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Relazione di Fiorella De Mi
a c La philosophia Christi di Erasmo di Rotterdam
Nel '500 si collocano due pensatori che propongono una nuova concezione teologica
del rapporto tra uomo e Dio, Erasmo e Lutero.La philosophia Christi erasmiana
rappresenta la necessità di una riforma che coinvolgerà, con l'Umanesimo, l'intero
mondo intellettuale
Introduzione
Erasmo molte volte è un autore su cui si compie un abuso. Si dice
infatti che sia il simbolo dell'Europa, il che è vero perché, sia pur
molto legato al suo paese d'origine, i Paesi bassi, dove nacque nel
1469, la sua vita ha attraversato l'Inghilterra, la Francia, i Paesi
Bassi, la Germania, l'Italia, per concludersi a Basilea e poi a
Friburgo...veramente un civis europeo come pochi.
La troppa notorietà offusca un po' la ricchezza, come pure
l'autenticità del suo pensiero. Parlare di Erasmo nel rapporto
filosofia e cristianesimo significa parlare di Erasmo nel senso più
appropriato.
Erasmo non riconobbe sé stesso né la qualità del filosofo e
nemmeno quella del teologo. Se Erasmo dà di sé una
definizione la dà come di orator, di retore. Citiamo una lettera
che scrisse a uno dei suoi tanti corrispondenti (l'epistolario di
Erasmo occupa dieci cospicui volumi ed è di un interesse
straordinario per conoscere l'uomo e l'epoca soprattutto):"Erasmo
non insegnò nulla se non eloquenza". Questa è la definizione
che lui dà di se stesso,definizione di grande importanza perché
mette al centro del suo interesse di grande umanista, di grande
retore e di grande letterato, la parola come sermo piuttosto che
come verbum. Ciò provoca una grande polemica che coinvolge
Erasmo con i teologi e i cattolici riformati attorno alla traduzione del
primo versetto del Vangelo di Giovanni: "Nel principio v'era la
parola". Quel logos Erasmo lo traduce sermo anziché verbum
facendo una scelta da retore, da studioso dell'eloquentia, dove la
parola è strumento di comunicazione. Quindi Erasmo non è un
filosofo, non è un teologo; Erasmo parla di se stesso come cultore
dell'eloquenza, un orator, un retor, un cultore della parola. Se c'è
un concetto o una nozione che si coglie dagli infiniti passaggi
dall'opera di Erasmo che può aiutare a dare un senso di unità alla
sua opera è la nozione di filosofia del Cristo, che merita di
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essere indagata, perché meglio di altre dà conto della sua
produzione intellettuale. Inoltre, approfondendo i testi di Erasmo,
cercando di farli parlare, la nozione di philosophia Christi è
straordinariamente feconda per cogliere le relazioni che l'opera di
Erasmo intrattiene con gli altri movimenti, con gli altri apporti
culturali dell'epoca. Ed è tale anche per capire il senso e il nodo
dei rapporti tra Umanesimo, di cui Erasmo era campione
indiscusso dell'Europa dei primi decenni del '500, e Riforma.
La Riforma protestante prende il via dall'atto simbolico della
affissione delle novantacinque tesi sulla porta del Duomo del
castello di Wittemberg da parte di Lutero. Verrà poi ricordata la
polemica del 1525 tra Erasmo e Lutero sul tema della libertà e della
servitù dell'arbitrio, questa però non deve far dimenticare anche i
tanti elementi di consenso, di connessione, di convergenza che
esistono tra Umanesimo e Riforma.
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storia del pensiero moderno. Delio Cantimori stabilì, in una
relazione al Congresso Relazionale di Scienze Storiche nel
1955, di periodizzare il Rinascimento all'insegna di una
continuità di quella tradizione umanistica che meglio si può
simboleggiare nel nome di Erasmo. Si tratta di
un'interpretazione storiografica corretta che consente di
vedere la philosophia Christi nel contesto del Rinascimento,
cioè di cogliere un nodo importante dell'intreccio tra
Umanesimo e Riforma.iversalità della filosofia del
C2222risto
Un secondo aspetto essenziale, sottolineato dai maggiori
interpreti, è il carattere prevalentemente etico della
filosofia del Cristo, tale per cui l'adesione ad essa si
traduce in una conversione alla pratica della carità, in
un rinnovamento profondo dell'anima che fa di
ciascuno, individualmente, il testimone della verità così da
porre tale filosofia a fondamento di una pietà laica. Il testo
più importante di tutti dal punto di vista della philosophia
Christi è l'introduzione che Erasmo scrive alla edizione
greco-latina del Nuovo Testamento che lui pubblica con
il suo editore prediletto (il grande basilese Johann Froben),
nel 1516. Questa edizione emenda in molti punti la vulgata,
la traduzione di Gerolamo, e in particolare Giovanni 1,1. Il
versetto dice: "Nel principio era il logos" che Erasmo
traduce sermo e inevitabilmente scoppiano polemiche.
Erasmo teneva particolarmente alla nuova edizione del
Nuovo Testamento, e Lutero traduce il Nuovo Testamento
nell'edizione di Erasmo. Erasmo premette un testo di poche
pagine, ma assolutamente fondamentale, la nozione di
filosofia del Cristo, che lui intitola "Paraclesis", cioè
esortazione dello studio della philosophia Christi.
Scrive, definendo la philosophia Christi: " Questo genere
di filosofia risiede più autenticamente nei sentimenti
che nei sillogismi, è vita più che disputa, ispirazione
piuttosto che erudizione, trasformazione più che
ragionamento, che è altro è la filosofia di Cristo che egli
stesso chiama rinascita, se non il rinnovamento di una
natura che era stata creata buona?". In un testo che fa da
corona all'edizione del Nuovo Testamento "Il metodo e la
teologia", ribadisce questo concetto e scrive, rivolgendosi
all'aspirante teologo: "Questo sia il tuo primo e unico scopo,
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questo è il tuo voto, questo solo devi fare, essere cambiato,
rapito, ispirato, trasformarti in quello che impari, perché il
teologo, la sua credenza deve preferire esprimendola con la
vita, piuttosto che con i sillogismi, la filosofia deve propria
questo carattere pratico, la sua universalità, il suo essere
accessibile a tutti, a prescindere da qualsiasi differenza
individuale (...), l'essere dotti, è riservato a pochi,
mentre a nessuno, è negato di essere cristiano, di
avere fede, di essere pio, e oserei persino i dire che a
nessuno è negato di essere teologo, perché la
philosophia Christi si adatta a tutti allo stesso modo,
si adatta al livello dei fanciulli, si adegua alle loro esigenze,
portandoli in braccio, riscaldandoli, sorreggendoli,
facendogli tutto perché crescano in cristo, piccola con i
piccoli, grandissima con in più grandi, essa non fa nessuna
distinzione di età,, sesso, ricchezza, condizione. È
etica e universale al tempo stesso attraverso la conversione
a Cristo si restaura la natura originariamente buona
dell'uomo", si ritorna, come dice la ratio teologica, alla
giustizia naturale, e grazie alla vittoria sul peccato, si è in
grado di apprezzare "quanto grande sia la dignità
dell'uomo" (come quella di Pico della Mirandola, tipicamente
umanista). E ancora ricordiamo come l'universalità
dell'insegnamento etico della philosophia Christi "la sua
potenza pacificatrice di tutti i dissensi che si esplica nella
dignità dell'uomo, annulla ogni distanza temporale,
abbraccia in un'unica sapienza e in un coerente
atteggiamento di aspirazione alla verità e al bene,
uomini di ogni tempo e cultura, gli antichi profeti e i
filosofi pagani, Socrate, Virgilio e Orazio" sentiti come
compagni del cristiano, che ieri come oggi, persegue
il proprio rinnovamento interiore nell'adesione al
messaggio evangelico.
2) Citiamo i "Colloquia", un'opera che Erasmo concepisce
come testo di educazione per insegnare il latino ai bambini.
Il primo colloquio avviene tra un soldato e un certosino:
"<<Poi se chiami solitudine fuggire la folla non è una nostra
caratteristica, ma degli antichi profeti( è il certosino che sta
3) parlando) e anche dei filosofi pagani ed è stata sempre cura
di qualsiasi persona saggia>>". E poi un'altra citazione dal
convivium religiosum, lungo colloquio del banchetto
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religioso che tanti amavano in quanto amanti della buona
tavola e della buona natura come Erasmo "<<Quando leggo
cose di questo tipo (Esortazione alla saggezza) di tali
uomini, i poeti della classicità, mi trattengo appena dal dire
santo Socrate prega per noi, e l'altro dice : “E io spesso
cedo alla tentazione di pregare per le sante anime di Virgilio
e di Orazio" Questo intendere la saggezza e la filosofia ha
una sua origine, cioè l'intendere la saggezza e la filosofia del
Cristo come una saggezza universale, all'interno della quale
si ritrova una cultura pagana.
Cercando di stabilire un ponte tra umanesimo e riforma,
insistiamo su questo aspetto dell'etica della philosophia
Christi. Per questo carattere pratico che la fa essere vita più
che disputa, essa si appropria del carattere
squisitamente umanistico dell'uomo, il quale esprime la
sua condizione di rinnovamento interiore prodotto con
l'incontro della parola evangelica e la pienezza così
riconquistata della sua natura nell'operare per il bene, per la
pace,per la tolleranza reciproca. Qui ha le sue origini quella
concezione del cristianesimo liberale, latitudinario che da
Castiglione a Locke attraversa il pensiero moderno
orientando battaglie religiose, politiche, filosofiche che
ancora una volta possiamo collocare sotto l'insegna di
Erasmo e che perpetuano nei secoli la vitalità della
tradizione umanistica. Anche l'universalità del messaggio
etico della philosophia Christi, e dell'affermazione attraverso
di essa della dignità dell'uomo, si rafforza nell'incontro con
una delle istanze più profonde della riforma protestante, che
traduce nella dottrina del sacerdozio universale l'esigenza
affermata da Erasmo che a fronte della philosophia Christi
non si faccia distinzione di età, sesso ricchezza, condizione.
Non è un caso che la tradizione del cristianesimo liberale sia
radicata essenzialmente nell'Europa riformata, dall'Olanda
all'Inghilterra.
3) La reinterpretazione erasmiana dei classici
E' utile analizzare un terzo punto. Si è infatti prima notato
che il carattere eminentemente etico della philosophia
Christi le conferisce una universalità tale da annullare ogni
distanza temporale e abbracciare in un'unica sapienza
uomini di ogni tempo e cultura. In questo aspetto risiede
uno dei tratti più caratteristici dell'umanesimo erasmiano,
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che fa della philosophia Christi nuova sintesi tra il
Vangelo e la filosofia classica. Si può anzi dire che il
concetto di philosophia Christi elaborato da Erasmo, proprio
a partire dalla sua passione per le lettere classiche, sia uno
strumento essenziale della battaglia intrapresa sin dagli
anni giovanili per il rinnovamento dei costumi e
dell'istruzione. L'Erasmo degli "Antibarbari" è molto
giovane; compone quest'opera tra il 1499 e il 1500, gli
ultimi anni del suo soggiorno nel paese natale, prima di
intraprendere viaggi a Parigi, Londra...I barbari sono
anche i monaci del convento in cui malvolentieri si
trovava a stare, e sono coloro che no coltivano le
lettere classiche e sono i nemici della rinascita
umanistica, gli scolastici. Citiamo questo testo quando
parla del rapporto tra letteratura classica e verità cristiana:
"Tutte le azioni valorose, le affermazioni acute, brillanti
intuizioni e diligenti esposizioni pagani, sono stati opera di
Cristo in funzione del cristianesimo: Cristo donò loro le
qualità dell'ingegno, lui alimentò la loro passione per lo
studio e se scoprivano una verità era grazie a Cristo che ci
riuscivano. Cristo perciò, ottimo governatore del mondo,
assegnò all'epoca storica che da lui prende nome, un
compito specifico, la cognizione del Sommo Bene, alle
epoche precedenti volle destinare quel che più si
avvicina a questo, la perfetta cultura ; infatti la scienza
è il massimo bene che l'uomo possa raggiungere con le sue
proprie forze". Ma c'è una continuità provvidenziale tra la
cultura classica e il cristianesimo e la filosofia di Cristo.
Questo tema attraversa tutta l'opera di Erasmo, cioè quello
della continuità tra cultura classica e quella cristiana, la
volontà di non trovare cesura, ma una volontà di profonda
saggezza che è quella dell'etica, del ben fare. È ciò che
spinge il devoto cristiano a dire "Santo Socrate prega per
noi" e che induce Erasmo ne "L'Epicureo" a identificare
con epicurea lo figura del Cristo: "Se sono epicurei quelli
che vivono secondo il piacere, nessuno è più
autenticamente epicureo di quelli che vivono santamente e
piamente e se vogliamo preoccuparci dei nomi, nessuno
merita più il nome di Epicureo, dell'iniziatore della filosofia
Cristiana che adoriamo". Nella "Paraclesis", il testo di
esortazione alla philosophia Christi scrive: "Che altro è la
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filosofia del Cristo se non il rinnovamento di una natura che
era stata creata buona? Per questo è possibile trovare nei
libri dei pagani moltissime cose che concordano con
la sua dottrina, quantunque nessuno le abbia insegnate in
maniera più completa ed efficace di Cristo". In questa
continuità che lega la sapienza pagana a quella cristiana in
un'universalità di sapienza è fortissima la polemica
antiscolastica. Il richiamo al Testo Sacro e a una saggezza
propria della natura dell'uomo, che lo conduce alla polemica
antiscolastica, è un punto di convergenza tattica con la
Riforma, molto valorizzata soprattutto nei primi anni della
diffusione della Riforma: la polemica contro tomisti, sofisti,
cavillatori.
Il momento più tragico del rapporto tra Erasmo e
Lutero, che inizia civilmente, viene alla rottura nel
1524, con la pubblicazione del "De libero arbitrio" di
Erasmo contro Lutero, che scrive mal volentieri in quanto
non sa resistere alle sollecitazioni delle istituzioni, dal re
d'Inghilterra al Papa. Ma proprio in quegli anni Lutero scrive
ad Erasmo una lettera drammatica per convincerlo a non
fare tale passo, a non scendere in campo; però in questa
lettera gli riconosce un merito assolutamente
incontrovertibile: "Il mondo intero non può negare questo
fatto, le lettere fioriscono e regnano per merito tuo, perché
tu hai il dono magnifico ed egregio di coltivare le lettere
attraverso le quali si giunge ad una lettura fedele e sincera
della Bibbia". Questo è il merito che Lutero riconosce ad
Erasmo.
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delle tesi di Lutero. In questa sede, parlando dell'eccellenza
della Sacra Scrittura, Erasmo così si esprime: "Io dissento
con forza da coloro che non vogliono che i testi sacri siano
letti dagli incolti, o siano tradotti in lingua volgare, come se
Cristo avesse insegnato delle cose tante oscure da poter
essere a stento capite da un ristretto numero di teologi, e
come se il non essere capita costituisse un baluardo per la
religione cristiana; forse conviene tenere celati i misteri
sovrani, ma Cristo vuole che i suoi misteri siano
divulgati il più possibile. Io vorrei che ogni donnetta
leggesse il Vangelo e le lettere di San Paolo, e volesse il
cielo che queste lettere fossero tradotte in tutte le
lingue, in modo da essere conosciute non solo da
scozzesi, irlandesi, nordici,…, ma anche da turchi e
saraceni, volesse il cielo che il contadino ne reciti alcuni
brani spingendo il suo aratro, che il tessitore li canti al ritmo
delle sue spole, che il viandante renda più lieve per mezzo
loro la fatica del suo cammino". Le discussioni con Lutero
successive con il tema della caritas scripture, possono
riformare alquanto la portata di queste affermazioni
entusiastiche, ma non ne sminuiscono l'importanza e anche
la convergenza con il principio riformatore della scrittura del
libero esame. Erasmo afferma che bisogna lavorare
principalmente sulla scrittura, lo scopo principale dei teologi
è quello di esporre in maniera corretta le Sacre Scritture. La
philosophia Christi, sì è legata alla sapienza pagana e
universale, però è una teologia fondata sulla scrittura, è una
teologia biblica.
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"L'Inchiridium…", in cui Cristo è definito l'autore della
sapienza, la sapienza stessa assunta come tale a modello
per la vita degli uomini. Nella "Paraclesis" Cristo afferma:"In
verità soltanto questi è il dottore venuto dal cielo, lui solo
può insegnare cose certe, essendo eterna la sua sapienza,
lui solo unico auctor, garante della salvezza umana, insegna
cose salutari, lui solo ha adempiuto in maniera assoluta
tutto quello che ha insegnato, lui solo può dimostrare tutto
quello che ha promesso"."Ratio verae theologiae", il
manuale per la formazione dei teologi, ha come scopo
quello di formare il doctor, degno di quel primo doctor che è
Cristo, e trova nella figura del Cristo il suo centro; Cristo è
esaltato quale princeps della filosofia. L'immagine di
Cristo che Erasmo costruisce per la sua filosofia del Cristo, è
essenzialmente quella del maestro, del doctor, che è in
possesso di una sapienza universale che accomuna
pagani e cristiani in un'unica forma di cultura, per la
quale la teoria è in funzione della pratica e il vero è
inscindibile dal bene. In questa immagine del Cristo
confluiscono tutti gli altri elementi che abbiamo sin qui
messo in luce, a proposito della philosophia Christi, e
principalmente l'esaltazione del contenuto etico del
messaggio evangelico che impronta di sé tutta la teologia
erasmiana; si tratta di una teologia biblica, cristocentrica,
con alcuni risvolti mistici, che certa critica ha messo in
evidenza, ma è soprattutto una teologia che parte
dall'uomo per risalire a Dio, così che l'uomo, con
l'aiuto imprescindibile della grazia divina, recuperi la
pienezza della sua natura, e sia in grado di realizzare
il bene. Certo, il Cristo, in cui per natura l'umano e il
divino si congiungono, è il Salvatore, colui che ha donato
agli uomini con il sacrificio della sua vita la grazia divina che
li riscatta dal peccato, ma la sua funzione prima è quella di
insegnare il cammino che conduce a Dio, la sua immagine di
maestro si coniuga con quella del Dio padre amorevole,
pronto al perdono dell'uomo che si mostri disposto ad
impegnare la propria vita e a seguire i precetti del
bene operare impartiti dal figlio fratello, Gesù Cristo.
Questa infatti è l'immagine che Erasmo, raccogliendo la
grande sfida di Lutero su quale sia realmente il ruolo
dell'uomo nel processo della salvezza, dà di Dio nel libero
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arbitrio, quella del padre amorevole che insegna al duo
bambino a camminare, sostenendolo comunque in uno
sforzo che nasce dal suo intimo e traduce l'impulso della sua
stessa natura. Da "Il Libero Arbitrio": "Il padre rialza il suo
bambino ancora capace di camminare che è caduto e gli fa
vedere un frutto per attirarlo, ma la debolezza delle sue
membra è tale che egli cadrebbe ancora se suo padre non
gli tendesse la mano per sostenerlo e guidare i suoi passi.
Così condotto dal padre, il figlio arriva al frutto che il padre
gli dà volentieri come compensa della sua camminata. Il
bambino non avrebbe potuto rialzarsi se suo padre non
l'avesse sostenuto, non avrebbe vinto il frutto se suo padre
non glielo avesse mostrato, non avrebbe potuto avanzare se
suo padre non l'avesse continuamente aiutato nel suo
cedere traballante, e non avrebbe potuto infine prendere il
frutto se suo padre non glielo avesse messo nelle mani. Che
cosa potrà dunque attribuire a sé il bambino? Tuttavia ha
fatto qualche cosa, ma non può vantarsi delle proprie forza,
dato che deve a suo padre tutto ciò che egli è". Si costruisce
perciò l'immagine di Dio papà, con il bimbo, che fa tutt'uno
con quella del figlio fratello Gesù che insegna. Su questo
terreno la contrapposizione del punto di vista di
Erasmo a quello della teologia di Lutero, nel
complesso della Riforma, è netta e inconciliabile.
Conclusioni
Se la filosofia di Cristo di Erasmo è una sorta di ponte
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lanciato tra l'uomo e Dio in quanto Cristo, il Dio
incarnato che si presenta come il restauratore di una
conoscenza del bene e di un'etica connaturata agli
uomini, invece nella teologia di Lutero l'abisso che
separa l'uomo da Dio resta assolutamente invalicabile
con i mezzi propri della natura umana, e solo l'azione
del tutto insondabile della Grazia è in grado di
colmarlo; non il Cristo filosofo, doctor e maestro, che
riconcilia l'uomo con Dio, ma il cristo crocefisso.
La libertà di operare il bene non appartiene alla vita
dell'uomo, né si recupera attraverso l'insegnamento di
alcuna filosofia, ma è il dono assolutamente gratuito che
l'uomo elargisce agli uomini in Cristo. Umanesimo e Riforma
percorrono dunque nella philosophia Christi erasmiana e
nella teologia di Lutero strade diverse, per affermare però
quella libertà dell'individuo, che costituisce uno dei cardini
della moderna concezione del mondo.
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