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La Repubblica Censimento Istat: i residenti sono 59,4 milioni, ma italiani diminuiscono.

Pi donne che uomini In dieci anni l'incremento della popolazione stato del 4,3 per cento. Ma il numero di chi ha la cittadinanza diminuito di 250mila unit (meno 0,5 per cento). Stranieri in crescita su tutto il territorio nazionale: hanno superato la soglia di 4 milioni. 93 uomini ogni 100 donne ROMA - La popolazione residente in Italia aumenta ma gli italiani diminuiscono. E' la fotografia che emerge dai dati definitivi del quindicesimo censimento generale della popolazione e delle abitazioni effettuato dall'Istat, da cui emerge che i residenti in Italia sono 59.433.744. Rispetto al 2001, quando i residenti erano 56.995.744 l'incremento del 4,3%, da attribuire esclusivamente alla componente straniera. Infatti, nel decennio tra un censimento e l'altro la popolazione di cittadinanza italiana diminuita di oltre 250mila individui (-0,5%), mentre quella straniera aumentata di 2.694.256 unit. 4 milioni di stranieri. I cittadini stranieri risultano in crescita in tutte le regioni della Penisola, mentre gli italiani diminuiscono nel Mezzogiorno oltre che in Piemonte, Liguria e Friuli-Venezia Giulia. Nel corso dell'ultimo decennio la popolazione straniera residente in Italia triplicata, passando da 1.334.889 milioni a 4.029.145 milioni, con una crescita del 201,8%. Due stranieri su tre risiedono al nord, il 24% al centro e solo il 13,5% al sud. Le donne straniere sono il 53,3% del totale, ma salgono al 56,6% nel Meridione. Quasi un quarto degli stranieri vive in Lombardia, il 23% in Veneto e in Emilia Romagna. E' proprio l'Emilia-Romagna a registrare l'incidenza pi elevata, con 104 stranieri ogni 1.000 censiti, seguita dall'Umbria (99,2), dalla Lombardia (97,6) e dal Veneto (94,2), mentre nel sud e nelle isole i valori dell'indicatore si riducono in misura consistente. Tra i grandi comuni, l'incidenza pi elevata si registra a Brescia, con 166,1 stranieri ogni 1.000 censiti. Per quanto riguarda l'et, il 46% degli stranieri residenti ha fra 25 e 44 anni, uno su quattro ha tra i 30 e i 39 anni. L'et media di 31,1 anni e la componente maschile risulta pi giovane (29,7 anni) di quella femminile (32,3 anni). Pi donne. Al 9 ottobre 2011, le donne risultano pi degli uomini: ogni 93,7 uomini ci sono 100 donne (in totale 28.745.507 uomini, 30.688.237 donne). A livello territoriale non si segnalano differenze significative, anche se nell'Italia centrale il rapporto di mascolinit scende al 92,3% (5.568.595 uomini, 6.032.080 donne), mentre nelle regioni del Sud, nelle Isole e nel Nord-Est si attesta rispettivamente a 94,3% (6.783.667 uomini, 7.193.764 donne), 94,1% (3.219.998 uomini, 3.422.268 donne) e 94,2% (5.551.923 uomini, 5.895.882 donne). Ultracentenari. In Lombardia c' il maggior numero di ultracentenari. Ma, per quanto riguarda le citt, il primato va a Roma e Palermo. Le persone di 100 anni e pi erano 6.313 nel 2001 (1.080 maschi e 5.233 femmine), mentre nel 2011 ne sono state censite 15.080, con una percentuale di donne pari

all'83,7% (12.620 unit); 15.060 hanno una et compresa tra i 100 e i 109 anni; in 11 hanno raggiunto i 110 anni, in sette i 111 e solo due donne (residenti una in provincia di Milano e una in provincia di Venezia) alla data del censimento avevano compiuto 112 anni. 2,6 milioni di abitanti a Roma, 30 a Pedesina. I cinque comuni pi grandi d'Italia sono Roma (2.617.175 residenti), Milano (1.242.123), Napoli (962.003), Torino (872.367) e Palermo (657.561). I comuni pi piccoli sono invece concentrati nel nord-ovest: Pedesina (30 residenti) e Menarola (46) in provincia di Sondrio, Morterone (34) in provincia di Lecco, Moncenisio (42) in provincia di Torino, e Briga Alta (48) in provincia di Cuneo. (19 dicembre 2012)

La Repubblica Per l'Ocse l'Italia crescer al rallentatore. Pil a +0,6% nel 2014, il debito troppo alto Nelle sue "prospettive economiche", l'Organizzazione parigina apprezza il successo del governo nel proseguire il "consolidamento" dei conti pubblici ma chiede nuove misure di aggiustamento per lo stock di debiti. Quest'anno recessione dell'1,9%, stime peggiori di Istat e Mef. "Rischi dalle banche" MILANO - Nonostante il successo del governo nel proseguire il consolidamento fiscale, il debito pubblico italiano sta continuando a salire in rapporto al Pil e, per garantirne un rapido declino, potrebbero essere necessarie nuove misure di aggiustamento. E' quanto sostiene l'Ocse nel suo "Economic Outlook". Secondo l'Organizzazione parigina, l'economia italiana, dopo una contrazione dell'1,9% nel 2013, cresca dello 0,6% nel 2014 e dell'1,4% nel 2015. Si tratta di stime peggiorative rispetto a quelle di Istat e Governo; la prima, infatti, prevede per il prossimo anno una crescita dello 0,7%. Dato gi criticato dal ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, che ritiene che - con il rimborso dei crediti della Pa e la piena realizzazione di alcune riforme di cui la Stabilit ha posto le basi - si possa agganciare una ripresa dell'1,1%. Restando invece alle previsioni dell'Ocse, va ricordato che nell'outlook di maggio si attendeva -1,8% quest'anno e +0,4% il prossimo. "Dal lato positivo", spiegano sul punto nell'Outlook dell'Ocse, "gli investimenti e, di conseguenza, il Pil potrebbero riprendersi in modo pi robusto del previsto, soprattutto se il piano di rimborso dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese riuscir a dare un impeto sostanziale all'economia, piuttosto che il modesto impatto incluso in queste previsioni". Nello specifico, gli economisti credono che la ripresa sar trainata dalle esportazioni che, rimaste invariate nel 2013, cresceranno del 3,6% nel 2014 e del 4,9% nel 2015, mentre la domanda interna, dopo essere calata del 2,6% nel 2013 ed essere rimasta invariata nel 2014, torner a crescere dell'1,1% nel 2015. "Per rafforzare l'ancor debole crescita sar essenziale mettere in pratica le recenti riforme. Ulteriori riduzioni nella tassazione sul lavoro dovrebbero far parte di una coerente riforma della tassazione complessiva", che in Italia tra le pi pesanti al mondo.

Conti pubblici. Oltre alle previsioni sul Pil, dall'Ocse sono arrivate quelli per i principali indicatori della salute delle finanze nazionali. Per quanto riguarda il deficit, da Parigi lo vedono al 3% Pil nel 2014, poi gi al 2,8% nel 2014 e al 2% nel 2015. Il debito, per il quale siamo stati bocciati da parte della Commissione Ue che chiede un ridimensionamento gi dal prossimo anno, dovrebbe invece salire al 133,2% del Prodotto nel 2014, poi in calo al 132,6% in 2015.

Rischio-banche e costo del credito. "La ripresa prevista", avverte l'Ocse "potrebbe essere compromessa se la salute del sistema bancario restringer il credito e interromper il normale ciclo degli investimenti". Il programma Omt della Bce, aggiunge l'Ocse, ha limitato con successo l'impatto della crisi ma "resteranno rischi finch non ci sar un evidente declino del debito in rapporto al Pil". In Italia, inoltre, il costo del credito resta elevato nonostante il calo della domanda di prestiti. "I prestiti bancari hanno continuato a calare, in parte per la ridotta domanda di credito", si legge nel documento, "ad ogni modo i tassi di interesse pagati da chi prende denaro in prestito restano notevolmente pi alti che in altri paesi dell'Eurozona, suggerendo che anche la disponibilit di prestiti sia limitata, il che restringe gli investimenti e probabilmente i consumi". Gi inflazione e investimenti. Secondo il report, i costi e le pressioni sui prezzi del Belpaese resteranno deboli, con un tasso di inflazione aromonizzato che scender dall'1,4% del 2013 all'1, 3% nel 2014 e all'1% nel 2015. L'elevata disoccupazione, prosegue l'Ocse, manterr modeste le pressioni sui salari ma "la bassa inflazione e una ripresa nelle ore di lavoro generer una crescita dei redditi e trainer i consumi privati". Le basse pressioni sui prezzi, aggiunge l'Ocse, "si sono riflesse sui prezzi delle esportazioni, con il risultato di una modesta crescita della competitivit". In Italia il volume degli investimenti fissi si ridotto di oltre un quarto dal 2008, riducendo il gi basso tasso di crescita potenziale dell'economia, e ha continuato a calare nel primo semestre del 2013. Gli investimenti, secondo l'organizzazione di Parigi, dovrebbero comunque tornare a crescere nel 2015, grazie alla crescita delle esportazioni e a un 'rimbalzo' tecnico successivo alle recenti flessioni. La ripresa globale, rallentano gli Emergenti. Nel 2014 e nel 2015 l'economia mondiale "si rafforzer gradualmente" ma "la ripresa rester modesta e guadagner slancio solo lentamente". Il Prodotto globale crescer del 2,7% nel 2013, del 3,6% nel 2014 e del 3,9% nel 2015 (+1,2% nel 2013, +2,3% nel 2014 e +2,7% nel 2015 per l'area Ocse). "Questa modesta accelerazione", spiega l'Organizzazione di Parigi, " dovuta alla trasmissione dei passati miglioramenti delle condizioni finanziarie, il continuo sostegno proveniente dalle politiche monetarie accomodanti e da un ridotto peso del consolidamento fiscale". "Ad ogni modo", prosegue il testo, "la disoccupazione rester ostinatamente alta in diversi Paesi Ocse". Il Pil dell'Eurozona stimato in calo dello 0,4% quest'anno, e in crescita rispettivamente dell'1% e dell'1,6% nei due anni successivi. Gli Usa sono previsti in crescita dell'1,7% nel 2013, del 2,9% nel 2014 e nel 3,4% nel 2015. Pil a +7,7% nel 2013, +8,2% nel 2014 e +7,5% nel 2015 le stime sulla Cina. Il peggioramento delle stime sensibile nei Paesi non Ocse: ora puntano a +4,8% quest'anno (da +5,5%) e a +5,3% nel 2014 (da

+6,2%) e per il 2015 la stima +5,4%. Pi in generale, si legge ancora nell'Outlook, "rimangono considerevoli rischi al ribasso di lungo periodo e sono emerse nuove fonti di preoccupazione", come, ad esempio, i positivi effetti dell'avvio del 'tapering' in Usa. Bce e rischio deflazione. L'attuale politica monetaria "accomodante" della Bce "appropriata, ammesso che non si intensifichino le pressioni deflazionistiche". Secondo l'Ocse, l'Eurotower dovrebbe "mantenere il principale tasso invariato almeno fino alla fine del 2015", ma allo stesso tempo "tenere in considerazione ulteriori misure" come i tassi negativi "se i rischi di deflazione si dovessero fare pi seri". L'organizzazione prevede un'inflazione all'1,4% nell'eurozona per il 2013, e un calo all'1,2% per 2014 e 2015. (19 novembre 2013) RIPRODUZIONE RISERVATA La Repubblica L'ecomafia non conosce crisi Il record di reati in Campania Presentato il Rapporto Legambiente. Nel 2010 le organizzazioni criminali hanno incassato 19,3 miliardi di euro. Fra i traffici pi vistosi i rifiuti, l'abusivismo edilizio, le frodi alimentari e i furti di opere d'arte. Campania sempre in testa alla classifica dellillegalit ambientale seguita da Calabria, Sicilia e Puglia. Ma crescono gli illeciti anche in Lombardia di MONICA RUBINO Le mani della criminalit organizzata sui rifiuti ROMA - Come un virus, con diverse modalit di trasmissione e una micidiale capacit di contagio. Avvelena lambiente, inquina leconomia, mette in pericolo la salute delle persone, uccide in maniera brutale. Pu nascere in provincia di Caserta o di Reggio Calabria, riprodursi a Milano, entrare in simbiosi con altre cellule a Berlino e Amsterdam, saldare il suo Dna con ceppi lontani, fino a Hong Kong. Nell'Italia che fa fatica a uscire dalla crisi c' un'organizzazione che gode di ottima salute. E' l'ecomafia, che non manca di liquidit perch nessuno si pu rifiutare di pagare. Non ha bilanci in sofferenza perch, se nel 2010 gli incassi sono stati di poco inferiori rispetto all'anno precedente (19,3 miliardi di euro contro i 20,5 del 2009), pur sempre in attivo. E' il ritratto che emerge da "Ecomafia 2011", il rapporto curato da Legambiente 1 per i tipi di Edizioni Ambiente e presentato oggi a Roma nella sede del Cnel. Nellanno delle celebrazioni dei 150 anni dellUnit dItalia, c un'altra strada che unisce il nostro Paese da un capo allaltro. quella della criminalit ambientale: un cammino fatto di 82.181 tir carichi di rifiuti, uno dietro laltro, lungo 1.117 chilometri, pi o meno da Reggio Calabria a Milano. Un'interminabile autocolonna immaginata sommando i quantitativi di 'monnezza' (2 milioni di tonnellate) sequestrati solo in 12 delle 29 inchieste per traffico illecito di rifiuti messe a segno dalle forze dellordine nel corso del 2010. Ben 540 campi da calcio, invece, possono rendere lidea del suolo consumato nel 2010 dalledilizia abusiva, con 26.500 nuovi immobili stimati. L'equivalente di un'intera

citt illegale, con 18.000 abitazioni sorte dal nulla. I numeri. Sono ben 290 i clan impegnati nel business dellecomafia censiti nel rapporto di Legambiente, 20 in pi rispetto al 2009; 19,3 miliardi di euro invece il giro daffari stimato per il 2010. Nel complesso, la Campania continua a occupare il primo posto nella classifica dellillegalit ambientale, con 3.849 illeciti, pari al 12,5% del totale nazionale, 4.053 persone denunciate, 60 arresti e 1.216 sequestri, seguita dalle altre regioni a tradizionale presenza mafiosa: nellordine Calabria, Sicilia e Puglia, dove si consuma circa il 45% dei reati ambientali denunciati dalle forze dell'ordine nel 2010. Un dato significativo ma in costante flessione rispetto agli anni precedenti, in virt della crescita, parallela, dei reati in altre aree geografiche. Si segnala, in particolare, quella Nord-Occidentale, che si attesta al 12% a causa del forte incremento degli illeciti accertati in Lombardia. In totale i reati accertati sono stati 30.824, con un incremento del 7,8% rispetto al 2009: pi di 84 al giorno, 3,5 ogni ora. Gli illeciti relativi al ciclo illegale di rifiuti (dalle discariche ai traffici illegali) e a quello del cemento (dalle cave allabusivismo edilizio) rappresentano da soli il 41% sul totale, seguiti dai reati contro la fauna, (19%), dagli incendi dolosi (16%), da quelli nella filiera agroalimentare (15%). Dietro questi numeri c limpegno di tutte le forze dellordine: Corpo forestale dello Stato, Comando tutela ambiente dei carabinieri, Capitanerie di porto, Guardia di finanza, Agenzia delle dogane e in particolare lufficio antifrode contro i traffici internazionali di rifiuti e di specie protette, Polizia di Stato e polizie provinciali. I rifiuti tossici. Il 2010 un anno da record per le inchieste sullunico delitto previsto dal Testo Unico Ambientale (art. 260 Dlgs 152/06), quelle contro i professionisti del traffico illecito di veleni: sono state ben 29, con 61 persone arrestate e 597 denunciate e il coinvolgimento di 76 aziende. Sempre nel corso del 2010, le forze dellordine hanno accertato circa 6.000 illeciti relativi al ciclo dei rifiuti (circa un reato ogni 90 minuti). La classifica a livello nazionale guidata, anche in questo caso, dalle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (nellordine Campania, Puglia, Calabria e Sicilia), ma cresce anche il numero di reati accertati nel Lazio e in Lombardia. Il fenomeno si ormai allargato a tutto il Paese, consolidandosi in strutture operative flessibili e modulari, in grado di muovere agevolmente tonnellate di veleni da un punto allaltro dello stivale. E spesso la destinazione finale all'estero. LAgenzia delle dogane ha inoltrato alle autorit competenti pi di 100 notizie di reato per traffico internazionale di rifiuti e ha sequestrato nei porti italiani ben 11.400 tonnellate di rifiuti industriali. Il 60% di questi diretti in Cina, il 12% in Corea del Sud, il 10% in India, il 4% in Malesia e cos via. Il ciclo del cemento. In campo edilizio, nel 2010 sono stati accertati 6.922 illeciti, con 9.290 persone denunciate, pi di una ogni ora. La Calabria la prima regione come numero dinfrazioni (945) seguita dalla Campania, dove si registra il maggior numero di persone denunciate (1.586), e dal Lazio. Secondo le stime del Cresme, nel 2010 sono stati 26.500 i casi gravi di abusivismo, tra nuove costruzioni (18.000), ampliamenti e cambiamenti di destinazioni duso. Lungo le coste della Calabria, regione con il 100% dei Comuni interessati da aree a rischio idrogeologico solcata da torrenti e fiumare, accertato un abuso ogni 100 metri, 5.210 in tutta la regione e 2.000 nella sola provincia di Reggio Calabria. Secondo dati del Cnr, anche la Campania dal 1950 al 2008 stata fra le regioni pi colpite da eventi franosi, che hanno causato 431 morti, e da inondazioni con 211 vittime. Ebbene, in un cos fragile territorio in dieci anni sono state realizzate 60.000 case abusive, 6.000 ogni anno, 16 al giorno.

L'agromafia. Anche le frodi alimentari sono state al centro dellintenso lavoro di tutte le forze dellordine, in particolare del Comando carabinieri per la tutela della salute e del Nucleo agroalimentare del Corpo forestale. Nel 2010 sono state 4.520 le infrazioni accertate nel settore, 2.557 le denunce e 47 gli arresti; mentre il valore dei sequestri ha raggiunto una cifra che supera i 756 milioni di euro. Il maggior numero di reati stato riscontrato nel settore delle carni e allevamenti (1.244), della ristorazione (1.095) e dei prodotti alimentari vari. Le strutture chiuse e sequestrate sono state 1.323 con il ritiro di quasi 24 milioni di chili/litri di merci. Secondo la Confederazione italiana agricoltori (Cia) il fatturato si aggira sui 7,5 miliardi di euro. Le archeomafie. Il business dellarte rubata ha incassato invece pi di 216 milioni di euro, con 983 furti di opere darte (lanno prima erano stati 1.093), quasi tre al giorno, accertati nellultimo anno per 20.320 oggetti trafugati (erano 13.219 nel 2009). Sono state indagate 1.237 persone e 52 sono state arrestate. Da segnalare anche i furti nel settore dei libri, documenti antichi e beni archivistici di rilevante interesse storico-culturale, a danno di istituti, enti e biblioteche pubbliche e private dove spesso gli ammanchi sono ignorati a causa dell'incompleta catalogazione e della estrema facilit di trasporto e parcellizzazione dei beni trafugati. Nel 2010 il numero di documenti e libri denunciati come sottratti stato nettamente superiore a quello registrato nel 2009 (11.712 a fronte di 3.713). Da sottolineare gli ottimi risultati investigativi in fatto di recupero di oggetti darte: nel 2010 la cifra sale a quota 84.869, dei quali 79.260 provenienti direttamente da furti. Il racket degli animali. Sempre nellultimo anno le forze dellordine hanno accertato 5.835 reati commessi contro la fauna, quasi 16 al giorno: un aumento del 13,2% rispetto al 2009 per un business che ogni anno si aggira intorno ai tre miliardi di euro ed sempre pi globalizzato. Secondo il Corpo forestale dello Stato, la stragrande maggioranza degli accertamenti, oltre 39.000, avvenuta in ambito doganale a causa dellespansione globale dei mercati orientali (a partire da quello cinese) con un volume daffari illegale che supera ormai, a livello mondiale, i 100 miliardi di euro allanno. I collusi. A concludere affari con lecomafia spesso un vero e proprio esercito di colletti bianchi e imprenditori collusi. Ampia disponibilit di denaro liquido da una parte, competenze professionali e societ di copertura dallaltra hanno trovato nel business ambientale una perfetta quadratura, come spiega nel dossier di Legambiente il magistrato Roberto Scarpinato, che parla proprio di "sistemi criminali", ossia network illegali complessi dei quali fanno parte soggetti appartenenti a mondi diversi: politici, imprenditori, professionisti, mafiosi tradizionali. E' in questo sistema che il virus si modifica, cambia strategia di diffusione, cerca di diventare invisibile agli anticorpi. "Per combattere le ecomafie - conclude il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - avevamo atteso con ansia il decreto col quale il governo avrebbe finalmente inserito i delitti ambientali nel codice penale. Purtroppo, a oggi, lo schema approvato rappresenta un'occasione mancata: nessuna possibilit di utilizzare le intercettazioni telefoniche e ambientali, niente rogatorie internazionali, tempi brevissimi di prescrizione. (07 giugno 2011) La Repubblica Corriere Della Sera

Scuola, nasce osservatorio contro la dispersione degli studenti stranieri. Accordo con l'Istat per lo scambio di dati sull'inclusione scolastica.

L'inclusione degli stranieri inizia nelle scuole. Ne consapevole il Comune di Napoli, gi promotore della cittadinanza simbolica ai figli degli immigrati nati e residenti in citt, che dar vita a un Osservatorio permanente sull'accesso alla scuola degli alunni di cittadinanza non italiana. L'Osservatorio nasce attraverso un accordo tra l'Assessorato alla Scuola e all'istruzione, l'Ufficio scolastico regionale della Campania e l'Istat, che proprio pochi giorni fa ha diffuso i dati del Censimento 2011 certificando l'aumento del numero degli stranieri in tutta Italia. L'accordo prevede la collaborazione e l'interscambio di dati finalizzati all'analisi e al monitoraggio degli studenti stranieri nel comune di Napoli. L'Osservatorio sar composto dai rappresentanti dei tre enti sottoscrittori e da docenti universitari che, a titolo gratuito, contribuiscono all'iniziativa. I dati saranno cos messi a sistema per realizzare percorsi di indagine quantitativa e qualitativa. "Napoli tra i pochissimi Comuni che, in relazione diretta con l'Istat nazionale, pu offrirsi come laboratorio di studio per l'inclusione dei bambini di cittadinanza non italiana", spiega l'assessore alla Scuola del Comune di Napoli Annamaria Palmieri. "I numeri ancora contenuti e quindi ben monitorabili, la possibilit di analizzare i disagi ma anche le opportunit didattiche, l'ascolto dei docenti e delle scuole direttamente impegnate nel contrasto alla dispersione, - aggiunge l'assessore - sono tutti elementi che rendono la ricerca innovativa. Essa vuole fornire strumenti conoscitivi e informazioni utili per garantire le pari opportunit di accesso degli alunni di cittadinanza non italiana, per valorizzare i loro percorsi formativi e per prevenire ogni forma di abbandono scolastico". Anche se tuttora gli stranieri che vivono stabilmente a Napoli sono una quota contenuta della popolazione del comune (circa il 3%), nettamente inferiore all'incidenza media nazionale e a quella registrata dai grandi comuni del centro-nord, nell'ultimo decennio il numero pi che triplicato oltrepassando ormai i 30mila residenti, di cui quasi 5mila minorenni (meno di 2mila al di sotto dei 6 anni). Gli alunni non italiani iscritti nelle scuole presenti sul territorio partenopeo sono quasi 3mila, con un impatto sul totale degli alunni inferiore al 2%. La percentuale pi elevata si registra nella primaria ed pari, nell'anno scolastico 2010-2011, all'1,84%. Va per segnalato come l'incidenza superi il 4% in alcuni quartieri del centro cittadino e nel quartiere di Scampia. Pi nel dettaglio ci sono 16 scuole dell'infanzia, 14 scuole primarie e 3 scuole secondarie in cui gli stranieri rappresentano pi del 10% degli alunni. L'inserimento scolastico degli alunni stanieri diventato cos anche a Napoli una questione importante

non solo per i numeri in crescita e per la notevole variabilit della presenza nei territori e nei singoli istituti scolastici, ma anche per il manifestarsi delle stesse criticit osservate nelle altre realt italiane. Non trascurabili sono infatti i segnali indiretti della dispersione scolastica, rilevante il ritardo nel percorso formativo, non di rado dovuto a un'iniziale inserimento in classi inferiori rispetto all'et anagrafica, pi elevati rispetto ai ragazzi italiani sembrano essere gli insuccessi scolastici e gli abbandoni. L'Osservatorio sull'inserimento scolastico degli alunni figli di immigrati dovr promuovere la conoscenza del fenomeno tra le istituzioni e supportare l'amministrazione nel promuovere iniziative atte a rimuovere gli ostacoli e a favorire il pieno inserimento dei ragazzi stranieri, per garantire loro condizioni effettive di parit di accesso e di riuscita. Si tratta di un accordo "molto importante", spiega il sindaco Luigi de Magistris che ne sottolinea l'utilit "perch va nella direzione dell'ampliamento e del consolidamento dei diritti costituzionali in particolare per i pi deboli come i bambini, e segue la delibera di Giunta e del Consiglio per la cittadinanza onoraria ai figli di immigrati. Tra mille difficolt dobbiamo dimostrare che la strada dei diritti e della legalit la strada predominante nella nostra citt e nel nostro Paese".

(23 dicembre 2012) RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere Della Sera LA RICERCA DI ORIENTAGIOVANI-CONFINDUSTRIA Solo 3 trentenni su cento hanno lavorato e studiato Lanalisi: senza vere politiche per lalternanza studio-lavoro la disoccupazione giovanile rischia di essere fuori controllo Studio e lavoro? Due mondi che non comunicano, almeno in Italia: i giovani tra i 15 e i 29 anni che affiancano a unesperienza di formazione unaltra di occupazione, sono unesigua fetta, il 3,7%. A differenza di quanto avviene nel resto dellEuropa (12,9%), e soprattutto in Paesi avanzati come la Germania (22,1%), o il Regno Unito (18,5%). Ed questo, a detta degli esperti, uno dei motivi per cui la disoccupazione giovanile nel nostro Paese drammaticamente in aumento: nel corso degli ultimi cinque anni, il numero di occupati tra i 15 e i 34 anni ha subito un calo del 16,3%, ben al di sopra della media europea, e ancor pi elevato nel Mezzogiorno (-18,1%). E quanto emerge dallelaborazione di Confindustria, che a Catania presenta la XX giornata nazionale Orientagiovani, la manifestazione che Confindustria dedica ogni anno allincontro tra imprenditori e studenti per dare a questi ultimi indicazioni formative utili allinserimento professionale. I DATI - Fuoriclasse!, questo il titolo evocativo delledizione di questanno: perch secondo lassociazione degli industriali, portando i ragazzi fuori dalle classi, dai banchi agli uffici e all e fabbriche secondo un modello tedesco di alternanza scuola- si pu cambiare uno scenario di crisi e

trasformarlo in una prospettiva di speranza. I Neet Sono la vera emergenza della societ attuale: i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano (disoccupati e inattivi) e che non frequentano alcun corso di formazione: i cosiddetti Neet, Not in Education, Employment or Training. In Italia sono due milioni e 250mila, e solo il 40% alla ricerca di un lavoro. Nel 2012 sono cresciuti del 4,4%, ma dal 2008 ad oggi laumento stato del 21,1%: in parole povere, 391mila giovani che hanno smesso di fare qualsiasi cosa per impiegare la propria vita in maniera costruttiva. Perch, oltre che poco propensi a lavorare fin dalladolescenza, i ragazzi italiani sembrano anche poco inclini a proseguire gli studi: nonostante i cicli formativi abbiano una durata pi ampia, i livelli di istruzione dei nostri giovani sono pi bassi. Solo il 21% dei 25-34enni italiani ha una laurea, contro il 34,1% dei coetanei europei. E ci manteniamo allultimo posto in Europa per quota di laureati sulla popolazione attiva: 18%, contro una media Ue del 30%. Se l80% dei 15enni coreani dice di voler proseguire gli studi, in Italia solo la met (il 41%) ha la stessa intenzione. LE OPPORTUNITA - Eppure il mondo del lavoro chiama, da pi fronti. Secondo lindagine Istat/Isfol sulle professioni 2013, anche le professioni pi tradizionali si stanno evolvendo, e richiedono competenze tecnologiche che solo i giovani diplomati possono avere. In base allultima indagine Excelsior Unioncamere, 120mila lavoratori sotto i trenta anni di et saranno assunti entro il 2013 proprio nei settori media, telecomunicazioni e servizi avanzati. Anche il mondo dellimprenditoria ha lacune che andrebbero colmate: dallinizio della recessione, dunque dal 2008, le cariche imprenditoriali giovanili sono diminuite del 18%, con oltre 82mila imprenditori in meno. Un vuoto che si sente soprattutto al Nord, dove incredibilmente (secondo un recente studio di Datagiovani) tra le province con tasso di imprenditorialit giovanile pi basso le ultime posizioni sono occupate da quattro venete (Vicenza, Treviso, Venezia e Belluno). COME INTERVENIRE? - Le startup innovative sono ancora poche in Italia rispetto a quanto avviene in Europa, ma sta crescendo lecosistema di spazi innovativi dove far crescere le proprie idee: in Italia ci sono attualmente come rileva lo studio Whos who di Italia Startup e la Scuola di management del Politecnico di Milano- 1227 startup, registrate nelle Camere di commercio, 113 startup hi-tech finanziate, 97 incubatori e acceleratori, 40 parchi scientifici e tecnologici, 65 spazi di coworking, 33 competizioni dedicate alle startup, 30 portali di crowfunding. Il 73% delle nuove imprese innovative si occupa di Information Technology, il 16% di energia e fonti rinnovabili, il 9% di Life Science. 14 novembre 2013

Corriere Della Sera Merci contraffatte e vendite illegali. A Roma ci sono 20 mila abusivi Al convegno sulla legalit, Giuseppe Roscioli attacca: questa piaga mette in crisi le aziende e gli imprenditori onesti. In Italia a rischio chiusura 43 mila negozi regolari ROMA - Labusivismo commerciale nella Capitale una piaga che mette a rischio lesistenza delle imprese regolari. Secondo Confcommercio ipotizzabile che a Roma ci sia 1 abusivo ogni 3 imprese regolari attive nel commercio di vicinato e su aree pubbliche: un vero e proprio esercito che va dai 20

mila ai 23 mila soggetti. Lo ha detto Giuseppe Roscioli, presidente di Confcommercio Roma, nel suo intervento al convegno Legalit mi piace. Una piaga, la contraffazione, che mette in crisi gli imprenditori onesti e che, come la vendita illegale, in continua crescita: aumenta perci il numero degli imprenditori romani (+17%) che vedono nella contraffazione la terza causa - dopo pressione fiscale e lungaggini burocratiche - della crisi della propria attivit. SOTTRATTI 17 MILIARDI LANNO - Una piaga nazionale che colpisce soprattutto le citt darte ma non solo quelle. Nel complesso sul territorio dellintera penisola le vendite illegalil e di merci contraffatte mettono a rischio chiusura 43 mila negozi regolari allanno, e potrebbero far sparire i posti di 79 mila lavoratori regolari. quanto emerge dai dati delle indagini di Istat e Censis per la Confcommercio presentate dal centro studi, secondo i quali lillegalit sottrae al settore del commercio, bar e ristorazione 17,2 miliardi di euro allanno. RADDOPPIATE LE BORSE FALSE - Lillegalit a Roma ha tante facce e tanti volti, ormai un virus diffuso, insidioso e altamente distruttivo che colpisce tutti i settori, solo pochi ne sono immuni, ha ammesso Roscioli. Nella sede di piazza Belli, in occasione della Giornata nazionale di mobilitazione contro la contraffazione e labusivismo indetta dalla Confcommercio nazionale, i soci di Confecommercio hanno discusso di regole e difesa della legalit. Raddoppiate le vendite di borse false. FENOMENO TRASVERSALE - sotto gli occhi di tutti che labusivismo commerciale e la contraffazione riguardano tutte le categorie merceologiche, in modo trasversale - ha sottolineato Roscioli -: dalle borse alla pelletteria, dagli occhiali ai prodotti audio-video e musicali, dalla biancheria allabbigliamento falsamente griffato, fino ai prodotti alimentari, ortofrutticoli e ai fiori. Da nostre elaborazioni effettuate nel mese di marzo sulla base di segnalazioni ricevute - ha continuato -, risulta che la contraffazione nel settore della pelletteria in costante crescita: dal 44% delle segnalazioni ricevute nel 2000 si passa all85% del 2013. Lo stesso vale per gli articoli audio musicali e per gli oggetti di antiquariato. ROSE AL RISTORANTE - In calo ma pur sempre con significative quote le contraffazioni nei settori utensileria, articoli per la casa, oggettistica e bigiotteria. Per la merceologia di fiori e piante va segnalato che oltre ai tradizionali carrettini e chioschi abusivi, appare in forte aumento la vendita abusiva in locali di ristoro e svago: un piccolo esercito di venditori abusivi tormenta con rose e altri oggetti i clienti delle tavole romane.

Corriere Della Sera IL BILANCIO Residenti al Nord e sotto i quarant'anni Esplode il numero degli italiani in fuga

Nel 2012 174mila persone si sono trasferite all'estero contro i 21mila immigrati registrati nel nostro Paese Pi partenze che arrivi, pi giovani (tanti) che abbandonano lItalia rispetto agli stranieri (sempre meno) che scelgono il Belpaese come terra promessa. Limmagine dei barconi in arrivo a Lampedusa, dei migranti aggrappati alle reti da pesca e linvocazione di papa Francesco perch venga abbattuto il muro dellindifferenza verso chi cerca disperatamente una nuova vita solo un volto del problema. IN USCITA - I numeri dicono invece che la bilancia migratoria italiana pende ormai decisamente dalla parte di chi se ne va. Sono dati e fonti ufficiali a fotografare una realt nuova, da molti avvertita ma non ancora fotografata in maniera cos nitida. La prima porta a cui bussare il ministero dellinterno italiano e in particolare il cosiddetto Aire, lalbo degli italiani residenti allestero. Le statistiche ministeriali dicono che negli ultimi due anni il numero dei nuovi iscritti allAire ha subito una netta impennata: 158mila nel 2011, ben 174mila nel 2012; let dei nuovi italiani con la valigia quella classica della fascia lavorativa, compresa dunque tra i 24 e i 45 anni. NORD SVUOTATO - E fin qui nulla di strano; pi sorprende il fatto che le regioni maggiormente tributarie del fenomeno non sono quelle del sud, quelle con i tassi di disoccupazione a doppia cifra bens quelle del Nord. Anche negli anni passati sempre esistita una pattuglia di italiani che hanno preferito accasarsi ai quattro angoli del pianeta. Ci che rende quel dato impietoso invece il confronto con gli arrivi di nuovi immigrati dallestero, il cui flusso, per anni mantenutosi nellordine di diverse centinaia di migliaia di unit lanno ora drasticamente crollato portando il saldo demografico in campo nettamente negativo. Secondo i dati dellIsmu, un centro studi che si occupa di analizzare i flussi migratori, nel 2011 (ultimo dato certo) gli extracomunitari che si sono stabiliti in Italia sono stati appena 21mila. Ma una cifra che ha bisogno di alcune precisazioni specifica Alessio Menonna, ricercatore dellIsmu - Le fonti ufficiali (permessi di soggiorno) parlano di 96mila ingressi extra Ue per motivi di lavoro (meno 65% rispetto al 2010), 141mila ingressi per ricongiungimenti familiari e 43mila per ragioni umanitarie (queste invece quadruplicate rispetto al 2010). Il surplus di presenze straniere di sole 27mila unit registrato nel 2011 si spiega in buona parte con i molti stranieri che sono ri-emigrati allestero, in patria o in un altro paese. SOTTO I QUARANT'ANNI - Meno stranieri in arrivo, pi italiani in fuga sono dunque due fenomeni da abbinare alla crescente crisi economica. Datagiovani, centro di ricerca attivo a Padova proprio sulle tematiche del lavoro under 40 ha messo in stretta relazione, cifre alla mano, i due fenomeni. In Lombardia e in Emilia Romagna la disoccupazione letteralmente esplosa (da 168mila a 346mila nel primo caso, da 65mila a 150mila nel secondo) e guarda caso aumentata di pari passo anche la percentuale di chi ha deciso di trasferirsi allestero (+22% in Lombardia, +19 in Emilia). Calcoliamo che il 60 65% di quanti scelgono una nuova patria racconta Michele Pasqualotto, di Datagiovani siano persone sotto i 40 anni e in possesso di una elevata qualifica professionale ma il fenomeno in generale pi complessivo. 11 luglio 2013 | 16:47 RIPRODUZIONE RISERVATA

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Una crisi che fatica ad essere superata LINTERVENTO Una crisi che fatica ad essere superata Il testo integrale del discorso di Papa Francesco in occasione della visita al Quirinale Signor Presidente! Con viva gratitudine ricambio oggi la cordiale visita che Ella ha voluto farmi lo scorso 8 giugno in Vaticano. La ringrazio per le cortesi espressioni di benvenuto con cui mi ha accolto, facendosi interprete dei sentimenti del Popolo italiano. Nella consuetudine istituzionale dei rapporti tra Italia e Santa Sede, questa mia visita conferma leccellente stato delle reciproche relazioni, e prima ancora intende esprimere un segno di amicizia. Infatti, gi in questi primi otto mesi del mio servizio petrino ho potuto sperimentare da parte Sua, Signor Presidente, tanti gesti di attenzione. Essi si aggiungono ai molti che Ella ha progressivamente manifestato, durante il Suo primo settennato, nei confronti del mio predecessore Benedetto XVI. A lui desidero rivolgere in questo momento il nostro pensiero e il nostro affetto, nel ricordo della sua visita al Quirinale, che in quelloccasione egli defin simbolica casa di tutti gli italiani (Discorso del 4 ottobre 2008). RendendoLe visita in questo luogo cos carico di simboli e di storia, vorrei idealmente bussare alla porta di ogni abitante di questo Paese, dove si trovano le radici della mia famiglia terrena, e offrire a tutti la parola risanatrice e sempre nuova del Vangelo. Ripensando ai momenti salienti nelle relazioni tra lo Stato italiano e la Santa Sede, vorrei ricordare linserimento nella Costituzione repubblicana dei Patti Lateranensi e lAccordo di revisione del Concordato. Di tale Accordo ricorrer tra poche settimane il trentesimo anniversario. Abbiamo qui il solido quadro di riferimento normativo per uno sviluppo sereno dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia, quadro che riflette e sostiene la quotidiana collaborazione al servizio della persona umana in vista del bene comune, nella distinzione dei rispettivi ruoli e ambiti dazione. Tante sono le questioni di fronte alle quali le nostre preoccupazioni sono comuni e le risposte possono essere convergenti. Il momento attuale segnato dalla crisi economica che fatica ad essere superata e che, tra gli effetti pi dolorosi, ha quello di una insufficiente disponibilit di lavoro. E necessario moltiplicare gli sforzi per alleviarne le conseguenze e per cogliere ed irrobustire ogni segno di ripresa. Il compito primario che spetta alla Chiesa quello di testimoniare la misericordia di Dio e di incoraggiare generose risposte di solidariet per aprire a un futuro di speranza; perch l dove cresce la speranza si moltiplicano anche le energie e limpegno per la costruzione di un ordine sociale e civile pi umano e pi giusto, ed emergono nuove potenzialit per uno sviluppo sostenibile e sano.

Sono impresse nella mia mente le prime visite pastorali che ho potuto compiere in Italia. A Lampedusa, anzitutto, dove ho incontrato da vicino la sofferenza di coloro che, a causa delle guerre o della miseria, si avviano verso lemigrazione in condizioni spesso disperate; e dove ho visto lencomiabile testimonianza di solidariet di tanti che si prodigano nellopera di accoglienza. Ricordo poi la visita a Cagliari, per pregare davanti alla adonna di Bonaria; e quella ad Assisi, per venerare il Santo che dellItalia patrono e di cui ho preso il nome. Anche in questi luoghi ho toccato con mano le ferite che affliggono oggi tanta gente. Al centro delle speranze e delle difficolta sociali, c la famiglia. Con rinnovata convinzione, la Chiesa, continua a promuovere limpegno di tutti, singoli ed istituzioni, per il sostegno alla famiglia, che il luogo primario in cui si forma e cresce lessere umano, in cui si apprendono i valori e gli esempi che li rendono credibili. La famiglia ha bisogno della stabilit e riconoscibilit dei legami reciproci, per dispiegare pienamente il suo insostituibile compito e realizzare la sua missio ne. entre mette a disposizione della societ le sue energie, essa chiede di essere apprezzata, valorizzata e tutelata. Signor Presidente, in questa circostanza mi e caro formulare lauspicio, sostenuto dalla preghiera, che lItalia, attingendo dal suo ricco patrimonio di valori civili e spirituali, sappia nuovamente trovare la creativit e la concordia necessarie al suo armonioso sviluppo, a promuovere il bene comune e la dignit di ogni persona, e ad offrire nel consesso internazionale il suo contributo per la pace e la giustizia. i particolarmente gradito infine associarmi alla stima e allaffetto che il Popolo italiano - e anche io - nutre per la Sua persona e rinnovarLe i miei auguri pi cordiali per lassolvimento dei doveri propri della Sua altissima carica. Iddio protegga lItalia e tutti i suoi abitanti. 14 novembre 2013 RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere della Sera SCUOLA&FINANZA Paghetta, tassi e tasse: leconomia entra in classe In Italia il tasso pi basso di educazione finanziaria. Progetti, portali convegni per insegnare ai ragazzi le regole elementariPinocchio avrebbe potuto non mandare in fumo, sotterrandoli come gli suggerivano il Gatto e la Volpe, i suoi zecchini doro. Se qualcuno si fosse premurato di spiegargli limportanza del denaro e la sua corretta gestione, forse la favola avrebbe preso una piega diversa. Ma sono tanti i piccoli Pinocchio, alloscuro delle pi elementari regole economiche: lavoro e guadagno, entrate e uscite, gestione della paghetta, bilancio familiare, tasse. Tra famiglie non abbastanza preparate e scuole non abbastanza

interessate, poi, parole come recessione, spread, ripresa e spending review, rischiano di rimanere solo suoni che mettono paura. ANALFABETI - Se il livello di educazione finanziaria degli italiani risulta tra i pi bassi dei Paesi sviluppati (lultima edizione del World Competitiveness Index vede lItalia al 44esimo posto in materia di diffusione delleducazione finanziaria e ultimo tra i Paesi del G8), la colpa anche della scuola, dove leconomia e la finanza non trovano spazio, se non nei programmi degli istituti tecnici e commerciali. Succede cos che ci siano bimbi delle elementari che si chiedono perch mamma e pap tirano fuori denaro dai muri col bancomat; o ragazzini delle medie che pensano che le azioni vengano scambiate in banca (il 21% dei 37mila intervistati nel corso di unindagine condotta in 450 istituti, di cui d conto la rivista Tuttoscuola); che ogni citt abbia una sua Borsa Valori (18%); oppure non sappiano cos il tasso dinteresse (14%). E, alle superiori, i fratelli maggiori hanno magari un conto corrente, ma non sanno leggere correttamente il proprio estratto conto, dice unindagine Doxa del 2011; mentre il 50% tra i 18 e i 29 anni non ha idea di cosa sia unobbligazione e l83% non saprebbe orientarsi nel risparmio gestito. Da l in avanti, la situazione non migliora di molto: in Italia il livello medio di cultura economico finanziaria - secondo una scala da 1 a 10 messa a punto dal gruppo di lavoro The European House-Ambrosetti - pari a 3,5 punti contro i 5,18 della Germania, i 4,68 del Regno unito e i 3,87 della Francia. IN CATTEDRA - Una diversa base di conoscenza, avrebbe aiutato a destreggiarsi meglio nella crisi? Difficile stabilirlo. a lanalfabetismo nella materia tanto diffuso da aver spinto lOcse a inserire nel test Pisa un modulo sulla conoscenza finanziaria come uno degli strumenti per capire il mondo. In Italia, tra i propositi del ministro Francesco Profumo, nella passata legislatura, cera quello di rendere leducazione finanziaria una materia curricolare di insegnamento, a tutti i livelli, a partire dalla scuola primaria. E con la firma di un protocollo con la Fondazione Rosselli era partita la messa a punto di un modello didattico e la programmazione di corsi di formazione per i docenti che avrebbero dovuto introdurre la nuova disciplina in classe. In assenza di un progetto unitario, intanto, proseguono, con qualche novit, le tante iniziative avviate negli ultimi anni: poco strutturate, non sinergiche. Quindi, alla fine, spesso inefficaci. ECONOMIA IN AULA - A salire in cattedra per parlare di finanza sono - secondo la Fondazione Rosselli - in primo luogo le banche (68%) e in minima parte le fondazioni bancarie e le authority. A livello locale intervengono enti privati, banche individuali, Casse di Risparmio, Poste Italiane. Tra le iniziative di pi ampio respiro vanno segnalate quelle del consorzio PattiChiari dellAbi, che dal 2003 ha avviato un progetto per la diffusione della cultura economica nel Paese, attraverso un lavoro di mediazione culturale e programmi per avvicinare le diverse fasce della popolazione (bambini, studenti, genitori, insegnanti) alle competenze di base delleconomia che hanno coinvolto - tra scuole primarie e secondarie in 79 province - 130mila alunni. Il consorzio ha sviluppato negli ultimi anni diversi moduli. I pi recenti che vanno sotto il titolo di LImpronta Economica (per le fasce det kids, junior e teens) sono realizzati in collaborazione col MIUR nellambito del Protocollo dIntesa tra Consorzio e Ministero. Sul portale EconomiAScuola sono raccolte esperienze, appuntamenti, materiali. CONCORSI E LEZIONI - Diversi i progetti e i concorsi che vedono coinvolto il Miur. Ultimo siglato, il protocollo con ilministero delle Finanze, dedicato alle Regioni di convergenza Campania, Calabria, Puglia, Sicilia - che chiede agli studenti di riflettere sullimportanza delle imposte locali. Da due anni attivo un progetto con la Guardia di Finanza, che con la formula del concorso ha

raccolto 4mila elaborati dei ragazzi in tema di legalit economica. Con lAgenzia delle Entrate, il Miur ha organizzato, dal 2004, anno di partenza, circa 13mila iniziative: incontri e seminari di formazione, per sviluppare nei giovani la cultura della legalit fiscale e della partecipazione dei cittadini. Il messaggio diffuso dal progetto Fisco e scuola che pagare le tasse bello; nel 2012 dicono al ministero sono stati 1.657 gli eventi su tutto il territorio, mentre per questanno sono previste 1.400 attivit rivolte agli studenti delle scuole primarie e secondarie di tutta Italia. Anche qui un portale Entrate in classe raccoglie materiali didattici ed esperienze. Da cinque anni poi, la Banca dItalia prevede programmi di formazione degli insegnanti, cicli di lezione in classe, batterie di test. Nelle aule si parla di moneta e strumenti di pagamento, stabilit dei prezzi, sistema finanziario. E da questanno anche di tematiche assicurative. Il progetto, partito con 32 classi nella prima edizione (2008/2009) arrivato nel 2011 a coinvolgere 774 classi e oltre 15mila studenti. Il Miur si occupa della comunicazione agli uffici scolastici, del monitoraggio, partecipa alla commissioni che valutano gli elaborati e assegnano i premi. DAGLI USA ALLA MALESIA - Leconomia finanziaria, dicono gli esperti, potrebbe essere inserita stabilmente nei programmi di matematica, ma anche nelleducazione civica. In Gran Bretagna, i lobbysti di Westmintster sono riusciti a far inserire la finanza tra le materie del curriculum nazionale, a partire dal settembre 2014. Le banche - le stesse responsabili nellultimo decennio, della vendita di titoli tossici e prodotti finanziari non proprio etici - potranno entrare negli istituti primari e secondari con i propri brand e loghi commerciali e mandare degli esperti che saranno equiparati agli insegnanti. Istituti di credito come Lloyds o Barclays hanno gi tenuto, per anni, programmi di gestione diel risparmio, ma per la prima volta la pratica viene istituzionalizzata. Anche in Malesia - dove gi dallanno in corso partito un progetto pilota per sviluppare un atteggiamento responsabile nella gestione delle finanze e per affinare labilit di prendere decisioni e trovare soluzioni in materia finanziaria - ha detto il governatore della Banca Centrale - leducazione finanziaria diventer dal prossimo anno parte integrante delle materie curricolari nelle scuole secondarie di tutto il Paese. Il programma tratter di gestione e programmazione finanziaria, risparmio, investimenti, gestione del credito e del debito, assicurazioni. E negli Stati Uniti, lo scorso dicembre, il ministro del Tesoro e quello dellEducazione hanno lanciato progetti di educazione finanziaria nelle scuole. In parallelo, si sono sviluppate innumerevoli iniziative di societ private che propongono pacchetti di lezioni e siti web per raccogliere materiale didattico e lavori degli studenti. E non tutto: anche la Commissione europea ha realizzato alcune iniziative volte a promuovere la materia. 09 novembre 2013 (modifica il 09 novembre 2013) RIPRODUZIONE RISERVATA

IL RAPPORTO Diritti umani, tutto quello che l'Italia non fa. Un Paese bocciato dal Consiglio dell'Onu Non sono stati attuati neanche in parte pi della met dei punti messi in evidenza dall'organismo delle Nazioni Unite, cio le raccomandazioni su temi come Convenzione internazionale contro la tortura, con la conseguente mancanza di un organismo indipendente che ispezioni i luoghi di detenzione, chiamati "centri di accoglienza"

di GIAMPAOLO CADALANU ROMA - Diritti dei migranti, dei rifugiati politici, delle minoranze: in tutto questo una delle potenze industriali dell'Occidente in forte ritardo ed ha fatto finire nel nulla persino le raccomandazioni delle Nazioni unite. E' il giudizio severo che le Organizzazioni non governative hanno stilato sull'Italia, nel Rapporto di monitoraggio a un anno dalle raccomandazioni del Consiglio dell'Onu per i diritti umani. Raccolte nel Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani, una rete di 81 associazioni e Ong ha rilevato punto per punto le mancanze del nostro Paese. Inadempienza totale. L'Italia "non ha attuato neanche in parte" pi della met dei punti messi in evidenza dall'organismo dell'Onu, cio le raccomandazioni sui temi pi scottanti. Basti pensare alla mancata ratifica ai protocolli della Convenzione internazionale contro la tortura, con la conseguente mancanza di un organismo indipendente che ispezioni i luoghi di detenzione, compresi quelli che con una bella dose di ipocrisia si chiamano "centri di accoglienza" per migranti e richiedenti asilo. Non difficile notare che le raccomandazioni ignorate riguardano argomenti al centro della dialettica politica, gli stessi temi "scottanti" che gli attivisti sui diritti umani sottolineano in ogni documento. Aumenta la repressione. E nel rapporto si entra senza esitazioni nel dettaglio: viene fuori che "nei confronti degli immigrati sono stati accentuati gli strumenti di repressione", che il Testo Unico sull'immigrazione rende "pi vulnerabile e precaria la fruizione dei diritti fondamentali dei cittadini immigrati", e via di questo passo. Non solo mancano gli strumenti per l'educazione al multiculturalismo e alla tolleranza, ma si arriva al punto che i nomadi Rom e la loro lingua non sono neppure inseriti nella legge di tutela delle minoranze. C' ancora molto da fare per i deboli. Bisogna ancora avviare l'insegnamento dei diritti umani nelle scuole, nelle ore di Cittadinanza e Costituzione, bisogna ancora trovare strumenti per superare le discriminazioni di genere sul lavoro, bisogna rendere la vita pi accettabile per persone con scelte sessuali non convenzionali, bisogna tutelare attivamente i diritti dell'infanzia e rendere vivibili carceri e campi di raccolta. Insomma, c' ancora molto da fare per i pi deboli. Ma per ora il bilancio negativo, senza appello. E' vero che "il governo ha quattro anni di tempo per attuare le raccomandazioni", come ha ricordato Carola Carazzone, portavoce del Comitato, "ma dopo un anno il governo non ha ancora tradotto ufficialmente le raccomandazioni dell'Onu". Un organismo indipendente. Gli attivisti chiedono l'istituzione di un organismo indipendente per i diritti umani, in grado di elaborare "un rapporto a medio termine sull'attuazione delle raccomandazioni". Il Rapporto di monitoraggio delle Ong diventer un appuntamento annuale. In altri termini, una promessa. Le Ong non permetteranno al governo di dimenticare gli impegni presi, tanto pi quando questi impegni sono sui diritti delle persone. La Repubblica 10 Giugno 2011.

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