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Michelangelo Antonioni drammaturgo Scandali segreti


Federico Vitella

Come saprai, ed avrai letto, ho dato qui allEliseo la commedia che ho scritto con Bartolini: Scandali segreti. Le critiche sono state varie, alcune violente altre lusinghiere []. Un fatto certo: la commedia ha fatto un certo scalpore, perch tenta un modo neorealistico abbastanza nuovo per il teatro italiano. Ricevo molte telefonate di gente che vorrebbe il testo. Anche Sipario me lha chiesto, ma lidea di pubblicarlo su Sipario o su Dramma non mi va. Mi sembrerebbe quasi presuntuoso, non so se puoi capire: come allinearsi nel campo specifico del teatro. Mentre io vorrei che la commedia, se cos si pu chiamare, restasse un esperimento diverso, sia pure di natura teatrale.
Michelangelo Antonioni a Renzo Renzi (20 novembre 1957)1

Michelangelo Antonioni ha spesso intrecciato la sua carriera registica con incursioni in altri campi artistici: esperienze apparentemente diverse tra loro ma simili nella sostanza, che, pi che mere appendici dellattivit cinematografica, hanno sovente assunto il ruolo di veri e propri prolungamenti della stessa. Accanto alla pittura (paesaggi astratti e collage), alla fotografia (sopralluoghi per film e reportage), alla scrittura saggistica e creativa (la critica cinematografica da una parte, la narrativa originale e la revisione delle sceneggiature dallaltra), un posto di particolare interesse occupato dal teatro di prosa. Oltre allessere stato unardente passione giovanile 2, esso costituisce infatti il pensiero dominante dellormai affermato Antonioni quarantaquattrenne. Il riferimento qui a quel periodo, cronologicamente identificabile con la seconda met del 1957, in cui il regista ferrarese dedica anima e corpo a un ambizioso quanto sfortunato progetto, destinato a rimanere in buona parte inattuato: il misconosciuto tentativo di intraprendere una vera e propria seconda carriera artistica, unattivit teatrale appunto, in sostituzione o pi verosimilmente in affiancamento a quella pi nota, duratura e fruttuosa del cinematografo. Il ritmo del passo con cui accede alla nuova dimensione daltronde assai deciso. Assistito sulla scena da un Filippo Crivelli alle prime armi, Antonioni si ritaglia nientemeno che mansioni di drammaturgo, regista e direttore artistico di una nuova compagnia di prosa composta da attori tanto giovani quanto promettenti. E

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grazie alle ampie iniziali aperture di credito, la Antonioni-Sbragia-Vitti inaugurer addirittura la stagione 1957-1958 del prestigioso teatro Eliseo di Roma. Gli esiti per non saranno quelli attesi. Dopo sessantuno rappresentazioni complessive di tre lavori diversamente interessanti Io sono una macchina fotografica, del commediografo di origine olandese John Van Druten; Scandali segreti, scritto dallo stesso Antonioni con il romanziere e sceneggiatore friulano Elio Bartolini; Ricorda con rabbia, del capofila dei giovani arrabbiati inglesi John Osborne la compagnia sar infatti costretta a chiudere. Due soli, a conti fatti, i mesi di attivit3. Sia stata la brevit dellesperienza teatrale nellAntonioni maturo o sia stato troppo forte il peso della sua esperienza cinematografica, i contributi critici sullattivit teatrale dellartista a tuttoggi possono definirsi davvero esigui. E ci a dispetto del fatto che la letteratura critica sulla produzione cinematografica di Antonioni possa essere accostata, sul piano internazionale, solo a quella di pochi altri maestri: basti pensare allimponente Progetto Antonioni curato da Carlo di Carlo per Cinecitt International, varato nel 1987 e chiusosi alla quota di cinque volumi comprendenti una massa considerevole di scritti, testimonianze e immagini4. Uno solo, contro a questa enorme mole di materiali, il contributo saggistico sul suo teatro: un breve testo che, se da un lato ha il merito di aver sollevato la questione dellesistenza di un Antonioni teatrale, dallaltro non sembra andare oltre la riproposizione delle perplessit dei contemporanei per lennesimo scavalcamento di campo di un uomo di cinema5. Eppure, anche solo limitandosi allimportanza che rivestirebbe nellambito degli studi cinematografici una sistemazione critica della parentesi teatrale, lo studio di questa attivit parallela appare quanto mai opportuno. In primo luogo, si colloca tra Il grido (1957) e Lavventura (1960), ovvero nel decisivo momento di passaggio dalla produzione ancora gravata dal retaggio neorealista alla piena maturit espressiva della cosiddetta trilogia dei sentimenti. In secondo luogo, segna lavvio dellintensa collaborazione con Monica Vitti, interprete privilegiata della Nuova Donna tratteggiata dai film dei primi anni Sessanta. In terzo luogo, infine, Scandali segreti presenta notevoli elementi avvicinabili alle tematiche della trilogia, di cui costituirebbe, a mio parere, una sorta di introduzione o di prova generale, a partire dalla caratterizzazione estremamente moderna dei personaggi principali. Alla luce dei ritrovamenti documentari del copione inedito di Scandali segreti, delle foto dello spettacolo scattate da Paul Ronald e del prezioso carteggio tra il regista e Bartolini, vorrei avviare una riflessione proprio su questi temi.

Lapertura del cantiere teatrale La prima cosa da dire che la costituzione della Compagnia di prosa di Michelangelo Antonioni passa per lincontro di due iniziative indipendenti6. Una di queste si deve ad Anna Nogara, Vera Pescarolo e Filippo Crivelli, che stanno cercando di mettere insieme un gruppo di attori giovanissimi, sul modello della celebre Compagnia dei Giovani fondata da Giorgio De Lullo nel 1954. La Nogara e la Pescarolo avrebbero dovuto preoccuparsi dei finanziamenti alla luce delle rispettive conoscenze: figlia di un noto industriale lombardo la prima, figlia della celebre attrice Vera Vergani la seconda. Il Crivelli avrebbe invece curato la regia, promosso sul campo in quanto gi aiuto da anni. Laltra iniziativa ovviamente quella di Antonioni, che aveva gi reclutato Monica Vitti, Virna Lisi e Giancarlo Sbragia. Conosciuta sul set di Il grido, la Vitti lo aveva convinto per quella fisicit non immediatamente mediterranea cos lontana dai modelli femminili imperanti delle maggiorate Mangano-Lollobrigida-Loren7. Ammirata a suo tempo in La donna del giorno (1956) dellamico Maselli e fresca del debutto al Piccolo Teatro di Milano, la Lisi invece il regista ferrarese lavrebbe voluta gi per il suo film precedente8. Oltre a presentare unindiscussa affidabilit scenica, Sbragia, infine, tornava utile pure sul piano economico perch supportato dai

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capitali della moglie, la principessa Esmeralda Ruspoli. Lopportunit di unire i due gruppi arriva quando questultimo, in parola con Antonioni, viene contattato anche dalla Nogara, con la quale aveva recitato nella stagione precedente. I rapporti personali sono buoni e Antonioni non ha obiezioni da porre alla fusione. Al quintetto base Vitti, Lisi e Sbragia primi attori; Pescarolo e Nogara nei ruoli minori si aggiungeranno poi alloccorrenza altri rinforzi, valutati caso per caso (Luca Ronconi, Carlo DAngelo, ecc.). Da Crivelli, la regia per passa ora nelle mani di Antonioni, seppur con il primo a fargli da prezioso assistente. Completano il team due vecchie conoscenze antonioniane differentemente importanti per la riuscita dellimpresa: lo scenografo di fiducia Gianni Polidori e lo sceneggiatore Elio Bartolini. A gestire la compagnia Mario Amendola, gi amministratore della Morelli-Stoppa e punto di contatto con il teatro di via Nazionale. Il progetto prevede la messa in scena nella stagione 1957-1958 di almeno tre testi: due stranieri, di sicura presa popolare, e uno italiano, inedito, in modo da intercettare i contributi statali previsti per lallestimento di una novit nazionale. Il primo lavoro su cui punta la compagnia Io sono una macchina fotografica di Van Druten, sicuramente nelle corde dellAntonioni regista ma anche commedia internazionalmente nota e premiata: vincitrice del New York Drama Critics Circle Award nella stagione 1951-1952, replicata a Broadway per oltre un anno, e infine adattata per lo schermo nellomonimo film inglese del 1955, distribuito infelicemente in Italia come La donnaun male necessario! (I Am a Camera, di Henry Cornelius). Riduzione per il teatro dellautobiografico Addio a Berlino (Goodbye to Berlin, 1939) di Christopher Isherwood, Io sono una macchina fotografica fornisce un vivido ritratto della Germania di Weimar dei primi anni Trenta e dei suoi protagonisti. Centrale il personaggio della aspirante attrice Sally Bowles, una parte di grande suggestione fino ad allora, tanto sulla scena che sullo schermo, felicemente interpretata da Julie Harris 9 da affidarsi a Monica Vitti. Il secondo lavoro straniero Look back in Anger (Ricorda con rabbia) di Osborne, una commedia che si rappresentava a Londra con inesausto apprezzamento dal maggio precedente (1956), e che, di l a breve, avrebbe ispirato anche il celebre manifesto del Free Cinema inglese Look back in Anger (I giovani arrabbiati, di Tony Richardson, 1958)10. A ricoprire la parte del frustrato antiborghese Jimmy Porter il protagonista in luce per i suoi urticanti monologhi sarebbe stato Sbragia. Il testo italiano, come gi anticipato, sarebbe invece stato una novit di Antonioni e del suo braccio destro Elio Bartolini. Ma vale la pena ricordare che prima che Scandali segreti si imponesse quale chiave di volta dellintera operazione, i milanesi spinsero per la nuova commedia di Guido Rocca autore del fortunato I coccodrilli e cugino della Pescarolo Mare e whisky: un ritratto al vetriolo dellalta borghesia lombarda in vacanza a Forte dei Marmi che non dispiaceva allo stesso Antonioni e che fino allultimo rester una concreta possibilit di lavoro, se non in sostituzione, almeno in aggiunta a Scandali segreti11. Nel bene e nel male non poteva per che essere proprio Scandali segreti, in quanto opera dello stesso Antonioni, lessenza delloperazione teatro-di-Antonioni, il pezzo forte dellintero programma, quello attorno a cui si concentrarono tanto le aspettative degli attori quanto le speranze degli autori (come purtroppo anche gli strali dei censori). Ed su Scandali segreti che intendo stringere il campo dindagine, concentrandomi innanzitutto sulla complessa gestazione del copione e sulle linee generali del plot. Il testo nasce come soggetto cinematografico, lennesimo non realizzato. Anzi, il coinvolgimento nelloperazione di Elio Bartolini si spiega proprio alla luce della necessit di adattarlo per il teatro. Non che il Bartolini abbia esperienza teatrale, ma comunque un uomo di lettere: insegnante preparato (laureato in lettere allUniversit di Padova), stimato romanziere (ha gi pubblicato per Mondadori Icaro e Petronio, Due ponti a Caracas, La bellezza di Ippolita), nonch versatile professionista della penna, come dimostra il suo pregevole lavoro con Ennio De Concini alla sceneggiatura di Il grido12. E in quegli anni Antonioni si sente

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ancora insicuro senza un letterato di mestiere al suo fianco. Il passaggio da Scandalo segreto soggetto cinematografico (al singolare) a Scandali segreti copione teatrale (plurale) straordinariamente documentato dal carteggio tra i due, dal quale possibile evincere varie circostanze di lavoro13. Innanzitutto la logistica: Antonioni si trova prevalentemente a Roma, nel suo appartamento ai Parioli e Bartolini sta a Codroipo, il paese della sua infanzia, non lontano da Udine. Poi la divisione dei compiti: ad Antonioni spetta larchitettura complessiva del copione, a Bartolini soprattutto la prima stesura dei dialoghi. Infine, le modalit di correzione delle bozze: Antonioni legge ripetutamente il copione agli interpreti, vis vis o in gruppo, e discute di volta in volta con Bartolini delle loro reazioni, necessit, suggerimenti. Cos propone per esempio lampliamento di una parte (per la parte di Gianluigi ho trattato con [Carlo] DAngelo. Ha letto la commedia, gli piaciuta [] ma gli sembra che la parte sia troppo scarna. Ieri sera gli ho promesso di allargarla), laccentuazione di un determinato aspetto di un personaggio (Ho fatto alcuni cambiamenti: il carattere della madre, per esempio, che era troppo molle, gi morta, in fondo) o lo spostamento del materiale da una parte allaltra del copione (Ho spostato il discorso su Marco dalla scena del cimitero a quella del the, portando invece nel cimitero il discorso su Diana). Antonioni e Bartolini lavorano dunque a distanza, in una prima fase in modo indipendente luno dallaltro, in una seconda fase rimbalzandosi le correzioni via via effettuate al testo di partenza, sulla base di suggestioni proprie o altrui. Lettera dopo lettera, intervento dopo intervento, il copione prende forma: ma un lavoro di mesi interi, che si protrae stancamente per tutta lestate del 1957. Lavoro non facile, anzi irto di ostacoli, per diverse ragioni e su molteplici fronti, come testimoniano inequivocabilmente queste battute sparse dello stesso Antonioni. In primo luogo, pesano le comprensibili e in una certa misura inevitabili difficolt pratiche, legate alla scrittura a quattro mani a 650 chilometri di lontananza: Cos dal di fuori, senza sapere come tu imposti una scena, un dialogo, come brancolare nel buio. Vengono anche delle battute, e alcune le ho trovate. Ma non pu essere un buon sistema, questo di trovare battute come fiori in un deserto. Pu darsi, ma non ne sono molto convinto. In secondo luogo, le difficolt legate allabbandono della scrittura per lo schermo, a partire dalla nuova necessit di far passare nei dialoghi le connotazioni altrimenti assegnate al linguaggio e alla retorica cinematografica: Proprio lavorandoci mi sono accorto di quanto sia difficile per me far parlare i personaggi senza mostrarli. Sul palcoscenico la faccia non conta, contano le parole e tuttal pi la posizione, i movimenti dei personaggi. E mettere insieme delle parole belle non facile. Infine, le difficolt di scrivere per il teatro in quanto tale, di scrivere cio per la prima volta secondo consuetudini e leggi in larga parte ineludibili: Sai che c una tecnica particolare di rompere le battute sul teatro, molto diversa da quella del cinema. Lurto tra una battuta e la seguente o la precedente. Insomma tutto l: o si riesce a trovare la sostanza psicologica, che c gi, della storia, e la forma verbale, o il nostro tentativo fallisce. I risultati, tutto considerato, saranno tuttaltro che disprezzabili, a partire dalla materia narrativa, che intrecciata in dodici quadri articolati in due tempi, prevede parti importanti per tutti e tre i primi attori. Come si pu evincere dalla sintesi della commedia redatta dallo storico critico teatrale di LUnit Aggeo Savioli (allindomani della rappresentazione del 30 ottobre 1957 allEliseo): Siamo in una media citt di provincia, entro una famiglia della media borghesia: due sorelle ancora fresche di et, Diana e Vittoria, orfane di un illustre professore universitario, la cui memoria aulicamente custodita dalla vedova. Diana , o almeno sembra, una ragazza posata; ha scelto con pacato ragionamento la sua via: sposer Gianluigi, un brillante medico che si ripromette successo e onori accademici. [] Vittoria invece balzana, impetuosa,

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nutrice di precoce cinismo: da qualche tempo lamante di un ventottenne affascinante quanto ricco e sfaccendato, Marco. Un giorno i rapporti tra i due entrano violentemente in crisi; e Vittoria, tornata in casa come suo costume alle prime luci dellalba, ha un acceso diverbio con la sorella: assistendo al quale, la ignara madre, gi malaticcia, subisce un duro colpo che la conduce in breve alla tomba. Vittoria colta da un brusco choc nervoso: uscendone, acquister unamara e impetuosa fermezza di carattere. La sua rottura con Marco diviene ora definitiva, ed ella cercher unoccupazione qualsiasi, vender la sua parte di mobili e di corredo per raccogliere il denaro sufficiente a liberarla dal grigiore soffocante della pettegola e angusta citt. Ma intanto a causa della sua malattia, Marco e Diana hanno avuto modo di conoscersi. E la buona, saggia Diana cede a poco a poco alla decadente suggestione del giovanotto. [] Amore tormentoso e provvisorio, il loro: e Diana quasi si compiace della sua instabilit e rischiosit, s che solo quando Marco, preso di lei oltre la propria volont, giunger a chiederle di sposarlo, ella confesser ogni cosa a Gianluigi. E il dignitoso Gianluigi, dopo averla ricoperta dei pi tradizionali argomenti, sar disposto a riceverla ancora in moglie. Ma un fatto crudele sigilla con cupa puntualit questo accomodamento finale. Marco, che in un chiarificatore colloquio con Vittoria si visto rivelare come dun tratto lo spaventoso vuoto morale di cui preda, [] perisce in un incidente stradale da lui medesimo, con tutta evidenza, provocato14.

Un romanzo di formazione sulla scena Fin da quanto riportato sopra, ben si intuisce la continuit tematica tra il cinema di Antonioni e il copione teatrale. Scandali segreti prosegue infatti quella impietosa radiografia del rapporto di coppia che ha sempre caratterizzato la poetica del regista, a partire dal suo primo lungometraggio intitolato esemplarmente Cronaca di un amore15. Il copione teatrale dunque in buona approssimazione la cronaca di tre amori, sullo sfondo dei cambiamenti epocali dellItalia della seconda met degli anni Cinquanta. Vi troviamo raccontate le coppie Diana-Gianluigi, Vittoria-Marco e Diana-Marco. La prima coppia quella che possiamo definire ortodossa, in questo caso avviata al matrimonio dopo un fidanzamento vecchia maniera, ma non diversa strutturalmente dalle altre zoppicanti coppie cinematografiche ortodosse, come Paola-Ingegner Fontana (Cronaca di un amore), Clara-Gianni (La signora senza camelie), Nene-Lorenzo (Le amiche), Irma-Aldo (Il grido). La seconda e la terza coppia sono invece riconducibili al modello coppia clandestina, cio a una relazione non legittimata dalle convenzioni sociali. In questo caso perch non inquadrate nel matrimonio, ma sullo stesso piano delle coppie adulterine della sua produzione precedente, come Paola-Guido (Cronaca di un amore), Clara-Nardo (La signora senza camelie), Rosetta-Lorenzo (Le amiche), Irma-Amante (Il grido). La terza coppia ha poi la particolarit di essere formata dagli elementi di altre coppie scoppiate: Diana e Marco della Diana-Marco provengono rispettivamente dalle originali Diana-Gianluigi (prima coppia) e Vittoria-Marco (seconda coppia) qualcosa di simile a quanto visto in Le amiche (NeneLorenzo-Rosetta) e soprattutto a quanto si vedr in Lavventura (Anna-Sandro-Claudia) e Leclisse (Riccardo-Vittoria-Piero). Dunque, brevemente, in Scandali segreti la crisi della coppia clandestina (Vittoria-Marco) innesca la crisi della coppia ortodossa (Diana-Gianluigi) e prelude al riformarsi di una nuova quanto precaria coppia clandestina (Diana-Marco). Luscita dalla coppia clandestina sembra per avere come fondamentale corollario lemancipazione della componente femminile della coppia stessa, lemancipazione della donna: prima sar la volta di Vittoria, poi di Diana.

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I personaggi principali della commedia sono dunque i quattro elementi che daranno vita alle tre coppie interagenti, profondamente diversi a seconda del genere di appartenenza in accordo alla caratteristica sperequazione femminile antonioniana. Tanto Marco e Gianluigi sono speculari nella loro incapacit di amare e di comprendere veramente le loro partner, tanto Diana e Vittoria sono portatrici di anticorpi sani contro ladattamento a unesistenza indifferente e superficiale 16. Gianluigi (ruolo per un esterno: Carlo DAngelo), grigio medico di provincia avviato alla carriera universitaria, incarna la quintessenza del decoro, della sicurezza e della tranquillit di una vita instradata sui levigati binari del conformismo. un carattere comune, tradizionale, senza particolare profondit, come la vita che pu offrire a Diana. Nel secondo quadro, quando le rimprovera di non intervenire presso la sorella, colpevole a suo giudizio di non aver nascosto la scandalosa relazione con Marco, non trova niente di meglio che dire quanto segue: Il fatto che io ho la mia carriera e ci tengo. Ed umano, mi pare. Tenerci vuol dire imporsi una linea morale. E io domani, quando sar professore dUniversit, non potr tollerare che la sorella di mia moglie sia (Cerca le parole) Sia una ragazza dalla condotta meno che irreprensibile. E la condotta di Vittoria per usare un eufemismo, non irreprensibile17. Marco (ruolo per Giancarlo Sbragia) altrettanto negativo, seppur in modo diverso e pi complesso: a prima vista non sembrerebbe che un degno rappresentante della cosiddetta giovent perduta, etichetta con la quale i media dei primi anni Cinquanta bollavano quei giovani borghesi che oscillano tra atti delinquenziali e anticonformismo18. In questo senso va per esempio il monologo del quadro quinto, nella scena del t, quando replica cos a Diana che gli d del vizioso: Perch mi piacciono le donne? A me sembra naturale e, semmai, sarebbe innaturale il contrario. Qualche volta bevo ma non riesco a ubriacarmi. [] Ho provato anche a drogarmi, una volta, mi bastata per tutto. Soltanto un gran mal di testa. Comunque, se faccio una cosa non faccio laltra. Un vizio per volta. Quando sono con una donna, per esempio, non bevo mai. Sono un vigliacco ordinario (Ridacchia. Si alza e cammina su e gi per la stanza. Si ferma di nuovo davanti a Diana) Cosaltro possono dire? Che non lavoro. Lavorare, dice mio padre, ha un senso che serve a far quattrini. Colpa mia se i quattrini li ha fatti lui?19. Marco per non un personaggio uscito da I vinti. La sua caratterizzazione riflette piuttosto la crisi dei modelli di riferimento tradizionali, in un contesto nazionale e internazionale di grande instabilit morale, sociale e politica. Quando Diana, poco oltre, gli chiede lumi circa la sua risoluta volont a non pensare, Marco risponde mostrando un significativo imbarazzo etico e culturale: Perch ci sarebbero troppe cose a cui pensare al giorno doggi. Cominciando dalle comete per finire agli atomi. A Bruxelles, ha visto? Ne hanno costruito uno gigante, di metallo, ingrandito 150 miliardi di volte. E poi lhanno ficcato in una esposizione aprendovi dentro un ristorante e una birreria. Dentro latomo. C da ridere. E meno male fin quando c da ridere. Ma il resto? Le bombe H, il comunismo, il capitalismo, il mondo spartito in due e appeso a un filo Come si fa a pensare a queste cose? Che ne so io? E soprattutto: a che serve che io pensi o no?20.

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Le due sorelle sono invece partecipi della medesima natura illuminata, anche se in due momenti diversi di sviluppo, o di presa di coscienza della stessa. Vittoria (ruolo per Virna Lisi) ha gi voltato le spalle allasfissiante vita di provincia attraverso la relazione clandestina con Marco, e proprio dalla fine del loro rapporto trover la forza per lo strappo definitivo, ovvero lasciare famiglia, casa e paese natio per Milano, la Grande Citt. Diana (ruolo per Monica Vitti) le volter solo alla fine, le spalle, innanzitutto a Gianluigi, ma sempre grazie alla tormentata relazione con Marco, che agisce anche per lei, indirettamente, da catalizzatore di energie. Pi che linconsistente Gianluigi, infatti proprio lui a soffrire in Scandali segreti quella che, nella celebre conferenza stampa per Lavventura al Festival di Cannes del 1960, lo stesso Antonioni chiamer malattia dei sentimenti21. Marco erotico perch ammalato di Eros. La moderna instabilit dei sentimenti, che in s non necessariamente un male, almeno secondo Antonioni, in lui non apertura ma semplice coazione a ripetere. E il culmine di questo atteggiamento viene raggiunto paradossalmente proprio quando Marco chiede Diana in sposa. Come gli rimprovera una lucida e risoluta Vittoria nellultimo quadro (dodicesimo), poco prima del presunto suicidio del giovane, nientaltro che lennesimo capriccio: Vittoria (Sempre molto calma) Sposarla, che cosa significa per te? Un altro esperimento, una specie di orgia di di monogamia dopo le altre tue orge di seduttore.

Virna Lisi, Giancarlo Sbragia in Scandali segreti di Michelangelo Antonioni, foto Paul Ronald (Archivio Storico del Cinema/Afe)

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Marco E se cos fosse? Vittoria Quanto potrebbe durare, se cos fosse? Marco Dio promette leternit. Ma io so tutti lo sanno che la vita degli uomini fatta di giorni. [] Quindi mi rifiuto di rispondere su quanto il matrimonio tra me e Diana potrebbe durare un annodue, tre anche sempre. Che ne so io? So per che la cosa mi interessa, diciamo pure che mi piace, pi di qualsiasi altra orgia. Mi piace, chiaro? E poich piace anche a Diana, tu, per piacere, va a predicare da qualche altra parte. Non dovevi andare a Milano? Va a Milano. Vittoria Allora mi spiegher meglio. Il tuo un capriccio. Niente altro. Il fatto di stanotte. Lesser stato sorpreso, la confusione tua e di Diana quando io sono entrata Insomma, il non poter essere il padrone. [] Non te ne accorgi, ma sei terribilmente ingenuo e suscettibile E cos, urtato nella tua suscettibilit, torni a casa e fai la gran pensata: in fondo, perch non me la sposo? (Sul silenzio di Marco, Vittoria insiste) Dimmi che non cos, che almeno in parte non cosi, e io la pianto subito di predicare. (Dopo unaltra breve pausa con un tono pi caricato fin quasi allacrimonia) Guardati, Marco. Guardati bene: in fondo sei un mediocre. [] Rasenti le grandi occasioni della vita e non te ne accorgi, o te ne accorgi male, mediocremente. Cosa credi che succeder, tra te e Diana, una volta sposati? La deluderai. Scadrai ai suoi occhi giorno per giorno. Finir per scoprirti nella tua mediocrit. Perch tu non hai altre risorse se non quelle del dilettante, come ti compiaci di dire. Cio la volubilit, il capriccio, legoismo e per questo sei costretto a passare da una donna allaltra: perch non puoi importi su nessuna. meglio anche per te, che Diana impieghi la sua vita a dimenticarti, piuttosto che Marco (Quasi ansioso) Piuttosto che?... Vittoria Piuttosto che assistere al tuo crollo22. Una volta spogliato delle sue appendici pi episodiche, Scandali segreti si mostra dunque come una sorta di bildungsroman al femminile. La posta in gioco degli scandali segreti del copione cio proprio la conquista dellindipendenza della Giovane Donna degli anni del boom, che sulla scorta delle nuove possibilit lavorative legate ai processi di urbanizzazione di massa, ovvero al mercato del lavoro pi favorevole alle occupazioni femminili delle grandi citt (annunciatrici, hostess, segretarie, fotomodelle, guide turistiche, centraliniste, interpreti, ecc.), ha la concreta possibilit di partecipare pienamente al sistema sociale del suo tempo, secondo le sue particolari qualit ma con posizioni equivalenti a quelle delluomo23. Non si tratta di sciogliere la poetica antonioniana nella sociologia spiccia, ma di apprezzare il felice aggancio delle tematiche pi personali del regista (la crisi di identit delluomo moderno, la reificazione consumistica degli esseri umani, lincrinatura del rapporto uomo-natura, ecc.) alla realt di un paese in grande trasformazione sotto ogni punto di vista, a partire dalla prospettiva dei generi. E laggancio sar fruttifero. In questo senso il meccanismo narrativo del copione funziona come una sorta di binario a doppio scorrimento. A scorrere, cio a crescere, sono le due sorelle, che attraverso le dolorosissime esperienze della morte dei genitori e della crisi delle loro reciproche relazioni guadagneranno la consapevolezza della propria forza. Poco importa se sar solo Vittoria a fare le valigie entro la fine della commedia. I processi di maturazione di Diana e Vittoria sono infatti diversi perch diverso il loro punto di partenza allinizio del dramma: Diana inizia come un convenzionale angelo del focolare, custode della memoria del padre, che intende perpetrare sposandone lerede spirituale, Gianluigi; Vittoria manifesta invece da subito un certo ribellismo, anche se non sa ancora come renderlo, da distruttivo, costruttivo. Il doppio scorrimento dunque anche a doppia velocit. Vittoria pronta a lasciarsi indietro la vita precedente

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fin dalla scenata con Diana che prelude al malore della madre (quadro quarto) e forse anche prima, almeno dallamara presa di coscienza dellinadeguatezza di Marco (quadro terzo). Diana invece non pronta ad abbandonarla prima della scena finale (quadro dodicesimo), anche se Marco fa scricchiolare le sue certezze fin dalla fondamentale scena del cimitero (quadro sesto), punto di svolta dellintera costruzione drammaturgica, che vale la pena riportare distesamente: Marco Dicono che sposa un uomo del quale non innamorata. (Diana colpita in pieno dalla frase e per qualche istante resta muta, ma si riscuote di colpo con violenza) Diana Ma cosa ne sanno? Marco (Calmissimo) quello che dico anchio: cosa ne sanno! (Diana comincia a tremare, tocca i vasi e i fiori sulla tomba senza sapere bene quello che fa. Marco la guarda) Vede, lei bella e lo sa. Quello che non sa, mi sembra, come adoperare questa sua bellezza. Mio padre [] quando dice che un bosco bello, intende dire che a venderlo ci si fa sopra un mucchio di quattrini. Mia madre, quando dice che Giovanna, la seconda delle mie sorelle, la pi bella, pensa che sar quella che far il matrimonio migliore. Se io di una barca dico che bella, penso che va forte, che tiene bene il mare. Si pensa sempre allutilizzazione di una cosa. E anche di una donna. Io dico che lei bella e penso Insomma ha capito. Soltanto lei non ci pensa. E perde il suo tempo. Diana (Seccamente) Io mi sposo. Marco Gi. (Notando sopraggiungere il guardiano) Il suo sempreverde. Guardiano (Porgendo a Diana un fascio di sempreverde) Ecco, signorina, sono stato via tanto perch il fioraio, quello vicino allingresso principale, era chiuso. Va bene? Diana (Dandogli del denaro) S, grazie. Guardiano Serve altro: acqua, lumini, Sidol Marco Ma il Sidol, scusi? Guardiano Per lustrare i caratteri delle epigrafi. (Il guardiano se ne va. Diana comincia a disporre i fiori nei vasi. Marco si guarda attorno) Marco Si sta bene qui. Diana (Voltandosi supplichevole) La prego. Marco Dicevo soltanto che c quiete. (Dopo una pausa e veramente con molta dolcezza) Prima, in tram, cosa guardava tanto assorta? [] Diana Cera della gente che parlava e allora mi succede come quando si davanti al mare in una giornata di vento, che il vento e il mare sono i rumori naturali, e le voci un rumore estraneo. Che disturba. [] difficile che una voce diventi per me, almeno familiare come un rumore Perfino quella di mia madre, non mi era familiare, pensi. E quella di Gianluigi Un giorno alluniversit ecco cosa pensavo in tram Gianluigi diceva qualcosa a uno studente intorno a non so quale concetto di limite, mi sembra, che non una nozione quantitativa ma puramente ordinale Marco Guardi che io in matematica Diana Voglio soltanto dire che quel giorno ascoltando da Gianluigi quei discorsi ne ebbi un effetto curioso: mi sentii estranea alla mia stessa materia. Perch? Perch questo?... Poi viene lei e mi dice Oh, cos venuto a fare? Lei ha un modo brutale di semplificare tutto. Perch venuto? Marco Glielho detto. E ho detto la verit. Lho aspettata, lho seguita, non avrei voluto farmi vedere, ma ormai successo e forse meglio cos. Diana (Un po spaventata) Che cosa vuol dire?

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Marco Voglio dire una cosa molto semplice, e sono sicuro che lei lha capita. Diana (Con violenza) No, io non ho capito niente, non voglio capire niente Capire qui come profanare e io non posso non voglio Se ne vada, per favore. Non si faccia pi vedere. Per favore. Marco (Alzandosi, un po ironico) Profaniamo tante altre cose Il mondo pieno di profanazioni, le nostre mani grondano profanazioni. Ma lei fa bene a difendersi dietro queste estreme barriere. (Dopo una brevissima pausa, serio) Dico che fa bene, anche se, purtroppo, non posso dirle n prometterle di pi24.

Un teatro cinematografico La critica non stata particolarmente tenera con Michelangelo Antonioni. Anche le recensioni che riconoscevano un certo valore al copione di Scandali segreti, non hanno infatti perso loccasione di mettere in discussione le presunte problematicit di una regia avvertita generalmente come troppo cinematografica. In nome della teoria delle specificit artistiche, tanto la critica cinematografica quanto quella teatrale, sia nelle pagine delle riviste specializzate sia sui quotidiani, hanno innanzitutto condannato lesperimento antonioniano in quanto tale, ovvero come (infelice) prova teatrale di un uomo di cinema: da un lato si rimproverava allAntonioni di aver incautamente allestito per il teatro del materiale specificamente cinematografico; dallaltro lo si accusava di aver disatteso quelle elementari regole specificamente teatrali che stanno alla base di ogni messa in scena drammatica. Anche se la guerra degli specifici deve aver per forza di cose un poco condizionato il giudizio delle parti in causa cos sembra per lo meno a rileggere i durissimi articoli di Edoardo Bruno su Filmcritica (Quella commedia che avrebbe dovuto porsi come un fatto determinante si [] risolta in una cattiva prova di inutile verbosit) e di Vito Pandolfi su Il Dramma (Alcune sensibili notazioni non giustificano uno spettacolo mancato)25 la pressoch unanime perplessit suscitata, se non dal testo, sicuramente dallallestimento, risulta a posteriori di grande aiuto per la comprensione di quello stesso esperimento e dei suoi moventi pi riposti. Al di l del giudizio di valore, le critiche negative sono pi utili di quelle positive per ricostruire il senso di quello che potremmo chiamare, prendendo in prestito un felice conio di Cristina Jandelli, il suo teatro cinematografico. Che sia piaciuto o meno, dalla lettera del regista allamico Renzi citata in esergo appare infatti innegabile come Antonioni abbia deliberatamente effettuato un esperimento interdisciplinare, a cavallo appunto tra teatro e cinema. Tanto da rifiutarsi di pubblicare il copione su riviste di teatro e inseguire, tramite Renzi, leditore Cappelli, con il quale aveva appena pubblicato la sceneggiatura di Il grido (in un pregevole volume filologicamente avvertito, curato dallottimo Bartolini). Cinematografiche sono state innanzitutto le scenografie di Gianni Polidori, che oltre ad aver firmato spettacoli di vasta eco con Luchino Visconti (Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller, 1951), Luigi Squarzina (Ma non una cosa seria di Luigi Pirandello, 1956) e Luciano Salce (I Tromboni di Federico Zardi, 1956), aveva realizzato fino a quel momento pure le scenografie di tutti i film di Antonioni, a eccezione dellultimo26. Antonioni chiede e ottiene cio dal suo scenografo una riproduzione il pi dettagliata possibile degli ambienti reali di volta in volta in oggetto, sia dal punto di vista della resa architettonica, dunque in relazione ai movimenti dei personaggi, sia dal punto di vista dellarredo degli interni, esigenza questa non strettamente funzionale e dunque pi immediatamente dettata da ragioni di verosimiglianza. Gli ambienti della commedia sono in totale quattro: lappartamento di Marco (quadro terzo e quadro decimo), il cimitero del paese (quadro sesto), un caff nella parte vecchia della citt (quadro undicesimo) e soprattutto lintero pian terreno della casa di Diana e Vittoria, con tanto di terrazzino e ingresso praticabili (quadro primo, secondo, quarto,

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quinto, settimo, ottavo, nono e dodicesimo), che gioca il ruolo di gran lunga preponderante, dal momento che vi sono ambientati ben otto dei dodici quadri totali. Le foto dello spettacolo di Paul Ronald27 documentano in modo straordinario la fedelt delle scenografie alle immagini mentali di Antonioni, scolpite con grande precisione nelle didascalie del copione, come documenta quella di apertura, in riferimento proprio allambiente principale della commedia: Una grande stanza di soggiorno al pianterreno, con una porta-finestra nel fondo, che d su un terrazzino. Dietro c il giardino. A sinistra due porte e unaltra pi piccola nellangolo, che d in cucina. A destra un muro divide la stanza dallatrio, dove si apre il portone di strada. una di quelle vecchie case di provincia che conservano ancora i segni dellantica signorilit. La scena illuminata dalla luce di un lampione che entra dalle imposte socchiuse. Fuori ancora buio. Sono le sette di mattina duna giornata dinverno. Il portone si apre, Vittoria attraversa latrio e poi, camminando in punta di piedi, il soggiorno. Nel buio fa cadere un oggetto e si ferma. Dopo un istante una delle due porte di sinistra si apre, appare Diana in vestaglia da camera sulla camicia da notte. Vittoria, rassegnata, si lascia cadere su una poltrona28. Il limite di questo tipo di messa in scena ovviamente quello di non essere necessariamente pi efficace di un allestimento tradizionale, dal momento che lo spettatore (teatrale, appunto) non potr apprezzare la cura del dettaglio oltre un certo livello. Cinematografico stato anche limpianto dello spettacolo dal punto di vista della scenotecnica, brillantemente comandata dal direttore del palcoscenico Renato Morozzi, uno dei pi valenti tecnici dellEliseo e pi generalmente dellintero teatro italiano del secondo Novecento. Antonioni gli chiede (e ancora ottiene) un sistema per cambiare scena in qualche modo equivalente, dal punto di vista funzionale, agli artifici ottici (dissolvenze, tendine, ecc.) della sintassi filmica: un tendone nero, che muovendosi al contrario, dunque dalla sinistra alla destra dello spettatore, potesse idealmente scorrere talmente lentamente da consentire la sistemazione dellarredo, o alloccorrenza il radicale cambiamento della scenografia. Il problema di Antonioni era trovare cio un modo adeguato per gestire sul palcoscenico lestrema frammentariet del copione, che oltre ad essere articolato in due atti (tempi, nel linguaggio degli autori), prevede, come gi spiegato, ben dodici scene indipendenti, per quattro ambienti diversi. Le ragioni di ordine narrativo impongono cos non meno di sette sostituzioni radicali di scenografia: il passaggio dal salotto di Diana e Vittoria allappartamento di Marco (fine quadro secondo) e viceversa (fine quadro terzo), dal salotto al cimitero (fine quadro quinto) e viceversa (fine quadro sesto), ancora dal salotto allappartamento di Marco (fine quadro nono), dallappartamento di Marco al caff (fine quadro decimo) e infine dal caff al salotto (fine quadro undicesimo). La questione della realizzabilit di un tale meccanismo non deve aver sfiorato pi di tanto Antonioni e Bartolini, almeno al momento della stesura del copione, dato che, come documentano le didascalie di fine quadro, in quella fase pensavano di ricorrere semplicemente allilluminotecnica, dunque allo spegnimento totale delle luci. Ma lestrema sofisticatezza delle scenografie poco si conciliava con la necessit di montarle e smontarle agilmente: tutte le recensioni non mancano di segnalare come gli spettatori rumoreggiassero ai cambiamenti di scena, che portavano via almeno un paio di minuti, non a tendone in movimento, come avrebbe voluto il regista, ma a tendone completamente chiuso. Cinematografica stata infine la direzione degli attori, a partire certamente da Monica Vitti, impiegata nella parte principale, quella di Diana, per arrivare a quella di tutti gli altri interpreti, maggiori (Virna Lisi-Vittoria, Giancarlo Sbragia-Marco, Carlo DAngelo-Gianluigi) e minori (Anna

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Nogara, Vera Pescarolo, Arturo Dominici, Marisa Pizzardi, Donatella Gemm). Antonioni cerca innanzitutto di ottenere la massima naturalezza nellesposizione e nel comportamento in scena, giocando tutto sul togliere, sul trattenere, sullalludere piuttosto che sullesibire, allinsegna di quella de-drammatizzazione che sullo schermo lo portava per esempio a riprendere gli attori di spalle o addirittura coperti da oggetti e arredi. Attraverso una conduzione minuziosissima, pensata fin nei minimi dettagli durante la stesura dei dialoghi della commedia e poi incorporata anche nel copione in note e didascalie tanto dettagliate quanto sistematiche, Antonioni vuole che i suoi personaggi portino in scena la complessit delluomo moderno in negativo, per sottrazione, a costo di lasciare lo spettatore teatrale spaesato di fronte a gesti e comportamenti tanto precisi quanto senza interesse apparente. Cos, per un Arnaldo Frateili che parla addirittura di senso della vita infuso alla finzione scenica su Paese sera29, al contrario, il grosso della critica teatrale gli concede ben poco. Esemplari in questo senso le lapidarie parole di Sandro De Feo, che dalle pagine di LEspresso mette il dito nella piaga, cogliendo pienamente il rischio dellintera operazione: Quei personaggi che sullo schermo, avvicinati e indicati e sottolineati allo spettatore secondo le varie astuzie della tecnica cinematografica, sarebbero apparsi nel giusto rilievo a ciascuno assegnato dalla narrazione, sul palcoscenico nella successione febbrile, talvolta fulminea dei quadri, passavano come ombre o comparse indiscriminate e spesso insignificanti30. Quello stile recitativo minimalista e interiorizzato che la Vitti perseguir felicemente nella trilogia cinematografica a venire, si pu dunque gi in parte cogliere in Scandali segreti, con tutti i problemi del caso. Non c esempio migliore in questo senso che il lunghissimo monologo di Diana che chiude la commedia, pezzo generalmente deputato proprio allesibizione del talento della grande attrice, con largo sfoggio di emozioni, e qui declinato ancora una volta da Antonioni, attraverso le didascalie, in tono minore: (Con apparente calma, in realt con profondo dolore) Ecco, tutto a posto. No, non volevo dire questo Volevo dire: deciso No. Neanche questo Io non trovo mai le parole giuste. Vorrei sapere almeno se ho la faccia giusta (Comincia a girare, quasi trascinandosi, per la stanza) Non ci sono pi specchi Via tutto (Si ferma vicino alla porta a vetri che d sul balcone e vi si specchia) No, neanche la faccia quella giusta Lo sapevo. (Torna verso il centro della stanza) Perch non mi lascio andare perch non piango?... Cosa aspetto?... Bisogna contenere la collera, per essere educati. E anche la gioia, specie davanti agli altri Ridere con misura, senza mostrare troppo i denti, possibilmente senza scoprire le gengive (Pausa) Ma al dolore no al dolore si pu dare lo sfogo che si vuole Tutto concesso al dolore E allora perch non piangi, Diana?... piangi pure come ti pare: sommessamente, convulsamente puoi scegliere. Questo s che puoi sceglierlo e anche urlare, rotolarti per terra graffiarti il viso, stracciarti i vestiti, spogliarti Basta che non sia per amore che ti spogli, perch allora no, non si pu se per dolore, puoi farlo anche davanti a tutti Anzi, meno pudore hai, pi ti rispettano una che soffre, diranno. E ti troveranno perfino pi bella. [] (Si sente la sirena di unambulanza. Diana comincia a piangere, a poco a poco) Ecco lo portano via gi freddo come se non avesse vissuto come se non avesse mai guardato i colori o gli occhi di una donna o le stelle o fiutato gli odori o ascoltato le voci, anche la mia s, anche la mia (Pausa. Diana piange un po pi forte) Quando sono uscita poco fa per andare a cercare ero felice. Quanto tempo durato? [] Mezzo minuto. Non di pi. In quel mezzo minuto ci sono stati due o tre secondi nei quali ho creduto ho creduto tutto. (Pausa. Di nuovo la sirena dellautoambulanza che si allontana, questa volta, in silenzio. Diana piange sempre pi forte) una cosa grave

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morire?... Accendi la luce, Vittoria E apri il portone apri, apri fa entrare Gianluigi, [] fa entrare i parenti se verranno, gli amici, i vicini Che si mettano tutti l in disparte a guardarmi Mi vedranno soltanto piangere. Sono in regola Adesso sono in regola con tutti: quaggi sulla terra e con quelli che stanno in cielo. Va bene cos?... Sono abbastanza pallida?... Ho gli occhi abbastanza infossati?... Non amore, Vittoria, forse dovrei anche tremare (Si mette a tremare: per il pianto che la scuote tutta, ormai) Apri pure, Vittoria Bisogna farli entrare Ho bisogno di loro Io voglio continuare a vivere e loro mi devono perdonare Mi devono perdonare di essere stata per mezzo minuto felice!31.

Conclusioni provvisorie Nellestate del 1957, Michelangelo Antonioni sembra voltare fieramente le spalle al cinema32. Losmosi tra scena e set particolarmente vistosa nellItalia degli anni Cinquanta, a partire dagli esempi di Visconti e Rossellini. E dopo di lui, a stretto giro di calendario, sar il turno pure di Zavattini33. Ma pi che la suggestione per il successo teatrale dei maggiori interpreti della stagione neorealista, sembra verosimile pensare che a spingere il regista verso la scena sia stato innanzitutto il tentativo di uscire dal momento forse pi difficile della sua vita, sia dal punto di vista professionale che esistenziale. Pesano cio sulla scelta di Antonioni almeno tre fattori decisivi. In primis, la gelida accoglienza riservata allautobiografico Il grido da parte non solo del pubblico, ma anche della stampa di settore, Cinema Nuovo in testa. Oltre al semisconosciuto Cochran e a un certo formalismo, la sinistra gli rimprovera infatti di aver trasportato la crisi esistenziale dei suoi personaggi precedenti dalla Paola di Lucia Bos alla Rosetta di Madeleine Fischer in un contesto sociale radicalmente differente dalla Milano di Cronaca di un amore o dalla Torino di Le amiche. In secondo luogo, la reiterata bocciatura ai suoi progetti, nel contesto della prima importante crisi finanziaria dellindustria cinematografica italiana del dopoguerra. I produttori gli offrono solo soggetti disimpegnati, senza prendere neppure in considerazione le sue controproposte: un film politico con Mastroianni nei panni di un socialista in crisi di identit; ladattamento di Vittoria (1915), un robusto romanzo avventuroso di Joseph Conrad; lo spunto iniziale di Lavventura, nato con ogni probabilit durante una crociera alle isole Pontine proprio nellagosto del 195734. Infine, da non sottovalutare, la passione per Monica Vitti, nata sulle ceneri del suo matrimonio con Letizia Balboni, a quel tempo ancora pi interprete brillante di teatro che di cinema35. La fondazione di una compagnia incentrata sulla Vitti e la scelta di un repertorio consono, a partire da un testo originale da cucirle addosso, sono evidentemente funzionali da questo punto di vista sia al lancio della futura partner come interprete drammatica che alla verifica della sua tenuta quale potenziale protagonista femminile del cinema a venire. Lavventura teatrale non and certamente come Antonioni avrebbe sperato. La critica non gli perdona la sua provenienza, e ci, sembra, al di l degli effettivi risultati ottenuti sulla scena. La commedia di Van Druten ha recensioni pessime e scarsissimo successo di pubblico. Scandali segreti va meglio in entrambi i sensi, ma non abbastanza da ripristinare gli equilibri interni della compagnia e la fiducia stessa degli interpreti negli autori. Le attrici sottoutilizzate reclamano pi spazio, a partire da Anna Nogara, fondamentale per la quadratura del progetto dal punto di vista economico. E quando Monica Vitti viene contestata apertamente, i due gruppi fondatori si separano: la compagnia viene sciolta e riformata senza i milanesi, e senza neppure Antonioni, tanto che il testo di Osborne verr portato in scena a Genova, Torino e Milano da Sbragia. Eppure il bilancio che lo stesso regista si sente di tirare al termine dellesperienza non completamente negativo, soprattutto in riferimento a Scandali segreti. In unaltra bella lettera al Bartolini, riconosce i limiti del copione (La noia viene

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quando i personaggi si spiegano: un errore vecchio come il teatro), ma afferma anche di aver capito molte cose, di aver capito di pi perfino il cinema. Dellesperienza teatrale di Antonioni, in una prospettiva cinematografica, resta infatti, soprattutto, il testo di Scandali segreti: straordinariamente interessante per una migliore comprensione della poetica del regista alle soglie della trilogia dei sentimenti. Diana e Vittoria sono evidentemente molto vicine ai personaggi femminili di Lavventura, rispettivamente a Claudia (Monica Vitti) e Anna (Lea Massari) e la stessa figura di Marco chiaramente proiettata nel futuro. Si tratta del primo e unico personaggio antonioniano, che pur affetto dalla crisi della modernit, prova infatti a esplicitarne la fenomenologia (le sonde spaziali, il pericolo nucleare, il rapporto Chrus c v, ecc.), per altro non troppo diversamente da come far Antonioni alla gi ricordata conferenza stampa di Cannes 196036. Quella provvisoriet esistenziale che attanaglier i personaggi pi sensibili dei film a venire e soprattutto contaminer il linguaggio sgrammaticato della maturit antonioniana si trova cio gi tematizzata dal Marco di Scandali segreti. Sicuramente per un effetto collaterale, o meglio, teatrale.

1. Cfr. il fondamentale epistolario tra Renzo Renzi e Michelangelo Antonioni conservato nel Fondo Renzi della biblioteca della Cineteca di Bologna. 2. Antonioni mette in scena nei primi anni Trenta testi di Ibsen e Pirandello, oltre ad almeno una commedia originale intitolata Il vento, con una compagnia studentesca ferrarese. Cfr. per esempio Aldo Tassone, I film di Michelangelo Antonioni. Un poeta della visione, Gremese, Roma 2002, p. 8. 3. Un sintetico ma informativo prospetto dellattivit della compagnia di Antonioni si trova nella sezione Bilancio dellattivit delle compagnie di prosa nella stagione teatrale 1957-1958, in Il Dramma, XXXIV, n. 263-264, agostosettembre 1958, p. 94. 4. Cfr. Carlo di Carlo (a cura di), Loeuvre de Michelangelo Antonioni, Cinecitt International, Roma 1988-1992. I primi due volumi, curati rispettivamente dallo stesso di Carlo (Michelangelo Antonioni: 1942-1965, 1987) e Lorenzo Cuccu (Michelangelo Antonioni: 1966-1984, 1988), contengono unampia antologia della critica. Il terzo, curato da Renzo Renzi (Album Antonioni. Une biographie impossible, 1990), essenzialmente un volume fotografico. Il quarto, curato da Giorgio Tinazzi (Michelangelo Antonioni: crits, 1991), contiene la produzione critica e saggistica del regista. Il quinto, curato ancora da di Carlo e Tinazzi (Michelangelo Antonioni: Entretiens et indits, 1992), raccoglie interventi e soggetti inediti. Il terzo, quarto e quinto hanno dato luogo ad altrettanti volumi italiani. 5. Si tratta dellencomiabile,ma scarsamente documentato, Ettore Zocaro, La volta che Antonioni fece teatro, Filmcritica, LII, n. 523, marzo 2002, pp. 149-152. 6. Informazioni circa il processo di costituzione della compagnia teatrale si trovano nellutilissimo Antonioni porta in teatro la Capannina del Forte, in Lespresso, III, 35, 5 settembre 1957. Quanto scrivo mi stato confermato da una conversazione privata con Filippo Crivelli, che ringrazio di cuore per la disponibilit. 7. Per la rappresentazione della figura femminile nel cinema italiano del secondo dopoguerra, cfr. Stephen Gundle, Figure del desiderio. Storia della bellezza femminile italiana, Laterza, Roma-Bari 2007, pp. 234-235. 8. Come risulta da una lettera di Antonioni a Bartolini datata 3 ottobre 1956. Per questa come per le prossime citazioni dallepistolario di Bartolini, si veda il fondamentale carteggio Antonioni-Bartolini conservato presso il Fondo Bartolini del Centro Manoscritti dellUniversit di Pavia. Colgo loccasione per ringraziare la responsabile Nicoletta Trotta e la figlia dello scrittore, Olga Bortolini (Bartolini uno pseudonimo). 9. Addio a Berlino edito da Garzanti, mentre Io sono una macchina fotografica non mai stato pubblicato in italiano. Si tratta dello stesso materiale narrativo alla base del pi tardo celeberrimo musical Cabaret (1966). 10. Ricorda con rabbia stato tempestivamente pubblicato in Italia da Einaudi (1959), nella stessa traduzione di Alvise Sapori utilizzata per lallestimento dalla compagnia di Antonioni. 11. Mare e whisky stato pubblicato per la prima volta sul numero 163 di Sipario (XIV, novembre 1959). Gran parte della produzione letteraria di Guido Rocca stata rieditata recentemente da Biblos. 12. Per un profilo di Elio Bartolini (sceneggiatore, regista, romanziere, poeta dialettale e saggista), che, per

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Antonioni, oltre a Il grido, scenegger Lavventura e Leclisse, cfr. Claudio Toscani, La realt e le ipotesi. Guida alla narrativa di Elio Bartolini, Circolo culturale Menocchio, Udine 2005. 13. Tutte le citazioni del paragrafo provengono dal gi ricordato carteggio conservato nel Fondo Bartolini del Centro Manoscritti dellUniversit di Pavia. Si tratta complessivamente di una ventina di lettere, per la maggior parte dattiloscritte, ma purtroppo quasi tutte senza data. 14. Ag. Sa. [Aggeo Savioli], Scandali segreti, in LUnit, 1 novembre 1957. 15. Sul cinema di Antonioni, in questa prospettiva di lavoro, si veda Lino Miccich, Le coppie di Michelangelo Antonioni, in Maria Orsini (a cura di), Michelangelo Antonioni. I film e la critica 1943-1995: unantologia, Bulzoni, Roma 2002, pp. 7-14. 16. Per il ruolo della donna nel cinema di Antonioni, cfr. Aldo Carotenuto, La donna come specchio profondo della crisi, in AA.VV., Maschile e femminile nel cinema di Michelangelo Antonioni, Comune di Chiavari, Chiavari [1996], pp. 15-21. 17. Michelangelo Antonioni, Elio Bartolini, Scandali segreti, p. 10 (primo tempo). Il copione che ho consultato proviene dalla divisione Teatro del fondo del Ministero del Turismo e dello Spettacolo dellArchivio Centrale di Stato. Si tratta di 127 fogli dattiloscritti, la cui numerazione riprende da capo in corrispondenza dellinizio del secondo atto. 18. Enrica Capussotti, Giovent perduta. Gli anni Cinquanta dei giovani e del cinema in Italia, Giunti, Firenze 2004, p. 48, a cui rimando anche per eventuali approfondimenti. 19. Antonioni, Bartolini, Scandali segreti, cit., p. 37 (primo tempo). 20. Ivi, p. 38 (primo tempo). 21. Ora in Michelangelo Antonioni, Fare un film per me vivere. Scritti sul cinema, a cura di Carlo di Carlo e Giorgio Tinazzi, Marsilio, Venezia 1994, pp. 32-34. 22. Michelangelo Antonioni, Elio Bartolini, Scandali segreti, cit., pp. 61-63 (secondo tempo). 23. Sul rapporto tra emancipazione femminile e urbanizzazione nella seconda met degli anni Cinquanta, cfr. per esempio Achille Ardig, Emancipazione femminile e urbanesimo, Morcelliana, Brescia 1964. 24. Michelangelo Antonioni, Elio Bartolini, Scandali segreti, cit., pp. 50-53 (primo tempo). 25. Si veda, rispettivamente, Edoardo Bruno, Scandali segreti, in Filmcritica, VIII, 72-73, novembre-dicembre 1957, p. 235 e Vito Pandolfi, Scandali evidenti, in Il Dramma, XXXIII, n. 254, novembre 1957, p. 55. 26. Per la figura dello straordinario pittore, scultore e scenografo (cinematografico e teatrale), cfr. Maria Ida Biggi, Gianni Polidori, scenografo e pittore, 1923-1992, Lindau, Torino 2000. 27. Su Paul Ronald si veda Antonio Maraldi, Paul Ronald. Un fotografo francese nel cinema italiano, Il Ponte Vecchio, Cesena 2003. Il materiale consultato proviene dallArchivio Storico del Cinema della societ romana AFE di Piero Servo, che ne detiene i diritti. Gli sono debitore per lassistenza e la disponibilit. 28. Michelangelo Antonioni, Elio Bartolini, Scandali segreti, cit., p. 1 (primo tempo). 29. Arnaldo Frateili, Scandali segreti di Antonioni e Bartolini, in Paese Sera, 1 novembre 1957, p. 3. 30. Sandro De Feo, Antonioni e il teatro. Cinematografo sul palcoscenico, in LEspresso, III, n. 45, 10 novembre 1957, p. 23. 31. Michelangelo Antonioni, Elio Bartolini, Scandali segreti, cit., pp. 65-67 (secondo tempo). 32. Lespressione di Bartolini. Cfr. lepistolario tra Renzo Renzi ed Elio Bartolini conservato nel citato Fondo Renzi della biblioteca della Cineteca di Bologna. La lettera datata 2 ottobre 1957. 33. Su questi aspetti, cfr. per esempio Vito Pandolfi, Ci che non si rappresenta in Italia, in Cinema Nuovo, VI, 110, 1 luglio 1957, pp. 28-29. Per il caso Zavattini rimando a Cristina Jandelli, La scena pensante. Cesare Zavattini fra teatro e cinema, Bulzoni, Roma 2002, pp. 57-111. Che ringrazio vivamente. 34. Cos Monica Vitti in Sette sottane, Sperling & Kupfer, Milano 1993, pp. 176-180. Parole non in contraddizione con le innumerevoli quanto vaghe dichiarazioni del regista (cfr. Michelangelo Antonioni, Fare un film per me vivere, cit.), e soprattutto in linea con il soggetto del film che, intitolato Lisola, appunto ambientato tra Ischia, Ponza e Ventotene. 35. Per la carriera artistica di Monica Vitti, cfr. Cristina Borsatti, Monica Vitti, LEpos, Palermo 2005. 36. Per il rapporto stringente tra questo discorso e la rivoluzione copernicana del cinema della trilogia, rimando alla parte seconda (Antonioni: la perdita del centro) del fondamentale Sandro Bernardi, Il paesaggio nel cinema italiano, Marsilio, Venezia 2002, in particolare, cfr. pp. 114-120.

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