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Lo sviluppo energetico del Paese sta inciampando in una serie di problemi lontani dallessere risolti. I motivi? Perenne divisione politica, difficolt nel reperire i fondi e obiettivi troppo ambiziosi. La Bosnia-Erzegovina stata considerata a lungo la patria dellidroelettrico, ma negli anni ha fatto molto poco per utilizzare anche le altre fonti di energia rinnovabile: il sole e il vento. Lenorme potenziale che leolico e il fotovoltaico potrebbero offrire al Paese, infatti, rimane in larga parte sprecato: daltronde non c nessuna legislazione che regoli il settore e mancano anche incentivi stanziati dal governo bosniaco. Anni fa, quando ancora esisteva lex Jugoslavia, che investiva massicciamente nellidroelettrico, la Repubblica di BosniaErzegovina era la capofila nello sfruttamento della potenza dellacqua. Ma quellapproccio rimasto, in larga parte, cristallizzato e caratterizza ancora, quasi venti anni dopo, lintera politica energetica del Paese. Basti pensare che cos che si provvede ancora alle esigenze di oltre met dei cittadini bosniaci. Quello che una volta era un vero e proprio innovatore nel campo delle rinnovabili, primeggiando nella gara allo sfruttamento di tali fonti, ora sembra essersi affossato: il Paese appare ormai bloccato nella corsa allo sviluppo energetico. Secondo Vjeran Pirsic, analista esperto in queste tematiche e membro dellorganizzazione croata non governativa Eko Kvarner, la difficile situazione politica in Bosnia non fa altro che ostacolare lo sfruttamento delle altre fonti rinnovabili. I politici bosniaci fanno troppo affidamento sullidroelettrico - spiega Pirsic - mentre dovrebbero incentivare lutilizzo delle altre fonti. Ma questo un Paese in cui un governo per insediarsi ha impiegato quasi due anni! Figurarsi quanto tempo ci vorr per unimplementazione seria delleolico e del fotovoltaico. Pirsic, come anche altri analisti interpellati dal quotidiano Oslobodenje, ritiene che il problema principale sia sempre quello: difficile condurre una politica energetica comune in un Paese completamente spaccato in due. Con due Parlamenti e due esecutivi diversi arduo accordarsi per poter ottenere qualche risultato importante nello sviluppo energetico, sostiene il ricercatore croato. Eppure una soluzione per gli oltre due milioni di bosniaci
che ancora fanno affidamento sullenergia prodotta dai combustibili fossili, deve essere trovata. Come si pu notare, la divisione in Bosnia anche energetica: met popolazione sfrutta lidroelettrico, mentre laltra met viene rifornita da centrali termoelettriche che costituiscono un enorme pericolo per lambiente. Ma gli aspetti negativi riguardano anche leccessivo sfruttamento delle risorse idriche del Paese. Lidroelettrico non affatto da sottovalutare - assicura Zoran Mateljak del Wwf - perch ha un pesante impatto sullambiente e, anche se molti tendono a dimenticarlo, proprio cos. Infatti non dovrebbe essere considerato una fonte di energia rinnovabile. Mateljak spiega che la costruzione degli impianti idroelettrici ha un impatto devastante sugli ambienti caratterizzati da grande abbondanza di acqua e vegetazione (detti torbiere), che contengono discrete quantit di carbonio. Proprio per questo motivo, le torbiere aiutano a mitigare il mutamento climatico. Se le torbiere vengono distrutte - afferma Mateljak - le emissioni di Co2 in Bosnia-Erzegovina aumenteranno esponenzialmente. Lesperto del Wwf, infatti, parteggia per leolico e il fotovoltaico: Sono molto pi pulite, non c dubbio, conclude Mateljak. Pirsic crede che il passaggio al fotovoltaico non sarebbe affatto una mossa azzardata, anzi, al momento una scelta obbligata: la tecnologia disponibile e lo anche la materia prima, il sole. Nel sud del Paese ci sono terreni vastissimi per costruire gli impianti, anche se prima di avviare i lavori si dovrebbe investire una parte dei fondi per la rimozione delle mine, e luce del sole a volont. Bisogna guardare alla Croazia. L molte compagnie lavorano da anni in questo modo, nota lanalista di Evo Kvarner. Del resto le centrali fotovoltaiche in Bosnia sono troppo poche. In base a un rapporto governativo del 2009 stilato dal segretariato dellOnu per il clima, gli impianti solari coprivano unarea totale pari a soli 5.000 metri quadrati. Secondo il documento, con 50.000 metri quadrati di pannelli solari, si potrebbe arrivare a una produzione di energia elettrica pari a 33 Kwh, sufficiente a soddisfare le esigenze di oltre 10.000 abitazioni dellEuropa centrale per un intero anno. Infatti, questo si chiedeva alla Bosnia: raggiungere tale risultato almeno entro il 2020. Ma, a tre anni dal rapporto, il Paese ancora lontano da un obiettivo del genere: la maggior parte dei progetti relativi alla costruzione di impianti fotovoltaici naufragato e i tre
che si stanno concretizzando riusciranno a produrre ben poco, dato che dispongono una potenza complessiva di 0,16 megawatt.
Il documento apparso ieri , per alcuni versi, una novit assoluta. E manda un segnale che, tra molte cautele, non andrebbe sottovalutato. I serbi bosniaci, finora, sono stati sicuramente i grandi vincitori di Dayton. Hanno ottenuto una propria entit, che prima della guerra non esisteva. Hanno conquistato anche un potere di veto sul governo centrale esercitato spesso e volentieri, in molti casi ricattando Sarajevo e spesso imponendo delle crisi politiche. Da questa posizione deriva la condotta politica seguita da Dodik negli ultimi anni, come strenuo difensore di Dayton, e presidente di una Republika Srpska amica della pace e fedele agli accordi patrocinati dagli Americani. Improvvisamente, ed la prima volta nella recente storia politica del Paese, i serbi bosniaci tentano la fuga in avanti. Invece di giocare all'immobilismo, lanciano una proposta concreta sul tavolo. I tempi sono in parte propizi: la Comunit Internazionale distante e impegnata a risolvere altre questioni allordine del giorno; le modifiche alla Costituzione sono volute dall'Unione Europea, anche se l'obiettivo sarebbe quello di tentare di normalizzare la vita istituzionale del Paese, non di farlo a pezzi definitivamente. Nelle quaranta pagine del documento viene proposta un'idea di Bosnia-Erzegovina divisa in tre. L'unico modo per mettere fine allo stallo istituzionale che di fatto dura da diciassette anni dividere il Paese in tre entit separate, quindi. Una Repubblica una e trina, basata sul modello Costituzionale Americano. Nel piano non si lesinano critiche allUfficio dellAlto Rappresentante, visto come un ostacolo, un'inutile ingerenza che danneggia la democrazia nel Paese. Il futuro della Bosnia Erzegovina solo quello di uno Stato basato su tre nazioni costitutive - recita il documento, analizzato dal quotidiano di Sarajevo Oslobodjenje - ottenuto in due passaggi: prima di tutto deve esserci la formazione di una vera federazione di tre entit e poi l'entit croata deve avere pari dignit costituzionale delle altre. Milorad Dodik, in un momento cruciale per la Bosnia Erzegovina, indica seppur timidamente la necessit di una devoluzione che potrebbe anche portare alla dissoluzione del Paese, secondo Oslobodenje. Il fatto che in questo momento l'idea rischia di sembrare credibile. Sugli esiti della riforma costituzionale (se mai ci sar) non possibile fare previsioni. Se un cambiamento in senso centralizzante non incontrer mai il consenso necessario, a causa
dell'opposizione di serbi e croati, non si pu escludere del tutto l'eventualit opposta. Con il passare del tempo, la prospettiva di una divisione del Paese potrebbe assumere sempre maggiore consistenza.