riceverne, se la propria vol ont con libero arbitrio ve ne mette; altrementi no, poich la radice n' divelta. 489 E se per caso addiviene che per forza, a quello corpo ch' infermato, gli conv enga escire de' suoi modi, egli viene subito a uno tedio e confusione di mente, privato d'ogni allegrezza; e pargli essere dannato e confuso, e non truova la do lcezza nell'orazione, come gli pareva avere nel tempo della sua penitenzia. E do ve n' andata? Nella propria volont, dove ella era fondata. La quale volont non pu co mpire; non potendola compire, n'ha pena e tristizia. E perch se' venuta a tanta c onfusione e quasi disperazione? E dove la speranza che tu avevi nel regno di Dio ? ssene andata nell'affetto della penitenzia, per lo cui mezzo sperava d'avere vi ta eterna; non avendola pi-, parnegli essere privato. Questi sono i frutti della indiscrezione. Lettera 213.

15 Luglio I frutti buoni e giocondi della vera e santa discrezione 490 Se egli avesse il lume della discrezione, vederebbe che solamente essere pri vato delle virt-, gli folle Dio; e col mezzo della virt-, mediante il sangue di Cristo, ha vita eterna. Adunque ci leviamo da ogni imperfezione, e poniamo l'aff etto nostro nelle vere virt-, come detto ; le quali sono di tanto diletto e gioco ndit, che la lingua noi potrebbe narrare. Neuno che possa dare pena all'anima fon data in virt-, n che le tolta la speranza del cielo; perch ella ha morta in se la propria volont nelle cose spirituali, come nelle temporali; e perch l'affetto suo non posto in penitenzia, n in proprie consolazioni o rivelazioni, ma nel sostener e per Cristo crocifisso e per amore della virt-. Ond'ella paziente, fedele; sper a in Dio, e non in se, n in sua operazione. Ella umile e obediente a credere ad a ltrui, pi- che a se, perch non presume di se medesima. Ella si dilarga nelle brac cia della misericordia, e con essa caccia la confusione della mente. 491 Nelle tenebre e battaglie trae fuora il lume della fede, esercitandosi viril mente con vera e profonda umilit; e nella allegrezza intra in s medesima, acci che 'l cuore non venga a vana letizia. Ella forte e perseverante, perch ha morta in s

e la propria volont che la faceva debile e incostante. Ogni tempo gli tempo; ogni luogo gli luogo. Se ella nel tempo della penitenzia, a lei tempo di allegrezza e consolazione, usandola come strumento; e se per necessit o per obedienzia il co nviene lassare, ella gode: perch il principale fondamento dell'affetto delle virt - non pu essere, n , tolto da lei; e perch si vede annegare la propria volont, alla q uale ha veduto col lume che sempre gli necessario di ricalcitrare con grande dil igenza e sollicitudine. In ogni luogo trova l'orazione, perch sempre porta seco i l luogo, dove Dio abita per grazia, e dove noi dobbiamo orare, cio la casa dell'a nima nostra, dove Tra continuo il santo desiderio. A questo attende; e non solam ente a compire il numero di molti paternostri. 492 Chi il principio di tanto bene? La discrezione, figliuola della carit, come d etto . E di quello bene che ha in s, si il porge al prossimo suo. Onde il fondamen to che ha fatto e l'amore e la dottrina che ha ricevuta in se, vuole porgere, e porge alla creatura; e mostralo per esemplo di vita e per dottrina, cio consiglia ndo quando vede la necessit, o quando il consiglio gli fusse chiesto. Ella confor ta, e non confonde l'anima del prossimo inducendola a disperazione quando fosse caduta per alcuno difetto; ma caritativamente si fa inferma con lei insieme, dan dogli il rimedio che si pu, e dilargandola in speranza nel sangue di Cristo. Ques to, e infiniti altri frutti, dona al prossimo la virt- della discrezione. Adunqu e non volere che 'l piccolo bene della penitenzia impedisca il maggiore: non te ne vestire per tuo principale affetto; che tu te ne troveresti ingannata; ma vog lio che per la strada battuta della virt- noi corriamo realmente, e per questa m edesima guidiamo altrui, spezzando e fracassando le nostre volont. Se averemo in noi la virt- della discrezione, il faremo; altrimenti, no. Lettera 213.

16 Luglio Il mondo perisce per la irriverenzia che si fa alla dolce sposa di Cristo, la Chiesa 493 Oim, figliuole dolcissime, io v'invito da parte della prima dolce Verit, che v oi vi destiate dal sonno della negligenzia e amore proprio di voi; e afferite um ili e continue orazioni, con molta vigilia e cognoscimento di voi medesime, pero cch 'l mondo perisce per la moltitudine di molte iniquit e irriverenzia che si fa alla dolce sposa di Cristo. Oim, non vogliate, n voi n l'altre serve di Dio, che te rmini la vita nostra altro che in pianto e in sospiri; perocch con altro mezzo no n si pu placare l'ira di Dio, la quale manifestamente si vede venire sopra di noi . Vediamo co' miserabili occhi nostri perseguitare il Sangue nella santa Chiesa di Dio, il quale sangue ci ha dato la vita. Scoppino dunque i cuori nostri per ans imato e penoso desiderio; non stia pi- la vita nel corpo: ma innanzi morire, che vedere tanto vituperio di Dio. Io muoio vivendo, e dimanda la morte al mio Crea tore, e non la posso avere Meglio mi sarebbe a morire che a vivere, innanzi che vedere tanta ruina quanta venuta, ed per venire nel popolo cristiano. Traiamo fuore l'arme dell'orazione, perocch altro rimedio io non ci veggo. Venuto quello tempo della persecuzione de' servi di Dio, i quali si conviene che si na scondano per le caverne del cognoscimento di loro e di Dio; chiamando a lui mise ricordia per li meriti del sangue del suo Figliuolo. Io non voglio dire pi-; per occh se io andassi alla voglia, figliuole mie, io non mi resterei mai infino che Dio mi trarrebbe di questa vita. Lettera 214. A Catarina dello Spedaluccio, e a Giovanna di Capo.

17 Luglio Di che si diletta la vera sposa di Cristo 494 Or vediamo quello di che si diletta chi vera sposa di Cristo crocifisso. La

vera sposa di Cristo si diletta di cercare lo Sposo suo non tra la congregazione (= in mezzo alla gente), ma nel cognoscimento santo di s, dov'egli 'l trova; cio cognoscendo e gustando la bont dello Sposo eterno in s, amandolo con tutto il cuor e, con tutta l'anima e con tutte le forze sue; dilettandosi di stare in su la me nsa della santissima croce; volendo pi- tosto acquistare le virt- con pena e con battaglie, che con pace e senza pena, per conformarsi con Cristo crocifisso, se guitando le vestigie sue: in tanto che, se possibile le fusse servirgli senza pe na, non vuole; ma, come vero Cavallero, con forza e violenzia fare a s medesimo, gli vuole servire, perch ella spogliata dall'amore proprio di s, e vestita dell'af fettuosa carit. E passa per la porta stretta di Cristo crocifisso: e per promise e attende d'osservare povert volontaria, obedienzia, e continenzia. 495 Ella ha gittato a terra il carico e il peso della ricchezza del mondo, deliz ie e stati suoi; e quanto pi- se ne vede privata, pi- gode. E perch ella umile, ha obedienzia pronta, e non ricalcitra all'obedienzia sua. N v uole mai passare il tempo, che ella non si ponga dinanzi all'occhio suo i costum i dell'Ordine e la impromissione fatta. Lo studio suo della vigilia e dell'orazi one; della cella si fa uno cielo, con una dolce salmodia. L'Officio suo non dice solamente con le labbra, ma coralmente (= con il cuore e in comunione vera con le altre sorelle); e vuole essere sempre la prima che entri in coro, e l'ultima che n'esca. Ed lle in abominazione le grate e il parlatorio, e la domestichezza de' devoti. N on studia in fare celle fornite di molto ornamento; ma bene si studia di murare la cella del cuore suo, acciocch i nemici non vi possano intrare; e questa fornis ce dell'adornamento delle virt-. Ma nella cella attuale, non tanto che ella vi m etta molto adornamento; ma se v'ha alcuna cosa, s ne la trae, per desiderio della povert, e per bisogno delle suore. E per questo, conserva l'anima e il corpo suo nello stato della continenzia; perocch ha tolto le cagioni per le quali la potes se perdere. E sta con una carit fraterna, amando ogni creatura che ha in se ragione; e porta e sopporta i difetti del prossimo suo con vera e santa pazienza. Ella sta come i l riccio, con vera guerra con la propria sensualit: ella timorosa di non offender e lo Sposo suo. Ella perde la tenerezza della patria, il ricordamento de' parent i: solo coloro che fanno la volont di Dio, le sono congiunti per affetto d'amore. 496 Oh quanto beata l'anima sua! Ella fatta una cosa con lo Sposo suo, e non pu v olere n desiderare se non quello che Dio vuole. Allora, mentre ch'ella cos dolceme nte passa il mare tempestoso, e gitta odore di virt- nel giardino della santa re ligione, chi dimandasse Cristo crocifisso: Chi questa anima? Direbbe: E un altro me, fatta per affetto d'amore. Questa ha il vestimento nuziale; onde non caccia ta dalle nozze, ma con gaudio e giocondit ricevuta dallo Sposo eterno. Questa git ta odore non tanto dinanzi a Dio, ma dinanzi agli iniqui uomini del mondo; peroc ch, voglia il mondo o no, l'hanno in debita reverenzia. Lettera 215. A certi Monasteri di Bologna.

18 Luglio Decadimento di taluni monasteri 497 Il contrario di coloro che vivono in tanta miseria, fondate in amore proprio della propria sensualit; le quali sono tutte acciecare; onde la vita loro gitta puzza a Dio e alle creature; e per i loro difetti i secolari diminuiscono la rev erenzia alla santa religione. Oim, dove il voto della povert? Perocch con disordina ta sollicitudine e amore e appetito delle ricchezze del mondo, cercano di possed ere quello che gli vietato, con una cupidit d'avarizia e crudelt del prossimo. Poi ch vedranno il convento e le suore inferme, e in grande necessit; e non se ne cura no, come se esse avessero a reggere la brigata de' figliuoli, e lassarli loro er edi. Oh misera! Tu non hai questo attacco, ma tu vuoi fare eroda la propria sens ualit; e vuoine reggere l'amist e la conversazione de' tuoi devoti, notricandoli c on presenti; e il d stare a cianciare e novellare, e perdere il tempo tuo con par

ole lascive e oziose. E cos non te n'avvedi; o tu te ne avvedi, e fai vista di no n vedere; onde contamini la mente e l'anima tua. E non si diletta di mangiare in refettorio con la congregazione delle poverelle; ma per vivere pi- largamente, e con pi- dilettezza di cibi, mangia in particola re; ed fatta crudele a se medesima, e per non ha piet d'altrui. Ma per l'amore pro prio, ella trapassa e non osserva il voto promesso; perocch per amore di se, ella possiede e desidera le ricchezze, e gli onori del mondo; la qual cosa povert e v ergogna della religione. Sapete che ne viene per possedere le ricchezze contra i l voto fatto della povert, e contra i costumi dell'Ordine? Escene disonest e disob edienzia. 498 Tu diventi farnetica con le impugne e molestie della carne, consentendo con la perversa e deliberata volont. Oh misera! Or debbe fare questo la sposa di Cris to? Oh vituperata a Dio, e al mondo! Quando tu dici l'offizio tuo, il cuore va a piacere a te di piacimento sensitivo, e delle creature che tu ami di quello amo re medesimo. Questa religiosa fatica nel servizio del dimonio, e sta tutto d atta ccata alle grate e al parlatorio sotto colore di devozione. O maledetto vocabolo , il quale regna oggi nella Chiesa di Dio, e nella santa religione, chiamando di voti e devote quelli e quelle che fanno l'operazioni delle dimonia! Egli dimonio incarnato, ed ella dimonia. Oim, oim, a che partito venuto il giardino, nel quale seminata la puzza della immondizia! E il corpo, che debbe essere mortificato co l digiuno e con la vigilia, con la penitenzia, e con la molta orazione, ed egli sta in delizie e adornato; e con lavamenti di corpo e disordinati cibi, e con gi acere non come sposa di Cristo, ma serva del dimonio, e publica meretrice. 499 Ed trapassatrice dell'obedienzia: ella non vuole legge n priora sopra il capo ; ma il dimonio e la propria sensualit n' fatta priora; a lei obedisce, e cerca di servirla con ogni sollicitudine. Ella desidera la pena e la morte di chi la vol esse trarre dalla morte del peccato mortale. E tanto forte questa miseria che in ogni male corre siccome sfrenata, e senza il freno della ragione. Ella assottig lia lo intendimento suo per compire i suoi disordinati desiderii: il dimonio non ne trova tante quante ne trovano queste dimonio incarnate. Non si curano di far e nuove fatture agli uomini per invitarli a disordinato amore verso di loro; in tanto che spesse volte s' veduto, che dentro nel luogo che in se luogo di Dio, ha fatto stalla, commettendo attualmente il peccato mortale. Questa cotale fatta a dultera, e con molta miseria ha ribellato allo Sposo suo. Onde ella cade dalla g rande altezza del cielo nel profondo dell'inferno. 500 A voi dico, Priora, che voi diate esemplo di santa ed onesta vita, acciocch i n verit diate dottrina alle vostre figliuole e suddite, e reprensione e punizione , quando bisogna; vietando loro le domestichezze de' secolari e la conversazione de' devoti, serrando le grate e il parlatorio, se non per necessit, e comodo ord inato. E invitatele a votare le celle, acciocch non abbiano che dare, e l'adornam ento delle cortine, e i letti della piuma, e i soperchi e dissoluti vestimenti, se vi sono; ch temo non ve ne abbia. E voi siate la prima, carissima madre, accio cch per esemplo di voi l'altre ci si dispongano. Morda e abbai il cane della cosc ienzia vostra, pensando che n'averete a tender ragione dinanzi a Dio. E non chiu dete gli occhi per non vedere, perocch Dio vi vede; e non sarete per scusata: pero cch vi conviene avere dodici occhi sopra le suddite vostre. Ed io ve ne prego; ed obbligomi sempre a pregare Dio per voi, ed aitarvi a portare e' pesi con quello affetto della carit, che Dio mi dar. Fate che io ne oda buone novelle. Lettera 215.

19 Luglio Ges- salito sulla cattedra della croce per insegnarci la vera dottrina 501 Questo dolce maestro salito in su la cattedra della croce per darci dottrina fondata in verit. Noi dunque scolari dobbiamo stare abbasso per impararla, cio ne lla bassezza della vera umilt; perocch con superbia non si potrebbe imparare. Per c h'ella ingrossa lo intelletto dell'uomo, e noi lassa esser capace in cognoscere Dio. Ma lo umile non Cos; anco, ha l'occhio dell'intelletto purificato, e ne tratt

a la terra d'ogni amore proprio, e tenerezza sensitiva. E ssi fondato in vero cog noscimento di se; nel quale cognoscimento vede meglio, e pi- sottilmente cognosc e, della somma eterna bont di Dio; onde, pi- cognoscendo, pi- ama; e quanto pi- a ma, tanto acquista pi- perfetta umilt e pazienza. Perocch l'umilt blia e nutrice del la carit. Sicch vedete, carissimo figliuolo, che ci conviene sedere abbasso, come veri discepoli; e per questo modo impareremo la dottrina; e correremo, morti a o gni propria volont, per la via della verit dolce; e diletterenci in croce con ansi etato e spasimato desiderio, cercando l'onore di Dio e la salute dell'anime. 502 Quando fu tempo, figliuolo carissimo, che Dio ci richiedesse tanto il deside rio del suo onore, e della salute dell'anima, quanto ora? D'ogni tempo cel richi ede Dio; perocch senza la carit del prossimo non potremmo avere vita eterna; ma qu anto pi- bisogno, pi- richiesto. Onde, perch ora vediamo i maggiori bisogni che s i vedessero forse mai fra' cristiani, non deviamo restare mai di continuamente a fferire lacrime e orazioni umili; e a questo saremo cognosciuti, se saremo veri servi di Dio, e che noi teniamo per la via della verit, e sappiamo bene la sua do ttrina. Io miserabile, cagione d'ogni male, vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, c he voi e gli altri figliuoli con pianto e sospiri e sante e umili orazioni pregh iate il dolce e immacolato Agnello, che degni di farci misericordia, e donici la reformazione della sposa sua; e a noi miserabili cristiani dia lume e cognoscim ento, obedienzia e riverenzia vera alla santa Chiesa. Oim, che 'l cuore scoppia, e non pu scoppiare, per l'amore di Cristo crocifisso. Dio vuole che noi strettame nte il preghiamo; e cos disse egli a un servo suo (= Caterina stessa): Col mezzo delle molte orazioni, e ansietati e amorosi desiderii de' servi miei, far miseric ordia al mondo. Lettera 216. A Nigi di Doccio Arzocchi.

20 Luglio Amatevi, amatevi insieme 503 Adunque amatevi, amatevi insieme; perocch a questo sarete cognosciute se sete spose e figliuole di Cristo, o no: e non si cognosce ad altro, se non all'amore fondato in Dio, e a quello ch'egli ha al prossimo suo. Con questo mezzo ci conv iene giungere al termine e fine nostro. Sete congregate, non perch voi stiate div ise, n in odio n in rancore, n in dispiacimento l'una coll'altra; ma perch siate uni te e legate nel legame della carit; perocch altrimenti non potreste piacere a Dio, n avere in voi alcuna virt- che fusse perfetta. Quanta confusione e quanta vergo gna , e sar, in quella mente e in quell'anima che ha promesso e non attiene, ma fa tutto il contrario! Questa non seguita Cristo, e non va per la via della croce, ma vuole andare per la via de' diletti. Non questo il modo: ma Cristo umile ci conviene seguitare, Agnello immacolato, Agnello povero; e tanta la povert sua, ch e non ha luogo dove riposare il capo purissimo. E perocch in lui non ha veleno di peccato, ed obediente al Padre, per la salute nostra, infino all'obbrobriosa mo rte della croce, e per i santi e il glorioso padre nostro santo Domenico hanno fo ndato li Ordini loro in su queste tre colonne, cio povert, obedienzia e continenzi a, solo per potersi meglio conformare con Cristo, e seguitare la dottrina e i co nsigli suoi. Perocch da queste tre procede ogni virt-, e dal contrario procedono tutti i vizii. Nella povert abandoni la superbia e la conversazione del secolo, e delle perverse amist, che non s'acquistano se non per doni; perocch se tu non hai che donare, non trovi amist, se non de' veri servi di Dio, i quali amano il dono dell'anima tua. Privati della vanit del cuore, e della leggerezza della mente, e vieni all'abitaz ione della cella; onde gusta la madre dell'orazione, la quale ti conserva e cres ce nelle virt-. E vieni a perfetta purit, e cos osserva il voto della continenzia; e non tanto che da uno peccato, ma da tutti s'astiene, conculcando la propria s ensualit, macerando, e sostenendo (= astenendo) il corpo dai propri diletti sensi tivi. Adunque siate, siate obedienti insino alla morte. Amatevi, amatevi insieme: lega

tevi nel legame della carit, perocch in altro modo non potremo giugnere al termine nostro. Lettera 217. Alla Priora, e altre Suore di Santa Maria delle Vergini, e alla Pri ora di Santo Giorgio, e all'altre Suore in Perugia.

21 Luglio Ancora sul ritorno del papa a Roma e la crociata 504 Ora il tempo da dare la vita per le pecorelle che sono escite fuora della gr egge. Convienvele dunque cercare, e racquistare con la pazienza; e andando sopra gli infedeli, rizzando il gonfalone dell'ardentissima e dolcissima croce. Spero nella smisurata bont di Dio, che riacquisterete gl'infedeli e correggerete le ma lizie de' cristiani, perocch all'odore della croce tutti correranno, eziandio col oro che sono stati pi- ribelli a voi. Oh quanto diletto se noi vedessimo che il popolo cristiano desse il condimento d ella fede agl'infedeli! Perocch poi, avendo ricevuto il lume, verrebbe a grande p erfezione, siccome pianta novella avendo perduta la freddezza della infidelit, e ricevendo il caldo e il lume dello Spirito Santo, per la santa fede; producerebb e fiori e frutti delle virt- nel corpo mistico della santa Chiesa. S che coll'odo re delle loro virt- aiutarebbero a spegnere li vizii e li peccati, superbia e im mondizia, le quali cose abondano oggi nel popolo cristiano. Su, padre, mandate in effetto il proponimento che avete fatto, dell'avvenimento vostro e del santo passaggio, al quale vedete che gl'infedeli v'invitano, venend o a pi- possa a tollervi il vostro. 505 Pregovi e voglio che usiate uno santo inganno con loro (= con i vostri figli ribelli), cio con la benignit, come detto ; perocch questo gli sar uno fuoco d'amore , e carboni accesi che gittarete sopra li capi loro; e per questo modo gli avere te presi, e la sustanzia temporale e le persone loro, dandovi aiuto in fare la g uerra vera sopra gl'infedeli. Cos fece il nostro dolce Salvatore, perocch, gittand o tanto fuoco e caldo d'amore sopra coloro che erano ribelli a lui, seguitava a mano a mano, che eglino erano aiutatori e portatori del nome di Dio. Siccome fu quello dolce ban ditore di Paolo, che, essendo lupo, divent agnello, e vasello dolce di elezione; che di quello fuoco che Cristo gli aveva pieno il vasello suo, di quello portava per tutto quanto il mondo; li cristiani traendo de' vizii e piantando in loro l e virt-, e gl'infedeli traendo d'errore e d'infidelit, e porgendogli il lume dell a santa fede. Or cos vi dice e vuole la prima e dolce Verit, che voi facciate. Lettera 218. A Gregorio XI. Scritta durante il soggiorno di Caterina in Avignone , dunque tra il giugno e il settembre 1376.

22 Luglio Il primo d'aprile, la notte, pi- singolarmente Dio aperse i secreti suoi 506 Godete ed esultate, perocch il tempo della state ne viene. Perocch il primo d' aprile (= del 1376), la notte, pi- singolarmente Dio aperse i secreti suoi, mani festando le mirabili cose sue, s e per siffatto modo, che l'anima mia non pareva che fusse nel corpo, e riceveva tanto diletto e plenitudine, che la lingua non s ufficiente a dirlo; spianando e dichiarando a parte a parte sopra il misterio de lla persecuzione che ora ha la santa Chiesa, e della rinnovazione ed esaltazione sua, la quale dee avere nel tempo avvenire; dicendo che il tempo presente perme sso per rendergli lo stato suo; allegando la prima dolce Verit due parole che si contengono nel santo Evangelio, cio: Egli bisogno che lo scandalo venga nel mondo (Mt 18, 7). E poi soggiunse: Ma guai a colui per cui viene lo scandalo! (Mt 18, 7b). Quasi dicesse: Questo tempo di questa persecuzione permetto per divellere le spine della sposa mia, che tutta imprunata; ma non permetto le male cogitazio ni degli uomini. Sai tu come io fo? Io fo come feci quand'io ero nel mondo, che

feci la disciplina di funi, e cacciai coloro che vendevano e compravano nel temp io; non volendo che della casa di Dio si facesse spelonca di ladroni. Cos ti dico che io fo ora. Perocch io ho fatta una disciplina delle creature, e con essa dis ciplina caccio i mercanti immondi, cupidi, e avari, ed enfiati per superbia, ven dendo e comprando i doni dello Spirito Santo. 507 Sicch colla disciplina delle persecuzioni delle creature li cacciava fuore; c io che per forza di tribolazione e di persecuzione gli tolleva 'l disordinato e d isonesto vivere. E crescendo in me il fuoco, mirando vedevo nel costato di Crist o crocifisso intrare 'l popolo cristiano e lo infedele; e io passavo, per desiderio e affetto d'amore, per lo mezzo di loro; e d entravo con loro in Cristo dolce Ges-, accompagnata col padre mio santo Domeni co, e Giovanni Singolare, con tutti quanti i figliuoli miei. E allora mi dava la croce in collo e l'olivo in mano, quasi come io volessi; e cos diceva che io la portasse all'uno popolo e all'altro. E diceva a me: D a loro: Io vi annunzio gaud io magno. 508 Allora l'anima mia pi- s'empiva; annegata era co' veri gestatori nella divin a Essenzia per unione e affetto d'amore. Ed era tanto il diletto che aveva l'ani ma mia, che la fatica passata del vedere l'offesa di Dio, non vedeva; anco, dice vo: Oh felice e avventurata colpa! Allora 'l dolce Ges- sorrideva, e diceva: Or avventurato il peccato, che non cavelle? Sai tu quello che santo Gregorio diceva quando disse: Felice e avventurata colpa? Quale parte quella che tu tieni, che sia avventurata? E che dice santo Gregorio? Io rispondevo come esso mi faceva rispondere, e dicevo: Io veggio bene, Signore mio dolce, e bene so che il peccato non degno di ventura, e non avventurato n fel ice in s; ma il frutto che esce del peccato. Questo mi pare che volesse dire Greg orio: che per lo peccato d'Adam Dio ci di il Verbo, e il Verbo di il sangue: onde, dando la vita, ci rende la vita con grande fuoco d'amore. Sicch il peccato dunqu e avventurato, non per lo peccato, ma per lo frutto e dono che abbiamo d'esso pe ccato. Or cos . Sicch dell'offesa che fanno gl'iniqui cristiani, perseguitando la s posa di Cristo, nasce la esaltazione, lume, e odore di virt- in essa sposa. Ed e ra questo si dolce, che non pareva che fusse nessuna comparazione dell'offesa al la smisurata bont e benignit di Dio, che in essa sposa mostrava. Allora io godevo ed esultavo; e tanto era vestita di certezza del tempo futuro, che mel pareva po ssedere e gustare. 509 Or quale lingua sarebbe sufficiente a narrare le mirabili cose di Dio? Non l a mia, di me misera miserabile. E per io voglio tenere silenzio, e darmi solo a c ercare l'onore di Dio e la salute dell'anime, e la rinovazione ed esaltazione de lla santa Chiesa; e, per grazia e fortezza dello Spirito Santo, perseverare infi no alla morte. E con questo desiderio io chiamavo e chiamer con grande amore e co mpassione il nostro Cristo in terra, e voi, padre, con tutti quanti i cari figli uoli; e dimandava e avevo la vostra petizione. Godete dunque, godete e esultate. O dolce Dio amore, adempie tosto i desiderii de' servi tuoi. Non voglio dire pi -, e non ho detto niente. Stentando muoio per desiderio. Abbiatemi compassione. Pregate la divina bont, e Cristo in terra, che tosto si spazzi (= si spacci, si a ffretti). Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso; e per nessuna cosa venite meno, ma pi- conforto pigliate. Godete nelle dolci fatiche. Amatevi, amatevi, amatevi insieme. Ges- dolce, Gesamore. Lettera 219. A frate Raimondo da Capua dell'Ordine de' Predicatori, e a Maestro Giovanni Terzo, dell'Ordine de' Frati Eremiti di Santo Augustino, e a tutti gli altri loro compagni, quando erano a Vignone. Scritta non molto dopo il 1 aprile 1 376. 23 Luglio Desidero vederti vestita del vestimento reale dell'ardentissima carit 510 Scrivo a te, con desiderio di vederti vestita del vestimento reale, cio del v estimento dell'ardentissima carit, che quel vestimento che ricopre la nudit, e nas conde la vergogna, e scalda, e consuma il freddo. Dico che ricopre la nudit; cio c

he l'anima creata all'imagine e similitudine di Dio, avendo l'essere, senza la d ivina grazia non averebbe il fine per lo quale fu creata. Convienci adunque prin cipalmente avere il vestimento della grazia, il quale riceviamo nel santo Battes imo mediante il sangue di Cristo. Con questo vestimento i fanciulli che muoiono in puerizia, hanno vita eterna; ma noi spose, che abbiamo spazio di tempo, se no n ci posto uno vestimento d'amore inverso lo Sposo eterno, cognoscendo la sua in estimabile carit, potremmo dire che questa grazia che noi abbiamo ricevuta nel Ba ttesimo, fusse nuda. E per di bisogno che noi leviamo l'affetto e il desiderio no stro con vero cognoscimento di noi ad aprire l'occhio dell'intelletto, e in noi cognoscere la bont di Dio, e l'amore ineffabile ch'egli ci ha. Perocch l'intellett o, che cognosce e vede, non pu fare l'affetto che non ami, e la memoria che non r itenga il suo benefattore. E cos coll'amore trae a se l'amore; e trovasi vestita e ricoperta la sua nudit. 511 Dico che nasconde la vergogna in due modi. L'uno, che per dispiacimento ha g ittata da s la vergogna del peccato; come che dalla vergogna che in quell'anima e ra venuta per la offesa fatta al suo Creatore, restituita per lo vestimento dell 'amore delle virt-, ed venuta ad onore di Dio e ha frutto in se. Perch d'ogni nos tra operazione e desiderio Dio ne vuole il fiore dell'onore e a noi lassa il fru tto. Sicch vedi che nasconde la vergogna del peccato. Dico ancora, che un'altra vergogna le tolle; cio, che di quello che la sensualit c on amore proprio e parere del mondo si vergogna, la volont, morta in se e in tutt e le cose transitorie, non vede vergogna. Anco, si diletta delle vergogne, straz ii, scherni, villanie, rimproverii. Tanto ha bene quanto si vede conculcare dal mondo. Onde ella contenta, per onore di Dio, che 'l mondo la perseguiti colle molte ingiurie, il dimonio colle molte tentazioni e molestie, la carne con voler ribellare allo spirito. Di tutte gode per vendetta e odio di se, per conformarsi con Cristo crocifisso, riputandosi i ndegna della pace e quiete della mente. E non se ne vergogna d'essere schernita e beffata da tutti tre questi nemici; cio il mondo, la carne, il dimonio; perch la volont sensitiva morta. Vestita del vestimento della somma ed eterna volont di Di o, anco balle (= le tribolazioni) in debita riverenzia, e ricevete con amore, pe rch vede che Dio le permette per amore, e non per odio. Con quello affetto che no i vediamo che elle sono date, con quello le riceviamo. Lettera 220. A Suora Maddalena di Alessa, nel Monasterio di Santa Bonda presso a Siena.

24 Luglio Il peccato sta solo nel consenso della volont 512 Condizione della sposa, di farsi una volont con lo sposo suo e non pu volere p i- che egli voglia, e non pare che possa pensare altro che di lui. Or cos pensate , figliuola mia, che voi che sete sposa di Cristo crocifisso, non dovete pensare n volere altro che lui, cio non consentire a pensieri. Che i pensieri non venisse ro, questo non ti dico; perciocch noi potresti fare n tu n creatura. Perocch 'l dimo nio non dorme mai; e questo permette Dio per far venire la sposa sua a perfetta sollecitudine, per farla crescere in virt-. Questa la cagione perch Dio permette alcuna volta che la mente rimane sterile e tenebrosa, e attorniata di molte perv erse cogitazioni; che non parr che possa pensare Dio, n ricordare appena il nome s uo. 513 Guarda che, quando tu sentissi questo in te medesima, che tu non venga a ted io n a confusione disordinata; n non lassare l'esercizio tuo, n l'atto dell'orazion e, perch 'l dimonio ti dicesse: Che ti vale questa orazione, che non la fai con a ffetto n con desiderio? Meglio ti sarebbe a non farla. Non lassare perci, n per questo venire a confusione, ma rispondi virilmente: Pi- t osto voglio esercitarmi per Cristo crocifisso sentendo pena, tenebre e battaglia , che non esercitarmi sentendo riposo. E pensa che questa la condizione de' perf etti; che se possibile gli fusse di campare l'inferno, e avere diletto in questa vita, e con questo avere

vita eterna; essi non la vogliono per questo affetto: tanto gli diletta di confo rmarsi con Cristo crocifisso. Onde piuttosto la vogliono per via di croce e di p ena, che senza pena. E per la somma ed eterna bont, per farla giugnere a perfettissimo amore e avere um ilit, permette le molte battaglie, e la mente asciutta, acciocch la creatura ricog nosca se medesima, e vegga se non essere; perocch se ella fusse alcuna cosa, si l everebbe la pena quando volesse; ma perch ella non , non pu. Onde cognoscendo se, s 'umilia nel suo non essere, e cognosce la bont di Dio, che gli ha dato l'essere p er grazia, e ogni grazia che fondata sopra l'essere. 514 Ma tu mi dirai: Quando io ho tanta pena, e tante battaglie e tenebre, io non posso vedere altro che confusione; e non pare che io possa pigliare speranza ve runa: tanto io mi veggo misera. Rispondoti, figliuola mia, che se tu cercherai, troverai Dio nella buona volont. Onde poniamo che tu senta le molte battaglie, tu non senti per privata la volont, che ella non voglia Dio. Anco, questa la cagione perch si duole e ha pena: perch teme d'offendere Dio. Debbe dunque godere ed esul tare, e non venire a confusione per le battaglie, vedendo che Dio gli conserva l a buona volont, e dgli dispiacimento del peccato mortale. Lettera 221. A Suor Bartolomea della Seta, monaca nel Monasterio di Santo Stefan o in Pisa.

25 Luglio Caterina narra una sua lunga tentazione 515 E questo mi ricordo che udii dire una volta a una serva di Dio (= Caterina s tessa), che le fu detto dalla prima dolce Verit, onde essendo ella stata in grand issima pena e tentazioni; e fra l'altre sent grandissima confusione, in tanto che 'l dimonio diceva: Che farai, che tutto il tempo della vita tua starai in quest e pene, e poi averai lo inferno? Ella allora rispose con uno cuore virile, e sen za veruno timore, e con uno odio santo di se, dicendo: Non schifo pene, perciocc h io ho elette le pene per mio refrigerio. E se nell'ultimo mi desse l'inferno, n on tasser per che io non serva al mio Creatore. Perciocch io son colei che son degn a di stare nell'inferno, per che io offesi la prima e dolce Verit; onde se egli mi desse l'inferno, non mi fa ingiuria veruna, perciocch io son sua. Allora il nostro Salvatore, in questa dolce e vera umilt, lev le pene e le molesti e delle dimonia, siccome fa quando cade la nuvila che rimane il sole; e di subit o giunse la presenzia del nostro Salvatore. Onde ella s'infondeva in uno fiume d i lagrime con uno dolce caldo d'amore, e diceva: O dolce e buono Ges-, e dove er i tu quando l'anima mia era in tanta afflizione? Rispondeva il dolce Ges-, Agnel lo immacolato: Io ero presso di te. Perocch io sono immobile, e non mi parto mai dalla creatura, se gi la creatura non si parte da me per peccato mortale. E questa stava in uno dolce ragionamento con lui, e diceva: Se tu eri con meco, come non ti sentivo? Come pu essere che, stando al fuoco, io non senta caldo? E i o non sentiva altro che ghiaccio, tristizia e amaritudine; e parevami essere pie na di peccati mortali. 516 Ed egli rispondeva dolcemente, e diceva: Vuoi che io ti mostri, figliuola mi a, come tu per quelle battaglie non cadevi in peccato mortale, e come io ero pre sso di te? Dimmi: qual' la cosa che fa il peccato mortale? solamente la volont. Pe rciocch il peccato e la virt- sta nel consentimento della volont; altrimenti non p eccato n virt-, se non volontariamente fatto. Questa volont non c'era; perciocch, s e ella ci fusse stata, averesti preso diletto e piacimento nelle cogitazioni del dimonio; ma perch la volont non c'era, doleviti, e sostenevi pena per timore di n on offendere. Adunque vedi che nella volont sta il peccato e la virt-. Onde io ti dico che tu non debbi venire per queste battaglie a disordinata confusione. Ma voglio che di questa tenebra tragga la luce del cognoscimento di te, nel quale c ognoscimento tu acquisti la virt- dell'umilt, e nella buona volont godi e esulti, cognoscendo che io allora abito in te nascostamente. E la volont t' segno che io v i sono; perciocch, se tu avessi mala volont, non sarei in te per grazia. 517 Ma sai tu come allora io abito in te? In quello modo che io stetti in sul le

gno della croce. E quello modo tengo con voi, che tenne il Padre mio con meco. Pn sati, figliuola mia, che in su la croce io ero beato, ed ero doloroso: beato ero per l'unione della natura divina nella natura umana; e nondimeno la carne soste nne pena, perciocch 'l Padre eterno ritrasse a se la potenzia, lassandomi sostene re pena; ma non ritrasse l'unione, che non russe sempre unito con meco. Cos ti pe nsa che per questo modo abito io nell'anima: perciocch spesse volte ritraggo a me il sentimento, e non ritraggo la grazia; perocch la grazia non si perde mai se n on per lo peccato mortale, come detto . Ma sai tu perch io fo questo? Follo solo p er farla venire a vera perfezione. 518 Tu sai che l'anima non pu essere perfetta, se non con queste due ale, cio umil it e carit. Onde l'umilit acquista per lo cognoscimento di s medesima, nel quale ell a viene nel tempo della tenebra; e la carit s'acquista vedendo che io per amore g li ho conservata la santa e buona volont. Onde io ti dico che l'anima savia, vede ndo che di questo esce tanta virt-, se ne fa poi sicura, e terr pi- caro quello t empo, che veruno altro. Or cos dico a te, carissima figliuola mia, che io voglio che facci tu. Ben vedi c he tu sei sposa, e che egli t'ha sposata, e te e ogni creatura; e non con anello d'argento, ma con anello della carne sua. Vedi quello dolce parvolo, che in ott o d nella circoncisione, quando circonciso, si leva tanta carne, quanta una estre mit d'anello. Oh abisso e altezza inestimabile di carit, quanto ami questa sposa d ell'umana generazione! Oh vita per cui ogni cosa vive! Tu l'hai tratta dalle man i del dimonio, che la possedeva come sua; e haiglila (= glie l'hai) tratta dalle mani, pigliando il dimonio coll'amo dell'umanit; e sposila con la carne tua. E i l sangue hai dato per arra, e poi nell'ultimo, svenando il corpo tuo, hai dato i l pagamento. Lettera 221.

26 Luglio Arrendasi, arrendasi la citt dell'anima nostra, a tanto fuoco d'amore 519 Arrendasi, arrendasi la citt dell'anima nostra almeno per fuoco, se non s'arr ende per altro. Oim, oim, non dormite pi- voi e gli altri campioni della santa Chi esa. Non attendete pi- a queste cose transitorie; ma attendete alla salute dell' anime. Ch vedete, che il dimonio non resta mai di divorare le pecorelle ricomprate di s d olce prezzo; e tutto per la mala cura de' pastori, che sono fatti divoratori del l'anime. Attendeteci, per l'amore di Dio! Adoperate ci che potete col vostro dolce Cristo in terra, che procuri di fare buoni pastori e rettori. Oim, Dio amore! Non fate p i- scoppiare e morire noi e gli altri servi di Dio; ma siate sollicito a fare ci che potete, di mostrare che voi amate la fame dell'onore di Dio e della salute d ell'anime. E non tanto sopra il popolo cristiano, ma anco sopra il popolo infede le; pregando Cristo in terra, che tosto rizzi il gonfalone della santissima croce sopra di lo ro. E non temete per veruna guerra o scandalo che venisse; ma fate virilmente; c h quello sar il modo di venire a pace. Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, c he della guerra, che avete con questi membri putridi (= i popoli cristiani ribel li al papa) che sono ribelli al capo loro, voi preghiate il Padre santo, che si vogli riconciliare e fare pace con loro. Ch, potendo avere la pace con quelli mod i debiti, che richiedono al ben della santa Chiesa, meglio che a fare con guerra . Poniamoch ingiuria abbia ricevuta da loro, nondimeno dobbiamo discernere quello che maggiore bene. Di questo vi prego quanto so e posso; sicch poi potiamo andar e virilmente a dare la vita per Cristo. Non dico pi-. Siate colonna ferma; ferma to e stabilito in su la pietra ferma, Cristo. Lettera 223. A Iacopo Cardinale degli Orsini, scritta dopo il ritorno di Gregori o XI a Roma, avvenuto nel settembre 1376.

27 Luglio l'amore vero che ci rende fedeli 520 Sapete che l'amore quella cosa che ci fa fedeli. In quella cosa che altri am a, egli ha fede. Cos vediamo che i veri servi di Dio, per l'amore che essi hanno al loro Creatore, perdono ogni fede e speranza di loro medesimi, che non sperano in loro virt- n in loro sapere; ch essi cognoscono e veggono, loro non essere; l' essere loro retribuiscono a Dio, d'averlo per grazia, e non per debito. Subito c he ama con fede, ha speranza viva non in se, ma in Colui che . Questi cotali hann o fede viva e non morta, con dolci e sante operazioni. 521 Quali sono le operazioni che mostrano fede viva fondata in vero amore? La pa zienza contra l'ingiuria o pena per qualunque modo Dio la concede a noi; la divi na carit contra l'amore sensitivo proprio di se medesimo; l'umilt contra l'enfiata superbia, che l'uomo acquista per lo stato, delizie, onori e diletti del mondo. Questa umilt dispreger il mondo con tutte le sue pompe. Ma veruno che la possa avere, se egli non cognosce se, difettuoso, non essere, e vegga Dio umiliato a s. Come l'anima ragguarda la somma Altezza discesa in tanta bassezza quanta la nostra umanit, vergognasi allora l'umana superbia vedendo Dio tanto umiliato. Or questi sono e' frutti che partorisce la fede viva, posta sol o nel suo Creatore. Costoro godono e gustano Dio in verit; non sentono pena per v eruna pena o tormento che sostengano, per che credono fermamente che Dio non cerc a n vuole n permette veruna cosa, altro che per nostra santificazione. E tutto que sto procede dall'amore: ch se l'amore non fosse, non averebbero fede. 522 Cos vedete che per lo contrario coloro che hanno al mondo posto l'affetto e l a sollecitudine loro, tutta la fede e la speranza si riposa in loro e nel mondo. E per stanno in continua pena e amaritudine; perch pongono l'amore in cosa che no n ferma n stabile, e cos se ne trovano ingannati. Che stabilit hanno o padre o madr e o onori o ricchezze o signoria? Non veruna. Ch ogni cosa passa come 'l vento. O ggi vivo, e domane morto; teste sano, e test infermo; teste ricco, e test povaro; ora sta in delizie co' figliuoli suoi, teste viene meno. E per sostiene pena, pon endoci l'amore e 'l disordinato desiderio; perch non bastano; e non pu tenere quel lo che ama. E per voglio, figliuola mia dolcissima, che non abbiate affetto n fede n speranza i n voi, n in cosa corruttibile; ma tutta voglio che vi dilettiate di servire Crist o dolce Ges-, dove si riposa ogni diletto e consolazione. Ine s'inebria l'anima del sangue dell'Agnello immacolato; ardesi e risolvesi nel fuoco dell'ardentissi ma carit; riceve tanta fortezza, che n dimonio n creatura le pu tollere questo bene. Adunque nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso; ponete l'affetto, la fe de e la speranza vostra in Cristo crocifisso. Con questo dolce e vero Agnello pa sserete questa tenebrosa vita, e giugnerete alla vita durabile, dove si pascono e' veri e dolci gestatori. 523 Di quello che mi mandaste dicendo, d'allogare il vostro garzone (= giovane f iglio), vi rispondo che voi attendiate non all'avere, n a' grandi parentadi, ma s olo alla virt- e alla buona condizione della fanciulla; quando trovate questo, f atelo sicuramente. E ci che fate, fatelo con timore di Dio, ponendolo sempre per obietto dinanzi agli occhi dell'anima vostra. Lettera 224. A Monna Niera di Gherardo Gambacorti in Pisa.

28 Luglio O inestimabile dilezione e carit! 524 Oh inestimabile dilezione e carit! Tu dimostri questo affocato desiderio; e c orresti, come ebbro e cieco, all'obbrobrio della croce. Il cieco non vede; n l'eb bro, quando bene avvinacciato: cos egli, quasi come morto, perdette s medesimo; siccome cieco ed ebbro della nostra salute. E no i ritrasse la nostra ignoranza, n la nostra ingratitudine, n l'amore proprio che n oi abbiamo a noi medesimi. O dolcissimo amore Ges-, tu t'hai lassato accecare al

l'amore, che non ti lassa vedere le nostre inquitadi; e perduto n'hai il sentime nto. O signor dolce, e' parmi che l'abbi voluto vedere e punire sopra al corpo d olcissimo tuo, dandoti al tormento della croce; e stando in su la croce come inn amorato, a mostrare che non ci ami per tua utilit, ma per nostra santificazione. 525 E drittamente egli sta come nostra regola, come nostra via, e come libro scr itto, nel quale ogni persona grossa e cieca pu leggere. Il primo verso del libro odio e amore: cio amore dell'onore del Padre, e odio del peccato. Adunque, dirett issimo e carissimo fratello, e padre per reverenzia del Sacramento, seguitiamo q uesto dolce libro, che cos dolcemente ci mostra la via. E se avvenisse che questi tre nostri nemici si parassero nella via, cio il mondo, la carne, e il dimonio; e noi pigliamo l'arme dell'odio, siccome fece il padre nostro santo Francesco. O nde, perch il mondo non li gonfiasse lo stomaco, egli elesse la santa e vera estr ema povert. E cos voglio che facciamo noi. 526 E se il dimonio della carne volesse ribellare allo spirito, ci giunga il dis piacimento, e s'affligga e maceri il corpo nostro; siccome fece esso nostro padr e, il quale sempre con sollicitudine, e non con negligenzia, corse per questa sa nta via. E se il dimonio giugnesse con le molte illusioni e variate fantasie, e col timore servile, e volesseci occupare la mente e l'anima nostra; non temiamo, perocch queste cose sono diventate impotenti per la virt- della croce, o amore d olcissimo!, poich non possono pi-, se non tanto quanto Dio gli d. E Dio non vuole altro che 'l nostro bene; adunque non ci dar pi- che noi possiamo portare. Confortatevi, confortatevi; e non schifate pene; conservando sempre la santa vol ont, sicch ella non si riposi in altro che in quello che Cristo am, e in quello che Dio odi. E cos armata la nostra volont di odio e amore, ricever tanta fortezza che, come dice santo Paolo, n il mondo n il dimonio, n la carne ci potr ritrarre da ques ta via. Lettera 225. A frate Lazzarino da Pisa, de' Frati Minori. Scritta in occasione d ella Pasqua del 1375.

29 Luglio La dottrina di Cristo la dottrina della croce 527 Dico che apriate l'orecchio a udire la sua dottrina, che questa. Povert volon taria, pazienza contra le ingiurie, tender bene a coloro che ci fanno male; esse r piccolo, umile, calpestato e derelitto nel mondo; con scherni, strazii, ingiur ie, villanie, detrattazioni, mormorazioni, tribolazioni, persecuzioni dal mondo e dal dimonio visibile e invisibile, e dalla propria carne puzzolente, la quale, come ribella, sempre vuole ribellare al suo Creatore, e impugnare contra lo Spi rito. Or questa la sua dottrina; e portare con pazienza, e resistere con l'arme dell'odio e dell'amore. O dolce e suave dottrina! Ella quello tesoro, il quale egli elesse per se, e las sa a' discepoli suoi. Questo lasso per maggiore ricchezza che lassare potesse. C he se avesse veduto la divina bont, che le delizie e diletti e piaceri e amore pr oprio di se, e vanit e leggerezza di cuore, fussero state buone; egli l'averebbe elette per s. Ma perch la sapienzia del Verbo incarnato vide e cognobbe che questa era l'ottima parte; subito l'ama, e per amore se ne veste. E cos fanno i servi e figliuoli suoi, seguitando le vestigie del padre loro. Adunque non voglio che c aggia ignoranzia in voi, n che vi ritraiate da questa dolce e dilettevole via, e soave scuola; ma come figliuoli veri vi instrignate questo vestimento in dosso, e s e per siffatto modo vi sia incarnato, che mai non si parta da voi, se non qua ndo si partir la vita. Allora abbandoneremo il vestimento della pena, e rimarremo vestiti del vestimento del diletto; e mangeremo alla mensa dell'Agnello il frut to che seguita dopo le fatiche. 528 Or quanto sar beata l'anima mia, quando io vedr voi sopra tutti gli altri esse re posto, fermato e stabilito nell'obietto vostro, Cristo crocifisso, e pascervi e nutricarvi del cibo dell'anima. Allora il desiderio dispone ad amare se in Di o, e Dio in se, siccome colui che ragguarda nella fonte, che vi vede la imagine sua; e vedendosi, s'ama, e si diletta. E s'egli savio, prima si muover ad amare l

a fonte, che se. Perocch, s'egli non si fusse veduto, non s'averebbe amato, n pres o diletto; n corretto 'l difetto della faccia sua, il quale vedeva in esso fonte. Or cos pensate, figliuoli miei dolcissimi, che in altro modo non potremo vedere l a nostra dignit, n i nostri difetti, i quali ci tolgono la bellezza dell'anima nos tra, se noi non ci andassimo a specchiare nel mare pacifico della divina Essenzi a, dove per essa ci rappresenta noi. Perocch indi siamo esciti, creandoci la Sapi enzia di Dio all'imagine e similitudine sua. Ivi troviamo l'unione del Verbo inn estato nella nostra umanit; troviamo, e vediamo e gustiamo la fornace della carit sua, il quale fu quello mezzo che di noi a noi, e poi un il Verbo in noi, e noi ne l Verbo, prendendo la nostra natura umana. 529 Correte, correte; e serratevi nelle piaghe di Cristo crocifisso. Godete, god ete, e esultate; ch 'l tempo s'approssima che la primavera ci porger i fiori odori feri. E non mirate perch vedeste il contrario; ma allora siate pi- certificati ch e mai. Oim, oim, disavventurata l'anima mia! Che io non mi vorrei restare, infino che io mi vedessi che per onore di Dio mi giungesse uno coltello che mi trapassasse la gola, sicch 'l sangue mio rimanesse sparto nel corpo mistico della santa Chiesa. Oim, oim, che io muoio, e non posso morire! Lettera 226. A Frate Raimondo da Capua dell'Ordine de' Frati Predicatori. Scritt a quando Raimondo si trovava ad Avignone, quindi dopo o durante il 1376.

30 Luglio Mirabili esperienze mistiche di Caterina 530 Non vi scrivo dell'operazioni di Dio che egli ha adoperate e adopera; ch non ci ha lingua, n penna sufficiente. La prima e dolce Verit, il d poi che fui partita da voi, volendo a me fare lo Sposo eterno come fa 'l padre alla figliuola, e lo sposo alla sposa sua, che non pu sostenere che abbia alcuna amaritudine, ma trov a nuovi modi per dargli letizia; cos pensate, padre, che fece 'l Verbo, somma ete rna e alta Deit, che mi don tanta letizia, che eziandio le membra del corpo si sen tivano dissolvere, disfare, come la cera nel fuoco. L'anima mia faceva allora tre abitazioni; una con le dimonia (= con i miei pecca ti), per cognoscimento di me e per le molte battaglie e molestie e minacce, le q uali mi facevano, che non restavano punto di bussare alla porta della mia coscie nzia. E io allora mi levai con uno odio, e con esse me n'andai nell'inferno (= a meditare sull'inferno), desiderando da voi la santa confessione. Ma la divina b ont mi di s medesimo, ed egli mi fece l'assoluzione de' peccati miei e vostri, ripe tendo le lezioni per altro tempo dette, e obumbrandomi d'uno grande fuoco d'amor e, con una sicurt s grande e purit di mente, che la lingua non sufficiente a poterl o dire. E per compire in me la consolazione' diemmi l'abitazioni di Cristo in te rra (= la Chiesa pellegrinante che ha per capo il papa), andando come si va per la strada; cos pareva che fusse una strada dalla somma altezza, Trinit eterna, dov e si riceveva tanto lume e cognoscimento nella bont di Dio, che non si pu dire; ma nifestando le cose future. O figliuolo mio dolce, fovvi manifesto l'ostinato e indurato mio cuore, acciocch ne dimandiate vendetta e giustizia per me, che non scoppi e sfonda tanto caldo d 'amore. Oim, che per ammirabile modo queste tre abitazioni l'una non impediva l'a ltra, ma una condiva l'altra. Siccome il sale l'olio condisce, e fa perfetta la cucina; cos la conversazione delle dimonia per umilit e odio, e la fame e la conve rsazione della santa Chiesa per amore e desiderio, mi faceva stare, e gustare, n ella vita durabile co' veri gestatori. Non voglio dire pi-. Pensate che io scopp io, e non posso scoppiare. Lettera 226.

31 Luglio

O verit antica e nuova! 531 Oh verit antica e nuova, l'anima che ti possiede, privata della povert delle t enebre, e ha la ricchezza della luce. Non dico luce per visioni mentali, n per al tre consolazioni, ma luce di verit; cio, che cognosciuta la verit nel sangue, l'ani ma s'inebria, gustando Dio per affetto di carit col lume della santissima fede. C on la quale fede debbono essere condite tutte le nostre operazioni; dilettandoci di mangiare il cibo dell'anime per onore di Dio in su la mensa della santissima croce. Non in su la mensa del diletto n della consolazione, spirituale e tempora le; ma in su la croce, stirpando e rompendo ogni nostra volont; portando strazii, scherni e obbrobri e villanie per Cristo crocifisso, e per meglio conformarsi c on la dolce volont sua. Allora gode l'anima, quando si vede fatta una cosa con lu i per affetto d'amore, e vedesi vestita del vestimento suo. E tanto si diletta i n sostenere pene per gloria e loda del nome suo; che se possibile gli fusse d'av ere Dio e gustare il cibo dell'anime senza pena, piuttosto il vuole con pena, pe r amore del suo Creatore. Onde essa ha questo desiderio? Dalla verit. Con che la vide e cognobbe? Col lume della fede. In su che si pose quest'occhio per vederla? Nel sangue di Cristo cro cifisso. In che vasello il trov? Nell'anima sua, quando cognobbe se. Questa la vi a a cognoscere la verit; e veruna altra ce ne veggo. E per vi dissi ch'io desidera vo di vedervi bagnato e annegato nel sangue dell'umile e immacolato Agnello. Lettera 227. A frate Guglielmo a Lecceto, essendo essa Catarina a Fiorenza. Scri tta da Firenze nel 1376.

AGOSTO 1 Agosto Le parole che escono dall'amore sono come roventi saette 532 Io voglio, figliuolo mio, che apri l'occhio del cognoscimento nell'obietto d i Cristo crocifisso; per ch'egli quella fonte dove s'inebria l'anima, traendone d olci e amorosi desiderii, i quali voglio che tu distendi sopra il corpo della sa nta Chiesa, per onore di Dio e salute di ogni creatura. Facendo cos, egli diverr, delle operazioni e parole tue, come della saetta che si trae del fuoco, ben rove nte; che, gittandola, ella arde dovunque si gitta, perch non pu fare che ella non dia di quello che ella ha in s. Cos ti pensa, figliuolo, che l'anima tua entrer nel la fornace del fuoco della divina carit; e per forza di caldo d'amore si converr c he tu getti e porga quello che tu hai tratto del fuoco. 533 E che hai tu tratto dell'obietto di Dio? Odio e dispiacimento di te e amore della virt-, fame della salute dell'anime e dell'onore del Padre eterno: ch in qu esto obietto di questo dolce Verbo non si truova altro. E cos vedi tu che per fam e egli muore. Ed s grande la fame, che 'l fa sudare, non d'acqua, ma per forza d' amore, gocciole di sangue. Come potrebbe essere tanto duro e ostinato quel cuore che non si risentisse e scoppiasse per questo caldo e calore di questo fuoco? R agguardandolo, non potrebbe essere se non come la stoppa che si mette nel fuoco, che non pu essere che non arda; perocch condizione del fuoco d'ardere e convertir e in se ci che a lui s'accosta. Cos l'anima che ragguarda l'affetto del suo Creato re, subito tratta ad amarlo, e convertire l'affetto in lui. Ine si consuma ogni umido d'amore proprio di se medesimo, e piglia la similitudine del fuoco dello S pirito Santo. E questo il segno che egli ha 'l ricevuto: che subito diventa amatore di quello che Dio ama, e odiatore di quello ch'egli odia. E per desidera l'anima mia di vedere in te questa unione, cio d'essere unito e tra sformato nel fuoco della sua carit. Fa' che giusta al tuo potere te ne ingegni, f

igliuolo mio carissimo; s che tu adempia la volont di Dio e di me, trista miserabi le madre. Lettera 228. A Neri di Landoccio. Scritta da Pisa nella primavera del 1376.

2 Agosto Ancora sul ritorno del papa a Roma 534 Io Catarina, indegna vostra figliuola, scrivo a voi, con desiderio di vederv i uomo virile, e senza veruno timore servile; imparando dal dolce e buono Ges-, di cui vicario sete. Ch tanto fu l'amore suo inestimabile verso di noi, che corse all'obbrobriosa morte della croce, non curando strazii, obbrobrii, villanie e v ituperio; ma tutti li passava, e punto non gli temeva; tanto era l'affamato desi derio, che egli aveva dell'onore del Padre e della salute nostra. Perocch al tutt o l'amore gli aveva fatto perdere se, in quanto uomo. Or cos voglio che facciate voi, padre. Perdete voi medesimo da ogni amore proprio. Non amate voi per voi, n la creatura per voi; ma voi e il prossimo amate per Dio, e Dio per Dio in quanto egli degno d'essere amato, e in quanto egli sommo ed eterno bene. Ponetevi per obietto questo Agnello svenato, perocch il sangue di questo Agnello vi far animare ad ogni battaglia. Nel sangue perderete ogni timore; diventerete e sarete pasto re buono, porrete la vita per le pecorelle vostre. 535 Ors-, padre, non state pi-. Accendetevi di grandissimo desiderio, aspettando l'adiutorio e la provvidenzia divina. Perocch mi pare che la divina bont venga di sponendo li grandi lupi, e facciali tornare agnelli. E per ora di subito vengo co st per metterveli in grembo umiliati 1. Voi, come padre, son certa che gli riceve rete, non ostante la ingiuria e la persecuzione che v'hanno fatta; imparando dal la dolce prima Verit, che dice che il buono pastore, poich ha trovata la pecorella smarrita, egli se la pone in sulla spalla, e rimettela nell'ovile. Cos farete vo i, padre; perocch la vostra pecorella smarrita, la porrete in su la spalla dell'a more, e metteretela nell'ovile della santa Chiesa. Poi di subito, vuole e comand a il nostro dolce Salvatore, che voi drizziate il gonfalone della santissima cro ce sopra gl'infedeli. La gente che avete soldata per venire di qua, sostentate ( = trattenetela), e fate si che non venga: perocch farebbe pi- tosto guastare, che acconciare. 536 Padre mio dolce, voi mi dimandato dell'avvenimento vostro; e io vi rispondo, e dico da parte di Cristo crocifisso, che veniate il pi- tosto che voi potete. Se potete venire, venite prima che settembre; e se non potete prima, non indugia te pi- che infino a settembre 2. E non mirate a veruna contraddizione che voi av este; ma, come uomo virile e senza alcuno timore, venite. E guardate, per quanto voi avete cara la vita, voi non veniate con sforzo di gente, ma con la croce in mano, come agnello mansueto. Facendo cos, adempirete la volont di Dio; ma venendo per altro modo, la trapassereste, e non l'adempireste. Godete, padre, e esultat e: venite, venite. Lettera 229. A Gregorio XI. Si pu attribuire all'aprile 1376. Note: 1 "I Fiorentini, disposti a riconciliarsi col Pontefice e gi persuasi da Caterina ad osservar l'interdetto, che li gravava fin dal 14 maggio 1376, pensarono d'in viare lei stessa come ambasciatrice al Pontefice, e a questo scopo la chiamarono da Pisa ove si trovava" (L. FERRETTI). 2 Acconsentendo a Caterina, Gregorio XI part da Avignone il 13 settembre.

3 Agosto Io mi lagno fortemente di voi 537 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi veri figliuoli, umili e obedienti al padre vostro, si e per siffatto modo, che voi non volgiate mai il capo addietro; ma con vero dolore e amaritudine dell'offesa fatta al padre. Perocch, se colui c

he offende, non si releva con dolore dell'offesa fatta, non degno di ricevere mi sericordia. E io v'invito a vera umiliazione di cuore; non volgendo il capo addi etro, ma andando innanzi, seguitando il proponimento santo che cominciaste, cres cendo ogni d perfettamente; se volete essere ricevuti nelle braccia del padre. Co me figliuoli morti, Rimanderete la vita; e io spero per la bont di Dio, che voi l 'averete, purch voi vi vogliate bene umiliare, e cognoscere e' difetti vostri. 538 Ma mi lagno fortemente di voi, se egli vero quello che di qua si dice, cio ch e voi abbiate posta la presta (=tassa) a' chierici. Se questo vero, egli ha gran dissimo male per due modi. L'uno perch ne offendete Dio: perocch noi potete fare c on buona coscienzia. Ma pare a me, che voi perdiate la coscienzia e ogni cosa bu ona; e non pare che s'attenda ad altro che a beni sensitivi e transitori, che pa ssano come il vento. E non vediamo che noi siamo mortali, e deviamo morire, e no n sappiamo 'l quando? E per grande stoltizia di tollersi la vita della grazia, ed esso medesimo darsi la morte. Non voglio che facciate pi- cos; ch a questo modo v olgereste il capo addietro e voi sapete che colui che comincia, non degno di glo ria, ma la perseveranzia infino al fine. Cos vi dico che voi non verreste in effe tto della pace, se non con la perseveranzia della umilt, non facendo pi- ingiuria n scandalo a' ministri e sacerdoti della santa Chiesa. 539 E questa l'altra cosa ch'io vi dicevo, che v'era nociva e male. E altra al m ale che si riceve per l'offesa di Dio, come detto , dico che questo guastamento d alla vostra pace. Perocch, sapendolo il Padre santo, concepirebbe maggiore indign azione verso di voi. E questo quello che ha detto alcuno de' cardinali, che cerc ano e vogliono la pace volentieri. Sentendo ora questo, dicono: Non pare che que sto sia vero che egli vogliano pacificarsi; perch, se fusse vero, si guarderebber o d'ogni minimo atto che fosse contra la volont del santo Padre e a' costumi dell a santa Chiesa. Credo che queste e simili parole possa dire 'l dolce Cristo in terra; e ha ragio ne e cagione di dirlo, se egli il dice. Dicovi, carissimi padri, e pregovi, che non vogliate impedire la grazia dello Spirito Santo, la quale, non meritandola v oi, per sua clemenzia disposto a darvela. E a me fareste vergogna e vituperio. C h non potrebbe escir altro che vergogna e confusione, dicendogli [io] una cosa, e voi ne facessi un'altra. Pregovi che non sia pi-. Anco, v'ingegnate in detto e in fatto di dimostrare che voi vogliate pace e non guerra. 540 Ho parlato al santo Padre. Udimmi, per la bont di Dio e sua, graziosamente, m ostrando d'avere affettuoso amor della pace; facendo come fa il buon padre, che non ragguarda tanto all'offesa del figliuolo, ch'egli ha fatta a lui, ma ragguar da se egli umiliato, per poterli fare piena misericordia. Quanto egli ebbe singo lare letizia, la lingua mia non il potrebbe narrare. Avendo ragionato con lui bu ono spazio di tempo, nella conclusione delle parole disse, che, essendo quello c he io gli ponevo innanzi di voi; egli era acconcio di ricevervi come figliuoli, e di farne quello che ne paresse a me. Altro non dico qui. Altra risposta assolu tamente non pare al santo Padre che si dovesse dare, infino che vostri ambasciat ori non giungessero. Maravigliomi che anco non sono giunti. Come saranno giunti, io sar con loro, e poi sar col santo Padre: e come trover la disposizione, cos vi s criver. Ma voi, con le vostre preste e novelle, m'andate guastando ci che si semina. Non fate pi- cos, per l'amore di Cristo crocifisso e per vostra utilit. Lettera 230. Agli Otto della Guerra, eletti pel Comune di Firenze, ad istanza de ' quali and la Santa a Papa Gregorio XI. Data in Avignone, a d 28 di giugno 1376.

4 Agosto Caterina esorta il papa a non lasciarsi ingannare dai cattivi consiglieri 541 Intesi per la scritta che mi mandaste, che li cardinali allegano che il papa Chimento (=Clemente) quarto, quando aveva a fare la cosa, non la voleva fare se nza il consiglio dei suoi fratelli cardinali. Poniamoch spesse volte gli paresse che fosse di pi- utilit il suo medesimo che il loro, nondimeno seguitava il loro. Oim, santissimo Padre, costoro v'allegano papa Chimento quarto; ma eglino non v'

allegano papa Urbano V, il quale delle cose che egli era in dubbio se egli era i l meglio o s o no di farle, allora voleva il loro consiglio; ma della cosa che gl i era certa e manifesta, come a voi l'andata vostra (=il ritorno a Roma), della quale sete certo, egli non s'atteneva a loro consiglio, ma seguitava il suo, e n on si curava perch tutti gli fussero contrari. Parmi che 'l consiglio de' buoni attenda solo all'onore di Dio, alla salute dell 'anime, e alla reformazione della santa Chiesa, e non ad amore proprio di loro. Dico che 'l consiglio di costoro da seguitarlo, ma non quello di coloro che amas sero solo la vita loro, onori, stati e delizie; perocch il consiglio loro va col d ov'hanno l'amore. 542 Pregovi da parte di Cristo crocifisso, che piaccia alla Santit vostra di spac ciarvi tosto. Usate un santo inganno; cio parendo di prolongare pi- d e farlo poi subito e tosto, ch quanto pi- tosto, meno starete in queste angustie e travagli. Anco, mi pare che essi v'insegnino, dandovi l'esempio delle fiere, che quando ca mpano dal lacciuolo, non vi ritornano pi-. Per infino a qui sete campato dal lac ciuolo delli consigli loro, nel quale una volta vi fecero cadere, quando tardast e la venuta vostra; il quale lacciuolo fece tendere il dimonio, perch ne seguitas se il danno e 'l male che ne seguit. Voi, come savio, spirato dallo Spirito Santo , non vi raderete pi-. Andianci tosto, babbo mio dolce, senza veruno timore. Se Dio con voi, veruno sar contra voi. Dio quello che vi muove: sicch gli con voi. An date tosto alla Sposa vostra, che vi aspetta tutta impallidita, perch gli poniate il colore. Lettera 231. A Gregorio XI. Scritta da Avignone, nel corso dell'estate del 1376.

5 Agosto Il 18 giugno 1376 arrivammo ad Avignone 543 Se l'anima fondata veramente in Cristo, neuno vento di superbia o di vanaglo ria il pu cacciare a terra; per che ella fondata in umilt profonda, la quale vede D io umiliato all'uomo per salvarlo. Cos ancora neuna acqua d'avarizia e diletti mo ndani e carnali quantunque sia grande la piena, pu cacciare a terra quest'anima; imperocch'ell' stabilita e fermata in quella pietra, nella quale non fu nulla mol lizie di diletti o consolazioni corporali, ma tutta fermezza in pene e dolori. Onde l'anima innamorata di lui non pu volere altro che sempre patire con lui obbr obri, scherni, fame e sete, caldo, ingiurie e infamazioni, e all'ultimo ancora c on gran diletto ponere e dare la vita corporale per amore di lui. Anco, allora l 'anima gode e ingrassa, quando si vede fatta degna di sostenere strazii e derisi oni e beffe per amore del dolce e buono Ges-. Cos si legge degli Apostoli santi, che eglino allora godevano, quando cominciarono a essere spregiati e villaneggia ti per lo nome di Ges-. 544 In questo modo desidera l'anima mia di vederci fondati in Cristo crocifisso, si e per siffatto modo che n acqua di tribolazioni, n vento di tentazioni, n anco il dimonio con le sue astuzie, n il mondo con le sue lusinghe, n la carne con le s ue immondizie mai ci possano separare dalla carit di Cristo e da quella del pross imo. E non vi movesse parole seminate dal dimonio per mezzo delle creature, per conturbare la mente vostra o degli altri miei dolci figliuoli e figliuole in Cri sto Ges-. Imperocch questa l'arte sua antica, di fare suo strumento delle lingue de' cattivi. E alcuna volta, per permissione di Dio, delle lingue de' servi di D io ne fa suo strumento, per conturbare gli altri servi di Dio. 545 Per grazia del nostro dolce Salvatore, noi giugnemmo qui a Vignone gi venti s ei d, e ho parlato col santo Padre e con alquanti cardinali e altri signori tempo rali. E ssi molto adoperata la grazia del nostro Salvatore netti fatti per li qua li venimmo qua. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Ges- dolce, Gesamore. A d 18 giugno 1376 giugnemmo in Vignone. Lettera 232. A Sano di Maco in Siena. Scritta il 13 luglio 1376, circa.

6 Agosto Voi dovete venire. Venite dunque 546 Considerando me, che l'uomo timoroso taglia il vigore del santo proponimento ; e per io ho pregato e pregher il dolce e buono Ges-, che vi tolla ogni timore se rvile, e rimanga solo il timore santo. Sia in voi uno ardore di carit, s e per sif fatto modo, che non vi lassi udire le voci de' dimoni incarnati, e non vi faccia tenere il consiglio de' perversi consiglieri fondati in amore proprio, che, sec ondo ch'io intendo, vi vogliono mettere paura per impedire l'avvenimento vostro per paura, dicendo: Voi sarete morto. E io vi dico da parte di Cristo crocifisso , dolcissimo e santissimo padre, che voi non temiate per veruna cosa che sia. Ve nite sicuramente: confidatevi in Cristo dolce Ges-; ch, facendo quello che voi do vete, Dio sar sopra di voi, e non sar veruno che sia contra voi. Su virilmente, pa dre! Ch io vi dico che non vi bisogna temere. Se non faceste quello che doveste f are, avereste bisogno di temere! 547 Voi dovete venire. Venite dunque. Venite dolcemente senza veruno timore. E s e veruno dimestico vi vuole impedire, dite a loro arditamente, come disse Cristo a San Pietro, quando per tenerezza il voleva ritrarre, che non andasse alla pas sione; Cristo si rivolle a lui, dicendo: Va' di po' me, Satanas. Tu mi se' scand alo, cercando le cose che sono dagli uomini, e non quelle che sono da Dio. E non vuogli tu che io compia la volont del Padre mio? Cos fate voi, dolcissimo padre; seguitatelo come vicario suo, deliberando e ferma ndo in voi medesimo, e dinanzi da loro, dicendo: Se n'andasse mille volte la vit a, io voglio adempire la volont del Padre mio. Poniamoch vita non ne vada; anco, p igliate la vita e la materia d'acquistare continuamente la vita della grazia. Or vi confortate, e non temete; ch non vi bisogna. Pigliate l'arme della santissima croce, che la sicurt e la vita de' cristiani. Lassate dire chi vuol dire e tenet e fermo il santo proponimento. Dissemi il padre mio, frate Raimondo, per vostra parte, ch'io pregasse Dio, se d ovesse avere impedimento: e io gi n'avea pregato, innanzi e dopo la comunione san ta; e non vedeva n morte n pericolo neuno. E' quali pericoli pongono coloro che vi consigliano. Credete e confidatevi in Cristo dolce Ges-. Io spero che Dio non d ispreger tante orazioni fatte con tanto ardentissimo desiderio, e con molte lagri me e sudori. Lettera 233. A Gregorio XI. Scritta nel luglio o principio d'agosto 1376. 7 Agosto I fatti, pi- che le parole dimostrano il vero pentimento 548 Chi cognosce la colpa sua, e mostra in effetto che si cognosca, e sia umilia to; riceve sempre misericordia. Ma chi 'l mostra solo con la parola e non va pioltre con le operazioni, non la trova mai. Oim, oim, carissimo fratello! Io mi do glio de' modi che sono tenuti in dimardare la pace al santissimo Padre; che s' mo strato pi- la parola che l'effetto. Questo dico perch, quand'io venni cost a voi e a' vostri Signori, mostrando nelle parole che fossero emendati della colpa comm essa, parendo che si volesse umiliare, chiedendo misericordia al santo Padre; di cendo io a loro: Vedete, Signori! Se voi avete intenzione d'usare ogni umilt in f atto e in detto, e che io v'offeri come figliuoli morti dinanzi al padre vostro, io mi affaticher in quanto questo vogliate fare. Per altro modo io non v'anderei . Ed egli mi risposero che erano contenti. Oim, oim, carissimi fratelli, questa er a la via, e la porta per la quale vi conveniva entrare; e verun'altra ce n'. E se fosse seguitata questa via in effetto, come con la parola; voi avereste avuta l a pi- gloriosa pace che avesse mai persona. E non dico questo senza cagione, per che io so la disposizione del santo Padre, c ome ella era fatta. Ma poich noi cominciammo a escire della via, seguitando i mod i astuti del mondo, facendo altro in effetto che pria non s'era porto con la par ola, ha dato materia al santo Padre non di pace, ma di pi- turbazione. Per che ve nendo di qua i vostri ambasciatori, non tennero quel modo debito, che li era fat to tenere per li servi di Dio.

549 Voi sete andati con modi vostri. E mai con loro non potei conferire (=con gl i ambasciatori fiorentini), siccome diceste a me che direste loro quando chiesi la lettera della credenzia, cio che noi conferissimo insieme d'ogni cosa. E si fa tto tutto il contrario. Tutto perch non ci anco il vero cognoscimento de' difetti vostri. E avveggomi che le parole umili procedevano pi- per timore e per bisogn o, che affetto d'amore o di virt-; perocch se fosse stato in verit il cognosciment o della colpa commessa, averebbe risposto l'operazione al suono della parola; e i vostri bisogni, e quello che volevate dal santo Padre, avereste posto nelle ma ni de' servi di Dio. I quali sarebbero stati quei mezzi che averebbero s dirizzat i li mandati vostri e quelli del santo Padre, che voi avereste avuta buona conco rdia. Non l'avete fatto; della qual cosa ho avuta grande amaritudine, per l'offe sa di Dio e danno vostro. 550 Ma voi non vedete quanto male e quanti inconvenienti ne vengono per la vostr a ostinazione, e per lo stare fermi nel vostro proponimento. Oim, oim, scioglietev i del legame della superbia, e legatevi coll'umile Agnello; e non vogliate spreg iare n fare contra il Vicario suo. Non pi- cos. Per l'amore di Cristo crocifisso. Non tenete a vile il sangue suo. Quello che non s' fatto per lo tempo passato, fa telo per lo presente. Non pigliate amaritudine n sdegno, se vi paresse che il Pad re santo dimandasse quello che vi paresse molto duro e impossibile a fare. Egli non vorr per altro che la vostra possibilit. Ma egli fa come vero padre, che batte il figliuolo quando offende; fagli gran reprensione per farlo umiliare, e cognos cere la colpa sua, e il buono figliuolo non si sdegna contr'al padre, perch vede che ci che fa, fa per amor suo; e per quanto pi- 'l caccia, pi- torna a lui, chied endo misericordia sempre. Cos dico a voi da parte di Cristo crocifisso, che tante volte quante foste spregiati dal nostro padre Cristo in terra, tante volte fugg ite a lui. Lassatelo fare; ch egli ha ragione. 551 Ecco che ora ne viene alla sposa sua, cio al luogo di san Pietro e di san Pao lo. Fate che subito corriate a lui con vera umilt di cuore ed emendazione delle c olpe vostre, seguitando il santo principio con lo quale cominciaste. Facendo cos, averete pace spirituale e corporale. E tenendo altro modo, i nostri antichi non ebbero mai tanti guai, quanti averemo noi. Lettera 234. A Buonaccorso di Lapo in Firenze, essendo la santa in Avignone. Scr itta da Avignone nella prima decade del settembre 1376, poco prima della partenz a di Gregorio XI.

8 Agosto Tre cose vi prego che facciate nello stato vostro

552 Tre cose vi prego singolari, per l'amore di Cristo crocifisso, che facciate nello stato vostro. La prima si , che spregiate il mondo, e voi medesimo, con tut ti i diletti suoi; possedendo voi il reame vostro come cosa prestata a voi, e no n vostra. Perocch voi sapete bene, che n vita, n sanit, n ricchezze n onore n stato n gnoria non vostra. Che s'ella fusse vostra, voi la potreste possedere a vostro m odo. Ma talora vuole essere l'uomo sano, ch'egli infermo; o vivo, ch'egli morto; o ricco, ch'egli povero; o signore, ch'egli fatto servo e vassallo. E tutto que sto perch'elle non sono sue; e non le pu tenere se non in quanto piace a Colui ch e gliel'ha prestate. Adunque bene semplice colui che possiede l'altrui per suo. Drittamente egli ladro, e degno di morte. E per prego voi che, come savio, facciate come buono dispensato re, possedendo come cose prestate a voi; fatto per lui suo dispensatore. 553 L'altra cosa , che voi manteniate la santa e vera giustizia; e non sia guasta n per amore proprio di voi medesimo, n per lusinghe, n per veruno piacere d'uomo, e non tenere occhi che i vostri offiziali facciano ingiustizia per denari, tolle ndo ragione a poverelli. Ma siate padre de' poveri, siccome distributore di quel lo che Dio v'ha dato. E vogliate che i difetti che si truovano per lo reame vost ro, siano puniti, e la virt- esaltata: per tutto questo partiene alla divina gius tizia di fare. 554 La terza cosa si , d'osservare la dottrina che vi d questo maestro in croce; c

he quella cosa che pi- desidera l'anima mia di vedere in voi: ci l'amore e dilezi one col prossimo vostro, col quale tanto tempo avete avuto guerra 1. Perocch voi sapete bene, che senza questa radice dell'amore, l'arbore dell'anima vostra non farebbe frutto, ma seccherebbesi, non potendo trarre a s l'umore della grazia, st ando in odio. Oim, carissimo padre, che la prima dolce Verit ve lo insegna, e lass a per comandamento, d'amare Dio sopra ogni cosa, e il prossimo come s medesimo. E gli vi di l'esemplo, pendendo in sul legno della santissima croce. Gridando i Giu dei: Crucifige!; ed egli grida con voce umile e mansueta: Padre, perdona a costo ro che mi crocifiggono, che non sanno che si fare. Guardate la sua inestimabile carit; ch non tanto che egli perdoni, ma gli scusa di nanzi al Padre. Che esemplo e dottrina questa; che il Giusto, che non ha in se v eleno di peccato, sostenga dall'ingiusto, per punire le nostre iniquit! Non curate di perdere della sostanzia del mondo; ch il perdere vi sar guadagno, pu rch potiate pacificare l'anima vostra col fratello vostro. Io mi maraviglia come voi non ci mettete eziandio, se fusse possibile, la vita, non tanto che le cose temporali; considerando tanta distruzione dell'anime e de' corpi, quanta stata; e quanti religiosi, donne e fanciulle sono state vituperate e cacciate per quest a guerra. Non pi-, per l'amore di Cristo crocifisso! Non pensate voi, che se voi non fate quello che voi potete, di quanto male sete cagione? Male nei cristiani , e male Begl'infedeli. Perocch la briga vostra ha impacciato e impaccia il miste rio del santo passaggio. Io vi prego che non siate cos pi- operatore di tanto mal e e impacciatore di tanto bene, quanta la recuperazione della terra santa, e di quell'anime tapinelle che non participano il sangue del Figliuolo di Dio. Lettera 235. Al Re di Francia. Scritta in Avignone, nell'agosto del 1376. Nota: 1 Il re Carlo V, detto il Savio, era in guerra col re Odoardo d'Inghilterr a suo parente.

9 Agosto Ho avuta dal santo Padre la indulgenzia di colpa e di pena 555 Rallegratevi, figliuolo mio dolce, che ora di nuovo avete ricevuta grande ab bondanzia nel sangue di Ges- Cristo: per ch'io ho avuta dal santo Padre la indulg enzia di colpa e di pena al punto della morte, per molti de' miei figliuoli tra' quali sete voi, e Francesco e la donna. E di tutti insieme fo fare un privilegi o, per meno impaccio e spesa. Ma se mai non avesse il vostro per scrittura, nien te vi nuoce bastivi averla per la bocca del Vicario di Cristo; e al punto della morte di domandare al prete l'assoluzione di colpa e di pena secondo che pu ed eg li tenuto di darvela. Credete, figliuolo, con fede viva e speranza ferma che, pa ssando di questa vita con questa indulgenzia, confesso e pentito de' vostri pecc ati, l'anima vostra ne va pura e netta e monda a vita eterna, come il d che ebbe ricevuto il santo Battesimo. Lettera 236. A Bartolo Usimbardi in Firenze. Scritta da Avignone fra il luglio e il settembre 1376.

10 Agosto giusta la pena infinita per chi offende Dio che bene infinito 556 cosa giusta e convenevole che sostenga pena infinita colui che offende Dio, che bene infinito. Dico di quello che spende tutta la vita sua in delizie e in v ivere splendidamente, cercando i grandi onori netti grandi conviti e molti adorn amenti; e tutta la sostanzia loro non spendono in altro; e i poverelli si muoion o di fame. Ma essi sempre cercano le grandi e molte vivande, nettezza di vasi, l e care mense, e delicati e ornati vestimenti; ma non si curano dell'anima tapine lla (= la loro stessa anima), che si muore di fame: per che gli tollono 'l cibo d ella virt- e della santa confessione, e della parola santa di Dio. Adunque vogli

o, caro e dolce signore e fratello in Cristo dolce Ges-, che seguitiate questa d olce Parola, con virt- vera, Cristo crocifisso; e non vi lasciate ingannare al m ondo, n alla forte giovent-. Perocch, seguitando noi pur il mondo, potrebbe esser detto a noi quella parola che disse Cristo benedetto de' giudei: Costoro sono si mili a' sepolcri, che di fuori sono belli e scialbati, e dentro sono pieni d'oss a e di puzza di morti (Mt 23, 27). 557 E bene lo vedesti voi nel d d'ieri 1; che, avendo voi con gran festa fatto il convito, 'l vi torn a grande amaritudine. E questo permise Dio per grandissimo a more che ha all'anima vostra; e volse manifestare a voi e agli altri ch'erano d' intorno, che cos la nostra vana letizia. E mostr Dio, che quegli atti, le parole e costumi e i modi e consigli fossero poco piacevoli e accettevoli a lui. Oim! Io temo bene, che la nostra stoltizia sia tanta, che non ci lasci considerare il di vino giudizio. Dicovi da parte di Cristo crocifisso che sempre il d d'ieri portiate nella memori a, acci che le cose vostre siano fatte con ordinato modo, e con virt- e timore di Dio, e non senza timore di Dio. Confortatevi, confortatevi; ch io spero, per la sua bont, che vel far fare. E non abbiate amaritudine affliggitiva di questo caso che ci avvenuto; ma sia pena sanativa d'un cognoscimento santo di voi medesimo. Siavi uno santo freno, che raffreni in voi ogni disordinata vanit; siccome si fa al cavallo che corre, che si tira la briglia perch non esca fuore dell'ordine del corso suo. Lettera 237. Al Duca d'Angi. Scritta tra la fine dell'agosto e il principio del s ettembre del 1376. Nota: 1 Come leggiamo nell'antica dicitura della lettera: "avendo esso fatto al d dinan zi uno mangiare molto somptuoso, cadde uno muro e morivi pi- persone".

11 Agosto Ecco il capo, Padre santo, il duca d'Angi 558 So che mi parbe che voi diceste, quando fui dinanzi alla vostra Santit, che e gli era bisogno d'avere uno principe che fosse buono capo; altrimenti non vedeva te il modo. Ecco il capo, Padre santo. Il duca d'Angi vuole, per l'amore di Crist o e reverenzia della santa croce, con amoroso e santo desiderio, pigliare questa fatica, la quale, per amore ch'egli ha del santo passaggio, gli pare leggiera; dolcissima gli parer, pure che voi babbo santissimo mio, vogliate attendere a far lo. Oim, dolce Dio amore, non indugiate pi- a mandare in effetto il vostro deside rio e dolce volont. Sappiate tenere i tesori e doni di Cristo, e' quali vi manda innanzi, ora mentre che avete il tempo. Lettera 238. A Gregorio XI. Scritta al principio di settembre del 1376.

12 Agosto E' gloriosa la virt- dell'umilt, con la quale la superbia s'ammantella 559 Egli si mette il vestimento dell'umilit acciocch gli sia creduto bene. glorios a dunque questa virt-, con la quale la superbia s'ammantella! Costui ha fatto in questa lettera verso la vostra Santit, secondo ch'io n'ho compreso, come fa il d imonio nell'anima, quando spesse volte sotto colore di virt- e di compassione gl i gitta il veleno. Cos mi pare che faccia questo dimonio incarnato, il quale ha s critto a voi con colore di compassione e con forma santa; cio parendo che ella ve nga da uomo santo e giusto, ed ella viene dagl'iniqui uomini e consiglieri del d imonio, stroppiatori del ben comune della congregazione cristiana e della reform azione della santa Chiesa, amatori d'amore proprio, cercando solamente e' beni l oro particolari. Ma tosto, padre, ve ne potrete Rischiarare, se ella venuta da q uello giusto uomo, o no. 560 Parmi, dunque, che questo venenoso uomo, da una parte commenda (= loda) l'av

venimento vostro, dicendo che buono e santo; e dall'altra parte dice che 'l vele no apparecchiato; e parmi che vi consigli che vi mandiate uomini confidenti che vadano innanzi a voi, e troveranno il veleno per le tavole; cio, pare che dica pe r le bottighe, il quale s'apparecchia per darlo temperatamente, o per d, o per me se, o per anno. Onde bene gli confesso, che del veleno se ne trova cos alle tavol e di Vignone (= Avignone) e dell'altre citt, come a quelle di Roma; e cos se ne tr ova temperatamente per lo mese e per l'anno, e largamente, secondo piacesse al c ompratore; e in ogni loco se ne trover. E per gli parrebbe ben fatto, che voi mandaste, e sostentaste (= sospendeste) in questo mezzo l'avvenimento vostro. E mostra che aspetti, in questo mezzo venga i l divino giudicio sopra questi iniqui uomini, li quali, secondo che chi dice, pa re che cerchino la vostra morte. Ma se egli fusse savio, egli s'aspetterebbe per se medesimo [la morte]; perocch egli seminatore del pi- pessimo veleno che fusse gi gran tempo seminato nella Chiesa santa, in quanto che egli vuole impedire a v oi quello che Dio vi richiede e che dovete fare. 561 E sapete in che modo si seminerebbe questo veleno? Che, non andando voi, ma mandando, secondo che vi consiglia il buono uomo Susciterebbe uno scandalo e una rebellione temporale e spirituale, trovando in voi menzogna, che tenete luogo d i verit. Perocch avendo voi annunciato e determinato l'avvenimento vostro; e trova ndo il contrario, cio che egli non fusse; troppo grande sarebbe grande scandalo, turbazione e errore nelli cuori loro. Sicch egli dice bene il vero; egli ha la profezia di Caifas, quando disse: Egli d i bisogno che uno uomo mola, acciocch il popolo non perisca. Egli non sapeva quel lo che si diceva, ma il sapeva bene lo Spirito Santo, che diceva la verit per la bocca sua; ma il dimonio non gli faceva dire per quella intenzione. Cos costui vu ol essere un altro Caifas. Egli profeta, che se voi mandate, troveranno il velen o. Veramente egli cos; che se fussero tanti li vostri peccati, che voi rimaneste e essi andassero, li vostri confidenti troveranno che si porr il veleno per le bo ttighe de' cuori e delle bocche loro per lo modo detto. E non basterebbe pure un o d, perch n'anderebbe il mese e l'anno, innanzi che fusse smaltito. 562 Molto mi maraviglie delle parole di questo uomo, cio che commendi l'operazion e buona e santa e spirituale; e poi vuole che per timore corporale si lassi la s anta operazione. Non costume de' servi di Dio che per veruno danno corporale o t emporale, eziandio se la vita n'andasse, eglino vogliono mai abbandonare l'eserc izio e l'operazione spirituale; perocch, se avessero fatto cos, neuno sarebbe giun to al termine suo. Perocch la perseveranzia del santo e buono desiderio con le bu one operazioni, quella che coronata e che merita gloria e non confusione. E per vi dissi che desideravo di vedervi fermo e stabile nel vostro buono proponi mento; e anco d'adempire 'l desiderio di vedere rizzare il gonfalone della santi ssima croce. Allora potrete ministrare il sangue dell'Agnello nelli tapinelli in fedeli; perocch voi sete il celleraio di questo sangue e che ne tenete le chiavi. 563 Costui mi pare che voglia fare di voi, come fa la madre del fanciullo quando li vuole tollero il latte di bocca, che si pone l'amaro in sul petto, acciocch s enta prima l'amaritudine che il latte; sicch per timore dell'amaro abbandoni il d olce: perch 'l fanciullo s'inganna pi- con l'amaro, che con altro. Cos vuole fare costui a voi, ponendovi innanzi l'amaritudine del veleno e della molta persecuzi one, per ingannare la fanciullezza dell'amore tenero sensitivo, acciocch per paur a lassiate il latte; il quale latte di grazia sguita dopo il dolce avvenimento vo stro. Lettera 239. A Gregorio XI. Di poco anteriore al 13 settembre 1376.

13 Agosto Caterina consola la madre Lapa per la sua lunga assenza da lei 564 Sua volont fu che io mi partissi; la quale partita non fu senza misterio, n se nza frutto di grande utilit. Sua volont stata, ch'io sia stata (= mi sia trattenut a ad Avignone), e non per volont d'uomo; e chi dicesse il contrario, il falso, e

non verit. E cos mi converr andare, seguitando le vestigie sue in quel modo e a que l tempo che piacer alla sua inestimabile bont. Voi, come buona e dolce madre, dove te essere contenta, e non sconsolata, a portare ogni fatica per onore di Dio e s alute vostra e mia. Ricordovi, che per li beni temporali voi il facevate, quando i vostri figliuoli si partivano da voi per acquistare la ricchezza temporale; ora per acquistare vi ta eterna, vi pare di tanta fatica, che dite che v'anderete a dileguare se tosto io non vi rispondo. Tutto questo v'addiviene perch voi amate pi- quella parte ch e io ho tratta da voi, che quella ch'io ho tratta da Dio, cio la carne vostra, de lla quale mi vestiste. Levate, levate un poco il cuore e l'affetto vostro in que lla dolce e santissima croce, dove viene meno ogni fatica: vogliate portare un p oco di pena finita, per fuggire la pena infinita, che meritiamo per li nostri pe ccati. Ora vi confortate per amore di Cristo crocifisso; e non crediate d'essere abbandonata n da Dio n da me. Lettera 240. Scritta da Genova probabilmente nell'ottobre- novembre 1376.

14 Agosto Dio amore e non vuole altro che amore 565 Colui che non ama il suo Creatore, non pu piacere a lui, perocch egli esso Amo re, e non vuole altro che amore. Questo amore truova l'anima che cognosce se med esima, perocch vedendosi s non essere, ma l'essere suo avere per grazia e non per debito, e ogni grazia che fondata sopra l'essere, e dato ci con inestimabile amo re; allora truova in se tanta bont di Dio versare [in lei], che la lingua non suf ficiente a dirlo; e poi che si vede tanto amare da Dio, non pu fare che non ami. Ama in se la ragione, e Dio. E odia la sensualit, che disordinatamente si vuole d ilettare. Sono infatti di quelli che amano e' figliuoli, e chi lo sposo, disordi natamente d'amore troppo sensitivo. E per disse la prima dolce Verit: Chi non abba ndona il padre e la madre, suora e fratelli, e se medesimo, non degno di me (Lc 14,26). Ben se ne avvedevano e avvedono e' veri servi di Dio; che spogliano il cuore e l 'affetto e l'anima loro del mondo e delle pompe e delizie sue, e d'ogni creatura fuori di Dio. Non, che egli non amino la creatura; ma amanla solamente in Dio, in quanto sono creature amate smisuratamente dal Creatore. 566 Cos voglio che facciate voi; che voi amiate la bont di Dio in voi, e la sua sm isurata carit, la quale troverete nella cella del cognoscimento di voi medesima. In questa cella troverete Dio. Ch, come Dio tiene in se ogni cosa che partecipa l 'essere, cos in voi troverete la memoria, la quale tiene ed atta a ritenere il te soro de' beneficii di Dio. Troveretevi lo intendimento, il quale ci fa participare la sapienzia del Figliuo lo di Dio, intendendo e cognoscendo la sua volont, che non vuole altro che la nos tra santificazione. Anco, dico che nel cognoscimento di voi, voi troverete la clemenzia dolce dello Spirito Santo; che quella parte che non dona n altro che amore; e ci che egli fa e adopera, adopera per amore. Questo affetto troverete nell'anima vostra: perocch la volont non altro che amore: ogni suo affetto e movimento non si muove per altr o che per amore. Ama e odia quello che l'occhio del cognoscimento ha inteso e ve duto. Or bene vero adunque, carissima madre, che dentro nella cella dell'anima v oi truovate tutto Dio, il quale d tanta dolcezza e refrigerio e consolazione, che per neuna cosa che avvenga si pu turbare, perocch ella fatta capace della volont d i Dio. Lettera 241. A Monna Giovanna di Corrado. Scritta il 13 luglio 1376 da Avignone.

15 Agosto L'anima che ama Dio diventa un giardino pieno di fiori odorosi

567 L'anima allora diventa uno giardino pieno di fiori odoriferi di santo deside rio, e nel mezzo si piantato l'arbore della santissima croce, dove si riposa l'A gnello immacolato, il quale diriga (= irriga) sangue, bagna e allaga questo dolc e e glorioso giardino, e tiene in se e' frutti maturi delle vere e reali virt-. Se volete pazienza, ine fondata mansuetudine: in tanto che non udito il grido su o dell'Agnello per neuna mormorazione. Umilt profonda: vedendo Dio umiliato all'u omo, il Verbo umiliato all'obrobriosa morte della croce. Se carit: egli essa cari t: anco pi- che la forza dell'amore e della carit l'ha tenuto confitto e chiavella to in croce. Non eran sufficienti e' chiavi e la croce a tenere Dio ed uomo, se la forza della carit non l'avesse tenuto. Non mi maraviglia se quella che ha fatto di se giardino per cognoscimento di s, e lla forte contra tutto quanto il mondo; perocch ella conformata, e fatta una cosa con la somma fortezza. Ella signoreggia il mondo, perocch se ne fa beffe. Le dim onia temono d'approssimarsi all'anima che arde nella divina carit. Lettera 241.

16 Agosto Il timore servile rende imperfetta ogni azione 568 L'anima che teme di timore servile, neuna sua operazione perfetta; e in qual unque stato si sia, nelle piccole cose e nelle grandi, viene meno, e non conduce quello che ha cominciato alla sua perfezione. O quanto pericoloso questo timore ! Egli taglia le braccia del santo desiderio; egli accieca l'uomo, che non gli l assa cognoscere n vedere la verit. Perch questo timore procede dalla cechit dell'amo re proprio di se medesimo. Ch, subitoch la creatura che ha in se ragione, s'ama d' amore proprio sensitivo, subito teme; e questa la cagione perch teme, perch ha pos to l'amore e la speranza sua in cosa debile, che non ha in se fermezza n stabilit veruna, anzi passa come 'l vento. 569 O perversit d'amore, quanto sei dannosa a' signori temporali e spirituali, e a' sudditi! Se egli prelato, egli non corregge mai, perch teme di non perdere la prelazione e di non dispiacere alli sudditi suoi. Cos medesimamente il suddito. P erch umilit non in colui che s'ama di cos fatto amore, anzi una radicata superbia. Il superbo non mai obediente. Se egli signore, non tiene giustizia, anzi commett e inique e false giustizie, facendo secondo il piacere suo, o secondo il piacere delle creature. E cos, per lo non correggere e non tenere giustizia, li sudditi ne diventano pi- cattivi, perch si nutricano netti vizi e nelle malizie loro. 570 Poich tanto pericoloso l'amore proprio e il disordinato timore da fuggirlo, e da aprire l'occhio dell'intelletto nello obietto dell'immacolato Agnello, il qu ale regola e dottrina nostra: e lui dobbiamo seguitare, perocch egli esso amore e verit; e non cerca altro che l'onore del Padre e la salute nostra. Elli non teme va n giudei n persecuzione loro, n la malizia delle dimonia, n infamia, n scherni, n v illania; nell'ultimo non tem l'obbrobriosa morte della croce. Noi siamo gli scola ri, che siamo posti a questa dolce e soave scuola. Voglio adunque, carissimo e d olcissimo padre, che con grandissima sollicitudine e dolce prudenzia apriate l'o cchio dell'intelletto in questo Libro della vita, che vi d s dolce e soave dottrin a; e non attendiate a veruna altra cosa che all'onore di Dio e alla salute dell' anime, e al servizio della dolce sposa di Cristo. Con questo lume vi spoglierete dell'amore di voi proprio, e sarete vestito d'uno amore divino: cercherete Dio per la sua infinita bont, che degno d'essere cercato e amato da voi. Amerete voi e la virt-, e odierete il vizio per Dio. E di questo medesimo amore amerete il p rossimo vostro. Lettera 242. Ad Angelo da Ricasoli, vescovo di Firenze. Scritta dopo l'interdett o lanciato da Gregorio XI su Firenze nel marzo 1376.

17 Agosto

In Cristo maggiore era la croce del desiderio che non la croce corporale 571 Il Figliuolo di Dio, insiememente sosteneva li tormenti nel corpo e la pena del desiderio; e maggiore era la croce del desiderio, che non era la croce corpo rale. Il desiderio suo era questo: la fame della nostra redenzione, per compire l'obedienzia del Padre eterno: eragli pena, infinoch non el vedeva compito. E anz i, come Sapienzia del Padre eterno, vedeva coloro che participavano il sangue su o, e coloro che non participavano per le colpe loro. Il sangue era dato a tutti; e per si doleva per la ignoranzia di coloro che non el volevano participare. Que sto fu quello crociato desiderio che port dal principio infino alla fine. Data ch'elli ebbe la vita, non termin per il desiderio: ma si la croce del desider io. E Cos dovete far voi, e ogni creatura che ha in se ragione; dare la fatica de l corpo e la fatica del desiderio, dolendovi dell'offesa di Dio, e dannazione di molte anime quante vediamo che periscono. Parmi che sia tempo, carissimo padre, di dare l'onore a Dio, e la fatica al prossimo. 572 Spero per la infinita bont di Dio che, essendo voi uomo virile, voi il farete , e persevererete in quello che voi avete cominciato, cio d'essere fedele figliuo lo della Santa Chiesa. Ed esercitandovi in virt-, giungerete alla grande perfezi one. Ho avuta grande allegrezza della buona perseveranzia e costanzia che avete avuta. Pregovi che infino alla morte n on volgiate il capo in dietro; facendo come uomo virtuoso, e fiore odorifero, ch e dovete essere, nel corpo mistico della santa Chiesa, considerando ivi, che que lli che non sono virili in virt-, non sono costanti. Lettera 242.

18 Agosto Non pi- unguento, per amore di Dio! 573 Correggete li sudditi vostri. Tenete, tenete l'occhio sopra di loro: fate al meno la vostra possibilit. E non fate vista di non vedere; ch non si vuole fare co s; anzi si vuole vedere li difetti nostri, e li difetti del prossimo nostro, non per mormorazione, n per falso giudizio; ma per una santa e vera compassione, con pianti e sospiri portarli innanzi a Dio; dolendosi dell'offesa che gli fatta, e della dannazione di quell'anima. Questo debbe fare ogni creatura che ha in se ra gione, verso del suo prossimo; ma molto maggiormente il dovete fare voi e gli al tri prelati della santa Chiesa. Ed evvi richiesto, e dovete fare, ragguardando l i sudditi vostri per compassione e per punizione; ch gli avete a punire e riprend ere, secondo che trovate le colpe. Oim, non tardate pi-; ch, per lo non correggere, le virt- e la vita della grazia s ono morte nell'anima; li vizi e l'amore proprio vive, e il mondo perisce. Egli g iace continuamente infermo a morte; perocch, essendo l'uomo piagato di diverse pi aghe e infirmit, e i medici d'esse infirmit, ci sono i prelati, usano tanti unguent i, che gi imputridito. Non pi- unguento, per amore di Dio! Usate un poco la cottu ra, incendendo e cocendo il vizio per santa e vera giustizia, sempre condita con misericordia; e quella sar la grande misericordia in punire e in riprendere li d ifetti loro. Che maggiore crudelit non pu usare chi governa lo infermo, che dargli le cose contrarie. 574 Non ci sia timore n amore servile: che se ci fusse, starebbe l'anima a grande pericolo e in dubbio della salute sua. Convienvi, adunque, fare ragione d'avere perduta la vita del corpo, e metterla per uscita. Sopra questa materia non dico pi-; se non che sotto l'aie della vera umilit e odi o e dispiacimento del peccato, e dell'ardentissima carit gli nascondiate (= i vos tri sudditi), pascendo l'anime de' doni e grazie spirituali, il corpo del cibo c orporale, nutricando li poverelli, secondo la necessit loro. Voi sapete che sete padre; adunque, siccome padre, nutricate li vostri figliuoli. Lettera 243. All'Arcivescovo di Pisa. Scritta dopo il 1378 o alla fine di questo anno.

19 Agosto L'albero buono produce frutti buoni, e l'albero cattivo frutti cattivi 575 Siccome il cattivo arbore, che tutti e' frutti suoi sono corrotti; cos sono q uelli dell'uomo che sta nell'amore sensitivo, ond'egli ha tratto la gravezza del peccato mortale. E per ogni sua operazione corrotta; e bagli tolta la luce, e data la tenebra per s fatto modo, che non cognosce n discerne la verit. Anco, ha guasto il gusto e li a ppetiti dell'anima; onde le cose buone gli paiono cattive, e le cattive gli paio no buone; le virt- vere spregia, l'amore di Dio e la dilezione del prossimo fugg e, e tutto il suo diletto piglia nelle delizie e netti diletti del mondo. E s'eg li ama il prossimo, non l'ama per Dio, ma per propria utilit. Ma colui che in verit privato dell'amore sensitivo, ama il suo Creatore sopra ogn i cosa, e il prossimo come se medesimo. Il quale amore non pu avere, che prima co l lume dell'intelletto non cognosca, se medesimo non essere, e l'essere suo rico gnosca da Dio, e ogni grazia ch' posta sopra l'essere. Allora, quando cos dolcemen te cognosce se, e il difetto suo, e la bont di Dio; odia il suo difetto, e il pro prio amore che n' cagione; e ama la virt-; e tutte le sue operazioni sono drizzat e secondo Dio, e spirituali e temporali. E in ogni stato che egli , ama e teme il suo Creatore. Onde, s'elli ha le ricchez ze e lo stato del mondo, e figliuoli, e parenti, e amici; egli possiede ogni cos a come cosa prestata, e non come cosa sua; e usale con modo, e non senza modo. E s'elli nello stato del matrimonio; s vi sta ordinatamente, come a sacramento, av endo in riverenzia e' d che sono comandati dalla santa Chiesa. S'egli ha a conver sare con le creature e a servirle, elli le serve schiettamente, non col cuore fi nto, ma libero, avendo rispetto solamente a Dio. Lettera 244. A Maestro Francesco di Maestro Bartolomeo, Medico di Siena di gran fama.

20 Agosto Sulla possibile deviazione dell'amicizia spirituale 576 Ci che l'amore sensitivo ama, la volont vi corre, consentendo volontariamente al piacere di quella cosa che ama. Nella quale volont sta la colpa; e non i movim enti che desse l'amore sensitivo in volere amare quelle cose che sono fuore dell a volont di Dio e della ragione, se non in quanto la volont consenta. Questa volont fa l'anima prudente: che non idiota, n senza lume; ma con sapienzia e grande discrezione ordina la vita sua, stando sempre attento di fuggire quelle cose che gli abbiano a tollero Dio. Che se egli ama la creatura, l'ama per l'am ore del Creatore, con modo e non senza modo; con misura, e non senza misura. E con quale misura? Con quella della carit di Dio. Non tolle altra misura, perocc h ne rimarrebbe ingannato, siccome fanno molte persone imperfette, che si lascian o pigliare al dimonio coll'amo dell'amore. Cominciando a misurare con la carit di Dio, cio d'amare le creature per lui, poi escono di questa dritta misura, e cagg iono nella misura della propria sensualit. E non si sente (= non se n'accorge); n fugge quella creatura come veleno; ma seguita, e va dietro al veleno. Le velenat e cogitazioni e movimenti non potiamo noi tenere che non vengano, perch la carne pronta a impugnare contra lo spirito; e il dimonio non dorme mai, anco insegna a noi negligenti esser solliciti alla vigilia. Ma bene pu il libero arbitrio legar e la volont, che ella non consenta, n volontariamente li riceva in casa sua; e pu f uggire che attualmente non si voglia ritrovare in quello luogo. Ma per sua cechi t pare che voglia aspettare che si vegga cadere uno angelo dal cielo. 577 Oh maladetta devozione (= amicizia fra devoti e devote), quanto se' uscita d alla misura tua! Oh sottile amo, tu entri queto come il ladro che fura poi ti fa i domestico della casa; e poich hai abbacinato l'occhio dell'intelletto, ti fai m anifesto. O carissimo e dolcissimo fratello in Cristo dolce Ges-, tolliamo la ma

no dell'occhio con contrizione di cuore e dispiacimento della colpa, e con essa mano traiamo la brusca dall'occhio, sicch rimanga chiaro, acciocch cognosciamo que sto falso nemico. Fuggasi la volont, che non consenta alle cogitazioni del cuore; e ritraggasi il corpo, che in tutto si levi dal luogo e dalla presenzia della c reatura. 578 Oim, oim, attachianci all'arbore della croce, e ragguardiamo l'Agnello svenato per noi e ine racquistiamo il fuoco del santo desiderio, e con esso desiderio r itroviamo la madre nostra della santissima e umile orazione, fedele e continua. Altrimenti, sarebbe madre senza latte, e non nutrirebbe figliuoli delle virt- ne ll'anima colla dolcezza sua. Subito che averemo ritrovata questa madre, riaverem o la misura della carit di Dio: saremo fatti forti: tolta sar da noi ogni debilezz a. Ponetevi il sangue di Cristo dinanzi all'occhio dell'intelletto, sicch vi faccia inanimate alla battaglia. In questo glorioso sangue s'anneghi la volont; acciocch muoia, e, come morta, non consenta alle malizie del dimonio, n delle creature, n d ella fragile carne. E fuggite il luogo se voi avete cara la vita dell'anima vost ra. Fatto questo, non curate le battaglie e le molestie del dimonio; e non venit e a confusione di mente; ma portate con pazienza la pena, e con dispiacimento la colpa che seguirebbe a consentire volontariamente, e attualmente mandarla in ef fetto. Lettera 245. A un Genovese del terzo Ordine di San Francesco, che aveva preso un a conversazione spirituale con una donna; per lo che pativa molte pene.

21 Agosto L'amore di Cristo crocifisso la medicina per le nostre iniquit 579 Il suo amore consum e arse e distrusse tutte le nostre iniquitadi in su 'l le gno della santissima e venerabile croce. E non fin, n finisce mai questo dolce fuo co; perocch se finisse l'affetto suo in noi, verremmo meno. Perocch finirebbe quel lo che ci di l'essere; ch solo il fuoco dell'amore il mosse a trarre noi di se. La medicina contra le infirmitadi nostre non altro che esso fuoco d'amore, il qu ale amore, amore che non mai spento da te (= che tu non potrai mai spegnere). Qu esto riceve l'anima per medicina, quando ragguarda in se piantato il gonfalone d ella santissima croce. Quando dunque l'anima ragguarda tanto dolce e cara medici na, non dee cadere in negligenzia, ma debbesi levare con l'affetto e col desider io suo a distendere le mani con uno odio e dispiacimento di se medesimo; e fare come fa l'infermo, che odia la infermit, e ama la medicina che gli data per lo me dico. 580 O figliuolo e padre in Cristo Ges-, levianci col fuoco dell'ardentissimo amo re, con odio e profonda umilit: cognoscendo noi non essere, e ponendo le infirmit adi nostre dinanzi al medico Ges- Cristo. Distendasi la mano vostra a ricevere l 'amare medicine che sono date a noi. Queste sono le amaritudini che spesse volte l'uomo riceve, cio molte teneb re e tentazioni, e confusione di mente, o altre tribolazioni che venissero di fu ore: le quali allora molto ci paiono amare; ma se faremo come il savio infermo, saranno a noi di grandissima dolcezza. Elle ci fanno cognoscere noi medesimi, e lvanci dal sonno della negligenzia; e tollonci la ignoranzia; perocch n'ha fatto v omitare l'atto della superbia. Onde per questo nasce una giustizia, con una santa e dolce pazienza, e reputarsi indegno della pace e quiete della mente. Lettera 246. Al Priore di Cervaia presso Genova. Scritta probabilmente da Genova nell'ottobre-novembre 1376.

22 Agosto I genitori e la vocazione religiosa dei figli

581 Ci che ci dato in questa vita, c' dato per uso e in prestanza; e tanto ci lass ato quanto piace alla divina bont che ce l'ha dato. Dovete dunque ogni cosa usare come dispensatrice (= agendo come dispensatrice) di Cristo crocifisso, s della s ostanzia temporale, quanto possibile a voi di poterlo fare a poverelli, che stan no in persona di Dio; e s dovete dispensare de' figliuoli vostri, cio di nutricarl i e allevarli sempre col timore di Dio; e volere prima che essi muoiano, che ell i offendano il loro Creatore. Fate, fate sacrificio di voi e di loro a Dio. E se voi vedete che Dio li chiami, non fate resistenzia alla dolce volont sua; ma se essi coll'una mano, e voi, come vera e buona madre amatrice della salute loro, c on le due. Non volendo voi eleggere gli stati a vostro modo; perocch sarebbe segn o che voi gli amaste fuori di Dio; ma secondo lo stato a che Dio li chiama, a qu ello siate contenta. Ch spesse volte dice la madre che ama e' figliuoli suoi nell a perversit del mondo: A me piace bene, ch'e' miei figliuoli piacciano a Dio; e i l possono servire cos nel mondo come in altro stato. Ma alle semplici madri spesse volte avviene, volendoli annegare nel mondo, che e sse non li hanno poi n a Dio n al mondo. E giusta cosa che esse ne siano private s piritualmente e corporalmente, poich tanta ignoranzia e superbia regna in loro, v olendo poner legge e regola allo Spirito Santo che gli chiama. Costoro non li am ano in Dio. Spero per la bont di Dio che questo non toccher a voi; ma, come vera e buona madre, darete voi e loro ad onore e gloria del nome di Dio. 582 Ors-, figliuola dolcissima, non tardiamo pi-; ricoveriamo (=ricuperiamo) il tempo perduto con vero e perfetto amore; sicch in questa vita, vestendoci per gra zia del vestimento detto, noi godiamo ed esultiamo nelle nozze della vita durabi le, voi insieme con lo sposo e figliuoli vostri. E confortatevi dolcemente, e si ate paziente, e non vi conturbate, per che io abbia tenuto troppo Stefano 1; per c he io ne ho presa buona sicurt; perch per amore e affetto sono fatta una cosa con lui; e per ho preso delle cose vostre, s come di cosa mia. Io per voi e per lui in sino alla morte voglio adoperare ci che io potr. Voi, madre, l'avete partorito una volta; e io lui e voi e tutta la vostra famiglia voglio partorire in lacrime e in sudore, per continue orazioni e desiderio della salute vostra. Lettera 247. A Monna Giovanna di Corrado. Scritta probabilmente da Pisa intorno al 29 settembre 1376. Nota: 1 "Stefano Maconi, il figlio di Monna Giovanna, fattosi in seguito certosino e b eatificato, era stato con Caterina circa sei mesi per motivo del viaggio di lei in Avignone. La lettera scritta alla madre, sia perch ella si doleva di questo in dugio, sia perch forse contrariava la vocazione del figlio" (L. FERRETTI).

23 Agosto Siamo tutti pellegrini in questa vita 583 Ogni creatura che ha in s ragione, pellegrina in questa vita; perocch non qui il nostro fine; ma il termine dove dobbiamo andare e per lo quale noi fummo crea ti, vita eterna. E per io voglio che noi camminiamo: ch la via fatta; cio la dottri na di Cristo crocifisso, per la quale chi va, non va in tenebre, ma giunge a per fettissima luce. Convienci dunque avere la condizione del pellegrino; il quale, per diletto che trovasse, n per malagevolezza di cammino, non si volle a tornare a dietro, n si pone a restare fra via, ma con perseveranza cammina infino a tanto che giugne al termine suo. Or cos, carissimi figliuoli, conviene fare a noi. Noi siamo entrati in questo cam mino della dottrina del dolce e amoroso Verbo, per giugnere al Padre eterno: e t rovianci in mali passi, e malagevoli, delle ingiurie e scherni delle creature e delle battaglie delle dimonia. E non ci conviene per ponete a sedere e voliere il capo indietro per impazienza; ma virilmente col lume della fede trapassare tutt o, e con vera umilt chinare il capo alla dolce volont di Dio, che per nostra utili t ci permette questi oscuri passi, acciocch'abbia pi- di che remunerarci. Perocch, come dice il glorioso apostolo santo Jacopo: Beato colui che sostiene la tentaz ione, per che quando sar provato, ricever la corona della vita (Gc 1, 12). E santo

Paolo dice: Non sar coronato, se non chi legittimamente aver combattuto (2 Tm 2, 5 ). Rallegratevi dunque, quando vi vedete ricevere le molte molestie dalle dimonia, o dalle creature; per che essi vi fabbricano la corona: e con vera perseveranza c amminate per la strada della verit. E Cos e' molti diletti, onori e piaceri, che i l mondo ci mostrasse, o promettesse, e la nostra fragile carne desiderasse, anco non ci faccia ponere a riposare per diletto; ma, come veri pellegrini, fate vis ta di non vedere, seguitando il vostro viaggio con fortezza, insino alla morte, acci che giugniate al termine vostro. Lettera 249. A Francesco di Pipino sarto in Firenze, e a Monna Agnesa sua donna.

24 Agosto Il vero servo di Dio sa che nessuno tanto illuminato che un altro non possa esse rlo di pi-: ammira la variet delle vie per le quali Dio conduce le anime 584 Dico che questo lume non giudica la volont de' servi di Dio, n di veruna altra creatura; ma giudica ed ha in reverenzia che lo Spirito Santo gli guidi; e per n on piglia ardire di mormorazione: che essi non siano giudicati dagli uomini, ma solo da Dio. Bench potremmo dire: veruno servo di Dio, che sia tanto alluminato, che un altro non possa vedere pi- di lui No: anco di necessit, per manifestare la magnificenzia di Dio, e per usare l'ordine della carit, che l'uno servo di Dio c on l'altro usino e participino insieme il lume e le grazie e i doni che ricevono da Dio: e perch si vegga che il lume e la magnificenzia della propria dolce Veri t si manifesti infinita, come ella , e non finita; e perch noi ci umiliamo a cognos cere il lume e la grazia di Dio ne' servi di Dio. Li quali egli pone come fonti; e chi tiene un'acqua, e chi ne tiene un'altra; i quali sono posti in questa vit a per dare vita ad essi medesimi, e per consolazione e refrigerio degli altri se rvi di Dio, che hanno sete di bere queste acque, cio di molti doni e grazie che D io pone ne' servi suoi. E cos sovviene alla nostra necessit. 585 Sicch, egli vero che non veruno che sia tanto illuminato, che spesse volte no n abbia bisogno del lume d'altrui, ma colui che alluminato di questa dolce volon t di Dio, d lume con lume di fede; non giudicando con mormorazione, e scandalo di colui che egli vuole consigliare; ma per s fatto modo, che sta e rimane senza pen a. Onde, se egli s'attiene al consiglio suo, godene; e se egli non vi s'attiene, giudica dolcemente che non senza misterio e senza necessit, e con providenzia e volont di Dio. E per rimane in pace e in quiete, e senza pena; perocch vestito di q uesta volont; e non si affanna di parole, partecipando con altrui i suoi pareri: anco, s'ingegna d'annegarli e di mortificarli nel parere dolce di Dio; offerendo gli ogni dubbio e timore che egli n'avesse. Liberamente offera s, e il dubbio che ha dal prossimo suo dinanzi a Dio. Or con questa dolce prudenzia vanno e stanno coloro che sono alluminati di questo vero lume: onde in questa vita gustano vit a eterna. 586 Il contrario di coloro che sono ignoranti (= superbi e indiscreti); poniamoc h servono a Dio: i quali pur s'hanno serbato ancora de' loro giudicii e de' loro pareri, colorati di virt- e di zelo d'amore. E per questo cadiamo spesse volte i n grandi difetti e in molti scandali e mormorazioni. E per c' bisogno il lume vero e schietto. Ma non so che si possa bene avere se non si perde la nuvola e la te nebra di noi; che il nostro parere non sia fermo (= ostinato), ma dia a terra. Lettera 250. All'Abate di Sant'Antimo. Scritta forse da Genova dopo il settembre 1376.

25 Agosto Pace, pace, santissimo Padre!

587 Ora sete vicario di Cristo; il quale avete preso a travagliare e combattere per l'onore di Dio, per salute dell'anime e riformazione della santa Chiesa: le quali cose sono a voi travagli e pene, in particolare a voi aggionte, oltre le b attaglie comuni, che date sono ad ogni anima che vuole servire a Dio, come detto . E perch maggiore il peso vostro, per bisogna pi- ardito e viril cuore, e non tim oroso per veruna cosa che avvenire potesse. Ch voi sapete bene, santissimo padre, che come voi pigliaste per sposa la santa Chiesa, cos pigliaste a travagliare pe r lei, aspettando li molti venti contrari di molte pene e tribolazioni, che si f acevano incontra a combattere con voi per lei. E voi, come uomo virile, fatevi r incontra a questi venti pericolosi, con una fortezza, pazienza o longa persevera nzia, non volgendo mai il capo addietro per pena n sbigottimento n timore; ma pers everate, rallegrandovi nelle tempeste e battaglie. Rallegrisi il cuore vostro: c h nelli molti contrari che sono addivenuti e addivengono, si fanno bene li fatti di Dio; e per altro modo non si fecero mai. Cos vediamo che 'l fine della persecu zione della Chiesa, e d'ogni tribolazione che riceve l'anima virtuosa, la pace a cquistata con vera pazienza e perseveranzia. essa n'esce coronata di corona di g loria. 588 Pace, pace, santissimo Padre! Piaccia alla Santit vostra di ricevere li vostr i figliuoli, che hanno offeso voi Padre. La benignit vostra vinca la loro malizia e superbia. Non vi sar vergogna d'inchinarvi per placare il cattivo figliuolo; m a sarvi grandissimo onore e utilit nel cospetto di Dio, e degli uomini del mondo. Conservando la vostra coscienzia, si pu aver la pace. Lettera 252. A Gregorio XI, essendo a Corneto. Scritta fra il 5 dicembre 1376 e il 13 gennaio 1377.

26 Agosto Se io sar levato in alto, ogni cosa trarr a me 589 Cos dicesti tu, dolce e amoroso Verbo: Se io sar levato in alto ogni cosa tire r a me. Quasi volesse dire questa dolce Verit eterna Se io sar abbassato alla umili azione della obbrobriosa morte della croce, io trarr i vostri cuori all'altezza d ella divinit, e carit increata Perocch, tratto il cuore dell'uomo, si pu dire che si a tratto tutto l'affetto e le potenzio dell'anima, con tutti li esercizi (= gli atti) spirituali e temporali. E anco perch ogni cosa creata fatta in servizio del l'uomo; tratto dunque l'uomo, tratto tutto. E per disse: Se io sar levato in alto, ogni cosa trarr a me. Voglio dunque che leviate l'occhio dell'intelletto, e l'amore, da queste cose tr ansitorie, e da ogni vizio carnale, e purifichiate l'anima vostra col mezzo dell a santa confessione. Non dico per che lasciate lo stato vostro, pi- che lo Spirit o Santo ve ne spiri, ma voglio che teniate col santo timor di Dio, virilmente st ando come uomini virtuosi, e non come stolti e animali; tenendo con giustizia e con benignit i sudditi vostri. E la stato del santo matrimonio, tenerlo. E non vo gliate contaminarlo, cio romperlo per niuno appetito disordinato; ma rifrenare i sentimenti vostri con la memoria del sangue di Cristo, e dell'unione della natur a divina unita con la natura umana. Lettera 253. A Misser Trincio De Trinci da Fuligno, e a Corrado suo fratello. Sc ritta tra la fine del 1376 e il principio del 1377.

27 Agosto L'obbedienza del Verbo incarnato ha sconfitta la disobbedienza di Adamo 590 Dunque la obedienzia sua ha sconfitta la disobedienzia di Adam: e come per l a disobedienzia contraemmo tutti peccato, cos per l'obedienzia del Figliuolo di D io abbiamo tutti contratto la grazia. Ed infinita la grazia che noi ricevemmo pe r mezzo di questo Verbo. Per che tanto, quanto l'uomo offende, ed elli torna al s angue di Cristo con dolore e amaritudine della sua colpa, tanto riceve misericor

dia, essendoci ministrato il sangue con la santa confessione. Perocch, vomitando il fracidume delle nostre iniquitadi con la bocca, cio confessandoci bene diligen temente al sacerdote; egli allora assolvendoci, ci dona il sangue di Cristo e ne l sangue si lava la lebbra de' peccati e delli difetti che sono in noi. Tutto qu esto dono ci ha dato Dio per amore, e non per alcuno debito. Dunque ben siamo te nuti di amare, e dobbiamo amarlo, se noi non vogliamo l'eterna dannazione. Lettera 254. A Pietro di Missere Jacomo Attacusi de' Tolomei da Siena.

28 Agosto Chi perseguita la Chiesa perseguita il sangue di Cristo 591 Ma attendete una cosa: ch chi far contra questo sangue, o terr con coloro che p erseguitano il sangue, cio, che con ingiuria, scherni e vituperio perseguitano la sposa di Ges- Cristo, questi tali giammai, se elli non si correggono, non parte ciperanno il frutto del Sangue. E non gli sar scusa, perch (= bench) s'ammantino co l mantello de' difetti de' ministri del Sangue, dicendo: Noi perseguitiamo li di fetti de' mali pastori. Ch siamo venuti a tanto, noi falsi cristiani, che ci pare far sacrificio a Dio, facendo persecuzione alla sposa sua. Ch, poniamoch li minis tri siano demoni incarnati, e pieni di molta miseria, non dobbiamo per noi essere manigoldi n giustizieri di Cristo. Per che essi sono gli Unti suoi; e vuole che r imanga a lui a fare la giustizia di loro, ed a cui (= il papa) egli l'ha commess a. E per signore temporale o legge civile non se ne pu impacciare, che non caggia nel la morte dell'anima sua; perch Dio non vuole. 592 Non ci scordiamo dunque di servire ed amare il nostro Creatore, per che siamo tenuti d'amarlo, come detto . E servire non vergogna; perch servire a Dio, non es sere servo; ma regnare. E tanto quant' pi- perfetto il servigio, e pi- si sottomette a lui, tanto pi- libero e fa tto signore di s medesimo, e non signoreggiato da quella cosa che non , cio il pecc ato. Perocch a maggior miseria non si pu recare l'uomo, che farsi servo e schiavo del peccato; per che perde l'essere della grazia, e serve a non cavelle, e divent a non cavelle (= nulla) 593 Molti sono che signoreggiano le citt e le castella, e non signoreggiano loro. Ma ogni signoria senza questa miserabile, e non dura. E sempre la tiene imperfe ttamente, e con poca ragione, e con men giustizia, secondo la propria sensualit e amore proprio di s e secondo al piacere e volont degli uomini. Onde allora non gi ustizia, ma ingiustizia; perocch la giustizia non vuol essere contaminata coll'am ore proprio n con dono di pecunia, n con lusinghe, n di piacere dell'uomo. E per col ui che l'ama, vorr innanzi morire che offendere Dio in questo o in alcuna altra c osa. Onde allora servo fedele, ed fatto signore di se medesimo, signoreggiando l a propria sensualit e il libero arbitrio con la ragione. Lettera 254.

29 Agosto L'amore ordinato e l'amore disordinato 594 Doviamo rendere gloria e loda al nome suo, e menare la vita nostra piena d'o dori di virt-; e 'l frutto e la fatica dare al prossimo, cio con nostra fatica fa rgli utilit, e servirlo in quelle cose che sono secondo Dio, e portare e sopporta re li difetti suoi con vera carit, ordinata e non disordinata. Amore disordinato di commettere la colpa per campare, o per piacere al prossimo. Non vuol essere cos: perocch l'ordinato amore in Dio non vuole ponere l'anima sua per campare tutto quanto il mondo. E se fosse possibile che per commettere uno peccato egli mandasse ogni creatura che ha in s ragione, a vita eterna; noi debbe fare. Ma ben debbe ponere la vita corporale per l'anima del suo prossimo, e la sostanzia corporale per campare il corpo. Or per questo modo, e con questo mezzo

del prossimo ci conviene amare Dio: e cos mostreremo che noi lo amiamo. 595 Cos sapete che Cristo disse a santo Pietro, quando disse: Pietro, amimi tu? E rispondendo Pietro che ben sapeva che egli l'amava; compite le tre volte, disse : Se tu mi ami, pasci le pecorelle mie. Quasi dica: A questo mi avvedr se tu mi a mi; cio: non potendo fare utilit a me, se sovverrai al prossimo tuo, nutricandolo, e dandogli la fatica tua con la santa e vera dottrina. A noi dunque conviene sovvenirlo secondo l'attitudine nostra, chi con la dottrin a, e chi con l'orazione, e chi con la sostanzia; e chi non pu colla sostanzia, so vvenire con gli amici; acci che noi siamo sempre con la carit del prossimo, facend o utilit a questo mezzo che Dio ci ha posto. Onde io vi richieggo a voi per grazi a e per misericordia, e cos dichiaro la parola di Cristo: Pietro, ami tu il tuo C reatore e me? Or mi servi nel prossimo tuo, che ha bisogno o necessit, giusta il nostro potere; sempre messo innanzi l'onore di Dio, senza alcuna offesa. Lettera 254.

30 Agosto Sul dovere del papa di liberare la Chiesa dai cattivi pastori 596 Oim, oim, babbo mio dolcissimo, perdonate alla mia presunzione, di quello ch'i o vi ho detto, e dico. Son costretta dalla dolce prima Verit di dirlo. La volont s ua, Padre, questa e cos vi dimanda. Egli vi dimanda che facciate giustizia dell'a bondanzia delle molte iniquit che si commettono per coloro che si nutricano e pas cono nel giardino della santa Chiesa: dicendo che l'animale non si debba nutrica re del cibo degli uomini. Poich esso v'ha data l'autorit, e voi l'avete presa; dov ete usare la virt- e potenzia vostra. E non volendola usare, meglio sarebbe a re futare quello che preso: pi- onore di Dio, e salute dell'anima vostra sarebbe. E per vi prego dolcissimamente da parte di Cristo crocifisso che voi siate obedie nte alla volont di Dio; ch so che non volete n desiderate altro, che di far la volo nt sua, acciocch non venga sopra di voi quella dura reprensione: Maladetto sia tu, che 'l tempo e la forza che ti fu commessa, tu non l'hai adoperata! Credo, Padre, per la bont di Dio, ed anco pigliando speranza della vostra Santit, che voi farete s che questo non verr sopra di voi. Lettera 255. A Gregorio XI. Scritta nel giugno-luglio 1376; comunque sembra dei primi tempi del soggiorno di Caterina ad Avignone.

31 Agosto Chi segue gli appetiti carnali somiglia alle bestie 597 Colui che vive nei vizi e nei peccati e nella molta immondizia, egli prende i costumi e la forma delle bestie; ch, come la bestia non ha in se ragione, anzi va secondo gli appetiti suoi; cos l'uomo ch' fatto bestiale, ha perduto il lume de lla ragione, e lassasi guidare a movimenti carnali, e agli altri disordinati app etiti che gli vengono; e tutto il suo diletto non in altro che in disonest, e in ben mangiare e bere, in delicatezze, delizie, stati, e onori del mondo, i quali tutti passano come 'l vento. Costui non cavaliere vero, e non da ricevere i colp i; perch s' messa l'arme della morte, e posta in se la condizione dell'animale. Questo non voglio che tocchi a voi: ma voglio che virilmente e realmente siate u omo; e non tanto che uomo, ma crescendo in virt-, avendo combattuto gi co' vizi, vegnate a stato angelico, voi e la vostra compagnia, siccome Dio v'ha chiamati. Ch voi sapete che lo stato umano lo stato del matrimonio; a stato angelico sete v oi, e la vostra religione 1, siccome gli altri religiosi, i quali ha posti nello stato della continenzia. Non sarebbe cosa convenevole, anzi sarebbe spiacevole a Dio, e abominevole al mondo, che voi che sete chiamati e andate alla maggiore perfezione, che non tanto che in stato umano o in stato angelico, ma voi sete po sti nello stato de' gloriosi martiri, posti a dare la vita per Cristo crocifisso ; che voi foste poi nello stato delle bestie. Molto sarebbe spiacevole a mescola

re grande tesoro col brutto, e miserabile loto. Lettera 256. A M. Niccol, Priore della provincia di Toscana dell'Ordine militare dei Cavalieri di San Giovanni. Scritta dopo il 1376. Nota: 1 Caterina sapeva che anche i cosiddetti Ordini militari erano veri Ordini relig iosi, ed emettevano il voto di castit.

SETTEMBRE 1 Settembre Gli Ordini militari e la loro particolare battaglia per recare la fede agli infe deli che occupano ingiustamente il Santo Sepolcro 598 Ors- virilmente, senza alcuno timore servile, alle due battaglie, che Dio v' ha posto! La prima la battaglia generale data ad ogni creatura che ha in s ragion e: ch, come siamo in tempo da discernere il vizio dalla virt-, cos siamo attorniat i da' nemici nostri, cio, dal dimonio, e dalla propria carne e perversa sensualit, che sempre impugna contro lo spirito. Ma con l'amore della virt- e odio del viz io gli sconfiggerete. L'altra battaglia in particolare data a voi per grazia, della quale ognuno non f atto degno; alla quale battaglia vi conviene andare armato non solamente d'armat ura corporale, ma dell'arme spirituale. Ch se non aveste l'arme dell'amore dell'o nore di Dio, e desiderio d'acquistare la citt dell'anime tapinelle infedeli, che non participano il sangue dell'Agnello; poco frutto acquisterete con l'arme mate riale. E per io voglio, carissimo padre e figliuolo, che voi con tutta la vostra compagnia vi poniate per obietto Cristo crocifisso, cio il sangue prezioso dolcis simo suo, il quale fu sparto con tanto fuoco d'amore per torci la morte e darci la vita, acciocch pienamente in grande perfezione venga in effetto quello perch vo i andate; e riceviate il grandissimo frutto, cio di grazia e di vita: ch dalla gra zia giugniamo alla vita durabile. 599 Il re nostro fa come vero cavaliere che persevera nella battaglia insino che sono sconfitti i nemici. Sicch con la mano disarmata, confitta e chiavellata in croce, ha vinto il principe del mondo, pigliando per cavallo il legno della sant issima croce. Venne armato questo nostro cavaliere colla corazza della carne di Maria, la quale carne ricevette in se colpi per riparare alle nostre iniquit. L'e lmo in testa, la penosa corona delle spine, affondata insino al cerebro. La spad a allato, la piaga del costato, che ci mostra il segreto del cuore; la quale uno coltello, a chi ha punto di lume, che debbe trapassare il cuore e l'interiora n ostre per affetto d'amore. E' guanti in mano e gli speroni in pi, sono le piaghe sue vermiglie delle mani e delli piedi di questo dolce e amoroso Verbo. E chi l' hae armato? L'amore. Quale sar di s vile cuore, che, ragguardando questo capitano e cavaliere, rimasto insiememente morto e vincitore, che non si levi la debilezza dal cuore, e non di venti virile contro a ogni avversario? Veruno sar. E per vi dissi io, che vi pones te per obietto Cristo crocifisso. 600 O quanto gloriosa questa battaglia! Che, essendo vinto, vince; e fa come fec e il Figliuolo di Dio, che giocando in su la croce alle braccia con la morte, la vita vinse la morte, e la morte la vita. Dando la vita del corpo suo, distrusse la morte del peccato; e con la morte vinse la morte, perch il peccato fu cagione della morte del Figliuolo di Dio. Odi dolce gioco e torniello ch'egli ha fatto! Voi che sete eletti a questo medesimo, in su la croce del desiderio dell'onore di Dio e ricompramento dell'anime infedeli, dovete giocare con la morte della in fidelit colla vita del lume della fede. Se rimanete morti, questa l'ottima parte: che la morte sar vincitrice della morte; siccome vediamo che il sangue de' marti

ri dava la vita agl'infedeli, e a' malvagi tiranni. E se vinto senza sangue, anc o vinco; cio, che se Dio non permettesse, che rimanesse la vita (= non foste ucci si), non per di meno la vittoria; sicch bene gloriosa. Ma non sarebbe gloriosa per gli matti e semplici, che andassero solamente per fu mo, e propria utilit sensitiva (= si riferisce a quanti andavano alla crociata pe r ottenere gloria umana e vantaggi materiali). Costoro poco farebbono, e per pic cola derrata darebbono grande prezzo; darebbono il prezzo della vita loro per lo miserabile fumo del mondo. Costoro ricevono il merito loro nella vita finita. C ostoro sono armati del vestimento dell'amore proprio di se medesimi; e non sono uomini da fatti, ma sono uomini da vento; e Cos, si volgeranno come foglia senza veruna fermezza e stabilit, perch egli non hanno l'obietto di Cristo crocifisso, n prese l'arme della vita. Lettera 256. 2 Settembre Ancora sul santo passaggio destinato a portare la fede agli infedeli 601 Li nemici nostri non dormono mai, ma sempre stanno attenti a perseguitarci: e questo permette Dio per darci sempre materia per la quale noi meritiamo, e per levarci dal sonno della negligenzia. Sapete che quando l'uomo si sente assalire da' nemici suoi, egli sollecito a pigliare il rimedio per difendersi da loro; p erch'egli vede che, se dormisse, starebbe a pericolo di morte. E per Dio ce le fa sentire, perch noi ci destiamo, pigliando l'arme dell'odio e dell'amore. L'odio serra la porta a vizii, cio la porta del consentimento, perch fa a loro resistenzi a con ogni dispiacimento che pu; e apre la porta alle virt-, distendendo le bracc ia dell'amore a riceverle dentro nell'anima sua con grandissimo affetto e deside rio. Sicch vedete ch'egli buono e ottimo che li nemici nostri si levino contra di noi. Non dobbiamo temere, n possiamo temere, se noi vogliamo; ma confortarci dicendo: Per Cristo crocifisso ogni cosa potremo (Fil 4, 13). 602 Questa la battaglia comune; ch ogni uomo che nasce e giunge a et perfetta, con viene che stia in su questo campo della battaglia. Parmi che la inestimabile bon t di Dio ci abbia eletti, come cavalieri, a combattere realmente contra i vizii e ' peccati, per acquistare la ricchezza e 'l tesoro della virt-. Ora mi pare che egli v'inviti a crescere e mandare in effetto la vostra perfezione, ponendovi in nanzi la fame della salute begl'infedeli. E pare che voglia che voi siate e' primi feridori sopra di loro; per che ora si f a il principio del santo passaggio. Senza veruno timore, figliuoli miei dolci, mettetevi la panziera, cio di sangue; intriso il sangue nostro nel sangue dell'Agnello. Oh che dolce, e graziosa panzi era sar quella da resistere contra ogni colpo! Col coltello dell'odio e dell'amor e percuoterete e sconfiggerete e' vostri nemici, con la panziera del sangue sost errete. Oh dolcissimi figliuoli, vedete quanto diletto d questa armatura, che sos tenendo vince, ed essendo percossa percuote. Per che vi ha dentro saette che gettano invisibilmente: essendo invisibili, appai ono visibili. Perch le percosse loro generano fiori e frutti. Fiori di loda e glo ria del nome di Dio, che coll'odore suo spegne il frutto della infedelt. Lettera 257. A Conte di Monna Agnola e Compagni in Firenze. Posteriore all'8 dic embre 1375, e forse non di molto.

3 Settembre Sul perdonare le offese 603 Parmi, secondo che mi scrivete, che abbiate fatto buono principio; del quale molto mi rallegro per la salute vostra, vedendo il vostro santo desiderio. E pr ima, dite di perdonare a ogni uomo che v'avesse offeso, o che v'avesse voluto of fendere. Questa quella cosa che v' di grande necessit a volere avere Dio per grazi

a nell'anima vostra, e riposarvi eziandio secondo 'l mondo. Per che colui che sta nell'odio privato di Dio, e sta in stato di dannazione; e in questa vita gusta l'arra dell'inferno: perocch sempre si rode in s medesimo, e appetisce vende tta, e sta sempre con timore. E credendo uccidere il nemico suo, ha prima morto se medesimo; perocch col coltello dell'odio ha uccisa l'anima sua. Onde questi co tali che credono uccidere il nemico, uccidono loro medesimi. Colui che in verit perdona per amore di Cristo crocifisso, questi ha pace e quiet e, e non riceve turbazione; per che l'ira che conturba, uccisa dall'anima sua; e Dio che remuneratore d'ogni bene, gli rende la grazia sua, e nell'ultimo vita et erna. Quanto diletto riceve allora l'anima, e allegrezza, e riposo nella coscien zia, la lingua non potrebbe narrare quanto ell'. Ed eziandio secondo il mondo, gr andissimo onore a colui che, per amore della virt- e per magnanimit, non appetisc e n vuol fare vendetta del nemico suo. Sicch io v'invito e vi conforto a persevera nzia in questo santo proposito. Lettera 258. A Misser Ristoro di Pietro Canigiani in Firenze. Scritta fra il 137 8 e il 1379.

4 Settembre Sul dovere di un avvocato d'assistere gratuitamente i poveri 604 Ma una cosa v'aggiungo: che quando cotali poverelli e poverelle, che hanno c hiaramente ragione, e non hanno chi gli sovvenga, n mostri la ragione loro perch n on hanno denari; sarebbe molto grande onore di Dio affaticarsi per loro con affe tto di carit; come santo Ivo, che fu al tempo suo avvocato de' poveri. Pensate ch e l'atto della piet, e il ministrare a' poverelli di quella virt- che Dio v'ha da ta a voi, molto piacevole a Dio, e salute dell'anima. Onde dice santo Gregorio, che egli impossibile che l'uomo pietoso perisca di mala morte, cio di morte etern ale. Sicch questo mi piace molto, e pregavi che voi 'l facciate. Di vendere le robe che avete di soperchio, e i pomposi vestimenti; i quali sono molto nocivi e sono uno strumento di fare invanire il cuore e nutricare la super bia, parendogli esser da pi- e maggiore degli altri, gloriandosi di quello che n on si dee gloriare; onde grande vergogna a noi, falsi cristiani, di vedere il no stro capo (= Cristo) tormentato, e noi stare in tante delizie. Onde dice san Ber nardo, che non si conviene che sotto il capo spinato stieno i membri delicati. D ico che fate molto bene che ci poniate rimedio. Ma vestitevi a necessit, e onestamente, non con disordinato pregio; e piacerete molto a Dio. E, giusta al v ostro potere fate questo medesimo della donna, e de' vostri figliuoli; si che vo i siate, a loro, regola e dottrina, siccome debbe essere il padre, che con ragio ne e atto di virt- dee allevare i suoi figliuoli. Aggiungovi una cosa: che nello stato del matrimonio voi stiate con timore di Dio , e con riverenzia v'andiate come a sacramento, e non con disordinato desiderio. E i di che sono comandati dalla santa Chiesa, abbiate in debita riverenzia, sic come uomo ragionevole, e non come animale bruto. Allora di voi e di lei, siccome arbori buoni, producerete buoni frutti. Lettera 258.

5 Settembre Invito ai sacramenti della confessione, della santa comunione, e alla preghiera 605 Evvi ancora bisogno, a volere conservare la grazia e crescere l'anima vostra in virt-, di fare spesso la santa confessione, a vostro diletto (= consolazione ), per lavare la faccia dell'anima nel sangue di Cristo. Perocch pur la lordiamo tutto d, almeno il mese una volta: se pi-, pi-; ma meno non mi pare che si dovess e fare. E dilettatevi di udire la parola di Dio. E quando sar il tempo suo, che n oi siamo pacificati col Padre nostro (= quando sar tolto l'interdetto a Firenze); fate che le pasque solenni, o almeno una volta l'anno, voi vi comunichiate, e o

gni mattina udire la Messa; e non potendo ogni d, almeno quelli d che sono comanda ti dalla santa Chiesa a' quali siamo obbligati, ve ne dovete ingegnare quantunqu e si pu. L'orazione non si conviene che ella sia di lunga da voi. Anco, nell'ore debite e ordinate, quando si pu, vogliate reducervi un poco a cognoscere voi medesimo, e l'offese fatte a Dio, e la larghezza della sua bont, la quale tanto dolcemente ha adoperato e adopera in voi; aprendo l'occhio dell'intelletto col lume della san tissima fede a ragguardare come Dio ci ama ineffabilmente; il quale amore cel ma nifest col mezzo del sangue dell'unigenito suo Figliuolo. E pregavi che, se voi n oi dite, che il diciate ogni d, l'oficio della Vergine, acci che ella sia il vostr o refrigerio, e avvocata dinanzi a Dio per voi. D'ordinare la vita vostra, di questo vi prego che il facciate. E il sabato digiu nare a riverenzia di Maria. E li d che sono comandati da santa Chiesa, non lassar li mai se non per necessit. E fuggite di stare in disordinati conviti; ma ordinat amente vivere come uomo che non vuole fare del ventre suo dio: ma prendere il ci bo a necessit, e non con miserabile diletto. Per che impossibile sarebbe che colui che non corretto nel mangiare, si conservasse nell'innocenzia sua. Lettera 258.

6 Settembre Il dolce Ges-, aquila nostra, ragguarda nel sole della volont eterna del Padre 606 E' par bene che facesse questo dolce Verbo come l'aquila, che ragguarda nell a ruota del sole, e sempre di sopra da alto vede il cibo che ella vuole pigliare ; e vedendolo nella terra, viene e piglialo, e poi in alto il mangia. Cos il dolc e Ges-, aquila nostra, ragguarda nel sole della volont eterna del Padre, e ine ve de l'offesa e la ribellione che la creatura gli ha fatto. Sicch nella terra della creatura, la quale ha trovata nell'altezza del Padre, ha veduto il cibo che deb be prendere. Il suo cibo questo: che di questa miserabile terra, che ha offeso e ribellato a Dio con la miserabile disobedienzia piglia coll'obedienzia sua a vo lere compire nell'uomo la verit del Padre, e rendere a lui la grazia e trarlo dal la servitudine del dimonio, la quale servitudine d morte eternale, e riducelo a s ervire il suo Creatore. Poi, dunque, che elli ha veduto e preso 'l cibo il quale 'l Padre gli ha dato a mangiare, vede che abbasso in terra non si pu mangiare, a voler trarre il miserabile uomo alla prima ubbidienzia sua; e per si leva con la preda all'altezza della santissima croce, e ine il mangia con spasimato e ineff abile desiderio: e sopra se punisce le nostre iniquitadi, col corpo sostenendo, e con la volont satisfacendo, per dispiacimento e odio del peccato. E con la volo nt della virt- divina che era in lui, porse il sacrificio del sangue suo al Padre : e cos accetto questo sacrificio a lui. Lettera 259. A Tommaso d'Alviano

7 Settembre Quanto sar levato in alto, ogni cosa tirer a me 607 Disse egli: Se io sar levato in alto, ogni cosa tirer a me (Gv 12, 32). Perocc h, per lo rinascere che l'uomo ha fatto nel sangue di Cristo crocifisso, tratto a d amarlo, se egli seguita la ragione. Tratto dunque il cuore ad amare il suo benefattore, tratto tutto cio il cuore, l' anima e l'affetto, con tutte le sue operazioni spirituali perocch le potenzie del l'anima, che cosa spirituale, sono tratte da questo amore. Onde la memoria tratt a dalla potenzia del Padre eterno, ed costretta in ritenere li beneficii che ha ricevuti da lui, e ad averne memoria per affetto d'amore, ed essere grato e cogn oscente. L'intelletto si leva nella sapienzia di questo Agnello immacolato a ragguardare

in lui il fuoco della sua carit, dove egli vede giusti tutti i giudicii di Dio: p erocch ci che Dio permette, egli 'l fa per amore, e non per odio, di qualunque cos a si sia, o prosperit o avversit; e per tiene e riceve ogni cosa per amore. Perocch, se altro avesse voluto la sapienzia di Dio, cio il suo Figliuolo, non ci averebb e data la vita. Onde allora si leva l'affetto, e corre all'amore che l'occhio dell'intelletto ha veduto in Dio: e cos acquista e gusta la grazia e la clemenzia dello Spirito San to. Empito l'affetto d'amore e di desiderio di Dio, egli si distende ad amare ca ritativamente il prossimo suo con una carit fraterna, e non con amore proprio; pe r che, se fosse nell'amore proprio, non terrebbe n ragione n giustizia n a se n al pr ossimo suo. E cos, in ogni stato che egli , o in signoria, o in grandezza, o stato o ricchezza del mondo, o allo stato del matrimonio, o con figliuoli o senza figliuoli, in o gni modo piacevole a Dio. E cos ci mostra la prima dolce Verit. Poich l'uomo ha ord inato le tre potenzio dell'anima spirituale, e balli levate in alto per affetto d'amore, e congregate nel nome di Dio; cio accordata la memoria a ritenere i doni e le grazie di Dio; e lo intelletto a intendere la volont nella sapienzia del Fi gliuolo di Dio, e la volont ad amare nella clemenzia dello Spirito Santo; Dio si riposa allora per grazia nell'anima sua. 608 Questo dobbiamo intendere che il nostro Salvatore dicesse quando disse: Se s aranno due o tre o pi-, congregati nel nome mio, io sar nel mezzo di loro (Mi 18, 20). Onde possiamo intendere che egli il dicesse cos della congregazione detta d i sopra delle tre potenzie dell'anima, come pure della congregazione ne' servi d i Dio, corporale. Ma attendete che egli ci mette il due, il tre, e 'l pi-. Del t re abbiamo detto; del due possiamo intendere per l'amore e santo desiderio di Di o; per che l'amore ha a congregare. Ch se l'uomo non amasse, non disporrebbe la me moria a ricevere e a ritenere, n l'intelletto si sarebbe mosso a vedere n intender e, n la volont avrebbe nutricato in se l'amore divino. Poich ha raunato il tesoro, il timore santo il guarda, e non lassa passare dentro nella citt dell'anima i nemici del peccato mortale. E anco per quella legge sant a di Dio, la quale fu data a Mois, fondata in timore, poniamoch primo movimento fu amore; perocch per amore Dio la di, perch l'uomo avesse freno nel suo male operare . Venne poi il dolce e amoroso Verbo con la legge dell'amore, non a dissolvere l a legge data, ma per compirla: accordando la legge dell'amore con quella del tim ore; la quale fu di tanta perfezione, che la cosa imperfetta fece perfetta. Lettera 259.

8 Settembre Dio ama chi serve liberalmente la Chiesa 609 Dissi che io desiderava di vedervi servo fedele al nostro Creatore e cos vi p rego, carissimo fratello, che 'l facciate, cio che voi il serviate virilmente. E vero che a lui non potete fare utilit, perch non ha bisogno di nostro servizio; ma egli ci ha posto il mezzo, e reputa fatto a s quello che noi facciamo a lui, cio di servire il prossimo nostro per gloria e loda del nome suo. E singolarmente fra gli altri servizii che possiamo mostrare che gli piaccia ben e, si di servire la dolce sposa sua, al cui servizio pare che v'abbia chiamato. Servitele dunque liberamente; perocch, di qualunque servizio spirituale o tempora le la servirete, tutto gli piacevole, purch sia fatto con dritta e buona intenzio ne. Facendo cos, Dio grato e cognoscente, e renderavvi il frutto della vostra fat ica in questa vita per grazia; e nella vita durabile riceverete l'eterna visione di Dio, e vederete con chiaro e perfetto lume, e senza alcuna tenebra, l'amore e verit del Padre eterno; per che giuso il vediamo imperfettamente, ma l suso senza alcuna imperfezione. Lettera 259.

9 Settembre Cristo ha preso la nostra infermit, e ha combattuto per noi 610 L'uomo era infermo ed era indebolito, ribellando al suo Creatore: e non pote va pigliare l'amara medicina, che seguitava la colpa commessa. Fu di bisogno adu nque che Dio ci donasse il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo. E cos per la inest imabile carit fece unire la natura divina colla natura umana: lo Infinito s'un col la nostra miserabile carne finita. Egli viene come medico infermo, e cavaliere n ostro medico. Dico che col sangue suo ha sanate le nostre iniquit, e hacci dato l a carne in cibo, e il sangue in beveraggio. Questo sangue di tanta dolcezza e so avit, e di s grande dolcezza e fortezza, che ogni infermit sana e dalla morte viene alla vita. Egli tolle la tenebra, e dona la luce. Perch il peccato mortale fa cadere l'anima in tutti questi inconvenienti. Il pecc ato ci tolte la grazia, tolleci la vita e dacci la morte. Egli offusca il lume d ell'intelletto, e fllo servo e schiavo del dimonio tollegli la vera sicurt, e dgli il disordinato timore; perch il peccato sempre teme. Egli ha perduta la signoria, colui che si lassa signoreggiare dal peccato. Oim, quanti sono e' mali che ne se guitano! Quante sono le tribolazioni, le angoscio e le fatiche che ci sono perme sse da Dio solo per lo peccato! Tutti questi difetti e questi mali sono spenti nel sangue di Cristo crocifisso, perch nel sangue si lava l'anima dalle immondizie sue, riducendosi alla santa con fessione. Nel sangue s'acquista la pazienza. Ch, considerando l'offese che abbiam o fatte a Dio, e il rimedio che egli ha posto, di darci la vita della grazia, ve niamo a vera pazienza. Sicch, bene vero ch'egli medico; ch n'ha donato il sangue p er medicina. 611 Dico ch'egli infermo: cio, che egli ha presa la nostra infirmit, prendendo la nostra mortalit, e carne mortale; e sopra a essa carne del dolcissimo corpo suo h a puniti e' difetti nostri. Egli ha fatto come fa la balia che nutrica il fanciu llo, che, quand'egli infermo, piglia la medicina per lui, perch il fanciullo picc olo e debile, non potrebbe pigliare l'amaritudine, perch non si nutrica d'altro c he di latte. O dolcissimo amore Ges-, tu sei balia che hai presa l'amara medicina, sostenendo pene, obrobrii, strazii, villanie; legato, battuto, flagellato alla colonna, co nfitto e chiavellato in croce; satollato di scherni, obrobrii; afflitto e consum ato di sete senza neuno refrigerio; e gli dato aceto mescolato con fiele, con gr andissimo rimproverio: ed elli con pazienza porta, pregando per coloro che il cr ocifiggono. O amore inestimabile, non tanto che tu preghi per quelli che ti crocifiggono' ma tu li scusi, dicendo: Padre, perdona a costoro che non sanno quello che si fare (Lc 23, 34). Or chi fu mai colui che, essendo percosso, battuto, e schernito, e morto, perdoni, e preghi per coloro che l'offendono? Tu solo sei colui, Signore mio. Bene vero adunque, che tu hai presa l'amara medicina per noi fanciulli debili e infermi, e colla tua morte ci di la vita, e coll'amaritudine ci di la dolcezza. Tu ci tieni al petto come balia, e hai dato a noi il latte della divina grazia, e per te hai tolta l'amaritudine; e cos riceviamo la sanit. Sicch vedete che egli inf ermato per noi. 612 Dico ch'egli cavaliere, venuto in questo campo della battaglia; ha combattut o e vinto le dimonia. Dice santo Agostino: Colla mano disarmata questo nostro ca valiere ha sconfitti e' nemici nostri, salendo a cavallo in sul legno della sant issima croce. La corona delle spine fu l'elmo; la carne flagellata l'usbergo; le mani chiavellate e' guanti della piastra, la lancia per lo costato fu quel colt ello che tagli e recise la morte dell'uomo; e i piei confitti sono li speroni. Ve dete come dolcemente armato questo nostro cavaliere! Bene il dobbiamo seguitare, e conformarci in ogni nostra avversit e tribolazione. E per vi dissi io che il sangue di Cristo ci manifesta e' peccati nostri, e mostr aci il rimedio e l'abondanzia della divina misericordia, la quale abbiamo ricevu ta nel sangue suo. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso: ch in altro modo no n potremmo partecipare la grazia sua, n avere il fine per lo quale fummo creati;

n portereste pazientemente le vostre tribolazioni. Perocch nella memoria del sangu e ogni amara cosa diventa dolce, e ogni gran peso leggiero. 613 Altro non vi dico, per lo poco tempo che ho. Permanete nella santa e dolce d ilezione di Dio. E ricordavi che dovete morire, e non sapete quando. Fate che vi disponiate alla confessione e alla comunione santa, chi pu; acci che siate resusc itati in grazia con Cristo Ges-. Ges- dolce, Ges- amore. Lettera 260. A' Prigioni il Gioved Santo in Siena.

10 Settembre Ricordovi di quel santo padre che si mise alla prova del fuoco 614 Ricordovi di quel santo padre, che si mise alla prova del fuoco, dicendo: Pe nsa, anima mia, che di questo ne va il fuoco eternale. Prova questo fuoco; e se puoi sostenerlo, commetti il peccato. Cos riprendete voi medesimo; guardando sempre che l'occhio di Dio sopra di voi, e non cosa s secreta che egli non vegga; ed remuneratore del bene e del male; e ve runo , che da questo giudicio si possa difendere. Adunque levatevi con sollicitud ine; e ricordivi che dovete morire, e non sapete quando. Il bene che egli remune ra, s amore. Sicch per amore ogni cosa per lui vorrete sostenere; e il male vi dar timore, col quale toglierete e porrete freno alle perverse cogitazioni. Po i potrete dire quella dolce parola, quando verr il tempo della morte, che dice Pa olo: Io ho corso, e bollo consumato, sempre osservando fede a te, Signore. Ora t i dimanda la corona della giustizia (2 Tm 4, 7-8). 615 Ponetevi al costato del Figliuolo di Dio, e bagnatevi nell'abundanzia del sa ngue suo. E fate con umilit ci che avete a fare; perocch il dimonio non si caccia c ol dimonio, ma con la virt- della pazienza, e con umilt. Siate buono dispensatore a' poverelli che hanno bisogno. E il conversare con cotesta gente sia sempre co l timore di Dio. Se potete difender quello de' poveri con umilit, fatelo; quando che non, fate dalla parte vostra ci che potete. Lettera 261. A M. Mariano, Prete della Misericordia, essendo egli a Monticchiell o.

11 Settembre Va' alla mensa dell'altare a ricevere il cibo degli angeli 616 Poich Dio t'ha sciolta dal mondo, voglio che tu ti leghi con lui; e sposati a esso Cristo crocifisso coll'anello della santissima fede. E vestiti non di brun o, cio della nerezza dell'amore proprio, e del piacere del mondo, ma della bianch ezza della purit, conservando la mente e 'l corpo tuo nello stato della continenz ia. E sopra questa purit ci poni il mantello vermiglio della carit di Dio e del pr ossimo tuo, affibbiato di perfetta umilt, colla fregiatura delle vere e reali vir t-, con la umile e continua orazione; per che senza questo mezzo non potresti ven ire a veruna virt-. E fa che tu lavi la faccia dell'anima tua colla confessione spesso, e colla cont rizione del cuore; il quale sar unguento odorifero, che ti far piacere allo sposo tuo Cristo benedetto. E cos, adornata, va' alla mensa dell'altare a ricevere il p ane Vivo, che d vita, cibo degli angeli. Allora 'l tempo suo, come per le pasque, e per le feste di Maria dolce, e, secondo che Dio ti dispone, per cotali altre feste solenni. E dilettati di stare alla mensa continuamente della santissima cr oce, e ine nascondi e serrati nella camera tua, cio nel costato di Cristo crocifi sso, dove tu troverai il bagno del sangue, che egli t'ha fatto per lavare la leb ra dell'anima tua. E l troverai il segreto del cuore suo, che t'ha amata e t'ama inestimabilmente. Lettera 262. A Monna Tora, figliuola di Misser Pietro Gambacorti da Pisa.

12 Settembre Incoraggiamento a una figliuola che vuol consacrarsi a Dio 617 Io so che tu entrerai ora, e forsi che sei entrata, che dir meglio, nel campo delle molte battaglie del dimonio, gettandoti molte cogitazioni e pensieri nell a mente tua e delle creature, che non sar meno forte battaglia, ma forse pi-. So che ti paneranno innanzi, che tu sia fanciulla, e per non stia bene in cotesto st ato; quasi reputandoselo a vergogna e' semplici ignoranti, e con poco lume, se n on ti rallogassero nel mondo. Ma tu sia forte e costante, fondata in su la viva pietra; e pensa che, se Dio sar per te, neuno potr contra di te. N credere n a dimon io n a creatura quando ti consigliano delle cose che fossero fuora di Dio e della volont sua, o contra lo stato della continenzia. Confidati in Cristo crocifisso, ch'el ti far passare questo mare tempestoso, e gh ignerai al mare pacifico, dove pace senza neuna guerra. Onde, a conducerti ben s icura al porto di vita eterna, ti consiglierei per tua utilit, che tu intrassi ne lla navicella della santa obedienzia; per che questa pi- sicura e pi- perfetta vi ta, e fa navigar l'anima per questo mare non colle braccia sue, ma colle braccia dell'Ordine. Lettera 262.

13 Settembre A quali segni si conosce che l'anima non ancora giunta a perfezione 618 L'anima, insino che ella non giugno alla sua perfezione, gli rimane uno amor e proprio spirituale o verso le creature o verso il Creatore; bench l'uno non sen za l'altro: per che, con quella perfezione che noi amiamo Dio, con quella amiamo la creatura ragionevole. A che s'avvede che questo amore proprio spirituale sia nell'anima? Quando la persona ama in se la propria consolazione, per la quale la sser di non adoperare la salute del prossimo suo; o quando in quella operazione s i vedesse diminuire la pace e la quiete della mente, o altri esercizi che per su a consolazione volesse fare. O quando alcuna volta amasse la creatura di spiritu ale amore, e a lei non paresse che quella creatura rispondesse all'amore suo, o che avesse pi- stretta conversazione e mostrasse pi- amore a un'altra persona ch e a lei, ne sostiene pena gravissima, sdegno e dispiacere, e spesse volte giudic io nella mente sua, e allungamento da quella creatura, sotto colore d'umilt e di pi- avere la sua pace: ed egli 'l proprio amore ch'ella ha a s medesima. Questi s ono e' segni verso la creatura, che l'amore proprio spirituale non ancora consum ato nell'anima verso il Creatore. 619 E quando la mente ricevesse alcuna tenebra, o battaglie, o privazioni delle sue consolazioni usate; se ella per questo viene a tedio o a confusione di mente , per la quale spesse volte lasser il dolce esercizio dell'orazione, segno che l' amore mercennaio, cio che ella ama per propria consolazione, e che l'amore propri o del diletto spirituale anco radicato nell'anima sua. Lettera 263. A Monna Montagna, gran serva di Dio nel contado di Narni, in Capito na.

14 Settembre Alcuni segni dell'anima giunta a perfezione 620 Dico che 'l fuoco della divina carit leva la imperfezione, fa l'anima perfett a nell'amore di Dio e dilezione del prossimo. Non cura, per onore di Dio e salut e dell'anime, di perdere le proprie consolazioni. Non rifiuta labore; anco si di letta di stare in sulla mensa del crociato desiderio, accompagnando l'umile imma colato Agnello. Ella piange con quelli che piangono, e fassi inferma con quelli che sono infermi: per che le colpe altrui reputa sue. Ella gode con quelli che go

dono (Rm 12, 15) dilargando 'l cuore nella carit del prossimo; in tanto che quasi pi- contenta del bene, pace e consolazione altrui, che di se medesima. Quello c h'ella ama, vorrebbe che ogni gente l'amasse. Non si scandalizza perch vedesse pi - amare altrui che s; ma con vera umilt sta contenta, perch reputa s difettosa, e l' altre virtuose. E poi le pare giusta cosa e convenevole che quella in cui si tru ova la virt-, sia pi- amata di lei. Questa carit unisce l'anima in Dio, annegando la propria volont, e vestela e uniscela coll'eterna volont sua; in tanto che di n euna cosa si pu scandalizzare n turbare quella mente, se non dell'offese fatte al suo Creatore, e della dannazione dell'anime. Lettera 263.

15 Settembre Nota di Caterina sull'unione mistica 621 Questo uno fuoco che converte ogni cosa in se, e fa levare l'affetto dell'an ima sopra se medesima, ricevendo tanta unione per elevazione di mente, ch'ella h a fatta nella divina Carit, che 'l vasello del corpo suo perde ogni sentimento; i n tanto che vedendo non vede, udendo non ode, parlando non parla, andando non va , toccando non tocca. Tutti e' sentimenti del corpo paiono legati, e pare perdut a la virt- loro; perch l'affetto s' perduto a se, e unito in Dio. Onde Dio con la virt- e carit sua ha tratto a se quell'affetto: e per mancano e' sentimenti del co rpo; perch pi- perfetta l'unione che l'anima ha fatta in Dio, che quella dell'ani ma nel corpo. Egli trae a se le potenzio dell'anima, con tutte le sue operazioni . Perch la memoria s' empita del ricordamento de' beneficii, e della grande bont su a, l'intelletto ha posto dinanzi a se la dottrina di Cristo crocifisso, data a n oi per amore; e per la volont corre con grandissimo affetto ad amarla. Allora tutte le operazioni sono ordinate, e congregate nel nome suo. Ella gusta il latte della divina dolcezza; ella s'inebria del sangue di Cristo; e, come ebr a, non si vuole satollare altro che d'obbrobri, abbracciando scherni, rimproveri e villanie, freddo e caldo, fame e sete, persecuzioni dagli uomini e molestie d alle dimonia: in tutte si gloria col glorioso Paolo in Cristo dolce Ges- (Gal 6, 14). Dissi che la carit non cercava s (I Cor 13, 5), perch non elegge luogo n tempo a modo suo, ma secondo che gli conceduto dalla divina bont. E per ogni luogo gli luogo, e ogni tempo gli tempo. Tanto gli pesa la tribolazione quanto la consolaz ione, perch ella cerca l'onore di Dio nella salute dell'anime, con affetto d'acqu istare e crescere nelle vere e reali virt-. Qui ha fatto il suo principio; non nelle proprie consolazioni mentali, n in rivel azioni; non in uccidere il corpo, ma la propria volont: avendo veduto col lume ch e in quello non sta la perfezione dell'anima, ma s in uccidere la propria volont s pirituale e temporale. E per liberamente la getta nella fornace della divina cari t. E poich ella v' dentro, bisogno che ella sia arsa e consumata per lo detto modo. Sicch, in se trova l'anima e cognosce questo fuoco dolce. Adunque col lume andiam o nella casa del cognoscimento di noi; e ine ci nutricheremo della divina carit, vedendo noi essere amati da Dio inestimabilmente. La quale carit nutrica al petto suo e' figliuoli delle virt-, e fa vivere l'anima in grazia: senz'essa saremmo sterili, e privati della vita. Lettera 263

16 Settembre Instabilit delle cose del mondo 622 Colui che serve al mondo, non si diletta d'altro, se non d'amare colla propr ia sensualit e disordinato amore, delizie' ricchezze, stati, onore, e signoria; l e quali cose passano tutte come 'l vento, per che non hanno in loro alcuna fermez za n stabilit. Appetisce la creatura con amore disordinato la lunga vita, e ella b

reve; la sanit, e spesse volte ci conviene essere infermi. E tanto la poca fermez za loro in ogni diletto e consolazione del mondo, che di bisogno , ch'elle siano tolte a noi, o che noi siamo tolti a loro. Onde alcuna volta permette Dio, che e lle siano tolte a noi; e questo quando noi perdiamo la sostanzia temporale, o ez iandio la vita corporale di coloro che noi amiamo: o egli viene caso che noi las siamo loro, e questo quando Dio ci chiama di questa vita, morendo corporalmente. Dico dunque, che per lo disordinato amore ch'e' servi del mondo hanno posto a lo ro medesimi, col quale amore disordinato amano ogni creatura, e figliuoli e mari to e fratelli e padre e madre, e tutti e diletti del mondo; perdendoli, sostengo no intollerabili pene, e sono impazienti e incomportabili a loro medesimi. E non da maravigliarsene; per che tanto si perdono con dolore, quanto l'affetto dell'a nima le possiede con amore. O quanto stolto colui che si d ad amare questo miserabile signore del mondo, 'l q uale non ha in se alcuna fede; anco, pieno d'inganno: e ingannato rimane colui c he se ne fida. Egli mostra bello, ed egli sozzo; egli ci vuole mostrare che egli sia fermo e stabile, ed egli si muta. Bene lo vediamo manifestamente; per che og gi siamo ricchi, e domane poveri; oggi signori, e domane vassalli; oggi vivi, e domane morti. Sicch vediamo dunque, che non fermo. Questo parve che volesse dire quel glorioso di Paolo dicendo: Abbiti cura a coloro che presumono di fidarsi di loro e del mondo; per che quando tu credi bene stare, e tu vieni meno (I Cor 10, 12). E cos la verit. Lettera 264. A Monna Jacoma di Misser Trinci da Fuligno. Scritta dopo la morte d el marito della suddetta avvenuta nel 1377.

17 Settembre Dio ha fatte buone tutte le cose, e degne d'essere amate 623 In Dio dobbiamo amare ci che noi amianto, e a gloria e loda del nome suo. E n on vorrei per, che voi credeste che Dio non volesse che noi amassimo; per ch'egli vuole che noi amiamo, perch tutte le cose che sono fatte da lui, sono degne d'ess ere amate; perocch Dio, che somma bont, ha fatte tutte le cose buone, e non pu fare altro che bene. Ma solo il non amarle con ordine secondo Dio, e con vera umilt, ricognoscendole da lui, quello che le fa cattive, ed male di colpa. Questa colpa dunque, che una nostra disordinata volont, con la quale noi amiamo, non degna d' essere amata; anco, degna d'odio e di pena, perch non da Dio. Dio vuole virt-, e 'l mondo vizio, in Dio tutta pazienza, e 'l mondo impaziente. In Cristo crocifisso tutta clemenzia ed fermo e stabile, che mai non si muove, e le sue promesse non fallano mai, perocch'egli vita, e indi abbiamo la vita. Eg li verit, per ch'egli attiene la promessa, ogni bene remunera, e ogni colpa punisc e. Egli luce che ci d lume; egli nostra speranza, nostro provveditore e nostra fo rtezza; e a chi si confida in lui, egli non manca mai; perocch tanto quanto l'ani ma si confida nel suo Creatore, tanto preveduta. Egli tolte la debilezza, e fort ifica 'l cuore del tribolato, che con vera umilt e confidenza chiede l'adiutorio suo, pur che noi voltiamo l'occhio dell'intelletto con vero lume alla sua inesti mabile carit. Ora a questo, dunque, voglio che con vera pazienza voi serviate. Vo i avete provato quanto penosa la servitudine del mondo, e con quanta pena vien t osto meno. Dunque accostatevi a Cristo crocifisso, e lui cominciate a servire co n tutto il cuore e con tutta l'anima. Lettera 264.

18 Settembre Io vi rispondo che la fatica piccola, e puossi portare 624 E se voi mi diceste: La fatica s grande, che io non la posso portare. Io vi r ispondo, carissima suoro, che la fatica piccola, e puossi portare. Dico ch' picco

la, per la piccolezza e brevit del tempo; per che tanto grande la fatica quanto 'l tempo. Ch, passati che noi siamo di questa vita, sono finite le nostre fatiche. Dico ancora, che si pu portare; perocch neuno che le possa tollere da se per alcun a impazienza. Onde assai dica: Io non posso n voglio portare. Ch gli conviene pur portare. E 'l suo non volere gli aggiugne fatica sopra fatica, colla sua propria volont; nella quale volont sta ogni pena. Perocch tanto grande la fatica, quanto l a volont la fa grande. Onde, tollimi la volont, ed tolta la fatica. 625 E con che si folle questa volont? Colla memoria del sangue di Cristo crocifis so. Questo sangue di tanto diletto che ogni amaritudine nella memoria di questo sangue diventa dolce, e ogni gran peso diventa leggiero; per che nel sangue di Cr isto troviamo l'amore ineffabile con che siamo amati da lui. Nel sangue troviamo la larghezza della sua misericordia; e ine si vede che Dio non vuole altro che 'l nostro bene. O sangue dolce, che inebrii l'anima! Elli quel sangue che d pazienza; egli ci ves te il vestimento nuziale col quale ci conviene entrare a vita eterna. Veramente che nella memoria di questo sangue acquistiamo ogni diletto, e ogni refrigerio i n ogni nostra fatica e avversit. E vesteci la detta memoria del sangue, della vol ont di Dio, dove l'anima porta con tanta pazienza che di neuna cosa che le addive nga si pu turbare. Ma duolsi pi- quando sentisse dolore delle fatiche, e ribellar e alla volont di Dio, che non delle proprie fatiche. E cos dovete far voi, e doler vi del sentimento vostro, che si duole. Lettera 264 19 Settembre La virt- della pazienza sempre signora, e sempre vince 626 Questa virt- sempre donna (= signora), sempre vince, e non mai vinta; perocc h non si lascia signoreggiare n possedere dall'ira. Onde chi l'ha, non vede morte eternale, ma in questa vita gusta l'arra di vita eterna. E senz'essa stiamo nell a morte, privati del bene della terra, e del bene del cielo. E per dissi, vedendo tanto pericolo, e sentendo che n'avevate bisogno acciocch non perdeste il frutto delle vostre fatiche, dissi, e dico, che io desideravo di vedervi fondata in ve ra e perfetta pazienza. E cos dovete fare, acciocch, quando sarete richiesta dalla prima dolce Verit nell'ultimo punto della morte, potiate dire: Signor mio, io ho corso, e consumata questa vita con fede e speranza ch'io ebbi di te, portando c on pazienza le fatiche che per mio bene mi concedesti. Ora l'addimanda per grazi a, per li meriti del sangue tuo, che tu mi doni te, il quale sei vita senza mort e, luce senza tenebre, saziet senza alcuno fastidio, e fame dilettevole senza alc una pena; pieno d'ogni bene in tanto che la lingua noi pu dire, n 'l cuore pensare , n l'occhio vedere quanto bene quello che tu hai apparecchiato a me e agli altri , che sostengono volontariamente ogni fatica per tuo amore. Io vi prometto, carissima suoro, che facendo cos, Dio vi rimetter ancora nella cas a vostra temporale 1; e nell'ultimo tornerete nella patria vostra Jerusalem, vis ione di pace. Siccome fece a Job, che, provato ch'ebbe la sua pazienza: avendo p erduto ci che egli aveva, morti e' figliuoli, e perduto l'avere e toltagli la san it, intanto che le sue carni menavano vermini, la moglie gli era rimasta per lo s uo stimolo, che sempre 'l tribolava; e in tutte queste cose Job non si lagna, ma dice: Dio me le diede e Dio me l'ha tolte; in ogni cosa sia glorificato il nome suo. Vedendo Dio tanta pazienza in Job, gli restitu d'ogni cosa il doppio pi- ch e non avea, dandogli qui la sua grazia, e nel fine vita eterna. Or cos fate voi. E dilettatevi dell'orazione, dove l'anima cognosce meglio s e Dio. Lettera 264. Nota: 1 "Infatti i Trinci riebbero sotto Bonifacio IX la signoria e la tennero fino ad Eugenio IV. E cos le parole della Santa furon profetiche" (L. FERRETTI).

20 Settembre

Non mi date materia di pianto ma d'allegrezza 627 Voglio, figliuoli miei dolci, che in tutto vi studiate d'uccidere questa per versa volont sensitiva, la quale sempre vuole ribellare a Dio. E il modo da uccid erla questo: di salir sopra la sedia della coscienzia vostra, e tenervi ragione, e non lassare passare uno minimo pensiero fuora di Dio, che non sia corretto co n grande rimproverio. Faccia l'uomo due parti di se; cio la sensualit e la ragione : e questa ragione tragga fuore il coltello di due tagli, cio odio del vizio, e a more della virt-; e con esso tenga la sensualit per serva, dibarbicando e divelle ndo ogni vizio e movimento di vizio dall'anima sua. E mai non dia a questa serva cosa che gli addimandi; ma coll'amore delle virt- conculcarla sotto e' piedi de ll'affetto. Se ella vuole dormire, e tu con la vigilia e coll'umile orazione, se vuole mangi are, e tu digiuna; se si leva a concupiscenza, e tu colla disciplina; se vuole s tarsi in negligenzia, e tu coll'esercizio santo; se s'avviluppa, per sua fragili t o per illusione del dimonio, in vani e disonesti pensieri, e tu ti leva col vit uperio, vituperandola, e colla memoria della morte la impaurisci, e con santi pe nsieri cacciare e' disonesti: e cos in ogni cosa far forza a voi medesimi. Ma ogni cosa con discrezione; cio della vita corporale, pigliando la necessit dell a natura, acci che 'l corpo, come strumento, possa aitare all'anima, ed esercitar si per Dio. Per questo modo, con molta forza e violenzia che farete a questa per versa legge della carne vostra e della volont propria, averete vittoria di tutti i vizi, e acquisterete in voi tutte le virt-. Fate, che io vi vegga due specchi di virt- nel cospetto di Dio. E non mi date materia di pianto, ma d'allegrezza. Spero nella bont di Dio, che ancora mi dar consolazione di voi. Lettera 265. A Francesco di Pipino sarto da Firenze, e a Monna Agnesa sua donna.

21 Settembre Come ottenere la vera contrizione del cuore 628 Dove trover l'anima la ricchezza della contrizione delle colpe sue, e l'abond anzia della misericordia di Dio? In questa casa del cognoscimento di se. Or vedi amo se noi ce la troviamo o no. Parlianne alcuna cosa; perch, secondo che mi scri vete, voi avete il desiderio d'avere contrizione de' vostri peccati; e non poten dola avere, per questo lassavate la santa comunione. E anco, vedremo, se per que sto si debba lassare. Voi sapete che Dio sommamente buono, e amocci prima che no i fossimo; ed eterna sapienzia, e la sua potenzia in virt- inestimabile: onde pe r questo siamo certi che egli pu, sa e vuole darci quello che ci bisogna. E ben v ediamo per pruova che egli ci d pi- che noi non sappiamo addimandate, e quello ch e non addimandato per noi. Pregammolo noi mai che egli ci creasse pi- creature r agionevoli alla immagine e similitudine sua, che animali bruti? No. N che egli ci creasse a grazia nel sangue del Verbo unigenito suo Figliuolo, n che egli ci si lassasse in cibo, tutto se Dio e tutto uomo, la carne e il sangue, il corpo e l' anima unita nella Deit? Oltre a questi altissimi doni, i quali sono s grandi e tan to fuoco d'amore ci mostrano, che non cuore tanto duro che a considerarli punto, non si dissolvesse la durizia e freddezza sua; infinite sono le grazie e doni c he riceviamo da lui senza nostro addimandate. 629 Adunque, poich'egli d tanto senza nostro chiedere; quanto maggiormente compir e' desiderii nostri quando desidereremone cosa giusta? Anco, chi ce le fa deside rare e addimandate? Solamente egli. Dunque se egli ce le fa addimandate, segno c he egli le vuole compire, e dare quello che noi addimandiamo. Ma voi mi direte: Io confesso che egli ci che tu dici; ma onde viene che molte vo lte io addimando, e la contrizione e dell'altre cose, e non pare che mi siano da te? Io vi rispondo: O egli per difetto di colui che addimanda, dimandando imprud entemente, solo con la parola, e non con altro affetto; e di questi cotali disse 'l nostro Salvatore che 'l chiamano Signore, Signore (Mt 7, 21), dicendo che no n saranno cognosciuti da lui: non che egli non gli cognosca, ma per li loro dife

tti non saranno cognosciuti dalla misericordia sua. O egli dimanda cosa che, ave ndola, sarebbe nociva alla salute sua. Lettera 266. A Misser Ristoro Canigiani.

22 Settembre Sulla preghiera di domanda che, apparentemente, non viene esaudita 630 O egli dimanda cosa che, avendola, sarebbe nociva alla salute sua; onde, non avendo quello che dimanda, s l'ha, perocch egli 'l dimanda credendo che sia suo b ene; e avendolo, gli farebbe male; e, non avendolo, gli fa bene. E cos Dio ha com pita la sua intenzione con la quale egli addimandava. Sicch dalla parte di Dio, s empre l'abbiamo; ma ben questo, che Dio sa l'occulto e 'l palese e cognosce la n ostra imperfezione: onde vede che se subito ci desse la grazia come noi la Riman diamo, noi faremmo come l'animale immondo, che, levato dal mele 'l quale dolciss imo, non si cura dappoi di ponersi in su la cosa fetida. Cos vede Dio che spesse volte facciamo noi, che, ricevendo delle grazie e detti b eneficii suoi, participando la dolcezza della sua carit, non curiamo di ponerci i n su le miserie, tornando al vomito del fracidume del mondo. E per Dio alcuna vol ta non ci d quello che addimandiamo, cos tosto come vorremmo, per farci crescere i n fame e in desiderio; perocch si diletta, cio piacegli, di vedere innanzi a se la fame della sua creatura (= Dio ama vedere l'anima anelante e desiderosa di lui) . 631 Alcuna volta far la grazia dandola in effetto, ma non per sentimento. Questo modo usa con providenzia, perch cognosce che, s'egli se la sentisse avere, o egli allenterebbe la fune del desiderio, o verrebbe a presunzione: e per sottrae il s entimento, ma non la grazia. Altri sono che ricevono e sentono, secondo che piac e alla dolce bont sua, come nostro medico, di dare a noi infermi, e a ognuno d per quello modo che bisogna alle nostre infermit. Adunque vedete che, in ogni modo, l'affetto della creatura col quale dimanda a Dio, sempre adempito. Lettera 266.

23 Settembre Come deve essere fatta la preghiera di domanda, e con quali criteri 632 Ora vediamo quello che dobbiamo addimandate, e con che prudenzia. Parmi che la prima dolce Verit c'insegni quello che dobbiamo addimandate, quando nel santo Evangelio, riprendendo l'uomo della disordinata sollecitudine sua, la quale mett e in acquistare e tenere gli stati e ricchezze del mondo, disse: Non vogliate pe nsare per lo d di domane. Basta al d la sollecitudine sua (Mt 6, 34). Qui ci mostr a, che con prudenzia ragguardiamo la brevit del tempo. Poi soggiunge: Domandate p rima il reame del cielo; ch queste cose minime, ben sa il Padre celestiale che vo i avete bisogno (Mt 6, 33). Quale questo reame? E come s'addimanda? il reame di vita eterna, e il reame dell 'anima nostra, il quale reame dell'anima, se non posseduto dalla ragione, giamma i non entra nel reame di Dio. Con che s'addimanda? Non solamente con la parola; gi abbiamo detto che questi cot ali non sono cognosciuti da Dio; ma coll'affetto delle vere e reali virt-. La vi rt- quella che dimanda e possiede questo reame del cielo; la quale virt- fa l'uo mo prudente, che con prudenzia e maturit adopera in onore di Dio, in salute sua e del prossimo. Con prudenzia porta e sopporta i difetti suoi; con prudenzia ordi na l'affetto della carit; amando Dio sopra ogni cosa, e 'l prossimo come se medes imo. L'ordine questo: che egli dispone di dare la vita corporale per la salute d ell'anime, e la sostanzia temporale per campare il corpo del prossimo suo. Quest 'ordine pone la carit prudente. Se fosse imprudente, sarebbe tutto 'l contrario: come fanno molti che usano una stolta e matta carit, che molte volte, per campare il prossimo loro, non dico l'anima ma il corpo, ne pongono l'anima loro, con sp

argervi menzogne, dando false testimonianze. Costoro perdono la carit, perch non c ondita con la prudenzia. Lettera 266.

24 Settembre Sul modo di ricevere degnamente il santo sacramento dell'eucaristia 633 Veduto abbiamo che ci conviene addimandate il reame del cielo prudentemente Ora vi rispondo al modo che dobbiamo tenere della santa comunione, e come ci la conviene prendere. E non dobbiamo usare una stolta umilt, come fanno gli uomini s ecolari del mondo. Dico che ci conviene prendere questo dolce Sacramento, perch e gli cibo dell'anima, senza il qual cibo noi non possiamo vivere in grazia. Per ch e neuno legame tanto grande che non si possa e debba tagliare per venire a quest o dolce Sacramento. Debbane fare l'uomo dalla parte sua ci che pu; e bastagli. Com e il dobbiamo prendere? Col lume della santissima fede, e con la bocca del santo desiderio. Col lume della fede ragguarderete tutto Dio e tutt'uomo in quell'ost ia. Allora l'affetto che va dietro all'intelletto, prende con un affettuoso amor e e con una santa considerazione de' difetti e peccati suoi; onde viene a contri zione; e considera la larghezza dell'inestimabile carit di Dio, che con tanto amo re se gli dato in cibo. E perch (= bench) non gli paia avere quella perfetta contr izione e disposizione che esso medesimo vorrebbe, non debbe lassare; perch solo l a buona volont sufficiente, e la disposizione che dalla sua parte fatta. 634 Anco dico che cel conviene prendere, siccome fu figurato nel Testamento Vecc hio, quando fu comandato che si mangiasse l'agnello arrostito e non lesso; tutto e non parte; cinti e ritti, col bastone in mano; e il sangue dell'agnello pones sero sopra 'l limitare dell'uscio. Per questo modo ci conviene prendere questo Sacramento: mangiarlo arrostito, e n on lesso; ch, essendo lesso, v' in mezzo la terra e l'acqua, cio l'affetto terreno, e l'acqua del proprio amore. E per vuol essere arrostito, e non v' mezzo veruno. Allora si prende arrostito quando il riceviamo col fuoco della divina dolce cari t. E dobbiamo esser cinti col cingolo della coscienzia: ch troppo sarebbe sconvenevo le cosa che a tanta mondizia e purit s'andasse con la mente e col corpo immondi. Dobbiamo stare ritti, cio, che 'l cuore e la mente nostra sia tutta fedele e driz zata in Dio; col bastone della santissima croce, onde noi traiamo la dottrina di Cristo crocifisso. Ci quel bastone al quale noi ci appoggiamo, e che ci difende da' nemici nostri, cio dal mondo, dal dimonio e dalla carne. E conviensi mangiarlo tutto, e non parte: cio, che col lume della fede dobbiamo r agguardare non solamente l'umanit in questo Sacramento, ma il corpo e l'anima di Cristo crocifisso unita e impastata con la deit, tutto Dio e tutto uomo. Convienci toller il sangue di questo Agnello, e ponercelo in fronte, cio confessar lo ad ogni creatura ragionevole, e non dinegarlo mai n per pena n per morte. Or co s dolcemente ci conviene prendere questo Agnello arrostito al fuoco della carit in sul legno della croce. Cos saremo trovati segnati del segno di Tau (Es 12, 7; Ez 9, 46), e non saremo percossi dall'Angelo percussore. 635 Dissi che non ci conviene fare, n voglio che facciate, come molti imprudenti secolari, i quali trapassano quello che gli comandato dalla santa Chiesa, dicend o: Io non ne son degno. E cos passano lungo tempo col peccato mortale senza il ci bo dell'anime loro. O umilt stolta! E chi non vede che tu non ne sei degno? Qual tempo aspetti tu d'esser degno? Non l'aspettare; ch tanto ne sarai degno nell'ult imo, quanto nel principio. Ch con tutte le nostre giustizie, mai non ne saremo de gni. Ma Dio colui che degno, e della sua dignit fa degni noi. La sua dignit non di minuisce mai. Che dobbiamo fare? Disponerci dalla parte nostra, e osservare il d olce comandamento. Che se non facessimo cos, credendo fuggir la colpa, cadremmo n ella colpa. E per io concludo, e voglio, che cos fatta stoltizia non sia in voi; ma che vi dis poniate, come fedele cristiano, a ricevere questa santa comunione per lo modo de tto. Tanto perfettamente il farete, quanto starete nel vero cognoscimento di voi

: altrimenti no. Perocch, standoci, ogni cosa vedrete schiettamente. Lettera 266.

25 Settembre Caterina implora il perdono del papa per le sue presunte colpe verso di lui 636 Se venisse il caso, carissimo padre (= scrive a Raimondo), che vi trovaste d inanzi alla Santit del Vicario di Cristo (= Gregorio XI), dolcissimo e santissimo padre nostro; umilmente me gli raccomandate, rendendomi io in colpa alla Santit sua di molta ignoranzia e negligenzia che io ho commessa contro Dio, e disobedie nzia contra il mio Creatore, il quale m'invitava a gridare con ansietato desider io, e che con l'orazione gridassi dinanzi da lui, e con la parola e con la prese nzia fussi presso al Vicario suo. Per tutti quanti i modi ho commessi smisurati difetti; per li quali io credo che egli abbia ricevute molte persecuzioni, e la Chiesa santa, per le molte iniquitadi mie. Per la qual cosa, se egli si lagna di me, egli ha ragione, e di punirmi de' dife tti miei. Ma ditegli che io, giusta al mio potere, m'ingegner di correggermi nell e colpe mie, e di fare pi- a pieno l'obedienzia sua. Sicch io spero per la divina bont che volter l'occhio della sua misericordia verso della sposa di Cristo e del Vicario suo, e verso di me, tollendomi i difetti e la mia ignoranzia, ma verso della sposa in dargli refrigerio di pace e di rinnovazione, con molto sostenere; perocch in altro modo che senza fatica non si possono trarre le spine de' molti difetti che affogano il giardino della santa Chiesa. E a lui far grazia col dove egli voglia essere uomo virile, e non voliere capo ind ietro per alcuna fatica o persecuzione ch'egli riceva dalli iniqui figliuoli; ma costante e perseverante non schifi labore; ma, come uno agnello, si gitti in me zzo de' lupi, con fame e con desiderio dell'onore di Dio e della salute dell'ani me; lassando e alienando la cura delle cose temporali, e attendere alle spiritua li. Facendo cos; che gli richiesto dalla divina bont; l'agnello signoregger li lupi , ed i lupi torneranno agnelli; e cos vederemo la gloria e la loda del nome di Di o, bene e pace della santa Chiesa. Per altra via non si pu fare: non con guerra, ma con pace e benignit, e con quella santa punizione spirituale che debbe dare il padre al suo figliuolo quando commette la colpa. 637 Oim, oim, oim, santissimo Padre! Il primo di che veniste nel luogo vostro (=a R oma), l'aveste fatto! Spero nella bont di Dio e nella santit vostra, che quello che non fatto farete. E per questo modo si racquistano le temporali e le spirituali. Questo vi richiese, come voi sapete che vi fu detto, Dio che faceste, cio di procurare alla reformaz ione della santa Chiesa, procurando in punire i difetti e in piantare i virtuosi pastori; e pigliaste la pace santa con gl'iniqui figliuoli per lo migliore modo e pi- piacevole secondo Dio, che fare si potesse. Credo che le nostre negligenze e il non fare ci che si pu, non con crudelit, n pure con guerra, ma con pace e benignit; sempre dando la punizione a chi ha commesso i l difetto, non quanto egli merita, perocch non potrebbe tanto portare quanto egli merita pi-, ma secondo che lo infermo atto a potere portare; siano forse cagion e d'essere venuta tanta ruina e danno e irreverenzia della santa Chiesa e de' mi nistri suoi, quanto egli . E temo che, se non si rimediasse di fare quello che no n fatto, che i nostri peccati non meritassero tanto, che noi vedessimo venire ma ggiori inconvenienti; io dico, tali, che ci dorrebbero pi- che non fa il perdere le cose temporali. Di tutti questi mali e pene vostre io miserabile ne son cagi one per la poca mia virt-, e per molta mia disobedienzia. 638 Santissimo Padre, mirate col lume della ragione, e con la verit, il dispiacer e verso di me, non per punizione, ma per dispiacere 1. E a cui ricorro, se voi m 'abbandonaste? Chi mi sovverrebbe? A cui rifuggo, se voi mi cacciaste? E' persec utori mi perseguitano, e io refuggo a voi e agli altri figliuoli e servi di Dio. E se voi m'abbandonaste pigliando dispiacere e indignazione verso di me; e io m i nasconder nelle piaghe di Cristo crocifisso, di cui sete vicario: e so che mi r

icever, perocch egli non vuole la morte del peccatore. Ed essendo ricevuta da lui, voi non mi caccerete: anco, staremo nel luogo nostro a combattere virilmente co n l'arme della virt- per la dolce sposa di Cristo. In lei voglio terminare la vi ta mia, con lagrime, con sudori, e con sospiri, e dare il sangue e le mirolla de ll'ossa. E se tutto il mondo mi cacciasse; io non me ne curer, riposandomi, con p ianto e con molto sostenere, nel petto della dolce sposa. Perdonatemi, santissimo Padre, ogni mia ignoranzia e offesa che io ho fatta a Di o e alla vostra Santit. La verit sia quella che mi scusi, e me deliberi: verit eter na. Umilmente vi dimando la vostra benedizione. Lettera 267. A Frate Raimondo da Capua, dell'Ordine de' Predicatori. Scritta da Siena posteriormente al 17 gennaio 1377. Nota: 1 "Pare intenda: giudicate voi stesso ragionevolmente il dispiacere il quale a v oi pare che io vi abbia dato; e non me ne vogliate punire, ch gi il dispiacere che io ne ho, assai (TOMMASEO).

26 Settembre Solo il governare con giustizia conserva in pace lo stato e la citt 639 Da qualunque lato noi ci voltiamo, in ogni maniera di creature che hanno in loro ragione, si vede mancare in ogni virt- per questo malvagio vestimento del p roprio amor sensitivo. Se noi ci voltiamo a' prelati (= governanti), essi attend ono tanto a loro, e stare in delizie, che vedendo i sudditi nelle mani delle dim onia, non pare che se ne curino. E i sudditi, n pi- n meno, non si curano d'obedir e n nella legge civile, n nella legge divina, n si curano di servire l'un l'altro s e non per propria utilit. E per non basta questo amore (= l'amore egoistico), n l'u nione di quelli che sono uniti d'amore sensitivo, e non di vera carit; ma tanto b asta e dura l'amicizia loro, quanto dura il piacere e il diletto, e la propria u tilit che ne traggono. Onde, s'egli signore, egli manca nella santa giustizia: e questa la cagione; per occh teme di non perdere lo stato suo; e per non far dispiacere, s va mantellando e occultando i loro difetti, ponendo l'unguento in su la piaga, nel tempo che el la vorrebbe essere incolta e incesa col fuoco. Oim, misera l'anima mia! Quando eg li debbe ponere il fuoco della divina carit, e incendere il difetto con la santa punizione e correzione, per santa giustizia fatta; egli lusinga, e infingesi di non vederlo. Questo fa verso coloro che egli vede che possono impedire lo stato suo. Ma ne' poverelli, che sono da poco e di cui egli non teme, mostra zelo di grandi ssima giustizia; e senza alcuna piet e misericordia pongono grandissimi pesi per piccola colpa. Chi n' cagione di tanta ingiustizia? L'amore proprio di s. 640 Ma e' miserabili uomini del mondo, perch sono privati della verit, non cognosc ono la verit, n secondo Dio per la salute loro, n per loro medesimi; per conservare lo stato della signoria. Perch, se essi cognoscessero la verit, cederebbero che s olo il vivere col timore di Dio conserva lo stato e la citt in pace. E per conser vare la santa giustizia, rendendo a ciascuno de' sudditi il debito suo: e a chi debbe ricevere misericordia, fare misericordia, non per propria passione ma per verit; e a chi debbe ricever giustizia, farla condita con misericordia, non passi onata d'ira, n per detto di creatura, ma per santa e vera giustizia. E attendere al bene comune, e non al ben particolare; e ponere gli officiali, e quelli che h anno a reggere la citt, non a stte, n per animo, n per lusinghe, n per rivendere, ma solo con virt- e modo di ragione. E scegliere uomini maturi e buoni, e non fanci ulli; e che temano Dio, amatori del bene comune, e non del bene particolare suo. Or per questo modo si conserva lo stato loro e la citt in pace e in unione. Ma le ingiustizie, e il vivere a stte, e il ponere a reggere e governare uomini che no n sanno reggere loro medesimi n le famiglie loro, ingiusti e iracondi, passionali d'ira e amatori di loro medesimi; questi sono quelli modi che fanno perdere lo

stato spirituale della grazia, e lo stato temporale. Sicch vedete, carissimi fratelli e signori, che l'amore proprio guastamento della citt dell'anima, e guastamento e rivolgimento delle citt terrene. Onde io voglio che voi sappiate, che neuna cosa ha posto in divisione il mondo in ogni maniera di gente, se non l'amore proprio, dal quale sono nate e nascono le ingiustizie. Se voi sarete uomini giusti, e che il reggimento vostro sia fatto come detto di sopra, non passionati, n per amor proprio e bene particolare, ma con bene univers ale: conserverete lo stato, la pace, e l'unit della citt vostra. Lettera 268. Agli Anziani e Consoli e Gonfalonieri di Bologna. Scritta dopo il 4 luglio 1377.

27 Settembre Il papa deve seguire Cristo, portando come lui la croce per la salvezza delle an ime 641 Scrivo alla vostra Santit, con desiderio, che io lungo tempo ho desiderato (L c 22, 15), di vedervi portinaio virile e senza veruno timore. Portinai sete del cellaio di Dio (= della cantina di Dio), cio del sangue dell'unigenito suo Figliu olo, la cui vece rappresentate in terra; e per altre mani non si pu avere il sang ue di Cristo se non per le vostre. Voi pascete e nutricate li fedeli cristiani. Voi sete quella madre che alle mammelle della divina carit ci nutricate; perocch n on ci date sangue senza fuoco, n fuoco senza sangue. O governatore nostro, io dico che ho lungo tempo desiderato di vedervi uomo viri le e senza veruno timore; imparando dal dolce e innamorato Verbo, che virilmente corre all'obbrobriosa morte della santissima croce, per compire la volont del Pa dre e la salute nostra. Questo Verbo dolce arreca a noi la pace; non lassa quest o dolce e innamorato Verbo, per nostra ingratitudine, n per ingiuria, n per strazi n vituperio, che egli non corra all'obbrobriosa morte della croce, siccome innam orato della salute nostra; perocch in altro modo non potevamo giugnere all'effett o della pace. O padre santissimo nostro, io vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, che voi seguitiate le vestigie sue. Oim, pace, pace per l'amore di Dio! Non ragguardate alla miseria e ingratitudine e ignoranzia nostra, n alla persecuzione de' vostri ribelli figliuoli. Oim, vinca la vostra benignit e pazienza la malizia e superbia loro. Abbiate misericordia di tante anime e corpi che periscono. O pastore e por tinaio del sangue dell'Agnello, non vi retragga n pena n vergogna n vituperio che v i paresse ricevere, n timore servile, n gli perversi consiglieri del dimonio, che non casigliano altro che in guerre e in miserie. Tutto questo, santissimo Padre, non vi retragga che voi non corriate all'obbrobriosa morte della croce; seguita ndo Cristo, come suo vicario, cio, sostenendo pene, obbrobrio, tormento e villani e portiate la croce del santo desiderio: desiderio, dico, dell'onore di Dio, e d ella salute degli figliuoli vostri. E con l'occhio dell'intelletto vostro vi lev ate in su la croce del desiderio; e ragguardate quanti mali seguitano per questa perversa guerra, e quanto il bene che sguita, della pace. Lettera 270. A Gregorio XI. Scritta dopo il ritorno del pontefice a Roma, da Bel caro presso Siena.

28 Settembre Caterina dichiara che "le mie iniquit sono cagione d'ogni male" 642 Oim, disavventurata l'anima mia, che le mie iniquit sono cagione d'ogni male; e pare che 'l dimonio abbi preso signoria del mondo; non per se medesimo, ch egli non pu cavelle (= nulla), ma in quanto noi gli abbiamo dato. Da qualunque lato i o mi volgo, vedo che ognuno gli porta le chiavi del libero arbitrio con la perve rsa volont; e' secolari, e' religiosi, e li chierici, con superbia correre alle d elizie, stati e ricchezze del mondo, con molta immondizia e miseria. Ma sopra tu

tte l'altre cose che io vegga che sia molto abominevole a Dio, si detti fiori, c he sono piantati nel corpo mistico della santa Chiesa, che debbono essere fiori odoriferi, e la vita loro specchio di virt-, gestatori e amatori dell'onore di D io e della salute dell'anime; ed egli gittano puzza d'ogni miseria; e amatori di loro medesimi, raunando (= assommando) li difetti loro con esso gli altri; e si ngolarmente nella persecuzione che fatta alla dolce sposa di Cristo e alla Santi t vostra. O babbo mio, voi sete posto a noi per tramezzature a fare questa pace. Non veggo che ella si faccia se voi non portate la croce del santo desiderio, co me detto . Noi abbiamo guerra con Dio; e li ribelli figliuoli l'hanno con Dio e c on la Santit vostra: e Dio vuole e vi richiede che folliate, giusta 'l vostro pot ere, la signoria dalle mani delle dimonia. 643 Mettete mano a levare la puzza de' ministri della santa Chiesa; traetene e' fiori puzzolenti, piantatevi e' fiori odoriferi, uomini virtuosi, che temono Dio . Poi vi prego che piaccia alla Santit vostra di condescendere di dar la pace, e riceverla per qualunque modo ella si pu avere, conservando sempre quella dolce Ch iesa, e la coscienzia vostra. Vuole Dio, che voi attendiate all'anime e alle cos e spirituali pi- che alle temporali. Fate virilmente: ch Dio per voi. Adoperatevi senza veruno timore; e, perch vediate le molte fatiche, non temete: confortatevi con Cristo dolce Ges-. Ch tra le spin e nasce la rosa, e tra le molte persecuzioni ne viene la reformazione della sant a Chiesa, la luce che fa levare la tenebra de' cristiani e la vita Begl'infedeli , e la levazione della santa croce. Scritta al nostro monasterio nuovo che mi concedeste, titolato Santa Maria degli Angeli. Lettera 270.

29 Settembre Senza pena non si pu passare il mare tempestoso di questa vita 644 Scrivo a te, acciocch mai non ti sciogli della verit, ma per amore della verit desideri di portare pena, sostenendo senza colpa infino alla morte. Perocch senza pena non si pu avere; e nel Padre non cade pena, ma solo nel Figliuolo. E perch s enza pena non potevamo passare questo mare tempestoso; per questo dolce e amoroso Verbo, in cui cade la pena, si fece via, e regola nostra, e batte la strada col sangue suo. Adunque non dormiamo noi, serve ricomperate dal sangue di Cristo; ma destiamoci dal sonno della negligenzia; e corriamo per questa strada di Cristo crocifisso, con spasimato e ansietato desiderio. Ora il tempo da non dormire, perocch vediamo il mondo in maggior necessit che fosse mai. E per t'invito e ti comando, che tu r innovelli il pianto e il desiderio tuo con molte orazioni per la salute di tutto quanto il mondo, e per la reformazione della santa Chiesa; che Dio per la sua b ont dia grazia al Padre nostro (= il papa) che compia quello ch'egli ha cominciat o. Ch, secondo che m' stato scritto da Roma, pare ch'egli cominci virilmente; per c he pare che voglia attendere ad acquistare anime. E perch io so il santo desideri o suo, ho speranza, se i miei peccati non lo impediscono, che tosto s'aver la pac e. Lettera 271. A Monna Alessa. Scritta da Firenze nel 1378.

30 Settembre Quanto pi- la Chiesa abbonda di tribolazioni tanto pi- Dio la far abbondare di consolazioni 645 Confortatevi, carissimo padre, nella dolce sposa di Cristo; perocch quanto ab onda pi- in tribolazioni e amaritudine, tanto pi- promette la divina Verit di far la abondare in dolcezza e in consolazioni. E questa sar la dolcezza sua: la rifor mazione de' santi e buoni pastori, i quali sono fiori di gloria, cio che rendono

odore e gloria di virt- a Dio. Questa la riformazione del fiore de' suoi ministr i e pastori. Ma non n'ha bisogno il frutto di questa sposa d'essere riformato, perocch non dim inuisce n guasta mai per li difetti de' ministri. Sicch dunque godete nell'amaritu dine, poich la Verit ci ha promesso di darci refrigerio dopo l'amaritudine. 646 Onde subito per divina grazia le crebbe (= a Caterina) uno desiderio e una a llegrezza sopra ogni modo. E aspettando che venisse la mattina per avere la mess a, che era il d di Maria; e venuta l'ora della messa, si pose nel luogo suo con v ero cognoscimento di se, vergognandosi dinanzi da Dio della sua imperfezione. E levando se sopra di s con ansietato desiderio, e speculando con l'occhio dell'int elletto nella Verit eterna, dimandava ine quattro petizioni. Lettera 272. A Frate Raimondo da Capua, dell'Ordine de' Predicatori. Scritta pro babilmente nel 1377. Si pu considerare come un primo abbozzo del Dialogo.

OTTOBRE 1 Ottobre Caterina fa a Dio quattro petizioni: la prima la riforma della santa Chiesa 647 E levando s sopra di se [l'anima mia], con ansietato desiderio, e speculando con l'occhio dell'intelletto nella Verit eterna, dimandava ine quattro petizioni. E prima la riformazione della santa Chiesa. Allora Dio, lassandosi costrignere a lle lagrime, e legare alla fune del desiderio, diceva: Figliuola mia dolcissima, vedi come ha lordata la faccia sua con la immondizia e con l'amor proprio, ed e nfiata superbia ed avarizia di coloro che si pascono al petto suo. Ma tolti le l agrime e lo sudore tuo, e trle dalla fontana della divina mia carit, e lavale la f accia. Perocch io ti prometto che non le sar renduto la bellezza sua col coltello, n con crudelit, n con guerra, ma con la pace, e umili e continue orazioni, sudori e lagrime, gittate con ansietato desiderio de' servi miei. E cos adempir il deside rio tuo con molto sostenere; e in neuna cosa vi mancher la mia providenzia. Lettera 272.

2 Ottobre Seconda petizione: la salvezza di tutto quanto il mondo 648 E poniamoch in questo si contenesse la salute di tutto quanto il mondo; nondi meno l'orazione si distendeva pi- in particolare dimandando per tutto quanto il mondo. Allora Dio mostrava con quale amore aveva creato l'uomo; e diceva: Or ved i che ognuno mi percuote. Vedi, figliuola, con quanti diversi e molti peccati es si mi percuotono, e specialmente con il miserabile e abominevole amore proprio d i loro medesimi, onde procede ogni male, col quale hanno avvelenato tutto quanto il mondo. Voi dunque, servi miei, paratevi dinanzi colle molte orazioni; e cos m itigherete l'ira del divino giudizio. E sappi che neuno pu escire dalle mie mani. E per apri l'occhio dell'intelletto, e mira nella mia mano. E, levando l'occhio, vedeva nel pugno suo rinchiuso tutto l'universo mondo. E po i diceva: Io voglio che tu sappi che neuno me ne pu essere tolto; perocch tutti st anno o per giustizia o per misericordia; sicch tutti sono miei. E perch sono escit i di me, amoli ineffabilmente, e far loro misericordia col mezzo de' servi miei. Allora, crescendo il fuoco del desiderio, stava quasi beata e dolorosa, e rendev a grazie alla divina bont; quasi cognoscendo che Dio le avesse manifestato i dife tti delle creature perch fusse costretta a levarsi con pi- sollicitudine e maggio

re desiderio. E in tanto crebbe il santo e amoroso fuoco, che il sudore della ac qua, il quale gittava, ella lo spregiava per grande desiderio che aveva di veder e escire dal corpo suo sudore di sangue; dicendo a se medesima: Anima mia, tutto il tempo della vita tua hai perduto. E per sono venuti tanti mali e danni nel mo ndo e nella santa Chiesa, in comune e in particolare. Onde io ora voglio che tu remedisca col sudore del sangue. Allora quella anima, speronata dal santo deside rio, si levava molto maggiormente, ed apriva l'occhio dell'intelletto, e specula vasi nella divina carit; onde vedeva e gustava quanto siamo tenuti e deviamo cerc are la gloria e la loda del nome di Dio nella salute dell'anime. Lettera 272.

3 Ottobre Terza petizione: la santificazione dei fedeli cristiani. Inizio dell'allegoria del Ponte 649 E a questo vi chiamava e allegava (= costringeva) la Verit eterna, rispondend o alla terza petizione, ci era la fame della vostra salute, dicendo: Figliuola, q uesto voglio ch'egli cerchi con ogni sollecitudine. Ma questo non potrebbe n egli n tu, n alcuno altro avere senza le molte persecuzioni; secondo che io ve le conc eder. Digli: Come egli desidera il mio onore nella santa Chiesa, cos concedi (= co ncepisca) amore e volere sostenere con vera pazienza. E a questo mi avvedr ch'egl i e gli altri miei servi cercheranno il mio onore in verit. E allora sar il cariss imo figliuolo, e riposerassi sopra il petto dell'unigenito mio Figliuolo; del qu ale ho fatto ponte perch tutti possiate giungere a gustare e ricevere il frutto d elle vostre fatiche. Sapete, figliuoli, che la strada si ruppe per lo peccato e disobedienzia di Adam , per siffatto modo, che neuno poteva giugnere al termine suo; e cos non s'adempi va la mia verit, che l'avevo creato alla imagine e similitudine mia, perch egli av esse vita eterna, e participasse e gustasse me che sono somma ed eterna bont. Que sta colpa germin spine e triboli di molte tribolazioni, con uno fiume che sempre percuote l'onde sue: e per io v'ho dato il ponte del mio Figliuolo, acciocch, pass ando il fiume, non v'annegaste. Ma aprite l'occhio dell'intelletto, e vedete che tiene dal cielo alla terra; perocch bene di terra non si poteva fare di tanta gr andezza che fusse sufficiente a passare il fiume e darvi la vita. Sicch, esso un l 'altezza del cielo, cio la natura divina, con la terra della vostra umanit. Convie nvi dunque tenere per questo ponte, cercando la gloria del nome mio nella salute dell'anime, sostenendo con pena le molte fatiche, seguitando le vestigie di que sto dolce e amoroso Verbo. Lettera 272.

4 Ottobre La grande allegoria di Cristo Ponte che salva e conduce l'uomo alla sua perfezio ne 650 Io v'ho dato il ponte del mio Figliuolo, acciocch, passando il fiume non v'an negaste. Convienvi dunque tenere per questo ponte, seguitando le vestigie di que sto dolce e amoroso Verbo. Voi sete miei lavoratori, che v'ho messi a lavorare n ella vigna della santa Chiesa perocch io voglio fare misericordia al mondo. Ma guardate che voi non teniate di sotto [al ponte]; perocch ella non la via dell a verit. Sai tu chi sono coloro che passano di sotto a questo ponte? Sono gl'iniq ui peccatori, per li quali io vi prego che mi preghiate, e per cui vi richieggo lagrime e sudori; perocch giaciono nelle tenebre del peccato mortale. Costoro van no per lo fiume, e giungono all'eterna dannazione, se gi essi non tolgono il giog o mio, e pongonlo sopra di loro. 651 E alquanti sono che, col timore della pena, si recano alla riva, ed escono d al peccato mortale; sentono le spine delle molte tribulazioni, e per sono esciti

dal fiume. Ma se essi non commettono negligenzia, e non dormono nell'amore propr io di loro medesimi, essi s'attaccano al ponte, e cominciano a salire, amando la virt-. Ma se essi permangono nell'amore proprio e in negligenzia, ogni cosa lor fa male. E non sono perseveranti; ma uno vento contrario che giunga, li fa torn are al vomito. 652 Veduto che ebbe in quanti diversi modi l'anima s'annegava, ed egli diceva: M ira quelli che vanno per lo ponte di Cristo crocifisso. E molti io ne vedeva, che correvano senza alcuna pena, perch non avevano 'l peso della propria volont; e questi erano i veri figliuoli, e' quali, abbandonati loro medesimi, andavano con ansietato desiderio cercando solo l'onore di Dio e la sa lute dell'anime. E a' piedi dell'affetto loro, che tenevano e andavano per Crist o crocifisso, che era esso ponte, correva l'acqua di sotto; e le spine erano con culcate da' loro piei, e per non lo' (= loro) faceva male; cio che nell'affetto lo ro non curavano le spine delle molte persecuzioni, ma con pazienza vera portavan o la prosperit del mondo, che sono quelle crudeli spine che danno morte all'anima , che lo possiede con disordinato amore. Essi le spregiavano, come se fossero st ate veleno; e neuna altra cosa attendevano se non di dilettarsi in croce con Cri sto, perocch loro obietto era egli. 653 Altri v'erano, che andavano lentamente. E perch andavano lenti? Perch s'avevan o posto dinanzi all'occhio dell'intelletto non Cristo crocifisso, ma le consolaz ioni che traevano da Cristo crocifisso, le quali gli dava amore imperfetto. E al lentavano spesso nell'andare; siccome fece Pietro innanzi alla Passione, quando s'aveva posto dinanzi a se, solo il diletto della conversazione di Cristo; e per venne meno, essendogli tolto l'obietto della consolazione. Ma quando si fortific, poich ebbe perduto se, non volse cognoscere altro n cercare, se non Cristo crocif isso. Cos questi cotali sono deboli, e allentano l'andare del santo desiderio, quando s i veggono levare dinanzi dalla mente loro l'obietto del diletto, e delle proprie consolazioni. Onde, giugnendo poi le punture o di tentazioni del dimonio o dell e creature, o di loro medesimi d'una tenerezza spirituale che hanno; vedendosi p rivati di quella cosa che amavano, vengono meno e indebiliscono nella via di Cri sto crocifisso. Perocch in Cristo crocifisso hanno voluto seguitare 'l Padre, e gustare la dolcez za delle molte consolazioni: perch nel Padre non pu cadere pena, ma s nel Figliuolo . E per dicevo che seguitavano 'l Padre. E vedevasi che non si poteva rimediare l a debilezza loro se non seguitassero 'l Figliuolo. E cos diceva la Verit eterna: I o dico che neuno pu venire a me se non per questo mezzo dell'unigenito mio Figliu olo; perocch egli colui che v'ha fatta la via la quale dovete seguitare. Egli Via , Verit, e Vita. 654 Ma molti ne vedeva correre dal timore imperfetto al perfetto; e questi andav ano con sollicitudine nel secondo stato e nell'ultimo. Ma ve n'aveva che con neg ligenzia si ponevano a sedere all'entrata del ponte, con questo timore servile; e tanto avevano preso per spizziconi 'l loro cominciare, e s tepidamente, che non aggiungendo punto di fuoco di cognoscimento di loro medesimi e della bont di Dio in loro, si rimanevan o nella loro lepidezza. Di questi cotali diceva la dolce Verit: Vedi, figliuola, che impossibile sarebbe che costoro, che non vanno innanzi esercitando la virt-, che non tornassero indietro. Lettera 272.

5 Ottobre Quarta petizione: riguardante un caso particolare 655 Poich la divina bont, carissimo padre, sopra le tre petizioni ebbe risposto, c ome detto ; rispose alla quarta petizione, che s domandava, dimandando l'adiutorio e la providenzia di Dio, che provedesse in alcuno, che era divenuto d'alcuna cr eatura (= che provvedesse circa un caso avvenuto ad una creatura), il quale per scritto non vi posso contare, ma con la parola viva vel dir.

Dicevo, e dico, che la Verit eterna si degn di rispondere alla quarta e all'ansiet ato desiderio che dimandava, dicendo: Figliuola mia, providenzia non mancher mai a chi la vorr ricevere. Ci sono coloro che perfettamente sperano in me. Onde, apre ndo io l'occhio dell'intelletto, per obedire al comandamento suo, nell'abisso de lla sua carit; allora si vedeva come egli era somma eterna bont, e come per solo a more dava ci che egli dava. Tribolazione e consolazione, ogni cosa era data per a more e per prevedere alla salute dell'uomo, e non per alcuno altro fine. Ma essi , accecati per lo proprio amore che hanno di loro, si scandalizzano con molta im pazienza, giudicando in male, e in loro danno e ruina e in odio, quello che io f o per amore e per loro bene, per privarli delle pene eternali, e per guadagno da re loro vita eterna. Ma essi fanno come lo cieco che col tatto della mano, e alc una volta col sapore del gusto e alcuna volta col suono della voce, vorr giudicar e in bene e in male, secondo il suo infermo e piccolo cognoscere. Come matto, vu ole andare col sentimento della mano, che ingannata nel suo toccare, perocch non ha lume in discernere il colore. E cos il gusto s'inganna, perch non vede l'animal e immondo che si pone in sul cibo. L'orecchia ingannata nel diletto del suono, e perch non vede colui che canta, il quale con quello suono, non guardandosi da lu i per lo diletto, gli pu dare la morte. Ma perch egli non vede, non s'aguarda che egli uno panno amischiato di molte spin e e di molta miseria di grandi affanni. Cos la bocca del desiderio, che disordina tamente l'ama, gli paiono dolci e soavi a prenderli; e v' su l'animale immondo di molti peccati mortali, che fanno immonda l'anima. Perocch, come accecati del pro prio amore, e con la fidanza che hanno posta nel loro proprio amore e sapere, no n s'attengono a me, che son via e guida loro, e son vita e lume; e chi va per me , non pu essere ingannato, n andare per la tenebra. Non si fidano di me, che non v oglio altro che la loro santificazione; e loro do e permetto ogni cosa per amore . 656 Vuoi, figliuola, che ti mostri quanto il mondo ingannato de' misteri miei? O r apri l'occhio dell'intelletto, e ragguarda in me. E mirando con ansietato desi derio, dimostrava la dannazione di colui, per cui era addivenuto il caso e di cu i era pregato; dicendo: Io voglio che tu sappi che per camparlo dall'eterna dann azione, nella quale tu vedi ch'egli era, io gli permisi questo caso, acciocch col sangue suo nel sangue mio avesse vita; perocch non avevo dimenticato la riverenz ia e amore che aveva alla mia dolcissima madre Maria. Lettera 272.

6 ottobre Voglio che vi serriate nel costato aperto del Figliuolo di Dio 657 Voglio dunque che vi serriate nel costato aperto del Figliuolo di Dio, il qu ale una bottiga aperta, piena d'odore; in tanto che il peccato vi diventa odorif ero. Ivi la dolce sposa si riposa nel letto del fuoco e del sangue. Ivi si vede ed manifestato il secreto del cuore del Figliuolo di Dio. Oh botte spillata, la quale di bere ed inebbri ogni innamorato desiderio, e di letizia ed illumini ogni intendimento, e riempi ogni memoria, che ivi s'affatica; in tanto che altro non pu ritenere, n altro intendere, n altro amare, se non questo dolce e buono Ges-. Sa ngue e fuoco, inestimabile amore! Poich l'anima mia sar beata di vedervi cos annegati (= nel sangue); io voglio che f acciate come colui che attigue l'acqua colla secchia, il quale la versa sopra al cuna altra cosa; e cos voi versate l'acqua del santo desiderio sopra il capo de' fratelli vostri, che sono membri nostri, ligati nel corpo della dolce Sposa. E g uardate che per illusione di dimonia, le quali so che v'hanno dato impaccio, e d aranno, o per detto d'alcuna creatura, voi non vi tiriate mai addietro; ma sempr e perseverate ogni otta (= ora) che vedeste la cosa pi- fredda, infino che vedia mo spargere il sangue con dolci e amorosi desiderii. Lettera 273. A frate Raimondo da Capua, dell'Ordine de' Predicatori. Scritta dop o il giugno 1375.

7 Ottobre La invidiabile morte di Niccol di Tuldo 658 Su, su, padre mio dolcissimo, e non dormiamo pi-. Perocch io odo novelle, che io non voglio pi-, n letto, n stati. Io ho cominciato gi a ricevere uno capo nelle mani mie, il quale mi fu di tanta d olcezza, che 'l cuore noi pu pensare, n lingua parlare, n l'occhio vedere, n l'orecc hie udire. Andai a visitare colui che sapete: onde egli ricevette tanto conforto e consolazione, che si confess, e disposesi molto bene. E fecemisi promettere pe r l'amore di Dio, che, quando fusse il tempo della giustizia, io fussi con lui. E cos promisi e feci. Poi la mattina, innanzi la campana, andai a lui; e ricevett e grande consolazione. Menailo a udire la Messa; e ricevette la santa comunione, la quale mai pi- aveva ricevuta. Era quella volont accordata e sottoposta alla v olont di Dio; e solo v'era rimasto uno timore di non essere forte in su quello pu nto. Ma la smisurata e affocata bont di Dio lo ingann, creandogli tanto affetto ed amore nel desiderio di Dio, che non sapeva stare senza lui, dicendo: Sta meco, e non mi abbandonare. E cos non star altro che bene; e muoio contento. E teneva il capo suo in sul petto mio. Io allora sentiva uno giubilo e uno odore del sangue suo; e non era senza l'odore del mio, il quale io desidero di spandere per lo d olce sposo Ges-. E crescendo il desiderio nell'anima mia, e sentendo il timore s uo, dissi: Confortati, fratello mio dolce; perocch tosto giungeremo alle nozze. T u v'anderai bagnato nel sangue dolce del Figliuolo di Dio, col dolce nome di Ges -, il quale non voglio che t'esca mai dalla memoria. E io t'aspetto al luogo del la giustizia. 659 Or pensate, padre e figliuolo, che il cuore suo perdette allora ogni timore, e la faccia sua si trasmut di tristizia in letizia; e godeva, esultava, e diceva : Onde mi viene tanta grazia, che la dolcezza dell'anima mia m'aspetter al luogo santo della giustizia? Vedete che era giunto a tanto lume, che chiamava il luogo della giustizia santo! E diceva: Io ander tutto gioioso e forte; e parrammi mill e anni che io ne venga, pensando che voi m'aspettiate ine. E diceva parole tanto dolci, che da scoppiare, della bont di Dio. Aspettailo al luogo della giustizia; e aspettai ivi con continua orazione e pres enzia di Maria e di Catarina vergine e martire. Ma prima che io giugnessi a lei, io mi posi gi-, e distesi il collo in sul ceppo; ma non vi venne, che io avessi pieno l'affetto di me. Ivi su, pregai, e costrinsi, e dissi: Maria! Che io vole va questa grazia, che in su quello punto gli desse uno lume e una pace di cuore, e poi il vedessi tornare al fine suo. Empissi allora l'anima mia tanto, che, es sendo ivi moltitudine di popolo, non poteva vedere creatura, per la dolce promes sa fatta a me. 660 Poi egli giunse, come uno agnello mansueto: e vedendomi, cominci a ridere; e volse che io gli facesse il segno della croce. E ricevuto il segno, dissi io: Gi uso! Alle nozze, fratello mio dolce! Ch tosto sarai alla vita durabile. Posesi gi - con grande mansuetudine; e io gli distesi il collo, e chinmi gi-, e rammentili i l sangue dell'Agnello. La bocca sua non diceva se non: Ges-, e, Catarina. E, cos dicendo, ricevetti il capo nelle mani mie, fermando l'occhio nella divina bont, e dicendo: Io voglio. Allora si vedeva Dio e uomo, come si vedesse la chiarit del sole; e stava aperto, e riceveva il sangue; nel sangue suo uno fuoco di desiderio santo, dato e nasco sto nell'anima sua per grazia; riceveva nel fuoco della divina carit. Poich ebbe r icevuto il sangue e il desiderio suo, ed egli ricevette l'anima sua, la quale mi se nella bottiga aperta del costato suo, pieno di misericordia; manifestando la prima Verit, che per sola grazia e misericordia egli il riceveva, e non per verun a altra operazione. O quanto era dolce e inestimabile a vedere la bont di Dio! Co n quanta dolcezza e amore aspettava quella anima partita dal corpo! Volt l'occhio della misericordia verso di lei, quando venne a intrare dentro nel costato bagn ato nel sangue suo, il quale valeva per lo sangue del Figliuolo di Dio. 661 Ma egli faceva uno atto dolce da trare mille cuori. E non me ne maraviglie; perocch gi gustava la divina dolcezza. Volsesi come fa la sposa quando giunta all'

uscio dello sposo suo, che volge l'occhio e il capo a dietro, inchinando chi l'h a accompagnata, e con l'atto dimostra segni di ringraziamento. Riposto che fu, l 'anima mia si ripos in pace e quiete, in tanto odore di sangue, che io non potevo sostenere di levarmi il sangue, che mi era venuto addosso, di lui. Oim misera mi serabile! Non voglio dire pi-. Rimasi nella terra con grandissima invidia. Lettera 273.

8 Ottobre A una meretrice di Perugia, a petizione d'un suo fratello 662 Io piango e dogliomi che tu, creata alla imagine e similitudine di Dio, rico mperata del prezioso sangue suo, non ragguardi la tua dignit; n 'l grande prezzo c he fu pagato per te. Fatta sei serva e schiava del peccato; preso hai per signor e il dimonio; a lui servi il d e la notte. Pnsati che il signore d al servo suo di quello ch'egli ha. Se tu servi al dimonio, tu partecipi del suo. Or che ha 'l dimonio, figliuola mia? Tenebre, tempeste, a maritudine, pena, tormenti e flagelli. Nel luogo suo ci ha pianto e stridore di denti, privazione della visione di Dio, nella quale visione sta la beatitudine d ell'anima. Di questa beatitudine ne furono privati essi dimoni per la superbia l oro; e cos coloro che seguitano la volont del dimonio, sono privati d'essa visione . Non vedi che tu se' fatta come il membro che tagliato dal corpo, che, essendo ta gliato, subito si secca; e cos tu, essendo tagliata e divisa da Cristo per lo pec cato mortale, se' fatta come 'l legno arido e secco, senza neuno frutto. Esci, e sci di questa pericolosa servitudine e tenebre, nella quale tu se' condotta. 663 Oim, se mai tu none 'l facessi per amore di Dio, almeno per la vergogna e con fusione del mondo il doveresti fare. Or non vedi tu che tu se' colei che ti di ne lle mani degli uomini a fare strazio, scherni, e scempio delle carni tue? Or non vedi tu che tu se' amata e ami d'uno amore mercennaio che ti d morte? Che tanto ami o se' amata, quanto ne traggono, o che tu ne trai, diletto o utilit? Tratto d a s il diletto o 'l dono, tratto da se l'amore; per che non fondato in Dio, ma fon dato nel dimonio. 664 Pnsati, figliuola, che tu hai a morire, e non sai quando. Per disse il nostro dolce Salvatore: State apparecchiati, ch voi non sapete n 'l d n l'ora che voi saret e richiesti (Lc 12 40). E santo Giovanni dice: Egli ha gi posta la scure alla rad ice dell'arbore. Non se non da tagliare (Mt 3, 10). Pensa che se ora il sommo gi udice ti richiede, tu se' trovata nelle mani delle dimonia e in stato di dannazi one. Comparire ti conviene, e non hai chi risponda per te; ch coloro che possono rispondere, aiutarti e sovvenirti, ci sono le virt-, tu non l'hai. Adunque, fatti una santa forza e violenza a te medesima; lvati da tanta miseria e fracidume; ricorri al tuo Creatore, che ti ricever, purch tu voglia lassare il pe ccato mortale e ritornare allo stato di grazia. Io ti dico, dolcissima figliuola mia, che se tu vomicherai il fracidume del peccato per la santa confessione, co n proponimento di non cader pi-, n ritornare al vomito; dice la dolce benignit di Dio: Io ti prometto che non mi ricorder che tu mi offendessi mai (Ebr 10, 17). E veramente cos : che colui che punisce per contrizione e dispiacimento il peccato s uo, Dio none 'l vuole punire nell'altra vita. 665 Non ti paia faticoso. Ricorri a quella dolce Maria che madre di piet e di mis ericordia. Ella ti mener alla presenzia del figliuolo suo, mostrandogli per te il petto con che ella il latta, inchinandolo a farti misericordia. Tu, come figliu ola e serva ricomperata di sangue, entra allora nelle piaghe del Figliuolo di Di o; dove troverai tanto fuoco di ineffabile carit, che consumer e arder tutte le mis erie e i difetti tuoi. Vederai che t'ha fatto bagno di sangue per lavarti dalla lebbra del peccato mortale, e della sua immondizia, nella quale tanto tempo se' stata. Non ti schifer il dolce Dio tuo. Accompgnati e impara da quella dolce e innamorata Maddalena che, subito ch'ella e bbe veduto il male e 'l difetto suo, e subitamente si leva con grandissimo odio dell'offesa di Dio e amore della virt-, va cercando per potere trovare misericor

dia. Vede bene che non la pu trovare altrove che in Cristo dolce Ges-, e per ella se ne va a lui; e non mira n a onore n a vituperio, ma umilmente se gli getta a' p iei. Ine per amore, dolore e amaritudine, con perfetta umilt riceve la remissione de' peccati suoi. Ella merita d'udire quella dolce parola: Maria, va' in pace, e non peccare pi-. Or cos fa' tu, figliuola mia dolcissima. Rispondi a Cristo crocifisso che ti chiama con umile voce; corri dietro all'odor e dell'unguento suo. 666 E se tu mi dicessi: Il non avere di che vivere mi ritrae. E io ti dico che D io ti provveder. Ed anco ho sentito dal tuo fratello carnale che ti vuole aiutare in ci che bisogna. Non volere adunque aspettare il divino giudizio, il quale cad erebbe sopra di te, se questo non facessi. Non volere pi- essere membro del diav olo che, come laccio suo, ti se' posta a pigliare le creature. Non basta assai ' l male che tu fai per te; pnsati di quanti se' cagione tu di fare andare all'infe rno. Non dico pi-. Ama Cristo crocifisso. Ges- dolce, Ges- amore, Maria dolce ma dre. Lettera 276. A una meretrice in Perugia, a petizione d'un suo fratello.

9 Ottobre Occorre fare come il vero e buono pellegrino 667 Convienci tenere 'l modo che tiene il vero pellegrino e viandante in questa vita. E perch corriamo in verso il termine della morte, voglio che virilmente fac ciate come il pellegrino che savio; e non ragguarda mai n a fatica n a diletti che nella via trovasse, ma ragguarda pure (= solo) al termine e fine, col dove vuole giugnere. Cos noi viandanti non ci dobb iamo voliere n alle tribolazioni n alle ingiurie n agli obbrobri che ci fossero det ti o fatti in questa vita. E convienci avere in questo camino il bastone in mano, s che ci possiamo difender e dagli animali bruti e nimici nostri. Questo sia il bastone della santissima cr oce. Nel quale bastone troverete l'Agnello svenato consumato d'amore; il quale c i difende dal nimico della nostra sensualit. Perocch l'anima, ragguardando tanto f uoco d'amore, mortifica e uccide le sue perverse volont. Bagnatevi, bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; andate leccando il sangue di Cristo crocifisso per cotesti Perdoni (= luoghi e pratiche per l'acquisto di indulgenze); ch altro non fa la creatura quando va per li Perdoni, se non che ric ogliendo il sangue; per che 'l perdono ci dato per lo sangue dell'Agnello immacol ato. Lettera 278. A Monna Alessa Bartolomea di Domenico, in Roma.

10 Ottobre La carit madre e nutrice di tutte le virt668 La carit madre e nutrice di tutte quante le virt-. Ella di tanta dolcezza, ch e in lei non cade veruna amaritudine che affligga l'anima; ma genera un'amaritud ine dolce, che ingrassa l'anima in uno vero cognoscimento di s, dove ella cognosc e le colpe sue passate e presenti, commesse contra il suo Creatore. Per lo quale cognoscimento ha amaritudine, dolendosi d'avere offeso tanto sommo ed eterno be ne, e d'avere lordata la faccia e bellezza dell'anima sua; la quale fu lavata ne l sangue dell'umile e immacolato Agnello. Nel qual sangue cognosce il fuoco e l' abisso della sua carit; per lo quale cognoscimento l'anima viene ad amare, che in altro modo non vi verrebbe. Per che tanto ama la creatura il suo Creatore, quant o ragguarda se essere amato da lui. Onde tutta la freddezza del cuore nostro non procede da altro, se non perch noi non ragguardiamo quanto noi siamo amati da Di o. 669 Con questo lume di cognoscimento veniamo a perfettissima carit di Dio. E con questo veniamo alla carit del prossimo nostro. Per che l'anima che ama il suo Crea

tore, vuole amare quel che egli molto ama: e per, vedendo che egli molto ama la c reatura, costretta dal fuoco della sua carit ad amarla e servirla con grande dili genza e sollecitudine E quella utilit che non pu fare a Dio, perch non ha bisogno d i noi, la vuol fare a lei, ministrandole di quelle grazie e doni, che ha ricevut i da Dio in se, spirituali e temporali. E ci che le ministra fa con spirituale in tenzione; per che la carit schietta e liberale non cerca le cose sue (I Cor 13, 5) , perch non ama s, ma il Creatore, n le creature per s, ma ogni cosa ama per Dio. 670 La carit non finta n doppia, che ella mostri una di fuore, e un'altra porti di dentro. Ella umile, e non superba; anco, l'umilt nutrica la carit nell'anima. Ell a non infedele, ma fedele; che fedelmente serve Dio, e il prossimo suo, sperando in lui, e non in se. Ella non imprudente; e per adopera tutte le cose con gran p rudenzia. Ella giusta, che ad ognuno rende il debito suo: a Dio rende gloria, e loda al nome suo con le sante virt-; e al prossimo la benivolenzia, e a se rende odio della colpa commessa, e dispiacimento alla propria fragilit. Ella forte: ch e n l'avversit la pu indebilire per impazienza, n la prosperit per disordinata allegr ezza. Ella pacifica i discordanti, rifrena l'ira, e conculca l'accidia e l'invid ia; perch ama e gode del bene del prossimo, come del suo. Ella riveste l'anima de l vestimento della grazia con tanta fortezza, che neuno colpo la pu accarnare (= penetrare nella carne), anco, ritorna in colui che lo gitta; e se 'l mondo ci pe rcuote col piacere, delizie e stati suoi, e noi il riceviamo con dispiacere; rit orna il colpo a lui con l'odio. E se 'l dimonio percuote con le molte e varie e diverse tentazioni; e noi percuotiamo lui con la fortezza della volont, stando fe rmi, costanti e perseveranti infino alla morte non consentendo alle cogitazioni e malizie sue. Tenendosi questa rocca [della volont], neuno colpo ci pu nuocere; perocch solo la v olont quella che commette la colpa, e adopera la virt-, secondo che le piace. Se 'l colpo dell'immondizia ci vuole percuotere, e noi percuotiamo lei coll'odore d ella purit. La quale purit fa l'anima angelica, e stretta figliuola della carit. Lettera 279. A Misser Ristoro Canigiani.

11 Ottobre Invito a due giovani sposi a vivere angelicamente 671 La purit tanto l'ama questa dolce madre carit, che non solamente di quella imm ondizia che d morte, ma quella eziandio che lecitamente conceduta senza colpa di peccato, cio di quelli che sono nello stato del matrimonio, l'uomo volentieri il fuggirebbe, se potesse. E per l'anima che sta nella perfettissima carit, gusta l'o dore della continenzia; onde vorrebbe fuggire quello che le contrario. Oh quanto sarebbe dolce sacrificio ed accetto a Dio, se voi, figliuolo e figliuola carissi mi, v'afferiste a Dio con questo dolcissimo e soave odore, e voi seguitaste lo s tato angelico! Non aspettate il tempo della vecchiezza: ch allora il tempo lassa noi; e poco Dio l'averebbe a grado, quando lassaste quello che non poteste tener e. Ma dategli il fiore della gioventudme; che l'accetta con grandissimo amore, e sargli molto grato e piacevole. L'uno inviti e costringa l'altro a vestirsi di questa dolcissima purit, la quale getta odore nel cospetto di Dio e dinanzi alle creature. Son certa che, se avere te in voi questa dolce madre carit, voi 'l sarete giusta il vostro potere. Lettera 279.

12 Ottobre Motivi per non abbandonare la santa impresa e non cadere nello scoraggiamento 672 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi colonna ferma, che non si muova mai, se non in Dio; non schivando n refutando il labore e la fatica che durate nel cor po mistico della santa Chiesa, sposa dolce di Cristo, n per ingratitudine, n per i

gnoranzia che trovaste in coloro che sa pascono in questo giardino, n per tedio c he ci venisse di vedere le cose della Chiesa andare con poco ordine. Perocch spes se volte adiviene, che quando l'uomo s'affatica in una cosa, e poi non viene com piuta in quello modo ed effetto che esso desidera, la mente ne viene a tedio e t ristizia, quasi cogitando in se medesimo e dicendo: Meglio t' di lassare questa o perazione che hai cominciata e fatta tanto tempo, e anco non venuta in fine; e c erca la pace e la quiete della mente tua. Arditamente allora debbe rispondere l'anima con fame dell'onore di Dio e della s alute dell'anime, e rifiutare la consolazione propria, e dire: Io non voglio sch ifare n fuggire fatica, perocch io non son degno della pace e della quiete della m ente mia. Anco, voglio permanere in quello stato che io sono eletto, e virilment e dare l'onore a Dio, e la fatica al prossimo mio. 673 E non abbiate timore in quello d'offendere; perocch l'offesa c' manifestata ne lla disordinata e perversa volont. Perocch, quando la volont non fosse ordinata in Dio, allora offesa. Che, perch (= quand'anche) l'anima sia privata della consolaz ione e dell'esercizio dell'offizio e de' molti salmi, e di non dirlo a luogo e a tempo suo, n con quella mente pacifica che esso medesimo vorrebbe; non per perdut o il tempo suo: anco, esercitato pure per Dio. Onde non ne debbe pigliare pena n ella mente sua; e specialmente quando s'affatica e esercita in servizio della sp osa di Cristo. Lettera 282. A Niccol da Osimo, segretario di Gregorio XI.

13 Ottobre Il servizio del prossimo e della santa Chiesa il della presenza della carit nell' anima mezzo dimostrativo 674 Ricordomi, dolcissimo padre, d'una serva di Dio (= Caterina), alla quale fu manifestato quanto era piacevole a lui questo servizio; e questo dico acciocch si ate inanimato a sostenere fatica per lei. Avendo una volta, fra l'altre, questa serva di Dio, secondo ch'io intesi, grandissimo desiderio di ponere il sangue e la vita, e tutte l'interiora sue destruggere e consumare, nella sposa di Cristo, cio la santa Chiesa; levato l'occhio dell'intelletto suo a cognoscere, s medesima non essere per s, e a cognoscere la bont di Dio in se, cio vedere che Dio per amor e le aveva dato l'essere e tutte le grazie e li doni che erano posti sopra l'ess ere; onde vedendo e gustando tanto amore e abisso di carit, non vedeva in che mod o potesse rispondere a Dio, se non che amore (= con amore). Ma perch utilit a lui non poteva fare, non gli poteva dimostare l'amore; e per si dava a vedere e cogno scere se trovava d'amare alcuno mezzo per lui, per cui manifestasse l'amore. Onde ella vedeva che Dio sommamente amava la sua creatura che ha in se ragione; e quello amore che ella trovava in se, quello trovava in tutti: perocch tutti sia mo amati da Dio. E questo era quello mezzo che ella trovava che manifestava se e lla amava Dio o no, in cui ella poteva fare utilit. Ond'ella allora si levava ard entemente nella carit del prossimo, e concedeva tanto amore alla salute loro, che volentieri arebbe data la vita per la salute loro. Sicch dunque, quella utilit ch e non poteva fare a Dio, desiderava di fare al prossimo suo. E poich ebbe veduto e gustato che gli conveniva rispondere col mezzo del prossimo, e cos rendergli am or per amore, siccome Dio col mezzo del Verbo del suo Figliuolo ci ha manifestat o l'amore e la misericordia sua; cos, vedendo che col mezzo del desiderio della s alute dell'anime, dando l'onor a Dio e la fatica al prossimo; guardava in che gi ardino e in che mensa si gustava il prossimo. Allora manifestava il nostro Salvatore, dicendole: Dilettissima figliuola, nel g iardino della sposa mia te 'l conviene mangiare, e in su la mensa della santissi ma croce, cio, con tua pena, e con crociato desiderio, e con vigilie, e con orazi one, e con ogni esercizio che tu puoi; e senza negligenzia. Lettera 282.

14 Ottobre Il bene fatto alla Chiesa torna a vantaggio di tutto quanto il mondo 675 E sappi che tu non puoi avere desiderio della salute dell'anime, che tu non l'abbi della santa Chiesa; perch'ella il corpo universale di tutte le creature c he participano il lume della santa fede, e non possono avere vita, se non sono o bedienti alla sposa mia. E per tu debbi desiderare di vedere li prossimi cristian i, e gl'infedeli, e ogni creatura che ha in se ragione, che si paschino in quest o giardino, sotto il giogo della santa obedienzia, vestiti del lume della fede v iva; cio con sante e buone operazioni; perocch fede senza opera morta (Gc 2, 26). Questo quello desiderio e fame generale di questo universale corpo. Ma ora ti di co, e voglio, che tu cresca fame e desiderio, e dispongati di ponere la vita, se bisogna, in particolare nel corpo mistico della Chiesa, per la reformazione del la sposa mia. Perocch, essendo reformata, sguita utilit di tutto quanto il mondo. C ome? Perocch con la tenebra e ignoranzia, e amore proprio, e immondizie, e con en fiata superbia ha generato e genera tenebre e morte nell'anime de' sudditi. Onde io invito te e gli altri servi miei, che v'affatichiate in desiderio, in vigili e e in orazioni e in ogni altro esercizio, secondo l'attitudine che io do a voi; perocch io ti dico che a me tanto piacevole questa fatica e servizio che si fa a lei, che non tanto che sia remunerata ne' servi miei che hanno diritta e santa intenzione, ma anco sar remunerata nelli servi del mondo, i quali spesse volte pe r amor proprio di loro la servono, e anco tal volta per reverenzia della Chiesa santa. Onde io ti dico che non sar niuno che con reverenzia la serva, tanto l'ho per bene, che non sia remunerato: e dicati che non vedr morte eternale. Siccome i n coloro che offendono e disservono la sposa mia con poca reverenzia, io non las ser impunita quella offesa, o per uno modo e per uno altro. 676 Allora, vedendo tanta grandezza, e tanta larghezza nella bont di Dio, e quell o che si doveva fare per pi- piacere a lui; cresceva tanto il fuoco del desideri o, che, se possibile le fusse stato mille volte il d di dare la vita per la santa Chiesa, e bastasse (= durasse) di qui all'ultimo d del giudizio, le pareva che f osse meno che una gocciola di vino nel mare. E cos veramente. Lettera 282.

15 Ottobre Al servizio della verit 677 Nel sangue conosciamo la verit col lume della santissima fede. Allora l'anima s'accende e notricasi in amore di questa verit; e per amore della verit elegge di voler morire prima che scordarsi della verit. E non tace la verit, quando tempo d i parlare: perocch non teme li uomini del mondo, n teme di perdere la vita; per che ha gi disposto di darla per amore della verit: ma solo teme Dio. La verit arditame nte riprende (= corregge, punisce), perch la verit ha per compagna la giustizia sa nta: la quale una margarita che debbe rilucere in ogni creatura che ha in se rag ione; ma singolarmente nel prelato. La verit tace quando tempo di tacere; e tacendo grida col grido della pazienza. P erocch ella non ignorante, anzi discerne e cognosce dove sta pi- l'onore di Dio e la salute dell'anime. 678 O carissimo padre, innamoratevi di questa verit, acciocch siate una colonna ne l corpo mistico della santa Chiesa, dove si debbe ministrare questa verit; perocc h verit in lei: e perocch verit in lei, vuole essere ministrata da persone veritiere , e che siano innamorate e illuminate, e non siano ignoranti n idioti della verit. Ma mi pare che la Chiesa di Dio n'abbi grandissimo caro (= carestia) de' buoni m inistratori; perocch tanto ricresciuta la nuvila dell'amore proprio di noi nell'o cchio dell'intelletto, che neuno pare che possa vedere ne cognoscere questa veri t. 679 Voglio dunque, dolce padre mio, v'innamoriate della verit, acciocch il santo p

rincipio che faceste, cognoscendo che la sposa di Cristo aveva bisogno di buono e santo pastore, e per questo vi metteste senza timore ad ogni cosa; acci dunque, che questo in voi si vegga in effetto con perseveranzia, io vi prego, che siate all'orecchio di Cristo in terra a suonargli continuamente questa verit; sicch in essa verit riformi la sposa sua. E ditegli con cuore virile, che la riformi di sa nti e buoni pastori, in affetto, e in verit, non solamente col suono della parola ; perocch, se si dicesse e non si facesse, questo non sarebbe cavelle (= nulla). E se non si facesse i buoni pastori, mai non adempirebbe il desiderio suo di rif ormarla. Lettera 284. A Pietro Cardinale di Luna. Scritta nel 1378, probabilmente da Fire nze dopo la elezione di Urbano VI.

16 Ottobre Il demonio non si caccia col demonio, cio con ira e superbia, ma con umilt e benignit 680 Dio per la sua bont inestimabile e carit infinita mi dia grazia ch'io vi vegga quel mezzo il quale facciate pacificare l'anima con Dio, della guerra che hanno per li difetti suoi commessa contra la sua ineffabile bont, e contra la Santit vo stra. E non dubito che, facendosi questa pace, sar pacificata tutta Italia, l'uno coll'altro. Oh quanto sar beata l'anima mia, che io vegga per mezzo della santit ate e benignit vostra legati l'uno coll'altro per unione d'amore! Sappiate, santo Padre, che in altro modo non si un Dio nell'uomo, se non col lega me dell'amore; e l'amore il tenne confitto e chiavellato in croce; perch l'uomo, che era fatto d'amore, non si traeva in veruno modo s bene, quanto per amore. Con l'amore del Verbo, dell'unigenito Figliuolo di Dio, si caccia la guerra che l'u omo fece, ribellando a Dio, e sottomettendosi alla signoria del dimonio. In ques to modo veggo, santissimo Padre, che caccerete la guerra e la signoria che 'l di monio ha presa nella citt dell'anima de' vostri figliuoli. 681 Ch 'l dimonio non si caccia col dimonio; ma con la virt- dell'umilit e benigni t vostra il caccerete. Ch non sosterr il dimonio questa umilt, perch non la pu sostene re, anzi ne rimane sconfitto. Coll'amore e fame, che averete, all'onore di Dio e alla salute dell'anime, imparando dallo svenato e consumato Agnello, la cui vec e tenete, caccerete la guerra e l'odio dalli cuori loro, e gitterete li carboni di fuoco (Rm 12, 20) accesi sopra de li capi de' loro figliuoli ribelli a voi, p adre; drittamente dimoni incarnati. Con questo dolce e soave modo si sconfigger i l dimonio e la superbia dell'uomo: ch in veruno modo s'otterr tanto bene, quanto p er umilit; e la guerra [si sconfigger] col sostenere pazientemente, portando e sop portando li difetti de' vostri figliuoli; non lassando per la correzione, che se li debbe dare secondo la possibilit loro. Cos, con la misericordia e benignit e san ta giustizia, con fuoco dolce d'amore si consumer l'odio delle anime loro siccome l'acqua in fornace. 682 Avanzi la benignit, padre: ch sapete che ogni creatura che ha in se ragione, p i- presa con amore e benignit, che con altro; e specialmente questi nostri Italia ni di qua. E non ci so vedere altro modo, per lo quale voi gli potiate ben pigli are, se non con questo. Facendo cos, averete da loro ci che vorrete. E di questo v i prego per l'amore di Cristo crocifisso per bene e utilit della santa Chiesa. Vengono alla Santit vostra gli ambasciatori senesi, i quali, se gente al mondo ch e si possa pigliare con amore, sono essi. E per io vi prego, con questo amore li sappiate pigliare. Accettate un poco la sc usa loro del difetto che hanno commesso; ch essi se ne dogliono; e pare a loro es sere a si fatti partiti, che non sanno che si fare. Sostentateli per l'amore di Cristo crocifisso. Credo, se 'l farete, che sar grande bene per la santa Chiesa, e meno movimento di male. Lettera 285. A Gregorio XI. Scritta probabilmente nel 1377.

17 Ottobre Dite col glorioso Paolo: Signore mio, che vuoli tu che faccia? 683 Scrivo con desiderio di vedervi seguitatrici, e amatrici della verit; sicch io vi veda accecato e perduto l'occhio dell'amore sensitivo, e illuminato l'occhio dell'intelletto dal lume della santissima fede, acciocch voi diciate in verit con volont morta, col glorioso Paolo: Signore mio, che vuoli tu che faccia? Dimmi qu ello che tu vuoli che io faccia, e io il far. O carissime figliuole, io vi prometto, se voi il farete, rispondendo realmente a l nostro Creatore, voi vi troverete con Paolo salire al terzo cielo nel mezzo de lla Trinit. Cio, che la memoria vostra s'empir di beneficii di Dio; e participerete della potenzia del Padre eterno, facendovi forti e pazienti contra il dimonio e la fragilit vostra, e contra le persecuzioni del mondo; e portando con vera pazi enza, il signoreggerete. Lo intelletto guster, vedendo l'obietto suo, cio la sapie nzia del Figliuolo di Dio; e da questa sapienzia riceverete lume sopranaturale. La volont sar legata col legame dello Spirito Santo, abisso di carit, e spasimato, per onore di Dio e per salute dell'anime. 684 Ed essendo cos dolcemente levate nel mezzo della Trinit, participando la poten zia del Padre, la sapienzia del Figliuolo, la clemenzia dello Spirito Santo, com e detto ; piangerete, con affetto dell'amore e smisurato dolore, sopra il figliuo lo morto dell'umana generazione, e il corpo mistico della santa Chiesa, con meco miserabile, sopramiserabile, vostra ignorante madre. Abbiate compassione alle m ie iniquitadi, carissime figliuole, che sono cagione de 'mali i quali si fanno i n tutto quanto il mondo; e specialmente dell'offesa ch' fatta alla dolce sposa di Cristo. Dio provvegga a tanti mali. Son certa, e di questo mi conforto, che la sua providenzia non mancher. E gi mi pare che essa sua providenzia apparisca. E pe r vi prego e comando che vi bagniate e anneghiate nel sangue dello immacolato Agn ello, e afferiate dinanzi a lui umili e continue orazioni. Altro non vi dico, se non che Dio vi doni la sua eterna benedizione; e io da sua parte vi do la mia. Lettera 286. A Monna Alessia e a certe altre sue figliuole da Siena, il di della conversione di San Paolo. Scritta il 25 gennaio di un anno che deve essere il 1 376, se l'offesa alla sposa di Cristo la ribellione antipapale.

18 Ottobre Gli atti di virt- che non sono animati dalla vera carit non producono alcun frutto 685 Ogni virt- ha vita dall'affetto della carit; e senza la carit, perch (= bench) v i fusse l'atto della virt-, non ne riceverebbe l'anima frutto di grazia. Convien ci dunque per affetto d'amore acquistare la virt-. Ma all'amore vero non si pu ve nire, che il cuore e l'affetto non sia spogliato dell'amore proprio di se. Questo il modo di venire a perfetta perseveranzia: cio che voi vi spogliate il cu ore e l'affetto d'ogni amore proprio di voi, e d'ogni tenerezza nel corpo vostro . Fuggite il ricordamento del mondo, del padre, e de' fratelli, suore e parenti vostri: ricordateli, per desiderio della salute loro, con sante orazioni; ma con altra tenerezza, no. Voi sapete che il nostro Salvatore dice noi doviamo renunc iare al padre e alla madre, a suore e fratelli e a noi medesimi, cio propria nost ra volont, se noi vogliamo essere degni di lui (Lc 14, 26); perocch in altro modo non potremo. Voi avete cominciato a renunziare al mondo e alla propria vostra vo lont; e avete preso 'l giogo della vera obedienzia. A volerla dunque bene osserva re, e compire questo proponimento in fine alla morte, vi conviene ogni d di nuovo renunziare al mondo e a tutte le sue delizie. Debbe perseverare con quello desi derio dell'obedienzia che egli v'entr il primo di, e con quello santo timore, infino all'ultimo della v ita sua. 686 E quando l'anima vede, e pensa, se essere tanto amata da Dio; non pu fare che non ami: amando, la mente pensa di quello ch'ella ama. E perch senza amare non p u vivere, e due amori contrari insieme non possono stare; di bisogno sar che sia s

pogliata del perverso amore, e vestita di quello di Dio. Il cuore allora, che no n pu fare che non senta quello che ama, caccer con santi pensieri le cogitazioni c he 'l dimonio le volesse mandare nel cuore. E trovando il dimonio che 'l cuore a rda nel fuoco della divina carit, non vi s'accoster molto, se non come la mosca al la pignatta che bolle. Ma se 'l dimonio trovasse tiepido e timoroso, egli v'entrerebbe subito dentro co n diversi e laidi pensieri e fantasie. Doviamo adunque esercitarci, acciocch non siamo trovati n tiepidi n vati, ma pieni di Dio per santo desiderio, meditando e p ensando a' dolci beneficii, che abbiamo ricevuti da lui. E se pure i pensieri ve nissero, perch 'l dimonio non dorme mai, ma sempre ci molesta, non deviamo per ven ire a tedio n a confusione di mente, ma resistere e guardare che la volont non con senta. Perocch, non consentendo la volont n alle cogitazioni del dimonio, n alla fra gilit della carne, non offende; anco merita per la pena che egli porta. La volont sola quella che offende, e merita. 687 E quando i pensieri, e le forti tentazioni d'alcuna cosa pi- particolare vi venissero nel cuore, e fusse l'odio quanto pi- si volesse essere; voi non lo ten iate mai dentro di voi, anco le manifestate al padre dell'anima vostra. Perocch m olto piace al dimonio quando noi le teniamo, e molto gli dispiace quando noi le diciamo: per che, tenendole, l'anima se ne confonde, e viene a tedio, e lassa gli esercizii spirituali, che ha presi. Onde spesse volte viene a disperazione. E i l dimonio non vorrebbe altro, se non farci cadere in disperazione. Adunque c' nec essario il non temere, ma manifestare ogni nostra infirmit al medico dell'anima n ostra, con la speranza del sangue di Cristo. Lettera 287. A Frate Niccol di Nanni dell'Ordine di Monte Oliveto, e a Don Pietro di Giovanni di Viva, Monaco della Certosa di Maggiano presso a Siena.

19 Ottobre Non crescere nella virt- equivale a tornare indietro 688 Voglio che con ogni sollecitudine v'ingegniate di correre per la via della v erit, studiandovi sempre di crescere di virt- in virt-; per che il non crescere sa rebbe un tornare addietro. Perocch l'anima non pu star ferma in uno stato. E che m odo terremo a crescere in noi il fuoco del desiderio santo? Il modo questo: che noi poniamo delle legna in sul fuoco. Che legna? Di recarsi a memoria i molti e infiniti benefizi ricevuti da Dio, che innumerabili sono; e massimamente il bene ficio del sangue del Verbo unigenito suo Figliuolo, il quale ci manifesta l'amor e ineffabile che Dio ci ha. Per che per questo, e per molti altri beneficii ricev uti, avendone memoria, verremo e cresceremo in amore. Convienci anco attentamente recarci a memoria i molti e innumerabili difetti e p eccati e offese fatte a lui; e con amaritudine e contrizione dolerci. E vedere q uanta stata, ed , la misericordia sua verso di noi. E per queste cosiffatte legna crescer il fuoco. In questo modo persevereremo infino alla morte, crescendo cont inuamente. Lettera 290. A Francesco di Pipino sarto da Firenze, e a Monna Agnesa sua Donna.

20 Ottobre Se giustizia senza misericordia fosse, sarebbe crudelt pi- tosto che giustizia 689 Il pastore che fondato in vera carit, ogni sua operazione buona e perfetta, p erch l'affetto suo unito e congiunto nella perfezione della divina carit. N allenta il fuoco del santo desiderio, e non tolte da s la margarita della giustizia, la quale porta nel petto suo lucida e unita con la misericordia. Perocch, se giustiz ia senza misericordia fusse, sarebbe con le tenebre della crudelt, e pi- tosto sa rebbe ingiustizia che giustizia; e misericordia senza giustizia sarebbe nel sudd

ito (= riguardo al suddito), come l'unguento in su la piaga, che vuol essere inc ensa col fuoco: perch, ponendovi solo l'unguento senza incenderla, imputridisce p i- tosto che non sana. Ma, unita l'una e l'altra insieme, d vita nel prelato suo in cui ella riluce; e sanit nel suddito, se elli non fusse gi membro del dimonio, che in neuno modo si volesse correggere. Bench, se mille volte 'l suddito non si correggesse, non debbe lassare per il prelato che non corregga; e non sar meno la virt- sua perch quello iniquo non riceva il frutto. Questo fa la pura e schietta carit, che in quella anima che non cura se per s, ma se per Dio, e Dio cerca per gloria e loda del nome suo, in quanto il vede che eg li degno d'essere amato per la sua infinita bont: n il prossimo cerca per se, ma p er Dio; volendo fare quella utilit al prossimo, che a Dio fare non pu. 690 Santissimo Padre, Dio v'ha posto come pastore sopra le pecorelle sue di tutt a la religione cristiana; havi posto come celleraio a ministrare 'l sangue di Cr isto crocifisso, di cui vicario sete; e havi posto in tempo, nel quale abbonda p i- la iniquit netti sudditi, che gi abbondasse, gi grandissimo tempo, e si nel corp o della santa Chiesa, e si nell'universale corpo della religione cristiana. E pe r a voi grandissima necessit d'essere fondato in carit perfetta, con la margarita d ella giustizia per lo modo che detto : acciocch non curiate il mondo, n li miseri a bituati nel male, n veruna loro infamia; ma, come vero cavaliero, e giusto pastor e, virilmente correggere, divellendo il vizio e piantando la virt-, disponendosi a ponere la vita, se bisogna. O dolcissimo padre, il mondo gi non pu pi-: tanto abbondano li vizii, e singolarme nte in coloro che sono posti nel giardino della santa Chiesa come fiori odorifer i, acciocch gittino odore di virt-; e noi vediamo che essi abbondano in miserabil i e scellerati vizii, in tanto che con essi appuzzano tutto quanto il mondo. Oim, dov' la purit del cuore e la onest perfetta; che con l'onest loro l'incontinenti di ventassero continenti? Ed egli tutto il contrario; perocch spesse volte li contin enti e li puri gustano la incontinenzia per le immondizie loro. 691 Oim, dov' la larghezza della carit e la cura delle anime, e il distribuire a' p overi, e al ben della Chiesa, e per la loro necessit? Sapete bene, che il contrar io fanno. O miserabile me! Con dolore il dico: li figliuoli si notricano di quel la sostanzia che essi ricevono mediante il sangue di Cristo, e non si vergognano di stare come barattieri, e giocare con quelle sacratissime mani unte da voi, v icario di Cristo; senza l'altre miserie le quali si commettono. Oim, dov' la profo nda umilit, con la quale umilit confondano la superbia della propria sensualit loro ? Con la quale, con grande avarizia, si commettono le simonie, comperando li ben eficii con presenti o con lusinghe o con pecunia, con dissoluti e vani adornamen ti, non come clerici, ma peggio che secolari. Oim, babbo mio dolce, poneteci rimedio; e date refrigerio alli spasimati desideri i detti servi di Dio, che di dolore muoiono, e non possono morire; e con grande desiderio aspettano che voi, come vero pastore, mettiate mano a correggere non s olamente con la parola, ma con l'effetto, rilucendo in voi la margarita della giustizia unita con la miseri cordia; e senza alcuno timore servile correggere in verit quelli che si nutricano al petto di questa dolce Sposa, li quali sono fatti ministri del sangue. Lettera 291. A Urbano VI. Nota: "Venuto a morte Papa Gregorio XI il 27 Marzo del 1378, dai sedici cardinal i che erano a Roma fu eletto a suo successore il d 8 Aprile Bartolomeo Prignano A rcivescovo di Bari, che prese il nome di Urbano VI. Sotto di lui sorse la scisma , perch 5 mesi dopo l'elezione, i cardinali ostili a Urbano adunatisi a Fondi il 20 Settembre dichiararono illegittima questa elezione, e nominarono Papa il Card inal di Ginevra, che fu l'antipapa Clemente VII. Urbano VI fu strenuamente difes o da S. Caterina che adoper ogni mezzo per tenere a lui fedele il popolo cristian o. Al tempo stesso per fu larga al Pontefice di consigli, e non gli risparmi monit i severi, specialmente incuncandogli la scelta di buoni Pastori a governare la C hiesa" (L. Ferretti). "Sembra che Caterina fosse gi stata informata che il suo ze lo non era sempre temperato da prudenza. Infatti la sua lettera comincia con l'a ccennare, nel modo pi- gentile, alla necessit di unire la giustizia con la miseri cordia" (A.T. Drane).

21 Ottobre La rinnovazione della Chiesa si otterr soprattutto eleggendo pastori virtuosi e f orti 692 Ma veramente, santissimo Padre, io non so vedere che questo si possa ben far e, se voi non reformate il giardino, di nuovo, della vostra Sposa, di buone e vi rtuose piante; attendendo di scegliere una brigata di santissimi uomini, in cui troviate virt-, e non temano la morte. E non mirate a grandezza; ma che siano pa stori che con sollecitudine governino le loro pecorelle. E una brigata di buoni cardinali, che siano a voi drittamente colonne, che v'aitino a sostenere il peso delle molte fatiche con l'adiutorio divino. Oh quanto sar beata l'anima mia quan do io vedr rendere alla Sposa di Cristo quello che suo, e vedr nutricare al petto suo quelli che non ragguardano al ben proprio ma alla gloria e loda del nome di Dio, e a pascersi, in su la mensa della croce, del cibo dell'anima. Non dubito c he, poi, li sudditi secolari non si correggano; perch noi potrebbero fare, costre tti dalla dottrina santa e onesta vita loro, che non si correggessero. 693 Poi vi prego, e vi costringo per amore di Cristo crocifisso, che le pecorell e, le quali sono state fuore dell'ovile, che voi le riceviate a misericordia, e con la benignit e santit vostra sforziate la lor durizia; e dargli quello bene, ci o rimetterli nell'ovile; e se essi in quella vera e perfetta umilit non la chiedon o, la santit vostra compia la loro imperfezione. Ricevete dall'infermo quello che vi pu dare. Oim, oim, abbiate misericordia a tante anime che periscono. Oim, non la ssate; perocch saranno poi megliori figliuoli che gli altri. Fatemi questa grazia e questa misericordia, a me misera miserabile: che busso a voi. Padre mio, non mi dinegate delle mollicole, che io v'addimando per li vostri figliuoli. Spero per la dolce bont di Dio, che vi riempir dell'affocata carit sua; onde cognos cerete il danno dell'anime, e quanto voi sete tenuto ad amarle: e cos crescerete in fame e in sollicitudine di trarle dalle mani dello dimonio, e cercherete di r imediare al corpo mistico della santa Chiesa, e all'universale corpo della relig ione cristiana. Perdonate, Padre santissimo, alla mia presunzione: ma l'amore e il dolore me ne scusi dinanzi alla Santit vostra. Lettera 291.

22 Ottobre L'amore che fondato in Dio non viene mai meno 694 L'amore che fondato in Dio, vuole essere cos fatto, che egli (=il prossimo) s i debba amare per rispetto della virt- e in quanto egli creatura creata alla ima gine di Dio. Ch, perch (=bench) venga meno il diletto in colui ch'io amo, o l'utili t; se egli fondato in Dio, non viene meno, perch ama per rispetto della virt- e pe r onore di Dio, e non per lo suo proprio. Dico che, se egli in Dio, che se ezian dio la virt- venisse meno in colui che ama, non ricusa meno l'amore. Manca bene l'amore della virt-, che non v'; ma non manca in quanto egli creatura di Dio, mem bro suo legato nel corpo mistico della santa Chiesa: anco, gli cresce uno amore di grande e vera compassione; e per desiderio il partorisce con lagrime e sospir i e continue orazioni nel cospetto dolce di Dio. Or questa quella dilezione che lasci Cristo a' discepoli suoi; che non viene mai meno n allenta mai: e non impazi ente per veruna ingiuria che riceva, e non vi cade mormorazione, n dispiacimento; perocch non l'ama per se, ma per Dio. Non giudica, n vuole giudicare la volont deg li uomini, ma la volont del suo Creatore, che non cerca n vuole altro che la nostr a santificazione. Lettera 292. A Frate Guglielmo, e a missere Matteo della Misericordia, e a Frate Santi, e agli altri Figliuoli.

23 Ottobre Timore di Caterina che avvenga uno scisma nella Chiesa 695 Parmi avere inteso che discordia nasce cost tra Cristo in terra, e con li dis cepoli suoi: della quale cosa ricevo intollerabile dolore, solo per lo timore ch e io ho della eresia, della quale cosa dubito forte che per li miei peccati ella non venga. E per vi prego per quello glorioso e prezioso sangue che fu sparto co n tanto fuoco d'amore, che voi non vi stacchiate mai dalla virt-, e dal capo vos tro. Diteli, che si fornisca di buone colonne, ora in su 'l fare de' cardinali; li qu ali siano uomini virili, e che non temano la morte, ma dispongansi con virt- a s ostenere per l'amore della verit, e per reformazione della santa Chiesa, infino a lla morte; e dare la vita, se bisogna, per onore di Dio. Oim, oim, non indugiate i l tempo; e non s'aspetti tanto a ponere il rimedio, che la pietra ci caggia in c apo. 696 Oim, disavventurata l'anima mia! Che tutte l'altre cose, cio guerra, disonore, e altre tribolazioni, ci parrebbero meno che una paglia o un'ombra, per rispett o di questo. Pensate! Ch io ne tremo pur a pensarlo: specialmente avendo udito da alcuna persona 1, essendole mostrato col mezzo della ragione, quanto ella era g rave e pericolosa; in tanto che la guerra - pensate! - gli pareva niente a rispe tto a quello. Dicovi, che pareva che il cuore e la vita si partisse dal corpo su o per dolore. Onde invocava e chiedeva la Misericordia che prevedesse a tanto ma le; desiderando che il corpo gittasse sangue per forza del santo e affocato desi derio, non parendogli che il sudore dell'acqua fusse sufficiente a satisfare; e per voleva sudore di sangue: e volentieri avrebbe voluto che il corpo suo fusse s tato svenato. Credo, carissimo padre, che meglio mi sia a tacere che a parlare d i questa materia. Or siatemi virile, e colonna che mai non manchiate: e io ne pregher, e far pregare , Dio, che cos vi faccia. Lettera 293. A Pietro Cardinale di Luna. Scritta nell'estate del 1378, appena pr ima dello scisma. Nota: 1 " lei stessa. Raimondo narra che fino dal 75 ella gi presentiva siffatti m ali. Dice col mezzo della ragione, per non attribuire a se merito di rivelazioni e dono di profezia" (Tommaseo).

24 Ottobre Fuggire i desideri mondani, perch il mondo non ha alcuna solidit; e non giudicare i vari modi con cui Dio guida le anime 697 Doviamo arditamente rispondere e resistere al mondo col dispregiamento delle delizie e stati suoi; giudicando che non ha in se fermezza n stabilit veruna. Mos traci la lunga vita con fiorita gioventudine, e con le molte ricchezze; ed elle si veggono tutte vane, perocch dalla vita veniamo alla morte, da gioventudine a v ecchiezza, da ricchezza a povert; e cos corriamo sempre verso il termine della mor te. E per c' bisogno d'aprire l'occhio dell'intelletto a vedere quanto miserabile colui che se ne fida. 698 Dalla viva fede trarr una volont accordata a quella di Dio, e spegner del cuore e della mente sua ogni giudicio umano; a questo modo non si scandalizza col pro ssimo suo, e non ne mormora. N giudica di colui che favella contro di lui: condan na pur se medesimo, vedendo la volont di Dio, che permette che coloro il molestin o per il suo bene. Oh quanto beata quell'anima che si veste di cos dolce giudicio ! Egli non condanna e' servi del mondo che gli fanno ingiuria; egli non giudica e' servi di Dio, volendoli mandare a modo suo, come fanno molti prosontuosi superb i, e' quali, col mantello dell'onore di Dio e salute dell'anime, [si] scandalizz ano ne' servi di Dio, pigliando una mormorazione, coperta con questo mantello, d

icendo: Non piacciono a me questi modi. E cos [questi] si turba in s, e anco, con la lingua sua fa turbare altrui, mostran do che per affetto d'amore il dica; e Cos gli pare. Ma se egli aprir l'occhio, tro ver il vermine della presunzione con un perverso parere, il quale parere fa giudi ce, giudicando a modo suo, e non secondo i misteri e modi santi e diversi che Di o adopera nelle sue creature. Vergognisi l'umana superbia; e voglia vedere che n ella casa del Padre eterno molte mansioni. Non voglia ponere regola allo Spirito Santo; che essa regola (= che la regola stessa), datore della regola: n misuri C olui che non si pu misurare. 699 Non far Cos il vero servo di Dio, vestito della somma eterna sua volont; anco, aver in reverenzia i modi e gli atti e i costumi de' servi suoi; perocch non li gi udica fatti da uomo, ma da Dio. Che, perch le cose non piacciono a noi e non vada no secondo i nostri costumi, debbo presupporre e credere che sono piacevoli a Di o. Ch veruna cosa doviamo n possiamo giudicare, se non quello che si vede manifest o e espresso peccato. E anco questo l'anima innamorata di Dio, che ha perduto s n on piglia per giudicio, ma per dispiacimento del peccato e offesa di Dio; e con grande compassione dell'anima di colui che offende; volendo volentieri darsi a o gni tormento per salute di quell'anima. Cos per contrario, il falso giudicio d ogni pena e colpa e mormorazione, e ruina d 'infidelitade, verso e' servi di Dio. E tutto questo procede dalla propria passi one e radicata superbia che si muove a giudicare la volont dell'uomo. Onde sempre questo tale volle il capo addietro, e non persevera nella dilezione del prossim o suo, e non ha amore forte n perseverante. Anco, fatto come l'amore imperfetto d e' discepoli di Cristo, che essi avevano innanzi la Passione; perocch, dilettando molto della presenzia sua, l'amavano: ma perch l'amore non era fondato in verit, ma oravi il piacimento e diletto loro, per manc quando fu tolta la presenzia sua; e non seppero portare la pena con Cristo, ma per timore fuggirono (Mt 26, 56). Guardate, guardate che questo non tocchi a voi. Voi vi dilettate molto della pre senzia (= di Caterina); e in assenzia fate fuoco di paglia: per che, tolta la pre senzia, ogni piccolo vento e piova lo spegne, e non ne rimane altro che fumo di tenebra di coscienzia. E tutto questo addiviene perch siamo fatti giudici della v olont degli uomini, e de' costumi, modi e vie de' servi di Dio. Or non pi- Cos, pe r l'amore di Cristo crocifisso! Ma siate figliuoli fedeli, forti e perseveranti in Cristo dolce Ges-. E non mirate perch io non vi sia; perocch i buoni figliuoli fanno pi- quando la madre non presente, che essendo presente, volendo mostrar l' amore ch'egli hanno alla madre, e pi- venirgli in grazia. Lettera 294. A Sano di Maco, e a tutti gli altri figliuoli in Siena.

25 Ottobre Caterina si rammarica di non esser stata degna di versare il sangue per Cristo n el tumulto di ghibellini contro guelfi in Firenze 700 Io vi dico che oggi voglio incominciare di nuovo, acciocch i miei peccati non mi ritraggano da tanto bene quanto egli a dare la vita per Cristo crocifisso; p erch io veggo che per lo tempo passato, per lo mio difetto, io ne fui privata. Mo lto avevo desiderato d'uno desiderio nuovo, cresciuto in me oltre a ogni modo us itato, di sostenere senza colpa in onore di Dio, ed in salute delle anime, ed in reformazione e bene della santa Chiesa: tanto che il cuore si distillava per amore e desiderio che io ave vo di ponere la vita. Questo desiderio stava beato e doloroso: beato stava per l 'unione che si faceva nella verit; e doloroso stava per mia occupazione che 'l cu ore sentiva nell'offesa di Dio, e nella moltitudine delle dimonia che obumbravan o tutta la citt (= di Firenze), offuscando l'occhio dell'intelletto delle creatur e. E quasi pareva che Dio lassasse fare, per una giustizia e divina disciplina. Onde la vita mia non si poteva dissolvere altro che in pianto, temendo del grand e male che pareva che fusse per venire; e che per questo la pace ne fusse impedi ta. Ma del grande male, Dio, che non dispregia il desiderio de' servi suoi, e qu ella dolce madre Maria, il cui nome era invocato con penosi, dolorosi e amorosi

desiderii, previde che, nel romore e nella grande mutazione che fu, non c'ebbe q uasi diciamo di morte d'uomini, di fuore da quelli che fece la giustizia. 701 Sicch il desiderio che io avevo, che Dio usasse la providenzia sua, e tolless e la forza alle dimonia, che non facessero tanto male che esse erano disposte a fare, fu adempito; ma non fu adempito il desiderio mio di dare la vita per la ve rit e per la dolce sposa di Cristo. Ma lo Sposo eterno mi fece una grande beffa, siccome Cristofano a bocca pienamente vi dir. Onde io ho da piangere, perocch tant a stata la moltitudine delle mie iniquitadi; che io non meritai che il sangue mi o desse vita, n illuminasse le menti accecate, n pacificasse il figliuolo col padr e, n murasse una pietra col sangue mio nel corpo mistico della santa Chiesa. Anco , parve che fossero legate le mani di colui che voleva fare. E dicendo io: Io so n essa. Tolli me, e lassa stare questa famiglia: erano coltella che drittamente gli passavano il cuore. O babbo mio, sentite in voi ammirabile gaudio, perocch mai in me non provai simil i misteri con tanto gaudio. Ine era la dolcezza della verit; ine era l'allegrezza della schietta e pura coscienzia; ine era l'odore della dolce providenzia di Di o; ine si gustava il tempo de' martiri novelli, siccome voi sapete, predetti dal la verit eterna. La lingua non sarebbe sufficiente a narrare quanto il bene che l 'anima mia sente. Onde tanto mi pare essere obligata al mio Creatore, che se io dessi il corpo mio ad ardere, non mi pare di potere satisfare a tanta grazia qua nta io e i diletti miei figliuoli e figliuole abbiamo ricevuta. Tutto questo vi dico non perch pigliate amaritudine, ma perch sentiate ineffabile diletto, con suavissima allegrezza; e acciocch voi e io cominciamo a dolerci dell a mia imperfezione, perocch per lo mio peccato fu impedito tanto bene. Or quanto sarebbe stata beata l'anima mia, che per la dolce sposa, e per amore del Sangue e per salute dell'anime, avessi dato il sangue. Lettera 295. A Frate Raimondo da Capua dell'Ordine de Predicatori. Scritta dopo il 1378.

26 Ottobre In codesto luogo vedo giacere morta la religione cristiana 702 Oim, oim, disavventurata l'anima mia! Veggo giacere il morto della religione c ristiana. Veggo la tenebra venuta nel lume; perocch dal lume della santissima fed e ricevuto nel sangue di Cristo, li veggo venire ad essere abbacinati, e risecca ta la pupilla dell'occhio: onde, siccome ciechi, li vediamo cadere nella fossa, cio nella bocca del lupo infernale, dinudati delle virt-, e morti di freddo; esse ndo dinudati della carit di Dio e del prossimo, e sciolti dal legame della carit, perduta ogni reverenzia di Dio e del Sangue. Oim, credo che le iniquit mie ne sien o state la cagione. Adunque vi prego, carissimo padre, che preghiate Dio per me, che mi foglia tante iniquitadi, e che io non sia cagione di tanto male; o egli mi dia la morte. Io per me muoio e non posso morire, a udire e vedere l'offesa del mio Creatore; e p er vi demando lemosina, che preghiate Dio per me, voi altri. Lettera 296. A Don Giovanni delle Celle di Valle ombrosa. Scritta intorno all'an no 1376.

27 Ottobre La virt- della pazienza non si prova se non nelle tribolazioni 703 Senza la pazienza non potremmo stare in stato di grazia. Perocch la pazienza il midollo della carit. Poich'ella ci tanto necessaria, bisogno ci di trovarla. M a dove la troviamo? Sapete dove, dolcissimo e carissimo padre? In quello medesim o modo e luogo, dove noi troveremo l'amore. E dove s'acquista l'amore? L'amore l o troveremo nel sangue di Cristo crocifisso, che per amore lo sparse in sul legn o della santissima croce; e dall'amore ineffabile che noi vediamo ch'egli ci ha,

traiamo e acquistiamo l'amore. Perocch colui che si vede amare, non pu fare che n on ami; amando, subito si veste della pazienza di Cristo crocifisso, riposasi co n questa dolce e gloriosa virt- nel mare tempestoso delle molte fatiche. Questa quella virt- che non si scorda (= non si discorda) della volont di Dio: ella fort e, per che non mai vinta, ma sempre vince, perch ella ha con seco la fortezza e la lunga perseveranzia; e per riceve il frutto d'ogni sua fatica. Ella una reina, c he signoreggia la impazienza, non si lascia vincere dall'ira; non si pente del b ene operato, del quale spesse volte ne riceve fatiche e tribolazioni; anco, gode e ingrassa, l'anima, di vedersi sostenere senza colpa. 704 Solo della colpa dobbiamo avere fatica ( = amarezza, pena), e d'altro no: pe rocch per la colpa perdiamo quello che nostro. Che se ne perde? La grazia, ch' il sangue di Cristo, che nostro, che non ci pu essere tolto n da dimonio n da creatura , se noi non vogliamo. Ma queste altre cose, ricchezze, onore e stato, delizie, sanit e vita, e ogni altra cosa, perch non sono nostre, ma sonci date per uso, qua nto piace alla divina bont, ci possono essere tolte. E per non ci dobbiamo turbare , n venire a impazienza, ma renderle senza pena; perocch bisogno di rendere e di l assare quello che non nostro. Onde noi vediamo, che neuno che possa tenere a suo modo; anco, gli conviene lassarle: ch esse o lassano noi, o noi lassamo loro col mezzo della morte. Poich cos , bene matto e stolto colui che ci pone disordinato e miserabile affetto. Ma conviensi, come uomo virile, spogliare il cuore e l'affetto nostro da ogni c osa transitoria, e dall'amor proprio di noi, e abbracciarci con la santissima cr oce, dove noi troveremo l'amore ineffabile, gustando il sangue di Cristo; dove n oi troveremo la pazienza dell'umile e immacolato Agnello. 705 Vestirenci, e stringeremo in noi, la dottrina di Cristo crocifisso; diletter enci delle tribolazioni, non tanto che noi le fuggiamo, per conformarci con lui, che tanta pena sostenne per noi. Proveremo in noi la virt- della pazienza, perc h non si prova se non nel tempo delle tribolazioni; poi nell'ultimo, nella vita d urabile, riceveremo il frutto d'ogni nostra fatica: ma non senza la pazienza. E per vi dissi che io desideravo di vedervi fondato in vera e santa pazienza; accio cch, quando tornerete alla citt nostra di Gerusalem, visione di pace, riceviate qu el guadagno che nella via di peregrinazione avete acquistato. Confortatevi; e co n dolcezza ricevete la medicina, che Dio v'ha data per la vita dell'anima vostra . Lettera 297. A Niccol Soderini in Firenze. Scritta nell'estate del 1378.

28 Ottobre Sull'amore bene ordinato verso la propria famiglia 706 L'uomo che ha i suoi figliuoli, ama i suoi figliuoli, e la donna e gli altri che gli sono congiunti; ma amali d'amore ordinato e non disordinato: cio, che pe r loro non vuol ponere l'anima sua con offendere Dio. Sicch ama con ordine, e non senza ordine. Perocch Dio non ci vieta che noi non amiamo; anco, ci comanda che noi amiamo il prossimo come noi medesimi; ma vietaci e' nostri disordinati modi con che noi amiamo. E questo quello che l'anima odia, perch vede che gli vietato da Dio, ed danno suo. Allora, poich ha conceputo l'odio verso quella cosa che dee odiare, perch l'anima non pu vivere senza amore, subitamente ama se e 'l prossimo suo, e le cose che sono create, d'amore ordinato, e con affetto di virt-, ponen dosi dinanzi all'occhio dell'intelletto col lume della santissima fede, per obie tto Cristo crocifisso: e in lui vede e cognosce quello ch'egli dee amare. 707 E per l'uomo distende, e partecipa l'affetto e la carit sua col prossimo, e al prossimo vuole rendere quello che a Dio non pu rendere, cio di fargli utilit. Per c h'egli lo Dio nostro, che non ha bisogno di noi. E quella utilit che a lui non pu fare, la fa al prossimo, che quel mezzo che Dio ci ha posto, nel qual mezzo mani festiamo l'amore che noi abbiamo a lui. Per questo amore l'uomo non concepe odio verso il prossimo suo, per neuna ingiuria che da lui gli fosse fatta; ma con pa zienza porta e sopporta i difetti suoi, dolendosi pi- dell'offesa di Dio, che de ll'ingiuria e del danno proprio.

Questo amore ordinato, per che non esce dell'ordine della carit. E vestesi dell'uo mo nuovo Cristo dolce Ges-, seguitando le vestigie e la dottrina sua, rendendo b ene a quelli che gli fanno male. 708 E veramente noi dobbiamo portare, e materia n'abbiamo; s perch la fatica picco la, e s perch'ell' di gran frutto, e s per amore di colui che la d. Piccola : e sapet e quanto? Quanto una punta d'aco, perch tanto la fatica, quanto il tempo. E 'l ve drete bene, ch'egli tanto piccolo che l'uomo noi pu imaginare. Il tempo ch' passat o, voi non l'avete; 'l tempo ch' a venire, non siete sicuro d'averlo: solo dunque questo punto del tempo presente avete, e pi- no. Dunque la fatica passata non c ' ne l'avvenire; per che non siamo sicuri d'averla, ma tanta fatica abbiamo quanto il tempo; pi- no. Bene dunque vero, ch' piccola. Quanto grande il frutto? Dimandatene il dolce banditore di Paolo che dice che no n sono condegne le passioni di questa vita a quella futura gloria (Rm 8, 18). Se noi vediamo colui che la d, il dolce Dio nostro sommamente buono; e perch'egli sommamente buono, non pu volere altro che bene. E perch ce la d? Per la nostra san tificazione, acciocch la margarita della virt- della pazienza sia provata in noi; la quale virt- ci manifesta se in verit amiamo il Creatore nostro, e se abbiamo in noi la vita della grazia, o no. 709 E s'egli in stato ch'egli abbia a sovvenire 'l prossimo suo, egli si fa padr e de' poveri, e volentieri s'affatica per loro, sovvenendogli in ci che pu. Del co rpo suo, per diletto e delizie di vestimenti, non se ne vuol fare Dio; ma con mo do ordinato e piacevole a Dio, tiene lo stato suo, senza leggerezza o vanit di cu ore. E non attende a spendere solamente 'l suo in adornamento di casa, perocch ve de che, adornata che ella fosse, gli potrebbe esser guasta, e tolto l'adornament o. Ma ingegnasi solo d'adornare la casa dell'anima sua di vere e reali virt- il quale adornamento neuno che gli possa toller, se egli non vuole. E per questi cota li di neuna cosa possono avere pena, perocch hanno posto l'amore e l'affetto in q uella cosa che non gli pu essere tolta. E corrono questa vita, piena d'affanno, s enza pena affliggitiva (= dannosa), senza stimolo di coscienzia; e vanno leggier i per la via di Cristo crocifisso vestiti del vestimento leggiero di quest'uomo nuovo; e spogliati della gravezza dell'uomo vecchio. Lettera 299. A Misser Ristoro Canigiani.

29 Ottobre La luce naturale della ragione e la luce soprannaturale della fede 710 Noi abbiamo in noi uno lume naturale, il quale Dio ci ha dato porche discern iamo il bene dal male, la cosa perfetta dall'imperfetta la pura dalla immonda, l a luce dalla tenebra, e la finita dalla infinita Questo uno cognoscimento il qua le Dio ci ha dato per natura, e noi il gustiamo continuamente per pruova, ch'egl i cos. Ma voi mi direte: Se questo cognoscimento in noi, onde viene che noi ci at tacchiamo pure alla parte contraria alla nostra salute? Io vi rispondo, che ques to procede dal proprio amore, che Lacci coperto questo lume, siccome la nuvola r icopre alcuna volta la luce del sole; onde il nostro errore non per difetto del lume, ma della nuvola. Allora il libero arbitrio prende cecamente di quelle cose che sono nocive all'anima, e non quelle che gli sono ut ili. L'anima di sua natura sempre appetisce bene e cosa buona; ma il suo errore sta i n questo, che perch la tenebra del proprio amore le ha tolto il lume, non cerca i l bene dov'egli . E per questi cotali vanno come frenetici, ponendo il cuore e l'a ffetto loro in cose transitorie, che passano come vento. O uomo stolto sopra ogn i stoltizia, che cerchi il bene dov' sommo male, e la luce dove sono le tenebre, dove la morte cerchi la vita, la ricchezza dov' somma povert, e lo infinito nelle cose finite! Mai potrebbe questi trovare il bene, cercando col dov'egli non . 711 Conviencelo cercare in Dio, il quale sommo e eterno bene: e cercandolo in lu i, il troveremo; per che 'l Dio nostro niuno male ha in se, ma tutto perfetto ben e. Onde non darebbe altro a noi che di quello che egli ha in se; siccome il sole , il quale perch ha in s luce, non pu dare tenebre. Onde vediamo, se con questo lum

e vorremo vedere, che ci che Dio d a noi e permette in questa vita, di qualunque f atica, tribolazione e angoscia si sia, tutto il fa per condurci al sommo bene, e perch noi cerchiamo il bene in lui, non nel mondo; perch in esso non si truova, n in ricchezze, stato o delizie sue; anco vi si truova amaritudine e tristizia, e privazione della grazia a quell'anima che 'l possiede fuore della volont di Dio. Sicch, per cosa buona e perfetta, cio, che cerchiamo lui in verit, ce le permette; e l'uomo accecato dalla propria passione reputa in male quello che suo bene; e l a colpa che 'l priva di Dio e della vita della grazia, non pare che la vegga in male; e cos inganna s medesimo. Conviensi dunque escitare questo lume naturale nello spregiare il vizio e abbrac ciare la virt-; e con esso lume cercare il bene dov'egli . Cercandolo, il trovere mo in Dio, e vedremo l'amore ineffabile ch'egli ci ha mostrato col mezzo del Fig liuol suo, e 'l Figliuolo col sangue sparto per noi con tanto fuoco d'amore. 712 Con questo lume primo naturale, il quale imperfetto, acquisteremo uno lume s opranaturale perfetto, infuso per grazia nell'anima nostra, il quale ci legher ne lla virt-; confermatoci in ogni luogo, in ogni tempo, in ogni stato che Dio ci c onduca; accordato sempre con la dolce volont sua, la quale vedremo che non vuole altro che la nostra santificazione Il primo lume, escitandolo, come detto , tagli a; il secondo ci lega, e unisceci con la virt-. Lettera 301. A Misser Ristoro Canigiani da Firenze in Pistoia.

30 Ottobre Quattro cose da fare per crescere nella fede e nella virt713 Ho grandissima allegrezza e cordiale gaudio, perch mi pare, secondo che posso vedere nel cospetto di Dio, e ancora per la lettera che io ho ricevuto dappoi, che 'l lume naturale non sia offuscato in voi dalle tenebre della infedelt. Che s e questo fosse, non cognoscereste tanto bene il mondo fetido, la incostanzia sua , e le percosse ch'egli d a chi se ne vuol fare Iddio; n vi terreste ragione con t anto rimproverio; non vi tagliereste dal vizio, n desiderereste la virt- e lo sta to perfetto, cio dallo stato imperfetto del matrimonio allo stato della continenz ia angelico, il quale perfetto. Voglio dunque, acci che cresciate il lume, che quattro cose vi poniate per obiett o dinanzi all'occhio dell'intelletto vostro, acciocch s'agumentino il lume, e la virt- nell'anima vostra. 714 La prima che voi ragguardiate quanto sete amato da Dio: il quale per amore v 'ha creato ad imagine e similitudine sua, e ricreatovi a grazia nel sangue del s uo Figliuolo; per amore vi ha conservato il tempo, acci che abbiate spazio di cor reggere la vita vostra; e tutte le altre grazie e doni spirituali e temporali, l e quali non mi pongo a narrare: e tutte vi sono date per affetto d'amore, per gr azia, e non per debito. Se voi le ragguardate e ripensate attentamente, costrett o sarete ad amare: per che naturalmente l'anima tratta ad amare quello, da cui s v ede essere amata; onde vedendosi amare tanto ineffabilmente, corre dopo l'amore, amando lui e quello che egli pi- ama; piacegli quello che a lui piace, e dispia cegli quello che a lui dispiace. E perch vede che il Creatore sommamente ama la s ua creatura che ha in s ragione, egli ancora l'ama; e quello servizio e utilit che a Dio non pu fare, fallo alla creatura per lo suo amore. 715 La seconda cosa , che noi ragguardiamo quanto siamo tenuti e obligati d'amare Dio schiettamente, tutti liberi e non servi, cio che noi mostrassimo una cosa in atto, e un'altra avessimo in cuore. All'occhio di Dio non ci possiamo nasconder e, e per cel conviene servire molto schiettamente. 716 La terza , che noi vediamo quanto abominevole a Dio e al mondo, nociva all'an ima, la colpa del peccato mortale, quanto piacevole la virt- e utile all'anima. Tanto gli fu spiacevole il peccato, che del corpo dell'umile e immacolato Agnell o fece una ancudine, fabricandovi su le nostre iniquit. Ecci tanto nociva, che ci tolle il lume, privaci della grazia, dacci l'eterna dannazione. La virt- gli ta nto piacevole, che dell'uomo virtuoso egli ne fa un altro s per affetto dolce d'a more; e in questa vita gli fa gustare l'arra di vita eterna: che stando nel mare

tempestoso delle molte fatiche e amaritudini, gusta la pace e la dolcezza. 717 La quarta e ultima , che noi ragguardiamo che ogni colpa punita, e ogni bene remunerato; perocch Dio sa, pu, e vuole punire la colpa, e remunerare le pene che in questa vita sosteniamo per gloria e loda del nome suo. Della quale remunerazi one parla il glorioso apostolo Paolo, dicendo: Non sono condegne le passioni di questa vita a quella futura gloria, la quale Dio ha apparecchiata a' servi suoi (Rm 8, 18). Questo obietto, diviso in quattro, regoler e ordiner la vita vostra in amore e in santo timore di Dio; seguiterete e megliorerete l'ordine, che avete cominciato a tenere nel vivere vostro. Cresca in voi il fuoco del santo desiderio, e daravvi quello che vi manca alla perfezione: e Dio, come giusto e buono medico, porr rim edio a quello che vi pare che ve la impedisca. Lettera 301.

31 Ottobre Altre raccomandazioni di Caterina a Ristoro 718 Date, date di calcio al mondo; cacciatelo del cuore e dell'affetto vostro, c ome egli caccia voi: legatevi con Cristo crocifisso, acciocch riceviate il frutto del prezioso sangue suo col lume soprannaturale. Con questo lume voglio che alleviate la famiglia vostra con santo e vero timore di Dio. Nello stato del matrimonio siate come uomo ordinato; acci che l'arbore vo stro produca buon frutto. La confessione voglio che usiate spesso, e la comunion e per le pasque (= le principali solennit). Allora sarete il gaudio e l'allegrezz a mia, vedendovi andare in luce, e non in tenebre. Essendomi di lunga corporalme nte, mi sarete presso perch non , n sar tolta da voi la continua orazione e desideri o con che sarete offerto nel cospetto di Dio. Confortatevi, confortatevi nel prezioso sangue di Cristo; ch l'adiutorio appresso di voi. Dilettatevi di ritrovarvi spesso col vostro Creatore, con l'orazione at tuale, e con e' santi pensieri, e con l'orazione continua mentale del santo e ve ro desiderio. E questo medesimo dite alla donna vostra. Levatevi dal vivere uman o, e pigliate al tutto vita angelica; ch a questo siete chiamati da Dio. Risponde te dunque virilmente e siatemi una coppia d'angeli terrestri. Lettera 301.

NOVEMBRE 1 Novembre Difficile approccio di Caterina col nuovo papa Urbano VI 719 Santissimo e dolcissimo padre in Cristo dolce Ges-. Scrivo a voi con desider io di vedervi vero e reale pastore e governatore delle vostre pecorelle, le qual i avete a notricare del sangue di Cristo crocifisso. Il quale sangue da vedere c on grande diligenzia dalla Santit vostra, a cui si ministra, e per cui mezzo egli si d: cio, dico, santissimo padre, quando si ha a mettere li pastori in questo gi ardino della santa Chiesa, che essi siano persone che cerchino Dio, e non prelaz ioni; e il mezzo che lo impetra anco sia siffatto, che vada schiettamente in ver it, e non in bugia. 720 O santissimo Padre, abbiate pazienza quando di queste cose vi fusse detto; p erocch elle non vi sono dette se non per onore di Dio e salute vostra, siccome de bbe fare il figliuolo che ha tenerezza ed amore al padre suo, che non pu sostener

e che si faccia cosa che torni a danno o a vergogna del suo padre: ma, come soll icito, sempre se ne sta inteso, perch vede bene che 'l padre che ha a governare l a molta famiglia, non pu vedere pi- che uno uomo: onde se li legittimi figliuoli non fossero solliciti di ragguardare all'onore e utilit del padre, spesse volte s arebbe ingannato. E cos , santissimo Padre. Voi sete padre e signore dell'universale corpo della rel igione cristiana: tutti stiamo sotto l'ale della Santit vostra: ad autorit potete tutto; ma, a vedere, non pi- che per uno; onde di necessit che li figliuoli vostr i vedano e procurino con schiettezza di cuore, senza timore servile, quello che sia onore di Dio, salute e onor vostro, e delle pecorelle che stanno sotto la vo stra verga. E io so che la Santit vostra ha grande desiderio d'avere degli aiutat ori, che v'aitino: ma convienvi aver pazienza nell'udire. 721 Son certa che per due cose vi si d pena, e fami alterare la mente; e non me n e meraviglio punto. Luna si , perch, udendo che li difetti si commettono, vi duole che Dio sia offeso, perch l'offesa e le colpe vi dispiacciono, e provate una pun tura nel cuore. Qui non ci si debbe essere paziente d'aver pazienza e non dolers i dell'offese che sono fatte a Dio. Non: perch cos parrebbe che noi ci conformassi mo con quelli vizii medesimi. L'altra cosa che vi farebbe pena si , quando il figliuolo che viene a voi a dirvi quello ch'egli sente che torna in offesa di Dio e danno dell'anime e poco onore alla Santit vostra, che egli commetta ignoranzia, che per coscienzia contenda di nanzi alla Santit vostra a non dirvi schiettamente la pura verit, come ella giace; perocch neuna cosa debbe essere segreta n occulta a voi. Questa pena vi prego, sa nto Padre, che quando lo ignorante figliuolo offendesse in questo, sia senza tur bazione vostra: correggetelo nella sua ignoranzia. Questo dico, perch, secondo che mi disse il maestro Giovanni di frate Bartolomeo, egli per suo difetto e la scrupolosa coscienzia sua vi de pena, e fecevi altera re (= adirare); onde egli e io n'ho avuta grandissima pena, parendogli d'avere o ffeso la Santit vostra. Pregovi per amore di Cristo crocifisso, che ogni pena che egli vi avesse data, voi la puniate sopra di me; e io sono apparecchiata ad ogn i disciplina e correzione che piacer alla Santit vostra. Credo che li miei peccati ne furono cagione che egli commise tanta ignoranzia: e per io debbo portare la p ena; e egli ha grande desiderio di rendersi in colpa dinanzi a voi, col dove piac esse alla S.V. ch'egli venisse. Abbiate pazienza a comportare li difetti suoi e li miei. Perdonate alla mia ignoranzia. Lettera 302. Ad Urbano VI. Scritta da Firenze.

2 Novembre E fatta la pace tra il papa e Firenze 722 O figliuoli carissimi, Dio ha udito 'l grido e la voce de' servi suoi, che t anto tempo hanno gridato nel cospetto suo, e il mugghio, che tanto tempo hanno g ridato sopra li figliuoli morti. Ora sono risuscitati; dalla morte sono venuti a lla vita, e dalla cecit alla luce. O figliuoli carissimi, e' zoppi vanno, e' sord i odono, l'occhio cieco vede, e i muti parlano, gridando con grandissima voce: P ace, pace, pace! Con grande allegrezza, vedendosi tornare essi figliuoli nell'ob edienzia e grazia del padre, pacificate le menti loro. E come persone che gi comi nciano a vedere, dicono: Grazia sia a te, Signore, che ci hai pacificati col nos tro santo Padre. Ora chiamato santo l'agnello dolce Cristo in terra, dove prima era chiamato eret ico e patarino. Ora l'accettano per padre, dove prima il rifiutavano. Non me ne maraviglia; per che la nuvila caduta, ed rimase il tempo sereno. 723 Godete, godete, carissimi figliuoli, con uno dolcissimo pianto di ringraziam ento, dinanzi al sommo ed eterno Padre; godete, esultate in Cristo dolce Ges-; s coppino e' cuori nostri di vedere la larghezza della infinita bont di Dio. Ora fa tta la pace, malgrado chi la voleva impedire. Sconfitto il dimonio infernale. Sa bato sera giunse l'ulivo. Lettera 303. A Sano di Maco, e agli altri figliuoli in Cristo, essendo essa in F

irenze. Scritta da Firenze nel luglio del 1378.

3 Novembre I poveri sono quelle mani che ci fanno entrare nella vita eterna 724 Parmi che la divina bont vi permetta assai fatiche, molestie, e tentazioni de lle dimonia, per vostro bene, non perch siate vinta, ma perch voi vinciate. Per le quali pene e battaglie v' grande necessit d'avere in voi questo amore col lume de lla santissima fede. E se voi l'avete, l'amaritudine ritorner in grande dolcezza, e i grandi pesi diventeranno leggieri. Perch col lume cognoscerete che Dio ve li d per vostro bene; del vostro bene dolere non vi potrete. Ma voi mi direte: Poi che di tanto diletto, e di tanta necessit, avere questa car it; in che modo la posso avere, e dove la trovo? Io vi rispondo breve breve: che amore non si pu avere se non dall'amore. E senza il lume non si pu trovare: perocc h, andando senza il lume, il cercheremmo col dove non , e cos andremmo in tenebre. A dunque ci conviene tollere da noi quella cosa che ci tolle il lume, che una nuvo la che non ci lascia cognoscere n vedere la verit di quello che dobbiamo amare. Qu esta quella nuvola che in tenebre ci fa amare ci che s'ama fuore di Dio, non con amore di ragione, ma con amore della propria sensualit. 725 Non voglio che veniate a confusione di mente, n a disperazione, per neuna ill usione o molestia che 'l dimonio vi volesse dare, mettendo nella mente vostra la ide e diverse fantasie, con molte disoneste cogitazioni: ma con una speranza ver a e fede viva abbracciarvi con la santissima croce, dove voi vederete che elle v i sono date per amore; e non vi d pi- che voi possiate portare. E voglio che sapp iate che neuna battaglia e cogitazione sua, sia laida quanto si vuole, peccato, se non quando noi acconsentissimo volontariamente, dilettandoci dentro. Adunque conserviamo la volont, e delle cogitazioni ci facciamo beffe, fortificandola nell a dolce eterna volont di Dio, con la memoria del sangue di Cristo crocifisso. Lev atevi ogni fatica della mente vostra, e lassatela a me; ch'io sono colei che vog lio portare dinanzi a Dio e' pesi e le gravezze vostre, purch voi dalla parte vos tra non facciate resistenzia a Dio che vi chiama col mezzo di queste fatiche. 726 Siatemi virtuosa, usando spesso la santa confessione, dilettandovi d'udire l a parola di Dio, e la messa almeno e' d che sono comandati dalla santa Chiesa, qu ando potete. Di quello che potete fare, dovete essere dispensatrice de' poveri voi e chi ne h a: perch e' poveri sono quelle mani, coll'affetto della carit con che si d la limos ina, che ci fanno andare a vita eterna Sicch, siate sollecita per la salute vostr a. Lettera 304. A Monna Lodovica di Granello. Fatta in Siena, a di 27 di agosto 137 8.

4 Novembre Al papa nell'imminenza dello scisma 727 O santissimo e dolcissimo Padre; ora il tempo vostro da odiare il vizio in v oi e nei sudditi vostri, e nei ministri della santa Chiesa. In voi, dico; perch i n questa vita veruno senza peccato: e la carit si debbe prima muovere da s, usarla prima in se coll'affetto delle virt-, e nel prossimo nostro. Sicch, tagliate il vizio; e se il cuore della creatura non si pu mutare, n trarlo de' difetti suoi, s e non quanto Dio nel trae, e la creatura si sforzi coll'aiutorio di Dio a trarne il veleno del vizio; almeno, santissimo Padre, siano levati dalla Santit vostra, il disordinato vivere e li scelerati modi e costumi loro. 728 Piaccia alla Santit vostra di regolarli secondo che loro richiesto dalla divi na bont, ognuno nel grado suo. Non sostenete l'atto della immondizia: non dico il desiderio suo, ch noi potete ordinare pi- che non si voglia; ma almeno l'atto, c he si pu, sia regolato da voi. Non simonia, non le grandi delizie; non giuocatori

del sangue, che quello de' poveri e quello della santa Chiesa sia giuocato, ten endo baratteria nel luogo che debbe essere tempio di Dio. Oim, oim, oim, Padre mio dolce! Con pena e dolore e grande amaritudine e pianto scr ivo questo. E perci, se io parlo quello che pare che sia troppo e suoni presunzio ne: il dolore e l'amore mi scusi dinanzi a Dio e alla Santit vostra. Ch, dovunque io mi volgo, non ho dove riposare il capo mio. Se io mi volgo costi; che dove Cr isto debbe essere vita eterna; e io vedo che nel luogo vostro, che sete Cristo i n terra, si vede l'inferno di molte iniquit, col veleno dell'amore proprio; il qu ale amore proprio gli ha mossi a levare il capo contra di voi, non volendo la Sa ntit vostra che vivessero in tanta miseria. Non lassate per. 729 Bench vi vedete abbandonato da quelli che debbono essere colonne, non allenta te li passi; ma molto pi- correte fortificandovi sempre col lume della santissim a fede in cognoscere la verit, e con l'orazione e compagnia de' servi di Dio. Vog liate vederveli da lato: ch in questa vita, tra le fatiche, saranno il vostro des iderio e refrigerio. Cercate d'avere, oltre all'aiutorio divino, l'aiuto de' ser vi suoi, che vi consiglieranno con fede, e schiettamente, non passionali, n conta minati nel consiglio loro per amore proprio. Parmi che vi sia grandissima necess it d'averli. In altro modo non pianterete le virt- vere netti sudditi vostre n ott errete d'ordinarsi, e di mettere piante buone e virtuose nella santa Chiesa. Altro non vi dico: che se io andassi alla volont, non mi resterei ancora. Non vor rei pi- parole, ma trovarmi nel campo della battaglia' sostenendo le pene, e com battendo con voi insieme per la verit infino alla morte, per gloria e loda del no me di Dio, e reformazione della santa Chiesa. Lettera 305. A Urbano VI.

5 Novembre Al papa appena dopo lo Scisma 730 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi vestito del vestimento forte dell'ard entissima carit, acciocch li colpi che vi sono gittati dagl'iniqui uomini del mond o amatori di loro medesimi, non vi possano nuocere: perocch veruno colpo tanto te rribile che possa offendere l'anima, che vestita di s fatto vestimento. Adunque l 'anima vestita di questo vestimento, non veruna cosa n fatica, n veruna tribolazio ne che I possa vincere; anzi, dentro le fatiche si fortifica, provandosi in lui la verit della pazienza; e i colpi degli iniqui miserabili amatori di loro non of fenderanno, l'affetto dell'anima vostra non atterreranno n la sposa della santa C hiesa; perch non pu venire meno, perch'ell' fondata sopra la viva pietra Cristo dol ce Ges-. A cui noceranno questi colpi? A loro medesimi, santissimo e dolcissimo Padre, ch e li gittano. Queste, come saette avvelenate torneranno a loro: in voi percuoton o solamente la corteccia, e veruna altra cosa; non dandovi amaritudine e danno p er lo scandalo e eresia che hanno seminata nel corpo mistico della santa Chiesa. 731 Oim, disavventurata l'anima mia, cagione di tutti questi mali! Ho inteso che li dimoni incarnati hanno eletto non Cristo in terra, ma fatto nascere anticrist o contra voi Cristo in terra: il quale confesso, e non lo niego, che sete vicari o di Cristo, che tenete le chiavi del cellaio della santa Chiesa, dove sta il sa ngue dell'immacolato Agnello; e che voi sete il ministratore, a malgrado di chi vuole dire il contrario, e a confusione della bugia, la quale Dio confonder colla dolce verit sua. Or altra, santissimo Padre, senza timore s'entri in questa battaglia, perch nella battaglia ci bisogna l'arme del vestimento, ch' un'arme dura, della divina carit. 732 Pregovi, santissimo Padre, quanto io so e posso, che, oltre alla speranza ch e avete posta e porrete nel vostro Creatore, facciate buona guardia della vostra persona; perocch il dobbiamo fare, per non tentare Dio, in quello che ci possibi le: non lasciando per quello che avete a fare; ma in tutto voglio che facciate qu esto, di usare ogni cautela verso la vostra persona. Perocch io so che li malvagi

uomini, amatori del mondo e di loro medesimi, non dormono, ma con malizia e ast uzia cercano di torvi la vita. Ma la dolce e inestimabile bont di Dio avanza, e a vanzer, la loro malizia. E non rimarr per in pace infino che il suono della voce viva, e con la presenzia d ella S.V.... Perch ho voglia di mettere il sangue e la vita, e distillare le medo lle dell'ossa nella santa Chiesa; poniamoch degna non ne sia. Lettera 306. A Urbano Vi. Scritta dopo scoppiato lo scisma, quindi dopo il novem bre 1378.

6 Novembre Sul conoscere la verit di Dio per evitare falsi giudizi su di lui 733 Senza il lume non potremo cognoscere la verit di Dio, n cognoscere la verit del le creature; anco, raderemmo nel falso e miserabile giudizio. Perch? Perch saremmo privati del lume; perch l'anima che alluminata e ha levata la passione sensitiva da se medesima, discerne e cognosce la verit; e perci giudica giustamente, e con grande discrezione. Che giudizio questo, il quale noi dobbiamo rendere e dare a Dio? E che verit dobb iamo cognoscere in lui e nel prossimo nostro? Dicovelo. Che noi dobbiamo cognosc ere questa verit, non veduta coll'occhio del corpo, ma coll'occhio dell'intellett o, dentrovi (= quando ha dentro) il lume della santissima fede: che Dio ci ama i nestimabilmente, e per amore ci cre all'immagine e similitudine sua, perch noi ric evessimo e gustassimo il suo sommo eterno bene. Chi ci manifesta che questa sia la verit? Il sangue dell'umile e immacolato Agnello, sparso con tanto fuoco d'amo re in sul legno della santissima croce. 734 Poich ha veduta e cognosciuta questa verit, s l'ama; e coll'amore giudica che c i che Dio d e permette in questa vita alla creatura che ha in se ragione, il perme tte per nostro bene a ci che siamo santificati in lui; e giudica giustamente col lume di discrezione. Che se ella in prosperit, si la cognosce dal suo Creatore data a lei non per la s ua virt-, ma per la infinita bont di Dio; onde per questo cognoscimento l'ama con amore ordinato, amandola per Dio e possedendola come cosa prestata a lei, e non come cosa sua, perocch sue non sono. A questo ce n'avvediamo; che tal ora le vog liamo tenere, che elle ci sono tolte. E non tanto che la sostanzia temporale, ma la vita e la sanit dell'uomo e ogni altra cosa, tutte passano come il vento che neuno le pu tenere a modo suo; se non quanto piace a Colui che le d. Questo giudic a quello ch' alluminato in questa dolce verit. 735 E se ella avversit e tribolazione, si la riceve umilmente, con vera e santa p azienza, riputandosi degna della pena, e indegna del frutto che sguita dopo la pe na; giudicando in s medesima con umilt, che per li suoi peccati le venga. Perch cog nosce che il sommo giudice rimuneratore d'ogni bene e punitore d'ogni male; a gr ande grazia si reca, e cos , che Dio gli faccia tanta misericordia, che la colpa c he merita pena infinita per avere offeso il bene infinito, ella sia finita, in t empo finito dandoci fatica e tribolazioni. In qualunque modo ce le d, tutte ce le d la Verit eterna, o perch noi ci correggiamo de' difetti nostri, o per farci veni re a grande perfezione. Per qualunque modo ce le d, certi siamo che ce le d per am ore, e non per odio. Questo vede e cognosce l'anima alluminata della dolce verit: e per ha ogni cosa in debita riverenzia; giudica giustamente la volont di Dio e l a providenzia sua in se: perocch la sua providenzia prevede a ogni nostra necessi t, e la sua volont non vuole altro che il nostro bene. Lettera 307. A una Donna che mormorava.

7 Novembre Sul conoscere la verit del prossimo per evitare falsi giudizi su di lui 736 Poich l'anima cos dolcemente ha cognosciutala verit del suo Creatore, e giudica

to cos dolcemente e' misteri suoi in bene, si volle, in questa medesima verit e gi udizio, nel prossimo suo; perch la carit del prossimo esce dalla carit di Dio. Onde questa la regola di coloro che il temono: che mai giudizio neuno non vorranno f are a neuna creatura se non in bene; guarda gi che non vedesse il male espressame nte colpa di peccato mortale. N questo piglia per giudizio; ma, per una santa com passione, il porta dinanzi a Dio, dicendo: Oggi tocca a te, domane a me; se non fosse la somma bont che mi conserva. Ogni giudizio lasso al sommo giudice che ha a giudicare e buoni e rei, e al giudice temporale, il quale posto perch tenga e f accia giustizia ad ognuno secondo che merita. Non si pone a giudicare per detto delle creature, n per costumi e atti di fuore; perocch vede bene che Cristo benedetto glie lo vieta nell'Evangelio, dicendo: Non vogliate giudicare in faccia (= dalla facciata, dall'esterno) (Gv 7, 24). Ch nel suo prossimo ama con quello amore che egli ha in Dio, schietto senza rispetto d i s, la verit in lui; e giudica santamente la volont di Dio nelle sue creature, giu dicandole in bene, e lassando il male giudicare a Dio. 737 E per non scandalizzata ne' misteri di Dio, n nel prossimo suo; e non diminuis ce la carit e l'amore e riverenzia verso il suo Creatore per neuna tribolazione c he egli gli permettesse, n verso la creatura, per ingiuria o danno temporale che ricevesse; perch ha giudicato santamente con verit, che Dio gliel permette per pru ovare l'affetto della carit nell'anima inverso di colui che gli fa ingiuria, e pe r punizione del peccato suo; dicendo: Signore, giustamente mi permetti questo, p erocch, se io non ho offeso questa creatura che mi fa ingiuria, io ho offeso te. Sicch, per mio bene l'hai messa, per strumento a correggermi de' difetti miei. Dicovi, carissima figliuola, che questa anima gusta vita eterna in questa vita; perch ogni cosa in Dio e nel prossimo suo giudica con lume di verit. 738 Non facciamo come gli stolti che fanno il contrario di questo; che solamente si vogliono fare giudici della volont degli uomini, non ragguardando come, n in c he modo; ma come accecati dalla propria passione, la verit giudicando in bugia, e la bugia in verit. Oh come torta la loro via, che, essendo ciechi, vogliono giud icare la luce! Vorranno giudicare e' grandi misteri di Dio, e quello che egli adopra nei servi suoi, e modi e costumi loro, a modo suo. Oh superbia umana! E come non si vergog na la creatura di volere tollere l'officio di mano al suo Creatore? Che alla cre atura sta d'aspettare d'essere giudicata, e non di giudicare. Ma ella non cognos ce, perch privata del lume della verit: e per leggermente giudica e condanna quello che ha udito o ode del prossimo suo, e quello che non vide mai. E cos rimane avv iluppata la coscienzia sua, scandalizzata in Dio e nel prossimo suo. Privata del la dilezione della carit, ogni male n'esce: e ne diventa indiscreta; il gusto se gli guasta, sapendogli quello che buono di cattivo; e quello che cattivo, gli pa re buono. Viene in odio e in dispiacimento de' misteri di Dio e opere delle crea ture; egli si priva del prezzo del sangue di Cristo crocifisso, tollesi ogni ben e, e cade in ogni male. Diventa ingrato e scognoscente de' beneficii che ha rice vuti e riceve: la quale ingratitudine fa seccare la fonte della piet. Lettera 307.

8 Novembre Papa Urbano VI il vero papa e vicario di Cristo 739 D'ogni tempo tempo; ma tu non vedesti mai, n tu n veruno, altro tempo di maggi ore necessit. Sntiti, figliuola mia, con dolore e amaritudine della tenebra che ve nuta nella santa Chiesa. L'aiuto umano pare che ci venga meno: conviene a te e a gli altri servi e serve di Dio invocare l'aiutarlo suo. E guarda che tu non comm etta negligenzia; egli tempo di vigilia, e non da dormire. Tu sai bene che al te mpo ch'e' nemici sono alle porte, se le guardie e gli altri della citt dormissero , non dubbio veruno che la perderebbero. Noi siamo attorniati da molti nemici: e se l'anima nostra, anco il corpo mistico della santa Chiesa attorniato da molti nemici. Onde tu vedi che quelli che sono posti per colonne e mantenitori della santa Chiesa, egli sono fatti perseguitatori colla tenebra della eresia. Non adu

nque da dormire, ma da sconfiggerli colla vigilia, lagrime, sudori, e con doloro si e amorosi desiderii, con umile e continua orazione. E fa' che, come figliuola fedele alla santa Chiesa, tu preghi e stringa l'altiss imo e dolce Dio che ci proveda ora in questo bisogno, e pregalo che fortifichi i l santo Padre, e diagli lume. Dico di papa Urbano VI, veramente papa e vicario d i Cristo. E cos confesso e dobbiamo confessare dinanzi a tutto quanto il mondo: e chi dicesse o tenesse contrario, per veruna cosa gli dobbiamo credere, ma elegg ere innanzi la morte. Lettera 308. A suor Daniella da Orvieto.

9 Novembre Il grande libro di Cristo crocifisso 740 Dio ci ha dato l'occhio dell'intelletto, e dentrovi il lume della fede. E ha cci dato il libro scritto, cio il Verbo del Figliuolo di Dio; il quale fu scritto in sul legno della croce, non con inchiostro ma con sangue, con capoversi delle dolcissime e sacratissime piaghe di Cristo. E quale sar quello idiota grosso, di s basso intendimento che non le sappia leggere? Non ne so veruno, se non gli ama tori propri di loro medesimi. E questo gli addiviene non perch non sappiano, ma p erch non vogliono. 741 Sicch, egli scritto: onde noi troviamo nel capoverso de' piedi, ch'egli li ha confitti acciocch conficchiamo l'affetto in lui, spogliandolo d'ogni disordinata volont, che non cerchi n voglia altro che Cristo crocifisso. Volendo giugnere al Padre eterno col mezzo di questa Parola incarnata, libro scritto. Desiderando di portare ogni pena senza colpa, e pene di corpo e pene di mente, quando Dio gli permette le molte cogitazioni e molestie dal dimonio, o battaglie delle creature , ogni cosa portare per gloria e loda del nome suo. E tenendo per questa via, se guiter e adempir in s quella parola che disse il nostro dolce Salvatore, quando dis se: Neuno pu andare al Padre se non per me (Gv 14, 6). Egli la via e la verit; e c hi va per lui, va per la luce, e non giunge alle tenebre. Per questo modo confic ca e' piedi dell'affetto suo; tenendo per la via della verit. 742 Giungendo al costato di Cristo crocifisso, trova la vita della grazia; peroc ch, spogliato l'affetto dell'uomo, con odio santo, del vizio e della propria pass ione sensitiva, il quale odio ha trovato in questo libro scritto, che tanto ei l 'odi, che egli 'l volle punire sopra il corpo suo; egli trova l'amore cordiale de lle vere e reali virt- nel cuore aperto: la quale apritura manifest a noi il cord iale e affocato amore, facendoci bagno del sangue suo; il qual sangue fu intriso col fuoco della divina carit, perch per amore fu sparto; perocch per amore dell'on ore del Padre, e salute nostra, egli corse, come innamorato, all'obbrobriosa mor te della croce, per compire l'obedienzia del Padre eterno. Bene vero, adunque, che c'insegna la dottrina in su la mensa della croce; impara ndo da lui ad esser umile e mansueto di cuore (Mt 11, 29): colla quale umilt e ma nsuetudine osserviamo e' comandamenti dolci di Dio, e siamo obedienti. Ove gli a bbiamo trovati? Nel libro. Con che lume? Col lume della santissima fede. 743 A mano a mano noi leggiamo nel capo spinato di Cristo crocifisso, e nella bo cca sua; crociando il capo spinato della nostra propria volont, che drittamente u na spina che punge e tormenta l'anima che se ne corona, tenendo questo capo dell a perversa volont fuori della dolce volont di Dio. Nel dolce capo spinato di Crist o crocifisso perdiamo questa dolorosa spina. Allora troviamo la pace nella bocca sua: che nell'amaritudine del fiele e dell'aceto delle nostre iniquit, le quali furono drittamente uno fiele amarissimo e aceto che ci tolse la fortezza della g razia; conformandosi l'anima nostra, e vestendosi della dolce volont di Dio, gust iamo la pace sua, la quale egli acquist con grande amaritudine; cio pacificando Di o coll'uomo, essendo stato lungo tempo in guerra con lui. Seguitando questa dolce e dritta via, riceveremo il frutto di questa pace in que sta vita: mangeremo le mollicole della grazia; e nella vita durabile vivande com piute e perfette, le quali daranno perfetta saziet senza veruno difetto. Gustato che ha l'anima la pace, e giunta a tanto diletto, ella ha letto e legge continua

mente nelle mani chiavellate del Figliuolo di Dio, facendo tutte le sue operazio ni per gloria e loda del nome suo. Gi non vorrebbe il vero servo di Dio adoperare e passare questa vita senza pena. Anco, vuole tollere la croce sua, e seguitare Cristo con ogni verit, e con costanzia e pazienza e longa perseveranzia infino a lla morte; perch egli fondato sopra la viva pietra, e ha imparata la dotrina nel libro scritto, come detto , col lume della santissima fede. Lettera 309. A Giovanni da Parma in Roma. Scritta il 23 ottobre di anno non dete rminabile.

10 Novembre Circa l'aver letto un libro disapprovato dalla santa Chiesa 743 bis Il libro vostro, donde pare che siate s tributato, non vi dar fatica alcuna. Se il libro v' detto che si scosti dalla verit e dalla dottrina de' santi approvati dal la santa Chiesa, lasciatelo stare, o voi il fate correggere, e non l'usate pi-. Attenetevi a quelli che voi sete certo che si conformano con la verit. E se voi a veste pena di coscienzia, facendovi vedere il dimonio, per farvi venire a confus ione di mente: Mira quanto tempo sei stato in su questo errore! Tu ti credi aver e servito a Dio, e tu hai servito e fatto riverenzia al dimonio. Non gli dovete credere, ma col lume vedere che Dio ragguarda la buona e santa volont con che noi adoperiamo; poniamoch il libro letto non fusse secondo Dio, perocch solo la mala volont quella che fa il peccato, e altro no. Adunque per neuna di queste cose dov ete stare in tanta afflizione; ma dovete levare ogni pena come uomo virile, come detto ; e con la dolcezza del dolce umile Agnello caccerete questa amaritudine. Lettera 309.

11 Novembre Amari rimproveri di Caterina a tre cardinali italiani che aderirono all'antipapa Clemente VII 744 Carissimi fratelli e padri in Cristo dolce Ges-. Io Catarina, serva e schiav a de' servi di Ges- Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi tornati a vero e perfettissimo lume, e uscire di tante tenebre e ceci t nella quale sete caduti. Allora sarete padri a me; in altro modo, no. Sicch, pad ri chiamo, in quanto voi vi partiate dalla morte, e torniate alla vita; ch, quant o che ora, sete partiti dalla vita della grazia, membri tagliati dal capo vostro , onde traevate la vita; stando voi uniti in fede e in perfetta obedienzia a Pap a Urbano VI, nella quale obedienzia stanno quelli che hanno lume, che con lume c ognoscono la verit, e cognoscendola l'amano. 745 Oh cechit umana! La tenebra dell'amore proprio non ti lassa cognoscere la ver it. Oh quanto sar ripresa nell'ultima estremit, e con quanto rimproverio, questa ce chit, in ogni creatura che ha in se ragione, e molto maggiormente in quelli che D io ha tratti dal loto del mondo, e posti nella maggiore eccellenzia che possono essere; d'esser fatti ministri del sangue dell'umile e immacolato Agnello! Oim, o im, a che v'ha fatti giungere il non avere seguitato in virt- la vostra eccellenz ia! Voi fuste posti a nutricarvi al petto della santa Chiesa: come fiori, messi in questo giardino, acciocch gittaste odore di virt-. Fusti posti per colonne a f ortificare questa navicella, e il vicario di Cristo in terra: fuste posti come l ucerna in sul candelabro per render lume a' fedeli cristiani, e dilatare la fede . Voi sapete bene se avete fatto quello per che fuste creati (= creati cardinali ). Certo no, ch l'amore proprio non ve l'ha fatto cognoscere; ch in verit solo per fortificare e render lume e esempio di buona e santa vita, voi foste messi in qu esto giardino. Che se voi l'aveste cognosciuta, l'arete amata, e vestitivi di qu esta dolce verit.

746 E dov' la gratitudine vostra, la quale dovete avere a questa Sposa che v'ha n utricati al petto suo? Non ci veggo altro che ingratitudine: la quale ingratitud ine disecca la fonte della piet. Chi mi mostra che voi sete ingrati, villani, mer cennai? La persecuzione che voi, con gli altri insieme, avete fatta e fate a que sta sposa, nel tempo che dovevate essere scudi, e resistere a' colpi della eresi a. Nella quale, sapete e cognoscete la verit, che papa Urbano VI veramente papa, eletto con elezione ordinata, e non con timore, veramente pi- per ispirazione di vina, che per vostra industria umana. E cos l'annunciaste a noi; quello che era l a verit. Ora avete voltate le spalle, come vili e miserabili cavalieri: l'ombra v ostra v'ha fatto paura. Partiti vi sete dalla verit che vi fortificava, e accosta tivi alla bugia, che indebilisce l'anima e il corpo, privandovi della grazia spi rituale e temporale. Chi ve n' cagione? Il veleno dell'amor proprio, che ha avvelenato il mondo. Egli quello che voi, colonne, ha fatti peggio che paglia. Non fiori che gittate odore , ma puzza, che tutto il mondo avete appuzzato. Non lucerne poste in sul candela bro, acciocch dilatiate la fede; ma, nascosto questo lume sotto lo staio (Mt 5, 1 5) della superbia, fatti non dilatatori, ma contaminatori della fede, gittate te nebre in voi e in altri. D'angeli terrestri, che dovete essere posti per levarci dinanzi al dimonio infernale, e pigliare l'ufficio degli angeli reducendo le pe corelle all'obedienzia della santa Chiesa; e voi avete preso l'officio delle dim onia. 747 Di quello male che avete in voi, di quello volete dare a noi, ritraendoci da ll'obedienzia di Cristo in terra, e inducendoci all'obedienzia d'Anticristo, del membro del diavolo; e voi con lui insieme, mentre che starete in questa eresia. Questa non cechit d'ignoranzia, cio, che venga per ignoranzia: non vi viene, che vi sia porto dalle creature una cosa, e sia un'altra. No: ch voi sapete quello ch e la verit, e voi l'avete annunciata a noi, e non noi a voi. Oh come sete matti: che a noi deste la verit, e per voi volete gustare la bugia! Ora volete seducere questa verit, e farci vedere il contrario, dicendo che per paura eleggeste papa U rbano; la qual cosa non ; ma chi 'l dice, parlando a voi non reverentemente perch vi sete privati della reverenzia, mente sopra il capo suo. Perocch, quello che vo i mostrate d'avere eletto per paura, appare evidente a chiunque il volse vedere: ci fu messere di Santo Pietro 1. 748 Potreste dire a me: Perch non credimi? Meglio sappiamo noi la verit, che lo el eggemmo, non voi. E io vi rispondo, che voi medesimi mi avete mostrato, che voi partite dalla verit, in molti modi; e che io non vi debbo credere che papa Urbano VI non sia vero papa. Se io mi volgo al principi della vita vostra, non vi cogn osco di tanta buona e santa vita, che voi per coscienzia vi ritraeste dalla bugi a. E chi mi mostra la vostra vita poco ordinata? Il veleno della eresia. Se io m i volgo alla elezione ordinata per la bocca vostra; aviamo saputo che voi lo ele ggeste canonicamente, e non per paura. Detto aviamo, ch quello che mostraste per paura, fu messer di San Pietro. Chi mi mostra la elezione ordinata con che elegg este messer Bartolomeo arcivescovo di Bari, il quale oggi papa Urbano VI fatto i n verit? Nella solennit fatta della sua incoronazione ci mostrata questa verit. Che la solennit sia fatta in verit, si mostra la riverenzia che gli faceste, e le gra zie domandate a lui, e voi averle usate in tutte quante le cose. Non potete dene gare questa verit, altro che con menzogne. 749 Ch, eziandio se fosse vero, che non , anche (= anzi) confesso, e non lo nego, che papa Urbano VI vero papa; ma se fusse vero quello che dite, non areste voi m entito a noi, che cel diceste per sommo pontefice, come egli ? E non areste voi f alsamente fattogli reverenzia, adorandolo in Cristo in terra? E non sareste voi stati simoniaci a procacciare grazie, e usarle illicitamente? S, bene. Ora hanno fatto l'antipapa, e voi con loro insieme. E per vi dico che voi, con lui (= l'ant ipapa) insieme, faceste male: e posso dire che sia eletto uno membro del diavolo ; ch se fusse stato membro di Cristo, arebbe eletto innanzi la morte che consenti to a tanto male: perocch egli sa bene la verit, e non si pu scusare per ignoranzia. Ora tutti questi difetti commettete e avete commesso in verso questo dimonio; c io, di confessarlo per papa, e egli non cos la verit, e di fare la reverenzia a cui voi non dovete. Partiti vi sete della luce, e itine alle tenebre; dalla verit, e congiunti alla bugia. Da qualunque lato, io non ci trovo altro che bugie.

O cechit sopra cechit, che non lassa vedere il male suo, n danno dell'anima e del c orpo! Ch se il vedeste, non vi sareste cos di leggieri con timore servile partiti dalla verit, tutti passionali, come superbi, e persone abituate arbitrarie nelli piaceri e diletti umani. Non poteste sostenere non solamente la correzione di fa tto attualmente; ma la parola aspra reprensibile, vi fece levare il capo. E ques to la cagione perch vi sete mossi. E ci dichiara ben la verit: che prima che Crist o in terra vi cominciasse a mordere, voi il confessaste e riveriste come vicario di Cristo ch'egli . Ma l'ultimo frutto ch'uscito da voi, che germina morte, dimo stra che arbori voi sete; e che 'l vostro arbore piantato nella terra della supe rbia, che esce dall'amore proprio di voi, il quale amore v'ha tolto il lume dell a ragione. Lettera 310. A tre Cardinali italiani. Scritta nei primi mesi del 1379. Nota: 1 Notiamo che, dopo l'elezione di Urbano VI, il popolo romano si sollev; e i card inali impauriti persuasero il vecchio cardinal Tebaldeschi, romano, a finger d'e sser lui l'eletto. Egli mor prima della consumazione dello scisma, dichiarando ch e l'elezione di Urbano VI era stata legittima.

12 Novembre Caterina supplica i tre cardinali che si ricongiungano al vero papa 750 Oim, non pi- cos per amore di Dio! Pigliate lo scampo da umiliarvi sotto la po tente mano di Dio (I Pt 5, 6), e all'obedienzia del vicario suo, mentre che avet e il tempo; ch, passato il tempo, non c' pi- rimedio. Ricognoscete le colpe vostre , acciocch vi potiate umiliare, e cognoscere la infinita bont di Dio, che non ha c omandato alla terra che vi inghiottisca, n agli animali che vi divorino; anzi v'h a dato il tempo acciocch potiate correggere l'anima vostra. Ma se voi none 'l cog noscerete, quello che v'ha dato per grazia, vi torner a grande giudicio. Ma se vorrete tornare all'ovile, e pascervi in verit al petto della sposa di Cris to; sarete ricevuti con misericordia da Cristo in cielo, e da Cristo in terra, n on ostante la iniquit che avete commesso. Pregovi che non tardiate pi-, n recalcit riate allo stimolo della coscienzia, che continuamente so che vi percuote. E non vi vinca tanto la confusione della mente, del male che avete fatto, che voi abb andoniate la salute vostra, e per tedio e per disperazione, quasi non parendovi di potere trovare rimedio. Non si vuole fare cos: ma, con fede viva, ferma speran za pigliate nel vostro Creatore, e con umilit tornate al giogo vostro; ch peggio s arebbe l'ultima offesa dell'ostinazione e disperazione, e pi- spiacevole a Dio e al mondo. Adunque levatevi su, col lume; ch senza lume andereste in tenebre, sic come sete andati per infino a qui. 751 Considerando questo l'anima mia, che senza il lume non potiamo cognoscere n a mare la verit; dissi e dico, ch'io desidero con grandissimo desiderio di vedervi levati dalle tenebre, e unirvi con la luce. A tutte le creature che hanno in lor o ragione s'estende questo desiderio; ma molto maggiormente a voi tre, de' quali io ho avuto massimo dolore, e ammirazione pi- del vostro difetto, che di tutti gli altri che l'hanno commesso. Che se tutti si partivano dal padre loro, voi do vevate essere quelli figliuoli che fortificaste il padre, manifestando la verit. Nonostante che il padre non avesse con voi usato altro che rimproverio, non dove vate per essere guida, denegando la santit sua per ogni modo. Pure naturalmente pa rlando, ch, secondo virt-, tutti dobbiamo essere uguali, ma, parlando umanamente, Cristo in terra italiano, e voi italiani, che non vi poteva muovere la passione della patria, come gli oltramontani, cagione non ci veggo, se non l'amore propr io. Atterratelo oggimai, e non aspettate il tempo, ch il tempo non aspetta voi, c onculcando co' piedi questo affetto, con odio del vizio e amore della virt-. 752 Tornate, tornate, e non aspettate la verga della Giustizia, perocch dalle man i di Dio non potiamo escire. Noi siamo nelle mani sue, o per giustizia o per mis ericordia: meglio a noi di ricognoscere le colpe nostre e stare nelle mani della Misericordia, che di stare in colpa e nelle mani della Giustizia.

Perch le colpe nostre non passano impunite; e speciamente quelle che sono fatte c ontra alla santa Chiesa. Ma io mi voglio obbligare di portarvi dinanzi a Dio con lacrime e continua orazione, e con voi insieme portare la penitenzia, purch vogl iate ritornare al padre, che, come vero padre, v'aspetta con l'ale aperte della misericordia. Non vi parr duro se io vi pungo con le parole, che l'amore della salute vostra m' ha fatto scrivere; e pi- tosto vi pungerei con voce viva se Dio mel permettesse. Sia fatta la volont sua. E anco meritate pi- tosto li fatti che le parole. Pono fine e non dico pi-. Lettera 310.

13 Novembre Invito ai senesi a rimaner fedeli al vero papa Urbano VI 753 Dico di Papa Urbano VI, il quale veramente Papa e Sommo Pontefice, a mal gra do di chi dice il contrario. Adunque giusta cosa d'averlo in reverenzia, obbedir e alla santit sua, e sovvenirlo in ci che si pu; s per l'autorit che egli ha, e si pe r la giustizia e vita sua, e si perch egli ci ministra le grazie spirituali in sa lute e in vita dell'anima nostra; e si per la grazia e amore particolare, che eg li ha mostrato e ha in verso di voi, come a cari figliuoli; e si per lo danno ch e ve ne pu seguitare, non facendolo, da Dio, e dalle creature. Da Dio, aspettando ne disciplina per la ingratitudine nostra che noi mostriamo verso la santa Chies a e Vicario suo: e giustamente il farebbe Dio per destare la miseria, e ignoranz ia nostra: che drittamente facciamo come mercennai, che, ogni grazia che essi ri cevono, gli pare avere per debito, e con difetti d'altrui spesse volte vogliono ricoprire il loro; ma molto maggiormente si scuoprono mostrando tanta ingratitud ine. Dalle creature ancora ne possiamo ricevere disciplina. Meglio ci dunque di stare uniti col padre e madre nostri, cio papa Urbano VI e la santa Chiesa, che c on tiranni. Meglio ci di stare appoggiati alla colonna ferma, la quale, se perco ssa con molte persecuzioni, ma per non rotta; che alla paglia, che siamo certi ch e ella vien meno, e ogni piccolo vento la caccia a terra. Aprite un poco gli occ hi, e mirate quanti inconvenienti ne possono venire, a fare vista di non vedere la necessit del padre, e non inanimirvi con dispiacimento verso gl'inimici suoi, i quali sono vostri. Ch gi non potete dire ch'egli vi chiegga l'adiutorio per acqu istare i beni temporali della santa Chiesa, i quali sono perduti; ma per la fede nostra, per confondere la bugia, ed esaltare la verit, per trarre le anime dalle mani delle dimonia, e perch la fede nostra non sia contaminata per le mani degl' iniqui. 754 Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, che voi non diate pi- parole a Cri sto in terra; ma dategli de' fatti, e rendetegli di quello che egli ha dato a vo i. Sapete bene, che egli ci ha data l'assoluzione, e la benevolenzia; e anco, pe r la bont di Dio e sua, Talamone non venne alle mani de' Pisani 1. E ora pare, ch e con molta ingratitudine vogliate trattare lui, menandolo per parole, come si f a a' fanciulli. E io vi dico che egli cognosce, come uomo che vede pi- dalla lun ga che voi non pensate, e ripone nel Cuor suo i figliuoli legittimi, e i non leg ittimi; e all'ora e al tempo suo mostrer ch'egli gli abbia cognosciuti. Or non pi - questo modo, per amore di Dio. Ma trattatelo come vicario di Cristo in terra, e trattatelo come caro vostro padre, sforzandovi senza indugio di fare la vostra possibilit. Lettera 311. A' Signori Difensori del Popolo e Comune di Siena. Scritta dopo l'a gosto del 1378. Nota: 1 "Allude all'aiuto prestato dal Pontefice pel riscatto di Talamone dalle mani d e' Pisani" (L. Ferretti).

14 Novembre

Invito alla regina di Napoli a rimanere fedele a Urbano VI, vero e legittimo pap a 755 Aprite l'occhio dell'intelletto; e se non ci sar la nuvola della propria pass ione e piacimento delle creature, cognoscerete che quelli che sono posti per col onne nella santa Chiesa (= i cardinali che hanno eletto l'antipapa), hanno semin ato tanto pessimamente il veleno dell'eresia, che attossica loro e chi a loro s' appressa. Bene adunque vero, carissima madre carissima in quanto voi siete serva fedele, siccome per antico tempo sete stata, della santa Chiesa; ch sapete che s ete nutricata alle mammelle sue dicevo che questi avevano preso l'officio delle dimonia. E, secondo che intendo, mi pare che di quello ch'egli hanno in loro, lo vogliano dare a voi: pervertire voi, figliuola dell'obedienzia e riverenzia, da l padre vostro Urbano VI, il quale veramente Cristo in terra; e ogni altro che v enisse mentre ch'e' vive, non papa, ma peggio che Anticristo. E se voi vi scosta te da questa verit, la quale tanto evidente, confessata da quelli che lo elessero , e' quali per propria passione dinegano che non la verit. Se non era non dovevan o chiedergli le grazie e usarle; ma perch egli era per le chieseno, e hannole usat e. E se voi terrete il contrario, sarete come cieca, e averete la condizione di quelli che di sopra dicemmo che erano privati del lume. La luce pervertirete in tenebre, tenendo che papa Urbano VI, che in verit una luce, non sia vero Cristo i n terra, ministratore del sangue di Cristo in cielo. Faretene tenebre: non che in se questa luce possa essere oscurata ma dar tenebre nella mente e nell'anima vostra. E la tenebra vorrete pervertire in luce; e non si potr con tutte le forze vostre. Potr bene con un poco di nuvolo essere ricopert a; il qual nuvolo cader a mal grado di chi vuole il contrario. 756 Che se v'accosterete con debita riverenzia al padre vostro, cio a papa Urbano VI, mostrerete frutto di vita: e allora sar beata l'anima mia, vedendo in voi il frutto della vera obedienzia, onde traete la vita della grazia. E se vi discost asti, e accostastivi all'opinione di chi tiene il contrario contra la coscienzia loro falsamente; gittereste frutto di morte, d'una disobbedienzia che genera mo rte eternale. Ho scaricata la coscienzia mia. Sono certa che Dio v'ha dato tanto cognoscimento e senno, che, se voi vorrete, cognoscerete la verit; cognoscendola l'amerete; e amandola, non sar offesa da voi mai. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; e quivi si consumi ogni amore proprio e piacere umano. Lettera 312. Alla Reina di Napoli. Scritta nell'ottobre 1378, prima di recarsi a Roma.

15 Novembre Estremo tentativo di Caterina di prevenire e impedire lo scisma 757 Sapete che la Verit eterna cre noi all'imagine e similitudine sua: di noi fece suo tempio dove egli vuole abitare per grazia, se piace al lavoratore di questa vigna di lavorarla bene e drittamente. Ch stella non fusse lavorata, ma abbondas se di spine e di pruni; gi non sarebbe da abitarvi. Or vediamo, carissimo padre, che lavoratore ci ha posto questo maestro. Hacci posto il libero arbitrio, in cu i commessa tutta la governazione. Ecci la porta della volont: che neuno che la po ssa aprire, se non quanto il libero arbitrio vuole. Hacci posto il lume dell'int elletto, per cognoscere gli amici e i nemici, che volessero entrare e passare pe r la porta: alla qual porta posto il cane della coscienzia, che abbaia quando gl i sente apparire, se egli desto e non dorma. Questo lume ha discetto (= da disce rnere) e veduto il frutto: traendone la terra, acci che 'l frutto rimanga netto; mettelo nella memoria, la quale uno granaio, ritenendovi il ricordamento de' ben eficii di Dio. Nel mezzo della vigna ha posto il vasello del cuore, pieno di san gue, per inaffiare con esso le piante, acciocch non si secchino. 758 Or cos dolcemente creata e ordinata questa vigna; la quale, anco dicemmo che era tempio di Dio, dove esso abita per grazia. Ma io m'avveggo che 'l veleno del l'amor proprio e del perverso sdegno ha avvelenato e corrotto questo lavoratore,

intanto che la vigna nostra tutta inselvatichita; o egli ci frutto che ci d frut to di morte, o egli ci sono salvatichi e acerbi, perocch i seminatori rei delle d imonia visibili e invisibili passarono per la porta della volont: gl'invisibili p er la porta delle molte cogitazioni e varie, e li visibili con laidi e malvagi c onsigli, sottraendoci con parole finte e doppie e piacentieri, e con malvagi cos tumi, dalla verit. Di quello seme che hanno in loro, di quello porgono a noi. Sem inandolo col libero arbitrio, nacquene frutto di morte cio di molti peccati morta li. Oh quanto laida quella misera vigna e vedere! Che di vigna, fatta bosco, con le spine della superbia e dell'avarizia, e co' pruni dell'ira e dell'impazienza e disobedienzia, piena d'erbe velenose. Di giardino fatta stalla, dilettandoci noi di stare nella stalla dell'immondizia. Questo nostro giardino non chiuso, ma aperto: e per i nemici de' vizii e delle dimonia v'entrano come in loro abitazio ne. La fonte risecca; ch' la grazia la quale trassimo del santo battesimo in virt - del sangue; il qual sangue bagnava, essendone pieno il cuore per affetto d'amo re. Il lume dell'intelletto non vede altro che tenebre, perch privato del lume de lla santissima fede; non vede n cognosce altro che amore sensitivo. Di questo emp ie la memoria; onde altro ricordamento non ha, n pu avere, mentre che sta cos, se n on di miseria, con disordinati appetiti e desiderii. 759 O carissimo padre, vogliate cognoscere in che stato trovate e vedete la vign a vostra. Dogliomi infino alla morte che il tiranno del libero arbitrio v'ha fat to di giardino che gettava esempio di virt- e di verit e lume di fede, ora l'ha p ervertito di giardino in bosco. E che frutto di vita pu fare, essendo voi tagliat o dalla verit, e fattone perseguitatore, e dilatare la bugia; trattane la fede, e messavi la infedelt? E perch vi fate male di morte? Per l'amore che avete alla pr opria sensualit, e per sdegno conceputo contro il Capo vostro (= Urbano VI). E no n vediamo noi che 'l sommo giudice non dorme sopra noi? Come potete voi fare que llo che non dovete fare, contra il capo vostro? Come se verit fosse che papa Urba no VI non fosse veramente papa! Conciosiacosach nel segreto del cuore voi teniate quello che , cio che egli sommo e vero pontefice: e chi altro dice, eretico e rep rovato da Dio, non fedele, n cattolico uomo, ma cristiano rinegato, che niega la fede sua. Questa deviamo tenere, che il papa eletto con elezione ordinata, e vic ario di Cristo in terra; e lui deviamo obedire infino alla morte. E eziandio se a noi fosse padre crudele in tanto che ci cacciasse dall'un capo del mondo all'a ltro con ogni tormento, non deviamo per scordarci, n perseguitare questa verit. 760 Increscemi che io veda tanto inselvatichita l'anima vostra, che faccia contr a questa verit. Umana cosa il peccare, ma la perseveranzia nel peccato cosa di di monio. Tornate a voi medesimo. Levisi la ragione col libero arbitrio, e comincia mo a rivoltare la terra di questo disordinato e perverso amore; cio che l'affetto , che tutto terreno, diventi celestiale, cercando i beni del cielo che in s non h anno alcuna mutazione. Adunque vi prego, che umilmente con grande sollecitudine torniate a questo giogo . Cercate il lavoratore e la vigna dell'anima vostra nella vigna della santa Chi esa: altramente, sareste privato d'ogni bene, e cadereste in ogni male. Ora il t empo, escite di tanto errore; ch, passato il tempo, non c' pi- rimedio. Son certa che, se sarete vero lavoratore della vigna vostra, voi non indugerete pi- a torn are; con grande umilt ricognoscerete le colpe vostre dell'offesa di Dio, chiedere te di grazia al padre che vi rimetta nell'ovile suo. Lettera 313. Al Conte di Fondi. Scritta poco prima del 20 settembre 1378, ossia appena avanti che cominciasse lo scisma.

16 Novembre Due morti ci conviene avere prima che giungiamo alla vita 761 Ma pensate, che due morti ci conviene avere prima che giungiamo alla vita. L a prima si , che l'uomo muoia ad ogni propria e perversa volont sensitiva; la qual e volont sensitiva, chi non la uccide, lo conduce alla morte eternale. adunque bi sogno che l'uomo se ne levi e tagli col coltello dell'odio e dell'amore; cio odio del peccato, ed amore della virt-.

E a questo modo aspetter l'anima la seconda morte, cio corporale, come uno sonno; la quale fine d'ogni fatica, e termina ogni tenebra e fa giugnere l'anima alla l uce della visione del suo Dio. Ma pensate, figliuola mia, che se l'uomo non foss e vissuto con la volont morta, come detto , non sarebbe tanto gloriosa la sua mort e corporale. 762 Convienci dire: Io confesso che son mortale; la qual cosa m' grandissima graz ia, perocch per la morte io giugner al mio fine, cio a Dio, il quale mia vita. Ed a nco confesso che la vita mia, con le opere che io ho fatte, non meritano altro c he l'inferno. Ma io ho fede e speranza nel mio Creatore, e nel sangue del consum ato e svenato Agnello, che mi perdoner li miei peccati, e darammi la sua grazia. E se pure la morte mi venisse prima che io correggessi la vita mia, cio che io no n avessi fatta anco penitenzia de' peccati miei, dico che io me ne confido nel m io signore Ges- Cristo: per che io vedo, che non neuna comparazione dalla divina misericordia agli miei peccati. Anco pi-: che se tutti li peccati che si possono commettere fossero raunati in una creatura, sono meno che una gocciola d'aceto in mezzo il mare. 763 Ors- dunque, figliuola mia dolce, non pi- timore! Ma con letizia passate que sto punto del tempo, con uno desiderio della virt-, e con una vera pazienza, sos tenendo ogni pena corporale e mentale, o per infermit o per qualunque modo Dio ve le concedesse. Non mi schifate pene, ma stringetevi e abbracciatevi con la croc e e con le pene: per che ogni pena che voi avete v' conceduta da Dio per vostra ut ilit, perocch vuole avere di che remunerarvi quando uscirete di questa tenebrosa v ita, e anderete al luogo di riposo e alla vera citt di Jerusalem, visione di pace , dove ogni bene rimunerato, cio ogni pazienza e buona operazione, la quale noi a doperiamo in questa vita. E per, vi dissi che io desideravo di vedere il cuore e l'affetto vostro spogliato d'ogni amore e affetto del mondo e timore servile; e voglio che siate vestita s olo di Cristo crocifisso, e ine poniate la fede e la speranza vostra, acci che 'l dimonio co' suoi inganni non vi possa pigliare con la disordinata paura della m orte, ma con desiderio voltiate tornare al fine nostro. Lettera 314. A Monna Costanza, donna che fu di Niccol Soderini in Firenze.

17 Novembre Solo la carit per Iddio e per il prossimo il vero fondamento del nostro retto agi re 764 Tu mi scrivesti, e secondo ch'io intesi nella lettera, pare che tu sia passi onata. E non piccola; anco, forte, maggiore che verun'altra, quando dall'uno lat o ti senti chiamare nella memoria tua per nuovi modi da Dio, e i servi suoi si p ongono al contrario, dicendo che non bene. Io t'ho compassione pur assai grande: perch non so che fatica si sia simile a quella per la gelosia che l'anima ha di s medesima; che a Dio resistenzia non pu fare, e la volont de' servi suoi vorrebbe compire, fidandosi pi- del lume e cognoscimento loro, che del suo: e nondimeno n on pare che possa. Ora io ti rispondo semplicemente secondo il mio basso e poco vedere: non ponendo ti mente affermativamente; ma, come ti senti chiamare senza te, cos rispondi. Ond e, se tu vedi il pericolo dell'anime, e tu le puoi sovvenire; non chiudere gli o cchi; ma con perfetta sollicitudine t'ingegna di sovvenirle infino alla morte. E non curare i tuoi proponimenti, n di silenzio n d'altro; acciocch non ti fusse det to poi: Maledetto sia tu, che tacesti! (cf Is 6, 5). Ogni nostro principio e fon damento fatto solo nella carit di Dio e del prossimo: tutti gli altri esercizii s ono istrumenti e edifizii posti sopra questo fondamento. E per non debbi, per lo diletto dello istrumento e dello edifizio, lassare il principale fondamento dell 'onore di Dio e dilezione del prossimo. Lavora adunque, figliuola mia, in quel c ampo, che tu vedi che Dio ti chiama a lavorare; e non pigliare pena n tedio nella mente per quello che t'ho detto, ma porta virilmente. Temi e servi Dio, senza t e, e non curare poi il detto delle creature; se non d'avere loro compassione. 765 Non dormiamo pi-: destianci dal sonno della negligenzia, mugghiando con umil

i e continue orazioni sopra il corpo mistico della santa Chiesa, e sopra il vica rio di Cristo. Non cessare d'orare per lui, che gli dia lume e fortezza a resist ere a' colpi de' dimoni incarnati, amatori di loro medesimi, i quali vogliono co ntaminare la fede nostra. Tempo di pianto. Lettera 316. A Suor Daniella da Orvieto. Scritta nel novembre 1378.

18 Novembre Ancora alla regina di Napoli per indurla a tornare all'obbedienza del vero papa Urbano VI 766 Dov' il giusto uomo che essi hanno eletto per antipapa, se in verit il sommo n ostro pontefice papa Urbano VI non fossi vero vicario di Cristo? Che uomo hanno eletto? Uomo di santa vita? No: ma uomo iniquo, dimonio; e per fa l'officio delle dimonia. Il dimonio s'ingegna di sottrarci dalla verit; ed esso fa quello medesi mo. E perch non elessero un giusto uomo? Perch ben sapevano che uno giusto uomo av rebbe eletto innanzi la morte, che averlo accettato, perch in loro non avrebbe ve duto neuno colore in verit. E per e' dimoni presero il dimonio, e i bugiardi la bu gia. 767 Bene hanno a mente (= i vostri sudditi napoletani), che quando papa Urbano V I, vero papa, fu creato con grande e vera elezione, e coronato con grande solenn it, voi facesti fare la grande e magna festa, siccome debbe fare il figliuolo per la esaltazione del padre e la madre di quella del figliuolo. Ch egli era a voi f igliuolo e padre: padre, per la dignit sua nella quale venuto; figliuolo, perch er a suddito a voi, cio del reame vostro. E per faceste bene. Anco, comandaste a tutt i che dovessimo obbedire alla Santit sua, siccome a sommo pontefice. Ora vi veggo voltata, colla condizione della femmina che non ha fermezza; e volete che facci ano il contrario. Non pi- cos, per amore di Cristo crocifisso! Tornate all'obedienzia della santa C hiesa; cognoscete il male che avete fatto; umiliatevi sotto la potente mano di D io (I Pt 5,6). E Dio, che ragguarda l'umilit dell'ancilla sua (Lc 1,48), ci far mi sericordia; placher l'ira ch'egli ha sopra e' difetti vostri. Mediante il sangue di Cristo v'innesterete e legherete in lui col vincolo della carit, nella quale c arit cognoscerete e amerete la verit; e la verit vi lever dalla bugia; dissolverete ogni tenebra, daravvi lume e cognoscimento nella misericordia di Dio. In questa verit sarete liberata (Gv 6,32); altrimenti, no. Lettera 317. Alla Reina di Napoli.

19 Novembre Due sono coloro che ci invitano: Cristo, e il demonio 768 Gl'invitatori sono due. O dolcissimi e amantissimi figliuoli, quali sono que sti due che c'invitano? E quali sono le vie loro? Dicovelo. Cristo benedetto l'u no; che c'invita all'acqua viva della grazia. Cos disse egli quando gridava nel t empio: Chi ha sete, venga a me, e beva, ch son fonte d'acqua viva (Gv 7, 37). Veramente egli una fonte: ch, come la fonte tiene in se l'acqua e trabocca per lo muretto d'intorno; cos questo dolce e amoroso Verbo, vestito della nostra umanit; l'umanit sua fu uno muro che tenne in s la deit eterna unita in essa umanit; traboc cando il fuoco della divina carit per lo muro aperto di Cristo crocifisso: per che le piaghe sue dolcissime versarono sangue intriso col fuoco, perch per fuoco d'a more fu sparto. Di questa fonte traiamo noi l'acqua della grazia; per che in virt- della deit, e n on puramente per l'umanit, fu purgata la colpa dell'uomo. L'umanit sostenne la pen a della croce; e in virt- della deit fu soddisfatto alla colpa nostra, e fummo re stituiti a grazia. Sicch veramente egli fonte d'acqua viva, e con grande dolcezza d'amore c'invita a berne. Egli, come fonte d'acqua viva, invita a bere quelli c he hanno sete: e' quali seguitano la dottrina sua, empiono il vasello dell'anima

dell'acqua della grazia. Appoggiando il petto all'umanit sua, per lo modo detto s'attuffano in quest'acqua, bevendo con la bocca del santo desiderio lo onore di Dio e la salute dell'anime, con la fame delle virt-, le quali crede di poter ac quistare in questo tempo presente. Cos, chi sono gl'invitati a bere? Chi dunque diremo che sieno gl'invitati? Solo q uelli che hanno sete e fame della virt-, e, come assetati, corrono per la dottri na di Cristo crocifisso: ponendosi dinanzi, al lume della fede, la fonte, per cr escere la sete. 769 Ma vediamo, qual' l'altro che c'invita. Detto aviamo che Cristo dolce Ges- c' invita all'acqua viva. L'altro il dimonio, che c'invita a quella ch'egli ha per se. In s ha morte: adunque noi invita all'acqua morta. Che se tu 'l dimandassi: C he mi darai se io ti servo? Risponderebbeti: Di quello ch'io ho per me. Io sono privato di Dio, e cos tu sarai privato di Dio; io sono nel fuoco eternale, dov' fu oco e stridore di denti; son privato della luce, e immerso nella tenebra; ho per duta ogni speranza; son con la compagnia di crucciati e tormentati nell'inferno, come io. Queste sono le gioie e il refrigerio che tu averai per merito. Qual' la via di questo incitatore? la via della bugia. Per ch'egli padre delle bugie. Il libro ch'egli ti pone innanzi, la propria sensu alit, nel quale ha scritti tutti e' vizii, con movimenti d'ira, di superbia, d'im pazienza, d'infidelit verso il suo Creatore, ingiustizia, indiscrezione, immondiz ia, odio verso il prossimo suo; piacere del vizio e dispiacere delle virt-, gros sezza e detrazione verso il prossimo, accidia e confusione di mente, negligenzia , sonnolenzia e ingratitudine; e tutti gli altri difetti, tutti gli scrive. Se l a volont gli legge e gli impara, mettendogli volontariamente in operazione; egli seguita, come infedele, la via della bugia del dimonio; beve in lui l'acqua mort a, perch privato della grazia in questa vita, e nell'altra riceve con lui insieme , morendo in peccato mortale, l'eterna dannazione e supplizio. Lettera 318. A Sano di Maco, e a tutti gli altri suoi in Cristo figliuoli, secol ari in Siena. Scritta da Roma negli ultimi due mesi della sua vita.

20 Novembre Solo la porta della volont in nostro libero possesso 770 Scrivo a te, con desiderio di vederti vero guardiano della citt dell'anima tu a. O figliuolo carissimo, questa citt ha molte porte. Le quali sono tre; cio memor ia, intelletto, e volont: delle quali porte, il nostro Creatore tutte permette ch e sieno percosse, e quando aperte per forza, fuori che una, cio la volont. Onde al cuna volta addiviene che l'intelletto altro non vede che tenebre; la memoria occ upata in cose vane transitorie, con molte varie e diverse cogitazioni, e disones ti pensieri; e simile, tutti gli altri sentimenti del corpo suo, disordinati e a tti a ruina. Onde certo si vede che veruna di queste porte liberamente in nostra possessione ma solo la porta della volont in nostra libert; la quale ha per sua g uardia il libero arbitrio. Ed s forte questa porta, che n dimonio n creatura la pu a prire, se la guardia noi consente; e non aprendosi questa porta, cio di consentir e a quello che la memoria e l'intelletto e l'altre porte sentono, franca in perp etuo la nostra citt. Ricognosciamo adunque, figliuolo, ricognosciamo tanto eccell ente beneficio, e s smisurata larghezza di carit, quanta aviamo ricevuta dalla div ina bont, avendoci messi in libera possessione di tanto nobile citt. 771 Brighiamoci di fare buona e sollecita guardia, ponendo allato a la guardia d el libero arbitrio il cane della coscienzia; il quale, quando alcuno giunge alla porta, desti la ragione, abbaiando, acci ch'ella discerna s' amico, o inimico; s c he la guardia metta dentro gli amici, mandando ad esecuzione le sante e buone sp irazioni, e cacci via e' nemici, serrando la porta della volont, che non consenta alle cattive cogitazioni' che tutto d giungono alla porta. Lettera 319. A Stefano di Corrado Maconi. Scritta da Roma nel novembre-dicembre 1378. 772 Scrivo a te, con desiderio di vederti levato dalla fanciullezza, e essere uo

mo virile; levatosi dal gustare il latte delle consolazioni mentali e attuali; e posto a mangiare il pane duro e muffato delle molte tribolazioni mentali e corp orali, delle battaglie delle dimonia e ingiurie delle creature, e in qualunque a ltro modo a Dio piacesse di concederleti; dilettandoti in esse, e facendotegli i ncontra con affocato desiderio e con un dolce ringraziamento verso la divina bon t, quando a lui piacesse di usare in te questi grandi doni: la quale cosa gli pia cer ogni volta che ti vedr atto a ricevere. Dstati, destati, figliuolo, dalla tiepi dezza del cuore tuo; e tuffalo nel sangue, acci ch'egli arda nella fornace della divina carit; s che gli venga in abominazione l'opere fanciullesche, e infiammisi a essere tutto virile, entrare in sul campo della battaglia a fare grandi fatti per Cristo crocifisso, e virilmente combattere. Perch dice Pavolo che non sar coro nato se non chi legittimamente aver combattuto (2 Tm 2, 5). Dunque da piangere ha colui che si vede stare fuore del campo. Lettera 320. A Stefano di Corrado Maconi. Scritta dopo il 28 novembre 1378, da R oma.

21 Novembre La vigna nostra, e la vigna del prossimo nostro 773 Sapete che la Verit eterna cre noi alla imagine e similitudine sua: fece di no i una vigna, nella quale volse e vuole abitare per grazia, dove el piaccia al la voratore di questa vigna di lavorarla bene e lealmente. Che s'ella non fusse ben e lavorata, abbonderebbe di spine e di pruni; onde non si diletterebbe Dio d'abi tarsi dentro. Or vediamo, carissimi fratelli, che lavoratore ci ha messo questo maestro. Hacci posto il libero arbitrio, in cui commessa tutta la governazione della vigna. Ec ci la porta fortissima della volont, la quale neuno che possa aprire o serrare se non quanto piace a questo lavoratore. E Lacci dato il lume dell'intelletto, acc iocch cognosciamo e discerniamo li amici e inimici che volessero passare per la d etta porta, alla quale posto il cane della coscienzia, acciocch abbai quando gli sente aprire. Ma conviensi che questo cane vegli e non dorma. Questo lume vede e discerne il frutto, traendone la terra, acciocch 'l frutto rimanga netto; e mett elo nel granaio della memoria, ritenendovi per ricordamento de' beneficii di Dio . Nel mezzo della vigna ha posto il vasello del cuore, pieno di sangue, per inaf fiare con esso le piante, acciocch non si secchino. 774 Or cos dolcemente fatta e creata questa vigna. Ma io m'avveggo che 'l veleno dell'amore proprio ha avvelenato e corrotto questo lavoratore in tanto che la vi gna nostra tutta inselvatichita; onde o ella produce frutto che ci d morte, o fru tti salvatichi e acerbi; perch i seminatori rei delle dimonia passarono per la po rta della volont col seme delle molte e varie cogitazioni, seminandoli nel libero arbitrio, onde ne nasce frutto di morte, cio di molti peccati mortali. Oh quanto laida questa vigna a vedere, che di vigna fatta bosco, con le spine della super bia, della avarizia, con pruni dell'ira e della impazienza; e piena di molte erb e velenose. E di giardino fatta stalla; dilettandoci noi di stare nel loto della immondizia. Questo giardino non chiuso, ma aperto; e per li nemici, cio le dimoni a, v'entrano come in loro abitazione. La fonte risecca, cio la grazia, la quale t rassimo dal santo battesimo in virt- del sangue di Ges- Cristo; il quale sangue inaffiava la vigna, essendone pieno il cuore per affetto d'amore. Il quale lume dell'intelletto non vede altro che tenebre, perch privato del lume della santissi ma fede; onde non cognosce altro che amore sensitivo. Di questo ha piena la memo ria; onde, stando cos, non pu aver altro ricordamento che di miseria, con disordin ati appetiti e desiderii. 775 Hacci ancora posta la Verit eterna un'altra vigna allato a questa, cio quella del prossimo nostro: la quale tanto unita insieme con la nostra, che utilit non p ossiamo fare alla nostra, che non sia fatta anco alla sua. Anco, ci comandamento di governare la sua come la nostra, quando ci detto: Ama Dio sopra ogni cosa, e il prossimo come te medesimo (Mt 19, 19). Che arbore ci pone? L'arbore della perfettissima carit, la cui cima s'unisce col

cielo, cio nell'abisso della carit di Dio. I rami suoi tengono per tutta la vigna; onde mantengono i frutti in freschezza: perch tutte le virt- procedono dalla car it, e da essa hanno vita. Di che s'innaffia? Non d'acqua, ma di sangue prezioso, sparto con tanto fuoco d'amore; il quale sangue sta nel vasello del cuore. E non tanto ch'egli innaffi questa vigna, dolce e dilettevole giardino; ma egli d bere al cane della coscienzia abondantemente, acciocch, fortificato, faccia buona e s olenne guardia alla porta della volont, acciocch neuno passi che egli noi faccia s entire alla ragione, destandola col grido suo; e la ragione col lume dell'intell etto ragguardi se sono amici o nemici. 776 Detto aviamo come l'anima nostra una vigna, e come ella ornata, e come Dio v uole che noi lavoriamo. Ora da vedere dove egli ci ha posti. Dico che egli ci ha posti tutti nella vigna della santa Chiesa; e ha posto in essa il lavoratore, c io Cristo in terra, il quale ci ha a ministrare il sangue; e col coltello della p enitenzia, la quale riceviamo nella santa confessione, taglia il vizio dell'anim a, legandola al petto suo; e legala col legame della santa obedienzia. Adunque c i conviene cercare e lavorare la vigna dell'anima nostra nella vigna della santa Chiesa; altrimenti saremo privati d'ogni bene, e raderemo ogni male. Lettera 321. Al Priore, e Fratelli della Compagnia della Disciplina della Vergin e Maria dell'Ospidale di Siena.

22 Novembre Quando il papa chiama e chiede il nostro aiuto dobbiamo lasciar tutto e obbedire a lui 777 Neuna virt- pu dare a noi vita di grazia, se ella non fatta e notricata dalla carit. Ella uno lume che tolte la tenebra della ignoranzia, col quale lume pi- p erfettamente si cognosce la verit; e, per lo cognoscimento, pi- ama. Ella uno ves timento che ricopre la nostra nudit: cio, che l'anima che nuda di virt-, onde sguit a la vergogna, siccome all'uomo che si vede nudo; ella la ricopre del vestimento delle vere e reali virt-. Ella un cibo che insiememente notrica l'anima, e dell e fame: ch altrimenti, non sarebbe cibo dilettevole, se non fusse la fame insieme mente col cibo. Onde noi vediamo che l'anima la quale si notrica in questa forna ce, sempre vuole mangiare il cibo suo. Quale il cibo suo? l'onore di Dio e la sa lute dell'anime. 778 Or viddesi tanta necessit, quanta oggi vediamo nella santa Chiesa, di vedere i figliuoli nutricati al petto suo, essersi levati e fare contra a lei, e contra al padre, cio Cristo in terra, papa Urbano VI, vero sommo pontefice; e hanno ele tto l'antipapa, dimonio incarnato, egli e chi 'l sguita? Ben ci debbe stringere i l debito di sovvenire al padre nostro in questa necessit; il quale dimanda benign amente e con grande umilit l'aiutarlo de' servi di Dio, volendoli dallato a se. N oi doviamo rispondere, consumati nella fornace della carit. Rispondete adunque al Sommo Pontefice, il quale con grande umilt vi chiama, non per le nostre giustizi e o virt-, ma per la bont di Dio, e umilit sua Or m'avvedr se voi sarete amatori di Dio e della reformazione della santa Chiesa, e se voi non ragguarderete alle pr oprie consolazioni. Son certa che, se vo' averete consumato l'amore proprio in q uesta fornace, voi non curerete d'abbandonare la cella e le vostre consolazioni; ma piglierete la cella del cognoscimento di voi, e con essa verrete a ponere la vita, se bisogner, per la verit dolce. Altrimenti, no. E per vi dissi ch'io deside ravo di vedere consumato ogni amore proprio di voi nella fornace della divina ca rit. Escano fuore i servi di Dio, e vengano ad annunciare e sostenere per la verit; ch ora il tempo loro. Lettera 322. A Don Giovanni Monaco delle Celle di Valle Ombrosa, essendo richies to da papa Urbano VI. Scritta nel dicembre del 1379. 779 Il nostro dolce Santo Padre papa Urbano VI, vero sommo pontefice, pare che v oglia pigliare quello remedio che gli necessario alla reformazione della santa C hiesa, cio di volere i servi di Dio allato a se, e col consiglio loro guidare s e

la santa Chiesa Per questa cagione vi manda questa Bolla nella quale si contiene che voi abbiate a richiedere tutti quelli che vi saranno scritti. Fatelo sollic itamente, e tosto, e non ci mettete spazio di tempo; ch la Chiesa di Dio, non ha bisogno d'indugio. Lassate stare ogni altra cosa, sia ci che si vuole; e sollecit ate gli altri che vi saranno scritti, che tosto siano qui. Non tardate, non tard ate, per l'amore di Dio. Lettera 323. Al Priore di Gorgona dell'Ordine della Certosa in Pisa. Scritta dop o il novembre 1378.

23 Novembre Invito alla preghiera umile, continua e fedele 780 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi morire spasimato di quella morte che d vita di grazia all'anima; cio dolere dell'offesa di Dio e danno dell'anime. Ques to dolce dolere voglio che continuamente cresca nella mente vostra. Dolce , perch procede dalla dolcezza della divina carit, e non affligge l'anima; anco, l'ingras sa; perocch, per compassione la fa stare nel cospetto di Dio con umile, continua e fedele orazione a pregarlo per la salute di tutto quanto 'l mondo, che allumin i gli occhi de' tenebrosi, i quali giaciono nella morte del peccato mortale, e d oni la perfezione a' servi suoi. Umile, dico; tratta del cognoscimento di s; vedendo, se non essere, se non in qua nto fatto e creato da Dio. Continua, dico, tratta dal cognoscimento della bont di Dio in se; dove ha veduto che continuamente Iddio adopera in lui, versando le m olte grazie e diversi beneficii sopra di lui. E dissi, fedele; che in verit speri , e con viva e ferma fede creda che Iddio sa, pu e vuole esaudire le giuste petiz ioni nostre, e dare le cose necessarie alla nostra salute. Or questa quella oraz ione che vola e trapassa infino all'orecchia di Dio, e sempre esaudita. Ma non v eggio che si possa fare con freddezza di cuore: e per vi dissi che io desideravo di vedervi morire spasimato; la qual cosa procede dal fervente desiderio che l'a nima ha a Dio. Ors-, figliuolo carissimo, risentiamoci a tanta necessit quanta vediamo nella san ta Chiesa. Mugghi il desiderio vostro sopra questi morti; e non ci ristiamo per fino a tanto che Dio volta l'occhio della sua misericordia. Lettera 325. A frate Tommaso d'Antonio da Siena dell'Ordine de' Frati Predicator i. Scritta da Roma dopo il novembre 1375. 781 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi perdere voi medesimi per siffatto mod o, che voi non cerchiate n pace, n quiete, altro che in Cristo crocifisso; concepe ndo fame in su la mensa della croce all'onore di Dio, e alla salute dell'anime, e reformazione della santa Chiesa. La quale oggi vediamo in tanta necessit, che p er sovvenirgli da escire dal bosco (= dalla solitudine) e abandonare se medesimo . Vedendo che si possa fare frutto in lei, non da stare, n da dire: Io non averei la pace mia. Avedrommi se in verit abbiamo conceputo amore alla reformazione della santa Chies a; perocch se sar cos in verit, seguiterete la volont di Dio e del vicario suo, escir ete del bosco, e verrete ad intrare nel campo della battaglia. Ma se voi none 'l farete, vi scorderete della volont di Dio. E per vi prego per amore di Cristo cro cifisso, che tosto ne veniate senza indugio, alla richiesta che 'l Santo Padre f a a voi. E non dubitate di non avere del bosco: ch qui ha de' boschi e delle selv e. Su, carissimi figliuoli! E non dormite pi-: ch tosto di vigilia. Lettera 326. A Frate Guglielmo d'lnghilterra, e Frate Antonio da Nizza a Lecceto . Scritta da Roma il 15 dicembre 1378.

24 Novembre Invito a lottare contro il malvagio vento dell'eresia e dello scisma

782 Sia sovvenuto alla dolce Sposa. La quale vediamo posta in tanta amaritudine, che da ogni lato percossa da molti venti contrarii e singolarmente la vedete pe rcossa dagli iniqui uomini amatori di loro medesimi, col pericoloso e malvagio v ento dell'eresia e scisma, che ha a contaminare la fede nostra. Or fu ella mai in tanto bisogno, che quelli che la debbono aitare, l'hanno percossa; e da quelli che l'hanno ad alluminare, si por ti la tenebra? E che faranno i cani de' servi di Dio, i quali sono posti nel mondo per guardie acciocch abbaino, quando veggono giugnere il lupo, perch il pastore principale si desti? Con che debbono abbaiare? Con l'umile e continua orazione, e con la voce viva della parola. A questo modo spaventeranno le dimonia visibili e le invisibi li; e desterassi il cuore e l'affetto del principale pastore nostro papa Urbano sesto; e desto che sar, non dubitiamo che il corpo mistico della santa Chiesa, e il corpo universale della religione cristiana saranno sovvenuti, e ricoverate le pecorelle, e tratte dalle mani delle dimonia. Non vi dovete ritrarre per veruna cosa; non per pena che n'aspettaste, n per persecuzioni, infamie, o scherni che fossero fatti di voi; non per fame, sete, o per morte mille volte, se possibile fusse; non per desiderio di quiete, n delle vostre consolazioni, dicendo: Io vogl io la pace dell'anima mia; e con l'orazione potr gridare nel cospetto di Dio. Non, per l'amore di Cristo crocifisso. Ch ora non tempo di cercare se per se, n da fuggire pene per avere consolazioni; anco, tempo da perdere se medesimo, poich l a infinita bont e misericordia di Dio ha provveduto alla necessit della santa Chie sa, d'avergli dato uno pastore giusto e buono, che vuole aver intorno a s di ques ti cani, che abbaino per onore di Dio continuamente; per paura di non dormire, n on fidandosi della vigilia, acciocch sempre l'abbiano a destare. Tra i quali, ch' egli ha eletti, sete voi. E per vi prego e stringo in Cristo dolce Ges-, che tost o veniate a compire la volont di Dio, che vuole cos, e la santa volont del vicario di Cristo, il quale benignamente chiama voi e li altri. 783 Non vi bisogna temere delle delizie n delle grandi consolazioni; perocch voi v enite a sostenere, e non a dilettarvi se non di diletto di croce. Traete fuore i l capo, e uscite a campo a combattere realmente per la verit; ponendoci dinanzi a ll'occhio dell'intelletto la persecuzione che fatta al sangue di Cristo, e la da nnazione dell'anime; acciocch siamo pi- inanimati alla battaglia, acciocch per ver una cosa valliamo il capo a dietro. Venite, venite, e non tardate aspettando il tempo, ch il tempo non aspetta noi. Son certa che la infinita bont di Dio vi far co gnoscere la verit. E anco so, che molti eziandio di quelli che sono servi di Dio, vi si uniranno [contro], e contradiceranno a questa santa e buona operazione, p arendogli dire bene, dicendo: Voi anderete, e non si far cavelle (= nulla). E io, come prosontuosa, dico che si far; e se ora non si compir il nostro principale af fetto, almeno si far la via. E se neuna cosa ce ne venisse fatto, abbiamo mostrat o nel cospetto di Dio e delle creature d'aver fatta la nostra possibilit: ed susc itata e scaricata la coscienzia nostra. Sicch per ogni modo bene. 784 Quanto pi- contrario averete, pi- v' un segno dimostrativo, che ella buona e santa operazione; perocch, come abbiamo veduto e vediamo continuamente, le grandi , sante, e buone operazioni, hanno pi- contrario che le piccole, perch sono di ma ggiore frutto; e per il dimonio le impedisce in ogni modo che pu, e specialmente c ol mezzo de' servi di Dio, con occulti inganni, sotto colore di virt-. Questo v' ho detto, acciocch per veruna cosa lassiate di venire, ma con pronta odedienzia v i rappresentate a piei della Santit sua. Lettera 327. A Frate Andrea da Lucca, a Frate Baldo, e a Frate Lando, Servi di D io in Spoleto, essendo richiesti dal Santo Padre. Scritta dopo scoppiato lo scis ma, ossia nel 1378. 785 Non cercherei me per me; ma solo attenderi all'onore di Dio, salute dell'ani me, e reformazione della santa Chiesa, la quale veggo in tanto bisogno. Misera m e, che fo tutto 'l contrario! Facendo male io, carissimo figliuolo, non vorrei p er che 'l faceste voi, n gli altri; anco desidero di vedervi fondati in su questa pietra. Ora venuto il tempo che si prova chi servo di Dio; e se essi cercheranno loro per loro, e Iddio per propria consolazione che trovino in lui, e il prossi mo per loro, inquanto se ne veggano consolazione, o s o no, e se noi crederemo ch

e Dio si trovi pure in uno luogo e non in un altro. La quale cosa non veggo che sia cos; ma trovo, che al vero servo di Dio, ogni luogo gli luogo e ogni tempo gl i tempo. Onde, quando egli tempo d'abbandonare la propria consolazione e abbracc iare le fatiche per onore di Dio, egli il fa; e quando egli tempo di fuggire il bosco per necessit dell'onore di Dio, egli il fa, e vanne a' luoghi publici: sicc ome faceva 'l glorioso santo Antonio, 'l quale, bench molto sommamente amasse la solitudine, nondimeno spesse volte se ne partiva per confortare i cristiani. E c os poterei dire di molti altri santi. Questo sempre stato il costume de' veri ser vi di Dio, d'uscire fuore nel tempo della necessit e avversit; ma non nel tempo de lla prosperit: anco, la fuggono. 786 Parmi, secondo la lettera che Frate Guglielmo m'ha mandata, che n egli n voi c i veniate. Alla quale lettera io non intendo di rispondere: ma molto mi duole de lla sua simplicit, perch ne sguita poco onore di Dio e edificazione del prossimo. P erocch se egli non vuole venire per umilit e timore di non perdere la pace sua, doverebbe usare la virt- d ell'umilit, chiedendo umilmente e con mansuetudine licenzia al vicario di Cristo, supplicando alla Santit sua, che gli piacesse lassarlo stare al bosco per pi- su a pace; rimettendola nondimeno nella sua volont, siccome vero obediente: e cos sar ebbe pi- piacevole a Dio, e farebbe utilit sua. Ma mi pare che egli abbi fatto tu tto il contrario, allegando che chi legato all'obedienzia divina, non debbe obed ire alle creature. Dell'altre poco curerei; ma che egli ci metta il vicario di C risto, questo molto mi duole: perocch l'obedienzia divina non ci trae mai da ques ta; anco, quanto pi- perfetta quella, tanto pi- perfetta questa. Quantunque la s ua obedienzia paresse indiscreta, e privasseci della pace e consolazione della m ente; noi dobbiamo obedire: e facendo il contrario, reputo che sia grande imperf ezione e inganno del dimonio. Lettera 328. A Frate Antonio da Nizza dei Frati Eremitani di Sant'Agostino al Co nvento di Liccieto di Siena. Scritta nel 1379.

25 Novembre Dio si diletta di poche parole e di molte operazioni 787 Perch col lume ha veduto che 'l dolce Dio nostro si diletta di poche parole e di molte operazioni. Senza il lume non l'averebbe cognosciuto; e per averebbe fa tto tutto il contrario, parlando molto, e operando poco. Lettera 330. A Frate Raimondo da Capua dell'Ordine di Santo Domenico in Pisa. Sc ritta alla fine del 1378 o all'inizio del seguente. 788 Adunque leviamci, e cosumiamo i d nostri realmente; rilucendo in noi le marga rite delle virt-: le quali drittamente sono margarite, per le quali i servi di D io vendono ci ch'egli hanno, cio la propria volont, che libera loro, per comperarle (Mt 13, 46). Di questo v'invito, e vi prego carissimamente che facciate. Oh qua nto sar beata quell'anima che in questa vita mentre che vive, non perder il tempo suo; ma con sollecitudine, comprata questa margarita, lavorer nella vigna dell'an ima sua, trattone le spine dell'amore proprio ed ogni altro difetto, e piantando vi le virt-. Lettera 331. A Don Pietro da Milano dell'Ordine della Certosa. Scritta dopo l'in izio dello scisma del 1378. 789 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi cavalieri virili, si e per si fatto m odo, che siate vincitori de' principali tre nemici vostri. O figliuoli carissimi , questi tre nemici sono il dimonio, il mondo, e la carne. Ma il terzo, della ca rne nostra, cio della propria sensualit, una legge perversa che sempre impugna con tra lo spirito. E usa alcuna volta, questa maledetta legge, un grande inganno pe r farci cadere maggior botto: che ella s'addormenter, e parr che sia morta in noi, non trovandoci alcuna impugnazione; ma con acceso fervore tutti i nostri atti e pensieri saranno drizzati in Dio, con una dolcezza che ci parr gustare vita eter na; ma se noi allentiamo la guerra, poniamo gi- il coltello e non ci esercitiamo con sollecitudine; ella si desta pi- forte che mai e facci cadere alcuna volta miserabilmente.

Lettera 332. A Pietro di Giovanni, e a Stefano di Corrado insieme, essendo ella a Roma. Scritta da Roma il 1 gennaio 1378.

26 Novembre Siate uomini virili e non fanciulli 790 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi oggimai levato dalla fanciullezza vos tra, ed essere uomo virile; levarvi da gustare il latte, e essere fatto mangiato re del pane. Perocch il fanciullo il quale si notrica di latte, non atto a stare in battaglia, n si diletta d'altro che di volere stare in giuoco con li suoi simi li: Cos l'uomo che sta nell'amore proprio di se, non si diletta di gustare altro che il latte delle proprie consolazioni spirituali e temporali, dilettandosi com e fanciullo con quelli che sono simili; ma quand'egli fatto uomo, e levatosi dal la tenerezza e amore proprio di se, egli mangia il pane con la bocca del santo d esiderio, schiacciando co' denti dell'odio e dell'amore, in tanto che, quanto pi - duro e muffato, pi- se ne diletta. Egli fatto forte; e, come forte, piglia la conversazione de' forti. Tutto maturo, pesato e non leggiero, corre, con loro in sieme, alla battaglia; e gi non si diletta d'altro che di combattere per la verit. Il suo diletto di sostenere, gloriandosi col dolce innamorato Paolo (Gal 6, 17) , nelle molte tribulazioni sostenute per essa verit. Questi cotali hanno rifiutat o il latte. 791 Rilucono in loro le stimmate di Cristo; seguitando la dolce dottrina sua. Qu esti, stando nel mare tempestoso, sempre hanno bonaccia; nell'amaritudine gustan o la grande dolcezza; con vile e piccola mercanzia acquistano le smisurate ricch ezze. Essendo stracciati e dilaniati dal mondo, pi- perfettamente si raccolgono e si uniscono con Dio; quanto pi- sono perseguitati dalla bugia, tanto pi- esultano nella verit; patendo fame, nudit, ingiurie, strazii e villanie, pi- perfettamente s'ingrassano del cibo immo rtale. Sono rivestiti del fuoco della divina carit, tollendo via la nudit del prop rio amore, il quale dinuda l'anima d'ogni virt-; e nelle vergogne e strazii trov ano la gloria loro. Questi cotali sono mangiatori di pane muffato, ma non asciut to; perocch l'asciutto, i denti nol potrebbero ben bene schiacciare, se non con g rande loro fatica e poco frutto: e per l'intingono nel sangue di Cristo crocifiss o, nella fonte del costato suo: e per, come ebbri d'amore, corrono a mettere il p ane muffato delle molte tribolazioni in questo prezioso sangue. In s non cercano altro, se non in che modo possino rendere gloria e loda al nome di Dio. E perch n el tempo delle molte fatiche veggono che meglio si pruova la virt-, e che della buona prova che fa l'anima torna pi- onore a Dio; per s'abbracciano con esse; e a nco perch meglio si conformano con Cristo crocifisso con la pena, che col diletto . 792 In questo vuole Iddio che cognosciate il fuoco della sua carit; nella quale c arit, col lume della santissima fede, pi- largamente e liberamente abandonate voi per lo suo onore, e esaltazione della santa Chiesa e del vicario di Cristo, pap a Urbano VI. E dilatatevi in speranza, senza veruno timore servile; e non in uom o, in vostra industria umana. Anco ha voluto che cognosciate la vostra imperfezione, mostrandovi che voi sete anco fanciullo di latte, e non uomo che vi nutrichiate di pane. Ch se egli avesse veduto che voi aveste denti da ci; ve n'avrebbe dato, siccome fece agli altri vo stri compagni. Non fuste ancora degno di stare in sul campo della battaglia; ma, come fanciullo, ne fuste cacciato indietro: e voi volentieri fuggiste, e aveste grazia di allegrezza, che Dio concesse alla vostra infirmit. Cattivello padre mi o, quanto sarebbe stata beata l'anima vostra, e la mia, che col sangue vostro vo i aveste murata una pietra nella santa Chiesa per amore del sangue! Veramente no i abbiamo materia di pianto, di vedere che la nostra poca virt- non ha meritato tanto bene. 793 Or gittiamo i denti lattaioli, e studiamci di mettere i denti gravati dell'o dio e dell'amore. Mettiamci la panciera della carit, con lo scudo della santissim a fede, e, come uomini cresciuti, corriamo al campo della battaglia' e stiamo fe

rmi, con una croce di dietro e una dinanzi, acciocch non potiamo fuggire; ch, anda ndovi grandi e armati, non saremo pi- cacciati dal campo. Lettera 333. A Frate Raimondo da Capua, dell'Ordine di Santo Domenico.

27 Novembre Incoraggiamento di Caterina a un cardinale neoeletto da Urbano VI 794 Reverendissimo padre in Cristo dolce Ges-. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Ges- Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di ved ervi una colonna ferma e stabile nel giardino della santa Chiesa; acciocch con la fermezza e stabilit vostra e degli altri sia fortificata la fede nostra, esaltia te la verit e confondiate la bugia, dirizziate la navicella della santa Chiesa, l a quale percossa dalle onde del mare tempestoso della bugia e scisma, levata dal li iniqui uomini amatori di loro medesimi, li quali sono stati, non colonne ferm e mantenitori della fede, ma seminatori di veleno. A questa fortezza delle vere e reali virt- non ci fa venire ricchezza, stato n on ore del mondo; non la grado prelazione, n il presumere di s medesimo, no; ma solo in cognoscimento che l'anima ha di se. Nel quale cognoscimento vede, se non esse re per se, ma per Dio; conosce la miseria e fragilit sua, e il tempo che si vede avere perduto, nel quale poteva molto guadagnare: e cognosce col lume la sua ind ignit e la sua dignit. 795 Adunque, bene vero che nel cognoscimento che l'uomo ha di se medesimo, acqui sta la fortezza. E quanto diventa forte, carissimo padre! Tanto, che n dimonio n c reatura il pu indebilire, mentre che egli sta unito con la sua fortezza; e da que sta fortezza neuno il pu separare, se egli non vuole. Fanno le battaglie e molestie del mondo indebilire quest'anima? Certo no: ma pie maggiormente se ne fortifica, perch elle sono cagione di farla fuggire con pisollicitudine alla fortezza sua. E anco si prova l'amore che ell'ha a Dio, se e gli amore mercennaio, o no; cio, ch'ella ami per proprio diletto; e non la indebi liscono le creature con le molte persecuzioni, ingiurie, strazi e rimproveri, sc herni e villanie; ma molto maggiormente la fanno levare da ogni amore delle crea ture, fuora del Creatore, e fannola provare nella virt- della pazienza. Adunque neuno che la possa indebilire, se non quando l'uomo vuole, separando se dalla su a fortezza, in qualunque stato l'uomo si sia: ch n stato n tempo ci tolle Dio; pero cch egli non accettatore degli stati, n de' luoghi, n de' tempi, ma solo del santo e vero desiderio. 796 Adunque voglio che voi siate una colonna forte, ferma e stabile, fortificand ovi nelle vere e reali virt-, nel cognoscimento di voi; acciocch pienamente potia te adoperare nella santa Chiesa quello per che voi sete posto. O carissimo padre, non dormiamo pi-, ora che siamo nel tempo del la vigilia; ma con affocato desiderio cognosciamo noi, e la grande bont di Dio in noi; acciocch come veri lavoratori lavoriamo nel giardino della santa Chiesa, e per accrescimento della verit di Papa Urbano VI, vero sommo pontefice; con una ve ra umilit e pazienza, reputandoci degni della pena e fatica, e indegni del frutto che sguita dopo la pena. Lettera 334. A Bonaventura Cardinale da Padoa. Scritta da Roma ai primi del 1379 .

28 Novembre Consigli di direzione spirituale ad un monaco 797 Scrivo a voi, con desiderio di vedere in voi il lume e il fuoco dello Spirit o Santo; il quale lume caccia ogni tenebra, e il fuoco consuma ogni impazienza e amore proprio che fosse nell'anima, o corporalmente o spiritualmente che fusse. Per, ho grande desiderio di vedere in voi questo lume e fuoco; perch, secondo che mi scriveste, avete passioni e tribolazioni spirituali e corporali, per le qual

i egli vi bisogna questo lume. Come nella visione di Dio sta la nostra beatitudine, cos nel vedere e nel cognosc imento di noi medesimi e della bont di Dio, che in noi, riceviamo il lume della g razia dello Spirito Santo; il qual lume e grazia fortifica l'anima, e accende a portare con grande desiderio e pazienza ogni infirmit e tribolazione e tentazione che ricevessino o dagli uomini o dal dimonio o dalla carne propria. E non vuole eleggere neuno tempo a modo suo; ma ogni tempo e stato che ha, ha in reverenzia , siccome persona che vestita della dolce e eterna volont di Dio Vede l'anima, ch e ci che Dio le permette in questa vita, o d'infirmit corporale o spirituale per d iverse tentazioni, il fa per suo bene; e tutte le giudica nella volont di Dio: la quale permettendole solo per nostro bene, vede l'uomo che una foglia d'arbore n on cade senza la providenzia sua. 79X Niuna cosa che dia pena (= danneggi) nell'anima, se non la propria volont. E perch di questo il dimonio se ne avvede: non potendo ingannare li servi di Dio ne lle cose che paiono male, e in troppo larga coscienzia; egli si pone ad ingannar li sotto colore di virt-, dicendo all'infermo Se tu fossi sano, molto bene potre sti fare. E a colui ch' tentato Se tu non l'avessi, ne piaceresti pi- a Dio. Vole ndogli far vedere che, per quelli pensieri e forti battaglie, neuno suo detto o fatto piaccia alla bont di Dio. E, perocch il dimonio guadagna pi- nelli servi di Dio dalla confusione che da altro, poich egli non li pu fare cadere con colore di vizio, e' gli vuole fare cadere sotto colore di virt-. Vedendo dunque questo l'anima prudente, nel tempo delle battaglie gode, vedendo che Dio gli le permette per farla crescere in maggiore e pi- provata virt-. Pero cch la virt- non mai provata se non per lo suo contrario; e non si vede se ella v irt-. Siccome la donna che ha conceputo in s il figliuolo, che infino che noi par torisce, non pu vedere di verit quello che , se non per opinione. Cos l'anima, se el la non partorisce le virt- con la pruova delle molte pene, da qualunque lato ell e vengono, o dalla carne o dal dimonio o dagli uomini, non pu mai vedere se ella l'ha, o si o no. 799 Adunque bene la verit, che Dio ogni cosa permetta a noi per accrescimento di grazia e provazione della virt-: perocch l'anima per questo ne cognosce meglio se . Nel quale cognoscimento s'umilia, e non si leva in superbia; e cognosce la bon t di Dio in s: trovando che gli conserva la volont, che non consente a tante molest ie e illusioni di dimonio. Or questo la volont di Dio: cio, che per questo fine ce le concede. Ma la volont perversa del dimonio, qual'? questa: che per far venire l'anima a ted io, a confusione, a tristizia di mente, e a stimolo di coscienzia, non ci tenta l'antico nemico di peccato dissoluto, dandoci molte volte molestia e movimento n el corpo nostro, perch egli creda che noi vi cadiamo; perocch egli vede bene che l a volont ha deliberato innanzi di morire che di consentire. Ma fllo per giungerlo al secondo: perch l'orazione gli venga in tedio, acciocch nel tedio e nella tristi zia egli l'abbandoni; e quello e ogni buona e santa operazione. 800 Dunque non ci voglio pi- confusione, n tristizia, n volont vostra; ma una letiz ia, e fuoco dolce d'amore, e lume di Spirito Santo, con uno cuore virile e non t imoroso; vestendovi della dolce ed eterna volont di Dio. E nelle cogitazioni del dimonio, adoperate l'officio e i pensieri santi di Dio; non occupandovi la mente di stare a contrastare col dimonio, volendo per questo modo fare resistenzia a lui. Non fate Cos: perocch ella se ne occuperebbe pi-. Ma fate ragione che sia fuore di voi, perocch la potete fare: per che tanto sono dent ro di voi, quanto la volont consente. Non consentendo, non sono entrati nella cas a, ma bussano alla porta. E con esso rispondendo al dimonio: Se tutto il tempo d ella vita mia, il mio Creatore mi volesse tenere in questa pena e fatica, io son o apparecchiato di volerla per gloria e loda del nome suo. E dire alle tentazion i: Voi siate le molto ben venute. E riceverle come carissimo amico; perocch sono cagione e strumento di levarmi dal sonno della negligenzia, e farmi venire a vir t-. Lettera 335. A Don Cristofano Monaco di Certosa del Monastero di San Martino di Napoli.

29 Novembre Sul dovere della gratitudine 801 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi grate e cognoscenti verso il vostro C reatore, acciocch non si dissecchi la fonte della piet nell'anima vostra, ma nutri chisi per gratitudine. Ma attendete, che solamente gratitudine di parole non que lla che risponde, ma con le buone e sante operazioni. Voi avete eletta questa via de' consigli: adunque ve gli conviene osservare insi no alla morte. Altrimenti, offendereste. Ma l'anima che grata, sempre gli osserv a. Che prometteste voi nella vostra professione? Prometteste d'osservare obedien zia, continenzia, e povert volontaria; le quali cose, se voi non le osservaste, d issecchereste la fonte della piet. Grande vergogna alla religiosa di possedere ta nto, ch'ella abbia che dare. Non debbe fare cos; ma con una carit fraterna vivere caritativamente con tutte le suore. Non debbe sostenere che l'altre patiscano fa me e necessit, ed ella abbondi. Chi grata, mai noi sostiene; anco, sovviene e fa utilit al prossimo suo, vedendo che a Dio non la pu fare. E in tutte quante le cos e s'ingegna di mostrare nel prossimo suo gratitudine a Dio. 802 Onde tutte le virt- sono esercitate per gratitudine: cio che per amore che l' anima ha conceduto, diventa grata; perch col lume ha ricognosciute le grazie del suo Creatore in se. Chi la fa paziente, che con pazienza porti le ingiurie e rim proverii e villanie dalle creature, battaglie e molestie del dimonio? La gratitu dine. Chi la fa annegare la propria volont e soggiogarla al giogo della obedienzi a santa? La gratitudine. Chi la fa osservare il terzo voto della continenzia? La gratitudine: che per osservarla mortifica il corpo suo con la vigilia, col digi uno, e con umile e continua orazione. E con l'obedienzia ha uccisa la propria vo lont, acciocch, mortificato il corpo e morta la volont, la potesse osservare, e in essa osservanzia mostrare gratitudine a Dio. Sicch le virt- sono un segno che dim ostrano che l'anima non sia scognoscente d'essere creata all'imagine e similitud ine di Dio, e della ricreazione che ha ricevuta nel sangue dell'umile Agnello, r icreandola a grazia. E cos di tutti gli altri beneficii, doni, grazie, che ha ric evute, spirituali e temporali, dimostrano le virt-, che l'anima tutto ricognosca con grandissima gratitudine dal suo Creatore. Allora cresce uno fuoco di desiderio santo nell'anima, che sempre si notrica di cercare l'onore di Dio, e del cibo dell'anime, con pena sostenendo infino alla m orte. Se fusse ingrata, non tanto che ella si dilettasse di sostenere per onore di Dio e per mangiare questo dolce cibo; ma se pure una paglia se gli vollesse t ra' piei, sarebbe incomportabile a se medesima; darebbe l'onore a se, notricando si del cibo della morte, dell'amor proprio di s medesima, che gli germina ingrati tudine, e privala della grazia. 803 Onde, considerando io quanto pericoloso questo cibo [di morte], dissi ch'io desideravo di vedervi grate e cognoscenti di tante smisurate grazie quante avete ricevute dal vostro Creatore. E specialmente ora per lo presente, d'aver degnat o la Santit del Vicario di Cristo d'avere conceduto a tutte voi la santa indulgen za, la quale la maggiore grazia che in questa vita potiate ricevere. Convienvi a dunque essere grate verso Dio, amandolo con tutto il cuore d'uno amore spasimato , senza mezzo: ch altrimenti, non sarebbe schietto, n buono amore. E voglio anche, siate grate verso il santo Padre, rendendogli umili e continue orazioni: ch 'l d obbiamo fare pel debito, si in quanto egli a noi padre, e s per la grazia ricevut a da lui, e per lo grande bisogno nel quale ora il vediamo. Lettera 336. Alla Priora e Monache di Santa Agnesa, allato a Monte Pulciano. Scr itta dopo la met del 1378.

30 Novembre Sul dovere di un governante di guardare al bene universale di tutta la citt, e no n al suo bene particolare 804 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi signore giusto: cio che nello stato vo

stro della signoria, dove voi sete, voi siate giusto e mantenitore della santa g iustizia, facendola sempre con ragione; e non siate ingiusto, commettendo ingius tizia, volendo pi- tosto piacere agli uomini che a Dio. Ma non veggo che gi mai l 'uomo possa avere questa virt- della santa giustizia se in prima egli non viene giustamente privandosi dell'amore proprio di se e d'ogni piacere umano; perocch t utti i vizii procedono da questi; quando noi cerchiamo di compire i nostri disor dinati desiderii; desiderando con proprio amore quelle cose che sono fuore della volont di Dio, con uno piacimento disordinato, che l'uomo ha in s. E perch esso pi ace a se medesimo, per si studia di piacere agli uomini del mondo; e di piacere a Dio non cura. In costui non pu esser giustizia, perch non giusto. 805 Anco crudele: che ingiustamente, o per avarizia e desiderio di pecunia, e pe r preghiere di uomini, sar divoratore delle carni del prossimo suo. Onde spesse v olte vediamo che questi cotali mantengono la giustizia solo ne' poverelli, la qu ale spesse volte ingiustizia; ma ne' grandi no, cio di quelli che possono alcuna cosa. Tutto procede dall'amor proprio e dal piacimento di se. Non giusto, e per n on tiene la santa e vera giustizia. Ma egli fa il contrario, perch non attende ad aver cura della citt [dell'anima] su a. E per non guarda al bene universale e comune di tutta la citt, ma solo a se med esimo, o al bene particolare, il quale per proprio suo piacere, o utilit che ne t orni a lui medesimo. E per vi dissi ch'io desideravo di vedervi signore giusto, c io vivendo giustamente, acci che voi manteniate ragione e giustizia nello stato ch e voi sete. Lettera 338. A Missere Andreasso Cavalcabuoi, allora Senatore di Siena. Scritta da Roma nel 1379.

DICEMBRE 1 Dicembre Sul fondamento su cui erigere l'edificio della vera santit 806 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi fare uno vero e reale fondamento, acc iocch vi si possa ponere su ogni grande e buono edificio, che neuno vento contrar io il possa dare a terra. Dicovelo. Il luogo il vero cognoscimento di noi: il qu ale cognoscimento si cava nella valle della vera umilt. E in che modo? Col lume d ella santissima fede; cavando con le mani dell'odio l'affetto del disordinato am ore, il quale quella terra, che ingombra l'anima: e vuolsi riempire con le pietr e delle vere e reali virt-, con la mano dell'amore con affocato e santo desideri o. E per l'anima prudente, che ha fatto il suo principio nel cognoscimento santo di s, dove ha cognosciuta la grande bont di Dio e l'amore ineffabile ch'egli ci ha. E lla s'innamora di lui, e di quello che egli pur ama, cio la creatura che ha in se ragione; e per subito si pone alla mensa del santo desiderio di prendere il cibo dell'anime e d'uccidere in se la propria volont, e vestirsi delle virt- per onor e di Dio. 807 E Questa volont si debbe uccidere non mezza, ma tutta. Sapete quando s'uccide per mezza? Quando l'anima taglia l'affetto suo da queste cose transitorie, tagl iandone l'amore sensitivo, e piglia di fare la volont di Dio; il quale vuole che ce ne spogliamo. Rimane mezza morta, essendo morta in questo; e mezza le rimane viva, cio nelle cose spirituali, cercando le proprie consolazioni, eleggendo temp i e luoghi e consolazioni a modo nostro, e non a modo di Dio: la qual cosa non s i debbe fare. Anco, liberamente e schiettamente servire il nostro Creatore, e a lui lassare discernere e tempi e luoghi e consolazioni a modo suo. Per ch'egli il medico, e noi siamo gl'infermi; onde a suo modo dobbiamo ricevere e pigliare la medicina.

Bene stolta e matta quell'anima che vuole andare a suo modo. Pare che si reputi di sapere pi- che Dio, e non se n'avvede. Egli pur Cos; perch le velato con questo colore, che le pare essere pi- piacevole a Dio nel modo suo; che in quello che l' permesso da Dio. Per questo modo spesse volte riceve grandissimi inganni. E on de viene la cagione che la volont sta viva in questo? Dall'amore che ha conceputo alle proprie consolazioni, avendo fatto in esse il suo fondamento. 808 Alcuni il fanno nelle visioni e revelazioni, onde traggono gran diletto, qua ndo ne ricevono; e non ricevendone, hanno pena. Questo non buono principio. Pero cch spesse volte crederanno che ella sia da Dio; e ella sar dal dimonio. Perch il d imonio ci piglia con quest'amo che egli ci vede pi- atti a ricevere. E anco alcu na volta ci permetter le molte consolazioni mentali Dio, non acci che noi ci ponia mo il principale affetto, ma perch ragguardiamo all'affetto di lui donatore pi- c he al dono: poi in un altro tempo non ce le dar, ma dar altro sentimento o di molt e battaglie, o tenebre e sterilit di mente; onde l'anima ne viene a grandissima p ena, e parle essere privata di Dio quando privata di quello che ama. E Dio il pe rmette per levarla dalla imperfezione, e farla venire a perfezione; o per levarl a dall'appetito delle revelazioni, e farla notricare alla mensa del santo deside rio, nel quale ella debbe fare ogni suo principio. 809 Alcuna volta sono molti che ricevono inganno nella penitenzia. Questo quando la creatura si pone per principale affetto la penitenzia, e attende pi- ad ucci dere il corpo che la propria volont, col dove ella debbe uccidere la volont e morti ficare il corpo: e tanto amore vi pone, che non gli pare potere avere Dio senza questa penitenzia. Questo fondamento non sufficiente da ponervi su grandi edific i: anco, molto pericoloso e nocivo all'anima. E per non si debbe ponere per fonda mento; ma per la parete: e il principio suo fare sopra l'affetto dolce della car it, e nelle virt- intrinseche dell'anima, le quali non si perdono mai per luogo n per tempo, se noi non vogliamo, e non ci possono essere tolte da neuna creatura. La penitenzia si debbe pigliare per strumento, usare per augumentare la virt-, e per mortificare il corpo; ma non per principale affetto. Chi fa altrimenti, in ganna molto s medesimo. Ben debbe la persona cognoscere, che la penitenzia gli conviene fare a tempo; pe rocch in ogni tempo non le possibile seguirla come ha cominciato: perocch il vasel lo del corpo, quando mortificato e macerato uno tempo, non pu cos l'altro; non pot endo ha pena, e parle essere reprovata da Dio. La mente ne rimane tenebrosa, per ch tolto via quello, onde le pareva ricevere il lume e la consolazione. Questo le adiviene perch ha fatto qui il suo principio. Questi cotali sono atti ad avere p ur assai fatica, ma poco frutto. Sono atti a mormorazione e a giudicio inverso c oloro che non tenessero per la via della penitenzia; perch tutti gli vorrebbero v edere andare per quella via che vanno essi; e non se ne avveggono: e quasi pare che vogliano ponere legg e allo Spirito Santo che ci chiama e guida per diversi modi, chi per penitenzia e chi per altro modo; chi con poca, e chi con molta, secondo la possibilit della natura; e chi se ne va solo coll'affocato desiderio. E questi sono quelli che fa nno il grande guadagno: corrono tutti illuminati, liberi e senza pena; perch hann o morta la volont loro. Non danno giudicio; ma godono di vedere tanta diversit di modi ne' servi di Dio, perch veggono che nella casa del Padre nostro sono molte m ansioni (Gv 14, 2), e che egli ha che dare. 810 O carissima suora, non credete, n caggia nella mente vostra, che io spregi la penitenzia corporale. No: anco la commendo in quanto ella sia posta per strumen to, come detto ; ma non per principale affetto. E cos vi prego per l'amore di GesCristo crocifisso che facciate; e non vogliate usare indiscrezione per poco lum e, di darvi tanto ad uccidere il corpo: ma in tutto uccidete la propria volont, c he non cerchi n voglia altro che Dio a modo suo, e non a vostro. Altro non dico. Di quello che mi mandaste a dire, d'andare al Sepolcro, non mi pare che sia da a ndarvi per questi tempi: ma credo che sia pi- la dolce volont di Dio che vi stiat e ferma, e gridiate continuamente con cordiale dolore nel cospetto suo, e con gr ande amaritudine di vederlo offendere tanto miserabilmente e specialmente dell'e resia che levata dagl'iniqui uomini per contaminare la nostra fede, dicendo che papa Urbano VI non vero papa. Il quale vero sommo pontefice e vicario di Cristo: e cos confesso nel cospetto di Dio e dinanzi alle creature.

Lettera 340. A Monna Agnesa da Toscanella, Serva di Dio di grandissima penitenzi a. Scritta da Roma dopo il novembre 1378.

2 Dicembre Sui doveri di un vero pastore delle anime 811 Nuovamente (= recentemente, da poco tempo) Dio v'ha messo in questo giardino della santa Ecclesia, e postovi il peso delle anime, acciocch facciate siccome f aceano li dolci e santi pastori, quando anticamente la Ecclesia di Dio abondava d'uomini virtuosi; e' quali con lume dell'intelletto si speculavano in questa ve rit, e si ponevano dinanzi a loro, non delizie, n ricchezze, con adornamento di ca sa, con molti donzelli, n con grossi cavalli, come fanno oggi, che tanto sono som mersi in questo e negli altri difetti, che delle anime non curano. Dico che non faceano Cos essi; ma il loro obietto era Cristo crocifisso: e cognoscendo col lum e la fame di questo dolce Verbo, la quale egli ebbe verso la nostra salute, se n e innamoravano per si fatto modo, che il sostenere e dare la vita, era a loro gr ande allegrezza; li loro famigli erano i poveri, la loro ricchezza era l'onore d i Dio, la salute delle pecorelle, e la esaltazione della santa Ecclesia. Non si restavano mai di afferire dinanzi a Dio dolci e amorosi e penosi desiderii, dand o loro la dottrina, con esempio di buona e santa vita. 812 Crescendo nello stato, non enfiavano per superbia; ma pi- perfettamente si u miliavano, perocch il lume, loro facea chinare il capo: cognoscendo la gravezza e il peso che ricevuto avevano in aver cura dell'anime. Ora il tempo; in quanto m aggiore necessit che fosse, gi grandissimi tempi. Omai nella Ecclesia di Dio, in [ tutto] quanto il mondo pi- abonda di vizi, e tutto avvelenato, in tanto che non si trova dove altrove possa posare il capo che in Cristo crocifisso. Non voglio che allentiate il santo desiderio che avete e che dovete avere, di fa re il debito nell'officio vostro, n per inganno di dimonio che vi volesse far ved ere che il meglio fosse conformarvi con li costumi degli altri, o che tempo non fusse di correggere li vizi delli sudditi vostri, massimamente le immondizie e r ibalderie le quali trovanti netti clerici. 813 Siatemi vero e perfetto ortolano in divellere i vizi, e piantare le virt- in questo giardino. Per questo v'ha Dio ora, di nuovo (= da poco), posto e chiamat o; siate adunque tutto virile a rendere il debito vostro. So' certa che, se aver ete vero lume, il farete compitamente; altrimenti, no. E per vi dissi che io desi derava di vedervi alluminato d'uno vero e perfettissimo lume. Pregovi per amor d i Cristo crocifisso e di quella dolce madre Maria, che vi studiate di compire in voi la volont di Dio e il desiderio mio: e allora riputer beata l'anima mia. Non pi- tempo da dormire; ma realmente sposare la verit con l'anello della santissima fede, non tacendola per veruno timore, ma largo e liberale, disposto a dare la vita, se bisogna; tutto ebbro del sangue dell'umile e immacolato Agnello, traend olo dalle mammelle della dolce sposa sua, cio della santa Ecclesia. La quale vedi amo tutta smembrata. Lettera 341. Ad Angelo eletto Vescovo Castellano. Scritta nel 1379.

3 Dicembre O beata e dolce Maria, tu ci hai donato il fiore del dolce Ges814 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi unito e trasformato nel fuoco della d ivina carit, il quale fuoco un Dio coll'uomo, e tennelo confitto e chiavellato in croce. Oh inestimabile e dolcissima carit, quanto dolce l'unione che hai fatto co ll'uomo! Ben ci hai mostrato lo ineffabile amore tuo, per molte grazie e benefic ii fatte alle creature, e specialmente per lo beneficio della incarnazione del f igliuolo tuo; cio di vedere la somma altezza venire a tanta bassezza, quanta la n ostra umanit. Ben si dee vergognare l'umana superbia di vedere Dio tanto umiliato nel ventre d

ella gloriosa vergine Maria, la quale fu quello campo dolce, dove fu seminato il seme della Parola incarnata del Figliuolo di Dio. Veramente, carissimo padre, i n questo benedetto e dolce campo di Maria fece, questo Verbo, innestato nella ca rne sua, come il seme che si gitta nella terra, che per lo caldo del sole germin a, e trae fuore il fiore e il frutto; e il guscio rimane alla terra: cos verament e fece, per lo caldo e fuoco della divina carit che Dio ebbe alla umana generazio ne, gittando il seme della parola sua nel campo di Maria. 815 O beata e dolce Maria, tu ci hai donato il fiore del dolce Ges-. E quando pr odusse il frutto questo dolce fiore? Quando fu innestato in su il legno della sa ntissima croce: perocch allora ricevemmo vita perfetta. E perch dicemmo, che il gu scio rimane alla terra? Quale fu questo guscio? Fu la volont dell'unigenito Figli uolo di Dio, il quale, in quanto uomo, era vestito del desiderio dell'onore del Padre e della salute nostra: e tanto fu forte questo smisurato desiderio, che co rse come innamorato, sostenendo pene e vergogne e vituperio, infino all'obbrobri osa morte della croce. Considerando dunque che questo medesimo fu in Maria, cio c he ella non poteva desiderare altro che l'onore di Dio e la salute della creatur a; per dicono li Dottori, manifestando la smisurata carit di Maria, che di se mede sima averebbe fatta scala per ponere in croce il Figliuolo suo, se altro modo no n avesse avuto. E tutto questo era, perch la volont del Figliuolo era rimasta in l ei. 816 Tenete a mente, padre, e non v'esca mai dal cuore n dalla memoria, n dall'anim a vostra, che sete stato offerto e donato a Maria. Pregatela dunque, che ella vi rappresenti e doni al dolce Ges- figliuolo suo: ed ella, come dolce madre e ben igna madre di misericordia, vi rappresenter. E non siate ingrato n scognoscente: p erocch ella non ha schifata la petizione; anco l'accetta graziosamente. Lettera 342. A Don Roberto da Napoli.

4 Dicembre Sulla luce della fede e su ci che l pu offuscare in noi 817 Vediamo che fa questo lume della fede nell'anima. Fa questo, che partorisce un figliuolo d'amore. Poi che l'ha partorito nella dottrina di Cristo crocifisso , egli 'l nutrica nella dilezione della carit del prossimo; per che senz'essa, que sto figliuolo verrebbe meno, perch l'amore del Creatore non pu essere n conservarsi senza l'amore della creatura per Dio. Perch dissi che partoriva uno figliuolo d'amore? Perch tanto s'ama la cosa quanto si cognosce, e tanto si cognosce quanto si vede, e tanto perfetto il vedere quan to perfetto il lume. L'uno nutrica l'altro: siccome fa la madre che partorisce i l figliuolo, e nutricalo al petto suo: poi, cresciuto, il figliuolo nutrica la m adre della sua fatica; e cos l'uno sovviene all'altro. Cos il figliuolo della divi na carit nutrica il lume, dando nell'anima i dolci e amorosi e penosi desiderii n el cospetto dolce di Dio, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso; cinto di vera umilt gloriandosi degli obbrobrii di Cristo crocifisso e nelle pene sue; dil ettandosi di portare pene di corpo e di mente, per qualunque modo Dio gli conced e: in tutto paziente. Chi l'ha fatto? La fede. Per che col lume cognobbe nel sang ue di Cristo, che Dio non vuole altro che la nostra santificazione; e ci ch'el d, tribolazione, consolazioni, e tentazioni, d solo per questo fine, acci che noi sia mo santificati in lui. E per il fedele paziente. 818 Il fedele umile non vuole investigare gli occulti misteri di Dio: in se n in altrui, n le cose visibili n le invisibili; ma solo cerca di cognoscere se, e in o gni cosa cognoscere e vedere l'eterna volont di Dio, gustandovi dentro il fuoco d ella sua carit. Egli non si vuole levare in alto, come superbo o presuntuoso, che , prima ch'egli abbia cognosciuto se, e sia entrato nella valle dell'umilt, si vu ole ponere ad investigare i fatti di Dio, pensando e dicendo: Perch Dio ha fatto cos? E perch non ha fatto per tale modo? E perch ha dato questo a me, e non a colui ? Questo presuntuoso vuole ponere legge col dove egli debbe cognoscere e considerar e, nelle diverse cose che vede, la grandezza e bont sua, siccome fa l'umile fedel

e, che ogni cosa vede e considera nella grandezza e potenzia sua e bont infinita. 819 Molti sono che senza umilt e senza studio in cognoscere e' difetti loro, asso ttiglieranno l'intelletto, e coll'occhio tenebroso vorranno intendere la santa S crittura, e la profondit sua, e vorrannola esponere e intendere a loro modo. Stud ieranno l'Apocalissi non con umilt n col lume della fede, ma con infidelit s'avvilu pperanno in cosa che non ne sanno riuscire. E cos della vita traggono la morte, e della luce le tenebre. La mente, che debbe stare piena di Dio, poi piena di fan tasie; e 'l frutto ch'egli s'acquista, la confusione e tenebre della mente. Ques to gli avviene perch, innanzi ch'egli scendesse, volle salire. Se noi vogliamo vedere queste stelle de' misteri suoi, entriamo nella profondit d el pozzo della vera umilt. Cos fa 'l fedele: gettasi in terra, cercando la bassezz a. Allora Iddio il fa bene alto. Non va cercando ragioni, come possa essere; per che la fede santa il fa chiaro di quello che 'l dimonio o la propria passione, g li mettesse in dubbio. Lettera 343. A Rainaldo da Capua, investigatore de' misteri di Dio e della Santa Scrittura. Scritta alla fine del 1378.

5 Dicembre Sugli scrupoli circa le confessioni fatte 820 Fede fa il cuore schietto, che schiettamente confessa e' difetti suoi, e non gli occulta, n per vergogna n per timore di pena; ma con odio della colpa, con la santa confessione getta fuore ogni suo fracidume N anco gli occulta per rimprove ro che gli fusse fatto; n, per neuna cosa, lassa. Questo fa la fede. In questa vi ta ci d la plenitudine della grazia; e nell'altra, vita eterna. Cui ha posto Dio che ce la ministri? La speranza. In cui virt-? In virt- del sangue dell'umile Ag nello. Questa quella speranza umile, la quale non spera in virt- propria, n si di spera per veruna colpa che sia caduta nell'anima sua; ma spera nel sangue, e cac cia la disperazione, giudicando maggiore la misericordia di Dio, la quale truova nel sangue, che la miseria sua. O speranza, dolce sorella della fede: tu guardi la citt dell'anima dal nemico della confusione; tu non allenti i passi tuoi, per ch (= nonostante che) 'l dimonio con la gravezza delle colpe commesse, volesse co nfondere l'anima in disperazione; ma tutta virile perseveri nella virt-, ponendo nella bilancia il prezzo del sangue. Tu sei quella che leghi 'l dimonio della c onfusione con la fune della fede viva: tu rispondi a uno sottile inganno ch'egli usa coll'anima, per tenerla in continua tenebra e afflizione. 821 Questo che alcuna volta l'anima aver confessato 'l difetto suo schiettamente, che per malizia non aver riservato covelle (= alcunch); 'l dimonio allora, per im pacciargli la mente; e perch l'anima non riceva con ardore di cuore il frutto del la confessione, gli vorr far vedere che egli non sia bene confessato de' difetti suoi, dicendo: Tu non gli hai detti tutti; e quelli che tu hai detti, non hai ap erti per quello modo che tu debbi. E molte altre cogitazioni e passioni manda nell'anima. Se allora l'anima non si levi con prudenzia e con speranza; ella rimane in una tiepidezza, in tremore e a ffanno di mente, e in una tenebra, legandosi le braccia del santo desiderio, all acciandosi nel laccio della confusione, come detto ; ella privata dell'allegrezza , ed fatta incomportabile a se medesima. Che modo c' a riparare che non venga a disperazione? Non c' altro modo, se non che col lume della fede ragguardi la coscienzia sua, la quale gli mostra che volont ariamente n con malizia non ha lassato veleno di colpa nell'anima, che non abbi s putato con la confessione. Ben per confessi con umilt d'averli detti imperfettamen te, non avendo aggravata la colpa, quanto poteva: ma questa confessione vuol ess ere condita colla speranza del sangue di Cristo, sperando che quello che manca d alla parte sua, egli sar quello che 'l compir. 822 L'altro rimedio che col lume ragguardi quanto ineffabilmente amato da Dio; i l quale amore non spregia il testimonio della buona coscienzia, n sosterrebbe che nell'anima rimanesse cosa che fosse in offesa sua. Con questa fede, amore e spe

ranza, s'anneghi nella misericordia di Dio, discorrendo a se medesimo, confessan do con semplicit di cuore; e non gravarsi pi-; lassare stare il pensiero di s, e p ensare nella misericordia di Dio, la quale ha ricevuta e riceve continuamente. E se pure la battaglia e molestia gli torna, gettisela dopo le spalle, quanto ad afflizione, e dinanzi se la ponga per umiliazione e cognoscimento di se, col fru tto della vera e perfetta speranza; sperando, che 'l sostenere e passare per la via della croce pi- piacevole a Dio, che per altro modo. E pi- abondantemente ri cever 'l frutto del sangue. Questo il rimedio, carissimo fratello, che vi d la ete rna Verit contra la infirmit vostra. Lettera 343.

6 dicembre Espressioni di umilt di Caterina 823 Il lume ci mostra la via della verit; e senza questo lume veruno nostro eserc izio o operazione ne verrebbe a frutto, n a quello fine per lo quale cominciassim o ad operare; ma ogni cosa verrebbe imperfetta, lenti saremmo nella carit di Dio e del prossimo. La ragione questa: che pare che tanto sia l'amore, quanta la fed e, e tanta la fede, quanto l'amore. Chi ama sempre fedele a colui che egli ama; e fedelmente il serve infino alla morte. A questo m'avveggo io che in verit io no n amo Dio n le creature per Dio; che se in verit io l'amassi, io sarei fedele per siffatto modo, che io mi metterei alla morte mille volte il d, se fusse bisogno e possibile, per gloria e loda del nome suo, e non mi mancherebbe fede; perch per amore di Dio e della virt- e della santa Chiesa mi metterei a sostenere. Onde io crederei che Dio fusse il mio adiutorio e il mio difensore, siccome egli era di quelli gloriosi martiri che con allegrezza andavano al luogo del martirio. Se i o fussi fedele, non temerei; ma terrei di fermo, che quello Dio per me che per l oro: e non infermata la potenzia sua a potere, sapere e voler prevedere alla mia necessit. 824 Ma perch io non amo, non mi confido in lui in verit; ma in me il timore sensit ivo mi dimostra che tiepido sia l'amore, e offuscato il lume della fede con la i nfidelit verso il mio Creatore, e col fidarmi di me. Confesso, e non lo niego, ch e questa radice anco non dibarbicata dall'anima mia; e per sono impedite l'operaz ioni che Dio mi vuole fare o mettere nelle mani, che non giungono a quello fine lucido e fruttuoso per lo quale Dio le fa cominciare. Oim, oim, Signor mio; guai a me misera! E troverommi io in ogni tempo, in ogni luo go e in ogni stato cos? Chiuder io sempre con la mia infidelit la via alla providen zia tua? S bene; se gi tu per la tua misericordia non mi disfai e rifai di nuovo. Adunque, Signore, disfammi, e rompi la durezza del cuore mio, acciocch io non sia strumento che guasti le tue operazioni. E prego voi, carissimo padre, che ne pr eghiate strettamente, acciocch io insieme con voi ci anneghiamo nel sangue dell'u mile Agnello, il quale ci far forti e fedeli. Sentiremo il fuoco della divina car it: saremo facitori con la grazia sua, e non disfacitori n guastatori. Cos mostrere mo d'essere fedeli a Dio, e confidarci nell'adiutorio suo, e non in nostro saper e, n il quello degli uomini. Lettera 344. A Frate Raimondo da Capua de' Predicatori in Genova. Scritta da Rom a dopo il dicembre 1378.

7 Dicembre Incoraggiamenti e rimproveri a Raimondo 825 Parmi, secondo ch'io intesi per la vostra lettera, che molte diverse battagl ie vi vennero, e cogitazioni, per inganno del dimonio e per la propria passione sensitiva; parendovi che vi fusse posto maggior peso che voi non potete portare. E non vi pareva essere da tanto, ch'io vi misurassi con la misura mia: e per qu esto stavate in dubbio, che in me non fosse diminuito l'affetto e la carit verso

di voi. Ma non ve ne avvedevate, e voi eravate quello che manifestavate che io l 'avevo cresciuto, e in voi era diminuito; perocch di quello amore che io amo me, di quello amo voi, con fede viva che quel che manca dalla vostra parte, compir Di o per la bont sua. Ma non m' venuto fatto; perocch voi avete saputo trovare de' mod i da gittare a terra la soma. E hacci molte pezze per ricoprire la infedele frag ilit; ma non siffatte, che io non vegga di presente assai: e buono mi parr, se non saranno veduti altro che per me. Sicch, io vi mostro l'amore cresciuto in me ver so voi, e non mancato. Ma che dir io, che la vostra ignoranzia desse luogo ad uno de' minimi di quelli pensieri? E potreste voi mai credere ch'io volessi altro c he la vita dell'anima vostra? E dove la fede, che sempre solete e dovete avere? E la certezza che ne avete avuta? Che, prima che la cosa si faccia, ella si vede e determina nel cospetto di Dio; non tanto questo che cos grande fatto, ma ogni minima cosa. 826 Se fuste stato fedele, non sareste tanto andato vacillando, n caduto in timor e verso Dio e verso me; ma, come figliuolo fedele pronto all'obedienzia, sareste andato, e fatto quello che avreste potuto fare. E se non poteste andare dritto, fuste andato carpone; se non si poteva andare come frate, fussesi andato come p eregrino; se non ci ha denari, fussesi andato per elemosina. Questa obedienzia f edele averebbe pi- lavorato nel cospetto di Dio e nei cuori degli uomini, che no n farebbero tutte le Prudenzio umane. I miei peccati hanno impedito che io l'ho veduta in voi. Sicch io dico, che in tutto vorrei che fuste andato. Pongomene, niente di meno, i n pace, perch son certa che veruna cosa fatta senza misterio; e anco perch io ne s caricai la coscienzia mia, facendone quello che io potei, che al re di Francia s i mandasse. Faccia la clemenzia dello Spirito Santo egli; ch noi per noi siamo ca ttivi lavoratori. 827 Voi dimandato ch'io preghi la divina bont che vi dia del fuoco di Vincenzio, di Lorenzo, e di Paolo dolce, e di quello del vezzoso Giovanni, dicendo che poi farete grandi fatti. E Cos goder. Bene dico la verit, che senza questo fuoco non fa reste cavelle (= alcunch), n piccola cosa, n grande; n io goderei di voi. Di quello che mi scrivete, che l'Anticristo e i membri suoi vi cercano diligente mente per potervi avere; non dubitate: ch Dio forte a potergli tollero il lume e la forza, acciocch non compino i desiderii loro. E anco dovete pensare che non se te degno di tanto bene; e per non dovete aver paura. Confidatevi; ch Maria dolce e la Verit sar per VOI sempre. 828 Io vile schiava, che son posta nel campo (= a Roma), ove sparto il sangue pe r amore del sangue, e voi mi ci avete lassata, e setevi andato con Dio, non mi r istar mai di lavorare per voi. Pregovi che voi facciate s, che voi non mi diate ma teria di pianto, n di vergognarmi nel cospetto di Dio. Come voi sete uomo nel pro mettere di volere fare e sostenere per onore di Dio, non mi siate poi femmina, q uando veniamo al serrar del chiavo; ch io mi richiamerei di voi a Cristo crocifis so e a Maria. Guardate che egli non faccia poi a voi come all'abbate di Sant'Ant imo, che, per timore e sotto colore di non tentare Dio, si parti da Siena e venn e a Roma, parendogli aver fuggita la prigione e stare sicuro; ed egli fu messo i n prigione, con quella pena che voi sapete. Cos sono conci i cuori pusillanimi. Siate dunque, siate tutto virile. Lettera 344.

8 Dicembre Le ricchezze materiali non sono per se dannose e mortifere, se non quando sono possedute e gestite disordinatamente 829 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi spregiare il mondo con tutte le sue d elizie, acciocch in verit cerchiate la ricchezza di Cristo crocifisso. E veramente cagione n'aviamo di spregiarle, considerando la poca fermezza e stabilit loro, e quanto elle sono nocive alla nostra salute. Non vorrei, per, che voi credeste, c he io dicessi che propriamente la sostanzia e i beni temporali fussero nocivi a noi, e la morte nostra.

Non Cos; ma il disordinato affetto e amore con che la creatura li possiede. Che s e elle fossero state nocive, Dio non le averebbe create n date a noi; perocch Colu i il quale sommamente buono non pu volere n fare neuna cosa, altro che buona. Sicc h, egli le fece buone, e per nostro bene. Chi le fa ree? Colui che le usa male, possedendole senza timore di Dio. Ma tenen dole col suo santo timore, apprezzandole quanto elle vagliano, e non pi-; non fa cendosi Dio delle creature, e ricchezze, onori e stati del mondo, ma amarle, ten erle e disprezzarle per Dio; allora si possono tenere con buona coscienzia. vero che maggiore perfezione e pi- piacevole a Dio , e con pi- frutto e meno fatica, a lassarle mentalmente e attualmente. Doviamo dunque, se attualmente le vogliamo tenere, trarne, e voglio che ne traiate, il cuore e l'affetto. Perocch le ricche zze del mondo una grande povert; e mai non si possono possedere se non da colui c he pienamente le spregia. 830 Questo bene non considera la miserabile creatura. Per empire il cuore di que ste cose transitorie del mondo, si lassa perire di fame, non pigliando il cibo a ngelico, il qual cibo Dio per la sua misericordia ha dato agli uomini. Bene il v ediamo, ch'egli ministrato in su la mensa dell'altare, tutto Dio e tutto uomo. Ma questi cotali non ragguardano a tanti loro mali. Tutto loro addiviene per lo disordinato affetto che hanno posto nel mondo, possedendo e amando le cose tempo rali fuori della dolce volont di Dio. Non voglio che questo addivenga a voi; ma v oglio, e detto ho, che io desidero che 'l cuore e l'affetto vostro in tutto ne s ia spogliato, cio che voi amiate e teniate le creature e le cose create tutte per Dio, e senza lui non cavelle (= nulla). 831 Si vergognino i cupidi avari, che vedranno e' poverelli perire di fame, e no n lo' volgeranno pure il capo. E fanno ancora peggio; che non tanto che essi gli diano, ma tollono l'altrui. Lettera 345. Alla Contessa Giovanna di Mileto e di Terra Nuova in Napoli. Scritt a dopo lo scisma del 1378.

9 Dicembre Invito a Urbano VI a non lasciarsi vincere dal dispetto e dall'amarezza 832 Pare, santissimo Padre, che questa Verit eterna voglia fare di voi un altro l ui; e s perch sete vicario suo Cristo in terra e s perch nell'amaritudine e nel sost enere vuole che reformiate la dolce Sposa sua e vostra, che tanto tempo stata tu tta impallidita. Non, che in se possa ella ricevere alcuna lesione, n essere priv ata del fuoco della divina carit; ma in coloro che si pascevano e pascono al petto suo, che per li di fetti loro l'hanno mostrata pallida e inferma, succhiatole il sangue d'addosso c on l'amore proprio di loro. Ora venuto il tempo che egli vuole che per voi, suo istrumento, sostenendo le molte pene e persecuzioni, ella sia tutta rinnovata. D i questa pena e tribolazione ella n'escir come fanciulla purissima, tagliatone og ni vecchio, e rinnovellata nell'uomo nuovo. Dilettiamoci adunque in questa dolce amaritudine, dopo la quale sguita conforto d i molta dolcezza. Siatemi uno arbore d'amore, innestato nell'arbore della vita, Cristo dolce Ges-. Di questo arbore nasca il fiore e il frutto, partorendolo nel la fame dell'onore di Dio e salute delle vostre pecorelle. Il quale frutto nel s uo principio pare che sia amaro, pigliandolo con la bocca del santo desiderio; m a come l'anima ha deliberato in se di volere sostenere infino alla morte per Cri sto crocifisso e per amore della virt-, cos diventa dolce. 833 Siccome alcuna volta io ho veduto che la melarancia, che in s pare amara e fo rte, trattone quello che v' dentro, e mettendola in mollo, l'acqua ne trae l'amar o; poi si riempie con cose confortative, e di fuore si copre d'oro. E dove n' ito quello amaro che nel suo principio con fatica se la poneva l'uomo a bocca? Nell 'acqua e nel fuoco. Cos, santissimo Padre, l'anima che concipe amore alla virt-, nel primo entrare gli pare amaro, perch anco imperfetta; ma vuolsi ponere il rime dio del sangue di Cristo crocifisso, il quale d un'acqua di grazia, che ne trae o gni amaritudine della propria sensualit; amaritudine dico affliggitiva, come dett

o . E perch sangue non senza fuoco, perocch fu sparto con fuoco d'amore; puossi dir e, e cos la verit, che il fuoco e l'acqua ne tragga l'amaritudine, vuotatosi di qu ella che prima v'era, cio dell'amore proprio di s: poi l'ha riempito d'uno confort o di fortezza con vera perseveranzia, e con una pazienza intrisa con mele di pro fonda umilit, serrato nel cognoscimento di se; perch nel tempo dell'amaritudine l' anima meglio cognosce se e la bont del suo Creatore. Pieno e richiuso questo frut to, apparisce l'oro di fuora, che tiene fasciato ci che v' dentro. Questo l'oro de lla purit, col lustro dell'affocata carit, il quale esce di fuora, manifestandosi in utilit del prossimo suo con vera pazienza, portando costantemente con mansuetu dine; gustando solo quella dolce amaritudine che deviamo avere, di dolerci dell' offesa di Dio e dannazione dell'anime. 834 Or cos dolcemente, santissimo Padre, produceremo frutto senza la perversa ama ritudine; e da questo averemo che si lever via l'amaritudine che oggi aviamo nett i cuori nostri, per li malvagi e iniqui uomini amatori di loro medesimi. Lettera 346. A Urbano VI. Scritta in occasione del Natale del 1378 o 1379.

10 Dicembre Invito a un capitano di ventura a combattere in modo corretto per Urbano VI 835 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi, voi e tutta l'altra vostra compagnia , fedeli alla santa madre Chiesa, e alla santit di papa Urbano VI, sommo e vero p ontefice, combattere tutti realmente e fedelmente per la verit, acciocch riceviate il frutto delle vostre fatiche. Grande il frutto. In questo non ci si pu altro c he guadagnare, o viva o muoia. Se morite, guadagnate vita eterna, e siete posti in luogo sicuro e stabile; e se campate, avete fatto sacrificio di voi a Dio vol ontariamente, e la sostanzia potrete tenere con buona coscienzia. Se col lume de lla santissima fede ragguarderete questa dignit, sarete tutti confortati e fedeli a Cristo crocifisso, e alla santa Chiesa; per che, servendo alla Chiesa e al vic ario di Cristo, servite a lui. 836 E acciocch meglio chiamassimo l'adiutorio divino in questa santa e buona oper azione, vuole la Verit eterna ch'entriate in questo esercizio con una buona e san ta intenzione, studiandovi di fare il principio e il fondamento vostro per onore di Dio, in difensione della fede nostra, della santa Chiesa e del vicario di Cr isto, con buona coscienzia; purificandola voi e gli altri, quanto v' possibile, p er la santa confessione. Fate che, come capo loro, voi siate il primo, con un sa nto e vero timore di Dio. Altrimenti, la verga della giustizia sarebbe presso a voi. E se tutta la comune gente non potesse avere il tempo di farla attualmente, facciata mentalmente col santo desiderio. E l'uomo non perisca egli, e faccia perire altrui, per volere attendere solament e a potere acquistare della roba (= a furti e saccheggi). Ch lo intendimento non pu attendere a due cose insieme con lo esercizio corporale; a rubare, e a combatt ere. Sapete che per questo molti ne sono rimasti perdenti. 837 E per la Verit vuole che, acciocch questo caso non divenga a voi, voi il diciat e, e facciatene avvisati gli altri che sono sotto la vostra governazione. Anco vi prego che voi attendiate d'avere savio, schietto e maturo consiglio appr esso voi, fedele e leale. E per caporali scegliate uomini virili e fedeli, di mi gliore coscienza che potete: che ne' buoni capi rade volte pu stare altro che buo ne membra. Sempre state attento, che tradimento non fosse o dentro o di fuore. E perch malag evolmente ci possiamo guardare, voglio che voi e gli altri sempre, la prima cosa che voi facciate da mane e da sera, si vi afferiate a quella dolce madre Maria, pregandola che ella sia avvocata e difenditrice vostra; e per amore di quel dol ce e amoroso Verbo che ella port nel ventre suo, che ella non sostenga che veruno inganno vi sia fatto, ma che 'l manifesti, acciocch sotto inganno non possiate p erire. Son certa che, facendo il santo principio, come detto , e questa dolce off erta, che ella accetter graziosamente la vostra petizione, come madre di grazia e di misericordia ch'ella inverso di noi peccatori. Piacciavi di leggere questa l ettera, almeno voi e gli altri caporali.

Lettera 347. Al Conte Alberico da Balbiano, Capitano generale della Compagnia di San Giorgio, e altri caporali. Scritta il 6 maggio 1379.

11 Dicembre La comunit civile ha bisogno di uomini savi, maturi e discreti e di buona coscienzia 838 Da qualunque lato noi ci valliamo, non ci troviamo altro che miseria, superb ia, vanit e leggerezza di cuore. Ella priva l'anima della carit fraterna inverso d el prossimo suo; e concepe odio e dispiacimento. E se egli pur ama; amalo per pr opria utilit, e non per Dio. Atti sono cotali a ricevere ogni miserabile informaz ione, giudicano male in verso di lui, non ragguardando con prudenzia chi colui c he dice il male e di cui egli detto; o se egli 'l dice per proprio dispiacere, o per invidia, o per simplicit (= semplicioneria) che avesse. Ch spesse volte l'uom o ignorante dice ci che gli viene alla bocca, e non mira quello che parla; ma col ui che ode, il debbe mirar egli. Lo invidioso non mira che dica pi- verit che bug ia; attende pur di far danno, e tollere la fama del prossimo suo. Tuttod vedete c h'egli cos. E se l'uomo in stato di signoria, non si cura di tenere all'uomo gius tizia, se non secondo il suo proprio piacere, o a piacere delle creature; contam inando la giustizia, e rivendendo la carne del prossimo suo; perch il cuore suo p rivato della carit. Hallo si stretto il proprio amore, che non vi cape n Dio n il p rossimo per giustizia santa; n cerca di sovvenirlo nella sua necessit. E non tanto ch'egli 'l sovvenga, ma egli gli folle il suo in molti casi, con molti guadagni illeciti, de' quali gli converr rendere ragione nell'ultima estremit della morte. 839 Tutto il contrario dimostra l'uomo ch' grato e cognoscente al suo Creatore. E gli vive onestamente, sovvenendo al prossimo suo, o suddito o signore che sia, i n ogni sua necessit: quanto gli possibile, d del suo, e non toglie l'altrui; fa ra gione al piccolo come al grande; e al povero come al ricco, secondo che vuole la vera giustizia. Egli non leggiero a credere un difetto del suo prossimo; ma con prudenzia e maturit di cuore ragguarda molto bene colui che dice, e di cui egli dice. Egli grato e cognoscente a chi 'l serve; perch egli grato a Dio, per grato a lui. E non tanto che egli serva chi 'l serve; ma egli ama, e fa misericordia a chi l'ha disservito. Ch tutta la comunit ha bisogno di uomini savi, maturi e discreti e di buona coscie nzia. So che, come uomini savi e discreti, ragguarderete all'affetto e alla puri t del cuor mio, con che io scrivo a voi. Lettera 349. A' Signori Banderesi, e quattro Buoni Uomini mantenitori della Repu bblica di Roma. Scritta dopo il 29 aprile 1379.

12 Dicembre Incoraggiamenti a papa Urbano VI 840 Lo intelletto nostro debbe vegliare in cognoscere la verit della dolce volont di Dio, e non dormire nel sonno dell'amore proprio. Allora riceve la continua or azione, cio il santo e vero desiderio; col quale desiderio esercitano la virt-, c he uno continuo orare. Onde non cessa d'orare, chi non cessa di bene adoperare. Per questo modo riceviamo questa dolce fortezza. 841 Godo, Padre santissimo, d'allegrezza cordiale, che gli occhi mie hanno vedut o compire la volont di Dio in voi, cio in quello atto umile, non usato, gi grandiss imi tempi, della santa processione (= il pellegrinaggio a piedi scalzi del papa da S. Maria in Trastereve a S. Pietro). Oh quanto stato piacevole a Dio, e spiac evole alle dimonia! In tanto che si sforzarono di darvi scandalo dentro e di fuo ra; ma la natura angelica raffrenava la furia delle dimonia. 842 Godo che questa dolcissima madre Maria, e Pietro dolce, principe degli Apost oli, v'ha rimesso nel luogo vostro. Ora vuole la Verit eterna che nel giardino vo

stro facciate uno giardino di servi di Dio; e quelli notricate della sostanzia t emporale, e essi voi delle spirituali: che non abbino a fare altro che gridare n el cospetto di Dio per lo buono stato della santa Chiesa, e per la Santit Vostra. Questi saranno quelli soldati che vi daranno perfetta vittoria. Confortatevi, Padre mio santissimo e dolcissimo; ch Dio vi dar refrigerio. Dopo la grande fatica segue la grande consolazione; perch egli accettatore de' santi e v eri desiderii. Lettera 351. Ad Urbano VI. Scritta nell'aprile o maggio 1379.

13 Dicembre In tre modi si fa orazione 843 In tre modi si fa l'orazione. L'una continua, cio il continuo e santo desider io, il quale desiderio Tra nel cospetto di Dio, in ci che fa la creatura; perocch questo desiderio drizza nel suo onore tutte le nostre operazioni spirituali e te mporali: e per si chiama continua. Di questa pare che parli il glorioso santo Pao lo, quando dice: Orate senza intermissione (1 Ts 5, 17). 844 L'altro modo orazione vocale, cio che parlando con la lingua, si dice offizio o altre orazioni vocali; e questa ordinata per giungere alla terza, cio alla men tale; e cos vi giunge l'anima, quando con prudenzia e umilit esercita la mente nel l'orazione vocale; cio che, parlando con la lingua, il cuore suo non sia di lunga da Dio; ma debbesi ingegnare di fermare e stabilire il cuore nell'affetto della divina carit. E quando sentisse la mente sua esser visitata da Dio, cio che fusse tratta in alcuno modo a pensare del suo Creatore, debbe abbandonare la vocale, e fermare la mente sua con affetto d'amore in quello che sente che Dio la visita ; e poi, se, cessato quello, ella ha tempo, debbe ripigliare la vocale, acci che la mente stia piena e non vota. E perch nell'orazioni abbondassero le molte batta glie in diversi modi e tenebre di mente, con molta confusione, facendoci il dimo nio vedere che la nostra orazione non fosse piacevole a Dio per le molte battagl ie e tenebre che avessimo; non dobbiamo lassare per, ma stare ferme con fortezza e lunga perseveranzia; ragguardando che il dimonio il fa perch noi ci partiamo da lla madre dell'orazione, e Dio il permette per provare in noi la fortezza e cost anzia nostra, e acci che nelle battaglie e tenebre noi cognosciamo, noi non esser e, e nella buona volont cognosciamo la bont di Dio: perocch'esso datore e conserva tore delle buone e sante voluntadi, e non dinegata a chiunque la vuole. 845 E per questo modo giugne alla terza e ultima orazione, cio mentale, nella qua le riceve il frutto della fatica che sostenne nell'orazione imperfetta vocale. E lla allora gusta il latte della fedele orazione. Ella si leva sopra il sentiment o grosso sensitivo, e con mente angelica s'unisce per affetto d'amore con Dio, e col lume dell'intelletto vede, cognosce e vestesi della verit. Ella fatta sorell a degli angeli: ella sta con lo Sposo suo in su la mensa del crociato desiderio, dilettandosi di cercare l'onore di Dio e la salute dell'anime. Drittamente ques ta orazione una madre, che nella carit di Dio concepe e' figliuoli delle virt-, e nella carit del prossimo li partorisce. 846 Ove trovate voi il lume che vi guida nella via della verit? Nell'orazione. Dove manifestate voi l'amore, la fede, la speranza e l'umilt? Nell 'orazione. Dove sentiremo noi l'odore dell'obedienzia? Nell'orazione. Dove ispog liaremo l'amore proprio, che ci fa impazienti nel tempo delle ingiurie o d'altre pene, e vestiremci d'uno divino amore, che ci far pazienti, e glorieremci nella croce di Cristo crocifisso? Nell'orazione. Dove sentiremo l'odore della continen zia e della purit, e la fame del martirio, disponendoci a dare la vita in onore d i Dio e salute dell'anime? In questa dolce madre dell'orazione. Ella ci leva dalle conversazioni delle creature, e dacci alla conversazione del Creatore: ella empie il vasello del cuore del sangue dell'umile e immacolato Agn ello, e ricoprelo del fuoco; perocch per fuoco d'amore fu sparto. vero che pi- e meno perfettamente riceve l'anima e gusta questa madre dell'orazi one, secondo che ella si nutrica del cibo angelico, cio del santo desiderio di Di o, levandosi in alto a prenderlo in su la mensa della santissima croce; altrimen

ti, no. E per vi dissi che io desideravo di vedervi nutricare del cibo angelico. Lettera 353. A Monna Catella, e Monna Cecia, vocata Planula, e Monna Catarina De ntice di Napoli. Scritta al principio del 1379.

14 Dicembre Pi- si dolse Ges- della dannazione di Giuda, che del tradimento che egli gli fec e 847 Che ha cercato questo Verbo? Di che s' doluto? Ha cercato l'onore del Padre e terno e la nostra salute; e dolutosi pi- dell'offesa fatta e del danno ch' seguit o dopo la colpa, che della pena sua. Onde noi aviamo, che pi- si dolse della dan nazione di Giuda, che del tradimento che egli gli fece. Questa quella dolce via la quale egli ci ha insegnata, e per la quale dobbiamo tenere. E se voi mi diceste: Egli era vero Figliuolo di Dio, e per poteva portare; ma io son fragile, e non posso. Or ragguardate i santi che l'hanno seguitato, li quali ebbero questa legge fragile, e che furono conceputi e nati come noi, e nutricat i a uno medesimo modo e di quello medesimo cibo che noi; e nondimeno coll'adiuto rio divino tutti l'hanno seguitato realmente. Il quale adiutorio Cos per noi come per loro. Sicch, volendolo, noi possiamo. Ma perch non ci pare potere, noi faccia mo, per la cecit nostra; perch non cognosciamo n ci diamo in verit a cognoscere, nel la dottrina sua, l'eterna Verit, come detto . Che se noi volessimo con vero dispia cimento e odio del vizio, e con amore della virt-; noi ricalcitreremmo alla prop ria sensualit, e non cercheremmo di satisfarle con una tenerezza e compassione fe mminile; ma leveremmoci con uno odio santo, annegandovi dentro la propria volont, e abbracceremmo la croce con uno crociato e santo desiderio. Tanto goderemmo qu anto ci vedessimo conculcare dal mondo. E questo, e il vederci sostenere senza c olpa, sarebbe la gloria nostra. 848 Molto son questi cotali ripresi nel cospetto di Dio e nella coscienzia loro; che debbono dare l'onore a lui, e essi lo danno a loro medesimi. Perch degno di tanto supplicio e riprensione? Perch'egli tenuto di servire schiettamente, senza rispetto di propria consolazione o diletto, da lui, o dalla creatura per lui; e anco perch tenuto di rendere gloria e loda al nome suo, perciocch con servigio me rcennaio non gliela potrebbe rendere per lo modo ch'egli obligato. Poniamoch Dio dalla sua parte ne la traesse (= ne traesse ugualmente gloria), ma dalla parte n ostra non sarebbe cos, n si compirebbe in noi quella eterna verit che ci cre e ricre a grazia nel sangue, per darci vita eterna. 849 Adunque, carissima suoro, levianci da questa cecit, e vogliamo seguitare Dio in verit, amarlo in tutto e non a mezzo. Ed a averlo tutto, vel conviene amare sc hiettamente, senza veruno rispetto di voi; e seguitarlo per la via della croce; non eleggendo mai d'esser crociata a modo vostro, ma a modo suo; e amare il pros simo vostro come voi medesima, desiderando di vedere in lui quello che voi volet e vedere in voi; Afferire lagrime, umili e continue orazioni per lui, col lume d ella fede; e credere in verit, che ci che Dio d e permette, il fa per la vostra sal ute; e con vera umilt e pazienza portare, riputandovi degna delle pene e indegna del frutto che sguita dopo la pena. Lettera 354. A Madonna Pentella, maritata in Napoli, serva di Cristo.

15 Dicembre La nuvola dell'amor proprio ha avvelenato tutto quanto il mondo 850 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi fondata in vera e perfetta pazienza. La quale pazienza dimostra se in verit amiamo il nostro Creatore o no; perocch ell a il mirollo (= midollo) della carit: ch carit non senza pazienza, n pazienza senza carit. Ella una virt- tanto piacevole e necessaria alla nostra salute, che senz'e ssa non possiamo essere piacevoli a Dio, n ricevere il frutto delle nostre fatich e, le quali Dio ci permette per la nostra salute: anco, gusteremmo l'arra dell'i

nferno in questa vita. E per l'anima che ha cognosciuto questo, subito paziente; quasi dicendo a se mede sima, quando la propria sensualit si volesse levare per impazienza: E vuoli tu do lerti del tuo bene? Non te ne puoi n debbi dolere; ma debbi portare realmente, pe r gloria e loda del nome di Dio. 851 La pazienza germina una dolcezza nel mezzo del cuore; ella forte, che caccia da se ogni impazienza e ogni tribolazione; lunga e perseverante, che per veruna fatica volle il capo adietro a mirare l'arato; ma sempre va innanzi, seguitando l'umile Agnello; che tanta fu la sua pazienza e mansuetudine, che il grido suo non fu udito per veruna mormorazione. Ella si conforma con Cristo crocifisso, pe rch si veste della dottrina sua; satollasi d'obbrobrii. Ella signoreggia l'ira, c onculcandola colla mansuetudine. Ella non si stanca per neuna fatica; perch ella unita colla carit. Ella non tolte le cose d'altrui, ma d largamente: non neuna cos a ch'ella abbia tanto cara che ella non dia, privandone se con buona pazienza, c ome ebria del sangue di Cristo crocifisso. Perde s medesima; e quanto pi- si perde, pi- si trova unita e confermata nella do lce volont di Dio; spregiando il mondo con tutte le sue delizie, dilettandosi di tenere per la via della vera vilt; abbracciando la povert volontaria con santo e v ero desiderio. 852 O carissima madre e figliuola, ora il tempo da abbracciare questa vera e rea le virt-. Vedete che il mondo perseguita quelli che sono amatori della verit, con molte ingiurie e rimproperio. A noi conviene essere pazienti nelle ingiurie e fatiche proprie; ma delle altrui dobbiamo avere grande compassione. Carissima madre e figliuola, se mai fu tempo di compassione e di amaritudine per le offese di Dio; se oggi in tanta tenebra e amaritudine vediamo posto il mondo, solo per la nuvola dell'amore proprio di n oi medesimi che ha avvelenato e corrotto il mondo... Chi aver pacienzia, ha perfetta carit; avendo perfetta carit, si duole e debbe dole re pi- di questi mali che vede, che delle pene e tribulazioni sue. 853 Attaccatevi all'arbore della vita, all'umile immacolato Agnello, dove trover ete la virt- della pazienza e ogni altra virt-: ch elle sono tutte maturate e ina ffiate col sangue. La lingua non potrebbe mai narrare: ma provatelo. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso; nel qual sangue ogni cosa amara diventa dolce, e ogni gran peso leggiero. Il sangue c'insegna a ministrare la sostanzia tempora le: siccome ha fatto e fa continuamente in voi, facendovi de' poveri e di coloro che hanno necessit, signori. Ora ministrate in questo prezioso sangue la propria vostra volont, fatene sacrifi cio a Dio. Il quale sacrificio avendolo fatto, il mostrerete colla virt- della p azienza. In altro modo mostrare non potreste. Lettera 355. A Madonna Orietta Scotta, alla Croce di Canneto in Genova.

16 Dicembre La carit si ottiene entrando in comunione con la santa umanit di Cristo 854 Mai non potremmo nutricare il prossimo nostro, se prima non nutricassimo l'a nima nostra di vere e reali virt-; e di virt- non si pu nutricare, se prima non s 'attacca al petto della divina carit, del quale petto si trae il latte della divi na dolcezza. A voi, carissime suoro, conviene fare come fa il fanciullo il quale , volendo prendere il latte, prende la mammella della madre, e mettesela in bocc a; onde col mezzo della carne trae a s il latte. Cos conviene fare a noi, se vogli amo notricare l'anima nostra: e dobbiamci attaccare al petto di Cristo crocifiss o, in cui la madre della carit; e col mezzo della carne sua trarremo a noi il lat te, che nutrica l'anima ed e' figliuoli delle virt-; cio per mezzo dell'umanit di Cristo; per che nell'umanit sua cadde e fu la pena, e non nella deit. 855 Allora ha presa la carne di Cristo crocifisso, portando con pene la croce co n lui, dilettandosi ed ingegnandosi di seguitare la dottrina e le vestigie sue: e cos gusta il latte della divina dolcezza. E con che l'ha preso? Con la bocca de l santo desiderio: in tanto che, se possibile le fosse d'avere questo latte, sen

za pena, e con esso dare vita alle virt-, le quali tutte hanno vita dal latte de ll'affocata carit, non vorrebbe. Ma pi- tosto elegge di volerlo con pena per amor e di Cristo crocifisso: perocch non le pare che sotto il capo spinato debbano sta re membra delicate; ma pi- tosto portare la spina con lui insieme: non eleggendo punture a modo suo; ma a modo del capo suo. E facendo Cos, non porta ella; ma il capo suo, Cristo crocifisso, n' fatto portatore. Lettera 356. A tre Donne Napoletane, Spirituali.

17 Dicembre I due principali segni della carit nell'anima: la pazienza nel sopportare e la ge nerosit nel dare 856 Questo uno de' singolari segni che l'anima dimostri essere in carit, o no. In lei non cade sdegno; ma con pazienza porta e' difetti del prossimo suo: non ira conda, ma benigna. Non fa l'uomo ingiusto, ma giusto, che a ciascuno rende il de bito suo, o suddito o signore che sia: a Dio rende gloria, e loda al nome suo; a se rende odio e dispiacimento del peccato; e al prossimo rende amore e benivole nzia. E se egli signore, che abbi a tenere giustizia; a ognuno fa ragione, cos al grande come al piccolo, e al povero come al ricco. Non contamina la giustizia n per lusinghe n per minacci, n per piacere n per dispiacere; ma tiene la bilancia dri tta, dando a ciascuno quello che vuole la ragione. Con grande diligenzia serve i l prossimo suo, mostrando sopra lui quello amore che esso porta a Dio. A Dio non pu fare utilit; e per s'ingegna di farla a quello che Dio molto ama, cio la creatur a che ha in s ragione: che ce l'ha posta come mezzo. Bene dolce questa madre dell a carit, nella quale non cade veruna amaritudine, ma sempre d allegrezza nel cuore di colui che la possiede. 857 Ma voi potreste dire a me: Molto mi piace questo affetto della carit; ma in c he principalmente posso vedere se io l'ho? Rispondovi: Se l'anima sente in se qu elle condizioni che dette aviamo che ha la carit. Poi, tutte si ricolgono princip almente in due. Cio nella vera e santa pazienza, con la quale pazienza, porta le ingiurie piccole e grandi da qualunque lato venissero, e per qualunque creatura; tutte le porta con mente pacifica e tranquilla. L'altra si , che l'ultima (= la seconda): ch'egli serve la creatura nella sua nec essit, quanto gli possibile. Nella prima, porta con pazienza le ingiurie, come detto ; e nella seconda e ultim a, dona. E che dona? L'affetto della carit, amando il prossimo come s medesimo; e secondo che Dio ha dato a lui le grazie e doni suoi spirituali e temporali, tant o che sovviene la creatura con grande sollicitudine. Molti altri ce ne sono ma p er non stendermi troppo in parole, ho detto solo questi due principali. Oh quant o beata quell'anima che si trova nutricata al petto di si dolce madre! Ella tutt a umile e obediente; ch eleggerebbe la morte, che trapassare l'obedienzia di Cris to crocifisso e del vicario suo. Lettera 357. Al Re d'Ungaria. Lettera scritta dopo il 1378.

18 Dicembre Come accostarsi degnamente al sacramento eucaristico 858 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi giusto e buono rettore, acci che si co mpia in voi l'onore di Dio e il desiderio vostro, il quale so che Dio vi ha dato buono, per la sua misericordia. Ma non veggo il modo che noi potessimo ben regg ere altrui, se prima non reggiamo noi medesimi. Quando l'anima regge s, regge alt rui con quel medesimo modo: perocch ama il prossimo suo con quell'amore che ama s e medesimo. Siccome la carit perfetta di Dio genera la perfetta carit del prossimo ; Cos con quella perfezione che l'uomo regge se, regge i sudditi suoi. 859 Per questo modo rende il debito dell'onore a Dio, e la dilezione della carit al prossimo. Il luogo dove debbe stare, la casa del cognoscimento di se, e della

bont di Dio in s; misurando con quella misura altrui, con la quale vuole essere m isurato egli; lavando spesso la faccia dell'anima d'ogni macula di peccato nel s angue di Cristo col mezzo della pura e santa confessione; nutricandola del cibo degli angioli, cio del sacramento dolce del corpo e del sangue di Ges- Cristo, tu tto Dio e tutto uomo, il quale ogni fedele cristiano tenuto di prendere almeno u na volta l'anno. Chi il vuole pi-, pi- il pigli; ma non meno: e per neuna cosa i l debba l'uomo lassare, n giusto, n peccatore. Perocch, se il peccatore non dispost o, egli si debbe disponete; se egli giusto, per umilt non debbe lassare, dicendo: Io non son degno di tanto misterio: quando io me ne sentir pi- degno, io mi comu nicher. Non debbe fare Cos; ma debbe pensare, che mai per sue giustizie non ne sar ebbe degno. E quando se ne facesse degno, allora sarebbe indegno, ammanterebbe l a superbia col mantello dell'umilt. Ma Dio degno di far noi degni; e per nella dig nit sua il dobbiamo ricevere. E conviencelo ricevere in due modi, cio attualmente e mentalmente, cio col santo vero e affocato desiderio; e questo desiderio non vu ol essere solamente nell'atto della comunione, ma in ogni tempo e in ogni luogo, s come cibo che si prende per dar vita di grazia all'anima. Lettera 358. A maestro Andrea di Vanni dipintore, essendo Capitano del popolo di Siena. Scritta nel 1379.

19 Dicembre A chi umile ogni azione, spirituale o temporale, gli vale per la vita eterna 860 Colui ch' umile, ogni sua operazione spirituale e temporale, gli vale a vita eterna, perocch fatta in grazia. Onde se egli fa operazioni temporali, esse gli d anno vita, per che le fa con l'occhio dirizzato in Dio; e se elle sono spirituali , gettano odore di virt- dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini del mondo. E se egl i in stato di signoria, gitta odore di santa giustizia; per che colui ch' umile, n on fa ingiustizia verso del prossimo suo, n dispiacere; anco, l'ama come se medes imo. E cos vi prego, carissimo figliuolo, che ora nello stato vostro manteniate r agione e giustizia al piccolo come al grande, al povero come al ricco; e agguagl iatamente a ciascuno rendete il debito suo, secondo che vuole la giustizia santa , condita con la misericordia. Son certa che per la bont di Dio, il farete; e io ve ne stringo quanto so e posso. 861 E pregavi che vi ritroviate in questo dolce avvento, nel Presepio con questo dolce e umile Agnello, dove troverete Maria con tanta riverenzia a quel figliuo lo, e peregrina in tanta povert, avendo la ricchezza del Figliuolo di Dio; che no n ha panno condecente di poterlo invollere, n fuoco da scaldare esso fuoco, Agnel lo immacolato; ma gli animali eziandio, il riscaldavano col fiato loro. Bene si debbe dunque vergognare la superbia e le delizie, stati e ricchezze del mondo, d i vedere Dio tanto umiliato. Adunque visitate questo prezioso luogo in questo av venimento, acci che possiate rinascere a grazia. E acci che meglio il possiate far e, e ricevere questo bambino, fate che vi confessiate, e vi disponiate, se possi bile vi , alla santa comunione. Lettera 363. A Maestro Andrea di Vanni, dipintore.

20 Dicembre Cristo si lagna che le piante nuove non sono migliori delle vecchie 862 Io vi dico, che la divina bont si lagna che la sposa sua spogliata delle pian te vecchie, che invecchiate erano nelli vizi, in molta superbia, immondizia e av arizia, commettendo le grandissime simonie; e ora le piante nuove, le quali con la virt- debbono confondere questi vizi, cominciano a dilargare e a pigliare que llo medesimo stilo. Di questo si lagna Cristo benedetto, che ella non spazzata d e' vizi, e la Santit Vostra non ci ha quella sollicitudine che debbe avere. 863 Voi non potete di primo colpo levare li difetti delle creature, li quali si commettono comunemente nella religione cristiana, e massimamente nell'ordine cle

ricato, sopra detti quali dovete pi- avere l'occhio; ma ben potete e dovete fare per debito: se non, li avereste sopra la coscienzia vostra; almeno di farne la vostra possibilit, lavare il ventre della santa Chiesa, cio procurare a quelli che vi sono presso e intorno voi, spazzarlo dal fracidume, e ponervi quelli che att endono all'onore di Dio e vostro, e bene della santa Chiesa; che non si lassino contaminare n per lusinghe n per denari. Se reformate questo ventre della sposa vo stra, tutto l'altro corpo agevolmente si riformer; e Cos sar onore di Dio, e onore e utilit a voi; con la buona e santa fama e odore delle virt- si spegner l'eresia. Ciascuno correr alla Santit Vostra, vedendo che voi siate estirpatore de' vizi, e mostriate in effetto quello che desiderate. E non curo che vi curiate, n per ves timento, n per altro pi- di grande valuta che di piccola; ma solo che sieno uomin i schietti, che vadano per drittura, e non con falsit. 864 Sapete che ne diverr, se non ci si pone remedio in farne quello che ne potete fare? Dio vuole in tutto riformare la sposa sua, e non vuole che stia pi- lebbr osa: se none 'l far la Santit vostra giusta il vostro potere, che non sete posto d a lui per altro, e datavi tanta dignit: il far per se medesimo col mezzo delle mol te tribolazioni. Tanto lever di questi legni torti, che egli li drizzer a modo suo . Oim, santissimo Padre: non aspettiamo d'essere umiliati. Ma lavorate voi virilm ente, e fate le cose vostre secrete, e con modo, e non senza modo; ch il fare sen za modo pi- tosto guasta che non acconcia; e con benivolenzia e cuore tranquillo . 865 Mitigate un poco, per l'amore di Cristo crocifisso, quelli movimenti s-biti, che la natura vi porge. Con la virt- santa date il botto alla natura. Come Dio v'ha dato il cuore grande naturalmente; cos vi prego, e voglio, che v'ingegniate d'averlo grande sopranaturale; cio, che col zelo e desiderio della virt- e della reformazione della santa Chiesa acquistiate cuore virile fondato in vera umilit. Per questo modo averete il naturale e il sopranaturale: ch 'l naturale senza l'al tro poco ci farebbe; ma darebbeci pi- tosto movimento d'ira e di superbia; e qua ndo venisse a vedere a fare alcuno fatto di correggere persone che gli fussero m olto intrinseche, allenterebbe i passi, e diventerebbe pusillanime. Ma quando ci aggiunta la fame della virt-, che l'uomo attenda solo all'onore di Dio, senza a lcuno rispetto di s; egli riceve lume, fortezza, costanzia e perseveranzia sopran aturale, che mai non allenta; ma tutto virile, siccome egli debbe essere. Di que sto ho pregato e prego continuamente il sommo ed eterno Padre, che ne vesta voi, padre santissimo di tutti li fedeli cristiani: ch mi pare che nei tempi netti qu ali ci troviamo, n'abbiate grandissimo bisogno. Lettera 364. Ad Urbano VI. Scritta poco dopo l'inizio dello scisma, quindi dopo il settembre 1375.

21 Dicembre Consigli di buon governo dello stato 866 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi veri e fedeli cristiani, con zelo san to di vera e santa giustizia; volendo che la margarita della giustizia sempre ri luca ne' petti vostri, levandovi da ogni amor proprio, attendendo al bene univer sale della vostra citt, e non propriamente al bene particolare di voi medesimi. P erocch, colui che ragguarda solamente a se, vive con poco timor di Dio, non osser va la giustizia; anco, la trapassa, e commette molte ingiustizie; lassasi contam inare dalle lusinghe degli uomini, alcuna volta per denari, alcuna volta per pia cere a coloro che gli domandano il servizio, che sar una ingiustizia ad averlo; a lcuna volta per fuggire la punizione del difetto che aver commesso, sar deliberato , col dove la verga della giustizia debbe venire sopra di lui. Colui ha fatto com e iniquo uomo. Degno sarebbe che quella medesima disciplina che doveva venire in colui che egli ha deliberato per denari, venisse sopra di lui. E' poverelli che non commetteranno, delle mille parti l'una, tanto difetto, lor sar data alcuna punizione senza alcuna misericordia. Terr occhio spesse volte l'uo mo miserabile, posto a governar la citt, e non governa anco se medesimo, che le p overelle e i poverelli sieno rubbati; non tenendo lor punto di ragione; ma terra

nno occhio, che ella sia data a colui che non l'ha. 867 Non me ne meraviglio, se questi cotali commettono ingiustizia; perch essi si veggono fatti crudeli a loro medesimi, vivendo in tanta immondizia, che, dal por co che s'involte nel loto, a loro, non ha covelle (= nulla); in tanta superbia, che per la superbia loro non possono sostenere che gli sia detta la verit. Mordono, con rimproverio, il prossimo loro, con guadagni illeciti e con molti al tri infiniti mali de' quali io taccio per non attediarvi di parole. Per questo n on mi maraviglie che manchino nella santa e vera giustizia. E per Iddio ha permes so e permette che noi riceviamo tante discipline e tanti flagelli, che mai non c redo che russino vedute simili, poi il mondo fu mondo, cio per questo modo. Lettera 367. A' Magnifici Signori Difensori del Popolo, e Comune di Siena. Scrit ta da Roma nel 1379.

22 Dicembre Sublimi esperienze mistiche di Caterina 868 Essendo io ansietata di dolore per crociato desiderio, il quale s'era nuovam ente conceputo nel cospetto di Dio; perch il lume dell'intelletto s'era speculato nella Trinit eterna; e in quello abisso si vedeva la dignit della creatura che ha in se ragione, e la miseria nella quale l'uomo cade per la colpa del peccato mo rtale, e la necessit della santa Chiesa, la quale Dio manifestava nel petto suo, e come neuno pu tornare a gustare la bellezza di Dio nell'abisso della Trinit, sen za il mezzo di questa dolce Sposa, perocch tutti ci conviene passare per la porta di Cristo crocifisso, e questa porta non si trova altrove che nella santa Chies a. Vedeva che questa Sposa porgeva vita, perch tiene in se vita tanta, che neuno che la possa uccidere; e che ella dava fortezza e lume, e che neuno che la possa indebilire e dargli tenebre quanto in se medesima. E vedeva che il frutto suo m ai non manca, ma sempre cresce. 869 Allora diceva Dio eterno: Tutta questa dignit, la quale lo intelletto tuo non potrebbe comprendere, data a voi da me. Ragguarda dunque con dolore e amaritudi ne, e vedrai che a questa Sposa non si va se non per lo vestimento di fuore, cio per la sostanzia temporale. Ma tu la vedi bene vota di quelli che cerchino il mi rollo d'essa, cio il frutto del sangue. Il quale frutto chi non porta il prezzo d ella carit con vera umilit e col lume della santissima fede, noi participerebbe in vita, ma in morte. E crescendo il dolore e il fuoco del desiderio, gridava nel cospetto di Dio, dic endo: Che posso fare, o inestimabile fuoco? E la sua benignit rispondeva: Che tu di nuovo offeri la vita tua. E mai non dare riposo a te medesima. A questo eserc izio t'ho posta e pongo, te e tutti quelli che ti seguitano e seguiteranno. Atte ndete voi adunque a mai non allentare, ma sempre crescere i desiderii vostri; pe rocch attendo bene io con affetto d'amore a sovvenire voi della grazia mia corpor ale e spirituale. Disponi dunque la vita e il cuore e l'affetto tuo solo in ques ta Sposa, per me, senza te. Ragguarda in me, e mira lo sposo di questa Sposa, ci o il sommo pontefice, e vedi la santa e buona intenzione sua: la quale intenzione senza modo. Io permetto che con modi, e' quali egli tiene senza modo, e col tim ore che egli d a' sudditi, egli spazzi la santa Chiesa. Ma altri verr che con amor e l'accompagner e riempir; addiverr di questa Sposa come addiviene dell'anima: che in prima entra in casa il timore, e, spogliata de' vizii, poi l'amore la riempie e veste di virt-. Tutto questo la [Chiesa] far col dolce sostenere, dolce e soav e a quelli che in verit si nutricheranno al petto suo. 870 La lingua non sufficiente a narrare tanti misterii, n quello che lo intellett o vide e l'affetto concepette. E passandosi il d, piena d'ammirazione, venne la s era. E sentendo io che il cuore era tratto per affetto d'amore, tanto che resist enzia non gli potevo fare, che al luogo dell'orazioni io non andassi; e sentendo venire quella disposizione che fu al tempo della morte (= fa riferimento alla s ua morte mistica); posimi gi- con grande reprensione, perch con molta ignoranzia e negligenzia io serviva la Sposa di Cristo, e ero cagione che gli altri facesse

ro quello medesimo. E levandomi con quella impronta che era dinanzi all'occhio dell'intelletto mio d i quello che detto , Dio posemi dinanzi a s, bench io gli sia sempre presente, perc h contiene in se ogni cosa; ma per uno nuovo modo, come se la memoria, lo intelle tto e la volont non avessero a fare cavelle (= alcunch) col corpo mio. E con tanto lume si speculava questa Verit, che in quello abisso allora si rinfrescavano i m isterii della santa Chiesa, e tutte le grazie ricevute nella vita mia, passate e presenti; e il d che in se fu sposata l'anima mia (=misticamente). 871 Le quali tutte si scordavano da me, per lo fuoco che era cresciuto; e attend evo pure a quello che si poteva fare, che io facessi sacrifizio di me a Dio per la santa Chiesa, e per tollero la ignoranzia e la negligenzia a quelli che Dio m 'aveva messi nelle mani. Allora le dimonia con esterminio gridavano sopra di me, vedendo di impedire e al lentare col terrore loro il libero e affocato desiderio. Onde questi percuotevan o sopra la corteccia del corpo; ma il desiderio pi- s'accendeva, gridando: O Dio eterno, ricevi il sacrifizio della vita mia in questo corpo mistico della santa Chiesa. Io non ho che dare altro se non quello che tu hai dato a me. Tolli il c uore dunque, e premilo sopra la faccia di questa Sposa. Allora Dio eterno, volle ndo l'occhio della clemezia sua, divellava il cuore, e premevalo nella santa Chi esa. E con tanta forza l'aveva tratto a se, che, se non che subito, non volendo che 'l vasello del corpo mio fusse rotto, il ricerchio della fortezza sua, ne sa rebbe andata la vita. 872 Allora le dimonia molto maggiormente gridavano, come se esse avessero sentit o intollerabile dolore; sforzavansi di lassarmi terrore, minacciandomi di tenere modo che questo cos fatto esercizio non potessi fare. Ma, perch alla virt- dell'u miltade, col lume della santissima fede l'inferno non pu resistere; pi- s'univa, e lavorava con ferri di fuoco, udendo parole nel cospetto della divina Maest tant e attrattive, e promesse, per dare allegrezza. E perch in verit era cos in tanto mi sterio, la lingua oggimai non pi- sufficiente a poterne parlare. Lettera 371. Ad Urbano VI. Scritta da Roma nell'ultimo periodo della vita.

23 Dicembre In qualunque stato noi siamo dobbiamo far guerra al tiranno del mondo 873 In qualunque stato si sia, o suddito o signore, egli tenuto e obligato di fa r guerra con questo tiranno. Non dico che, se attualmente vuole possedere lo sta to suo nel mondo, che egli non possa vivere in grazia: anco, pu. Ch noi abbiamo di David, che fu re, e di santo Lodovico: e nondimeno furono santissimi uomini. Qu esti tennero il reame attualmente, ma non con disordinato affetto o desiderio: e per riluceva in loro la margarita della giustizia, con vera umilt e ardentissima carit. A ciascuno rendevano il debito suo, s al piccolo come al grande; e al pover o come al ricco. Non facevano come quelli che oggi regnano, ne' quali tanto abon da l'amore proprio di loro medesimi, che di questo tiranno del mondo si vogliono fare Dio. E da questo nascono le ingiustizie, omicidi, e grandissime crudelt, e ogni altro difetto. 874 S'egli uomo che abbia donna, contamina lo stato del matrimonio con molta mis eria. In quel sacramento non sta con debita riverenzia, n per quel fine che gli o rdinato da Dio; ma, come smemorato, cieco dell'anima e del corpo, si conducer anc o a quello maledetto peccato contra natura, il quale pute alle dimonia, non che a Dio. La infinita sua carit e misericordia ve ne scampi di questo e degli altri difetti. Quegli che teme Dio, non fa cos. La fragile carne si vuole dilettare e satisfare agli appetiti suoi: e egli fa tutto il contrario, che la sottomette al giogo del la ragione. Onde, se vergine, d la sentenzia di volersi conservare infino alla mo rte nello stato della verginit, il quale egli ha eletto; e 'l continente, la cont inenzia; e quello che nello stato del matrimonio, conserva lo stato suo senza co lpa di peccato mortale, cio che in neuno modo voglia macchiare quel sacramento. 875 Questi si pu chiamare cavaliere virile, che virilmente ha conservata e guarda

ta la citt dell'anima sua da' nemici e malvagi tiranni che la volevano signoreggi are. Questi atto a fare ogni gran cosa per Dio, cio per gloria e loda del nome su o; e per la santa Chiesa pu sicuramente pigliar la battaglia di fuori, poich s dolc emente ha combattuto e vinto dentro. Ma se bene non combattesse dentro, male com batterebbe di fuori. E per vi dissi che prima vi conveniva combattere dentro con tre vostri nemici principali. Lettera 372. A Messer Carlo della Pace, il quale poi fu Re di Puglia, ovvero di Napoli. Scritta all'inizio del 1380.

24 Dicembre Vertici mistici narrati a Raimondo nella ultima lettera a lui indirizzata 876 O padre dolcissimo, io non vi tacer i misteri grandi di Dio; ma narrerogli il pi- breve che si potr, secondo che la fragile lingua potr narrando esprimere. E a nco io vi dico quello che io voglio che voi facciate. Ma senza pena ricevete ci c h'io vi dico perocch io non so quello che la divina bont si far di me, o del farmi rimanere, o del chiamarmi a s. Padre, padre e figliuolo dolcissimo, ammirabili mi steri ha Dio adoperati dal d della Circoncisione in qua; tantoch la lingua non sarebbe s ufficiente a poterli narrare. Ma lassiamo andare tutto quello tempo, e veniamo a lla domenica della Sessagesima, nella quale domenica furono, come in breve vi sc rivo, quelli misteri che udirete che giammai uno simile caso non mi parve portar e. Perocch tanto fu il dolore del cuore, che 'l vestimento della tonica si stracc i, quanto io ne potei pigliare; rivoltandomi per la cappella, come persona spasim ata. Chi mi avesse tenuta, propriamente m'averebbe tolto la vita. 877 Venendo poi il luned a sera io era costretta di scrivere a Cristo in terra, e a tre cardinali: onde io mi feci aiutare e andaimene nello studio. E scritto ch e io ebbi a Cristo in terra, non ebbi modo di scrivere pi-. Tanto furono le pene che crebbero al corpo mio. E stando un poco, s cominci il terrore delle dimonia p er siffatto modo, che tutta mi facevano stordire; quasi arrabbiando verso di me, come se io, vermine, fossi stata cagione di tollergli di mano quello che lungo tempo hanno posseduto nella santa Chiesa. E tanto era il terrore, con la pena co rporale, che io volevo fuggirmi dello studio, e andarmene in cappella; come se l o studio fusse stato cagione delle pene mie. Rizzaimi su: e non potendo andare, m'appoggiai al mio figliuolo Barduccio. Ma subito fui io gittata gi-: ed essendo gittata, parve a me, come se l'anima si fusse partita dal corpo; non per quello modo come quando se ne part, perocch allora l'anima mia gust il bene Begl'immortal i, ricevendo quello sommo bene con loro insieme: ma ora pareva come una cosa res ervata; perocch nel corpo a me non pareva essere, ma vedevo il corpo mio come se fussi stata un altro. E vedendo l'anima mia la pena di colui che era con meco, v olse sapere se io avevo a fare cavelle col corpo, per dire a lui: Figliuolo, non temere. E io non vidi che lingua o altro membro gli potessi muovere; se non com e corpo separato dalla vita. 878 Lassai dunque stare il corpo, come egli si stava; e l'intelletto stava fisso nell'abisso della Trinit. La memoria era piena del ricordamento della necessit de lla santa Chiesa, e di tutto il popolo cristiano; e gridavo nel cospetto suo, e con sicurt dimandano l'adiutorio divino, offerendogli i desiderii, e costringendo lo per lo sangue dell'Agnello, e per le pene che s'erano portate: e s prontamente si dimandava, che certa mi pareva essere che Egli non denegherebbe quella petiz ione. Poi dimandava per tutti voi altri, pregandolo che compisse in voi la volont sua e i desiderii miei. Poi dimandava che mi campasse dall'eterna dannazione. E stand o cos per grandissimo spazio, tanto che la famiglia mi piangeva come morta; in qu esto, tutto il terrore delle dimonia era andato via. Poi venne la presenzia dell'umile Agnello dinanzi all'anima mia, dicendo: Non du bitare; ch io compir i desiderii tuoi e degli altri servi miei. Io voglio che tu v egga che io sono maestro buono, che fa il vasellaio, il quale disf e rif i Vaselli , come di suo piacere. Questi miei Vaselli io li so disfare e rifare: e per io pi

glio il vasello del corpo tuo, e rifollo nel giardino della santa Chiesa, con al tro modo che per lo tempo passato. 879 E strignendomi quella Verit con modi e parole molto attrattive, le quali trap asso; il corpo cominci un poco a respirare, e a mostrare che l'anima fusse tornat a al vasello suo. Io era allora piena d'ammirazione. E rimase tanto il dolore ne l cuore, che anco ine l'ho. Ogni diletto e ogni refrigerio e ogni cibo fu tolto allora da me. E essendo poi portata nel luogo di sopra, la camera pareva piena d i dimonia: e cominciarono a dare un'altra battaglia, la pi- terribile che io ave ssi mai, volendomi fare credere e vedere, che io non fussi quella che era nel co rpo, ma quasi uno spirito immondo. Io, chiamato allora l'adiutorio divino con un a dolce tenerezza, non refutando per fatica, ma bene dicevo: Dio, intendi al mio adiutorio. Signore affrettati d'aiutarmi. Tu hai permesso che io sia sola in que sta battaglia, senza il refrigerio del padre dell'anima mia, del quale io son pr ivata per la mia ingratitudine. 880 Due notti e due d si passarono con queste tempeste. Vero che la mente e il de siderio veruna lesione ricevevano, ma sempre stava fisso nell'obietto suo: ma il corpo pareva quasi venuto meno. Poi, il d della Purificazione di Maria, volsi ud ire la messa. Allora si rinfrescarono tutti i misteri: e dimostrava Dio il grand e bisogno che era, siccome apparve poi; perocch Roma stata tutta per rivoltarsi, sparlando miseramente e con molta irriverenza. Se non che Dio ha posto l'unguent o sopra i cuori loro: e credo che aver buona terminazione. Lettera 373. A Maestro Raimondo da Capua dell'Ordine de' Predicatori. Scritta da Roma il 25 febbraio 13S0.

25 Dicembre Ancora vertici mistici nella Quaresima del 1380 881 Allora m'impose Dio questa obedienzia, che io dovessi tutto questo tempo del la santa quaresima fare sacrificare (= offrire in sacrificio) i desiderii di tut ta la famiglia, e fare celebrare dinanzi a lui, solo con questo rispetto, cio per la Chiesa santa; e che io ogni mattina all'aurora udissi una messa: che sapete che a me una cosa impossibile; ma all'obedienzia sua ogni cosa stata possibile. E tanto s' incarnato questo desiderio, che la memoria non ritiene altro; lo intel letto altro non pu vedere, e la volont altro non pu desiderare. E non tanto che rif iuti le cose di quaggi- per questo; ma, conversando co' veri cittadini, l'anima non si pu n vuole dilettare nel loro diletto, ma nella fame loro, quale hanno, ed ebbero mentre che furono peregrini e viandanti in questa vita. 882 Con questo e molti altri modi, si consuma e distilla la vita mia in questa d olce Sposa, io per questa via, e i gloriosi martiri col sangue. Prego la divina bont, che tosto mi lassi vedere la redenzione del popolo suo. Quando egli l'ora della terza, e io mi levo dalla messa, e voi vedreste andare u na morta a Santo Pietro; e entro di nuovo a lavorare nella navicella della santa Chiesa. Ine mi sto cos infino presso all'ora del vespero; e di quello luogo non vorrei escire n d n notte, infino che io non veggo un poco fermato e stabilito ques to popolo col padre loro. Questo corpo sta senza veruno cibo, eziandio senza la gocciola dell'acqua; con tanti dolci tormenti corporali, quanto io portassi mai per veruno tempo: in tanto che per uno pelo ci stia la vita mia. Ora non so quel lo che la divina bont si vorr fare di me: ma quanto a quello che io mi sento, non dico che io senta per la volont sua in quello che egli vorr fare di me; ma quanto a l sentimento corporale, mi pare che questo tempo io il debba confermare con un n uovo martirio nella dolcezza dell'anima mia, cio nella santa Chiesa. Poi, forse c he mi far resuscitare con lui; porr fine e termine s alle mie miserie e s a' crociat i desiderii. () egli terr i suoi modi usati, di ricerchiate il corpo mio. Ho preg ato e prego la sua misericordia, che compia la sua volont in me; e che voi, n gli altri, lassi orfani. Ma sempre vi drizzi per la via della dottrina della verit, c on vero e perfettissimo lume. Son certa che egli il far. Lettera 373.

26 Dicembre Ultime raccomandazioni di Caterina ai discepoli 883 Ora prego e costringo voi, padre e figliuolo dato da quella dolce madre Mari a, che, se voi sentite che Dio volla l'occhio della sua misericordia verso di me , vuole rinovellare la vita vostra; e, come morto ad ogni sentimento sensitivo, voi vi gittiate in questa navicella della santa Chiesa. E siate sempre cauto nel le conversazioni. La cella attuale poco potrete avere; ma la cella del cuore vog lio che sempre abbiate, e sempre la portiate con voi. Perocch, come voi sapete, m entre che noi ci siamo serrati dentro, i nemici non ci possono offendere. Poi og ni esercizio che farete sar dirizzato e ordinato secondo Dio. Anco vi prego che m aturiate il cuore con una santa e vera prudenzia; e che la vita vostra sia esemp lo negli occhi de' secolari, non conformandovi mai con costumi del secolo. E quella larghezza verso i poveri e povert volontaria che avete avuta sempre, si rinnovi e rinfreschi in voi, con vera e perfetta umilit: e per veruno stato o esa ltazione che Dio vi desse, non l'allentate mai, ma pi- profondate nella valle d' essa umilit, dilettandovi in su la mensa della croce. 884 E ine prendete il cibo dell'anime; abbracciando la madre dell'umile fedele e continua orazione, con la vigilia santa; celebrando ogni d, se non fusse per cas o necessario. Fuggite il parlare ozioso e leggiero; e siate e mostratevi maturo nel parlare, e in ogni modo. Gittate da voi ogni tenerezza di voi medesimo, e og ni timore servile; perocch la Chiesa dolce non ha bisogno di siffatta gente, ma d i persone crudeli a loro e pietose a lei. Queste sono quelle cose le quali io vi prego che vi studiate d'osservare. Anco vi prego che il libro (= il Dialogo) e ogni scrittura la quale trovaste di me, voi e frate Bartolomeo e frate Tomaso e il Maestro, ve le rechiate per le ma ni; e fatene quello che vedete che sia pi- onore di Dio, con missere Tomaso insi eme: nel quale io trovava alcuna recreazione (= consolazione). 885 Pregovi ancora, che a questa famiglia, quanto vi sar possibile, voi gli siate pastore e governatore, siccome padre, a conservarli in dilezione di carit e in p erfetta unione; sicch non siano n rimangano sciolte come pecorelle senza pastore. E io credo fare pi- per loro e per voi dopo la morte mia, che nella vita. Preghe r la Verit eterna, che ogni plenitudine di grazia e doni ch'egli avesse dati nell' anima mia, gli trabocchi sopra voi altri, acciocch siate lucerne poste in sul candelabro. Pregovi che preghiate lo Sposo eterno, che mi faccia compire virilmente l'obedie nzia sua, e mi perdoni la moltitudine delle mie iniquitadi. E voi prego, che mi perdoniate ogni disobedienzia, irreverenzia e ingratitudine, pena e amaritudine che io v'avessi data, e che io ho usata e commessa verso di voi; e la poca solle citudine ch'io ho avuta della vostra salute. E dimandovi la vostra benedizione. Lettera 373.

27 Dicembre L'uomo non pu stare senza amore, perch non fatto d'altro che di amore 886 Non mi pare che l'uomo abbi cagione di temere; per che Dio l'ha fatto forte c ontra ogni avversario. Che pu il dimonio contra di noi? Egli fatto infermo; perdu to ha la potenzia per la morte del Figliuolo di Dio. Che pu la carne, che infermata per gli flagelli e battiture di Cristo crocifisso? Cio, che l'anima che riguarda il suo creatore, Dio e uomo, svenato in sul legno della santissima croce, pone freno di subito a ogni movimento carnale e sensuale . Che potr il mondo colla superbia e stolte delizie sue? Sconfitto l'ha colla profo nda umilit, sostenendo obbrobrio e vituperio. Debbasi confondere l'umana superbia d'insuperbire dove Dio umiliato. Cos diceva il nostro Salvatore, invitandoci a n

on temere il timore servile, dicendo: Rallegratevi, ch'io ho vinto il mondo (Gv 13, 33). S che i nimici sono sconfitti, e l'uomo forte, e di tanta fortezza che d a veruno pu essere volto, se egli non vorr. Questo dolce Dio ci ha data la fortezz a della volont, che la rocca dell'anima, che n dimonio n creatura me la pu torre. Ad unque bene potiamo stare sicuri e non timorosi. La sicurt vostra voglio che sia i n Cristo dolce Ges-. Egli ci ha vestiti del pi- forte vestimento che sia, dell'a more affibbiato colla maglia del libero arbitrio, che il puoi sciogliere e legar e, secondo che vuogli. 887 Se questo vestimento della carit egli (= l'uomo) il vuole gittare, egli pu, e se egli il vuole tenere, anche pu. Pensate, carissimo padre, che il vestimento pr imo che noi avessimo, fu l'amore: per che fummo creati alla imagine e similitudin e di Dio solo per amore, e per l'uomo non pu stare senza amore, ch non fatto d'altr o che d'esso amore, ch ci che egli ha secondo l'anima e secondo il corpo, ha per a more; perch ha il padre e la madre dato l'essere al figliuolo, cio, della sostanzi a della carne sua, mediante la grazia di Dio, solo per amore. Per tanto obligato il figliuolo al padre, e eziandio per l'amore che egli gli ha, che ve lo inchina la natura, non pu sostenere niente del padre d'ingiuria che gli sia fatta, s'egl i vero figliuolo. Guarda gi che per uno amore proprio di se egli fussi venuto a o dio con lui. Costui non seguita la natura sua, ma per la sua cechit n' uscito fuor i. 888 Su, padre carissimo, non pi- negligenzia, n volgete pi- il capo adrieto a rag uardare le stolte miserie del mondo; ch passano e' diletti suoi come il vento sen za veruna fermezza o stabilit. Non vi fidate della gioventudine del corpo vostro, n delle signorie del mondo: test l'uomo vivo, test morto; test sano, test infer est signore, test fatto servo. Adunque quanto stolto l'uomo che ci pone l'affetto disordinato; fidasi di quello che non si pu fidare, aspettando quello che non si pu avere e fugge quello ch'egli pu avere e tenere per suo, cio la grazia che la pu a vere quantunque e' vuole, e quando egli vuole; non per se, ma per essa grazia do no di Spirito Santo, che gli ha dato il libero arbitrio. Lettera 374. A Messer Bartolomeo della Pace. Scritta probabilmente nella seconda met del 1375.

28 Dicembre Tutto il male procede dalla perversit dell'amor proprio 889 Scrivo a voi, con desiderio di vedervi vestito di Cristo dolce Ges-, e spogl iato dello antico vecchio peccato, el quale procede dallo amore proprio sensitiv o che l'uomo ha a s medesimo. O me! Egli quell'amore che accieca l'anima, toglie la vita, e dagli la morte, toglie la ricchezza della virt-, e dagli la povert. Eg li scordante del prossimo suo. S'egli suddito, non ubbidisce, perch fondato in superbia. S'egli prelato o signor e, non corregge, per timore di perdere la signoria. S'egli giudice, non giudica giustamente secondo coscienzia, ma secondo la volont e piaceri degli uomini. Tutto questo procede dalla perversit dell'amore proprio; ch se l'uomo non amasse s e per se, ma amasse se per Dio, non farebbe cos. Lettera 376. A ignoto.

29 Dicembre La discordia e la disunione distrugge le citt 890 Scrivo a voi, con desiderio ai vedervi legati e uniti nel legame della carit, il quale legame di tanta fortezza che n dimonio n creatura il pu tagliare, e di ta nta unione che niuno pu separare l'anima ch' unita in questa perfetta carit. Non la pu separare il mondo coi suoi inganni, n colle sue frode, n colle sue mormorazioni e infamie; n il dimonio colla sua astuzia, n con diversi e sottili inganni suoi,

che spesse volte con inganni si pone in sulla lingua della creatura facendoli di re parole di rimproverio al prossimo suo; questo fa solo per privarlo dell'union e della carit; n la propria sensualit colla fragile carne la pu separare; ma con lum e della ragione la dispregia con dispiacimento della propria colpa sua. Questi c ombatte virilmente col mondo, e non mai vinto, ma sempre vince, perch Dio, che so mma ed eterna fortezza, dentro nell'anima sua per grazia; e in qualunque stato l a persona , vive virilmente e con affetto di virt-, quando legato in s dolce legam e, e unito nella dilezione e carit dolce del prossimo suo. 891 Se egli suddito secolare, egli sempre obbediente alla legge divina, osservan do i dolci comandamenti di Dio, ed alla legge civile, non trapassando le costitu zioni e comandamento del signore suo; se egli religioso, osservatore dell'Ordine infino alla morte; e se viene a stato di signoria, in lui riluce la margarita d ella santa giustizia, tenendo ragione e giustizia al piccolo come al grande, ed al povero come al ricco; e non guasta questa virt- della giustizia, n per piacere alli uomini, n per rivenderio di pecunia, n per amore che egli abbi al suo bene p articolare; per che non attende al suo bene proprio, ma al bene universale di tut ta la citt, e per apre l'occhio dello intelletto non passionato per alcuna ingiuri a che elli abbi ricevuta, ma al bene comune. Questa quella dolce virt- che pacif ica la creatura col suo Creatore, e l'uno cittadino con l'altro, perch ella esce dalla fontana della carit e vincolo d'amore e unione perfetta, la quale ha fatta in Dio e nel prossimo suo. 892 Voi avete desiderio di riformare la vostra citt; ma io vi dico che questo des iderio non s'adempir mai, se voi non vi ingegnate di gittare a terra l'odio e il rancore del cuore e l'amore proprio di voi medesimi, cio, che voi non attendiate solamente a voi, ma al bene universale di tutta la citt. Onde io vi priego per l' amore di Cristo crocifisso, che per l'utilit vostra voi non miriate a mettere gov ernatori della citt pi- uno che un altro, ma uomini virtuosi, savi e discreti, e' quali col lume della ragione diano quello ordine che di necessit, per la pace de ntro, e per la confermazione di quella di fuori. 893 Ma se ognuno volesse tirare a suo parere con poco senno di ragione, noi fare ste mai; per che la cosa che non unita, non pu tener pur la casa sua, non tanto ch e una citt cos fatta. Vogliono essere uomini maturi, esperti, e non fanciulli: cos vi priego che facciate; e ingegnatevi di tenere i cittadini vostri dentro e non fuore, per che usciti non fece mai buona la citt; ed il dolore ch'io ho di vederla in tanta fatica me ne scusi. Lettera 377. A' Signori Priori dell'Arti, e al Gonfaloniere della giustizia dell a citt di Firenze. Scritta fra il luglio e il 27 agosto del 1378.

30 Dicembre Dormendo, mangiando, parlando, e in ogni altra cosa, noi corriamo verso la morte 894 Scrivo a voi, con desiderio di vedere in voi quella gloriosa virt- della per severanzia, la quale quella virt- che coronata. A questo voglio che attendiate, e non ci mettete indugio di tempo; per che 'l tempo nostro breve. Ragguardate ben e che egli cos, e niuno , giovane, vecchio, ricco n povero, sano n infermo, n signore n suddito, che si possa fidare o pigliare speranza d'avere pure un'ora di tempo. Matto sarebbe chi la pigliasse, per che noi vediamo che ella viene vta manifestam ente: ch quelli che si credono bene stare, subito vengono meno. 895 Ponetevi dinanzi a l'occhio dell'intelletto vostro, Dio, il quale vostro fin e e termine, e corrite con fame e desiderio delle virt-; ch, avendone desiderio, desiderrete di giugnere al fine vostro. Necessario v' di corrire con l'affetto de l desiderio, con la memoria di Dio, s come sempre corriamo verso il termine della morte, ch mai per niuna cosa rist questo corso. Dormendo, mangiando, parlando, e in ogni altra cosa, corriamo verso la morte. Cos dobbiamo noi fare e faremo, se i n ogni nostra operazione ci porremo Dio dinanzi; per che allora sempre staremo co l suo santo timore. Cos sar lunga e crescer questa virt- della perseveranza in noi, unde nella fine riceveremo il frutto delle nostre fatiche e la corona della glo

ria, riposandoci nel termine di vita eterna. In altro modo no. Lettera 380. A Pietro Canigiani da Fiorenza. Scritta da Roma alla fine del 1379.

31 Dicembre Fortificatevi nel glorioso sangue di Cristo 896 Carissime madre e figliuole in Cristo dolce Ges-. Io Catarina, serva e schia va de' servi di Ges- Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi annegate nel sangue dello svenato Agnello, il quale vi mostra l'amor e ineffabile del vostro Creatore che per trarci dalla servitudine del dimonio ci don questo Verbo dei suo Figliuolo, acci che col mezzo della morte ci tollesse la morte e rendesseci la vita della grazia. In questo sangue conciperete amore a l 'onore di Dio e alla salute dell'anime, seguitando questo umile agnello che, per onore del Padre e salute nostra, e di tutto il mondo, sostenne tante pene, stra zii, obbrobri e villanie, e nell'ultimo la vituperosa morte della croce. 897 In questo glorioso sangue sarete fortificate; diventerete pazienti, che di n iuna cosa vi turberete, perch avrete veduto col lume della fede che Dio non vuole altro che la nostra santificazione, e per questo fine ci d e permette ci che ci d in questa vita. E ancora per desiderio che avrete di conformarvi col vostro spos o, Cristo dolce Ges-, onde d'ogni cosa vi rallegrerete, cos della tribolazione co me della consolazione, e cos della sanit come della infermit; per che l'anima che an negata in questo dolce sangue perde in tutto se, e non cerca tempo n luogo a modo suo, ma a modo di Dio. Ogni cosa ha in debita reverenzia, perch tutto vede che l ' conceduto dal suo creatore per amore. Niuna cosa le d pena, se non l'offesa di D io e la dannazione delle anime. Adunque bene da inebriarsi di questo prezioso sangue per continua memoria, poi c he tanta utilit ne seguita; e a questo v'invito. Lettera 381. Alla Priora e Monache di Santa Agnesa da Monte Pulciano. Scritta da Roma dopo il novembre 1378. Fine del testo.

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